GEOMETRIA E ALGEBRA LINEARE Dispensa ufficiale
Geometria ed Algebra lineare (programma di lezioni ed esercitazioni) VETTORI GEOMETRICI Operazioni algebriche sui vettori, prodotto scalare, prodotto vettoriale, prodotto misto, modulo, angolo, ortogonalità. Espressione cartesiana del prodotto scalare e vettoriale. GEOMETRIA ANALITICA DEL PIANO Rappresentazioni di punti e rette, distanze, angolo di due rette, parallelismo e perpendicolarità, fasci di rette, circonferenze, fasci di circonferenze. GEOMETRIA ANALITICA DELLO SPAZIO Riferimenti cartesiani nello spazio e loro trasformazioni, equazioni di rette e piani, parametri direttori di rette e piani. Distanze. Rette sghembe e minima distanza. Angoli di rette e piani. Parallelismo e ortogonalità di rette e piani. Fascio di piani. MATRICI Generalità sulle matrici, operazioni, dipendenza lineare, determinante, rango, inversa di una matrice quadrata, matrici ortogonali. SISTEMI LINEARI Nozioni fondamentali, teorema di Cramer, teorema di Rouché - Capelli, procedimento di risoluzione di un sistema lineare, sistemi lineari omogenei. SPAZI VETTORIALI Operazioni tra vettori, sottospazi, dimensione, generatori e basi, somma ed intersezione di sottospazi, cambio di base. FUNZIONI LINEARI Generalità, nucleo ed immagine, funzioni lineari e matrici, funzioni lineari iniettive e suriettive. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI Definizione, interpretazione geometrica, polinomio caratteristico, similitudine di matrici, diagonalizzazione, diagonalizzazione ortogonale di matrici reali e simmetriche. SPAZI EUCLIDEI Forme quadratiche, segno, riducibilità, riduzione a forma canonica. Prodotto scalare euclideo in Rn , modulo di vettori, angolo di vettori. Basi ortonormali. CONICHE Nozioni fondamentali sulle curve algebriche. Proprietà elementari delle coniche, equazioni canoniche, riduzione a forma canonica, riconoscimento, centro, assi, asintoti di una iperbole. Fasci di coniche. QUADRICHE Sfere, coni, cilindri. Quadriche, quadriche di rotazione, equazioni delle quadriche in forma canonica. Bibliografia E. Schlesinger, Algebra lineare e geometria, Editore: Zanichelli L. Mauri, E. Schlesinger, Esercizi di algebra lineare e geometria, Editore: Zanichelli.
GeometriaedAlgebralineare AlessandraCherubini
[email protected] IIIpianonavetel.int.4575 Ricevimento: Martedì11.3013.30 Giovedì.10.3012.30(suappuntamento) Esercitatore:
AchilleFrigeri
[email protected]
Testievalutazione Perlateoria: • E.Schlesinger:Algebralineareegeometria;Zanichelli • DispensesuBeep (perlapartediconicheequadriche) Pergliesercizi: • L.Mauri,E.Schlesinger:Esercizidialgebralineareegeometria; Zanichelli • Eserciziarioall’indirizzo: http://www.science.unitn.it/~carrara/ESERCIZIARIO/riunisci.pdf Proveinitinere(oesamescritto)+orale
Introduzione Geometria=misuradellaterra • Primoapproccio:assiomatico(Euclide),concettiprimitivi+assiomi – diincidenza • Perduepuntidistintipassaunaedunasolaretta • Pertrepuntinonallineatipassaunoedunsolopiano • Seunarettaedunpianosiincontranoinpiùdiunpuntoalloralarettaappartiene alpiano • Seduepianidistintihannounpuntocomunealloralalorointersezioneèunaretta
– delleparallele • DatiunarettareunpuntoPesisteunaedunasolarettapassanteperPeparallela adr
¾ Reciprocaposizionediduerette: Incidenti:conunpuntoincomuneo appartengonoadunostessopiano Parallele:appartenentiadunostessopiano,senzapunticomuniostessadirezione Sghembe:nonappartenentiadunostessopiano
Introduzione • Secondoapproccio:geometriaanalitica(Cartesio)o ogniproblemageometricovienetradottoinunproblemaalgebrico – Viècorrispondenzabiunivocatral’insiemedeinumerirealieipuntidiuna rettasucuisianofissatiun’origine,unversodipercorrenzaeun’unitàdi misura – Viècorrispondenzabiunivocatral’insiemedellecoppieordinatedinumeri reali(coordinate)eipuntidiunpianosucuisianofissatiduerettenon parallele,unversodipercorrenzaperciascunadelleretteeun’unitàdimisura – Viècorrispondenzabiunivocatral’insiemedelleterneordinatedinumerireali (coordinate)eipuntidellospaziosucuisianofissatitrerettepassantiperuno stessopuntoenongiacentisuunostessopiano,unversodipercorrenzaper ciascunadelleretteeun’unitàdimisura ¾ Curveesuperficinellospazio sonovistecomeilluogodeipuntidellospaziole cuicoordinatesoddisfanorispettivamenteadueequazionieadunaequazione nellevariabilix,y,z (qualchevariabilepotrebbeancheessereomessa). ¾ Curvenelpiano sonoilluogodeipuntidelpianolecuicoordinatesoddisfano adunaequazionenellevariabilix,y.
Vettoricomelinguaggioperlageometria •
Terzoapproccio(quellocheutilizzeremo):linguaggiodeivettori Sapetedallafisicacosaèunvettore(applicato),essoè determinatoda: – – – –
Puntodiapplicazione Direzione Verso Modulo
Noiutilizzeremovettoriliberideterminatisoloda: – Direzione – Verso – Modulo
Inaltreparoleunvettore(libero)èunvettoreapplicatodicuisidimentica ilpuntodiapplicazione(ovverounvettoreliberoèl’insiemedituttii vettoriapplicaticonugualedirezioneversoemodulo,visticomeununico oggetto),unvettoreliberovieneindicatoconv edilsuomodulocon
Sommadivettori • Viènotocomefarelasommadiduevettoriapplicatiinunostesso punto(regoladelparallelogrammo) • Datiduevettoriliberiv,w,lalorosommav+w èilvettorez cheha stessadirezioneeglistessimoduloeversodelvettoreapplicatoche siottienesommandoduevettoriapplicatiinunpuntoOeaventi rispettivamentestessadirezione,stessimoduloeversodeivettoriv, w.(LadefinizioneèbenpostaperchénondipendedallasceltadiO). • Lasommagodedelleseguentiproprietà – Commutativa:perogniv,w sihav+w= w+v – Associativa:perogniv,w,u siha(v+w)+u=v+(w+u) – Esistel’elementoneutro:esisteunvettore0 (vettoredimodulonullo)taleche perogniv sihav+0=v – Esistel’oppostodiognivettore:perogniv esisteunvettorecheindichiamo conv (vettoreconlastessadirezioneelostessomodulodiv,maverso opposto)talechev+(v)=0
Sommadivettori Leproprietàcheabbiamoappenaelencatopossonoessere‘’riassunte’’ dicendochel’insiemedeivettoriliberiformaungruppoabeliano rispettoallasomma cheabbiamodefinito. Dalleproprietàprecedentisipossonoricavareancheleseguenti proprietà: Unicitàdell’elementoneutro Unicitàdelvettoreoppostoadunvettoredato Leggedicancellazionerispettoallasomma:v+w=v+u implicaw=u Esisteedèunicalasoluzionediogniequazionex+v=w,tale soluzioneèx=(v)+w.
Prodottodiunoscalareperunvettore Siamotunnumeroreale(scalare)ev unvettore,sichiamaprodotto delloscalaretcolvettorev,ilvettorez=tv che • lastessadirezionediv, • modulo|t| , • versougualeav set>0,oppostoav set<0(set=0,tv=0 eperil vettorenullononèdefinitounverso) Ilprodottodiunoscalareperunvettoregodedelleseguentiproprietà: • Perogniscalareteperogniv,w sihat(v+w)=tv+tw • Perognicoppiadiscalarit,s eperogniv siha(t+s)v=tv+sv • Perognicoppiadiscalarit,s eperogniv siha(ts)v=t(sv) • Perognivsiha1v=v Dalleprecedentiproprietàsiricavachetv=0 seesoloset=0ov=0.
Spaziovettoriale Def. UnospaziovettorialeVsuuncampoK(chepernoisaràsempreo l’insiemeQdeinumerirazionaliol’insiemeRdeinumerirealiol’insiemeCdeinumeri complessirispettoalleloroabitualioperazionidisommaeprodotto)èuninsieme
V,dettoinsiemedeivettori,sucuièdefinitaun’operazionebinaria internadettasomma,+,(ovverounaleggecheodognicoppiaordinatadivettori associaunoedunsolovettore),taleche(V,+)siaungruppoabelianoed un’operazioneesternadettaprodottodiunoscalareperunvettore (ovverounaleggecheodognicoppiaordinatadiunoscalareediunvettoreassocia unoedunsolovettore) • • • •
chegodadelleproprietà:
Perogniscalareteperognicoppiadivettoriv,w sihat(v+w)=tv+tw Perognicoppiadiscalarit,s eperognivettorev siha(t+s)v=tv+sv Perognicoppiadiscalarit,s eperognivettorev siha(ts)v=t(sv) Perognivettorev siha1v=v
¾ Ivettoriliberisulcamporealerispettoallasommaedalprodotto scalarevettoreprimadefinitiformanounospaziovettoriale
Combinazionelineare,vettoriindipendenti,generatori • SiaVunospaziovettorialesuuncampoK,sianov1, v2,…, vn V,ogni vettorew =t1v1+t2v2+…+tnvn cont1,t2,…,tnK sidicecombinazione lineare div1,v2,…,vn egliscalarit1,t2,…,tn sidiconocoefficientidella combinazione • Uninsiemedivettoriv1,v2,…,vnV sidicesistemadigeneratoriper VseognivettorediVsiscrivecomecombinazionelinearediv1, v2,…,vn • Uninsiemedivettoriv1,v2,…,vnV èuninsiemedivettori linearmentedipendentise0 sipuòscriverecomecombinazione linearediv1,v2,…,vn acoefficientinontuttinulli,altrimentièun insiemedivettorilinearmenteindipendenti. • Uninsiemedivettori chesianocontemporaneamenteuninsieme divettorilinearmenteindipendentiedunsistemadigeneratoridiV sidicebase diV
Osservazioni • •
•
•
Ogniinsiemedivettori{0,…..}èsempreuninsiemedivettorilinearmente dipendenti Seconsideriamol’insiemedeivettoriliberinelpiano(piùprecisamentedei vettoriparallelialpiano),duevettorisonolinearmentedipendentiseesolose hannolastessadirezione(ilvettore0 siconsideraparalleloadogni vettore) Ognicoppiadivettorinonparallelifraloroèunabaseperl’insiemedei vettoriliberinelpiano,alloraognialtrovettorev nelpianosiscrive(inuno eunsolmodo)comecombinazionelinearedeivettoridellabase,i coefficientidellacombinazionesonodetticomponentidelvettore v rispettoallabaseconsiderata Fissareunsistemadiriferimentoinunpianodato,significafissare un’origine(puntoOdelpiano)eunabase(coppiadivettorib1,b2non paralleli),leretteperOconlestessedirezionirispettivamentedib1,b2si diconoassidelsistemadiriferimentoelecomponentidelvettore corrispondentealvettoreapplicato sonodettecoordinate delpuntoP
Osservazioni • Seconsideriamol’insiemedeivettoriliberinellospazio,trevettori u,v,w sonolinearmentedipendentiseesoloseunodiessiè combinazionelinearedeirestanti(oequivalentementesetuttie treivettorisonoparalleliadunostessopiano) • Ogniternadivettorilinearmenteindipendenti(nonparalleliaduno stessopiano)èunabaseperl’insiemedeivettoriliberinellospazio, alloraognialtrovettorev nellospaziosiscrive(inunoeunsol modo)comecombinazionelinearedeivettoridellabase,i coefficientidellacombinazionesonodetticomponentidelvettore v rispettoallabaseconsiderata • Fissareunsistemadiriferimentonellospazio,significafissare un’origine(puntoO)eunabase(ternadivettorib1,b2,b3non paralleliadunostessopiano),leretteperOconlestessedirezioni rispettivamentedib1,b2,b3sidiconoassidelsistemadiriferimento elecomponentidelvettorecorrispondentealvettoreapplicato sonodettecoordinate delpuntoP
Proprietàdellecomponentidiunvettore •
SiaVunospaziovettorialesulcampoKunafunzionef:V oKsidice funzionelinearese – Perogniv,wV sihaf(v+w)=f(v)+f(w) – PerognitK eperognivV sihaf(tv)=tf(v)
Perognivettoreliberov delpianoincuisièfissataunabase,indichiamocon (v1,v2)la coppiadicomponentidiv rispettoallabasefissata(ricordateche v1,v2sonoelementidiK)leapplicazioni – f1:V oKdefinitadaf1(v)=v1 – f2:VoKdefinitadaf2(v)=v2
sonofunzionilineari Perognivettoreliberov delpianoincuisièfissataunabase,indichiamocon (v1,v2,v3)laternadicomponentidiv rispettoallabasefissata(v1,v2,v3 sono elementidiK)leapplicazioni – f1:VoKdefinitadaf1(v)=v1 – f2:VoKdefinitadaf2(v)=v2 – f3:VoKdefinitadaf3(v)=v3
sonofunzionilineari
Conseguenze • Ivettoriliberinelpianopossonoessereidentificaticonl’insiemeR2 dellecoppieordinatedinumerireali,Rʹ= ȁǡ אconla sommaedilprodottoscalarevettoredefinitida ଵ ଶ ଵ ଵ ଵ ଶ + = ,t = ଵ ଶ ଵ ଵ ଵ ଶ • SeAeBsonoduepuntidelpianodicoordinaterispettivamente (x1,y1)e(x2,y2)ilvettoreliberoconlastessadirezioneeversodi ଶ െ ଵ puòessereidentificatocolvettore െ diR2 ଶ ଵ
Conseguenze • Ivettoriliberinellospaziopossonoessereidentificaticonl’insieme R3 delleterneordinatedinumerireali,R͵= ȁǡ ǡ אconla sommaedilprodottoscalarevettoredefinitida ଵ ଶ ଵ ଶ ଵ ଵ ଵ + ଶ = ଵ ଶ ,t ଵ = ଵ ଵ ଶ ଵ ଶ ଵ ଵ • SeAeBsonoduepuntidelpianodicoordinaterispettivamente (x1,y1,z1)e(x2,y2,z2)ilvettoreliberoconlastessadirezioneeversodi ଶ െ ଵ puòessereidentificatocolvettore ଶ െ ଵ diR3 ଶ െ ଵ
Coordinatecartesiane(ortogonaliemonometriche) • Unvettoredimodulo1sichiamaversore • L’angolodiduevettoriv ew èl’angoloconvessoformatodadue vettoriparalleliedequiversiav ew applicatiinunostessopuntoO (questadefinizionenondipendedaO) • Duevettoriv ew sonoortogonali(v A w)seformanounangolo retto • Unsistemadiriferimentonelpianoèunsistemadicoordinate cartesiane ortogonalimonometricheseb1 eb2 sonoversori ortogonali(eb1 sisovrapponeab2 descrivendoinsensoantiorario l’angoloretto) • Unsistemadiriferimentonellospazioèunsistemadicoordinate cartesianeortogonalimonometricheseb1,b2 ,b3 sonoversoria dueadueortogonaliesequandob1 eb2 hannorispettivamenteil versodelpolliceedell’indicedellamanodestra,b3haladirezione delmedio(ternadestrorsa)
Distanzadiduepuntiincoordinatecartesiane Sianov,w duevettoriortogonali,alloradalteoremadiPitagorasiha ||v+w||2=||v||2+||w||2. ¾ Siav= rispettoadunabasediversoriadueadueortogonali (baseortonormale)allora = ଶ ଶ ଶ ¾ Nellospazioriferitoadunsistemadicoordinatecartesianesiano A=(x1,y1,z1)eB=(x2,y2,z2),allora dist(A,B)= = ሺଶ െ ଵ ሻଶ ሺଶ െ ଵ ሻଶ ሺଶ െ ଵ ሻଶ Sianov,w duevettori;laproiezioneortogonalediv nelladirezionediw èunvettorev’taleche v’èparalleloaw vv’èortogonaleaw
Angolodiduevettoriincoordinatecartesiane • Sev ew sonovettorinonnullicheformanounangoloT alloraper ୵ definizionedicosenov’=
T (dovev’èlaproiezioneortogonaledi v nelladirezionediw)
୵
• Sev ew sonovettorinonnullicheformanounangoloT,ilprodotto scalarediv ew èilnumerorealedefinitodavw=
T,se unodeiduevettoriènulloilprodottoscalareè0. • Ilprodottoscalarehaleseguentiproprietà: – Perogniternadivettoriv,w,u,(v+w)u=vu+wu – Perogniscalareteperognicoppiadivettoriv,w, tvw=t(vw) – Perogniv,vvt 0evv=0seesolosev=0
ଵ ଶ • Serispettoadunabaseortonormalev= ଵ ,w= ଶ allora(dalle ଵ ଶ proprietàdelprodottoscalare)siottienevw=x1x2+y1y2+z1z2,dacui ୶భ ୶మ ା୷భ ୷మ ାభ మ
T ൌ
୶భ మ ା୷భ మ ାభ మ ୶మ మ ା୷మ మ ାమ మ
Prodottoscalarediduevettori SiaVunospaziovettoriale sulcampoKsidiceprodottoscalareuna funzionef:VuVoKcheadognicoppiadivettoriv,wV associauno scalarevw taleche – Perogniv,w, vw=wv – Perogniternadivettoriv,w,u,(v+w)u=vu+wu – Perogniscalareteperognicoppiadivettoriv,w, tvw=t(vw) – Perogniv,vvt 0evv=0seesolosev=0. • Ilprodottoscalarecheabbiamodefinitoprecedentementeèquindi unparticolareprodottoscalare • Dalladefinizionediprodottoscalaresipossonoricavare: – Modulodiunvettore – Angolofraduevettori – Proiezioneortogonalediunvettorenelladirezionediunaltro
Prodottovettoriale • Ilprodottovettorialediduevettoriv,w èdefinitocomeilvettore vuw cheha – modulo T ,doveT èl’angoloformatodav,w – direzioneperpendicolarealpianoindividuatodaivettoriv,w – versotalechelaternav,w,vuw siadestrorsa
• Ilprodottovettorialehaleseguentiproprietà: – Perogniv,w vuw= wuv – Perogniternadivettoriv,w,u,eperognicoppiadiscalarit,r (tv+rw)uu=t(vuu)+r(w uu)(euu(tv+rw)=t(uuv)+r(uuw)) – Perogniv,w vuw=0 seesolosev ew sonoparalleli
ଵ ଶ • Serispettoadunabaseortonormalev= ଵ ,w= ଶ allora ଵ ଶ ଵ ଶ െ ଶ ଵ vuwൌ െ ଵ ଶ ଶ ଵ (perleproprietàdelprodottovettoriale) ଵ ଶ െ ଶ ଵ
Prodottomisto • Ilprodottomistoditrevettoriu,v,w èloscalareu(vuw) • Ilvaloreassolutodelprodottomistou(vuw)èilvolumedel parallelepipedodispigoliu,v,w;taleprodottoèpositivoselaterna èdestrorsa,negativoselaternaèsinistrorsa ¾ Itrevettoriu,v,w sonolinearmentedipendentiseesolose u(vuw)=0 ¾ Seu(vuw)=0,mavuwz0,u ècombinazionelinearediv,w ଷ ଵ ଶ • Serispettoadunabaseortonormaleu= ଵ ,v= ଶ ,w= ଷ allora ଷ ଵ ଶ ଵ u(vuw)= ଶ ଷ determinante)
ଵ ଶ ଷ
ଵ ଶ (daconsideraredopochesaràintrodottalanozionedi ଷ
Equazioniparametrichediunarettanellospazio Supponiamodiriferirelospazioadunsistemadicoordinatecartesiane conorigineO. • Scrivereleequazionidiunarettarparallelaadunvettorev= passanteperA=(x0,y0,z0). 1.
ʹǤ 3.
UnpuntoP=(x,y,z)appartieneadrseesolose èparalleloav െ = െ െ Leequazioni(parametriche)dellarettasono ൌ ቐ ൌ dovetèunparametroreale ൌ
• Laterna(a,b,c)sidiceternadiparametridirettoridellarettar. Rappresentandov unadirezione,lesuecomponentia,b,c non possonoesserecontemporaneamentenulli. Se =1lecomponentidiv sichiamanocosenidirettoridir
e
Rettaperduepunti • Scrivereleequazionidiunarettarpassanteperipunti (distinti)A=(x0,y0,z0)eB=(x1,y1,z1) 1.
LarettaèlarettaperAcondirezione
ଵ െ ʹǤ = ଵ െ ଵ െ 3. Leequazioni(parametriche)dellarettasonoallora ൌ ሺଵ െ ሻ ൞ ൌ ሺଵ െ ሻ dovetèunparametroreale ൌ ሺଵ െ ሻ •
Osservatecheleequazionidellarettasipossonoscriverenellaforma ୶ି୶బ ୶భ ି୶బ
=
୷ି୷బ ିబ = ୷భ ି୷బ భ ିబ
୶ି୶బ ୷ି୷బ = ൝୶భି୶బ ୷భ ି୷బ
ൌ
sex0zx1,y0zy1,z0zz1
ൌ sex0zx1,y0zy1,z0=z1 eቊ ൌ sey0=y1,z0=z1
Condizionidiparallelismoeperpendicolaritàfrarette Daquantoabbiamovistoprecedentementeabbiamoche • Duerettesonoparallele seesoloseleloroternediparametri direttorisonoproporzionali • Dueretteredssonoperpendicolari seesolosedette(a,b,c)una ternadiparametridirettoridired(a’,b’,c’)unaternadiparametri direttoridissihaaa’+bb’+cc’=0.(Ricordatechedueretteperpendicolari nonsononecessariamenteincidenti)
• Notatecheiparametridirettoridiunarettascrittainequazioni parametrichesonolaternadicoefficientidelparametroedin generalesonodatidalladifferenzadicoordinateomonimedidue puntidistintisullaretta.
Equazioniparametrichediunpianonellospazio Supponiamodiriferirelospazioadunsistemadicoordinatecartesiane conorigineO. • ScrivereleequazionidiunpianoS passanteperA=(x0,y0,z0)e ଵ paralleloaivettoriv= ଵ
ଵ
,w=
ଶ ଶ
ଶ
1. UnpuntoP=(x,y,z)appartienealpianoS seesolose ècombinazione linearediv ew െ ʹǤ = െ െ 3. Leequazioni(parametriche)delpianoSsono ൌ ଵ ଶ ቐ ൌ ଵ ଶ dovetedusonoparametrireali ൌ
ଵ
ଶ
Equazionecartesianadelpiano • Eliminandoiparametritedudalleequazioniparametrichedel pianositrovaun’equazionedellaformaax+by+cz+d=0(equazione cartesianadelpiano) o
=vuw,quindi
èunvettore
ortogonalealpiano.Questosipotevatrovaredirettamente osservandocheunpuntoPappartienealpianoperA,B,Cseesolo se èortogonaleavuwǤ • Viceversaogniequazioneax+by+cz+d=0rappresentaunpiano ortogonalealvettore
¾ Datal’equazionecartesianadiunpianolaternadeicoefficienti delleincogniteèdettaternadeiparametridirettoridelpianoe rappresentaladirezionedellarettanormalealpiano
Pianoper3punti • Scrivereleequazionidiunpianopassantepertrepunti(non allineati)A=(x0,y0,z0),B=(x1,y1,z1),C=(x2,y2,z2) IlpianoèilpianoperAp e Leequazioni(parametriche)dellapianosonoallora ൌ ሺଵ െ ሻ ଶ െ ൞ ൌ ሺଵ െ ሻ ଶ െ dovet,usonoparametrireali ൌ ሺଵ െ ሻ ଶ െ
• Condizionediallineamentoditrepunti:A=(x0,y0,z0),B=(x1,y1,z1), C=(x2,y2,z2)sonoallineatiseesoloseivettori e sonoparalleli, quindiseesoloseesisteunnumerorealekz0taleche x1x0=k(x2x0),y1y0=k(y2y0),z1z0=k(z2z0)
Condizionidiparallelismoeperpendicolaritàfrapianie frarettaepiano • Duepianisonoparalleli seesoloseleloroternediparametri direttorisonoproporzionali • Duepianisonoperpendicolari seesolose lasommadeiprodotti deiloroparametridirettoriè0 • Unarettaeunpianosonoparalleliseesoloselasommadei prodottideiloroparametridirettoriè0 • Unarettaeunpianosonoperpendicolariseesoloseleloroterne diparametridirettorisonoproporzionali (Ricordarsicheiparametridirettoridiunpianosonoiparametri direttoridiunarettanormalealpiano)
Equazionicartesianediunarettanellospazio • Eliminandoilparametrodalleequazioniparametrichediunaretta si trovaunsistemadidueequazionilinearinellevariabilix,y,z,quindi larettavienerappresentatacomeintersezionediduepiani. Viceversaseabbiamounsistemaformatodalleequazionididue pianinonparalleli,questosistemarappresentaunaretta. ¾ Unsistemaቊ
ଵ ଵ
ଵ ଵ ൌ Ͳ rappresentaunarettasee ଶ ଶ
ଶ ଶ ൌ Ͳ
soloseiduevettori
ଵ ଶ ଵ , ଶ nonsonoparalleli.
ଵ
ଶ
¾ Dataunarettainequazionicartesiane,isuoiparametridirettorisi possonotrovareriscrivendoneleequazioniparametriche,oppuretenendo contocheilvettoredirezionedellarettaèortogonalealledirezionidelle normaliaipianichelaindividuanoepertantosono (b1c2b2c1,c1a2c2a1,a1b2a2b1).
Fascidipiani •
Dataunarettarnellospaziosichiamafascio (proprio)dipianicon sostegnor l’insiemedituttiesoliipianichecontengonolarettar. ଵ
ଵ ଵ ൌ Ͳ tuttiesoliipianidelfascio Serhaequazioniቊ ଵ ଶ ଶ
ଶ ଶ ൌ Ͳ disostegnorhannoequazione O(ଵ ଵ
ଵ ଵ )+P(ଶ ଶ
ଶ ଶ )=0
•
L’insiemedituttiesoliipianiparalleliadunpianodatoS sichiamafascio (improprio) dipiani individuatodaS. Sଵ ଵ
ଵ ଵ =0eଶ ଶ
ଶ ଶ =0leequazionidi S ediunpianoparalleloedistintodaS ,tuttiesoliipianidelfascio improprioindividuatodaS hannoequazione O(ଵ ଵ
ଵ ଵ )+P(ଶ ଶ
ଶ ଶ )=0
¾ Datal’equazioneO(ଵ ଵ
ଵ ଵ )+P(ଶ ଶ
ଶ ଶ )=0di unfasciodipianipotremmopensarediscriverlanellaforma ଵ ଵ
ଵ ଵ ሺଶ ଶ
ଶ ଶ )=0, ஜ utilizzandoilsoloparametrot= ,maquestoimplicaOz0equindisiperde ilpianodiequazioneଶ ଶ
ଶ ଶ =0
Puntomediodiunsegmento • SianoA=(x1,y1,z1)eB=(x2,y2,z2)duepuntidellospazio.Vogliamo trovarelecoordinatedelpuntomedioMdelsegmentodiestremiA eB. – Ilvettore èparalleloalvettore –
ଵ ଶ
=
– Q ൌ
୶మ ି୶భ ଶ ୷మ ି୷భ ଶ మ ିభ ଶ
– ൌ ୶భ ା୶మ ଶ
¾ LecoordinatediMsono(
,
୷భ ା୷మ ଶ
,
భ ାమ ) ଶ
Distanzadiunpuntodaunpiano • SianoA=(x0,y0,z0)eS:ax+by+cz+d=0.Vogliamocalcolareladistanza d(A,S)diAdaS. – SiaP =(x1,y1,z1)unpuntodelpianoS,cioèax1+by1+cz1+d=0. – d(A,S)èilminimodidist(A,P)alvariarediPsuS.Quindid(A,S)=dist(A,B)dove BèilpiededellaperpendicolarecondottadaAsuS.Nesegueched(A,S)èil modulodelvettoreproiezionedelvettore nelladirezionedelvettoren normalealpiano – DettoT l’angolofra edn ilvettoreproiezionedelvettore nelladirezione delvettoren è
T
୬ ୬
=
ȉ୬
୬
୬
୬
െ ଵ ȉ୬ – n= , ൌ െ ଵ ,d(A,S)= ୬ െ ଵ
¾ d(A,S)=
ୟ୶బ ାୠ୷బ ାୡబ ାୢ ୟమ ାୠమ ାୡమ
ilcuimoduloè
ȉ୬ ୬
Distanzadiunpuntodaunaretta • SianoA=(x0,y0,z0)edrunarettaperP=(x1,y1,z1)conparametri direttori(a,b,c).Vogliamocalcolareladistanzad(A,r)diAdar. – d(A,r)èilminimodidist(A,Q)alvariarediQvariasur.Quindid(A,r)=dist(A,B) doveBèilpuntodiintersezionefralarettaredilpianoperAperpendicolare adr. – Siar= ilvettoredirezionedir.
ൈ୰
ǡ sihaquindid(A,r)= = T ൌ – DettoT l’angolo
୰
.
– d(A,r)èancheilmodulodelvettoredifferenzafra eilvettoreproiezione ortogonaledi sulladirezionedir,dunqued(A,r)= െ
ȉ୰ ୰
.
• OsservatecheseA =(x0,y0)edr:ax+by+c=0(sonoimplicitamente nelpianoz=0)allorad(A,r)=
ୟ୶బ ାୠ୷బ ାୡ ୟమ ାୠమ
Distanzafraduerette • Sianoredsduerettenellospazioladistanzad(r,s)diquestedue retteèilminimodidist(R,S)alvariarediRedSrispettivamentesur esus. – – – –
Sappiamochenellospazioduerettesonooincidentioparalleleosghembe Ser,ssonoincidentid(r,s)=0 Ser,ssonoparallele,presoarbitrariamenteunpuntoRdirsihad(r,s)=d(R,s) Ser,s sonosghembed(r,s)èladistanzafraduepuntiPeQtalichelarettaPQ siaperpendicolareedincidenteadreads,ovveroincidenteadreadse parallelaalvettoreprodottovettorialen delledirezionidiredis.Inaltre paroled(r,s)èilmodulodelvettoreproiezioneortogonalenelladirezionedin delvettore doveRedSsonopuntiarbitraririspettivamentedireds, quindi,dettir,s ivettoridirezionediredsrispettivamente,siha d(r,s)=
ୖୗȉሺ୰ൈୱሻ ୰ൈୱ
.
Posizionereciprocadiduerettenellospazio • Dateleequazioni(parametricheocartesiane)didueretter,s nello spazioperdeciderelalororeciprocaposizione: 1. calcoliamoiparametridirettoridiredsesesonodueterneproporzionali concludiamochelerettesonoparallele 2. sequestononaccadescriviamoilsistemaformatodalleequazionidireda quellediseverifichiamosetalesistemaammettesoluzione.Sehasoluzione lerettesonoincidentisenosonosghembe.C’ècomunquedaosservarechese leequazionidientrambeleretteredssonodateinformaparametrica bisognacheilparametrodirednonsiaugualeaquellodisequindiprimadi fareilsistemafraleequazionibisognaincasocambiarenomeadunodei parametri. •
Perchiarirelasituazione,quandoscriviamounarettainformaparametricanelparametrotè comeserappresentassimolecoordinatediunpuntochesimuovesuunatraiettoriarettilinea alvariaredeltempot.Sefacciamoilsistemadelleequazioneparametrichediduerettereds, entrambescritteinfunzionediunostessoparametrot,ilsistemaammettesoluzioneseesolo esisteunistanteincuiiduepuntisononellastessaposizione.Leduerettesonoincidenti inveceseesoloseesistonodueistantit1 et2 talichenell’istantet2 ilpuntodellasecondaretta sitrovanellastessaposizioneincuisitrovailpuntosullaprimarettanell’istantet1.
Sistemilineari • Unaequazionelineare acoefficientiinKnellenvariabilix1,x2,…,xn èun’equazionedeltipo a1x1+a2x2+…+anxn=b,ovea1,a2,…an,b K. • Unasoluzione (nonnsoluzioni!!)dell’equazioneèunanupla (D1,D2,…,Dn)dielementidiK(cioèunvettoreinKn)taleche a1D1+a2D2+…+anDn=b. • Unsistemalinearedim equazioniinn incognite acoefficientiinK unsistemadeltipoèuninsiemedimequazionilinearinellen incognitex1,x2,…,xn ଵଵ ଵ ଵଶ ଶ ڮ ଵ୬ ୬ ൌ ଵ ଶଵ ଵ ଶଶ ଶ ڮ ଶ୬ ୬ ൌ ଶ ڭ ୫ଵ ଵ ୫ଶ ଶ ڮ ୫୬ ୬ ൌ ୫
• Sidicesoluzionedelsistemalineare unanupla dielementidiKche siasoluzioneditutteleequazionidelsistema,ammessochetalen upla esista.
Sistemilineari • Unsistemalinearechenonammettesoluzionisidice impossibile,unsistemapossibile hasempresoluzioniedè dettodeterminato seammetteunaedunasolasoluzione(che èunanupla dielementidiK!)altrimentièdetto indeterminato. • Unsistemalinearesidiceomogeneo seitermininotiditutte leequazionidelsistemasonougualia0. – Unsistemalineareomogeneoèsemprepossibileinquantoha semprelasoluzionex1=x2=…=xn=0,dettasoluzionebanale. – Perisistemilineariomogeneisiamointeressatiatrovare,seesistono, soluzioninonbanalidetteautosoluzioni delsistema.
Sistemilineari Ilsistema
ଵଵ ଵ ଵଶ ଶ ڮ ଵ୬ ୬ ൌ ଵ ଶଵ ଵ ଶଶ ଶ ڮ ଶ୬ ୬ ൌ ଶ ڭ ୫ଵ ଵ ୫ଶ ଶ ڮ ୫୬ ୬ ൌ ୫
puòsempreesserescrittonellaforma ଵଵ ଵଶ ଵ୬ ଶଵ ଶଶ ଶ୬ ଵ ڭ+ ଶ ڭ+...+ ୬ = ڭ ୫ଵ ୫ଶ ୫୬
ଵ ଶ ڭ ୫
ଵ pertantoèpossibileseesoloseilvettore ଶ ècombinazionelinearedeivettori ڭ ଵଵ ଵଶ ଵ୬ ୫ ଶଵ ଶଶ ଶ୬ ڭ, ڭ,..., ڭ. ୫ଵ ୫ଶ ୫୬ Inparticolareunsistemaomogeneohaautosoluzioniseesolosequestiultimi vettorisonolinearmentedipendenti
Sistemiequivalenti • DuesistemilineariS1 edS2 sulcampoKsidiconoequivalenti se tutteesolelesoluzionidiS1 sonoanchesoluzionidiS2 (ovviamente questoimplicachetutteesolelesoluzionidiS2 sianoanchesoluzionidi S1).
• DatounsistemaSilsistemaS’ottenutodaSfacendounasequenza qualsiasidelleseguentioperazioni: – scambiarefralorodueequazioni; – moltiplicareentrambiimembridiunaequazioneperunparametro kK ediversoda0; – sommaremembroamembroadunaequazioneunadellerestanti equazioni
èequivalenteadS.
Unpo’dialgebradellematrici • UnatabellaAdimun elementidiuncampoKdispostisum righeedncolonnesidicematrice ditipo (m,n) • L’elementodiKcheappartieneallaiesimarigaeallajesima colonnadiAsiindicacona ij,elamatricesiscrivenellaforma … a a a 11 a21 A= ڭ am1
12 a22 ڭ am2
1n … a2n ൌ aij ڭ ڰ … amn
• Sidiconovettoreriga evettorecolonna rispettivamentele matriciditipo(1,n)ed(m,1). • Unamatriceditipo(m,n)puòesserevistacome l’accostamentoorizzontaledinvettoricolonna,detticolonne dellamatrice,ocomel’accostamentoverticaledimvettori riga,dettirighedellamatrice. • Unamatriceditipo(n,n)sidicematricequadrata diordinen.
Terminologia • SiaAunamatriceditipo(m,n)sichiamatrasposta diAesiindica conAT (otA;etc)lamatriceditipo(n,m)chesiottienedaA scambiandolerigheconlecolonne(inaltreparolel’elementodiposto (i,j)diAT èaji). • Sichiamanoelementidiagonali diunamatricequadrataA gli elementiaii ,l’insiemediquestielementisichiamadiagonale principale diA. • UnamatricequadrataAsichiamadiagonale seaij =0perogniizj,si scrivealloraA=diag (a11,a22,…,ann) • UnamatricequadrataAsichiamatriangolarealta(bassa)seaij =0 perognii>j(i
• Unamatricesidicesimmetrica seA=AT edemisimmetrica seA= AT. – Glielementidiagonalidiunamatriceemisimmetrica sonougualia0.
Terminologia • SianoR1,R2,…,Rm lerighediunamatriceA.SeRi èunariganonnulla sichiamapivot diRi ilsuoprimoelementononnullo • LamatriceAsidicematriceascalaquando – – ¾ ¾
SeRi ènullaancheRi+1 ènulla SeRj eRj+1 nonsononulleilpivotdiRj èasinistradelpivotdiRj+1 Unamatricetriangolarealtaèunamatriceascala Unamatriceascalaquadrataètriangolarealta
• Sichiamamatricenulladitipo(m,n),esiindicacon0(m,n),una matriceditipo(m,n)contuttiglielementiugualia0 • Sichiamamatriceidenticadiordinen,unamatricediagonaledi ordinenchehatuttiglielementidiagonaliugualiad1
Sommadimatricieprodottoscalarematrice • DuematriciAൌ aij eBൌ bij sonouguali sesonodellostesso tipoeperogniposto(i,j)aij=bij. • SianoAൌ aij eBൌ bij duematricidellostessotipo(m,n), C=A+Bèlamatrice cij ditipo(m,n)dovecij=aij+bij. – Rispettoallasomma,sopradefinita,l’insiemedellematricidellostessotipo (m,n)suuncampoKformanoungruppoabeliano – L’elementoneutroèlamatrice0(m,n) – L’oppostodellamatriceAൌ aij èlamatriceAൌ െaij
• SianokK edAൌ aij ,allorakA ൌ aij . – Rispettoallasommaealprodottoscalarematrice,sopradefiniti,l’insieme dellematricidellostessotipo(m,n)suuncampoKformanounospazio vettorialesuK
Prodotto(righepercolonne)dimatrici • Sichiamamatriceprodotto (righepercolonne)diunamatriceAൌ aij ditipo(m,n)e diunamatriceBൌ bhk ditipo(n,p)una matriceCൌ crs ditipo(m,p)definitanelmodoseguente crs = σn i=1 ari bis =ar1b1s+ar2b2s+…+ar nbns • L’elementocrs diCèilprodotto(righepercolonne)delleresima rigadiA(vistacomeunamatriceditipo(1,n))conlasesimacolonnadiB (vistacomeunamatriceditipo(n,1))
• IlprodottodimatriciNONècommutativo. – IprodottiABeBAsonodefinitiedellostessotiposeesoloseAeBsono matriciquadratedellostessoordine,maancheintalecasoingeneraleABzBA • SeAB=BA,lematriciAeBsidiconopermutabili.
• Ilprodottodimatricigodedellaproprietàassociativa. ¾ SiaAunamatricequadrataednuninteropositivo,poniamoA1=Aed An=AA…A(nvolte)esihaAnAm=An+m e(An)m=Anm .
Proprietàdelprodottodimatrici • PerognikK,k(AB)=A(kB)=(kA)B • Valgonoleproprietàdistributive(asinistraeadestra)delprodotto rispettoallasomma: – A(B+C)=AB+AC(conAditipo(m,n),B,Cditipo(n,p)) – (D+E)F=DF+EF(conD,Editipo(m,n),Fditipo(n,p))
• SeAèunamatriceditipo(m,n),0(p,m)A= 0(p,n) e A0(n,q)=0(m,q). • Esistonomatricinonnulleilcuiprodottoèlamatricenulla – Esempio:
ͳ Ͳ
Ͳ Ͳ Ͳ Ͳ = Ͳ Ͳ ͳ Ͳ
Ͳ Ͳ
• AB=AC(DA=EA)NONimplicaB=C(D=E) • PerognimatriceAditipo(m,n)sihaImA=A=AIn – PerdefinizioneseAèquadratadiordinensiponeA0=In
• (AB)T=BTAT
MetododiGauss • SichiamanomossediGauss ooperazionielementarisullerighedi unamatriceleseguentioperazioni – Scambiareduerighe – Sommareadunarigaunaaltrarigamoltiplicataperk
• Esisteunalgoritmo(metododieliminazionediGauss)checonun numerofinitodioperazionielementaritrasformaognimatriceAin unamatriceascala – Siscambianolerigheinmodochelaprimarigasiaquellacolpivotpiùa sinistra – Seilpivotdellaprimarigaèincolonnajsisommaallarigaiperognii>1la primarigamoltiplicataper–aij/a1j,intalmodotuttelerigheeccettolaprima hannotutti0nellacolonnaj(etuttelerighehanno0nellecolonnehconh
Matriciassociateadunsistemalineare •
ଵଵ ଵ ଵଶ ଶ ڮ ଵ୬ ୬ ൌ ଵ ଶଵ ଵ ଶଶ ଶ ڮ ଶ୬ ୬ ൌ ଶ Ilsistemalineare sipuò ڭ ୫ଵ ଵ ୫ଶ ଶ ڮ ୫୬ ୬ ൌ ୫ scriverenellaformaAx=b con: ଵଵ ڮଵ୬ ڰ ݅ݐ݂݂݊݁݅ܿ݅݁ܿ݅݁݀݁ܿ݅ݎݐܽ݉ ڭ, Ǧ ൌ ڭ ୫ଵ ڮ୫୬ ଵ x= ڭvettoredelleincognite ୬
•
ଵ b= ڭvettoredeitermininoti. ୫
LamatriceC=[A|b]formatadall’accostamentodellacolonnadeitermini notiallamatricedeicoefficientisichiamamatricecompletadelsistema
MetododieliminazionediGaussperisistemilineari •
•
SiaClamatricecompletadiunsistemalineareS.OgnimossadiGauss applicataaCtrasformaCnellamatricecompletadiunsistemaequivalente adS SeconapplicazionisuccessivedimossediGaussportiamoCnellamatrice C’informaascala,ilsistemaS’chehaC’comematricecompletahala forma Ԣ୧ ଵ ǡ୨ሺଵሻ ୨ሺଵሻ Ԣ୧ ଵ ǡ୨ ଵ ାଵ ୨ ଵ ାଵ ڮ ڮ ڮ Ԣ୧ ଵ ǡ୬ ୬ ൌ Ԣ୧ሺଵሻ Ԣ୧ ଶ ǡ୨ ଶ ୨ ଵ ାଵ ڮ ڮ ڮ ڮ Ԣ୧ ଶ ǡ୬ ୬ ൌ Ԣ୧ሺଶሻ (1) ڭ Ԣ୧ ୰ ǡ୨ሺ୰ሻ ୨ሺ୰ሻ ڮ Ԣ୧ ୰ ǡ୬ ୬ ൌ Ԣ୧ሺ୰ሻ ሺͲ ൌ Ԣ୧ ୰ ାଵ ሻ
•
dover d min (m,n),1dj(1)
MetododieliminazionediGaussperisistemilineari •
Supponiamooradiesserenelcasoincuir=m=min(m,n),or
•
Ser=n=min(m,n)ilsistema(2)diventa Ԣଵଵ ଵ Ԣଵଶ ଶ ڮ ڮ Ԣଵ୰ ୰ ൌԢଵ Ԣଶଶ ଶ ڮ ڮ Ԣଶ୰ ୰ ൌԢଶ ڰ Ԣ୬୬ ୬ ൌ Ԣ୬ quindidall’ultimaequazionesiricavaxn ,esisostituiscenelle precedenti,dallapenultimasiricavaxn1 ecosìvia,ilsistemaèpertanto determinato.
MetododieliminazionediGaussperisistemilineari •
Ser
¾ Levariabilixr+1,xr+2,…,xn sidiconovariabililibere,assegnandoadessevalori arbitrari,dall’ultimaequazionesiricavaxr infunzionedeivaloridatialle variabililibereesisostituiscenelleequazioniprecedenti,dallapenultima equazionesiricavaxr1 (sempreinfunzionedeivaloriassegnatialle variabililibere)ecosìvia,il sistemaèquindipossibilemalesoluzioni dipendonodanrparametriarbitrariedèpertantoindeterminato.Si dicecheilsistemahafnr soluzioni.
Sistemiomogenei • •
Laformamatricialediunsistemalineareomogeneodimequazioniinn incogniteèAx=0(m,1),doveAèlamatricedeicoefficientiditipo(m,n),x èil vettoreditipo(n,1)delleincognite. LamatricecompletaC=[A|0]haglistessipivotdiA,quindiilsistema
èsemprepossibileel’insiemedellesuesoluzionivienespesso chiamatoker A • SiarilnumerodipivotdiA(ediC)
¾ Ser=nalloraker A={0(n,1)} ¾ Ser
•
DatoilsistemalineareSdiformamatricialeAx=b,ilsistemaomogeneo conlastessamatricedeicoefficientisidicesistemaomogeneoassociato adS.SeSèpossibiletutteesolelesoluzionidiSsiottengonosommando adunasoluzioneparticolarediSlesoluzionidelsistemaomogeneo associato.
Rangodiunamatrice • DataunamatriceAditipo(m,n)sichiamarango diA,rk(A),il numerodipivotdiA.EquivalentementeilrangodiAèilnumero dellerighenonnulledellamatriceascalaottenutadaAcolmetodo diGauss.Vedremoinseguitochequestadefinizionenondipende dalmodoconcuil’eliminazionediGaussèfattaedunqueèben posta. ¾ rk(A)t0erk(A)=0seesoloseAèlamatricenulla ¾ rk(A)min (m,n) ¾ SeAèunasottomatricediunamatriceC(ovveroseAèlamatricedegli elementichesitrovanosull’intersezionediunsottoinsiemedellerighediC conunsottoinsiemedellecolonnediC),allorark(A)rk(C) ¾ InparticolareseCèlamatriceottenutaaccostandounvettorecolonnaadA, allorark(A)rk(C)rk(A)+1
TeoremadiRouchéCapelli •
•
SiaSunsistemalineare(dimequazioni)innincognitesulcampoK,che scriviamoinformamatricialecomeAx=b. Sèpossibileseesoloseilrangork(A)dellasuamatricedeicoefficientiè ugualealrangork([A|b])dellamatricecompleta. Ser=nilsistemaèanchedeterminato,ser
CorollaridelteoremadiRouchéCapelli • UnsistemalineareAx=b connequazioniinnincognite (ovveroconAmatricequadrata)conrk(A)=nhasempreunae unasolasoluzione.(PartedellaRegoladiCramer,chenelsuo enunciatocompletodescrivelaformadellasoluzione) • UnsistemalineareomogeneoAx=0 (conmequazioni)inn incogniteammetteautosoluzioni seesonoserk(A)
Interpretazionegeometricadisistemicon2incognite SiaSunsistemalinearedinequazioniin2incognite diformaAx=b • NelpianoogniequazionediSpuòesserepensatacomel’equazione diunaretta – Serk(A)=rk([A|b])=2,ilsistemaèdeterminatoedhaalmenodue equazioni:duerettesiincontranoinunpuntoP(lecuicoordinate sonolasoluzionedelsistemaS)eleeventualialtrerette appartengonoalfascioconsostegnoP – Serk(A)=rk([A|b])=1,ilsistemaèpossibilemaindeterminato:lerette coincidonoconunstessarettarelef1 soluzionidelsistemasonole equazioniparametrichedir – Serk([A|b])=3erk(A)=2,ilsistemaèimpossibileedhaalmenotre equazioni:duedellerettenonsonoparalleleesiincontranoinun puntoPedunadellealtrerettenonappartienealfasciodisostegnoP – Serk([A|b])=2erk(A)=1,ilsistemaèimpossibileedhaalmenodue equazioni:lerettesonorettefraloroparallelenontuttecoincidenti
Interpretazionegeometricadisistemicon2incognite SiaSunsistemalinearedinequazioniin2incognitediformaAx=b • NellospazioogniequazionediSpuòesserepensatacome l’equazionediunpianoparalleloall’assez – Serk(A)=rk([A|b])=2,ilsistemaèdeterminatoedhaalmenodue equazioni:ipianiappartengonoadunostessofascioconsostegnola rettadiequazionix=x0,y=y0 ove[x0,y0]T èlasoluzionediS – Serk(A)=rk([A|b])=1,ilsistemaèpossibilemaindeterminato:ipiani coincidonoconunpianoparalleloall’assezequindilef1 soluzionidel sistemasonoleequazioniparametrichedellarettaintersezionedel pianocolpianoz=0 – Serk([A|b])=3erk(A)=2,ilsistemaèimpossibileedhaalmenotre equazioni:duepianinonsonoparalleliesiintersecanolungouna rettaredunaltroalmenononappartienealfasciodisostegnor – Serk([A|b])=2erk(A)=1,ilsistemaèimpossibileedhaalmenodue equazioni:ipianisonopianifraloroparallelienontutticoincidenti
Interpretazionegeometricadisistemicon3incognite SiaSunsistemalinearedinequazioniin3incognitediformaAx=b • OgniequazionediSpuòesserepensatacomel’equazionediunpianonello spazio – serk(A)=rk([A|b])=3,Sèunsistemapossibileedeterminatoconalmeno3equazioni:i pianirappresentatidalleequazionihannounoeunsolopuntocomune(cioè appartengonoadunastessastelladipianiealmenotrediessinonsonoadueadue coincidenti), – Serk(A)= rk([A|b])=2,Sèunsistemaconalmeno2equazioni,possibilema indeterminatolecuisoluzionidipendonodaunparametrot:ipianiappartengonoad unostessofasciolacuirettasostegnohaequazioniparametrichedatedallef1 soluzioni delsistemaS – Serk(A)=rk([A|b])=1,Sèunsistemapossibilemaindeterminatolecuisoluzioni dipendonoda2parametri:ipianisonopianicoincidenti,lef2 soluzionidelsistema sonoleequazioniparametrichedelpiano(concuituttiipianicoincidono) – Serk([A|b])=4erk(A)=3,Sèunsistemaimpossibileconalmeno4equazioni:tre equazionisonoequazionidipianiappartenentiadunastessastellaec’èalmenoun pianochenonappartieneallastella – Serk([A|b])=3erk(A)=2,Sèunsistemaimpossibileconalmeno3equazioni: due equazionisonoequazionidipianinonparallelichequindiindividuanounarettaegli altripianisonoparalleliataleretta – Serk([A|b])=2erk(A)=1,Sèunsistemaimpossibileconalmeno2equazioni: le equazionirappresentanopianifraloroparallelidicuiduealmenodistinti.
Matriciinvertibili SiaAunamatricequadratadiordinen. • UnamatriceBsidiceinversadestradiA(edAsidiceinvertibilea destra)seAB=In. • UnamatriceCsidiceinversasinistra diA(edAsidiceinvertibilea sinistra)seCA=In. • Asidiceinvertibile seèinvertibileadestraeasinistra ¾ SeAèinvertibilelasuainversadestraesinistracoincidono SianoB,CleinversedestreesinistrediA,BeCsonomatriciquadratediordinen. SihaAB=In eCA=In.MoltiplicandoasinistraperClaprimauguaglianzasiha C(AB)=Ceperlaproprietàassociativa(CA)B=C,maCA=In equindiB=C
¾ SeAèinvertibilelasuainversaèunicaenelseguitosaràindicata conA1. ¾ SeAèinvertibilealloraAD=AEimplicaD=Ee FA=GAimplicaF=G Cisonomatricinonnullechenonhannoinversa
C.n.s.perl’esistenzadellamatriceinversa Teorema:SiaAunamatricequadratadiordinen. Sonoequivalenti: a)Aammetteinversa b)Aammetteinversadestra c)Aammetteinversasinistra d)rk(A)=n e)ilsistemalineareomogeneoAx=0 nonhaautosoluzioni f)ognisistemalineareAx=b haunaeunasolasoluzione Dim. c)e).SiaCl’inversasinistradiAesiav unasoluzionedelsistema Ax=0.SihaalloraAv=0 equindiC(Av)=C0=0 dacuiperlaproprietà associativadelprodotto(CA)v=0 e,essendoCA=In,v=0
C.n.s.perl’esistenzadellamatriceinversa(continua) e)d)Seguedal(corollarioperisistemiomogeneidel)teoremadi RouchéCapelli d)f)SeguedalteoremadiRouchéCapelli f)b)Siaei unvettoreditipo(n,1)ilcuielementodipostoiè1, mentretuttiglialtrisono0.OgnisistemaAx=ei per1didnhaunaed unasolasoluzionebi.SiaB=[b1|b2|...|bn],sihaAB =[Ab1|Ab2|...|Abn] =[e1|e2|...|en]=In edunqueBèl’inversadestradiA. Ovviamenteaquestopuntoc)a). Restadaprovarecheb)c)SiaBl’inversadestradiA.AlloraB ammetteAcomeinversasinistraequindi,poichésappiamochec)b), AhainversadestraD.Maseunamatricehainversasinistraedestra questecoincidonoedunqueA=DeBA= In
Calcolodell’inversacolmetododiGaussJordan SiadataAunamatricequadratadiordinennonsingolare.Vogliamo calcolareA1. 1. 2.
3.
SappiamocheseAènonsingolare,lasuainversasiottieneaccostandoi vettorisoluzionedeisistemilineariAx=ei con1didn. ConsideriamolamatriceD=[A|In],poichéAharangonancheDharango nequindiselaportiamoinformaascalatroviamo Ԣଵଵ Ԣଵଶ ǥ Ԣଵ୬ Ͳ Ԣଶଶ ǥ Ԣଶ୬ Ԣ cona’iiz 0perogni1in D(0)= ڰ ڭ Ͳ Ͳ ǥ Ԣ୬୬ Ͳ ǥ AggiungiamoallarigaidiD(0),perogniicon1in1,l’ultimarigadiD(0) moltiplicataperୟᇱΤୟᇱ ,ottenendounamatriceD(1)lacuicolonnanha solol’ultimoelementodiversoda0
Calcolodell’inversacolmetododiGaussJordan(cont) 4.
AggiungiamoallarigaidiD(1),perogniicon1in2,larigan1diD(1) ሺభሻ
ୟషభ
5. 6.
ൗୟᇱషభషభ ,ottenendounamatriceD(2)lacui moltiplicataper colonnan1hasolol’elementosullarigan1diversoda0.Osservateche nonabbiamotoccatolacolonnanchequindihasolol’ultimoelemento diversoda0. Sicontinuailprocedimentosullacolonnan2dellamatriceD(2)ecos’via finoadottenereunamatricedellaformaD(n1)=[diag (a’11,…,a’nn)|B’’] Moltiplichiamoperogniicon1inlarigaidiD(n1)perଵΤୟᇱ e otteniamounamatriceD(n)=[In|B].Bèl’inversadiA – QuestodipendedalfattocheseAx=b èunsistemalinearedinequazioniinnincognite conrk(A)=nesecoipassiprecedentiriduciamolamatricecompletadelsistema[A|b] allaforma[In|b’]abbiamotrasformatoilsistemaAx=b nelsistemaequivalenteInx=b’la cuiunicasoluzioneèb’edalprecedentepunto1.Infattinoiabbiamo contemporaneamenteridottoognimatrice[A|bi]nellaforma[In|bi]perogniicon1in.
Determinantediunamatricequadrata LafunzionedeterminanteassociaadognimatricequadrataAdiordinensul campoKunelementodiK,dettodet A(determinantediA),cosìdefinito: • Sen=1ovveroA=[a]alloradet A=a, •
ଵଵ SeA= ڭ ୬ଵ
ڮ ڰ ڮ
ଵ୬ ڭconn>1allorachiamiamo ୬୬
– Aik lamatricequadratadiordinen1chesiottienedaA cancellandolasuaiesima rigaelasuakesimacolonna, – Mik =det Aik minorecomplementaredi aik , – Cik =(1)i+k Mik complementoalgebrico diaik,
eponiamodet A=σ୬୧ୀଵ ଵ୧ ଵ୧ ൌ ଵଵ ଵଵ ଵଶ ଵଶ ڮ ଵ୬ ଵ୬ . •
ଵଵ det ڭ ୬ଵ
ڮ ڰ ڮ
ଵ୬ ଵଵ ڭvieneancheindicatocon ڭ ୬ଵ ୬୬
ڮ ڰ ڮ
ଵ୬ ڭ ୬୬
Determinantedimatricidiordine2e3
• SiaA= ଵଵ ଵଶ ,calcolaredet A. ଶଵ ଶଶ
– C11=a22,C12=a21,dunquedet A=a11a22a12a21.
ଵଵ • SiaA= ଶଵ ଷଵ
ଶଶ – C11= ଷଶ ଶଵ C13=
ଵଶ ଶଶ ଷଶ
ଵଷ ଶଷ ,calcolaredet A. ଷଷ
ଶଷ ଶଵ ଶଷ =a a a a ,C = 22 33 23 32 12 ଷଷ ଷଵ ଷଷ =a21a33+a23a31, ଶଶ =a21a32a22a31,dunque ଷଵ ଷଶ det A=a11(a22a33a23a32)+a12(a21a33+a23a31)+a13(a21a32a22a31)= =a11a22a33+a12a23a31+a13a21a32a11a23a32a12a21a33a13a22a31
•
ଵଵ ଵଶ ଵଷ ଵଵ ଵଶ RegoladiSarrus:CopiareadestradiAleprimeduecolonnediA ଶଵ ଶଶ ଶଷ ଶଵ ଶଶ ଷଵ ଷଶ ଷଷ ଷଵ ଷଶ efarelasommadeiprodottideglielementidelladiagonaleprincipalediAedellesue paralleleuscentidaa12 ea13 (segnateconrigacontinua)menolasommadeiprodottidegli elementidelladiagonalesecondariadiAedellesueparalleleuscentidaa11 ea12 (segnatecon rigatratteggiata).
•
LaregoladiSarrus valesolopern=3,NONsigeneralizzapern>3
Proprietàdeldeterminante SiaAunamatricequadratadiordinensulcampoK. • I° TeoremadiLaplace.IldeterminantediAèugualeallasommadei prodottideglielementidiunasuariga(ocolonna)peririspettivi complementialgebrici. • det A=det AT. • SeAhaunariga(colonna)tuttadi0alloradet A=0. • SeAèunamatricetriangolare,alloradet A=ς୬୧ୀଵ ୧୧ . • SeA’èottenutadallamatriceAscambiandoduerighe(odue colonne)alloradet A’= det A. – Sesiscambialarigaiconlarigai+1,l’elementodiposto(i,k)diA’èuguale all’elementodiposto(i+1,k)diAequindiilcomplementoalgebrico dell’elementodiposto(i,k)diA’èl’oppostodelcomplementoalgebrico dell’elementodiposto(i+1,k)diA. – Sesiscambianoduerighenoncontiguesieffettuaunnumerodisparidi scambidirighecontigue.
Proprietàdeldeterminante • SeunamatriceA haduerighe(colonne)ugualialloradet A=0. – Sescambiamoleduerigheuguali,lamatricenoncambiamailsuo determinantedovrebbecambiaredisegnoe0èl’unicoelementougualeal suoopposto.
• II° TeoremadiLaplace.Lasommadeiprodottidiunariga(colonna) diApericomplementialgebricidiun’altrariga(colonna)è0.In simboli:σ୬୧ୀଵ ୩୧ ୦୧ ൌ Ͳ (σ୬୧ୀଵ ୧୩ ୨୦ ൌ Ͳ)sekh. – SiaA’lamatriceottenutadaAcopiandonellarigahlarigakdiA.A’hadue righeugualiequindiilsuodeterminateè0eselosviluppiamorispettoagli elementidellarigahèσ୬୧ୀଵ ୩୧ ୦୧
• SeA’èottenutadallamatriceAmoltiplicandotuttiglielementidi unasuariga(ocolonna)pertK alloradet A’=tdet A. • det tA =tn det A.
Proprietàdeldeterminante ଵ ଶ ڭ • SeA= ڭ ୬ ଵ ଶ detA= ڭ+ ڭ ୬
conR1,R2,...Rn,B,C vettoririgaditipo(1,n),allora ଵ ଶ ڭ .(Lostessovaleperlecolonne) ڭ ୬
• SeA’èottenutadaAaggiungendoaunasuariga(colonna)una combinazionelinearedellerestantirighe(colonne),allora det A=det A’
Proprietàdeldeterminante • det A=0seesoloseunariga(colonna)diAècombinazione linearedellerestantirighe(colonne). – SelarigaidiAècombinazionelinearedellerestanti,costruiamolamatriceA’ aggiungendoadilacombinazionelinearedellerestanticontuttiicoefficienti cambiatidisegno.A’haunarigadi0edet A=det A’. – Sedet A=0anchelamatriceascalaottenutadaApereliminazionegaussiana hadeterminanteugualea0equindialmenol’ultimarigatuttadi0.Questo significachelarigadiAcorrispondenteall’ultimarigadellamatriceascalaè combinazionelinearedellerestanti
• TeoremadiBinet.SianoAeBduematriciquadratediordinen. Alloradet (AB)=(det A)(det B). • Aammetteinversaseesolosedet Az0. – SeAammetteinversadaAA1=In sihadet (AA1)=det Adet A1=det In =1 – Mostriamochesedet A z0,esisteA1,costruendola(conunnuovoalgoritmo)
Calcolodell’inversatramiteicomplementialgebrici • SiaAunamatricequadrataesiaBunamatricequadratadiordinen ilcuigenericoelementobik èilcomplementoalgebricoCki diA • AB=diag[det A,det A,…,det A] – Siadrs l’elementodiposto(r,s)diAB,sihadrs=σ୬୨ୀଵ ୰୨ ୨ୱ =σ୬୨ୀଵ ୰୨ ୱ୨ ,quindi ser=sperilprimoteoremadiLaplacedrs=detA,serzsperilIIteoremadi Laplacedrs=0 ଵ
ଵ
• Sedet A z 0sihaିଵ ൌ ୢୣ୲ ൌ ୢୣ୲
ଵଵ ଵଶ ڭ ଵ୬
ଶଵ ଶଶ ڭ ଶ୬
ڮ୬ଵ ڮ୬ଶ ڰ ڭ ڮ୬୬
Proprietàdellematricinonsingolari SiaAunamatricequadratadiordinen,seAammetteinversasidice cheAènonsingolare(oinvertibile) • SeAènonsingolare,ancheA1 ènonsingolareesiha(A1)1=A, inoltredet A1=1/det A • SeAènonsingolareAT ènonsingolaree(AT)1=(A1)T • SiaBunamatricequadratadiordinen.ABènonsingolareseesolo seAeBsonononsingolarie(AB)1=B1A1 • SeAènonsingolarepossiamodefinireAh perogniinterorelativoh ponendo – Ah=AA…A(hvolte)seh>0 – A0=In seh=0 – Ah=A1A1…A1 (hvolte)seh<0 Lepotenzeadesponenteinterorelativogodonodelleusualeproprietàdelle potenze
• SeAènonsingolareAB=ACimplicaB=CeDA=EAimplicaD=E
RegoladiCramer • SeAènonsingolareogniequazionematricialedellaformaAX=B conB(eX)ditipo(n,p)haunaeunasolasoluzionedellaforma X=A1B(analogamenteogniequazionematricialedeltipoXA=BconBedX ditipo(q,n)haunaedunasoluzionedellaformaX=BA1). – A1BèsoluzionediAX=B,infattiA(A1B)=(AA1)B=InB=B.SiaCun’altrasoluzione alloraAC=A(A1B)implicaC=A1B.
• Unsistemalinearedinequazioneinnincognitelacuimatricedei coefficientiAharangomassimohaunaeunasolasoluzionecheè xi=(det Ai)/(det A),1in,doveAi èlamatricechesiottieneda A sostituendolacolonnaiconlacolonnadeitermininoti. – SeAx=b èlascritturamatricialedelsistema,lasuaunicasoluzioneèx=A1b.La componenteidix èalloraሺͳȀ ሻ σ୬୦ୀଵ ୦୧ ୦ eσ୬୦ୀଵ ୦୧ ୦ èlosviluppo deldeterminantedellamatriceAisecondoglielementidellasuacolonnai.
Spazivettoriali UnospaziovettorialeVsuuncampoKèuninsiemeV,dettoinsiemedei vettori,sucuièdefinitaun’operazionebinariainterna,dettasomma,+, ovverounaleggecheadognicoppiaordinatadivettoriv,w associaunoedun solovettorev+w,taleche(V,+)siaungruppoabeliano,ovvero • perogniv,wV sihav+w=w+v (proprietàcommutativa) • perogniv,w,uV sihav+(w+u)=(v+w)+u (proprietàassociativa) • esisteunvettore0VtalecheperognivV sihav+0=v (esistenza dell’elementoneutro) • perognivV esistev Vtalechev+(v)=0 (esistenzadell’opposto) edun’operazioneesterna,dettaprodottodiunoscalareperunvettore, ovverounaleggecheadognicoppiaordinatadiunoscalaretediunvettorev associaunoedunsolovettoretv,chegodadelleproprietà: • perognitK eperogniv,wV sihat(v+w)=tv+tw • perognit,s K eperognivV siha(t+s)v=tv+sv • perognit,s K eperognivV siha(ts)v=t(sv) • perogniv V siha1v=v
Esempidispazivettorialieloroproprietà • •
•
•
•
Ivettoriliberidelpiano(odellospazio)rispettoalleusualioperazionidisommae diprodottoscalare/vettoresonounospaziovettorialesuR. Lematricidiunostessotipo(m,n)suuncampoKrispettoalleoperazionidi sommaeprodottoscalare/matricecheabbiamodefinitoprecedentementesono unospaziovettorialesuK IpolinomiinunaindeterminataacoefficientiinuncampoKrispettoall’usuale sommadipolinomieall’usualeprodottoscalare/polinomiosonouncampo vettorialesuK IpolinomiinunaindeterminataacoefficientiinuncampoKdigradominoreo ugualeaduninteropositivon(fissato)rispettoall’usualesommadipolinomie all’usualeprodottoscalare/polinomiosonouncampovettorialesuK Inumerirealirispettoalleusualioperazionisommaeprodottodinumerireali sonounospaziovettorialesulcampoR.
Ricordiamoleseguentiproprietà: • Perogniv,w,uV, v+w=v+u implicaw=u (leggedicancellazione) • Perogniv,wV esisteunoedunsolovettorex talechev+x=w (x=v+w) • PerognitK eperognivV tv=0 seesoloset=0ov=0 (leggedi annullamentodelprodotto)
Dipendenzaeindipendenzalineare SiaVunospaziovettorialesulcampoK.Ricordiamoche: • UnvettorevV ècombinazionelinearedeivettoriv1,v1,…,vn se esistononscalarik1,k2,…,kn K,detticoefficientidella combinazione,talichev=k1v1+k2v2+…+knvn. • Ivettoriv1,v1,…,vn sidiconolinearmenteindipendentisesipuò ottenereilvettore0 comelorocombinazionelinearesolamente prendendotuttiicoefficientidellacombinazioneugualia0, altrimentisidiconolinearmentedipendenti,ovverov1,v1,…,vn sono linearmentedipendentiseesistononscalarih1,h2,…,hn Kenon tuttinullitaliche0=h1v1+h2v2+…+hnvn
– v1,v1,…,vn sonolinearmentedipendentiseesoloseunodiessi(NONciascuno diessi)ècombinazionelinearedeirestanti;inparticolaresev1,v2,…,vr sono vettorilinearmenteindipendentiev1,v2,…,vr,v sonovettorilinearmente dipendenti,allorailvettorev ècombinazionelinearediv1,v1,…,vr. – SeH={v1,v1,…,vn}èuninsiemedivettorilinearmentedipendentidiV,allora ogniinsiemedivettoriT,talecheHTèuninsiemedivettorilinearmente dipendenti.QuindiseI={w1,w1,…,wm} èuninsiemedivettorilinearmente indipendentidiV,alloraogniinsiemedivettoriJ,talecheJIèuninsiemedi vettorilinearmenteindipendenti – {v}èuninsiemedivettorilinearmentedipendentiseesolosev=0
Sottospazidiunospaziovettoriale • UnsottoinsiemeHdiunospaziovettorialeVsulcampoKsidice sottospazio(vettoriale)diVseHèasuavoltaunospaziovettoriale suKrispettoallastessasommaeallostessoprodottoscalare vettoredefinitiinV(cioèlasommadiduequalsiasivettoridiHèun •
vettorediH,0 stainH,perognivettorev diHanche–v stainHeperogni tK anchetv stainH). Criterio:UnsottoinsiemeHdiunospaziovettorialeVsuKèunsottospazio diVseesolose 1) perogniv,wH,v+wH 2) perognivH eperognitK,tvH. • •
SeHèsottospazio1)e2)devonoessereverificate Sevale1),lasommaèun’operazioneinternasuH,cheèovviamentecommutativae associativa.Sevale2),ilprodottodiogniscalareperunvettorediHstainH,inoltreperogni vettorevH siha0=0v e–v=(1)v dunque0HevH.Infineleproprietàdelprodotto scalare/vettorevalendoinVvalgonoancheinHedunqueHèsottospaziodiV
Sottospazivettoriali • SiaAunamatriceconncolonne,ker Aèunsottospaziodellospazio vettorialeKn (spaziodellematriciditipo(n,1)suK) – Sianov1,v2kerA,alloraA(v1+v2)=Av1+Av2=0+0=0 edunquev1+v2kerA;inoltre perognitK ,sihaA(tv1)=t(Av1)=t0=0 edunquetv1kerA.
• SiaVunospaziovettorialesulcampoKesianov1,v2,…,vnV l’insiemeL(v1,v2,…,vn)={k1v1+k2v2+…+knvn|kiK}èunsottospazio vettorialediVdettosottospazio(lineare)generatodav1,v2,…,vn
– Sianow1,w2L(v1,v2,…,vn),alloraesistonoconki,hiK,1in,taliche w1=k1v1+k2v2+…+knvn ew2=h1v1+h2v2+…+hnvn dacui w1+w2=(k1+h1)v1+(k2+h2)v2+…+(kn+hn)vn epertantow1+w2L(v1,v2,…,vn );inoltre perognielementokKsihakw1=(kk1)v1+(kk2)v2+…+(kkn)vn equindikw L(v1,v2,…,vn).
• SeV=L(v1,v2,…,vn)ivettoriv1,v2,…,vn sidiconosistemadigeneratori diVesidicecheVhadimensionefinita(avendouninsiemefinitodi generatori) – SeG={v1,v2,…,vn}èuninsiemedigeneratoridiV,alloraogniinsiemedivettoriG’, talecheGG’ VèuninsiemedigeneratoridiV
Basediunospaziovettoriale • SiaVunospaziovettorialesuK,B={v1,v2,…,vn}sidicebase diVseB èuninsiemedigeneratoridiVeduninsiemedivettorilinearmente indipendenti. • B={v1,v2,…,vn} èunabaseperVseesoloseognivettorediVsi scriveinunoeunsolomodocomecombinazionelinearedeivettori diB. – OgnibasediVèunsistemadigeneratoridiVequindiognivettorediv si scrivecomecombinazionelinearedeivettoridellabase,inoltresupponiamo siav= k1v1+k2v2+…+knvn =h1v1+h2v2+…+hnvn ,daquestosiottiene 0= (k1h1)v1+(k2h2)v2+…+(knhn)vn dacui,essendoivettoridiBlinearmente indipendenti, k1h1= k2h2=...= knhn=0epertantok1=h1, k2=h2,..., kn=hn. – SeognivettorediVsiscrivecomecombinazionelinearedeivettoridiB,tali vettorisonounsistemadigeneratoriperV.Inoltre0 sipuòscriverecome combinazionelinearedeivettoridiBconcoefficientidellacombinazionetutti ugualia0,epoichéognivettorediV(equindi0)siscriveinunsolomodo comecombinazionelinearedeivettoridiB,ognicombinazionelinearedei vettoridiBchediacomerisultatolo0 deveavereicoefficientituttinullie quindiivettoridiBsonolinearmenteindipendenti.
Dasistemadigeneratoriabase(scartisuccessivi) • Unvettorew ècombinazionelinearediv1,v2,…,vn seesolose L(v1,v2,…,vn,w)=L(v1,v2,…,vn) • DaunsistemadigeneratoriG={v1,v2,…,vn}diV, sipuòsempre estrarreunabasediV(inaltreparoleognispaziovettorialedi dimensionefinitahaunabase) – –
EliminiamodaivettoridiGtuttigli0, Suglimvettorirestantinonnulli,eseguiamoilseguentealgoritmo (degliscartisuccessivi): 1. i:=2,B:=G 2. sevi ècombinazionelinearedeiprecedentiB:=B\ {vi }, 3. i:=i+1 4. seidm,tornaalpasso2.,altrimentirestituisciB. – Bèunabaseinfattièunsistemadigeneratoriperlaprima affermazionediquestapaginaedivettoridiBsonolinearmente indipendentiperchése0 siscrivessecomecombinazionelinearedi vettoridiBacoefficientinontuttinulli,ilvettorediBconindice massimochecomparenellascritturadi0 sipotrebbescriverecome combinazionelinearedeiprecedentiealloraavrebbedovutoessere eliminatodaB.
Completamentodellabase • SeVèunospaziovettorialedidimensionefinitaeu1,u2,…,ur èun insiemedivettorilinearmenteindipendentidiV,esistesempreuna basediVchecontieneivettoriu1,u2,…,ur . – SeVhadimensionefinitahauninsiemefinitodigeneratori {w1,w2,…,wt},quindiancheG={u1,u2,…,ur , w1,w2,…,wt} èunsistema digeneratoridiV. – Applichiamol’algoritmodegliscartisuccessiviaG,nessunodegliui vienecancellatoperchéperipotesisonouninsiemedivettori linearmenteindipendentiequindinessunoècombinazionelineare deglialtri.
Dimensionediunospaziovettoriale •
SiaG={v1,v2,…,vn}unsistemadigeneratoridiV,ogniinsiemew1,w2,…,wm divettoridiVconm>nèuninsiemedivettorilinearmentedipendenti. – – –
•
SeVèunospaziovettorialedidimensionefinitaeB={v1,v2,…,vn}e B’={w1,w2,…,wr}sonoduebasidiValloran=r. –
•
SeV=L(v1),cioèn=1,perogniw1,w2Vèw1=t1v1,w2=t2v1 quindit2w1t1w2=0 Ipotesidiinduzione:inognispaziovettorialeconn1generatoriogniinsiemedim>n1vettorièun insiemedivettorilinearmentedipendenti SiaV=L(v1,v2,…,vn)esianow1,w2,…,wmV conm>n.Perognii,1imwi=ti1v1+ti2v2+…+tinvn .Dati1=0 perogniisihaw1,w2,…,wm L(v2,…,vn)equindiw1,w2,…,wm linearmentedipendentiperipotesidi induzione.Siaallorat11z0,esiawj’=t11wjtj1w1 perognij,2 im.Poichéw2’,w3’,…,wm’L(v2,…,vn)ed m1>n1,w2’,w3’,…,wm’sonolinearmentedipendentiperipotesidiinduzione,quindiesistono a2,a3,…,am nontuttinullitalichea2w2’+a3w3’+…+amwm’=0,dacui (a2t21+…+amtm1)w1+a2t11w2+…amt11wm=0 conalmenounait11z0,quindiw1,w2,…,wm sonouninsieme divettorilinearmentedipendenti.
B,essendounabase,èuninsiemedigeneratori.Sefosser>n,ivettoridiB’sarebberolinearmente dipendentiequindinonformerebberounabase,dunquerdn.Analogamentesimostrachendr e dunquesihan=r.
Sidicedimensionediunospaziovettorialedidimensionefinitailnumero divettorichecompongonounasuabase.
¾ SiaVunospaziovettorialedidimensionen,alloraogniinsiemedigeneratorièformato damtn vettori,ogniinsiemedivettorilinearmenteindipendentièformatodardn vettori.Inparticolareuninsiemedigeneratoriformatodanvettorièunabaseeun insiemedinvettorilinearmenteindipendentièunabase.
Esempi • •
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Lospaziodeivettoriliberidelpianohadimensione2equellodeivettori liberidellospaziohadimensione3 Lospaziodellematriciditipo(m,n)suuncampoKhadimensionemn, infattiunasuabase(dettabasecanonica)èformatadallematriciEij,1di dm,1djdn, ilcuielementodiposto(i,j)è1eicuialtrielementisono0.In particolarelospazioKn deivettoricolonneconncomponentiha dimensionenelasuabasecanonicaè{ei|1did},doveièilvettoreicui elementisonotuttinulli,eccettol’elementodipostoicheè1. Lospaziodeipolinomidigrado
Osservazioni • SeVèunospaziovettorialedidimensionefinitanognisuo sottospaziohadimensionemdn. • SeHèunsottospaziodiVedim H=dim V=nalloraH=V. – SiaB={v1,v2,…,vn}unabasediH,ivettoriv1,v2,…,vn sonovettorilinearmente indipendentidiVequindisonounabasediV,percuiV=L(v1,v2,…,vn)=H.
• PerognispaziovettorialeVeperogniinterodcon0dd
Operazionifrasottospazi SianoVunospaziovettorialesulcampoKeHeWduesottospazidiV • L’intersezioneinsiemisticaHWèunsottospaziodiV(ediHeW)
– Sianov1,v2HWetK.Poichév1,v2HedHèunsottospaziov1+v2He tv1H,analogamentepoichév1,v2WeWèunsottospaziov1+v2Wetv1W, quindiv1+v2 HW etv1 HW
• L’unioneinsiemisticaHWnonèingeneraleunsottospaziodiV • LasommaH+W={h+w|hH,wW}diHeWèunsottospaziodiV edèilminimosottospaziochecontieneHeW. – Sianov1,v2H+WetK.Esistonoh1,h2H,w1,w2Wtalichev1=h1+w1, v2=h2+w2 equindiv1+v2=(h1+w1)+(h2+w2)=(h1+h2)+(w1+w2)conh1+h2H, w1+w2W,quindiv1+v2H+W. Analogamantesihatv1=t(h1+w1)=th1+tw1 con th1H,tw1W,quinditv1H+W.DunqueH+Wèsottospazio.Inoltre,essendo h=h+0 perognihHeconsiderando0W,sihaHH+Wedanalogamente, essendow=0+w perogniwWeconsiderando0H,sihaWH+W.SiapoiU unsottospaziodiVtalecheHUeWU,allorapoichéognihHappartiene adUedogniwWappartieneadU,sihah+wU,dunqueH+W U.
• SeHeWhannodimensionefinita,l’unionediuninsiemedi generatoridiHediuninsiemedigeneratoridiWèuninsiemedi generatoridiH+W
FormuladiGrassmann SianoHeWduespazivettorialididimensionefinitadiV,allorasiha dim (H+W)+dim (HW)=dim H+dim W. – Siadim H=n,dim W=m,alloradim (HW)=d,condn,dm. – Sia{v1,v2,…,vd}unabasediH,perilteoremadicompletamentodellabase esistonou1,…,undH ew1,…,wmdW taliche{v1,…,vd,u1,…,und}siaunabase diHe{v1,…,vd,w1,w2,…,wmd}siaunabasediW.DunqueH+Wha {v1,…,vd,u1,…,und,w1,…,wmd}comeinsiemedigeneratori – Siaa1v1+…+advd+b1u1+…+bndund+c1w1+…+cmdwmd=0,allora a1v1+…+advd+b1u1+…+bndund=c1w1…cmdwmd èunvettorediHWequindi sipuòscriverecomecombinazionelinearediv1,v2,…,vd.Dunque c1w1…cmdwmd =k1v1+…+kdvd equindic1w1+…+cmdwmd+k1v1+…+kdvd =0 da cui,essendo{v1,…,vd,w1,…,wmd} uninsiemedivettorilinearmente indipendenti,siottienec1=…=cmd=0.Pertantosihaanche a1v1+…+advd+b1u1+…+bndund=0 dacui,essendo{v1,…,vd,u1,…,und}uninsieme divettorilinearmenteindipendenti,siottienea1=…=ad=b1=…=bnd=0.Quindi {v1,…,vd,u1,…,und,w1,…,wmd} èuninsiemedivettorilinearmenteindipendenti eunabasediH+W.Sihaalloradim (H+W)=n+md.
Sommadirettadisottospazi • VsidicesommadirettadiHeW,V=HW,seperognivettorev V esistonoesonouniciduevettorihH ewW talichev=h+w. • V=HWseesoloseV=H+WeHW={0}
– SiaV=HW.OvviamenteV=H+W.SiaiHW,allorav=h+w=(h+i)+(wi)dove h+iH,wiW.Perl’unicitàdellascritturadiv sihaallorah=h+i dacuii=0. – SiaV=H+WeHW={0},alloraovviamenteperognivettorev Vesistonodue vettorihH ewW talichev=h+w.Siapoiv=h+w=h’+w’,allorahh’=w’w appartieneaHWequindihh’=w’w=0 dacuih=h’,w=w’.
• SeV=HW,VhadimensionefinitaseesoloseHeWhanno dimensionefinitaeinparticolaredim V=dim H+dim W. • SeV=HW,WsidicespaziocomplementarediH(eHspazio complementarediW) • SeVhadimensionefinitaedHèunsuosottospazio,esistesempre lospaziocomplementarediH. – Presaunabase{v1,v2,…,vs}diH,lasicompletaadunabase {v1,…,vs,w1,w2,…,wr}diVesihaW=L(w1,w2,…,wr).
SpaziodidimensionensulcampoK • SiaVunospaziovettorialesuKdidimensionenesiaB={v1,v2,…,vn} unabasediV.SappiamocheognivettorevV sipuòscrivereinuno eunsolmodonellaforma v=x1v1+x2v2+…+xnvn;gliscalarix1,x2,…,xn sichiamanocomponentidiv rispettoallabaseB.Ilvettorev può ଵ ଶ esserequindiidentificatoconilvettoreȁ ൌ ڭKn ୬ • E’immediatoverificarecheperogniv,wV eperognitK siha ሺ ሻȁ =ȁ +ȁ e ȁ ൌ ሺȁ ሻ ¾ OgnispaziovettorialeVdidimensionensulcampoKpuòessere identificato(unavoltafissataunabasediV)conlospaziovettoriale Kn dellematriciditipo(n,1)suK. ¾ w1,w2,…,wh sonovettorilinearmenteindipendentidiVseesolose w1| ,w2| ,…,wh| sonovettorilinearmenteindipendentidiKn.
Rango(perrighe)diunamatriceA SiaAunamatriceditipo(m,n)esianor1,r2,…,rm ivettoririgadiAec1,c2,…,cn i vettoricolonnadiA.PoniamoRow A=L(r1,r2,…,rm)Kn eCol A=L(c1,c2,…,cn ) Km. • SiaA’unamatriceascalaottenutadaApereliminazionediGauss.Siha Row A=Row A’. – Sianov1,v2,…,vm vettoridiunqualsiasispaziovettorialeVsuKetK ,allora dim L(v1,v2,…,vm)=dim L(v1,v2,…,vi+tvj, …,vm) – DaquantosopraunamossadiGaussconservaladimensionedellospaziodelle righediunamatrice.
•
rk(A)=dim Row A,inaltreparoleilrangodiAèilmassimonumerodirighe linearmenteindipendentidiA. – SiaA’unamatriceascalaottenutadaApereliminazionediGauss,allora rk(A)=rk(A’) – dim Row A=dim Row A’ – dim Row A’=rk(A’)
•
SiaAunamatricedincolonnesuK,allorark(A)+dim ker A=n(Teoremadi nullitàpiùrango) – ConseguenzaimmediatadelteoremadiRouché Capelli.
Rango(percolonne)diunamatriceA • ColA={b|Ax=b èpossibile} • SiaA’unamatriceascalaottenutadaApereliminazionediGauss, alloradim ColA=dim ColA’. – {[v11,v21,…,vm1]T,[v12,v22,…,vm2]T,…,[v1n,v2n,…,vmn]T}èuninsiemedivettori linearmenteindipendentidiKm seesolose l’insiemedivettori {[v11,..,vj1+kvi1,..,vm1]T,[v12,..,vj2+kvi2,..,vm2]T,..,[v1n,..,vjn+k vin,..,vmn]T},con ij,kK,èuninsiemeivettorilinearmenteindipendentidiKm. – UnamossadiGaussconservaladimensionedellospaziodellecolonne.
• SeA’èunamatriceascalark(A’)=dim ColA’ – LecolonnechecontengonoipivotsonounabasediColA’
• rk(A)=dim ColA,inaltreparoleilrangodiAèilmassimonumerodi colonnelinearmenteindipendentidiA. – dim ColA=dim ColA’=rk(A’)
¾ rk(A)=rk (AT) ¾ Sianov1,v2,…,vm,b Kn.Ivettoriv1,v2,…,vm sonolinearmenteindipendenti seesoloserk([v1|v2|…|vm])=m,b ècombinazionelinearediv1,v2,…,vm see soloserk([v1|v2|…|vm])=rk([v1|v2|…|vm|b])
RegoladiKronecker SiaAunamatricesuKditipo(m,n)esiaA’unasuasottomatrice • • •
UnasottomatriceA’’diAsidiceottenutaperorlaturadaA’sesiaggiunge unanuovarigaedunanuovacolonneallerigheecolonnediAscelteper formareA’ Unminore diordinerAèildeterminantediunasottomatricequadratadi ordinerdiA SiaM=det A’unminorediordinerdiA,unminoreorlatodiMèil determinantediunasottomatricediAottenutaperorlaturadaA’, ovviamenteogniminoreorlatodiMhaordiner+1.
• UnamatriceAharangorseesoloseesisteunminoreMdiAdi ordinerdiversoda0etuttiiminoriorlatidiMsononulli. – SeAharangor,Aharrigheedrcolonnelinearmenteindipendentiela sottomatricediAfattaconquellerigheeconquellecolonnehadeterminante diversoda0,inoltrer+1righeedr+1colonnesonosempredipendentipercui ogniminorediordiner+1ènullo – SeAhaunminorediordinerdiversoda0,lerrighechecompaiononel minoresonolinearmenteindipendentieAharangot r.Unaqualsiasialtrariga dellamatriceècombinazionelineareditalirighe,quindirèilmassimo numerodirighelinearmenteindipendentidiAerk(A)=r
SottospazidiKn Sappiamoche: – ognisottospaziodiKn hadimensioneddn eunqualsiasisottospaziodiKn didimensionen coincideconKn. – esiste(almeno)unsottospaziodiKn didimensionedperogniddn.
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Comesirappresentaunsottospaziodidimensioned(
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SeconsideriamolospaziocomelospaziovettorialeR3 (riferitoadunsistema diriferimentoconorigineO)isottospazididimensione2rappresentano geometricamentepianipassantiperOequellididimensione1rappresentano retteuscentidaO.SeconsideriamoilpianocomelospaziovettorialeR2 (riferitoadunsistemadiriferimentoconorigineO)isottospazididimensione 1rappresentanogeometricamentelerettedelpianouscentidaO.
– Presounabase{v1,…,vd}delsottospaziosiscrivonolecoordinatediungenericovettoredi L(v1,…,vd),ovverodelsottospaziochestiamoconsiderando.Siottengononequazionicond parametri(chesonoicoefficientidellacombinazionelineare)quindileequazioni parametrichedelsottospazio. – SiconsideralamatriceBditipo(d,n)lecuirighesonoivettori(v1)T,…,(vd)Te siconsiderauna base{a1,…,and}dellospazioker B,chehadimensionendperchérk(B)=d.SiaAlamatricedi tipo(nd,n)lecuirighesonoivettori(a1)T,…,(and)T.Lospazioker AèunsottospaziodiKn di dimensioned,poichérk(A)=nd,edègeneratoproprioda{v1,…,vd}.Inquestomodoil sottospaziovienerappresentatocomeker A,ovveroconndequazionilineariomogeneinn variabili,chesonoleequazionicartesianedelsottospazio.
Cambiamentodibase SiaVunospaziovettorialedidimensionensuKesianoB={v1,v2,…,vn} eC={w1,w2,…,wn} duebasidiV • PerognivV sihav=x1v1+x2v2+…+xnvn=y1w1+y2w2+…+ynwn con
•
•
ଵ ଵ x1,x2,…,xn,y1,y2,…,yn K,sihacioèȁ ൌ ڭଶ eȁେ ൌ ڭଶ . ୬ ୬ Ovviamenteperognii,1in,sihawi=z1iv1+z2iv2+…+znivn conz1i,z2i,…,zni K, ଵ୧ ଶ୧ ovvero୧ ȁେ ൌ ڭ.LamatriceS=[ଵ ȁେ |ଶ ȁେ |…|୬ ȁେ ]formata ୬୧ dall’accostamentodeivettoridellecoordinatedeivettoridellabaseC rispettoallabaseBsichiamamatricedipassaggiodallabaseBallabaseC. Siha[w1|w2|…|wn]=[v1|v2|…|vn]S
Cambiamentodibase • PerognivV sihav|B=Sv|C. – Infattiv=[v1|v2|…|vn]v|B,maanche v=[w1|w2|…|wn]v|C equindi v=[v1|v2|…|vn]Sv|C
• Sènonsingolare – IlsistemalineareSx=0 hasololasoluzionebanale
• Formuledirotazione diunsistemadicoordinatecartesiane ortogonalinelpiano y Y’ X’
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Lecoordinate(x,y)diPrispettoadOxy sonolecomponentidel vettore rispettoallabase di R2 rappresentatadaiversori degliassix,y,lecoordinate(x’,y’)diPrispettoadOx’y’sonole componentidelvettore rispettoallabasediR2 rappresentatadaiversoridegliassix’,y’.SiaT l’angolochel’asse xformaconl’assex’,iversoridell’assex’edell’assey’rispetto allabaseformatadaiversoridegliassix,y sono [cosT,senT] T e [senT,cosT] T,quindileformuledirotazionesono x=x’cosT y’senT y=x’senT +y’cos T
Applicazionilineari • SianoVeWduespazivettorialisullostessocampoK,una applicazione(funzione)f:Vo Wèunaapplicazionelineare se 1. perogniv1,v2Vsihaf(v1+v2)=f(v1)+f(v2)(fadditiva) 2. perognivV,tK sihaf(tv)=tf(v)(fomogenea).
Un’applicazionelinearef:VoKsidiceformalineare. Un’applicazionelinearef:VoVsidiceendomorfismo. • f:Vo Wèun’applicazionelineareseesoloseperogniv1,v2V; t1,t2Ksihaf(t1v1+t2v2)=t1f(v1)+t2f(v2) • Sef:Vo Wèun’applicazionelineare,f(0V)=0W • Esempi – SianoVunospaziovettorialesuKdidimensioneneBunasuabase. L’applicazione|B:VoKn definitada|B(v)=v|B perognivV,èun’applicazione lineare – SiaAunamatriceditipo(m,n),lafunzionefA:Kn oKm definitadafA(v)=Av per ognivKn èun’applicazionelineare(rappresentatadallamatriceA).
Applicazionilineari:fibra,nucleoeimmagine • Siaf:Vo Wun’applicazionelineare.PerogniwW lafibra dif sopraw èl’insiemef1(w)={vV |f(v)=w}.Lafibradifsu0W sidice nucleo,ker f,dell’applicazionef,ovveroker f={vV|f(v)=0W}. • Siaf:Vo Wun’applicazionelineare.PerognisottoinsiemeUdiV,si ponef(U)={wW|f(u)=w perqualcheuU}.L’immaginedi f,Imf, èl’insiemef(V) ={wW|f(v)=w perqualchevV}. • ker fèunsottospaziodiV(edèl’unicafibradifcheèsottospaziodi V). • Sev appartieneallafibradifsuw,tuttiesoliglielementidellafibra difsuw sonoivettoridellaformav+vker,convker ker f. • SeUèunsottospaziodiV,f(U)èunsottospaziodiW,inparticolare f(V)èunsottospaziodiW. • SeUhadimensionefinita,dim f(U)dim U. – SeB={b1,b2,…,bn}èunabasediU,{f(b1),f(b2),…,f(bn)}èuninsiemedi generatori(nonnecessariamenteunabase)dif(U).
Applicazionilineariiniettive,suriettive,biunivoche Siaf:Vo Wun’applicazionelineare • fèiniettiva seperogniv,v’V,vv’implicaf(v)f(v’),o equivalentementesef(v)=f(v’)implicav=v’ – fèiniettivaseesoloseker f={0}
• fèsuriettivaseImf=W • fèbiettiva o biunivoca seè iniettivaesuriettiva(intalcasofsi chiamaisomorfismodiVinW) – fèbiettiva seesoloseker f={0W}eImf=W.
SupponiamocheVeWabbianodimensionefinita. ¾ Sefèiniettivadim Vdim W ¾ Sefèsuriettivadim Wdim V ¾ Sefèbiettiva dim V=dim W
Algebradelleapplicazionilineari Sianof:Vo Weg:Vo WdueapplicazionilinearietK • f+g:Vo W definitada(f+g)(v)=f(v)+g(v)perognivV è un’applicazionelineare • tf:Vo Wdefinitada(tf)(v)=tf(v)perognivV èun’applicazione lineare ¾ L’insiemeHomK(V,W)delleapplicazionilinearidiVinW costituisconounospaziovettorialesulcampoKrispettoalla operazionisopradefinite.HomK(V,V)èancheindicatoconEndK(V). L’insiemeHomK(V,K)delleformelinearidiVèunospaziovettoriale suKchiamatospazioduale diK.
Prodottodiapplicazionilineari • SianoV,W,UspazivettorialisuKef:VoW,g:WoUapplicazioni lineari.Lafunzioneg°f:Vo Udefinitadag°f(v)=g(f(v))perognivV sidiceprodotto difpergedèun’applicazionelineare • L’applicazioneIV:VoVdefinitadaIV(v)=v,perognivV è un’applicazionelineare,chiamataidentità ofunzioneidenticasuV. SihaIW°f=f° IV=f. • Unafunzionef:Vo Wsidiceinvertibile seesisteunafunzione g:Wo VtalecheIV=g°f eIW=f°g.Intalcasogsichiamafunzione inversa difesidenotaconf1. f1 esisteseesolosefèbiunivoca – f1èdefinitadaf1(w)=v sef(v)=w
• Sef:Vo Wèun’applicazionelinearebiunivoca(isomorfismo), alloraf1 èun’applicazionelineare(biunivoca).Sef:VoWèun isomorfismoVeWsidiconospaziisomorfi. • Duespazivettorialididimensionefinitasonoisomorfiseesolose hannolastessadimensionenedintalcasosonotuttiisomorfiaKn.
ApplicazionilinearidiKm inKn associateadunamatrice SianoAunamatriceditipo(m,n),edfA:Kn oKm l’applicazionelineare associataadAovverol’applicazionedefinitadafA(v)=Av perognivKn
• ker fA=ker A ¾ fA èiniettivaseesoloserk(A)=n
• ImfA=Col(A) ¾ fA èsuriettivaseesoloserk(A)=m ¾ fA èbiunivocaseesoloseAèunamatricequadratadirangomassimo,quindi condet A0,quindiinverbile,etc.
• SianofA:Kno Km efB:Kno Km applicazionilineariassociate rispettivamenteallematriciAeBditipo(m,n),l’applicazione sommaèassociataallamatriceA+B • SianofA:Kno Km efB:Kmo Kr applicazionilineariassociate rispettivamenteallamatriceAditipo(m,n)eallamatriceBditipo (r,m),l’applicazioneprodottofB°fA èassociataallamatriceBA.
ApplicazionilinearidiKm inKn associateadunamatrice • SefA:Kno Km èl’applicazionelineareassociataallamatriceAper ognih,1hn,lacolonnahdiAèl’immaginedelvettoreeh Kn (h esimovettoredellabasecanonicadiKn ,ovverovettorecheha1come componentehesimaetuttelealtrecomponentinulle).
• SianoA,Bduematriciditiporispettivamente(m,n)ed(r,m),allora rk(BA)min (rk(A),rk(B)). – SianofA:Kno Km ,fB:Kmo Kr efB°fA:Kno Kr. ImfB°fA=fB(fA(Km))èunsottospaziodifB(Kn)=ImfB quindi dim ImfB°fA=rk(BA)dim ImfB=rk(B). – Inoltredim fB(fA(Km))dim fA(Km)edunquedim ImfB°fAdim ImfA da cuirk(BA)rk(A).
Applicazionilinearif:VoWconVdidimensione n • SianoVunospaziovettorialecondim V=nesiaB={b1,b2,…,bn}una suabase.Sianow1,w2,…,wn vettori(arbitrariamentescelti)inuno spaziovettorialeW.Alloraesisteunaedunasolaapplicazione linearef:VoWtalechef(bi)=wi perogniicon1in.fèdefinitada f(x1b1+x2b2+…+xnbn)=x1w1+x2w2+…+xnwn. ¾ Un’applicazionelinearefdaVinW,conVdidimensionefinita,è completamentedeterminataquandosiconoscanoleimmaginidei vettoridiunabasediVmediantef.Inoltreessendodim f(V)ddim V possiamosemprevederefcomeunaapplicazionediVinunospazio vettorialedidimensionefinita.
Teoremadirappresentazione SianoVeWduespazivettorialisuKcondim V=n,dim W=m,sianoBe CduebasirispettivamentediVeW.Alloraesisteun’unicamatriceAdi tipo(m,n)acoefficientiinKtalecheperognivV,w=f(v),siabbia w|C=A(v|B).LamatriceArappresental’applicazionelinearefrispetto allebasi BeC. SiaB={b1,b2,…,bn}.SiaAlamatricechehacomecolonnaicolonnaiesimaper ogni1in,lecomponentidelvettoref(bi)W,rispettoallabaseC x1 x n SiavV ev|B = 2 alloraf(v)=f(σn i=1 xi bi )=σi=1 xi f(bi ). ڭ xn SiaC={c1,c2,…,cm},percostruzionediAsihaf(bi)=σm j=1 aij cj edunque m m n n f(v)=σn i=1 xi σj=1 a cj = σj=1 σi=1 a xi cj doveσi=1 aij xi èlacomponentej delvettorecolonnaA(v|B).QuindiilvettorecolonnaA(v|B)èf(v)|C.
Conseguenzedelteoremadirappresentazione • SianoVeWduespazivettoriale condim V=nedim W=nesianoB eCduebasirispettivamentediVeW.LafunzioneGcheassociaad ogniapplicazionelinearef:VoWlamatricecherappresentaf rispettoallebasiBeCèunisomorfismodellospaziovettoriale HomK(V,W)nellospaziovettorialeMK(n,m)dellematriciditipo (n,m)adelementiinK. • Siaf:VoWun’applicazionelineare,conV,Wspazivettorialidi dimensionefinita.SianoB,B’duebasidiVeC ,C’duebasidiW. SiaAlamatricecherappresentafrispettoallebasiB,C esiano SeTlematricidipassaggiodallabaseBallabaseB’edallabaseC allabaseC’ rispettivamente.Alloralamatricecherappresentaf rispettoallebasiB’ eC’èT1AS.
Teoremadinullitàpiùrangoperleapplicazionilineari • SianoVunospaziovettorialesuKdidimensionefinitaef:VoW un’applicazionelineare.Ilrango di f,rk f,èladimensionedi Imf=f(V). • SianoV unospaziovettorialedidimensionenef:VoW un’applicazionelineare.Alloran=dim ker f+dim Imf. – Ovviamentedim ker f=dn.Sia{u1,u2,…,ud}unabasediker f. – Perilteoremadicompletamentodellabaseesistonov1,…,vndV tali che{u1,…,ud,v1,…,vnd}èunabasediVe{f(u1),…,f(ud),f(v1),…,f(vnd)}è uninsiemedigeneratoridiW,maf(u1)=…=f(ud)=0W,quindiuninsieme digeneratoridiWè{f(v1),…,f(vnd)}. – Siaa1f(v1)+a2 f(v2)+…+amdf(vmd)=0W .Alloraf(a1v1+…+amdvmd)=0W e a1v1+a2v2+…+amdvmdker f, dacuia1v1+…+amdvmd=b1u1+…+bdud,per qualcheb1,b2,…,bdK.Essendo{u1,…,ud,v1,…,vnd}unabasediVsegue a1=a2 =…=amd=(b1=b2=…=bd=)0.Dunque{f(v1),…,f(vnd)}èunabaseper Imf.
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Quadriche Gliargomentirelativisitrovanonelfile Appuntidigeometriaanaliticadello spazio
Esercizi di Algebra Lineare Claretta Carrara
Indice Capitolo 1. Operazioni tra matrici e n-uple 1. Soluzioni
1 3
Capitolo 2. Rette e piani 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
15 19 21
Capitolo 3. Gruppi, spazi e sottospazi vettoriali 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
47 48 48
Capitolo 4. La riduzione a gradini e i sistemi lineari (senza il concetto di rango) 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
55 56 57
Capitolo 5. Dipendenza e indipendenza lineare (senza il concetto di rango) 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
67 69 69
Capitolo 6. Determinante e inversa di una matrice 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
83 84 85
Capitolo 7. Rango: Rouch`e-Capelli, dimensione e basi di spazi vettoriali. 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
95 106 107
Capitolo 8. Applicazioni lineari 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
179 186 188
Capitolo 9. Diagonalizzazione di matrici e applicazioni lineari 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
243 247 249
Capitolo 10. Prodotto scalare, ortogonalit´a e basi ortonormali 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
287 289 290
Capitolo 11. Endomorfismi e matrici simmetriche 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
303 305 305
Capitolo 12. Rette e piani con le matrici e i determinanti 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
321 322 324
Capitolo 13. Coniche 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
337 339 342
Capitolo 14. Quadriche 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
381 382 385 iii
iv
Capitolo 15. Coordiante omogenee e proiezioni 1. Suggerimenti 2. Soluzioni
INDICE
407 408 408
Avvertenze importanti.
• L’eserciziario `e scaricabile gratuitamente dalla rete. Si tratta semplicemente di una raccolta di esercizi. Sicuramente contiene errori di conto e di scrittura (e forse anche altro). • Quasi ogni capitolo `e cos`ı strutturato: – Testo degli esercizi, – Suggerimenti e brevi spiegazioni sulle tecniche utilizzate per la risoluzione, – Soluzione di tutti gli esercizi proposti. • L’eserciziario contiene sostanzialmente: – i Fogli di esercizi assegnati e parzialmente svolti nelle ore di esercitazione per i corsi: ∗ Geometria , c.l. in Ingegneria Edile / Architettura, dall’a.a 2002/03 all’a.a. 2009/2010. ∗ Geometria e Algebra, c.l. in Ingegneria e Scienze dell’Informazione e dell’Organizzazione - Rovereto, dall’a.a 2002/03, all’a.a. 2006/2007. ∗ Geometria e Algebra, Ingegneria a-l, a.a. 2010/2011. I corsi sono tenuti dal Prof. Alessandro Perotti, ad eccezione di Geometria e Algebra, c.l. in Ingegneria e Scienze dell’Informazione e dell’Organizzazione - Rovereto, a.a. 2006/2007, tenuto dal Prof. Gianluca Occhetta. Alcuni esercizi (segnalati) sono presi dal libro di testo M.P. Manara - A. Perotti - R. Scapellato, Geometria e Algebra Lineare (Teoria ed esercizi), ed. Esculapio, 2002. – La maggior parte degli esercizi degli appelli d’esame e delle provette dei precedenti corsi.
CAPITOLO 1
Operazioni tra matrici e n-uple Esercizio 1.1. Date le matrici
3 0 B= −1 4
2 −1
1 A= 3
e dati λ = 5, µ = 2, si calcoli AB, BA, A + B, B − A, λA + µB.
Esercizio 1.2. Per ognuna delle seguenti coppie di matrici A, B e scalari λ, µ ∈ R, calcolare A + B, B − A, λA + µB, AB, BA, A2 : 1 3 2 1 1 λ= , µ=0 B= A= −1 4 2 2 2 1 0 1 3 0 2 A = 3 −1 −1 B = −1 4 5 λ = 2, µ = −1 2 0 −1 −1 0 0 Esercizio 1.3. Date le seguenti matrici: −1 2 5 −3 0 −2 5 A2 = A1 = 3 −1 0 2 ; ; 4 −3 2 4 0 0 −2 −2 4 1 3 5 A5 = −4 4 4 ; A4 = −1 10 ; 0 0 0 −2 0
5 0 −1 2 ; A3 = 4 5 5 −1 −3 1 −1 A6 = ; −8 5 3
calcolare, quando possibile, i prodotti Ai · Aj per i, j = 1, 2, 3, 4, 5, 6. Esercizio 1.4. Date le matrici A= 1 2
1 0 I4 = 0 0
1
B = 1 −3
3 4
calcolare i prodotti AI4 e I4 AT . Esercizio 1.5. Date le matrici A = −2
calcolare 3A − 2B e AB T .
1 2
3
0 1 0 0
0 0 0 1
0 0 1 0
2 3
1
Esercizio 1.6. Calcolare la potenza A3 della matrice 1 −1 2 0 3 1 1 0 1
Esercizio 1.7. Data la matrice
A=
1 −3
1 2
calcolare, se esiste, l’inversa di A (cio`e determinare se esiste la matrice B tale che AB = BA = I). Esercizio 1.8. Date le seguenti matrici A, calcolare, se esiste, l’inversa di A (cio`e determinare se esiste la matrice B tale che AB = BA = I). 1 1 1 −1 A= A= 3 3 −3 2 1
2
1. OPERAZIONI TRA MATRICI E n-UPLE
Esercizio 1.9. Date le matrici 2 0 A= 0 3
B=
calcolare AB, BA, BC e CB.
1 −2 0 3
C=
0 3
3 0
Esercizio 1.10. Si consideri il seguente insieme (matrici triangolari superiori di M2×2 (R)) a b | a, b, c ∈ R I= 0 c
Si verifichi che I `e chiuso rispetto al prodotto e alla somma di matrici, ovvero che presi due elementi di I anche il loro prodotto e la loro somma sono elementi di I. Esercizio 1.11. Mostrare attraverso un esempio che esistono matrici A, B non nulle tali che AB = 0. Esercizio 1.12. Sia A=
1 1 0 1
e B una matrice tale che AB = BA. Si dimostri che
0 x B = λI2 + 0 0 dove λ, x ∈ R. Esercizio 1.13. Date le matrici 1 −2 A = 0 5 2 −1
3 −6 4
1 C = −1 2
2 0 5 2 1 3
−1 1 , C= 2 3
e
determinare la matrice B tale che A + B = C. Esercizio 1.14. Date le matrici 2 1 2 , B= A= 1 −1 3
1 , 1
Esercizio 1.15. Date le matrici 1 k , A= 0 1
B=
stabilire se D `e combinazione lineare di A, B, C.
3 , 2
2 1
C=
0 D= −1
3 6 1 3
1 2
stabilire se esistono valori di k per cui C `e combinazione lineare di A, B. In caso positivo esprimere tale combinazione lineare. Esercizio 1.16. Si considerino le seguenti n-uple di numeri reali, con n = 2, 3 o 4: 1 , −2 u1 = (1, 0) u2 = 2 1 1 u4 = 0, − , −2 u3 = −3, , −5 4 2 1 u5 = (−1, 1, 2, −2) u6 = 0, 0, − , −3 3 Si calcoli quando possibile ui + uj ,
ui · uTj ,
λ · ui ,
con λ = 0, 2, −2,
i, j = 1, . . . 6
Esercizio 1.17. Dimostrare che un numero complesso coincidente con il proprio coniugato `e necessariamente reale. Esercizio 1.18. Si risolva il sistema Ax = b dove 1 3 x A= , x= 1 x2 2 4 Esercizio 1.19. Siano A e B matrici 3 × 3 tali che AB = BA
Si dimostri che deve necessariamente essere: A = λI3
b=
2 −2
∀B ∈ M3×3 per qualche λ ∈ R
1. SOLUZIONI
3
Esercizio 1.20. Si risolva il sistema Ax = b nei seguenti casi 2 x1 1 3 2 b = −3 x = x2 a) A = 0 3 6 , 4 x3 0 0 2 b)
c)
4 33 A = 0 1 0 0
−1 3 A= 0 1 0 0
2 6 , 0
1 1 , 0
x1 x = x2 x3
3 b= 4 −4
3 b = 4 0
x1 x = x2 x3
Esercizio 1.21. Si dica per quali valori di k ∈ R il sistema Ax = b dove 0 1 −1 2 x1 1 , b= 1 A = 0 1 x = x2 x3 −1 0 0 k+1
ammette soluzione. In caso positivo si determinino esplicitamente tali soluzioni. ——————————————————————————————————————————————-
1. Soluzioni Esercizio 1.1. Date le matrici A=
1 3
2 −1
B=
3 0 −1 4
e dati λ = 5, µ = 2, calcolare AB, BA, A + B, B − A, λA + µB. Soluzione:
1 · 3 + 2 · (−1) 1·0+2·4 1 8 AB = = 3 · 3 + (−1) · (−1) 3 · 0 + (−1) · 4 10 −4 3 6 3·1+0·3 3 · 2 + 0 · (−1) = BA = 11 −6 −1 · 1 + 4 · 3 −1 · 2 + 4 · (−1) 1+3 2+0 4 2 A+B = = 3 + (−1) −1 + 4 2 3 2 −2 3−1 0−2 = B−A= −4 5 −1 − 3 4 − (−1) 5 10 6 0 11 10 5A + 2B = + = 15 −5 −2 8 13 3 Esercizio 1.2. Per ognuna delle seguenti coppie di matrici A, B e scalari λ, µ ∈ R, calcolare A + B, B − A, λA + µB, AB, BA, A2 : 1 1 1 3 2 A= B= λ= , µ=0 2 2 −1 4 2 1 0 1 3 0 2 A = 3 −1 −1 B = −1 4 5 λ = 2, µ = −1 2 0 −1 −1 0 0 Soluzione:
4
1. OPERAZIONI TRA MATRICI E n-UPLE
Comiciamo dalla prima coppia di matrici: 4 3 A+B = 1 6 λA + µB 7 BA = 7
1 1 1 = ·A+0·B = A= 2 1 2 2 7 7
1 2
1
2 1 B−A= −3 2 2 6 AB = 4 12 3 3 2 A =A·A= 6 6
Analogamente per la seconda coppia di matrici: 4 0 3 A + B = 2 3 4 1 0 −1 −1 0 0 λA + µB = 2A − B = 7 −6 −7 5 0 −2 7 0 1 BA = 21 −4 −10 −1 0 −1 Esercizio 1.3. Date le seguenti matrici: −1 2 5 −3 0 −2 5 A1 = 3 −1 0 2 ; A2 = ; 4 −3 2 4 0 0 −2 3 5 −2 4 1 A4 = −1 10 ; A5 = −4 4 4 ; −2 0 0 0 0
2 0 1 B − A = −4 5 6 −3 0 1 2 0 2 AB = 11 −4 1 7 0 4 3 0 0 A2 = A · A = −2 1 5 0 0 3
5 0 −1 2 ; A3 = 4 5 5 −1 −3 1 −1 A6 = ; −8 5 3
calcolare, quando possibile, i prodotti Ai · Aj per i, j = 1, 2, 3, 4, 5, 6. Soluzione: Ricordiamo che una matrice `e detta n × m se ha n righe e m colonne. Inoltre `e possibile moltiplicare due matrici A e B solamente se • A `e del tipo n × m • B `e del tipo m × k (cio`e se il numero delle colonne di A `e uguale al numero delle righe di B). Il risultato `e una matrice C del tipo n × k. Scriviamo solo i prodotti che `e possibile effettuare: −2 32 A1 · A3 = 26 −4 10 2 8 −8 8 −8 −20 14 2 0 −14 A2 · A5 = A2 · A4 = A2 · A1 = 4 4 −8 11 −10 −5 11 20 −22 −15 5 −5 0 −10 25 −13 9 8 7 −4 −1 A3 · A6 = A3 · A2 = −52 29 11 20 −23 30 −7 0 −8 −4 −7 23 −49 28 12 20 −21 25 A4 · A6 = −77 49 31 A4 · A2 = 40 −28 15 6 −2 2 0 4 −10 −12 8 14 −12 30 18 −8 −10 12 A5 · A5 = −8 0 12 A5 · A4 = −24 20 A5 · A1 = 32 −12 −20 12 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 −7 −15 13 −8 −5 2 −8 1 A6 · A1 = A6 · A4 = A6 · A5 = 35 −21 −40 28 −35 10 −4 −12 12
1. SOLUZIONI
5
Esercizio 1.4. Date le matrici A= 1 2
3 4
1 0 I4 = 0 0
calcolare i prodotti AI4 e I4 AT .
0 1 0 0
0 0 0 1
0 0 1 0
Soluzione: Notiamo che la matrice quadrata I4 `e detta matrice identica di ordine 4. In generale le matrici identiche (dei differenti ordini) vengono indicate I. AI4 = 1 2 3 4 = A 1 1 2 2 T T I4 A = I4 · 3 = 3 = A 4 4
Esercizio 1.5. Date le matrici A = −2
1 2
1
3
calcolare 3A − 2B e AB T .
B = 1 −3
2 3
1
Soluzione: 3A − 2B = −6
AB T = −2
1 2
3 − 2 −6 43 1 −3 1 3 1 · 2 = −2 3 1 3 2
9
2 = −8
15 2
23 3
1
Notiamo che la matrice − 12 `e detta matrice scalare.
3
Esercizio 1.6. Calcolare la potenza A della matrice 1 −1 2 0 3 1 1 0 1 Soluzione: Si tratta di eseguire due prodotti:
3 −4 A3 = A · A · A = 1 9 2 −1
6 −15 1 −1 2 3 4 · 0 3 1 = 5 26 5 −5 1 0 1 3
Esercizio 1.7. Data la matrice
5 15 6
1 1 −3 2 calcolare, se esiste, l’inversa di A (cio`e determinare se esiste la matrice B tale che AB = BA = I). A=
Soluzione: Sia B la matrice cercata. Per potere effettuare i prodotti AB e BA, la matrice B deve essere 2 × 2. Sia quindi x y B= z w
6
1. OPERAZIONI TRA MATRICI E n-UPLE
la generica matrice 2 × 2 e calcoliamo il prodotto AB: 1 1 x y x+z AB = · = −3 2 z w −3x + 2z Dalla condizione AB = I segue x+z =1 y + w = 0 −3x + 2z = 0 −3y + 2w = 1
x=1−z y = −w ⇒ −3(1 − z) + 2z = 0 −3(−w) + 2w = 1
y+w −3y + 2w
Di conseguenza perch´e B verifichi la condizione AB = Ideve essere 2 − 15 B = 53 1 5
x = 25 y = − 1 5 ⇒ 3 z = 5 w = 51
5
E’ immediato verificare che tale matrice B soddisfa anche la condizione BA = I, di conseguenza B `e la matrice inversa di A cercata. Metodi pi` u efficaci per calcolare l’inversa di una matrice verranno introdotti successsivamente. Esercizio 1.8. Date le seguenti matrici A, calcolare, se esiste, l’inversa di A (cio`e determinare se esiste la matrice B tale che AB = BA = I). 1 1 1 −1 A= A= 3 3 −3 2 Soluzione: Consideriamo la matrice
1 1 A= 3 3
Per potere effettuare i prodotti AB e BA, la matrice B deve essere 2 × 2. Sia quindi x y B= z w la generica matrice 2 × 2. Si ha
x+z x y 1 1 = · AB = 3x + 3z z w 3 3
Dalla condizione AB = I segue x+z =1 y + w = 0 3x + 3z = 0 3y + 3w = 1
x=1−z y = −w ⇒ 3(1 − z) + 3z = 0 3(−w) + 3w = 1
y+w 3y + 3w
x=1−z y = −w ⇒ 3=0 0=1
La terza e la quarta equazione sono impossibili, di conseguenza tutto il sistema non ammette soluzione. Questo indica che la matrice A non ammette inversa. Consideriamo ora la matrice A= e sia
1 −1 −3 2
x B= z la generica matrice 2 × 2. Si ha
y w
1 −1 x y x−z AB = · = −3 2 z w −3x + 2z
y−w −3y + 2w
1. SOLUZIONI
7
Dalla condizione AB = I segue x=1+z x − z = 1 y = w y − w = 0 ⇒ −3(1 + z) + 2z = 0 −3x + 2z = 0 −3w + 2w = 1 −3y + 2w = 1
Di conseguenza deve essere
B=
−2 −3
x = −2 y = −1 ⇒ z = −3 w = −1
x = 1 + z y = w ⇒ z = −3 w = −1
−1 −1
E’ immediato verificare che tale matrice B soddisfa anche la condizione BA = I, di conseguenza B `e la matrice inversa di A cercata. Una tale matrice B inversa di A viene normalmente indicata con A−1 . Esercizio 1.9. Date le matrici 2 0 A= 0 3
B=
calcolare AB, BA, BC e CB.
1 −2 0 3
C=
3 0
0 3
Soluzione:
2 −4 AB = 0 9 3 −6 BC = 0 9
2 −6 BA = 0 9 3 −6 CB = 0 9
Notiamo che AB 6= BA, mentre BC = CB. Infatti il prodotto tra matrici non `e in generale commutativo; nel secondo caso si presenta questa situazione particolare in quanto C = 3I. Esercizio 1.10. Si consideri il seguente insieme (matrici triangolari superiori di M2×2 (R)) a b I= | a, b, c ∈ R 0 c
Si verifichi che I `e chiuso rispetto al prodotto e alla somma di matrici, ovvero che presi due elementi di I anche il loro prodotto e la loro somma sono elementi di I. Soluzione: Siano
a A= 0
b c
x B= 0
y z
due generici elementi di I. Dobbiamo verificare che A + B e AB sono ancora elementi di I: a b x y a+x b+y A+B = + = ∈I 0 c 0 z 0 c+z ax ay + bz ∈I AB = 0 cz
Notiamo che l’unica condizione per l’appartenenza a I `e che l’elemento di posizione 2, 1 si annulli. Esercizio 1.11. Mostrare attraverso un esempio che esistono matrici A, B non nulle tali che AB = 0. Soluzione: Possiamo prendere per esempio A= Infatti A e B sono non nulle e AB = 0.
1 0 1 0
B=
0 0 0 1
8
1. OPERAZIONI TRA MATRICI E n-UPLE
Esercizio 1.12. Sia A=
1 1 0 1
e B una matrice tale che AB = BA. Si dimostri che
B = λI2 + dove λ, x ∈ R. Soluzione: Sia
b B = 11 b21 la generica matrice 2 × 2. Si ha
0 x 0 0
b12 b22
1 1 b11 b12 b11 + b21 b12 + b22 AB = · = b21 b22 b21 b22 0 1 b11 b12 1 1 b11 b11 + b12 BA = · = b21 b22 b21 b21 + b22 0 1
Dalla condizione AB = BA segue b11 + b21 = b11 b + b = b + b 12 22 11 12 b = b 21 21 b22 = b21 + b22
Di conseguenza B deve essere del tipo t t s = B= 0 0 t
b11 b 12 ⇒ b 21 b22
b21 = 0 b = b 22 11 ⇒ 0 = 0 b21 = 0
1 0 s 0 =t· + 0 0 0 t
Abbiamo quindi ottenuto che
0 x B = λI2 + 0 0 dove λ, x ∈ R.
=t =s =0 =t
∀s, t ∈ R
s 0
0 0 + 0 1
Esercizio 1.13. Date le matrici 1 −2 A = 0 5 2 −1
3 −6 4
determinare la matrice B tale che A + B = C.
e
1 C = −1 2
2 0 5 2 1 3
Soluzione: E’ sufficiente osservare che se A + B = C ⇒ −A + A + B = −A + C ⇒ B = C − A Quindi
1−1 B = −1 − 0 2−2
2+2 5−5 1+1
Esercizio 1.14. Date le matrici 1 2 2 A= , B= −1 3 1
1 , 1
stabilire se D `e combinazione lineare di A, B, C.
0−3 0 4 −3 2 + 6 = −1 0 8 3−4 0 2 −1
−1 1 C= , 2 3
0 D= −1
1 2
1. SOLUZIONI
9
Soluzione: Si tratta di determinare se esiste soluzione dell’equazione Ax + By + Cz = D Esplicitando tale equazione otteniamo: x 2x 2y Ax + By + Cz = + −x 3x y Quindi:
x + 2y − z −x + y + 2z
y −z + y 2z
z x + 2y − z = 3z −x + y + 2z
2x + y + z 3x + y + 3z
x + 2y − z = 0 2x + y + z = 1 0 1 2x + y + z ⇒ = −1 2 3x + y + 3z −x + y + 2z = −1 3x + y + 3z = 2
Dobbiamo quindi risolvere il sistema lineare non omogeneo di quattro equazioni i tre incognite. Procedendo per sostituzione otteniamo x = −2y + z x = −2y + z −3y + 3z = 1 −3y + 3z = 1 ⇒ z = −3y − 1 3y + z = −1 −3y + 3z = −1 −6y + 6z = −2
Anche senza procedere ulteriormente vediamo che la seconda e quarta equazione sono in contraddizione, quindi il sistema non ammette soluzione e D non `e combinazione lineare di A, B e C. Esercizio 1.15. Date le matrici 1 k , A= 0 1
2 B= 1
3 , 2
3 6 C= 1 3
stabilire se esistono valori di k per cui C `e combinazione lineare di A, B. In caso positivo esprimere tale combinazione lineare. Soluzione: Analogamente all’esercizio precedente si tratta di determinare se esiste soluzione dell’equazione Ax + By = C Esplicitando tale equazione otteniamo: x Ax + By = 0
Quindi:
x + 2y y
Quindi
kx 2y + x y
x + 2y = 3 kx + 3y = 6 3 6 kx + 3y ⇒ = 1 3 x + 2y y=1 x + 2y = 3
3y x + 2y = 2y y x+2=3 kx + 3 = 6 ⇒ y=1 x+2=3
kx + 3y x + 2y
x=1 kx = 3 ⇒ y=1 x=1
• Se k = 3 il sistema ammette la sola soluzione x = y = 1 e A + B = C. • Se k 6= 3 il sistema non ammette soluzione e C non `e combinazione di A e B. Esercizio 1.16. Si considerino le seguenti n-uple di numeri reali, con n = 2, 3 o 4: 1 , −2 u1 = (1, 0) u2 = 2 1 1 u4 = 0, − , −2 u3 = −3, , −5 4 2 1 u5 = (−1, 1, 2, −2) u6 = 0, 0, − , −3 3
x=1 k = 3 ⇒ y=1 x=1
10
1. OPERAZIONI TRA MATRICI E n-UPLE
Si calcoli quando possibile ui + uj ,
ui · uTj ,
λ · ui ,
con λ = 0, 2, −2,
i, j = 1, . . . 6
Soluzione: • Cominciamo a calcolare le somme. Notiamo innazittutto che si possono sommare solo n-uple dello stesso tipo: 3 1 , −2 = u2 + u1 u1 + u2 = 1 + , 0 + (−2) = 2 2 1 u3 + u4 = −3, − − 7 = u4 + u3 4 5 u5 + u6 = −1, 1, , −5 = u6 + u5 3 Notiamo che la somma di due n-uple `e ancora una n-upla, e che la somma gode della propriet` a commutativa. • Calcoliamo ora i prodotti. Notiamo che si pu` o solo moltiplicare una n-upla per la trasposta di una n-upla dello stesso tipo: 1 1 u1 · uT2 = (1, 0) · 2 = = u2 · uT1 −2 2 0 79 1 = u4 · uT3 u3 · uT4 = −3, − 5 · − 21 = 4 8 −2 0 0 16 T T u5 · u6 = (−1, 1, 2, −2) · − 1 = 3 = u 6 · u 5 3 −3
Notiamo che il prodotto tra una n-upla e la trasposta di una n-upla da come risultato un numero (uno scalare). • Calcoliamo infine i prodotti per scalare. 0u1 = 0u2 = (0, 0),
0u3 = 0u4 = (0, 0, 0), 0u5 = 0u6 = (0, 0, 0, 0), 1 2u1 = (2, 0), 2u2 = (1, −4), 2u3 = −6, , −10 , 2 2 2u4 = (0, −1, −4) , 2u5 = (−2, 2, 4, −4) , 2u6 = 0, 0, − , −6 3 1 − 2u1 = (−2, 0), −2u2 = (−1, 4), −2u3 = 6, − , 10 , 2 2 − 2u4 = (0, 1, 4) , −2u5 = (2, −2, −4, 4) , −2u6 = 0, 0, , 6 3
Notiamo che il prodotto tra uno scalare e una n-upla si pu` o sempre calcolare e da come risultato una n-upla. Esercizio 1.17. Dimostrare (utilizzando le matrici) che un numero complesso coincidente con il proprio coniugato `e necessariamente reale. Soluzione: Sia Z = aI2 + bJ un generico complesso, dove 1 0 I2 = , 0 1
0 J= −1
1 , 0
Sappiamo che il suo coniugato `e Z¯ = aI2 − bJ. Notiamo che a b a −b ¯ Z= , Z= , −b a b a
1. SOLUZIONI
Di conseguenza dall’uguaglianza Z = Z¯ segue a=a −b = b b = −b a=a
11
⇒ 2b = 0 ⇒ b = 0
Quindi Z = aI2 ed `e un numero reale.
Esercizio 1.18. Si risolva il sistema Ax = b dove 1 3 x A= , x= 1 x2 2 4
b=
2 −2
Soluzione: x1 x1 + 3x2 3 · = x2 2x1 + 4x2 4
1 Ax = 2 Quindi Ax = b implica ( x1 + 3x2 = 2 2x1 + 4x2 = −2
⇒
(
x1 = 2 − 3x2 4 − 6x2 + 4x2 = −2
( x1 = −7 ⇒ x2 = 3
La matrice A `e detta matrice dei coefficienti e la matrice b matrice o colonna dei termini noti del sistema ( x1 + 3x2 = 2 2x1 + 4x2 = −2 Si dice anche pi` u semplicemente che A e b (oppure A|b) sono le matrici associate al sistema. Notiamo che si pu` o passare da A al sistema o viceversa semplicemente aggiungendo o togliendo le incognite. Esercizio 1.19. Siano A e B matrici 3 × 3 tali che ∀B ∈ M3×3
AB = BA Si dimostri che deve necessariamente essere:
per qualche λ ∈ R
A = λI3 Soluzione: Sia
a11 A = a21 a31
la generica matrice 3 × 3. Poich`e AB = BA per ogni 1 B = 0 0 Di conseguenza:
a11 AB = a21 a31
0 0 a11 0 0 = 0 0 0 0
a12 0 0
a12 a22 a32
a13 a23 a33
matrice B, in particolare deve valere per 0 0 0 0 0 0
a13 0 = BA 0
La nostra matrice A deve quindi essere del tipo a11 0 A = 0 a22 0 a32
⇒ a21 = a31 = a12 = a13 = 0. 0 a23 a33
12
1. OPERAZIONI TRA MATRICI E n-UPLE
Analogamente la relazione AB = BA deve valere 0 B = 0 0
Di conseguenza:
0 0 0 0 AB = 0 0 a23 = 0 0 0 0 a33
in particolare per 0 0 0 0 0 1
0 0 = BA a33
0 0 a32
La nostra matrice A deve quindi essere del tipo a11 0 A = 0 a22 0 0 Ripetiamo lo stesso ragionamento con
1 B = 0 0
ottenendo
a11 AB = 0 0
a11 0 0 = 0 0 0
a11 0 0
a22 0 0
0 B = 0 0
otteniamo
0 AB = 0 0
a11 0 0
0 a11 a11 0 = 0 0 0 0 0
0 0 a33
1 0 0 0 0 0
La nostra matrice A deve quindi essere del tipo a11 0 A = 0 a11 0 0 Utilizzando infine
⇒ a32 = a23 = 0.
0 0 = BA 0
⇒ a11 = a22 .
0 0 a33
1 1 0 0 0 0 a33 0 = BA 0
La nostra matrice A deve quindi essere del tipo a11 0 0 1 0 0 A = 0 a11 0 = a11 · 0 1 0 = λI3 0 0 a11 0 0 1
⇒ a11 = a33 .
per qualche λ ∈ R
Esercizio 1.20. Si risolva il sistema Ax = b nei seguenti casi 1 3 2 2 x1 a) A = 0 3 6 , b = −3 x = x2 4 0 0 2 x3 b)
c)
Soluzione:
4 33 A = 0 1 0 0
−1 3 A= 0 1 0 0
2 6 , 0
1 1 , 0
x1 x = x2 x3
x1 x = x2 x3
3 b= 4 −4 3 b = 4 0
1. SOLUZIONI
13
a) Calcoliamo il prodotto x1 + 3x2 + 2x3 x1 1 3 2 Ax = 0 3 6 · x2 = 3x2 + 6x3 2x3 x3 0 0 2
Quindi la condizione Ax = b implica x1 + 3x2 + 2x3 = 2 x1 + 3x2 + 2x3 = 2 ⇒ 3x2 = −6 · 2 − 3 3x2 + 6x3 = −3 2x3 = 4 x3 = 2 x1 = −3 · (−5) − 2 · 2 + 2 = 13 x1 = 13 ⇒ x2 = −5 x2 = −5 x3 = 2 x3 = 2
⇒
b) Scriviamo direttamente il sistema associato a A e b aggiungendo le incognite: 4x1 + 33x2 + 2x3 = 3 x2 + 6x3 = 4 0 = −4
Notiamo subito che l’ultima equazione `e impossibile, quindi il sistema non ammette soluzione. c) Scriviamo direttamente il sistema associato a A e b aggiungendo le incognite: −x1 + 3x2 + x3 = 3 x2 + x3 = 4 0=0
Notiamo che il sistema ha tre incognite, ma solamente due equazioni (significative). Abbiamo quindi una variabile libera. Partiamo dall’ultima equazione (significativa) aggiungendo un parametro. Poniamo per esempio x3 = t (Potevamo equivalentemente porre x2 = t): x1 = 3(−t + 4) + t − 3 = −2t + 9 −x1 + 3x2 + x3 = 3 ⇒ x2 = −t + 4 x2 = −t + 4 x3 = t x3 = t x1 = −2t + 9 ⇒ x2 = −t + 4 ∀t ∈ R x3 = t
Notiamo che in questo caso il sistema ammette infinite soluzione: ogni valore assegnato a t permette di trovare una delle infinite soluzioni. Esercizio 1.21. Si dica per quali valori di k ∈ R il sistema Ax = b dove 0 x1 1 −1 2 1 , b= 1 x = x2 A = 0 1 −1 x3 0 0 k+1
ammette soluzione. In caso positivo si determinino esplicitamente tali soluzioni. Soluzione: Il sistema associato a A e b `e
x1 − x2 + 2x3 = 0 x2 + x3 = 1 (k + 1)x3 = −1
Cercando le soluzioni dell’ultima equazione incontriamo subito una difficolt`a: dovendo dividere per (k + 1) dobbiamo imporre la condizione k + 1 6= 0. Dobbiamo quindi distinguere due casi:
14
1. OPERAZIONI TRA MATRICI E n-UPLE
• Se k 6= −1, otteniamo le soluzioni x1 − x2 + 2x3 = 0 x1 − x2 + 2x3 = 0 1 ⇒ x2 = 1 + k+1 = k+2 x2 + x3 = 1 k+1 1 1 x3 = − k+1 x3 = − k+1
k+2 x1 = k+1 + k+2 ⇒ x2 = k+1 1 x3 = − k+1
2 k+1
=
k+4 k+1
Quindi per ogni k 6= −1 il sistema ammette la sola soluzione k+4 x1 = k+1 x2 = k+2 k+1 1 x3 = − k+1
• Se k = −1, sostituendo tale valore nel sistema otteniamo x1 − x2 + 2x3 = 0 x2 + x3 = 1 0 = −1 Quindi in questo caso il sistema `e impossibile.
CAPITOLO 2
Rette e piani Esercizio 2.1. Determinare l’equazione parametrica e Cartesiana della retta del piano (a) Passante per i punti A(1, 2) e B(−1, 3). −−→ (b) Passante per il punto C(2, 3) e parallela al vettore OP = (−1, 2). (c) Di equazione Cartesiana y = 2x + 5. Determinare inoltre un punto appartenente a tale retta. Esercizio 2.2. Determinare l’equazione parametrica e Cartesiana della retta dello spazio (a) Passante per i punti A(1, 0, 2) e B(3, −1, 0). −−→ (b) Passante per il punto P (1, 3, 1) e parallela al vettore OQ = (2, 0, 0). (c) Di equazioni Cartesiane ( y = 3x + 1 y−x+z =0 Determinare inoltre un punto appartenente a tale retta. Esercizio 2.3. a) Determinare l’equazione parametrica e Cartesiana del piano π passante per i punti A(1, 3, 1), B(2, 0, 0) e C(0, 1, 1). Il punto P (0, 2, 0) appartiene a tale piano? b) Determinare una equazione della retta passante per A ortogonale a π. Esercizio 2.4. Sia r la retta di R3 passante per i punti A(1, −1, 2) e B(−2, 0, 1), e sia s la retta contenente C(1, 3, −3) e parallela al vettore OD(2, −2, 3). a) Determinare la posizione reciproca delle due rette (cio`e se sono incidenti, parallele o sghembe). b) Se sono incidenti determinarne il punto di intersezione.
Esercizio 2.5. a) Determinare la posizione reciproca (cio`e se sono incidenti, parallele o sghembe) delle rette r e r′ di equazioni parametriche: x = s x = 2t r′ : r: y=2 y =t+1 z =s+2 z =t+3
b) Se le rette sono incidenti determinare l’ampiezza dell’angolo tra esse.
Esercizio 2.6. Determinare la posizione reciproca (parallele, incidenti o sghembe) delle rette r e r′ di equazioni parametriche: x = s x = 2t ′ r : r: y=1 y =t+1 z = 2s + 1 z=t Esercizio 2.7.
a) Determinare equazioni parametriche della retta r passante per i punti A = (2, 3, 1) e B = (0, 0, 1) e della retta s passante per i punti C = (0, 0, 0) e D = (4, 6, 0). b) Stabilire se r e s sono complanari. In caso affermativo, trovare un’equazione cartesiana del piano contenente r e s. 15
16
2. RETTE E PIANI
Esercizio 2.8. Si considerino le rette r1 e r2 di equazioni ( x = 1 + t x+y =1 r2 : r1 : y = 2t x−y+z =2 z =1+t
a) Si mostri che le due rette sono incidenti. b) Si determini l’equazione della retta ortogonale a r1 e r2 e passante per il loro punto di intersezione.
Esercizio 2.9. Si considerino le rette di equazioni cartesiane ( ( x + 2y = 0 2x = 0 r: s: y−z =0 x+y+z =0 a) Dopo avere verificato che le due rette sono incidenti, determinare l’equazione cartesiana della retta passante per P (1, 1, 1) e incidente r e s. b) Determinare l’equazione cartesiana del piano passante per C(1, 2, −3) e perpendicolare a r. c) Determinare equazioni cartesiane della retta passante per il punto P = (1, 1, 1) e perpendicolare alle due rette r e s. Esercizio 2.10. Sia r la retta nello spazio passante per i punti A = (0, 0, 1) e B = (−2, −1, 0). Sia s la retta passante per i punti C = (1, 1, 1) e D = (−1, 0, 0). a) Mostrare che le due rette sono complanari e trovare un’equazione del piano π che le contiene. b) Trovare equazioni parametriche della retta per l’origine ortogonale al piano π del punto a). Esercizio 2.11. a) Determinare equazioni parametriche ed equazioni cartesiane della retta r dello spazio passante per i punti A = (2, −1, 3) e B = (3, 5, 4). b) Stabilire se la retta r interseca il piano di equazione cartesiana 2x − y + z = 0. Esercizio 2.12. Sia r la retta nello spazio di equazioni cartesiane x + z + 1 = 2x + 2y − z − 3 = 0 e sia l la retta di equazioni parametriche x = 2t, y = −t, z = 0.
a) Determinare una equazione cartesiana del piano π contenente il punto P (1, 2, 3) e ortogonale alla retta l. b) Stabilire se esiste una retta passante per P , contenuta in π ed incidente la retta r. In caso affermativo determinare equazioni di tale retta.
Esercizio 2.13. Si considerino i piani dello spazio π : x−y+z =0
e
π ′ : 8x + y − z = 0.
a) Stabilire la posizione reciproca dei due piani. b) Trovare un’equazione cartesiana del piano passante per P = (1, 1, 1) e perpendicolare ai piani π e π′ . Esercizio 2.14. a) Determinare equazioni parametriche e cartesiane della retta r passante per i punti A = (2, 1, 3) e B = (1, 2, 1). b) Trovare un’equazione cartesiana del piano π parallelo alla retta r e all’asse z e passante per l’origine. Esercizio 2.15. a) Determinare equazioni parametriche e cartesiane del piano π passante per i punti A = (−1, 1, 1) e B = (2, 0, 1) e perpendicolare alla retta r di equazioni cartesiane x = y − 1 = 0. b) Trovare un’equazione cartesiana del piano π ′ parallelo al piano π e passante per il punto C = (0, 1, 2).
2. RETTE E PIANI
17
Esercizio 2.16. Nello spazio si considerino la due rette di equazioni: x = 1 + t r: s: x+y−1=x−y+z =0 y =1−t z=3
a) Mostrare che le due rette sono sghembe. b) Determinare un’equazione del piano contenente la retta r e parallelo alla retta s. c) Determinare un’equazione del piano parallelo alle due rette ed equidistante da esse.
Esercizio 2.17. Si considerino le rette r1 , r2 , r3 di equazioni r1 : x = 3t + 1, y = −t, z = 3t + 1 r2 : x = s, y = 2, z = s r3 : x − 1 = z = 0
a) Si determini un’equazione del piano π contenente le rette r1 e r2 . b) Si stabilisca se il piano π contiene r3 . c) Si calcoli la proiezione ortogonale del punto P (1, 2, 0) sul piano π1 . Esercizio 2.18. Si considerino i piani π1 , π2 , π3 di equazioni π1 : z − 3 = 0
π2 : x + y + 2 = 0 π3 : 3x + 3y − z + 9 = 0
e la retta r = π1 ∩ π2 . a) Si stabilisca se il piano π3 contiene r. b) Si trovi un’equazione cartesiana del piano π4 passante per l’origine e contenente r. c) Si calcoli la proiezione ortogonale dell’origine sul piano π1 . Esercizio 2.19. Si considerino i piani π1 , π2 , π3 di equazioni π1 : 3x + 3y − z = −9 π2 : x + y + 2 = 0 π3 : x + y + z = 1 e la retta r = π1 ∩ π2 . a) Si stabilisca se il piano π3 contiene r. b) Si trovi un’equazione cartesiana del piano π4 passante per l’origine e contenente r. c) Si calcoli la proiezione ortogonale dell’origine sul piano π1 . Esercizio 2.20. Si considerino la retta r di equazione x = 2 + t r : y = −3 − 2t z=1
e la famiglia di piani πk : 2x + ky − z = 1 dove k `e un parametro reale. a) Si determini per quali k il piano πk risulta parallelo a r. b) Per il valore di k trovato al punto precedente calcolare la distanza tra πk e r. Esercizio 2.21. Nel piano, si considerino le rette r1 , r2 , r3 di equazioni ( x = 1 − 2t r1 : r2 : x − 2y + 1 = 0, r3 : 2x + y − 2 = 0. y = 2t a) Si trovi un’equazione cartesiana della retta r parallela a r1 e passante per il punto A = r2 ∩ r3 . b) Si trovi un’equazione cartesiana della retta s perpendicolare a r1 e passante per A. c) Si calcoli l’angolo tra le rette r1 e r2 e tra le rette r2 e r3 . Esercizio 2.22. Verificare che i quattro punti P1 = (1, 2, 1),
P2 = (2, 1, 0),
P3 = (−1, 0, −1),
P4 = (0, 0, −1)
sono complanari e determinare un’equazione cartesiana del piano che li contiene.
18
2. RETTE E PIANI
Esercizio 2.23. Siano π1 il piano di equazioni parametriche: x = 1 + u + v,
y = 2 + u − v,
u, v ∈ R
z = 3 + u,
e π2 il piano di equazione cartesiana x − y + z + 1 = 0. a) Si scriva l’equazione cartesiana di π1 . b) Si scrivano le equazioni parametriche della retta r = π1 ∩ π2 . c) Detta s la retta di equazioni parametriche: x = 1 + t, y = 2 − t, z = 3 + 2t, si verifichi che r e s sono sghembe. Esercizio 2.24. Siano r e s le rette di equazioni: x = 1 + 2t r : y = 3t ∀t ∈ R, z=1
s:
(
3x − 2y = −2 z=2
a) Si determini l’equazione cartesiana del piano π1 contenente r e s. b) Si determini l’equazione cartesiana del piano π2 perpendicolare a r e s e passante per il punto C(0, 1, 1).
Esercizio 2.25. Si considerino i tre piani di equazioni π1 : x + y + z = 0,
π2 : x − y − z + 1 = 0,
π3 : 2x + kz = 1
a) Stabilire la posizione reciproca dei tre piani (paralleli, incidenti in un punto o in una retta ...) al variare di k in R. b) Si determini l’equazione del piano per l’origine e perpendicolare alla retta r : π1 ∩ π2 . Esercizio 2.26. Si considerino le rette r1 e r2 di equazioni: ( x = 2 − 2t y+z =2 r1 : r2 : y=t x=1 z =1+t
∀t ∈ R
a) Si verifichi che le due rette sono incidenti e se ne determini il punto P di intersezione. b) Si trovi un’equazione parametrica della retta passante per P e ortogonale a r1 e r2 .
Esercizio 2.27. Siano assegnati il punto A = (1, 2, 1) il piano π e la retta s di equazioni x = 1 + t π : x + z = 4, s: y=2 z=0
a) Si determini il punto B, proiezione ortogonale di A su π e la retta r passante per A e per B. b) Indicato con C il punto di intersezione tra s e r e con D il punto di intersezione tra s e π, si determini un’equazione della retta CD. c) Si determini l’angolo tra r e la retta CD.
Esercizio 2.28. Nello spazio, si considerino le rette r1 , r2 di equazioni ( x = 3t x+y−2=0 r1 : r2 : y =2−t z +y−3=0 z =1+t
a) Determinare la loro posizione reciproca. b) Determinare un’equazione cartesiana del piano π contenente le due rette. c) Determinare un’equazione parametrica della retta passante per P = (−2, 5, 1) e perpendicolare alle rette r1 e r2 .
Esercizio 2.29. Nello spazio, si considerino i piani π1 , π2 di equazioni π1 : 3x − y + z = 0,
π2 : 2x + y = 0.
a) Scrivere equazioni parametriche della retta r intersezione di π1 e π2 . b) Determinare un’equazione cartesiana del piano ortogonale ai due piani assegnati e passante per il punto P = (2, 1, 0). c) Trovare la proiezione ortogonale del punto P sulla retta r.
1. SUGGERIMENTI
19
Esercizio 2.30. Siano r la retta passante per i punti A = (1, 0, 2) e B = (−1, 1, 1) e s la retta di equazioni parametriche x = 1 + 2t s: ∀t ∈ R y =1−t z =1+t a) Si determini un’equazione cartesiana del piano perpendicolare a r e passante per il punto Q di intersezione tra l’asse delle y e il piano contenente r e s. b) Si trovino equazioni cartesiane e parametriche della retta perpendicolare ad r e s e passante per il punto P = (1, 3, 1).
Esercizio 2.31. Dati i punti i O(0, 0), A(2, 1), B(1, 3), determinare l’isometria f (x, y) = (x′ , y ′ ) tale che f (O) = O′ , f (A) = A′ , f (B) = B ′ nei seguenti casi. Stabilire in particolare se si tratta di una traslazione, rotazione, riflessione e glissoriflessione trovando gli eventuali punti fissi. 3 7 1 , A′ = −1, , B ′ = −2, . a) O′ = −3, 2 2 2 √ √ √ ! √ ! 4−6 2 3+2 2 5−2 2 1+4 2 ′ ′ ′ , B = . b) O = (1, 0) , A = , , 3 3 3 3 2 11 9 13 , B′ = . c) O′ = (0, 0) , A′ = − , , 5 5 5 5 3 4 1 7 , B′ = , , − . d) O′ = (−2, 1) , A′ = 5 5 5 5 Esercizio 2.32. i punti del piano A = (0, 0), B = (2t, 0), C = (0, 1) e A′ = (2, 2), B ′ = Si considerino √ √ 2 + 3, 3 , C ′ = 23 , 2 + 23 . a) Per quali valori di t esiste un’isometria diretta che trasforma i punti A, B, C nei punti A′ , B ′ , C ′ rispettivamente? b) Per i valori di t determinati al punto precedente, trovare le equazioni dell’isometria. c) Stabilire se l’isometria f in b) ha dei punti fissi, cio`e tali che f (P ) = P .
——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti ——————————————————————————————————————————————• In R2 l’equazione parametrica della retta passante per P (x0 , y0 ) e di direzione parallela al vettore u = (u1 , u2 ) `e: ( x = x0 + u1 t r: ∀t ∈ R y = y0 + u 2 t • In R2 la generica equazione cartesiana di una retta `e: r:
ax + by + k = 0
3
• In R l’equazione parametrica della retta passante per P (x0 , y0 , z0 ) e di direzione parallela al vettore u = (u1 , u2 , u3 ) `e: x = x0 + u1 t r: y = y0 + u2 t ∀t ∈ R z = z0 + u 3 t
• In R3 la generica equazione cartesiana di una retta `e data dall’intersezione di due piani: ( a 1 x + b1 y + c 1 z = k 1 r: a 2 x + b2 y + c 2 z = k 2 ——————————————————————————————————————————————-
20
2. RETTE E PIANI
• In R3 l’equazione parametrica del piano passante per P (x0 , y0 , z0 ) e di direzioni parallele ai vettori u = (u1 , u2 , u3 ) e v = (v1 , v2 , v3 ) `e: x = x0 + u1 t + v 1 s π: y = y0 + u2 t + v2 s ∀s, t ∈ R z = z0 + u 3 t + v 3 s
• In R3 la generica equazione cartesiana di un piano `e : π:
ax + by + cz = k
Il vettore (a, b, c) ha direzione perpendicolare al piano. ——————————————————————————————————————————————-
• Due rette r1 e r2 sono parallele se hanno la stessa direzione, ovvero se i rispettivi vettori direzione sono proporzionali. • In R3 due rette r1 e r2 sono sghembe se non sono parallele e non si intersecano. • In R3 due rette r1 e r2 sono complanari se non sono sghembe, ovvero se sono parallele oppure si intersecano. • Due piani π1 e π2 sono paralleli se non si intersecano. Analogamente due piani π1 : a1 x + b1 y + c1 z = k1 e π2 : a2 x + b2 y + c2 z = k2 sono paralleli se i vettori (a1 , b1 , c1 ) e (a2 , b2 .c2 ) sono proporzionali. • Una retta r `e perpendicolare al piano π : ax + by + cz = k se r ha direzione parallela al vettore u = (a, b, c). ——————————————————————————————————————————————-
• Dati due vettori u = (u1 , u2 , u3 ) e v = (v1 , v2 , v3 ) di R3 chiamiamo prodotto scalare di u e v il numero: (u, v) = u · v T = u1 v1 + u2 v2 + u3 v3 .
• Date due rette r1 parallela a un vettore u e r2 parallela a un vettore v, l’angolo ϑ tra le due rette `e dato da: u · vT (u, v) = , cos(ϑ) = |u| · |v| |u| · |v| √ p dove |u| =norma di u= lunghezza di u = (u, u) = u · uT . ——————————————————————————————————————————————Isometrie. Le isometrie sono trasformazioni del piano f (x, y) = f (x′ , y ′ ) che mantengono le distanze. Un punto P tale che P ′ = f (P ) = P `e detto punto fisso; una retta r tale che r′ = f (r) = r `e detta retta fissa. Ci sono quattro tipi di isometrie: • Isometrie dirette: mantengono l’orientamento degli angoli. Hanno equazione: ( x′ = cx − sy + a con c2 + s2 = 1 y ′ = sx + cy + b Ci sono due tipi di isometrie dirette: – Traslazioni: s = 0. Non hanno punti fissi. – Rotazioni: s 6= 0. Hanno un punto fisso (il centro di rotazione) che si trova risolvendo il sistema ( x = cx − sy + a y = sx + cy + b • Isometrie inverse: non mantengono l’orientamento degli angoli. Hanno equazione: ( x′ = cx + sy + a con c2 + s2 = 1 y ′ = sx − cy + b Ci sono due tipi di isometrie inverse:
2. SOLUZIONI
21
– Riflessioni o simmetrie rispetto ad una retta. Hanno una retta di punti fisi (l’asse di simmetria) e infinite rette fisse (le rette ortogonali all’asse). – Glissoriflessioni: composizione di una rflessione e di una traslazione parallela all’asse di simmetria. Non hanno punti fissi. ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 2.1. Determinare l’equazione parametrica e Cartesiana della retta del piano (a) Passante per i punti A(1, 2) e B(−1, 3). −−→ (b) Passante per il punto C(2, 3) e parallela al vettore OP = (−1, 2). (c) Di equazione Cartesiana y = 2x + 5. Determinare inoltre un punto appartenente a tale retta. Soluzione: −−→ (a) Poich`e AB = (−2, 1) otteniamo r:
(
x = 1 − 2t y =2+t
∀t ∈ R
Per ottenere l’equazione Cartesiana basta ricavare t: ( ( x = 1 − 2t x = 1 − 2(y − 2) ⇒ y =2+t t=y−2
⇒ x + 2y − 5 = 0
(b) Possiamo scrivere direttamente l’equazione parametrica: ( x=2−t r: ∀t ∈ R y = 3 + 2t Ricaviamo ora l’equazione Cartesiana: ( t=2−x y = 3 + 2(2 − x)
⇒ 2x + y − 7 = 0
(c) La cosa pi` u semplice `e porre una variabile uguale al parametro t, ottenendo ( x=t r: ∀t ∈ R y = 5 + 2t Per determinare un punto P appartenente a r `e sufficiente trovare un punto (x, y) che soddisfi l’equazione di r (parametrica o cartesiana). Assegnando per esempio il valore 0 al parametro t nell’equazione parametrica otteniamo il punto: ( x=0 ⇒ P (0, 5). y=5 Esercizio 2.2. Determinare l’equazione parametrica e Cartesiana della retta dello spazio (a) Passante per i punti A(1, 0, 2) e B(3, −1, 0). −−→ (b) Passante per il punto P (1, 3, 1) e parallela al vettore OQ = (2, 0, 0). (c) Di equazioni Cartesiane ( y = 3x + 1 y−x+z =0 Determinare inoltre un punto appartenente a tale retta. Soluzione:
22
2. RETTE E PIANI
−−→ (a) Poich`e AB = (2, −1, −2) otteniamo x = 1 + 2t r: y = −t z = 2 − 2t Ricaviamo ora l’equazione Cartesiana: x = 1 + 2(−y) t = −y z = 2 − 2(−y)
∀t ∈ R
( x + 2y − 1 = 0 ⇒ 2y − z + 2 = 0
Notiamo che l’equazione Cartesiana di una retta nello spazio `e data mediante l’intersezione di due piani. (b) Possiamo scrivere direttamente l’equazione parametrica: x = 1 + 2t ∀t ∈ R r: y=3 z=1 Notiamo che l’equazione si pu` o equivalentemente scrivere x = t r: ∀t ∈ R y=3 z=1 E’ immediato ricavare l’equazione Cartesiana: ( y=3 z=1
(c) La cosa pi` u semplice `e porre la variabile x uguale al parametro t, ottenendo x = t x = t ⇒ r: ∀t ∈ R y = 1 + 3t y = 1 + 3t z = −(1 + 3t) + t z = −1 − 2t
Per determinare un punto P appartenente a r `e sufficiente trovare un punto (x, y, z) che soddisfi l’equazione di r (parametrica o cartesiana). Assegnando per esempio il valore 0 al parametro t nell’equazione parametrica otteniamo il punto: x = 0 ⇒ P (0, 1, −1). y=1 z = −1
Esercizio 2.3. a) Determinare l’equazione parametrica e Cartesiana del piano π passante per i punti A(1, 3, 1), B(2, 0, 0) e C(0, 1, 1). Il punto P (0, 2, 0) appartiene a tale piano? b) Determinare una equazione della retta passante per A ortogonale a π. Soluzione: a) Possiamo determinare prima l’equazione parametrica. Poich`e −−→ AB = (1, −3, −1) −→ AC = (−1, −2, 0) otteniamo
x = 1 + t − s π: y = 3 − 3t − 2s z =1−t
∀ t, s ∈ R
2. SOLUZIONI
23
Per ottenere l’equazione Cartesiana da quella parametrica basta ricavare s e t e procedere per sostituzione: x = 1 + (1 − z) − s s = −x − z + 2 ⇒ y = 3 − 3(1 − z) − 2s y = 3z − 2(−x − z + 2) ⇒ 2x − y + 5z − 4 = 0 t=1−z t=1−z
In alternativa si pu` o ricavare direttamente l’equazione cartesiana, considerando la generica equazione ax + by + cz = d e imponendo il passaggio per i tre punti A, B e C in modo da ricavare i valori di a, b, c e d. Notiamo che cos`ı come l’equazione cartesiana `e determinata a meno di multipli, anche i valori di a, b, c e d non saranno univocamente determinati. d d A : a + 3b + c = d b = − 4 2 + 3b + (d − b) = d d d 2a = d ⇒ a= 2 ax + by + cz = d ⇒ B : ⇒ a= 2 C: b+c=d c=d−b c = 54 d Possiamo ora scegliere un valore di d. Ponendo d = 4 otteniamo a=2 b = −1 ⇒ 2x − y + 5z = 4 c=5 d=4
Infine P (0, 2, 0) appartiene al piano se le sue coordinate soddisfano l’equazione (Cartesiana o parametrica). Sostituendo nell’equazione Cartesiana otteniamo −2 − 4 = 0 no
Poich`e le coordinate non soddisfano l’equazione P non appartiene al piano. Analogamente potevamo sostituire nell’equazione parametrica ottenendo: s = 2 0 = 2 − s 0 = 1 + t − s ⇒ s = −1 ⇒ 2 = 3 − 3 − 2s 2 = 3 − 3t − 2s t=1 t=1 0=1−t
Poich`e la prima e seconda equazione si contraddicono il sistema non ammette soluzione e P non appartiene al piano. b) Sappiamo che dato un generico piano ax + by + cz = k il vettore (a, b, c) `e ortogonale al piano. Quindi dall’equazione cartesiana del piano ricaviamo che la retta cercata ha direzione (2, −1, 5). Sappiamo inoltre che tale retta passa per A = (1, 3, 1), quindi x = 1 + 2t y =3−t z = 1 + 5t
3
Esercizio 2.4. Sia r la retta di R passante per i punti A(1, −1, 2) e B(−2, 0, 1), e sia s la retta −−→ contenente C(1, 3, −3) e parallela al vettore OD(2, −2, 3). a) Determinare la posizione reciproca delle due rette (cio`e se sono incidenti, parallele o sghembe). b) Se sono incidenti determinarne il punto di intersezione. Soluzione: −−→ La retta r passante per B e parallela al vettore BA = (−3, 1, −1) ha equazione parametrica: x = −2 − 3t r: ∀t ∈ R y=t z =1−t
Analogamente
x = 1 + 2h s : y = 3 − 2h z = −3 + 3h
∀h ∈ R
24
2. RETTE E PIANI
−−→ −−→ a) Osserviamo subito che r e s non sono parallele in quanto i vettori direzione BA e OD non hanno le componenti proporzionali uno rispetto all’altro. Per stabilire se sono incidenti cerchiamo l’intersezione r ∩s risolvendo il sistema di 3 equazioni nelle due incognite t, h: −3(3 − 2h) − 2h = 3 −2 − 3t = 1 + 2h ⇒ ⇒ t = 3 − 2h t = 3 − 2h −(3 − 2h) − 3h = −4 1 − t = −3 + 3h h = 3 −9 + 6h − 2h = 3 ⇒ t = 3 − 2h t = 3 − 2h h=1 −3 + 2h − 3h = −4 Poich`e la prima e terza equazione si contraddicono il sistema non ammette soluzione e le rette non sono incidenti. Infine le rette sono sghembe. In alternativa potevamo per esempio ricavare l’equazione cartesiana di una delle due rette ( x = −2 − 3t x + 3y = −2 r: y=t ⇒ y+z =1 z =1−t e quindi rislovere il sistema x = 1 + 2h x = 1 + 2h y = 3 − 2h y = 3 − 2h ⇒ z = −3 + 3h z = −3 + 3h x + 3y = −2 1 + 2h + 9 − 6h = −2 3 − 2h − 3 + 3h = 1 y + z = 1
x = 1 + 2h y = 3 − 2h ⇒ z = −3 + 3h −4h = −12 h = 1
Poich`e le ultime due equazioni si contraddicono il sistema non ammette soluzione e le rette non sono incidenti. Infine le rette sono sghembe.
Esercizio 2.5. a) Determinare la posizione reciproca (cio`e se sono incidenti, parallele o sghembe) delle rette r e r′ di equazioni parametriche: x = 2t x = s ′ r: r : y =t+1 y=2 z =t+3 z =s+2 b) Se le rette sono incidenti determinare l’ampiezza dell’angolo tra esse.
Soluzione: a) Osserviamo subito che r e r′ non sono parallele in quanto r `e parallela al vettore (2, 1, 1) mentre r′ `e parallela al vettore (1, 0, 1). Per stabilire se sono incidenti cerchiamo l’intersezione r∩r′ risolvendo il sistema di 3 equazioni nelle due incognite t, s: ( 2t = s s = 2 s=2 ⇒ t=1 ⇒ t+1=2 t=1 t+3=s+2 1+3=2+2
Sostituendo nell’equazione di r (o analogamente di r′ ) il valore di t (o di s) determinato, troviamo che r e r′ sono incidenti nel punto P (2, 2, 4). b) L’angolo ϑ formato dalle rette r e r′ corrisponde all’angolo formato dai rispettivi vettori direzione u = (2, 1, 1) e v = (1, 0, 1). Possiamo quindi sfruttare la formula cos(ϑ) =
(u, v) u · vT = |u| · |v| |u| · |v|
2. SOLUZIONI
dove |u| =
Quindi
p
(u, u) =
√
4+1+1= p √ √ |v| = (v, v) = 1 + 1 = 2
25
√
6
√ 3 3 2+1 = √ = ⇒ ϑ = 30◦ . cos(ϑ) = √ 2 12 2 3
Esercizio 2.6. Determinare la posizione reciproca (parallele, incidenti o sghembe) delle rette r e r′ di equazioni parametriche: x = 2t x = s ′ r: r : y =t+1 y=1 z=t z = 2s + 1 Soluzione: Cominciamo a verificare se le rette sono incidenti risolvendo il sistema: s = 0 2t = s ⇒ t=0 t+1=1 0=1 t = 2s + 1
Poich`e il sistema non ammette soluzioni le rette non sono incidenti. Inoltre la retta r `e diretta come il vettore (2, 1, 1) mentre la retta r′ `e diretta come il vettore (1, 0, 2) quindi le due rette non sono parallele tra loro. Di conseguenza r e r′ sono sghembe. Esercizio 2.7. a) Determinare equazioni parametriche della retta r passante per i punti A = (2, 3, 1) e B = (0, 0, 1) e della retta s passante per i punti C = (0, 0, 0) e D = (4, 6, 0). b) Stabilire se r e s sono complanari. In caso affermativo, trovare un’equazione cartesiana del piano contenente r e s. Soluzione: −−→ −−→ a) Il vettori direzione AB e CD hanno componenti: −−→ −−→ AB = (−2, −3, 0) CD = (4, 6, 0) Quindi:
x = −2t r: y = −3t z=1
x = 4t s : y = 6t z=0
b) Poich`e i due vettori direzione sono paralleli lo sono anche le due rette r e s e in particolare le rette sono complanari. Per determinare il piano che li contiene abbiamo bisogno per` o di un vettore direzione dif−→ ferente, appartenente al piano. Possiamo per esempio determinare il vettore direzione AC (in quanto A e C appartengono al piano cercato): −→ AC = (2, 3, 1) Infine il piano π che contiene r e s ha equazione parametrica: x = −2t + 2s π: y = −3t + 3s ∀s, t ∈ R z=s
26
2. RETTE E PIANI
Per ricavare l’equazione cartesiana basta eliminare i parametri s e t: x = −2t + 2z y = −3t + 3z ⇒ 3x − 2y = 0 z=s
In alternativa si pu` o ricavare direttamente l’equazione cartesiana, considerando la generica equazione ax + by + cz = d e imponendo il passaggio per tre dei quattro punti, per esempio B, C e D in modo da ricavare i valori di a, b, c e d. Notiamo che cos`ı come l’equazione cartesiana `e determinata a meno di multipli, anche i valori di a, b, c e d non saranno univocamente determinati. B: c=d c = 0 0=d ax + by + cz = d ⇒ C : ⇒ d=0 D : 4a + 6b = d a = − 23 b Possiamo ora scegliere un valore di b. Ponendo b = 2 otteniamo a = −3 ⇒ −3x + 2y = 0 b=2 c=d=0
Esercizio 2.8. Si considerino le rette r1 e r2 di equazioni ( x = 1 + t x+y =1 r1 : r2 : y = 2t x−y+z =2 z =1+t
a) Si mostri che le due rette sono incidenti. b) Si determini l’equazione della retta ortogonale a r1 e r2 e passante per il loro punto di intersezione.
Soluzione: a) Risolviamo il sistema x=1+t x = 1 + t y y = 2t = 2t ⇒ z =1+t z =1+t 1 + t + 2t = 1 x + y = 1 1 + t − 2t + 1 + t = 2 x − y + z = 2
x=1+t y = 2t ⇒ z =1+t 3t = 0 0 = 0
Quindi le rette sono incidenti nel punto P (1, 0, 1). b) Determiniamo l’equazione parametrica di r2 : ( x = 1 − t x+y =1 r2 : ⇒ y=t x−y+z =2 z = 1 + 2t
x=1 y = 0 ⇒ z=1 t=0
Quindi r2 `e parallela al vettore (−1, 1, 2). Per determinare la direzione ortogonale a r1 e r2 determiniamo la Il piano π passante per P e contenente r1 e r2 . π ha direzioni parallele a r1 e r2 e quindi ha equazioni: ( x = 1 + t − s x + y = 1 + 3t x−y+z =2 y = 0 + 2t + s ⇒ 2x + z = 3 + 3t z = 1 + t + 2s
Di conseguenza la direzione ortogonale a π (e quindi a r1 e r2 ) `e (1, −1, 1). Infine la retta cercata ha equazione x = 1 + t y = −t z =1+t
2. SOLUZIONI
27
Un metodo alternativo consisteva nel determinare il piano π1 ortogonale a r1 e il piano π2 ortogonale a r2 passanti per P . Il piano ortogonale a r1 ha equazione del tipo x + 2y + z = d. Imponendo il passaggio per P otteniamo 1 + 1 = d, quindi π1 : x + 2y + z = 2 In maniera analoga π2 : −x + y + 2z = 1
La retta cercata `e data dall’intersezione di π1 e π2 : ( ( x + 2y + z = 2 x + 2y + z = 2 ⇒ −x + y + 2z = 1 3y + 3z = 3
x = 1 − t ⇒ y=t z =1−t
Notiamo che anche se l’equazione parametrica `e differente, si tratta ovviamente della stessa retta. Esercizio 2.9. Si considerino le rette di equazioni cartesiane ( ( x + 2y = 0 2x = 0 r: s: y−z =0 x+y+z =0 a) Dopo avere verificato che le due rette sono incidenti, determinare l’equazione cartesiana della retta passante per P (1, 1, 1) e incidente r e s. b) Determinare l’equazione cartesiana del piano passante per C(1, 2, −3) e perpendicolare a r. c) Determinare equazioni cartesiane della retta passante per il punto P = (1, 1, 1) e perpendicolare alle due rette r e s. Soluzione: a) Cominciamo con il determinare se le rette r e s sono incidenti risolvendo il sistema y=0 x + 2y = 0 z = 0 y − z = 0 ⇒ x=0 2x = 0 0 = 0. x + y + z = 0.
Quindi le rette sono incidenti nel punto O(0, 0, 0). E’ allora sufficiente determinare l’equazione della retta passante per P (1, 1, 1) e O(0, 0, 0). In questo modo tale retta interseca r e s. La −−→ direzione `e data dal vettore OP (1, 1, 1), quindi la retta cercata ha equazione parametrica: x = t y=t z=t
b) Il piano passante per C(1, 2, −3) e perpendicolare a r ha equazione del tipo ax + by + cz = k
dove a, b, c corrispondono alle componenti del vettore direzione di r (perpendicolare al piano), mentre il valore di k si determina imponendo il passaggio per C. Determiniamo quindi l’equazione parametrica di r: x = −2t r: y=t z=t
Quindi r `e parallela al vettore (−2, 1, 1), e il piano cercato `e del tipo −2x + y + z = k
Imponendo poi il passaggio per C(1, 2, −3) otteniamo: −2 · 1 + 2 + (−3) = k
Infine il piano cercato ha equazione:
⇒
−2x + y + z = −3
k = −3
28
2. RETTE E PIANI
c) Scriviamo l’equazione di r e s in forma parametrica: x = 0 x = −2t s : y = −t r: y=t z=t z=t
Il piano passante per P (1, 1, 1) e perpendicolare a r ha equazione −2x + y + z = 0
Analogamente il piano passante per P (1, 1, 1) e perpendicolare a s ha equazione −y + z = 0 La retta cercata `e data dall’intersezione dei due piani appena determinati: ( x = t −2x + y + z = 0 ⇒ y=t −y + z = 0 z=t
Notiamo che la retta coincide, casualmente, con quella determinata al punto precedente. Un metodo alternativo consisteva nel calcolare il piano π contenente r e s. Tale piano ha direzione parallela ai due vettori direzione di r e s e contiene il punto O(0, 0, 0) di intersezione di r e s: x = −2t r: y =t−s ⇒ x+y+z =0 z =t+s La retta cercata `e quindi la retta passante per P e perpendicolare a tale piano: x = 1 + t y =1+t z =1+t
Notiamo che si tratta, ovviamente, della stessa retta determinata con l’altro metodo, scritta in maniera differente. Esercizio 2.10. Sia r la retta nello spazio passante per i punti A = (0, 0, 1) e B = (−2, −1, 0). Sia s la retta passante per i punti C = (1, 1, 1) e D = (−1, 0, 0). a) Mostrare che le due rette sono complanari e trovare un’equazione del piano π che le contiene. b) Trovare equazioni parametriche della retta per l’origine ortogonale al piano π del punto a). Soluzione: a) Due rette sono complanari se sono parallele o incidenti. −−→ −−→ Il vettori direzione AB e CD hanno componenti: −−→ −−→ CD = (−2, −1, −1) AB = (−2, −1, −1) Poich`e i due vettori sono paralleli lo sono anche le due rette r e s e quindi in particolare sono complanari. Per determinare il piano che li contiene abbiamo bisogno per`o di un vettore direzione −→ differente, appartenente al piano. Possiamo per esempio determinare il vettore direzione AC (in quanto A e C appartengono al piano cercato): −→ AC = (1, 1, 0) Infine il piano π che contiene r e s ha equazione parametrica: x = −2t + s ∀s, t ∈ R π: y = −t + s z =1−t
2. SOLUZIONI
29
Per ricavare l’equazione cartesiana basta eliminare i parametri s e t: t = 1 − z t = 1 − z ⇒x−y−z+1=0 x = −2 + 2z + s ⇒ s = x + 2 − 2z y = −1 + z + x + 2 − 2z y = −1 + z + s
b) Un vettore perpendicolare al piano π ha componenti proporzionali ai cofficienti della x, y e z dell’equazione cartesiana di π, ovvero (1, −1, −1) (o un suo multiplo). Di conseguenza l’equazione della retta cercata `e x = t ∀t ∈ R y = −t z = −t
Esercizio 2.11. a) Determinare equazioni parametriche ed equazioni cartesiane della retta r dello spazio passante per i punti A = (2, −1, 3) e B = (3, 5, 4). b) Stabilire se la retta r interseca il piano di equazione cartesiana 2x − y + z = 0. Soluzione: −−→ −−→ a) Il vettore direzione AB ´e dato da AB = (−1, −6, −1), di conseguenza l’equazione parametrica di r ´e: x = 2 − t r : y = −1 − 6t ∀t ∈ R z =3−t Per determinare l’equazione cartesiana ricaviamo il parametro t per esempio dalla prima equazione e lo sostituiamo nelle altre due ottenendo ( 6x − y − 13 = 0 r: x−z+1=0
b) Per calcolare l’eventuale intersezione tra r e il piano assegnato possiamo mettere a sistema l’equazione cartesiana di r con quella del piano: 6x − y − 13 = 0 x−z+1=0 2x − y + z = 0
In questo caso risulta forse pi` u semplice mettere a sistema l’equazione parametrica di r con quella del piano: x=2−t x=2−t y = −1 − 6t y = −1 − 6t ⇒ ⇒ z =3−t z =3−t 2(2 − t) − (−1 − 6t) + (3 − t) = 0 2x − y + z = 0 14 x= x=2−t 3 y = −1 − 6t y = 15 ⇒ 17 z = 3 − t z = 3 8 t = − 8 t = − 3 3 14 17 Di conseguenza la retta r interseca il piano nel punto P . , 15, 3 3
Esercizio 2.12. Sia r la retta nello spazio di equazioni cartesiane x + z + 1 = 2x + 2y − z − 3 = 0 e sia l la retta di equazioni parametriche x = 2t, y = −t, z = 0.
30
2. RETTE E PIANI
a) Determinare una equazione cartesiana del piano π contenente il punto P (1, 2, 3) e ortogonale alla retta l. b) Stabilire se esiste una retta passante per P , contenuta in π ed incidente la retta r. In caso affermativo determinare equazioni di tale retta. Soluzione: a) La retta l ha direzione (2, −1, 0), quindi il piano ortogonale a l ha equazione del tipo 2x − y = d. Imponendo il passaggio per il punto P si ottiene 2 − 2 = d, quindi d = 0 e π:
2x − y = 0
b) Il punto P appartiene a π; se la retta r interseca π in un punto A, la retta passante per A e P `e la retta cercata. Determiniamo quindi l’eventuale intersezione tra r e π: 2x − y = 0 y = 2x y = 2x ⇒ x + z = −1 ⇒ x + z = −1 x + z = −1 2x + 2y − z − 3 = 0 6x − z − 3 = 0 7x = 2 9 2 4 , , − ⇒A 7 7 7 −→ Determiniamo quindi il vettore direzione AP −→ 5 10 30 parallelo a (1, 2, 6) , , AP = 7 7 7 Infine la retta cercata ha equazioni x = 1 + t y = 2 + 2t ∀t ∈ R, z = 3 + 6t
e
( 2x − y = 0 6x − z = 3
Esercizio 2.13. Si considerino i piani dello spazio π : x−y+z =0
e
π ′ : 8x + y − z = 0.
a) Stabilire la posizione reciproca dei due piani. b) Trovare un’equazione cartesiana del piano passante per P = (1, 1, 1) e perpendicolare ai piani π e π′ . Soluzione: a) Due piani o sono paralleli o la loro intersezione `e una retta. In questo caso il piano π `e perpendicolare al vettore (1, −1, 1), mentre π ′ `e perpendicolare al vettore (8, 1, −1), quindi i piani non sono paralleli tra loro. Determiniamo la loro intersezione mettendo a sistema le loro equazioni: ( ( x = 0 x−y+z =0 9x = 0 ⇒ ⇒ y=t 8x + y − z = 0 −y + z = 0 z=t Quindi i piani si intersecano nella retta x = 0 y=t z=t
∀t ∈ R
b) La direzione perpendicolare al piano π `e data dal vettore (1, −1, 1), mentre la direzione perpendicolare a π ′ `e (8, 1, −1). Di conseguenza il piano perpendicolare a π e π ′ passante per il punto P (1, 1, 1) ha equazione parametrica: x = 1 + t + 8s y =1−t+s z =1+t−s
2. SOLUZIONI
31
Ricavando i parametri s e t e sostituendo si ottiene una equazione cartesiana: y+z =2 In alternativa si pu` o osservare che un piano pependicolare a π e π ′ `e anche perpendicolare alla retta loro intersezione. Di conseguenza il piano cercato `e perpendicolare al vettore (0, 1, 1) (direzione della retta intersezione), ovvero ha equazione del tipo y+z = k. Imponendo il passaggio per P si ottiene direttamente l’equazione cartesiana: y+z =2 Esercizio 2.14. a) Determinare equazioni parametriche e cartesiane della retta r passante per i punti A = (2, 1, 3) e B = (1, 2, 1). b) Trovare un’equazione cartesiana del piano π parallelo alla retta r e all’asse z e passante per l’origine. Soluzione: −−→ a) AB = (−1, 1, −2), quindi
x = 2 − t r: y =1+t z = 3 − 2t
b) L’asse delle z ha equazione
⇒
(
x+y =3 2x − z = 1
x = 0 az : y=0 z=t
quindi il piano π cercato ha come direzioni (−1, 1, −2), (0, 0, 1): x = −t π: ⇒ x+y =0 y=t z = −2t + s
Esercizio 2.15. a) Determinare equazioni parametriche e cartesiane del piano π passante per i punti A = (−1, 1, 1) e B = (2, 0, 1) e perpendicolare alla retta r di equazioni cartesiane x = y − 1 = 0. b) Trovare un’equazione cartesiana del piano π ′ parallelo al piano π e passante per il punto C = (0, 1, 2).
Soluzione: a) La retta r ha equazione parametrica x = 0 r: y=1 z=t
∀t ∈ R
Quindi r ha direzione (0, 0, 1) e un piano ad essa perpendicolare ha equazione del tipo z = k. Imponendo il passaggio per A (o per B) si ottiene k = 1. Infine il piano π cercato ha equazione cartesiana z = 1. Una equazione parametrica di π `e x = t ∀s, t ∈ R π: y=s z=1
b) Un piano parallelo al piano π ha equazione del tipo z = k. Imponendo il passaggio per C si ottiene k = 2. Infine il piano π ′ cercato ha equazione z = 2.
32
2. RETTE E PIANI
Esercizio 2.16. Nello spazio si considerino la due rette di equazioni: x = 1 + t r: s: x+y−1=x−y+z =0 y =1−t z=3
a) Mostrare che le due rette sono sghembe. b) Determinare un’equazione del piano contenente la retta r e parallelo alla retta s. c) Determinare un’equazione del piano parallelo alle due rette ed equidistante da esse.
Soluzione: a) Due rette del piano sono sghembe se non sono parallele e non si intersecano. parametrica di s `e: x = 1 − t s: y=t z = −1 + 2t
L’equazione
Quindi r ha direzione (1, −1, 0) mentre s ha direzione (−1, 1, 2) e le due rette non sono parallele. Inoltre se calcoliamo r ∩ s: x = 1 + t x = 1 + t x=1+t y = 1 − t y = 1 − t y = 1 − t ⇒ ⇒ z=3 z=3 z=3 x + y − 1 = 0 1 + t + 1 − t − 1 = 0 1=0 x − y + z = 0 1 + t − 1 + t + 3 = 0 3 + 2t = 0
il sistema non ammette soluzione, quindi le due rette non si intersecano. Di conseguenza r e s sono sghembe. b) Sia π il piano cercato. Poich´e π contiene r, deve essere parallelo a r e passare per un punto di r. Sia A = (1, 1, 3) il punto di r, imponendo inoltre le condizioni di parallelismo alle due rette, otteniamo: x = 1 + t − s π : y =1−t+s ⇒ x+y =2 z = 3 + 2s c) Si pu` o procedere in pi` u modi. Forse il pi` u semplice `e calcolare il piano π ′ passante per s e parallelo a r in maniera analoga al punto precedente. Sia B = (1, 0, −1) il punto di s: x = 1 + t − s ′ ⇒ x+y =1 π : y = −t + s z = −1 + 2s
Il piano cercato `e parallelo a π e π ′ , quindi ha una equazione del tipo x + y = d. Inoltre essendo equidistante da r e da s `e anche equidistante da π e π ′ , ovvero il valore di d `e dato dalla media degli analoghi valori di π e π ′ : 3 2+1 = d= 2 2 Infine il piano cercato `e 3 x+y = 2
Esercizio 2.17. Si considerino le rette r1 , r2 , r3 di equazioni r1 : x = 3t + 1, y = −t, z = 3t + 1
r2 : x = s, y = 2, z = s r3 : x − 1 = z = 0
a) Si determini un’equazione del piano π contenente le rette r1 e r2 . b) Si stabilisca se il piano π contiene r3 . c) Si calcoli la proiezione ortogonale del punto P (1, 2, 0) sul piano π1 .
2. SOLUZIONI
33
Soluzione: a) Notiamo che r1 ha direzione (3, −1, 3) e r2 ha direzione (1, 0, 1). Le due rette sono comunque complanari in quanto si intersecano: ( 3t + 1 = s s = −5 ⇒ ⇒ r1 ∩ r2 = A(−5, 2, −5) −t = 2 t = −2 3t + 1 = s Quindi il piano cercato ha equazioni: x = −5 + 3t + s π: y =2−t z = −5 + 3t + s
⇒ x−z =0
b) Un modo per verificare se π contiene r3 `e di controllare se π contiene due qualsiasi punti di r3 . Dall’equazione di r3 otteniamo per esempio i punti B(1, 0, 0) e C(1, 1, 0) di r3 . Quindi π contiene B e C se: 1−0=0 1−0=0
Siccome le condizioni non sono verificate B e C, e di conseguenza r3 , non sono contenuti in π. c) Determiniamo la retta s per P ortogonale a π, cio`e di direzione (1, 0, −1): x = 1 + t s: y=2 z = −t La proiezione ortogonale dell’origine sul piano π `e quindi l’intersezione di s con π: x=1+t x=1+t x = 12 y = 2 y = 2 y = 2 ⇒ ⇒ z = 12 z = −t z = −t t = − 21 x−z =0 1+t+t=0 Infine la proiezione cercata `e il punto D 12 , 2, 21 .
Esercizio 2.18. Si considerino i piani π1 , π2 , π3 di equazioni π1 : z − 3 = 0
π2 : x + y + 2 = 0 π3 : 3x + 3y − z + 9 = 0
e la retta r = π1 ∩ π2 . a) Si stabilisca se il piano π3 contiene r. b) Si trovi un’equazione cartesiana del piano π4 passante per l’origine e contenente r. c) Si calcoli la proiezione ortogonale dell’origine sul piano π1 . Soluzione: Calcoliamo un’equazione parametrica di r = π1 ∩ π2 : ( x = −t − 2 z−3=0 ⇒ r: y=t x+y+2=0 z=3
a) Un modo per verificare se π3 contiene r `e di controllare se π3 contiene due qualsiasi punti di r. Dall’equazione parametrica di r, assegnando per esempio i valori t = 0 e t = 1 otteniamo i punti A(−2, 0, 3) e B(−3, 1, 3) di r. Quindi π3 contiene A e B se: 3 · (−2) + 3 · 0 − 3 + 9 = 0
3 · (−3) + 3 · 1 − 3 + 9 = 0
34
2. RETTE E PIANI
Siccome le due condizioni sono verificate A e B, e di conseguenza r, sono contenuti in π3 . b) Un piano π4 contenente r contiene i suoi due punti A e B. Si tratta quindi di trovare l’equazione del piano per A, B e l’origine. Poich´e chiede l’equazione cartesiana la cosa pi` u semplice `e probabilmente considerare la generica equazione cartesiana e imporre il passaggio pre i tre punti: 3 a = 2 c −2a + 3c = d ax + by + cz = d ⇒ −3a + b + 3c = d ⇒ b = 23 c d=0 d=0 Possiamo ora scegliere un valore di c. Ponendo c = 2 otteniamo a=3 b = 3 ⇒ 3x + 3y + 2z = 0 c=2 d=0
In alternativa potevamo ricavare l’equazione parametrica e da questa ricavare l’equazione −→ −−→ cartesiana. Poich`e OA = (−2, 0, 3) e OB = (−3, 1, 3), otteniamo le equazioni di π4 : x = −2t − 3s π4 : ⇒ 3x + 3y + 2z = 0 y=s z = 3t + 3s
c) Determiniamo la retta s per l’origine ortogonale a π1 , cio`e di direzione (0, 0, 1): x = 0 s: y=0 z=t
La proiezione ortogonale dell’origine sul piano π1 `e quindi l’intersezione di s con π1 : x=0 x = 0 y = 0 ⇒ y=0 z=t z=3 z=3
Infine la proiezione cercata `e il punto P (0, 0, 3).
Esercizio 2.19. Si considerino i piani π1 , π2 , π3 di equazioni π1 : 3x + 3y − z = −9 π2 : x + y + 2 = 0 π3 : x + y + z = 1 e la retta r = π1 ∩ π2 . a) Si stabilisca se il piano π3 contiene r. b) Si trovi un’equazione cartesiana del piano π4 passante per l’origine e contenente r. c) Si calcoli la proiezione ortogonale dell’origine sul piano π1 . Soluzione: Calcoliamo un’equazione parametrica di r = π1 ∩ π2 : ( x = t 3x + 3y − z = −9 ⇒ r : y = −t − 2 x+y+2=0 z=3
a) Un modo per verificare se π3 contiene r `e di controllare se π3 contiene due qualsiasi punti di r. Dall’equazione parametrica di r, assegnando per esempio i valori t = 0 e t = 1 otteniamo i punti A(0, −2, 3) e B(1, −3, 3) di r. Quindi π3 contiene A e B se: 0 + (−2) + 3 = 1
1 + (−3) + 3 = 1 Siccome le due condizioni sono verificate A e B, e di conseguenza r, sono contenuti in π3 .
2. SOLUZIONI
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b) Un piano π4 contenente r contiene i suoi due punti A e B. Si tratta quindi di trovare l’equazione −→ −−→ del piano per A, B e l’origine. Poich`e OA = (0, −2, 3) e OB = (1, −3, 3), otteniamo le equazioni di π4 : x = s π4 : y = −2t − 3s ⇒ 3x + 3y + 2z = 0 z = 3t + 3s c) Determiniamo la retta s per l’origine ortogonale a π1 , cio`e di direzione (3, 3, −1): x = 3t s: y = 3t z = −t
La proiezione ortogonale dell’origine sul piano π1 `e quindi l’intersezione di s con π1 : x = 3t x = 3t x = 3t 27 x = − 19 y = 3t y = 3t y = 3t 27 ⇒ y = − 19 ⇒ ⇒ z = −t z = −t z = −t 9 z = 19 9 3x + 3y − z = −9 9t + 9t + t = −9 t = − 19 9 27 , − 27 Infine la proiezione cercata `e il punto P − 19 19 , 19 .
Esercizio 2.20. Si considerino la retta r di equazione x = 2 + t r : y = −3 − 2t z=1
e la famiglia di piani πk : 2x + ky − z = 1 dove k `e un parametro reale. a) Si determini per quali k il piano πk risulta parallelo a r. b) Per il valore di k trovato al punto precedente calcolare la distanza tra πk e r. Soluzione: a) Un metodo consiste nel mettere a sistema retta e piano e stabilire per quali k il sistema non ammette soluzione: x=2+t x = 2 + t y = −3 − 2t y = −3 − 2t ⇒ z = 1 z=1 (2 − 2k)t = 3k − 2 2x + ky − z = 1
Il sistema `e impossibile, e quindi r e π sono paralleli, se k = 1. Un altro metodo consiste nell’imporre l’ortogonalit` a tra il vettore direzione di r, (1, −2, 0) e il vettore normale al piano, (2, k, −1): ((1, −2, 0), (2, k, −1)) = 2 − 2k = 0 ⇔ k = 1
b) Consideriamo un punto di r, per esempio il punto A(2, −3, 1), e sia s la retta passante per A e perpendicolare a π. Poich`e la direzione ortogonale a π `e (2, 1, −1), l’equazione parametrica di s `e: x = 2 + 2t s: y = −3 + t z =1−t Il punto B = s ∩ π `e dato da: x = 2 + 2t x = 2 + 2t y = −3 + t y = −3 + t ⇒ z =1−t z = 1 − t 4 + 4t − 3 + t − 1 + t = 1 2x + y − z = 1 14 17 1 Quindi B = s ∩ π = 6 , − 6 , 6 .
x = 14 6 y = − 17 6 ⇒ 5 z = 6 t = 16
36
2. RETTE E PIANI
Infine
s √ 2 2 2 6 1 1 2 + + − = . d(π, r) = d(A, B) = 6 6 6 6
In alternativa si pu` o usare la formula della distanza punto-piano, considerando un qualsiasi punto di r, per esempio (2, −3, 1) e l’equazione del piano π : 2x + y − z − 1 = 0: d(π, r) = d(π, (2, −3, 1)) =
|2 · 2 + 1 · (−3) + 1 · 1 − 1| 1 √ =√ 4+1+1 6
Esercizio 2.21. Nel piano, si considerino le rette r1 , r2 , r3 di equazioni ( x = 1 − 2t r1 : r2 : x − 2y + 1 = 0, r3 : 2x + y − 2 = 0. y = 2t a) Si trovi un’equazione cartesiana della retta r parallela a r1 e passante per il punto A = r2 ∩ r3 . b) Si trovi un’equazione cartesiana della retta s perpendicolare a r1 e passante per A. c) Si calcoli l’angolo tra le rette r1 e r2 e tra le rette r2 e r3 . Soluzione: a) Determiniamo A = r2 ∩ r3 risolvendo il sistema ( x − 2y + 1 = 0 ⇒ 2x + y − 2 = 0.
A
3 4 , 5 5
La retta r `e quindi la retta per A di direzione parallela al vettore (−2, 2): ( x = 35 − 2t 7 ⇒x+y− =0 r: 4 5 y = 5 + 2t In alternativa potevamo ricavare l’equazione cartesiana di r1 : ( x = 1 − 2t r1 : ⇒ x + y − 1 = 0 ⇒ y = −x + 1 y = 2t Di conseguenza l’equazione cartesiana di r `e: 7 3 4 ⇒ x+y− =0 y− =− x− 5 5 5 b) Utilizzando l’equazione parametrica di s, una direzione perpendicolare a quella di r1 `e data dal vettore (2, 2), quindi: ( x = 53 + 2t 1 s: ⇒ x−y+ =0 5 y = 45 + 2t Utilizzando in alternativa l’equazione cartesiana di r1 , la retta s ha coefficiente angolare opposto del reciproco del coefficiente angolare di r1 , quindi 1: 4 1 3 s: y− = x− ⇒ x−y+ =0 5 5 5 c) Ricaviamo le equazioni parametriche delle tre rette per avere dei vettori direzione. Sappiamo gi` a che r1 `e parallela a v1 = (−2, 2), inoltre ( ( x = −1 + 2t x=t r2 : r3 : y=t y = 2 − 2t Quindi r2 `e parallela a v2 (2, 1) e r3 `e parallela a v3 (1, −2). Infine
−2 1 1 −4 + 2 ⇒ ϑ = arccos − √ cos(v1 v2 ) = √ √ = √ = − √ 2 10 10 10 8· 5 Notiamo che i vettori v2 e v3 sono ortogonali, quindi l’angolo tra r2 e r3 `e π2 .
2. SOLUZIONI
37
Esercizio 2.22. Verificare che i quattro punti P1 = (1, 2, 1),
P2 = (2, 1, 0),
P3 = (−1, 0, −1),
P4 = (0, 0, −1)
sono complanari e determinare un’equazione cartesiana del piano che li contiene. Soluzione: Sia ax + by + cz + d = 0 la generica equazione cartesiana di un piano. Determiniamo il piano π passante per P2 , P3 e P4 utilizzando la condizione di passaggio per un punto. Si ottiene quindi il sistema: b = −2a − d 2a + b + d = 0 −a − c + d = 0 ⇒ a = −c + d c=d −c + d = 0
Ricordando inoltre che l’equazione cartesiana `e determinata a meno di un multiplo, possiamo porre arbitrariamente d = 1, ottenendo: a=0 b = −1 ⇒ π : −y + z + 1 = 0 c = 1 d=1 A questo punto per stabilire se i quattro punti sono complanari `e sufficiente verificare che P1 passa per π, ovvero che ne soddisfa l’equazione: −2 + 1 + 1 = 0. Notiamo che abbiamo inizialmente scelto P2 , P3 , P4 solo perch´e il sistema risultante era pi` u semplice. Era per` o del tutto equivalente scegliere un’altra terna di punti e verificare poi il passaggio per il quarto punto. Esercizio 2.23. Siano π1 il piano di equazioni parametriche: x = 1 + u + v,
y = 2 + u − v,
z = 3 + u,
u, v ∈ R
e π2 il piano di equazione cartesiana x − y + z + 1 = 0.
a) Si scriva l’equazione cartesiana di π1 . b) Si scrivano le equazioni parametriche della retta r = π1 ∩ π2 . c) Detta s la retta di equazioni parametriche: x = 1 + t, y = 2 − t, z = 3 + 2t, si verifichi che r e s sono sghembe.
Soluzione: a) Per trovare l’equazione cartesiana di π1 : x = 1 + u + v x = 1 + u + v y = 2 + u − v ⇒ x + y = 3 + 2u uz − 3 z =3+u
⇒
π1 :
x + y − 2z = −3.
c) Risolviamo il sistema: (
x − y + z = −1 x + y − 2z = −3
( x − y + z = −1 ⇒ II + I 2x − z = −4
⇒
x = s r : y = 5 + 3s z = 4 + 2s
∀s ∈ R
c) r `e parallela a (1, 3, 2), mentre s `e parallela a (1, −1, 2), quindi le due rette non sono parallele. Per stabilire se sono secanti o sghembe risolviamo il sistema 1 + t = s 1 + t = s 1 + t = s ⇒ 4t = −6 ⇒ 2 − t = 5 + 3 + 3t 2 − t = 5 + 3s 3=6 3 + 2t = 4 + 2 + 2t 3 + 2t = 4 + 2s Poich´e l’ultima equazione `e impossibile il sistema non ha soluzione e le rette sono sghembe.
38
2. RETTE E PIANI
Esercizio 2.24. Siano r e s le rette di equazioni: x = 1 + 2t r : y = 3t ∀t ∈ R, z=1
s:
(
3x − 2y = −2 z=2
a) Si determini l’equazione cartesiana del piano π1 contenente r e s. b) Si determini l’equazione cartesiana del piano π2 perpendicolare a r e s e passante per il punto C(0, 1, 1).
Soluzione: a) L’equazione parametrica di s `e 2 2 x = − 3 + 3 t s: y=t z=2
∀t ∈ R,
quindi r e s hanno entrambe direzione (2, 3, 0) e sono parallele, quindi complanari. Per determinare un’altra direzione di π1 consideriamo due qualsiasi punti di r e s e la direzione da essi individuata: 2 5 A(1, 0, 1) ∈ r, B − , 0, 2 ∈ s ⇒ AB = − , 0, 1 ⇒ (−5, 0, 3) 3 3 π1 `e quindi il piano di direzioni (2, 3, 0) e (−5, 0, 3) e passante per A: x = 1 − 5t + 2s π1 : y = 3s ∀s, t ∈ R, ⇒ 3x − 2y + 5z = 8 z = 1 + 3t
In alternativa potevamo osservare dall’inizio che r e s sono parallele in quanto dal testo `e chiaro che non sono sghembe e nelle rispettive equazioni contengono rispettivamente le equazioni z = 1 e z = 2 in contraddizione. Di conseguenza il sistema r ∩ s non pu` o avere soluzione e le rette sono parallele. Per determinare direttamente l’equazione cartesiana si pu` o inoltre determinare tre qualsiasi punti, due su una retta e uno sull’altra e imporre al generico piano ax + by + cz = d il pasaggio per i tre punti. Ponendo per esempio t = 0 e t = 1 nell’equazione di r troviamo i punti A((1, 0, 1) ∈ r e C(3, 3, 1) ∈ r. Dall’equazione di s ponendo per esempio x = 0 troviamo il punto D(0, 1, 2). Imponendo ora il passaggio per i tre punti otteniamo a + c = d a = −c + d 3a + 3b + c = d ⇒ 3(−c + d) + 3(−2c + d) + c = d ⇒ b + 2c = d b = −2c + d a = −c + d a = −c + d 3(−c + d) + 3(−2c + d) + c = d ⇒ −8c + 5d = 0 b = −2c + d b = −2c + d
Ponendo per esempio d = 8 otteniamo a=3 c = 5 ⇒ π1 : 3x − 2y + 5z = 8 b = −2 d=8
b) Il piano π2 cercato `e ortogonale a r e s, quindi ha direzione ortogonale a (2, 3, 0) (il vettore direzione di r e s) e equazione del tipo 2x + 3y = d. Imponendo il passaggio per C otteniamo π2 : 2x + 3y = 3 Esercizio 2.25. Si considerino i ter piani di equazioni π1 : x + y + z = 0,
π2 : x − y − z + 1 = 0,
π3 : 2x + kz = 1
a) Si determini l’equazione del piano per l’origine e perpendicolare alla retta r : π1 ∩ π2 .
2. SOLUZIONI
39
b) Stabilire la posizione reciproca dei tre piani (paralleli, incidenti in un punto o in una retta ...) al variare di k in R. Soluzione: a) Per determinare r = π1 ∩ π2 mettiamo a sistema i due piani: ( ( ( x+y+z =0 x = −y − z x = −y − z ⇒ ⇒ x − y − z = −1 −y − z − y − z = −1 2y + 2z = 1 1 x = − 2 ⇒ r = π1 ∩ π2 : y = 21 − t z=t
⇒
(
x = −y − z y = 12 − z
Quindi r = π1 ∩ π2 `e una retta di direzione (0, −1, 1) e il piano ortogonale cercato, passante per l’origine, ha equazione −y + z = 0. b) E’ sufficiente stabilire la posizione della retta r trovata al punto precedente rispetto a π3 . Notiamo che una retta e un piano possono essere o incidenti o parallele. Mettiamo a sistema r e π3 : x = − 21 x = − 21 x = − 12 y = 1 − t y = 1 − t y = 1 − t 2 2 2 ⇒ ⇒ z = t z = t z = t 2x + kz = 1 −1 + kt = 1 kt = 2 Dobbiamo distinguere due casi: – Se k 6= 0, otteniamo la soluzione x = − 12 y = 1 − 2 2 z = k 2 t= k
2 k
=
k−4 2k
2 quindi i tre piani sono incidenti nel punto P = − 21 , k−4 2k , k . – Se k = 0, il sistema contiene l’equazione 0 = 2, quindi non ammette soluzione. Di conseguenza i tre piani non si intersecano in quanto π3 `e parallelo alla retta π1 ∩ π2 . In alternativa per risolvere il punto b) potevamo osservare che una retta e un piano se non sono → paralleli sono incidenti. La retta r `e parallela al vettore − u = (0, −1, 1) mentre π3 `e ortogonale al → − → → vettore v = (2, 0, k). Di conseguenza r e π3 sono paralleli se e solo se − u e− v sono ortogonali. → − → − → − − → Calcolando il prodotto scalare tra i due vettori: u · v = ( u , v ) = k, otteniamo che: se k = 0 i vettori sono ortogonali, quindi r e π3 sono paralleli. Se k 6= 0 la retta e il piano non sono paralleli, quindi sono incidenti. Esercizio 2.26. Si considerino le rette r1 e r2 di equazioni: ( x = 2 − 2t y+z =2 r1 : r2 : y=t x=1 z =1+t
∀t ∈ R
a) Si verifichi che le due rette sono incidenti e se ne determini il punto P di intersezione. b) Si trovi un’equazione parametrica della retta passante per P e ortogonale a r1 e r2 .
Soluzione: a) Mettiamo a sistema le due rette per determinarne il punto di intersezione: t = 21 t + 1 + t = 2 y + z = 2 1 t = 2 2 − 2t = 1 x = 1 ⇒ x=1 r1 ∩ r2 : x = 2 − 2t ⇒ x = 2 − 2t y = t y = t y = 12 z = 3 z = 1 + t z = 1 + t 2 1 3 Le rette si intersecano nel punto P = 1, , . 2 2
40
2. RETTE E PIANI
b) Per determinare la direzione ortogonale a r1 e r2 determiniamo la direzione ortogonale al piano che contiene r1 e r2 . In realt`a `e sufficiente determinare un piano parallelo a quello che contiene r1 e r2 , quindi per semplificare i conti determiniamo il piano π passante per l’origine parallelo a r1 e r2 . La retta r1 ha equazione parametrica x = 1 r1 : y=t z =2−t
∀t ∈ R
quindi r1 e r2 sono rispettivamente parallele ai vettori (0, 1, −1) e (−2, 1, 1). Il piano π cercato ha quindi equazioni x = −2s π: y =t+s z = −t + s
∀s, t ∈ R
⇒
x+y+z =0
La retta passante per P ortogonale a r1 e r2 ha quindi direzione parallela a (1, 1, 1): x = 1 + t r: y = 12 + t z = 32 + t
∀t ∈ R
Esercizio 2.27. Siano assegnati il punto A = (1, 2, 1) il piano π e la retta s di equazioni
π : x + z = 4,
x = 1 + t s: y=2 z=0
a) Si determini il punto B, proiezione ortogonale di A su π e la retta r passante per A e per B. b) Indicato con C il punto di intersezione tra s e r e con D il punto di intersezione tra s e π, si determini un’equazione della retta CD. c) Si determini l’angolo tra r e la retta CD. Soluzione: a) Per trovare B determiniamo l’equazione della retta r passante per A e ortogonale a π, cio`e di direzione (1, 0, 1): x = 1 + s r: y=2 z =1+s
Il punto B `e dato dall’intersezione tra r e π: x=1+s y = 2 B: z =1+s x+z =4
x=1+s y = 2 ⇒ z =1+s 1+s+1+s=4
s=1 x = 2 ⇒ y=2 z=2
⇒
B = (2, 2, 2)
Notiamo che la retta passante per A e B richiesta `e la retta r precedentemente trovata.
2. SOLUZIONI
b) Calcoliamo le intersezioni: x=1+s y=2 z = 1 + s C =r∩s: x = 1 + t y=2 z=0 x=1+t y = 2 D =s∩π : z=0 x+z =4
x=1+s s = −1 y=2 t = −1 z = 1 + s ⇒ x=0 ⇒ 1 + s = 1 + t y=2 2 = 2 z = 0 1+s=0 t=3 x=1+t x = 4 y = 2 ⇒ ⇒ ⇒ y=2 z=0 z=0 1+t=4
41
⇒
C = (0, 2, 0)
D = (4, 2, 0)
Il vettore CD `e (4, 0, 0), quindi un’equazione della retta CD `e: x = 4t rCD : ∀t∈R y=2 z=0
c) La retta r `e parallela al vettore u = (1, 0, 1) e la retta CD `e parallela al vettore v = (4, 0, 0). Indicato con ϑ l’angolo tra le due rette si ottiene: √ √ ! (u, v) π 4 2 2 cos(ϑ) = = = 45◦ . = =√ ⇒ ϑ = arccos |u| · |v| 2 2 4 2·4 Esercizio 2.28. Nello spazio, si considerino le rette r1 , r2 di equazioni ( x = 3t x+y−2=0 r1 : r2 : y =2−t z+y−3=0 z =1+t
a) Determinare la loro posizione reciproca. b) Determinare un’equazione cartesiana del piano π contenente le due rette. c) Determinare un’equazione parametrica della retta passante per P = (−2, 5, 1) e perpendicolare alle rette r1 e r2 .
Soluzione: a) Mettiamo a sistema r1 e r2 per calcolarne l’eventuale intersezione: x=0 x = 3t x = 3t y = 2 − t y = 2 − t y = 2 ⇒ z =1+t ⇒ z =1 z =1+t t=0 t=0 3t + 2 − t − 2 = 0 0 = 0 0 = 0 1 + t + 2 − t − 3 = 0
Il sistema `e compatibile e le rette si intersecano nel punto A(0, 2, 1). b) Un’equazione cartesiana di r1 `e ( x + 3y − 6 = 0 y+z−3=0
Confrontando le equazioni cartesiane delle due rette si vede che il piano y + z − 3 = 0 le contiene entrambe. In alternativa si poteva ricavare l’equazione parametrica di r2 : x = 2 − t r2 : y = t z =3−t
42
2. RETTE E PIANI
Il piano cercato passa per A = r1 ∩ r2 e ha direzioni parallele ai vettori giacitura delle due rette: x = 3t − s ⇒ y+z−3=0 y =2−t+s z =1+t−s
c) Una retta ortogonale a r1 e r2 `e ortogonale al piano trovato al punto precedente che le contiene entrambe, quindi ha direzione (0, 1, 1): x = −2 r : y =5+t z =1+t
Esercizio 2.29. Nello spazio, si considerino i piani π1 , π2 di equazioni π1 : 3x − y + z = 0,
π2 : 2x + y = 0.
a) Scrivere equazioni parametriche della retta r intersezione di π1 e π2 . b) Determinare un’equazione cartesiana del piano ortogonale ai due piani assegnati e passante per il punto P = (2, 1, 0). c) Trovare la proiezione ortogonale del punto P sulla retta r. Soluzione: a) Mettiamo a sistema π1 e π2 per calcolarne l’intersezione: ( x = t 3x − y + z = 0 ⇒ r : y = −2t 2x + y = 0. z = −5t
∀t ∈ R
b) Un piano ortogonale ai due piani assegnati `e anche ortogonale alla retta r intersezione di π1 e π2 , quindi ha equazione cartesiana del tipo x − 2y − 5z = d Imponendo il passaggio per P otteniamo d = 0, quindi il piano cercato `e x − 2y − 5z = 0 c) La proiezione ortogonale di un punto P su una retta r `e data dall’intersezione tra r e il piano per P ortogonale a r. In questo caso sappiamo gi` a che il piano per P ortogonale a r `e il piano x − 2y − 5z = 0, quindi si tratta di trovare l’intersezione tra tale piano e r: t=0 t + 4t + 25t = 0 x − 2y − 5z = 0 x = 0 x = t x = t ⇒ ⇒ y=0 y = −2t y = −2t z=0 z = −5t z = −5t Infine la proiezione cercata `e l’origina O = (0, 0, 0).
Esercizio 2.30. Siano r la retta passante per i punti A = (1, 0, 2) e B = (−1, 1, 1) e s la retta di equazioni parametriche x = 1 + 2t ∀t ∈ R s: y =1−t z =1+t a) Si determini un’equazione cartesiana del piano perpendicolare a r e passante per il punto Q di intersezione tra l’asse delle y e il piano contenente r e s. b) Si trovino equazioni cartesiane e parametriche della retta perpendicolare ad r e s e passante per il punto P = (1, 3, 1).
2. SOLUZIONI
Soluzione: Notiamo che la retta r ha equazione parametrica x = 1 − 2t r: y=t z =2−t
43
∀t ∈ R
e si tratta di una retta parallela ad s.
a) Si tratta di – Trovare il piano π passante per r e s, – determinare il punto Q intersecando l’asse delle y con il piano π trovato, – determinare un’equazione del piano ortogonale a r e passante per Q. Poich´e r e s sono parallele sono complanari, ma per trovare il piano che le contiene dobbiamo −−→ procurarci un’altra direzione. Sia per esempio C = (1, 1, 1) un punto di s, allora CB = (2, 0, 0) e il piano π contenente r e s ha equazioni parametrica e cartesiana date da x = 1 + 2t + 2s π: ∀t, s ∈ R π : y+z =2 y = −t z =2+t L’asse delle y ha equazione x = z = 0, quindi il punto Q `e dato da y + z = 2 ⇒ Q = (0, 2, 0) Q: x=0 z=0
Infine il piano cercato ha direzione ortogonale a r, quindi al vettore (2, −1, 1) e passa per Q = (0, 2, 0), quindi π′ :
2x − y + z = −2
b) Una retta perpendicolare ad r e s `e perpendicolare al piano π trovato al punto precedente che le contiene. Di conseguenza la retta cercata pu` o essere parallela al vettore (0, 1, 1). Equazioni di tale retta sono quindi: ( x = 1 x=1 ∀t ∈ R y =3+t y−z =2 z =1+t
Esercizio 2.31. Dati i punti i O(0, 0), A(2, 1), B(1, 3), determinare l’isometria f (x, y) = (x′ , y ′ ) tale che f (O) = O′ , f (A) = A′ , f (B) = B ′ nei seguenti casi. Stabilire in particolare se si tratta di una traslazione, rotazione, riflessione e glissoriflessione trovando gli eventuali punti fissi. 3 7 1 ′ ′ ′ , A = −1, , B = −2, . a) O = −3, 2 2 2 √ √ √ ! √ ! 2 2 2 2 5 − 2 4 − 6 1 + 4 3 + 2 b) O′ = (1, 0) , A′ = , B′ = . , , 3 3 3 3 2 11 9 13 c) O′ = (0, 0) , A′ = − , , B′ = . , 5 5 5 5 3 4 1 7 , B′ = , , − . d) O′ = (−2, 1) , A′ = 5 5 5 5 Soluzione: a) Dal testo sappiamo gi` a che si tratta di un’isometria. Rappresentando i punti si vede che sia b che l’angolo 0′ A c′ B ′ sono antiorari, quindi si tratta di una trasformazione diretta: l’angolo 0AB una rotazione o una traslazione. Dobbiamo cercare una trasformazione del tipo ( x′ = cx − sy + a y ′ = sx + cy + b
44
2. RETTE E PIANI
Imponendo le sei condizioni f (O) = O′ , f (A) = A′ , f (B) = B ′ otteniamo il sistema a = −3 a = −3 −3 = a 1 1 = b b = 21 b = 2 2 s = 0 s = 2c − 2 −1 = 2c − s + a ⇒ ⇒ 1 3 3 c=1 2 = 2s + c + b 2 = 4c − 4 + c + 2 −2 = c − 3s + −3 −2 = c − 3s + a −2 = −2 7 7 7 1 7 2 = s + 3c + b 2 = s + 3c + 2 2 = 2
Notiamo che per risolvere il sistema abbiamo usato solamente le prime quattro equazioni, mentre abbiamo usato le ultime due per verificare la soluzione. Si tratta della trasformazione 1 f (x, y) = x − 3, y + 2
che `e una traslazione e non ha punti fissi. La mancanza di punti fissi si pu` o anche verificare direttamente impostando il sistema x = x − 3 f (x, y) = (x, y) ⇒ 1 y = y + 2 che non ha soluzione. b) Dal testo sappiamo gi` a che si tratta di un’isometria. Rappresentando i punti si vede che sia b che l’angolo 0′ A c′ B ′ sono antiorari, quindi si tratta di una trasformazione diretta: l’angolo 0AB una rotazione o una traslazione. Dobbiamo cercare una trasformazione del tipo ( x′ = cx − sy + a y ′ = sx + cy + b Imponendo le sei condizioni f (O) = O′ , f (A) = A′ , f (B) = B ′ otteniamo il sistema 1=a a=1 a=1 b=0 0 =√b b = √0 √ √ 5−2 2 = 2c − s + a 5−2 2 = −4s + 2+8 2 − s + 1 s = 2 2 3√ 3 3 3 √ ⇒ ⇒ 1+43 2 = 2s + c + b c = −2s + 1+43 2 c = 31 √ √ √ √ 4−6 2 4−6 2 4−6 2 = 13√− 2 2 + 1 = c − 3s + a = c − 3s + 1 3 3√ 3√ √ 3+2 2 3+2 2 3+2 2 = 232 + 1 = s + 3c + b = s + 3c 3 3 3
Notiamo che per risolvere il sistema abbiamo usato solamente le prime quattro equazioni, mentre abbiamo usato le ultime due per verificare la soluzione. Si tratta della trasformazione ! √ √ 1 2 2 2 2 1 f (x, y) = x− y + 1, x+ y 3 3 3 3 che `e una rotazione. Possiamo quindi trovare il punto fisso (centro di rotazione) impostando il sistema √ ( ( 1 2 2 √ x = x − 1 y+1 x=√ 2y = 3 2x + 2 2 3√ 3 √ f (x, y) = (x, y) ⇒ ⇒ ⇒ y = 2x y = 22 y = 2 2 x + 1 y 3 3 √ ! 2 1 . , Quindi il centro di rotazione `e il punto fisso P 2 2
c) Dal testo sappiamo gi` a che si tratta di un’isometria. Rappresentando i punti si vede che l’angolo b `e antiorario mentre l’angolo 0′ A c′ B ′ `e orario, quindi si tratta di una trasformazione inversa: 0AB una riflessione o una glissoriflessione. Dobbiamo cercare una trasformazione del tipo ( x′ = cx + sy + a y ′ = sx − cy + b Notiamo che poich´e O = O′ , il punto O `e fisso, quindi si tratta di una riflessione in quanto le glissoriflessioni non hanno punti fissi.
2. SOLUZIONI
45
Imponendo le sei condizioni f (O) = O′ , f (A) = A′ , f (B) = B ′ otteniamo il sistema a=0 a=0 0=a b=0 b=0 0=b c = 9 − 3s c = − 3 9 = c + 3s + a 5 5 ⇒ 13 5 ⇒ 27 4 13 = s − 3c + b = s − − 9s s = 5 5 5 5 − 52 = 2c + s − 52 = 2c + s + a − 52 = − 56 + 45 11 11 11 8 3 5 = 2s − c + b 5 = 2s − c 5 = 5 + 5
Notiamo che per risolvere il sistema abbiamo usato solamente le prime quattro equazioni, mentre abbiamo usato le ultime due per verificare la soluzione. Si tratta della trasformazione 3 4 4 3 f (x, y) = − x + y, x + y 5 5 5 5 che `e una riflessione. Possiamo quindi trovare la retta di punti fissi (asse di simmetria) impostando il sistema ( ( 8x − 4y = 0 x = − 35 x + 54 y ⇒ ⇒ y = 2x f (x, y) = (x, y) ⇒ 4x − 2y = 0 y = 54 x + 35 y Quindi tutti i punti della retta y = 2x sono punti fissi e y = 2x `e l’asse di simmetria. d) Dal testo sappiamo gi` a che si tratta di un’isometria. Rappresentando i punti si vede che l’angolo b `e antiorario mentre l’angolo 0′ A c′ B ′ `e orario, quindi si tratta di una trasformazione inversa: 0AB una riflessione o una glissoriflessione. Si tratta quindi di cercare una trasformazione del tipo ( x′ = cx + sy + a y ′ = sx − cy + b Imponendo le sei condizioni f (O) = O′ , f (A) = A′ , f (B) = B ′ otteniamo il sistema −2 = a a = −2 a = −2 1 = b b = 1 b=1 3 = c + 3s + a c = 13 − 3s c = 4 5 5 5 ⇒ ⇒ 39 4 4 3 = s − 3c + b = s − + 9s + 1 − − s = 5 5 5 5 8 3 1 1 1 5 = 2c + s + a 5 = 2c + s − 2 5 = 5 + 5 −2 7 7 7 6 4 5 = 2s − c + b 5 = 2s − c + 1 5 = 5 − 5 +1
Notiamo che per risolvere il sistema abbiamo usato solamente le prime quattro equazioni, mentre abbiamo usato le ultime due per verificare la soluzione. Si tratta della trasformazione 3 3 4 4 x + y − 2, x − y + 1 f (x, y) = 5 5 5 5 che `e una glissoriflessione. Infatti impostando il sistema ( ( x = 45 x + 53 y − 2 x = 3y − 10 f (x, y) = (x, y) ⇒ ⇒ 3 4 y = 5x − 5y + 1 9y = 9y − 25 non otteniamo soluzioni. Esercizio 2.32. i punti del piano A = (0, 0), B = (2t, 0), C = (0, 1) e A′ = (2, 2), B ′ = Si considerino √ √ 2 + 3, 3 , C ′ = 23 , 2 + 23 . a) Per quali valori di t esiste un’isometria diretta che trasforma i punti A, B, C nei punti A′ , B ′ , C ′ rispettivamente? b) Per i valori di t determinati al punto precedente, trovare le equazioni dell’isometria. c) Stabilire se l’isometria f in b) ha dei punti fissi, cio`e tali che f (P ) = P .
Soluzione:
46
2. RETTE E PIANI
a) Un’isometria conserva le distanze, quindi: |AB| = |A′ B ′ | ⇒ |2t| = 2 ⇒ t = ±1
|AC| = |A′ C ′ | ⇒ 1 = 1 p √ 4t2 + 1 = 5 ⇒ t = ±1 |BC| = |B ′ C ′ | ⇒
Di conseguenza perch´e esista un’isometria deve essere t = ±1. Inoltre rappresentando i punti si vede che l’isometria `e diretta per t > 0, quindi esiste un’isometria diretta che trasforma i punti A, B, C nei punti A′ , B ′ , C ′ rispettivamente, per t = 1. In alternativa per rispondere alla domanda a) si poteva impostare il sistema relativo alla generica isometria diretta: f (A) = A f (B) = B f (C) = C 2 c + s2 = 1
b) Sia
( x′ = cx − sy + a y ′ = sx + cy + b
la generica isometria diretta. Imponendo le condizioni f (A) = A′ e f (C) = C ′ (con t = 1) otteniamo il sistema 2=a a=2 2 = b b = 2 ⇒ 3 s = 12 −s + a 2 =√ √ 3 c = 23 2+ 2 =c+b
Quindi l’isometria f cercata `e
√ ′ x = 3 x − 1 y + 2 2 √2 y ′ = 1 x + 3 y + 2 2 2 Notiamo che si tratta di una rotazione antioraria pari ad un angolo di 30◦ . c) Imponendo al generico punto P (x, y) la condizione P ′ = f (P ) = P otteniamo il sistema ( ( ( √ √ √ y = 4 − (2 − 3)x (2 − 3)x + y = 4 x = 23 x −√ 12 y + 2 √ √ √ ⇒ ⇒ −x + (2 − 3)y = 4 −x + 4(2 − 3) − (2 − 3)2 x = 4 y = 21 x + 23 y + 2 ( √ x = −1 − 3 √ ⇒ y =3+ 3 √ √ Infine il punto fisso dell’isometria (centro di rotazione) `e P (−1 − 3, 3 + 3).
CAPITOLO 3
Gruppi, spazi e sottospazi vettoriali Esercizio 3.1. Dimostrare che l’insieme a 0 | a, b ∈ R, a, b 6= 0 G= 0 b forma un gruppo rispetto al prodotto tra matrici. Esercizio 3.2. Sia R[x] l’insieme dei polinomi a coefficienti in R. • Verificare che R[x] `e un gruppo rispetto alla somma di polinomi. • Verificare che R[x] non `e un gruppo rispetto al prodotto di polinomi. Esercizio 3.3. L’insieme S = v = (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 | x1 + x2 + x3 = 0
`e un sottospazio di R3 ? Perch`e?
Esercizio 3.4. Ripetere lesercizio precedente con l’insieme S = v = (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 | x1 + x2 + x3 = 1
Esercizio 3.5. Verificare che l’insieme delle matrici 2 × 2 a coefficienti in R `e uno spazio vettoriale. Esercizio 3.6. Verificare che l’insieme Rn [x] `e un sottospazio dello spazio vettoriale R[x]. Esercizio 3.7. Sia S l’insieme delle a11 S= 0 0
matrici 3 × 3 triangolari superiori: a12 a13 a22 a23 | aij ∈ R, i, j = 1, 2, 3 0 a33
Verificare che S `e un sottospazio dello spazio vettoriale delle matrici 3 × 3. Esercizio 3.8. Sia G l’insieme di polinomi G = ax2 + a | a ∈ Z intero relativo
a) Mostrare che G `e un gruppo rispetto alla somma di polinomi. b) Dire se G `e un sottospazio vettoriale dello spazio R[x], motivando la risposta.
Esercizio 3.9. Si consideri il seguente insieme a b | a, b, c ∈ R I= 0 c a) Si verifichi che I `e chiuso rispetto al prodotto e alla somma di matrici, ovvero che presi due elementi di I anche il loro prodotto e la loro somma sono elementi di I. b) L’insieme I forma un gruppo rispetto alla somma di matrici? c) Verificare che I non forma un gruppo rispetto al prodotto tra matrici. d) L’insieme a b | a, b, c ∈ N J= 0 c forma un gruppo rispetto alla somma di matrici? ——————————————————————————————————————————————-
47
48
3. GRUPPI, SPAZI E SOTTOSPAZI VETTORIALI
1. Suggerimenti • Gruppo. Un insieme G forma un gruppo rispetto a una sua operazione ◦ se (1) L’operazione gode della propriet` a associativa, (2) G `e chiuso rispetto a ◦, ovvero x◦y ∈ G
(3) Esiste l’elemento neutro e, tale che:
∀x, y ∈ G,
x◦e=e◦x=x
(4) Esiste l’inverso (o opposto) di ogni elemento:
∀x ∈ G,
∀x ∈ G, ∃ x−1 ∈ G
t.c.
x ◦ x−1 = e.
∀x ∈ G, ∃ − x ∈ G
t.c.
x ◦ (−x) = e.
In notazione additiva:
• Spazio vettoriale. Uno spazio vettoriale V `e un insieme dotato di due operazioni: la somma interna e il prodotto per scalari, e che gode delle seguenti propriet` a: (1) V `e gruppo commutativo rispetto alla somma, quindi – V ´e chiuso rispetto alla somma. – L’elemento neutro 0 appartiene a V . – Esiste l’opposto −v di ogni elemento v ∈ V . – La somma ´e commutativa. (2) Il prodotto per scalari gode delle seguenti propriet` a: – (k1 + k2 )u = k1 u + k2 u qualsiasi ki ∈ R e qualsiasi u ∈ V , – k(u + v) = ku + kv qualsiasi k ∈ R e qualsiasi u, v ∈ V , – (k1 k2 )v = k1 (k2 v) qualsiasi ki ∈ R e qualsiasi u ∈ V – 1u = u qualsiasi u ∈ V . • Sottospazio vettoriale. Un sottinsieme S di uno spazio vettoriale V `e un sottospazio vettoriale se in S valgono le seguenti propriet´ a (1) Se u, v ∈ S, allora u + v ∈ S. (2) Se u ∈ S e λ ∈ R, allora λu ∈ S. Notiamo che S ´e un spazio vettoriale e le propriet´ a precedenti, unite a quelle ereditate da V , implicano tutte le propriet´ a di spazio vettoriale. In particolare S contiene lo 0 e l’opposto di ogni suo elemento. ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 3.1. Dimostrare che l’insieme a 0 | a, b ∈ R, a, b 6= 0 G= 0 b
forma un gruppo rispetto al prodotto tra matrici.
Soluzione: Consideriamo il nostro insieme G e verifichiamo che gode delle propriet´ a di gruppo: (1) Il prodotto tra elementi di G gode della propriet` a associativa perch`e in generale il prodotto tra matrici `e associativo. (2) Per dimostrare la chiusura consideriamo due generici elementi A1 e A2 di G e verifichiamo che il loro prodotto `e ancora un elemento di G: a1 0 a2 0 a1 a2 0 · = 0 b1 0 b2 0 b1 b2 Notiamo che, essendo ai 6= 0 e bi 6= 0, anche a1 a2 6= 0 e b1 b2 6= 0. Di conseguenza A1 A2 ∈ G. (3) L’elemento 1 0 I= 0 1 che `e in generale elemento neutro per il prodotto tra matrici, appartiene a G.
2. SOLUZIONI
49
(4) Verifichiamo che qualsiasi sia l’elemento A di G esiste il suo inverso in G. Come suggerisce il punto 2, verifichiamo che 1 1 a 0 0 0 a 0 a a = · =I · 0 b 0 b 0 1b 0 1b Inoltre, poich`e a, b 6= 0 ha senso definire a1 , 1b . Infine l’elemento 1 0 a 0 1b
appartiene a G.
Esercizio 3.2. Sia R[x] l’insieme dei polinomi (in una variabile) a coefficienti in R. • Verificare che R[x] `e un gruppo rispetto alla somma di polinomi. • Verificare che R[x] non `e un gruppo rispetto al prodotto di polinomi. Soluzione: • Consideriamo l’insieme R[x] con la somma. (1) La somma di polinomi gode della propriet` a associativa. (2) La somma di due polinomi `e ancora un polinomio. (3) Esiste l’elemento 0 ∈ R[x], cio`e il polinomio con tutti coefficienti nulli, tale che: p(x) + 0 = 0 + p(x) = p(x)
(4) Qualsiasi sia esiste l’elemento
∀ p(x) ∈ R[x]
p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn ∈ R[x]
q(x) = −a0 + (−a1 )x + · · · + (−an )xn ∈ R[x]
tale che p(x) + q(x) = 0
• Consideriamo l’insieme R[x] con il prodotto. E’ sufficiente dimostrare che non verifica una delle propriet` a dei gruppi. Notiamo che l’elemento neutro rispetto al prodotto `e p(x) = 1, e che , per esempio, l’elemento f (x) = x non ammette inverso. Infatti, non esiste p(x) ∈ R[x] tale che x · p(x) = 1
Esercizio 3.3. L’insieme
S = v = (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 | x1 + x2 + x3 = 0
`e un sottospazio di R3 ? Perch`e?
Soluzione: Verifichiamo le due propriet` a dei sottospazi per il nostro insieme S (1) Presi u = (x1 , x2 , x3 ), v = (y1 , y2 , y3 ) ∈ S abbiamo che u + v = (x1 + y1 , x2 + y2 , x3 + y3 )
e (x1 + y1 ) + (x2 + y2 ) + (x3 + y3 ) = (x1 + x2 + x3 ) + (y1 + y2 + y3 ) = 0 Quindi u + v ∈ S. (2) Qualsiasi sia u = (x1 , x2 , x3 ) ∈ S e λ ∈ R abbiamo che λu = (λx1 , λx2 , λx3 )
e λx1 + λx2 + λx3 = λ(x1 + x2 + x3 ) = 0 Quindi λu ∈ S. Abbiamo cos´ı dimostrato che S `e sottospazio di R3 .
50
3. GRUPPI, SPAZI E SOTTOSPAZI VETTORIALI
Esercizio 3.4. Ripetere lesercizio precedente con l’insieme S = v = (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 | x1 + x2 + x3 = 1 Soluzione: In questo caso S non `e sottospazio di R3 infatti non gode di nessuna delle due propriet` a necessarie. Per esempio non `e chiuso rispetto alla somma: (1, 0, 0), (0, 1, 0) ∈ S, ma (1, 0, 0) + (0, 1, 0) 6∈ S
Notiamo che per dimostrare che una propriet` a non `e vera basta fornire un controesempio. Esercizio 3.5. Verificare che l’insieme delle matrici 2 × 2 a coefficienti in R `e uno spazio vettoriale. Soluzione: Verifichiamo le operazioni di spazio vettoriale per l’insieme V : (1) Verifichiamo che M2×2 `e un gruppo commutativo rispetto alla somma: • La somma di matrici gode della propriet` a associativa. • La somma di due matrici 2 × 2 `e ancora una matrice 2 × 2. • L’elemento 0 0 O= 0 0 `e tale che M + O = O + M = M per ogni matrice M 2 × 2. • Qualsiasi sia la matrice a a12 A = 11 a21 a22 esiste la matrice
−a11 B= −a21
tale che A + B = B + A = O. • La somma di matrici `e commutativa: a + b11 A + B = 11 a21 + b21
−a12 −a22
a12 + b12 =B+A a22 + b2
(2) Il prodotto per elementi di R `e tale che • (k1 + k2 )M = k1 M + k2 M qualsiasi ki ∈ R e qualsiasi sia la matrice M , • k(M1 + M2 ) = kM1 + kM2 qualsiasi k ∈ R e qualsiasi siano le matrici Mi , • (k1 k2 )M = k1 (k2 M ) qualsiasi ki ∈ R e qualsiasi sia la matrice M , • 1M = M qualsiasi sia la matrice M . Notiamo che la verifica formale di tutte le propriet` a `e molto semplice, ma lunga. Notiamo anche come le domande Verificare che l’insieme S `e uno spazio vettoriale e Verificare che l’insieme S `e un sottospazio vettoriale dello spazio V appaiono simili, ma implicano una quantit`a di controlli notevolmente differenti. Nel secondo caso possiamo infatti sfruttare tutte le propriet` a di V che continuano ovviamente a valere in S. Esercizio 3.6. Verificare che l’insieme Rn [x] `e un sottospazio dello spazio vettoriale R[x]. Soluzione: Verifichiamo le due propriet` a richieste ai sotospazi: (1) Siano f (x), g(x) due elementi di Rn [x]: f (x) = a0 + a1 x + a2 x2 + · · · + an xn , 2
Di conseguenza
n
g(x) = b0 + b1 x + b2 x + · · · + bn x ,
ai ∈ R
bi ∈ R
f (x) + g(x) = (a0 + b0 ) + (a1 + b1 )x + · · · + (an + bn )xn ,
a i , bi ∈ R
2. SOLUZIONI
51
e f (x) + g(x) ∈ Rn [x]. (2) Sia f (x) ∈ Rn [x] e λ ∈ R, allora
λf (x) = λa0 + λa1 x + λa2 x2 + · · · + λan xn ,
λai ∈ R
Quindi λf (x) ∈ Rn [x].
Esercizio 3.7. Sia S l’insieme delle a11 S= 0 0
matrici 3 × 3 triangolari superiori: a12 a13 a22 a23 | aij ∈ R, i, j = 1, 2, 3 0 a33
Verificare che S `e un sottospazio dello spazio vettoriale delle matrici 3 × 3. Soluzione: (1) Siano A, B ∈ S, allora
b11 b12 b13 a11 a12 a13 A + B = 0 a22 a23 + 0 b22 b23 0 0 b33 0 0 a33 a11 + b11 a12 + b12 a13 + b13 0 a22 + b22 a23 + b23 ∈ S = 0 0 a33 + b33
(2) Qualsiasi sia A ∈ S e k ∈ R:
Quindi S `e sottospazio di M3×3 .
ka11 kA = 0 0
ka12 ka22 0
ka13 ka23 ∈ S ka33
Esercizio 3.8. Sia G l’insieme di polinomi G = ax2 + a | a ∈ Z intero relativo
a) Mostrare che G `e un gruppo rispetto alla somma di polinomi. b) Dire se G `e un sottospazio vettoriale dello spazio R[x], motivando la risposta.
Soluzione: a) Un insieme G ´e un gruppo rispetto a una operazione + se: (1) L’operazione `e interna, ovvero G `e chiuso rispetto a +. In questo caso presi due elementi di G: p1 (x) = ax2 + a,
p2 (x) = bx2 + b,
con a, b ∈ Z
allora anche la loro somma p1 (x) + p2 (x) appappartiene a G. Infatti p1 (x) + p2 (x) = (a + b)x2 + (a + b) = cx2 + c dove c = a + b ∈ Z. (2) L’operazione gode della propriet` a associativa. Infatti la somma di polinomi gode in generale della propriet` a associativa, quindi anche la somma di elementi di G `e associativa. (3) Esiste l’elemento neutro 0 appartenente a G. Infatti 0 = 0x2 + 0 ∈ G e 0 + ax2 + a = ax2 + a + 0 = ax2 + a
(4) Esiste l’opposto di ogni elemento. Infatti dato ax2 +a ∈ G esiste l’elemento −ax2 +(−a) ∈ G tale che ax2 + a + −ax2 + (−a) = −a + (−a)x2 + ax2 + a = 0
b) L’ insieme G `e un sottospazio dello spazio vettoriale R[x] se: (1) G `e chiuso rispetto alla somma. Tale propriet` a `e gi` a stata verificata al punto precedente.
52
3. GRUPPI, SPAZI E SOTTOSPAZI VETTORIALI
(2) G `e chiuso rispetto al prodotto per scalari. Notiamo che il campo degli scalari di R[x] `e R (notiamo anche che Z non `e un campo!), quindi G non `e chiuso rispetto al prodotto per scalari. Infatti per esempio x2 + 1 ∈ G, 12 ∈ R, ma
1 1 1 · (x2 + 1) = x2 + 6∈ G 2 2 2 Di conseguenza G non `e un sottospazio vettoriale di R[x]
Esercizio 3.9. Si consideri il seguente insieme a b | a, b, c ∈ R I= 0 c
a) Si verifichi che I `e chiuso rispetto al prodotto e alla somma di matrici, ovvero che presi due elementi di I anche il loro prodotto e la loro somma sono elementi di I. b) L’insieme I forma un gruppo rispetto alla somma di matrici? c) Verificare che I non forma un gruppo rispetto al prodotto tra matrici. d) L’insieme a b J= | a, b, c ∈ N 0 c forma un gruppo rispetto alla somma di matrici?
Soluzione: a) Siano
a A= 0
b c
x B= 0
y z
due generici elementi di I. Dobbiamo verificare che A + B e AB sono ancora elementi di I: a b x y a+x b+y A+B = + = ∈I 0 c 0 z 0 c+z ax ay + bz AB = ∈I 0 cz
b) I `e un gruppo rispetto alla somma, infatti verifica le quattro proprit`a: (1) Propriet`a associativa. La somma tra matrice gode in generale di tale propriet` a, quindi in particolare ne godono gli elementi di I. (2) Chiusura. Abbiamo appena dimostrato che I `e chiuso rispetto alla somma. (3) Elemento neutro. La matrice nulla appartiene all’insieme I. (4) Opposto. Presa una qualsiasi matrice a b ∈I A= 0 c esiste la matrice
−a B= 0
−b ∈I −c
tale che A + B = 0. c) Le prima tre propriet` a di gruppo rispetto al prodotto sono verificate dall’insieme I, quindi il problema deve venire dall’esistenza dell’inverso. E’ quindi sufficiente dimostrare che esiste almeno una matrice in I che non ammette inverso. In particolare la matrice nulla 0 0 O= ∈I 0 0
e qualsiasi sia la matrice A, AO = OA = O. Di conseguenza O non pu` o ammettere inversa. d) Anche per l’insieme J non `e verificata la propriet` a di esistenza dell’opposto. Per esempio l’opposto della matrice 1 0 ∈I A= 0 0 `e la matrice
−1 0
0 0
2. SOLUZIONI
che per` o non appartiene a J (in quanto −1 6∈ N).
53
CAPITOLO 4
La riduzione a gradini e i sistemi lineari (senza il concetto di rango) Esercizio 4.1. Risolvere il seguente sistema non omogeneo: 2x + 4y + 4z = 4 x−z =1 −x + 3y + 4z = 3
Esercizio 4.2. Risolvere il seguente sistema omogeneo: x + 2y + w = 0 2x + 5y + 4z + 4w = 0 3x + 5y − 6z + 4w = 0.
Scrivere le soluzioni anche in forma vettoriale.
Esercizio 4.3. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2 kx + ky + k z = 4 x + y + kz =k x + 2y + 3z = 2k
a) Si dica per quali valori del parametro reale k il sistema `e compatibile. b) Esistono valori di k per i quali il sistema ha infinite soluzioni? In tali casi determinare le soluzioni.
Esercizio 4.4. Risolvere il seguente sistema, al variare del parametro reale k: x + 2w = 1 x + y + 3z + 2w = 1 2x + y + (k + 2)z + 4w = 2 x + y + 3z + (k 2 − k + 2)w = k
Scrivere le soluzioni anche in forma vettoriale.
Esercizio 4.5. Si risolva il seguente sistema di equazioni lineari: =1 x + y + 2z (k + 2)x + 2y + 4z =2 (1 + 2k)x + 3y + 2z = 1 + 2k
al variare del parametro reale k.
Esercizio 4.6. Determinare per quali valori del parametro reale t il sistema Ax = b `e compatibile (cio`e ammette soluzione). In tali casi determinare esplicitamente le soluzioni. 2 −1 3 0 −1 b = 1 A= 1 2 5 0 0 2t + 1 55
56
4. LA RIDUZIONE A GRADINI E I SISTEMI LINEARI (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Esercizio 4.7. Si dica per quali valori di k il sistema di equazioni lineari: x + y = 1 kx + y + z = 1 − k (k parametro reale) y + (1 − k)z = 1
ammette un’unica soluzione. In tale caso trovare la soluzione.
Esercizio 4.8. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2x1 − x2 = k (k parametro reale) x1 − x2 − x3 = 0 x1 − kx2 + kx3 = k
a) Si dica per quali valori di k il sistema `e compatibile e quando ha infinite soluzioni. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
Esercizio 4.9. Sia
S = (x, y, z) ∈ R3 | x + y + (k + 1)z = k,
2x + y + z = 0
a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per i valori di k trovati al punto precedente esplicitare S.
Esercizio 4.10. Sia S = (x, y, z) ∈ R3 | x − 2y + kz = k − 1, x − 2y + z = 0, −2x + 4ky − 2z = 0 a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per i valori di k trovati al punto precedente esplicitare S.
Esercizio 4.11. Sia S il sottoinsieme di R5 S = x ∈ R5 | x1 − x2 + 2x5 = k, x1 + x3 + kx4 = 0 .
a) Per quali valori del parametro reale k l’insieme S `e un sottospazio vettoriale di R5 ? b) Per i valori determinati al punto a) esplicitare S.
——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti • A ogni sistema lineare associamo la matrice formata dai coefficienti delle incognite e dei termini noti. I termini noti vengono separati da un tratteggio. 2 2 4 | 4 2x + 2y + 4z = 4 ⇒ 1 0 −1 | 1 x−z =1 −1 3 4 | 0 −x + 3y + 4z = 0
• Utilizzeremo il metodo di Gauss o di Riduzione a gradini. Lo scopo `e di ottenere una matrice in cui sotto il primo termine non nullo di ogni riga si trovano tutti 0. Tale termine `e detto pivot. ⋆ ⋆ ⋆ | ⋆ 0 ⋆ ⋆ | ⋆ 0 0 ⋆ | ⋆
Una volta che la matrice `e stata ridotta ritorniamo al sistema, ormai di immediata soluzione. • Il procedimento consiste nel trasformare il sistema in un sistema equivalente (cio`e con le stesse soluzioni) mediante le seguenti operazioni lecite: – Scambio di due righe della matrice. II 1 0 −1 | 1 2 2 4 | 4 1 0 −1 | 1 ⇒ I 2 2 4 | 4 −1 3 4 | 0 −1 3 4 | 0
2. SOLUZIONI
57
– Scambio di due colonne della matrice. In tale caso si scambia la posizione di due incognite. Al termine della riduzione, quando si ritorna al sistema, `e quindi necessario ricordare lo scambio delle incognite. – Sostituzione di una riga con un suo multiplo non nullo. 1/2I 1 1 2 | 2 2 2 4 | 4 1 0 −1 | 1 1 0 −1 | 1 ⇒ −1 3 4 | 0 −1 3 4 | 0 – Sostituzione di una riga con 2 2 4 | 1 0 −1 | −1 3 4 |
la sua somma con un’altra riga. 4 2 2 4 | 1 0 −1 | 1 ⇒ III + II 0 3 3 | 0
4 1 1
– Le ultime due operazioni vengono generalmente utilizzate contemporaneamente, sostituendo una riga con una sua combinazione linare con un’altra riga, prestando attenzione ad alcune situazioni. 2 2 4 | 4 2 2 4 | 4 1 0 −1 | 1 ⇒ 2II − I 0 −2 −6 | −2 −1 3 4 | 0 III + II 0 3 3 | 1 Per evitare errori `e necessario badare che: ∗ Se sto sostituendo l’n-esima riga con una sua combinazione lineare con un’altra riga, il coefficiente per cui viene moltiplicata l’n-esima riga deve essere non nullo. Ad esempio: k 1 | 2 k 1 | 2 `e lecita solo se k 6= 0 ⇒ kII − 2I 0 3k − 2 | k − 4 2 3 | 1 2 3 | 1 2 3 | 1 `e sempre lecita ⇒ 2II − kI 0 2 − 3k | 4 − k k 1 | 2
Per questo diremo che `e conveniente spostare i parametri verso il basso. ∗ Per non correre il rischio di effettuare due volte la stessa operazione, utilizzeremo per modificare una riga solo le righe che la precedono. Quindi · La prima riga pu` o essere sostituita solo con un suo multiplo, · La seconda riga pu` o essere sostituita con una sua combinazione lineare con la prima, · La terza riga pu` o essere sostituita con una sua combinazione lineare con la prima o con la seconda. · ... • Esempi di riduzione a gradini si possono vedere nei successivi capitoli. • Le soluzioni di un sistema lineare formano uno spazio vettoriale se e solo se il sistema `e omogeneo. • Molti esercizi possono risolti in maniera leggermente diversa utilizzando il teorema di Rouch´eCapelli e il concetto di rango. A tale scopo si veda il Capitolo 7. ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 4.1. Risolvere il seguente sistema non omogeneo: 2x + 4y + 4z = 4 x−z =1 −x + 3y + 4z = 2
Soluzione: A ogni sistema lineare associamo la matrice A|b, dove A `e la matrice formata dai coefficienti delle incognite e b `e la matrice dei termini noti. I termini noti vengono separati da un tratteggio. 2 4 4 | 4 2x + 4y + 4z = 4 ⇒ 1 0 −1 | 1 x−z =1 −1 3 4 | 2 −x + 3y + 4z = 2
58
4. LA RIDUZIONE A GRADINI E I SISTEMI LINEARI (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Utilizzeremo il metodo di Gauss o di Riduzione a gradini. Lo scopo `e di ottenere una matrice in cui sotto il primo termine non nullo di ogni riga si trovano tutti 0. Tale termine `e detto pivot. ⋆ ⋆ ⋆ | ⋆ 0 ⋆ ⋆ | ⋆ 0 0 ⋆ | ⋆ Una volta che la matrice `e stata ridotta ritorniamo al sistema, ormai di immediata soluzione. Il procedimento consiste nel trasformare il sistema in un sistema equivalente (cio`e con le stesse soluzioni) mediante le seguenti operazioni lecite: • Scambio di due righe della matrice. I III II ⇒ II III I • Sostituzione di una riga con un suo multiplo non nullo. I I II ⇒ aII , a 6= 0 III III
• Sostituzione di una riga con la sua somma con un’altra riga. I I II ⇒ II + I III III
• Le ultime due operazioni vengono generalmente utilizzate contemporaneamente, sostituendo una riga con una sua combinazione lineare con un’altra riga, prestando attenzione ad alcune situazioni che vedremo esplicitamente negli esercizi. I I II ⇒ aII + bI , a 6= 0 III III
Notiamo in particolare la condizione a 6= 0, mentre non c’`e nessuna condizione sul coefficiente b. In sostanza `e necessario che il coefficiente della riga che stiamo sostituendo sia non nullo (in questo caso la seconda). • Scambio di due colonne della matrice. In tale caso si scambia la posizione di due incognite. Al termine della riduzione, quando si ritorna al sistema, `e quindi necessario ricordare lo scambio delle incognite. Per tale ragione useremo questo scambio solo se realmente conveniente. Procediamo ora alla riduzione. Notiamo che la prima riga `e l’unica che rimarr` a invariata nella riduzione. Inoltre `e la pi` u utilizzata nelle operazioni di riduzione. Per queste ragioni `e generalmente conveniente avere come prima riga quella pi` u semplice (cio`e con pi` u zeri e senza parametri nel caso di sistemi parametrici). 1 0 −1 | 1 1 0 −1 | 1 II 1 0 −1 | 1 I 2 4 4 | 4 ⇒ 1/2II 1 2 2 | 2 ⇒ II − I 0 2 3 | 1 III + I 0 3 3 | 3 −1 3 4 | 2 −1 3 4 | 2 1 0 −1 | 1 1 0 −1 | 1 0 2 3 | 1 0 2 3 | 1 ⇒ ⇒ 2III − II 0 0 −1 | 1 1/3III 0 1 1 | 1 A questo punto la matrice `e ridotta a gradini, possiamo quindi ritornare al sistema: x − z = 1 x = 0 2y + 3z = 1 ⇒ y = 2 −z = 1 z = −1
Notiamo che per non correre il rischio di effettuare due volte la stessa operazione abbiamo utilizzato per modificare una riga solo le combinazioni lineari con le righe che la precedono. Seguiremo in generale questo principio, quindi, a parte gli scambi di righe, • La prima riga pu` o essere sostituita solo con un suo multiplo, • La seconda riga pu` o essere sostituita con una sua combinazione lineare con la prima, • La terza riga pu` o essere sostituita con una sua combinazione lineare con la prima o con la seconda. • ...
2. SOLUZIONI
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Esercizio 4.2. Risolvere il seguente sistema omogeneo: x + 2y + w = 0 2x + 5y + 4z + 4w = 0 3x + 5y − 6z + 4w = 0.
Scrivere le soluzioni anche in forma vettoriale.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice associata al sistema: 1 2 0 1 | 0 1 2 2 5 4 4 | 0 ⇒ II − 2I 0 1 3 5 −6 4 | 0 III − 3I 0 −1 1 2 0 1 | 0 0 1 4 2 | 0 ⇒ III + II 0 0 −2 3 | 0 Torniamo ora al sistema:
x + 2y + w = 0 y + 4z + 2w = 0 −2z + 3w = 0
x = 15t y = −8t ⇒ 3 z= t 2 w=t
0 1 4 2 −6 1
| | |
0 0 0
∀t ∈ R
L’insieme delle soluzioni scritte in forma vettoriale `e quindi dato da 3 S = (x, y, z, w) = 15, −8, , 1 · t | t ∈ R 2 Notiamo che, come accade sempre per le soluzioni di un sistema omogeneo, l’insieme S `e uno spazio vettoriale (sottospazio di R4 in questo caso). Esercizio 4.3. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2 kx + ky + k z = 4 x + y + kz =k x + 2y + 3z = 2k
a) Si dica per quali valori del parametro reale k il sistema `e compatibile. b) Esistono valori di k per i quali il sistema ha infinite soluzioni? In tali casi determinare le soluzioni.
Soluzione: Consideriamo la matrice associata al sistema: k k k2 1 1 k 1 2 3
| | |
4 k 2k
Per rispondere a entrambe le domande riduciamo la matrice a gradini. Per ridurre la matrice a gradini scambiamo la prima e la terza riga. Lo scopo di questa operazione `e spostare i parametri verso il basso. ——————————————————————————————————————————————Se cos`ı non facessimo nella riduzione a gradini dovremmo necessariamente procedere nel seguente modo: k k k2 | 4 kII − I 0 0 0 | k 2 − 4 III − II 0 1 3 − k | k
Il sistema cos`ı ottenuto non `e per` o equivalente a quello iniziale nel caso k = 0. Infatti per k = 0 abbiamo sostituito la seconda riga con la prima riga cambiata di segno, operazione non lecita. Nelle regole date
60
4. LA RIDUZIONE A GRADINI E I SISTEMI LINEARI (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
inizialmente sulla sostituzione di una riga con una sua combinazione lineare con un’altra riga: I I II ⇒ aII + bI III III
era infatti richiesta la condizione a 6= 0 (notiamo invece che non c’`e nessuna richiesta sul valore di b). Procedendo in questo modo dovremmo poi considerare il caso k = 0 separatamente, riprendendo la matrice precedente all’operazione non lecita. ——————————————————————————————————————————————-
Effettuiamo invece con III 1 1 I k
lo scambio delle righe: 2 3 | 2k 1 2 1 k | k ⇒ II − I 0 −1 k k2 | 4 III − kII 0 0
3 | k−3 | 0 |
2k −k 4 − k2
Notiamo che in questo caso l’operazione `e lecita anche per k = 0 (quando in pratica lasciamo la terza riga invariata). a) L’ultima equazione del sistema `e 0 = 4 − k 2 che non risulta impossibile solo se 4 − k 2 = 0, ovvero k = ±2. In tali casi il sistema ammette soluzione. Quindi il sistema `e compatibile se k = ±2. b) Consideriamo separatamente i casi k = ±2. – Per k = 2 otteniamo un sistema compatibile di due equazioni in tre incognite che ammette quindi infinite soluzioni: ( x = −t x + 2y + 3z = 4 ⇒ y = −t + 2 ∀t ∈ R −y − z = −2 z=t – Per k = −2 otteniamo un sistema compatibile di due equazioni in tre incognite che ammette quindi infinite soluzioni: ( x = 7t x + 2y + 3z = −4 ⇒ y = −5t − 2 ∀t ∈ R −y − 5z = 2 z=t
Notiamo che le cose potevano essere affrontate in maniera leggermente differente utilizzando il concetto di rango e il teorema di Rouch`e-Capelli. Esercizio 4.4. Risolvere il seguente sistema, al variare del parametro reale k: x + 2w = 1 x + y + 3z + 2w = 1 2x + y + (k + 2)z + 4w = 2 x + y + 3z + (k 2 − k + 2)w = k
Scrivere le soluzioni anche in forma vettoriale.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice associata al sistema 1 0 0 2 | 1 1 1 1 0 II − I 3 2 | 1 ⇒ 2 1 k + 2 III − 2I 0 4 | 2 IV − II 0 1 1 3 k2 − k + 2 | k 1 0 0 2 | 1 0 1 3 0 | 0 ⇒ 0 | 0 III − II 0 0 k − 1 0 0 0 k2 − k | k − 1
0 0 1 3 1 k+2 0 0
2 0 0 k2 − k
| | | |
1 0 0 k−1
2. SOLUZIONI
61
In conclusione abbiamo ottenuto il sistema equivalente x + 2w = 1 y + 3z = 0 (k − 1)z = 0 k(k − 1)w = k − 1 Dobbiamo ora discutere il parametro.
• Se k(k − 1) 6= 0, cio`e se k 6= 0, k 6= 1 allora dall’ultima equazione possiamo ricavare il valore della w. Analogamente se k 6= 1 dalla terza equazione possiamo ricavare il valore della z. Quindi per k 6= 0, k 6= 1 otteniamo le seguenti soluzioni x = k−2 k y = 0 z = 0 w = k1 Di conseguenza se k 6= 0, k 6= 1 il sistema ammette una unica soluzione: k−2 1 (x, y, z, w) = . , 0, 0, k k
• Se invece k = 0 otteniamo il seguente sistema x + 2w = 1 y + 3z = 0 −z = 0 0 = −1
Poich´e l’ultima equazione `e impossibile, per k = 0 il sistema non ha soluzioni. • Infine se k = 1 otteniamo il seguente sistema x + 2w = 1 y + 3z = 0 0=0 0=0
In questo caso abbiamo due sole equazioni (significative) e 4 incognite. Dobbiamo quindi introdurre 2 parametri: x = 1 − 2t y = −3s ∀s, t ∈ R z=s w=t
Di conseguenza se k = 1 le soluzioni del sistema sono date dall’insieme S = {(x, y, z, w) = (−2t + 1, −3s, s, t) | s, t ∈ R}
= {(−2, 0, 0, 1) · t + (0, −3, 1, 0) · s + (1, 0, 0, 0) | s, t ∈ R} .
In questo caso otteniamo perci` o infinite soluzioni (e neanche in questo caso S `e uno spazio vettoriale! Infatti non sono soluzioni di un sistema omogeneo) Esercizio 4.5. Si risolva il seguente sistema di equazioni lineari: =1 x + y + 2z (k + 2)x + 2y + 4z =2 (1 + 2k)x + 3y + 2z = 1 + 2k
al variare del parametro reale k.
62
4. LA RIDUZIONE A GRADINI E I SISTEMI LINEARI (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Soluzione: Consideriamo la matrice associata al sistema: 1 1 2 k+2 2 4 1 + 2k 3 2
| | |
1 2 1 + 2k
Poich`e la prima colonna contiene il parametro k la scambiamo con la terza colonna (scambiando cos`ı la posizione dell’incognita x con quella dell’incognita z): 2 1 1 | 1 4 2 k + 2 | 2 2 3 2k + 1 | 1 + 2k Riduciamo ora la matrice a gradini: 2 1 1 II − 2I 0 0 k III − I 0 2 2k
1 2 1 0 ⇒ III 0 2 2k II 0 0
| | |
Tornando al sistema e ricordando lo scambio di x e z otteniamo: 2z + y + x = 1 2y + 2kx = 2k kx = 0 Dobbiamo ora distinguere due casi • Se k 6= 0 otteniamo
• Se k = 0 invece
1 2k k
| | |
1 2k 0
1−k z = 2 y=k x=0
2z + y + x = 1 2y = 0 0=0
x = 1 − 2t ⇒ y=0 z=t
∀t ∈ R
Esercizio 4.6. Determinare per quali valori del parametro reale t il sistema Ax = b `e compatibile (cio`e ammette soluzione). In tali casi determinare esplicitamente le soluzioni. −1 3 0 2 −1 A= 1 2 b = 1 0 0 2t + 1 5 Soluzione: Sia x = [x1 , x2 , x3 ]T e calcoliamo Ax:
−x1 + 3x2 Ax = x1 + 2x2 − x3 (2t + 1)x3
L’equazione Ax = b si traduce quindi nel sistema −x1 + 3x2 = 2 x1 + 2x2 − x3 = 1 (2t + 1)x3 = 5
La matrice associata a tale sistema `e quindi formata matrice b come matrice dei termini noti: −1 −1 3 0 | 2 1 2 −1 | 1 ⇒ II + I 0 0 0 0 2t + 1 | 5
dalla matrice A come matrice dei coefficienti e dalla 3 0 5 −1 0 2t + 1
| | |
2 −x1 + 3x2 = 2 3 ⇒ 5x2 − x3 = 3 5 (2t + 1)x3 = 5
2. SOLUZIONI
63
Si tratta quindi di distinguere due casi. 1 • Se t 6= − allora dall’ultima equazione possiamo ricavare x3 ottenendo quindi una unica soluzione: 2 −2t + 14 x1 = 5(2t + 1) 6t + 8 x2 = 5(2t + 1) 5 x 3 = 2t + 1 1 • Se t = − , invece l’ultima equazione diventa 2 0=5 Quindi l’equazione `e impossibile e il sistema non `e compatibile. Notiamo che le cose potevano essere affrontate in maniera leggermente differente utilizzando il concetto di rango e il teorema di Rouch`e-Capelli. Esercizio 4.7. Si dica per quali valori di k il sistema di equazioni lineari: x + y = 1 kx + y + z = 1 − k (k parametro reale) y + (1 − k)z = 1
ammette un’unica soluzione. In tale caso trovare la soluzione.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice associata a tale sistema 1 1 0 | 1 1 1 0 | 1 k 1 1 | 1 − 2k ⇒ 1 | 1 − k ⇒ II − kI 0 1 − k 0 1 1−k | 1 0 1 1−k | 1 1 1 0 | 1 1 1 0 0 1 III 0 1 1−k | 1 ⇒ 1−k II 0 1 − k III + (k − 1)II 0 0 −k 2 + 2k 1 | 1 − 2k x + y = 1 y − (k − 1)z = 1 −k(k − 2)z = −k
| | |
1 1 −k
Dobbiamo ora discutere i valori del parametro distinguendo tre casi: • Se k 6= 0, 2 otteniamo k−1 x = − k−2 y = 2k−3 k−2 1 z = k−2 quindi il sistema ammette un’unica soluzione. • Se k = 0 otteniamo: x + y = 1 y−z =1 0=0
Il sistema ammette soluzione, ma in questo caso ne ammette infinite in quanto abbiamo ottenuto un sistema in tre equazioni e due sole incognite. Anche se non era richiesto possiamo comunque ricavare le soluzioni x = −t ∀t ∈ R y =t+1 z=t
quindi il sistema ammette infinite soluzioni.
64
4. LA RIDUZIONE A GRADINI E I SISTEMI LINEARI (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
• Se k = 2 otteniamo:
x + y = 1 y+z =1 0 = −2
quindi il sistema non ammette soluzioni.
Notiamo che le cose potevano essere affrontate in maniera leggermente differente utilizzando il concetto di rango e il teorema di Rouch`e-Capelli. Esercizio 4.8. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2x1 − x2 = k (k parametro reale) x1 − x2 − x3 = 0 x1 − kx2 + kx3 = k
a) Si dica per quali valori di k il sistema `e compatibile e quando ha infinite soluzioni. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
Soluzione: Riduciamo a gradini la 2 1 1
matrice associata a tale sistema −1 0 | k 2 −1 0 | k −1 −1 | 0 ⇒ 2II − I 0 −1 −2 | −k ⇒ −k k | k III − II 0 −k + 1 k + 1 | k 2 −1 0 | k 2x − y = k 0 1 −II 2 | k ⇒ y + 2z = k III + (−k + 1)II 0 0 3k − 1 | k 2 (3k − 1)z = k 2
Dobbiamo distinguere due casi:
• Se k = 13 allora l’ultima riga diventa 0 = 91 , quindi `e impossibile e il sistema non ammette soluzione. • Se k 6= 13 allora otteniamo un sistema di tre equazioni in tre incognite che ammette una unica soluzione: 2k2 −k 2x− x2 = k x1 = −2 3k−1 −k ⇒ x2 = k3k−1 x2 + 2x3 = k k2 2 (3k − 1)x3 = k x3 = 3k−1
Esercizio 4.9. Sia S = (x, y, z) ∈ R3 | x + y + (k + 1)z = k,
2x + y + z = 0
a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per i valori di k trovati al punto precedente esplicitare S.
Soluzione: Gli elementi dell’insieme S sono i vettori di R3 tali che ( x + y + (k + 1)z = k 2x + y + z = 0 a) Sappiamo che le soluzioni di un sistema lineare formano uno spazio vettoriale se e solo se il sistema `e omogeneo. Quindi S `e uno spazio vettoriale se k = 0
2. SOLUZIONI
65
b) Scriviamo esplicitamente gli elementi di S cercando le soluzioni del sistema nel caso k = 0: 1 1 1 | 0 1 1 1 | 0 ⇒ II − 2I 0 −1 −1 | 0 2 1 1 | 0 ( x = 0 x+y+z =0 ∀t ∈ R ⇒ ⇒ y = −t −y − z = 0 z=t Quindi
S = { (0, −t, t) | t ∈ R} = { (0, −1, 1) · t | t ∈ R} Esercizio 4.10. Sia S = (x, y, z) ∈ R3 | x − 2y + kz = k − 1, x − 2y + z = 0, −2x + 4ky − 2z = 0 a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per i valori di k trovati al punto precedente esplicitare S.
Soluzione: Gli elementi dell’insieme S sono i vettori di R3 tali che x − 2y + kz = k − 1 x − 2y + z = 0 −2x + 4ky − 2z = 0
a) Sappiamo che le soluzioni di un sistema lineare formano uno spazio vettoriale se e solo se il sistema `e omogeneo. Quindi S `e uno spazio vettoriale se k = 1. b) Scriviamo esplicitamente gli elementi di S cercando le soluzioni del sistema nel caso k = 1: 1 −2 1 | 0 1 −2 1 | 0 1 −2 1 | 0 ⇒ II − 2I 0 0 0 | 0 −2 4 −2 | 0 III + 2II 0 0 0 | 0 x = 2s − t ∀s, t ∈ R ⇒ x − 2y + z = 0 ⇒ y = s z=t Quindi
S = { (2s − t, s, t) | s, t ∈ R} =
= { (2s, s, 0) + (−t, 0, t) | s, t ∈ R} =
= { (2, 1, 0) · s + (−1, 0, 1) · t | s, t ∈ R} Esercizio 4.11. Sia S il sottoinsieme di R5 S = x ∈ R5 | x1 − x2 + 2x5 = k, x1 + x3 + kx4 = 0 .
a) Per quali valori del parametro reale k l’insieme S `e un sottospazio vettoriale di R5 ? b) Per i valori determinati al punto a) esplicitare S.
Soluzione: a) S `e uno spazio vettoriale se il sistema `e omogeneo cio`e se k = 0.
66
4. LA RIDUZIONE A GRADINI E I SISTEMI LINEARI (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
b) Risolviamo il sistema omogeneo, riducendo la matrice associata a gradini: 1 −1 0 0 2 | 0 1 −1 0 0 2 | 0 ⇒ II − I 0 1 1 0 −2 | 0 1 0 1 0 0 | 0 x1 = −r x2 = −r + 2t ∀ r, s, t ∈ R x3 = r x4 = s x = t 5 Quindi:
S = {(x1 , x2 , x3 , x4 , x5 ) = (−r, −r + 2t, r, s, t) |r, s, t ∈ R}
= {(−r, −r, r, 0, 0) + (0, 0, 0, s, 0) + (0, 2t, 0, 0, t) |r, s, t ∈ R}
= {(−1, −1, 1, 0, 0) · r + (0, 0, 0, 1, 0) · s + (0, 2, 0, 0, 1) · t |r, s, t ∈ R}
CAPITOLO 5
Dipendenza e indipendenza lineare (senza il concetto di rango) Esercizio 5.1. Scrivere un vettore w ∈ R3 linearmente dipendente dal vettore v ≡ (−1, 9, 0). Esercizio 5.2. Stabilire se i vettori v1 ≡ (1, 5, 7) e v2 ≡ (1, 3, 4) di R3 sono linearmente dipendenti. Esercizio 5.3. Scrivere un vettore w ∈ R4 linearmente dipendente dal vettore v ≡ (1, 3, −4, 2). Esercizio 5.4. Stabilire se i vettori v1 ≡ (1, −5, 700) e v2 ≡ (0, 0, 0) di R3 sono linearmente dipendenti. Esercizio 5.5. Studiare la dipendenza o indipendenza lineare dei seguenti vettori di R3 : v1 ≡ (1, −3, 7),
v2 ≡ (2, −1, −1),
v3 ≡ (0, 0, 0)
Se risultano linearmente dipendenti esprimere, quando `e possibile, • v1 come combinazione lineare di v2 e v3 • v2 come combinazione lineare di v1 e v3 • v3 come combinazione lineare di v1 e v2
Esercizio 5.6. Studiare la dipendenza o indipendenza lineare dei seguenti vettori di R3 : v1 ≡ (1, −3, 7),
v2 ≡ (2, −1, −1),
v3 ≡ (−4, 2, 2)
Se risultano linearmente dipendenti esprimere, quando `e possibile, • v1 come combinazione lineare di v2 e v3 • v2 come combinazione lineare di v1 e v3 • v3 come combinazione lineare di v1 e v2 Esercizio 5.7. Ripetere l’esercizio precedente con i vettori
v1 ≡ (1, −1, 2), v2 ≡ (5, 2, 0), v3 ≡ (3, 4, −4) Esercizio 5.8. Ripetere l’esercizio precedente con i vettori v1 ≡ (1, 2, −2), v2 ≡ (1, 1, −3), v3 ≡ (3, 7, k − 6)
discutendo i valori del parametro k ∈ R.
Esercizio 5.9. a) Determinare per quali valori del parametro reale k i seguenti vettori di R5 sono linearmente dipendenti: v1 = (0, 1, −1, 0, 1),
v2 = (1, 0, 1, 0, k),
v3 = (−1, 2, −3, 0, 0).
b) Per i valori di k determinati in a), esprimere uno o pi` u vettori come combinazione lineare dei rimanenti. Esercizio 5.10. Dati i vettori di R3 : v1 ≡ (1, 1, 2), v2 ≡ (2, 4, 6), v3 ≡ (−1, 2, 5), v4 ≡ (1, 1, 10)
determinare se v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 (determinare cio`e se v4 appartiene allo spazio vettoriale generato da v1 , v2 e v3 ). In caso positivo esprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). 67
68
5. DIPENDENZA E INDIPENDENZA LINEARE (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Esercizio 5.11. Dati i vettori di R3 : v1 ≡ (1, 1, 1), v2 ≡ (−3, −2, −2), v3 ≡ (2, 2, k + 4), v4 ≡ (1, 3, 4) determinare per quali valori del parametro reale k, v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 (determinare cio`e se v4 appartiene allo spazio vettoriale generato da v1 , v2 e v3 ). In caso positivo esprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). Esercizio 5.12. Ripetere l’esercizio precedente con i vettori v1 ≡ (1, 3, 1), v2 ≡ (2, k, −1), v3 ≡ (−1, k − 1, 0), v4 ≡ (1, 15, 7) Esercizio 5.13. Dati i vettori di R3 : v1 ≡ (1, 2, 1), v2 ≡ (k − 2, k − 4, −k − 2), v3 ≡ (5, 9, 3) determinare, se possibile, i valori del parametro k per cui il vettore v3 `e combinazione lineare di v1 , e v2 . In caso positivo esprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). Esercizio 5.14. Dati i vettori di R4 : v1 ≡ (1, 1, 2, 1),
v2 ≡ (2, 5, 7, 5),
v3 ≡ (−3, −2, k − 5, k − 2),
v4 ≡ (−1, −2k − 1, −2k − 2, −3)
determinare i valori del parametro reale k per i quali v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . In caso positivo esprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). Esercizio 5.15. Si considerino 0 A= k
le matrici 1 0 , B= −2 0
k , 0
k C= −1
1 1
Si dica per quali valori del parametro reale k le matrici A, B, C sono linearmente indipendenti nello spazio M2 (R). Esercizio 5.16. Si considerino le matrici 1 1 2 A= , B= 2 −1 4
k+1 , k−3
C=
0 2k − 2
1 2k − 1
a) Si stabilisca per quale valore di k ∈ R le matrici A, B e C sono linearmente dipendenti. b) Per il valore trovato in a) esprimere B come combinazione lineare di A e C. Esercizio 5.17. Date le matrici 1 2 2 A= , B= −1 3 1
1 , 1
C=
−1 1 , 2 3
D=
0 −1
1 2
stabilire se D `e combinazione lineare di A, B, C. Esercizio 5.18. Date le matrici 1 k A= , 0 1
B=
2 1
3 , 2
C=
3 6 1 3
stabilire se esistono valori di k per cui C `e combinazione lineare di A, B. In caso positivo esprimere tale combinazione lineare. Esercizio 5.19. Siano dati i polinomi p1 (x) = 1 + x,
p2 (x) = 1 + 2x + x2 ,
p3 (x) = x − x2 .
Esprimere, se `e possibile, f (x) = x2 − x + 2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). ——————————————————————————————————————————————-
2. SOLUZIONI
69
1. Suggerimenti • n vettori v1 , v2 , . . . , vn sono detti linearmente indipendenti se x1 v 1 + x2 v 2 + · · · + xn v n = 0
⇒
x1 = x2 = · · · = xn = 0
In caso contrario sono detti linearmente dipendenti. • Un vettore w `e combinazione di n vettori v1 , v2 , . . . , vn se esistono x1 , x2 , . . . , xn ∈ R tali che: x1 v 1 + x2 v 2 + · · · + xn v n = w • Se n vettori sono linearmente dipendenti, allora almeno uno `e combinazione lineare degli altri. • Se w `e combinazione lineare di v1 , v2 , . . . , vn , allora v1 , v2 , . . . , vn , w sono linearmente dipendenti. • Alcuni degli esercizi svolti in questo capitolo possono essere svolti in maniera leggermente semplificata utilizzando la nozione di rango (v. capitoli successivi). ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 5.1. Scrivere un vettore w ∈ R3 linearmente dipendente dal vettore v ≡ (−1, 9, 0). Soluzione: Per esempio il vettore w = 3v = (−3, 27, 0) `e linearmente dipendente da v. Potevamo anche considerare il vettore nullo (0, 0, 0) = 0v che `e sempre linearmente dipendente da qualsiasi altro vettore. Esercizio 5.2. Stabilire se i vettori v1 ≡ (1, 5, 7) e v2 ≡ (1, 3, 4) di R3 sono linearmente dipendenti. Soluzione: Si tratta di verificare se l’equazione vettoriale xv1 + yv2 = 0 ammette soluzioni diverse dalla soluzione nulla x = y = 0. Nel caso particolare di due vettori (non nulli), notiamo che x e y o sono entrambi nulli o sono entrambi non nulli. Supponendo quindi che esistano soluzioni diverse dalla soluzione nulla x = y = 0 x ne segue che possiamo supporre y 6= 0 e possiamo dividere per y ottenendo v2 = − v1 . y Ovvero due vettori non nulli sono linearmente dipendenti se sono uno multiplo dell’altro. E’ evidente che in questo caso v1 non `e multiplo di v2 , quindi v1 e v2 sono linearmente indipendenti. Lo stesso risultato si poteva ottenere risolvendo il sistema associato all’equazione xv1 + yv2 = 0 ( x = −y x + y = 0 x=0 ⇒ ⇒ −5y + 3y = 0 5x + 3y = 0 y=0 −7y + 4y = 0 7x + 4y = 0 Poich`e l’unica soluzione `e quella nulla, v1 e v2 sono linearmente indipendenti.
Esercizio 5.3. Scrivere un vettore w ∈ R4 linearmente dipendente dal vettore v ≡ (1, 3, −4, 2). Soluzione: Per esempio il vettore w = 2v = (2, 6, −8, 4) `e linearmente dipendente da v.
Esercizio 5.4. Stabilire se i vettori v1 ≡ (1, −5, 700) e v2 ≡ (0, 0, 0) di R3 sono linearmente dipendenti. Soluzione:
70
5. DIPENDENZA E INDIPENDENZA LINEARE (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Il vettore nullo `e sempre linarmente dipendente da ogni altro insieme di vettori. Infatti l’equazione vettoriale: xv1 + yv2 = 0 ammette (per esempio) la soluzione non nulla
(
x=0 y=1
Esercizio 5.5. Studiare la dipendenza o indipendenza lineare dei seguenti vettori di R3 : v1 ≡ (1, −3, 7),
v2 ≡ (2, −1, −1),
v3 ≡ (0, 0, 0)
Se risultano linearmente dipendenti esprimere, quando `e possibile, • v1 come combinazione lineare di v2 e v3 • v2 come combinazione lineare di v1 e v3 • v3 come combinazione lineare di v1 e v2 Soluzione: Per quanto osservato nell’esercizio precedente possiamo gi´ a affermare che i tre vettori sono linearmente dipendenti in quanto tra di essi vi ´e il vettore nullo. Risolviamo comunque l’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = 0 che, in generale, ci permette di rispondere a tutte le domande dell’esercizio. Consideriamo il sistema in tre incognite associato a tale equazione x + 2y + 0z = 0 x = −2y x = 0 ⇒ ⇒ ∀t ∈ R −3x − y + 0z = 0 6y − y = 0 y=0 7x − y + 0z = 0 −14y − y = 0 z=t Di conseguenza v1 , v2 , v3 sono linearmente dipendenti e: 0v1 + 0v2 + tv3 = 0
∀t ∈ R
Dall’equazione precedente notiamo che • v1 non si pu` o esprimere come combinazione lineare di v2 e v3 . • v2 non si pu` o esprimere come combinazione lineare di v1 e v3 . • Ponendo per esempio t = 1, otteniamo che v3 = 0v1 + 0v2 Esercizio 5.6. Studiare la dipendenza o indipendenza lineare dei seguenti vettori di R3 : v1 ≡ (1, −3, 7),
v2 ≡ (2, −1, −1),
v3 ≡ (−4, 2, 2)
Se risultano linearmente dipendenti esprimere, quando `e possibile, • v1 come combinazione lineare di v2 e v3 • v2 come combinazione lineare di v1 e v3 • v3 come combinazione lineare di v1 e v2 Soluzione: La risoluzione dell’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = 0 permette di rispondere a tutte le domande dell’esercizio. ——————————————————————————————————————————————Sappiamo infatti che data l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = 0 • v1 , v2 e v3 sono linearmente indipendenti se l’equazione ammette solo la soluzione nulla: x = y = z = 0. • v1 , v2 e v3 sono linearmente dipendenti se l’equazione ammette altre (infinite) soluzioni oltre a quella nulla x = y = z = 0.
2. SOLUZIONI
71
——————————————————————————————————————————————-
Consideriamo il sistema in tre incognite associato a tale equazione x + 2y − 4z = 0 x = −2y + 4z x = −2y + 4z ⇒ 5y − 10z = 0 −3x − y + 2z = 0 ⇒ 6y − 12z − y + 2z = 0 7x − y + 2z = 0 −14y + 28z − y + 2z = 0 −15y + 30z = 0 x = −2y + 4z x = 0 ⇒ y = 2z ⇒ y = 2t ∀t ∈ R −30z + 30z = 0 z=t
Di conseguenza v1 , v2 , v3 sono linearmente dipendenti e: 0v1 + 2tv2 + tv3 = 0
∀t ∈ R
Dall’equazione precedente notiamo che • v1 non si pu` o esprimere come combinazione lineare di v2 e v3 . • Ponendo per esempio t = 1, otteniamo 2v2 + v3 = 0 ovvero 1 v2 = − v3 2 • Analogamente al punto precedente otteniamo v3 = −2v2
Esercizio 5.7. Ripetere l’esercizio precedente con i vettori v1 ≡ (1, −1, 2), v2 ≡ (5, 2, 0), v3 ≡ (3, 4, −4) Soluzione: La risoluzione dell’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = 0 permette di rispondere a tutte le domande dell’esercizio. Consideriamo il sistema in tre incognite associato a tale equazione x + 5y + 3z = 0 −x + 2y + 4z = 0 2x + 0y − 4z = 0
Riduciamo quindi a gradini la 1 5 −1 2 2 0
matrice associata a tale sistema: 1 5 3 | 0 3 | 0 7 7 | 0 4 | 0 ⇒ II + I 0 III − 2I 0 −10 −10 | 0 −4 | 0 1 5 3 | 0 1 5 3 | 0 1 1 | (1/7)II 0 1 1 | 0 ⇒ ⇒ (−1/10)III 0 1 1 | 0 III − II 0 0 0 |
Tornando al sistema ( x + 5y + 3z = 0 y+z =0
⇒
(
x − 5z + 3z = 0 y = −z
Di conseguenza v1 , v2 , v3 sono linearmente dipendenti e: 2tv1 − tv2 + tv3 = 0
x = 2t ⇒ y = −t z=t
0 0 0 ∀t ∈ R
∀t ∈ R
Ponendo per esempio t = 1 otteniamo 2v1 − v2 + v3 = 0 da cui segue 1 1 • v1 = v2 − v3 2 2 • v2 = 2v1 + v3 • v3 = −2v1 + v2
72
5. DIPENDENZA E INDIPENDENZA LINEARE (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Esercizio 5.8. Ripetere l’esercizio precedente con i vettori v1 ≡ (1, 2, −2), v2 ≡ (1, 1, −3), v3 ≡ (3, 7, k − 6) discutendo i valori del parametro k. Soluzione: Procediamo come nell’esercizio precedente risolvendo l’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = 0. Consideriamo il sistema in tre incognite associato a tale equazione x + y + 3z = 0 2x + y + 7z = 0 −2x − 3y + (k − 6)z = 0 Riduciamo quindi a gradini 1 2 −2
la matrice associata a tale sistema: 1 1 1 3 | 0 1 7 | 0 ⇒ II − 2I 0 −1 III + II 0 −2 −3 k − 6 | 0 1 1 3 | 0 0 −1 1 | 0 ⇒ III − 2II 0 0 k − 1 | 0
3 | 1 | k+1 |
0 0 0
Notiamo che un sistema omogeneo ha sempre soluzione, infatti ha sempre almeno la soluzione nulla. Discutiamo i valori del parametro: • Se k = 1 otteniamo il sistema: x + y + 3z = 0 y=z 0=0
x = −4t ⇒ y=t z=t
∀t ∈ R
Di conseguenza v1 , v2 , v3 sono linearmente dipendenti e: −4tv1 + tv2 + tv3 = 0
∀t ∈ R
Ponendo per esempio t = 1 otteniamo −4v1 + v2 + v3 = 0 da cui segue 1 1 – v1 = v2 + v3 4 4 – v2 = 4v1 − v3 – v3 = 4v1 − v2 • Se k 6= 1 il sistema ammette la sola soluzione x = y = z = 0 e v1 , v2 , v3 sono linearmente indipendenti. In particolare nessuno di loro pu` o essere espresso come combinazione lineare degli altri. Esercizio 5.9. a) Determinare per quali valori del parametro reale k i seguenti vettori di R5 sono linearmente dipendenti: v1 = (0, 1, −1, 0, 1),
v2 = (1, 0, 1, 0, k),
v3 = (−1, 2, −3, 0, 0).
b) Per i valori di k determinati in a), esprimere uno o pi` u vettori come combinazione lineare dei rimanenti. Soluzione: Cerchiamo le soluzioni dell’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = 0
2. SOLUZIONI
73
riducendo a gradini la matrice 0 1 −1 0 1
associata al sistema in cui si esplicita tale equazione. 1 −1 | 0 II 1 0 2 | 0 0 1 −1 | 0 0 2 | 0 I 1 −3 | 0 ⇒ III + II 0 1 −1 | 0 ⇒ 0 0 | 0 V − II 0 k −2 | 0 k 0 | 0 IV 0 0 0 | 0 1 0 2 | 0 0 1 −1 | 0 x + 2z = 0 0 | 0 ⇒ y − z = 0 III − II 0 0 IV − kII 0 0 −2 + k | 0 (k − 2)z = 0 0 0 0 | 0
Dobbiamo ora distinguere due casi: • Se k 6= 2 otteniamo la soluzione x = y = z = 0 e i tre vettori sono linearmente indipendenti. • Se k = 2 il sistema diventa ( x = −2t x + 2z = 0 ∀t ∈ R ⇒ y=t y−z =0 z=t Quindi per k = 2 i tre vettori sono linearmente dipendenti.
b) Al punto precedente abbiamo trovato che se k = 2 allora −2tv1 + tv2 + tv3 = 0
In particolare ponendo per esempio t = 1 oteniamo 1 1 v1 = v2 + v3 2 2 v2 = 2v1 − v3
∀t ∈ R
v3 = 2v1 − v2
3
Esercizio 5.10. Dati i vettori di R : v1 ≡ (1, 1, 2), v2 ≡ (2, 4, 6), v3 ≡ (−1, 2, 5), v4 ≡ (1, 1, 10) determinare se v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 (determinare cio`e se v4 appartiene allo spazio vettoriale generato da v1 , v2 e v3 ). In caso positivo esprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). Soluzione: Si tratta di risolvere l’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = v4 Consideriamo il sistema (non omogeneo) in tre incognite associato a tale equazione x + 2y − z = 1 x + 4y + 2z = 1 2x + 6y + 5z = 10
Riduciamo quindi 1 2 1 4 2 6
a gradini la matrice associata 1 −1 | 1 2 | 1 ⇒ II − I 0 III − 2I 0 5 | 10
Tornando al sistema
Di conseguenza
a tale sistema: 1 2 −1 2 −1 | 1 0 2 3 2 3 | 0 ⇒ III − II 0 0 4 2 7 | 8
x + 2y − z = 1 2y + 3z = 0 z=2
x = 9 ⇒ y = −3 z=2
v4 = 9v1 − 3v2 + 2v3
| | |
1 0 8
74
5. DIPENDENZA E INDIPENDENZA LINEARE (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Notiamo che anzicch`e fermarci alla matrice ridotta a gradini potevamo arrivare alla scrittura della matrice in forma normale, ovvero alla matrice che ha solo elementi sulla diagonale e questi sono tutti 1 o 0.
2 −1 | 2 3 | 0 4 | 1 2 ⇒ 1/2II 0 1 0 0
1 0 0
1 1 0 0 ⇒ 1/4III 0 8 I 0 | 3 0 | −3 ⇒ 1 | 2
2 −1 2 3 0 1 − 2II 1 0 0
| | |
I + III 1 2 1 0 ⇒ II − 3III 0 2 0 0 2 0 0 | 9 1 0 | −3 0 1 | 2
0 | 0 | 1 |
3 −6 2
Ritornando al sistema in questo caso otteniamo direttamente x = 9 y = −3 z=2 ovvero
v4 = 9v1 − 3v2 + 2v3 Esercizio 5.11. Dati i vettori di R3 : v1 ≡ (1, 1, 1), v2 ≡ (−3, −2, −2), v3 ≡ (2, 2, k + 4), v4 ≡ (1, 3, 4) determinare per quali valori del parametro reale k, v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 (determinare cio`e se v4 appartiene allo spazio vettoriale generato da v1 , v2 e v3 ). In caso positivo esprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). Soluzione: Si tratta di risolvere l’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = v4 Consideriamo il sistema (non omogeneo) in tre incognite associato a tale equazione x − 3y + 2z = 1 x − 2y + 2z = 3 x − 2y + (k + 4)z = 4
Riduciamo quindi a gradini la matrice 1 −3 2 1 −2 2 1 −2 k + 4
Tornando al sistema
associata a tale sistema: | 1 1 −3 2 | 3 ⇒ II − I 0 1 0 | 4 III − II 0 0 k + 2
Dobbiamo ora di distinguere due casi • Se k = −2:
| | |
1 2 1
x − 3y + 2z = 1 y=2 (k + 2)z = 1 x − 3y + 2z = 1 y=2 0=1
Quindi il sistema non ammette soluzioni, e v4 non si pu` o esprimere come combinazione lineare di v1 , v2 , v3 .
2. SOLUZIONI
• Se k 6= −2:
e v4 =
75
7k + 12 x= k+2 y=2 z = 1 k+2
7k + 12 k+2
· v1 + 2 · v2 +
1 k+2
· v3
Esercizio 5.12. Ripetere l’esercizio precedente con i vettori v1 ≡ (1, 3, 1), v2 ≡ (2, k, −1), v3 ≡ (−1, k − 1, 0), v4 ≡ (1, 15, 7) Soluzione: Cerchiamo le soluzioni dell’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = v4 Riduciamo a gradini la matrice associata al sistema in cui si 1 2 −1 | 3 k k − 1 | 1 −1 0 |
esplicita tale equazione: 1 15 7
Procedendo con il metodo di Gauss otteniamo la matrice equivalente 1 2 −1 | 1 II − 3I 0 k − 6 k + 2 | 12 1 | 6 III − I 0 −3
Facciamo a questo punto una importante osservazione. Se procediamo ancora con la riduzione a gradini, per ottenere uno zero nel secondo posto della terza riga siamo costretti a fare la seguente operazione 1 2 −1 | 1 0 k − 6 k + 2 | 12 (k − 6)III + 3II 0 0 4k | 6k
Notiamo per` o che procedendo cos`ı abbiamo sostituito la terza riga con un suo multiplo dipendente dal parametro, sommato ad un multiplo non nullo della seconda. Dalla teoria sappiamo per`o che tale operazione `e lecita solamente se il valore per cui moltiplichiamo la terza riga `e diverso da zero, nel nostro caso cio`e se k 6= 6. In caso contrario avremmo infatti sostituito la terza riga con un multiplo della seconda ottenendo perci`o un sistema non pi` u equivalente. Potremmo quindi procedere per poi controllare separatamente il caso k = 6, ritornando al sistema che avevamo prima della operazione non lecita. Questo modo di procedere, bench`e corretto, risulta piuttosto lungo e macchinoso. E’ invece decisamente pi` u conveniente procedere nel seguente modo. Ritorniamo alla matrice ottenuta al primo passaggio della riduzione a gradini e effettuiamo uno scambio di righe 1 2 −1 | 1 1 2 −1 | 1 0 −3 1 | 6 III 0 −3 1 | 6 ⇒ 3III + (k − 6)II 0 0 II 0 k − 6 k + 2 | 12 4k | 6k Abbiamo quindi sostituito la terza riga con un suo multiplo non nullo sommato ad un multiplo della seconda dipendente dal parametro. Questa operazione `e sempre lecita. Infatti anche per il valore critico k = 6 otteniamo un sistema ancora equivalente in cui la terza riga `e stata sostituita con un suo multiplo non nullo. Possiamo perci` o procedere senza dovere distinguere alcun caso. Torniamo ora al sistema
x
+ −
2y 3y
− +
z z 4kz
= = =
Per trovare le soluzioni siamo costretti a distinguere due casi.
1 6 6k.
76
5. DIPENDENZA E INDIPENDENZA LINEARE (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
• Se 4k 6= 0, ovvero se k 6= 0, l’ultima equazione si pu` o dividere per 4k per cui otteniamo la seguente soluzione 11 x = 2 y = − 32 z = 23 . Di conseguenza se k 6= 0 abbiamo ottenuto la seguente (unica) combinazione lineare: 3 3 11 v1 − v2 + v3 . v4 = 2 2 2 • Se k = 0 otteniamo il seguente sistema x + 2y − z = 1 − 3y + z = 6 0 = 0 Ponendo y = t otteniamo le soluzioni x = t + 7 y=t z = 3t + 6.
∀t ∈ R
Quindi anche se k = 0 il vettore v4 si pu` o esprimere come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 : v4 = (t + 7) · v1 + t · v2 + (3t + 6) · v3
In questo caso le possibili combinazioni lineari sono infinite.
∀t ∈ R.
——————————————————————————————————————————————Osservazione importante. Abbiamo incontrato in questo esercizio una prima difficolt`a nel ridurre a gradini un sistema parametrico. Abbiamo visto che `e stato decisamente utile spostare in basso la riga contenente il parametro. Possiamo quindi dare una prima regola utile per ridurre a gradini i sistemi parametrici: `e tendenzialmente conveniente spostare verso il basso le righe contenenti il parametro. ——————————————————————————————————————————————-
Esercizio 5.13. Dati i vettori di R3 : v1 ≡ (1, 2, 1), v2 ≡ (k − 2, k − 4, −k − 2), v3 ≡ (5, 9, 3)
determinare, se possibile, i valori del parametro k per cui il vettore v3 `e combinazione lineare di v1 , e v2 . In caso positivo sprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). Soluzione: Si tratta di cercare (se esistono) le soluzioni dell’equazione vettoriale xv1 + yv2 = v3 . Consideriamo il sistema (non omogeneo) associato x + (k − 2)y = 5 2x + (k − 4)y = 9 x + (−k − 2)y = 3 Riduciamo a gradini la matrice associata 1 k−2 | 5 1 k−2 2 k − 4 | 9 ⇒ II − 2I 0 −k 1 −k − 2 | 3 III − I 0 −2k
Otteniamo quindi il sistema
| | |
5 1 k−2 −1 ⇒ −II 0 k −2 III − 2II 0 0
x + (k − 2)y = 5 ky = 1 0=0
| | |
5 1 0
2. SOLUZIONI
Dobbiamo ora distinguere due casi • Se k 6= 0 otteniamo
per cui v3 = • Se k = 0:
77
x = 4k + 2 k 1 y = k 4k + 2 k y
· v1 +
−
2x 0 0
1 · v2 k
= = =
se k 6= 0.
5 1 0
Quindi il sistema `e impossibile e in questo caso il vettore v3 non `e combinazione lineare di v1 e v2 . Esercizio 5.14. Dati i vettori di R4 : v1 ≡ (1, 1, 2, 1),
v3 ≡ (−3, −2, k − 5, k − 2),
v2 ≡ (2, 5, 7, 5),
v4 ≡ (−1, −2k − 1, −2k − 2, −3)
determinare i valori del parametro reale k per i quali v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . In caso positivo sprimere tale combinazione lineare (nella forma pi` u generale possibile). Soluzione: Studiamo la seguente equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = v4 riducendo a gradini la matrice associata al sistema in cui si esplicita tale equazione: 1 2 −3 | −1 1 2 −3 | −1 1 5 −2 | −2k − 1 II − I 1 | −2k 0 3 2 7 k − 5 | −2k − 2 ⇒ III − 2I 0 3 k + 1 | −2k IV − I 0 3 k + 1 | −2 1 5 k−2 | −3 1 2 −3 | −1 0 3 1 | −2k ⇒ III − II 0 0 k | 0 IV − III 0 0 0 | 2k − 2 Ritornando al sistema abbiamo ottenuto x + 2y − 3z = −1 3y + z = −2k kz = 0 0 = 2k − 2
Notiamo subito che l’ultima equazione impone 2k = 2, ovvero k = 1. Sostituendo quindi tale valore nel sistema oteniamo 1 x + 2y − 3z = −1 x= 3y + z = −2 3 ⇒ y = −2 z=0 3 z = 0. 0=0 Quindi
• Per k = 1 abbiamo ottenuto la seguente combinazione lineare 2 1 v4 = v1 − v2 3 3
78
5. DIPENDENZA E INDIPENDENZA LINEARE (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
• Se k 6= 1 il sistema non ammette soluzioni per cui il vettore v4 non si pu` o esprimere come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . Esercizio 5.15. Si considerino 0 A= k
le matrici 1 0 , B= −2 0
k , 0
C=
k −1
1 1
Si dica per quali valori del parametro reale k le matrici A, B, C sono linearmente indipendenti nello spazio M2 (R). Soluzione: Per stabilire quando le tre matrici sono linearmente indipendenti risolviamo l’equazione xA + yB + zC = 0: y + kz ky + z 0 0 = kx − 2y − 1z z 0 0
da cui si ottiene il sistema
y + kz = 0 ky + z = 0 kx − 2y − 1z = 0 z=0
y = 0 0 = 0 ⇒ kx = 0 z=0
Dobbiamo ora distinguere due casi. • Se k 6= 0 otteniamo la sola soluzione x = y = z = 0 per cui le tre matrici sono linearmente indipendenti. • Se k = 0 otteniamo la sola soluzione x = t, y = z = 0 per cui le tre matrici sono linearmente dipendenti. Esercizio 5.16. Si considerino le matrici 1 1 2 A= , B= 2 −1 4
k+1 , k−3
C=
0 2k − 2
1 2k − 1
a) Si stabilisca per quale valore di k ∈ R le matrici A, B e C sono linearmente dipendenti. b) Per il valore trovato in a) esprimere B come combinazione lineare di A e C.
Soluzione: a) Per stabilire quando le tre matrici sono linearmente dipendenti risolviamo l’equazione xA + yB + zC = 0: x + 2y x + (k + 1)y + z 0 0 = 2x + 4y + (2k − 2)z −x + (k − 3)y + (2k − 1)z 0 0 da cui si ottiene il sistema x + 2y = 0 x + (k + 1)y + z = 0 2x + 4y + (2k − 2)z = 0 −x + (k − 3)y + (2k − 1)z = 0
1 2 1 k+1 ⇒ 2 4 −1 k − 3
0 1 2k − 2 2k − 1
| | | |
0 0 0 0
Notiamo che le matrici A, B e C sono linearmente dipendenti se il sistema ammette altre (infinite) soluzioni oltre a quella nulla x = y = z = 0. Riduciamo quindi a gradini la matrice associata al sistema: 1 2 0 | 0 1 2 0 | 0 0 k − 1 II − I 1 | 0 1 | 0 0 k − 1 ⇒ ⇒ 0 III − 2I 0 0 2k − 2 | 0 0 2k − 2 | 0 IV − II 0 IV + I 0 k − 1 2k − 1 | 0 0 2k − 2 | 0 1 2 0 | 0 0 k − 1 1 | 0 0 0 2k − 2 | 0 0 0 | 0 IV − III 0
2. SOLUZIONI
79
Dobbiamo ora distinguere due casi. – Se k 6= 1 otteniamo la sola soluzione x = y = z = 0 per cui le tre matrici sono linearmente indipendenti. – Se k = 1 otteniamo il sistema ( x = −2t x + 2y = 0 ⇒ y=t ∀t ∈ R ⇒ −2t · A + t · B + 0 · C = 0 ∀t ∈ R z=0 z=0
Il sistema ha infinite soluzioni e quindi le tre matrici sono linearmente dipendenti. b) Per k = 1 abbiamo ottenuto al punto precedente −2t · A + t · B + 0 · C = 0 ∀t ∈ R. Ponendo per esempio t = 1 otteniamo −2A + B = 0, ovvero B = 2A. Esercizio 5.17. Date le matrici 2 1 2 , B= A= 1 −1 3
1 , 1
C=
stabilire se D `e combinazione lineare di A, B, C.
−1 1 , 2 3
D=
0 −1
1 2
Soluzione: Si tratta di determinare se esiste soluzione dell’equazione Ax + By + Cz = D Esplicitando tale equazione otteniamo: x 2x 2y Ax + By + Cz = + −x 3x y Quindi:
x + 2y − z −x + y + 2z
y −z + y 2z
z x + 2y − z = 3z −x + y + 2z
2x + y + z 3x + y + 3z
x + 2y − z = 0 2x + y + z = 1 2x + y + z 0 1 = ⇒ 3x + y + 3z −1 2 −x + y + 2z = −1 3x + y + 3z = 2
Dobbiamo quindi risolvere il sistema lineare non omogeneo 1 2 −1 | 0 1 2 −1 | 2 1 1 | 1 0 −3 3 | II − 2I −1 1 2 | −1 ⇒ III + I 0 3 1 | 3 1 3 | 2 IV − 3I 0 −5 6 | 1 2 −1 | 0 0 −3 3 | 1 ⇒ 0 0 4 | 0 0 | 4 4IV − 3III 0 0
di quattro equazioni i tre incognite: 0 1 2 −1 | 0 −3 3 | 1 ⇒ III + II 0 0 −1 4 | 3IV − 5II 0 0 2 3 |
0 1 0 1
Tornando al sistema notiamo che l’ultima equazione `e 0 = 4, quindi il sistema non ammette soluzione e D non `e combinazione lineare di A, B e C. Esercizio 5.18. Date le matrici 1 k A= , 0 1
B=
2 1
3 , 2
C=
3 6 1 3
stabilire se esistono valori di k per cui C `e combinazione lineare di A, B. In caso positivo esprimere tale combinazione lineare. Soluzione: Analogamente all’esercizio precedente si tratta di determinare se esiste soluzione dell’equazione Ax + By = C Esplicitando tale equazione otteniamo: x Ax + By = 0
kx 2y + x y
3y x + 2y = 2y y
kx + 3y x + 2y
80
5. DIPENDENZA E INDIPENDENZA LINEARE (SENZA IL CONCETTO DI RANGO)
Quindi:
x + 2y y
Quindi
x + 2y = 3 kx + 3y = 6 kx + 3y 3 6 = ⇒ x + 2y 1 3 y =1 x + 2y = 3
x+2=3 kx + 3 = 6 ⇒ y=1 x+2=3
x=1 kx = 3 ⇒ y=1 x=1
x=1 k=3 ⇒ y=1 x=1
• Se k = 3 il sistema ammette la sola soluzione x = y = 1 e A + B = C. • Se k 6= 3 il sistema non ammette soluzione e C non `e combinazione di A e B.
Esercizio 5.19. Siano dati i polinomi p1 (x) = 1 + x,
p2 (x) = 1 + 2x + x2 ,
p3 (x) = x − x2 .
Esprimere, se `e possibile, f (x) = x2 − x + 2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). Soluzione: Si tratta di stabilire se l’equazione ap1 (x) + bp2 (x) + cp3 (x) = f (x) ammette soluzioni. Esplicitando l’equazione otteniamo: ap1 (x) + bp2 (x) + cp3 (x) = a(1 + x) + b(1 + 2x + x2 ) + c(x − x2 ) = (b − c)x2 + (a + 2b + c)x + (a + b)
Quindi b − c = 1 (b − c)x2 + (a + 2b + c)x + (a + b) = x2 − x + 2 ⇒ a + 2b + c = −1 a+b=2
Risolviamo ora il sistema 1 III 1 1 0 | 2 0 1 −1 | 1 1 2 1 | −1 ⇒ II − I 0 1 2 1 | −1 ⇒ 0 I 0 1 −1 | 1 1 1 0 | 2 1 1 0 | 2 x1 + x2 = 2 x1 0 1 1 | −3 ⇒ x2 + x3 = −3 ⇒ x2 ⇒ III − II 0 0 −2 | 4 −2x3 = 4 x3
1 1 1
0 | 1 | −1 |
=3 = −1 = −2
2 −3 1
Quindi
f (x) = 3 · p1 (x) − 1 · p2 (x) − 2 · p3 (x) L’esercizio poteva essere svolto in maniera leggermente semplificata osservando che a ogni polinomio possiamo associare il vettore formato dai suoi coefficienti dopo avere scelto un ordine per l’insieme B = 2 x , x, 1 . La giustificazione precisa di questo fatto verr` a data dopo avere introdotto il concetto di base, ma possiamo intanto osservare che ogni vettore `e univocamente determinato dai suoi coefficienti e che la somma e il prodotto per scalari sono definiti in maniera analoga tra vettori e tra polinomi. Di conseguenza ai polinomi p1 (x), p2 (x) e p3 (x) possiamo associamo i tre vettori p1 = (0, 1, 1) p2 = (1, 2, 1) p3 = (−1, 1, 0) f = (1, −1, 2) Il polinomio f (x) `e combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x) se il vettore f `e combinazione lineare dei vettori p1 , p2 , p3 . Risolvendo l’equazione ap1 + bp2 + cp3 otteniamo il sistema a cui `e associata la
2. SOLUZIONI
matrice
0 1 1
1 −1 2 1 1 0
| | |
81
1 −1 2
che `e infatti la stessa che abbiamo ottenuto con il precedente metodo.
CAPITOLO 6
Determinante e inversa di una matrice Esercizio 6.1. Calcolare il 2 3 A= 1 −2 2 3 C = 1 −2 0 −1
determinante delle seguenti matrici: −11 3 B= 2 0 7 0 0 2 −2 −2 −2 1 0 0 F = 1 1 0 D= 1 −3 4 −3 −3 4 0 2
Esercizio 6.2. Calcolare il determinante delle seguenti 1 2 3 0 A1 = A2 = 2 −1 0 1 −2 0 1 −4 2 A5 = 0 1 A4 = 0 2 −1 0 0 0 0 5
matrici:
1 1 A3 = 2 3 1 −1 3 A6 = 1 1 2 2 0 7
0 0 3
Esercizio 6.3. Calcolare il rango della seguente matrice A, utilizzando il calcolo del determinante. 1 k+2 0 0 4 − k k∈R A = k 2 − 1 1 2k − 3 0 Esercizio 6.4. Calcolare l’inversa delle seguenti matrici (invertibili) utilizzando il metodo della riduzione a gradini.
1 A= 2
2 −1
1 −1 B = 1 1 2 0
3 2 7
Esercizio 6.5. Dopo avere stabilito se le seguenti matrici sono invertibili calcolarne l’inversa: 1 2 3 0 1 1 A1 = A2 = A3 = 2 −1 0 1 2 3 1 −1 3 −2 0 0 1 −4 2 A6 = 1 1 2 A5 = 0 1 0 A4 = 0 2 −1 2 0 7 0 0 3 0 0 5 Esercizio 6.6. Sia A la matrice reale
0 1 1 2 2 1
1 A = k 0
a) Calcolare il determinante di A e stabilire per quali valori di k la matrice `e invertibile. b) Trovare la matrice inversa di A per k = 1. Esercizio 6.7. Sia A la matrice reale k k−1 A = 0 2k − 2 1 k−1
k 0 2−k
(k reale).
a) Si determini per quali valori di k la matrice A `e invertibile. Si calcoli la matrice inversa di A per k = −1. b) Calcolare il rango di A al variare del parametro k. 83
84
6. DETERMINANTE E INVERSA DI UNA MATRICE
Esercizio 6.8. Sia At la matrice reale
0 t 1
0 t At = 1 1 2 t
(t reale).
Stabilire per quali valori di t la matrice At `e invertibile. Esercizio 6.9. Sia A la matrice reale 1 A = 3k 0
−2 0 8 + 2k k − 1 8k + 8 0
(t reale).
a) Calcolare il rango di A al variare del parametro k. b) Esistono valori di k per i quali la matrice `e invertibile?
Esercizio 6.10. Sia A la matrice reale 2 0 A = −4k 4k − 1 0 1 − 4k
5 k − 2 0
(t reale).
a) Calcolare il rango di A al variare del parametro k. b) Esistono valori di k per i quali la matrice `e invertibile?
Esercizio 6.11. Sia A la matrice reale 1 k A = 0 1 2 k
0 k − 4 0
(k reale).
a) Stabilire per quali valori di k la matrice A `e invertibile. b) Per i valori di k trovati al punto precedente determinare l’inversa di A.
Esercizio 6.12. Sia A la matrice reale
2 2 A = 1 2 0 0
k 0 3k
(k reale).
a) Calcolare il rango di A al variare del parametro k. b) Si determini il valore di k tale per cui la matrice A abbia determinante uguale a uno. Per tale valore di k, si calcoli la matrice inversa di A. ——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti ——————————————————————————————————————————————Una matrice (quadrata) A `e invertibile se esiste una matrice, indicata con A−1 , tale che AA−1 = A A = I. Condizione necessaria e sufficiente affinch`e una matrice quadrata A sia invertibile `e che sia det(A) 6= 0. ——————————————————————————————————————————————−1
Per calcolare l’inversa di una matrice utilizzeremo due metodi: • Si affianca alla matrice A la matrice identica e si riduce A a gradini in forma normale (cio`e con tutti 1 sulla diagonale e 0 altrove). La matrice in cui `e stata trasformata la matrice identica `e l’inversa A−1 . • Si utilizzano le formule: 1 A−1 = [a′ ]T det(A) ij
2. SOLUZIONI
85
dove a′ij = complemento algebrico di aij = (−1)i+j · det(matrice ottenuta da A eliminando la riga i e la colonna j) ——————————————————————————————————————————————Rango. Per calcolare il rango di una matrice possiamo utilizzare i sottodeterminanti oppure i pivot. Infatti valgono le seguenti propriet` a: (1) Il rango di una matrice A corrisponde al massimo ordine di una sua sottomatrice (quadrata) con determinante non nullo. (2) Il rango di una matrice A corrisponde al numero dei suoi pivot, una volta che A `e stata ridotta a gradini. (3) Il rango di una matrice A `e uguale al numero di righe linearmente indipendenti. (4) Il rango di una matrice A `e uguale al numero di colonne linearmente indipendenti. Talvolta per calcolare il rango di una matrice pu` o essere utile utilizzare un metodo misto di riduzione e di calcolo dei determinanti. Infatti, sia A una matrice e A′ la matrice ottenuta da A con qualche passo di riduzione a gradini. Allora rg(A) = rg(A′ ). In particolare se A `e quadrata det(A) = 0 se e solo se det(A′ ) = 0. ——————————————————————————————————————————————-
Condizione necessaria e sufficiente affinch`e una matrice quadrata A sia invertibile `e che sia det(A) 6= 0, ovvero che rg(A) sia massimo. ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 6.1. Calcolare il 2 3 A= 1 −2 2 3 C = 1 −2 0 −1
determinante delle seguenti matrici: −11 3 B= 2 0 7 0 0 2 −2 −2 −2 1 0 0 F = 1 1 0 D= 1 −3 4 −3 −3 4 0 2
Soluzione: det(A) = 2 · (−2) − 1 · 3 = −4 − 3 = −7 det(B) = 0 − 2 · 3 = −6
Per calcolare il determinante di C sviluppiamo secondo la terza colonna: 1 −2 2 3 1+3 3+3 det(C) = − 2 · (−1) · det + 2 · (−1) · det 0 −1 1 −2 = − 2 · (−1) + 2 · (−7) = 2 − 14 = −12
Analogamente per calcolare il determinante di D sviluppiamo secondo la terza colonna: 1 1 det(D) = − 2 · (−1)1+3 · det = −2 · (7) = −14 −3 4 Per calcolare il determinante di F sviluppiamo rispetto alla prima riga. Notiamo che il determinante di F risulta il prodotto degli elementi della diagonale: 1 0 1+1 = 7 · 1 · (−3) = −21 det(F ) =7 · (−1) · det 4 −3
86
6. DETERMINANTE E INVERSA DI UNA MATRICE
Esercizio 6.2. Calcolare il determinante delle seguenti 1 2 3 0 A1 = A2 = 2 −1 0 1 −2 0 1 −4 2 A5 = 0 1 A4 = 0 2 −1 0 0 0 0 5 Soluzione: Cominciamo dalle matrici 2 × 2:
matrici:
0 0 3
1 1 A3 = 2 3 1 −1 3 A6 = 1 1 2 2 0 7
det(A1 ) = 1 · (−1) − 2 · 2 = −5
det(A2 ) = 3 · 1 = 3
det(A3 ) = 1 · 3 − 2 · 1 = 1
Consideriamo ora le matrici 3 × 3. Per la matrice A4 sviluppiamo il determinante rispetto alla prima colonna: 2 −1 −4 2 −4 2 det(A4 ) = 1 · det − 0 · det + 0 · det = 1 · (10) = 10 0 5 0 5 2 −1
Per la matrice A5 possiamo sviluppare il determinante indifferentemente rispetto alla prima colonna o alla prima riga: 1 0 = −6 det(A5 ) = −2 · det 0 3 Per la matrice A6 ci conviene sviluppare il determinante rispetto alla seconda colonna: 1 3 1 2 = 1 · (7 − 4) + 1 · (7 − 6) = 3 + 1 = 4 + 1 · det det(A6 ) = −(−1) · det 2 7 2 7
Esercizio 6.3. Calcolare il rango della seguente matrice A, utilizzando il calcolo del determinante. 1 k+2 0 0 4 − k k∈R A = k 2 − 1 1 2k − 3 0 Soluzione: Per calcolare il rango di A utilizziamo la seguente propriet` a. ——————————————————————————————————————————————Il rango di una matrice A corrisponde al massimo ordine di una sottomatrice quadrata di A con deteminante non nullo. ——————————————————————————————————————————————-
Cominciamo quindi a calcolare il determinante di A per stabilire quando rg(A) = 3. Sviluppiamo rispetto alla terza colonna: det(A) = −(4 − k) · [2k − 3 − (k + 2)] = (k − 4)(k − 5)
Quindi det(A) = 0 se k = 4 o k = 5. Di conseguenza: • Se k 6= 4, 5, la matrice ha determinante non • Se k = 4 la matrice A diventa: 1 A = 15 1
nullo, quindi rg(A) = 3. 6 0 0 0 5 0
Sappiamo gi` a che rg(A) ≤ 2. Per stabilire se ha rango 2 basta trovare una sottomatrice 2 × 2 con determinante non nullo. In effetti in A troviamo per esempio la sottomatrice: 1 6 B= det(B) = −15 · 6 6= 0 15 0 quindi rg(A) = 2.
2. SOLUZIONI
• Se k = 5 la matrice A diventa:
87
7 0 0 1 7 0
1 A = 24 1
Sappiamo gi` a che rg(A) ≤ 2. Per stabilire se ha rango 2 basta trovare una sottomatrice 2 × 2 con determinante non nullo. In effetti in A troviamo per esempio la sottomatrice: 7 0 C= det(C) = 7 6= 0 0 1 quindi rg(A) = 2. Esercizio 6.4. Calcolare l’inversa delle matrici (invertibili) 1 −1 1 2 A= B = 1 1 2 −1 2 0
3 2 7
utilizzando il metodo della riduzione a gradini. Soluzione: • Consideriamo la matrice A calcolare rref (A): 1 2 | 1 2 −1 | 0 1 ⇒ −1/5II 0
e procediamo affiancando ad A la matrice identica 2 × 2 prima di
1 2 | 1 ⇒ II − 2I 0 −5 | −2 2 | 1 0 I − 2II 1 ⇒ 1 | 52 − 15 0
0 1
Di conseguenza A−1 =
1 5 2 5
2 5 − 15
=
0 1
0 | 1 |
1 5 2 5
2 5 − 15
1 1 2 5 2 −1
• Consideriamo la matrice B e procediamo affiancando a B la matrice identica 3 × 3 prima di calcolare rref (B): 1 −1 3 | 1 0 0 1 −1 3 | 1 0 0 1 1 2 | 0 1 0 ⇒ II − I 0 2 −1 | −1 1 0 ⇒ 2 0 7 | 0 0 1 III − 2I 0 2 1 | −2 0 1 1 −1 3 | 1 0 0 1 −1 3 | 1 0 0 1 1 0 1 − 1 | − 1 1/2II 0 1 − 12 | − 21 0 0 ⇒ 2 2 2 2 1 1 1/2III 0 0 III − II 0 0 2 | −1 −1 1 1 | − 2 − 2 21 5 7 3 7 1 −1 0 | − 32 − 54 I + II 1 0 0 | I − 3III 2 2 4 4 1 1 1 1 0 1 0 | − 3 ⇒ ⇒ II + 1/2III 0 1 0 | − 34 4 4 4 4 4 1 1 1 1 1 1 0 0 1 | −2 −2 0 0 1 | −2 −2 2 2 Di conseguenza
7 7 −5 1 1 1 B −1 = = −3 1 4 4 1 −2 −2 2 2 ——————————————————————————————————————————————7 4 − 3 4 − 12
7 4 1 4 − 12
− 54
Notiamo che se M ∈ Mn×n `e una matrice tale che rref (M ) = In , allora rg(M ) = n, quindi: una matrice n × n `e invertibile se e solo se ha rango n. ——————————————————————————————————————————————-
88
6. DETERMINANTE E INVERSA DI UNA MATRICE
Esercizio 6.5. Dopo avere stabilito se le seguenti matrici sono invertibili calcolarne l’inversa: 1 2 3 0 1 1 A1 = A2 = A3 = 2 −1 0 1 2 3 1 −1 3 −2 0 0 1 −4 2 A6 = 1 1 2 A5 = 0 1 0 A4 = 0 2 −1 2 0 7 0 0 3 0 0 5 Soluzione: • Poich`e det(A1 ) = −1 − 4 = −5 la matrice A1 `e invertibile. Inoltre ′ a = (−1)1+1 (−1) = −1 1 2 ′11 1+2 5 5 a12 = (−1) 2 = −2 ⇒ A−1 1 = ′ 2+1 a = (−1) 2 = −2 2 1 21 − 5 5 ′ a22 = (−1)2+2 1 = 1
• Consideriamo A2 . Poich`e det(A2 ) = 3 · 1 = 3 6= 0, la matrice A2 `e invertibile. Inoltre ′ a11 = (−1)1+1 1 = 1 1 0 a′ = (−1)1+2 0 = 0 3 12 ⇒ A−1 2 = ′ 2+1 a = (−1) 0 = 0 21 0 1 ′ a22 = (−1)2+2 3 = 3
• Consideriamo A3 . Poich`e det(A3 ) = 3 − 2 = 1 6= 0, la matrice A3 `e invertibile. Inoltre ′ a11 = (−1)1+1 3 = 3 a′ = (−1)1+2 2 = −2 3 −1 12 −1 ⇒ A3 = ′ 2+1 −2 1 a21 = (−1) 1 = −1 ′ 2+2 a22 = (−1) 1 = 1 • Poich`e det(A4 ) = 10 6= 0, la matrice A4 `e invertibile. Inoltre " # 2 −1 ′ 1+1 det = 10 a11 = (−1) 0 5 " # 0 −1 ′ 1+2 a12 = (−1) = det =0 0 5 " # 0 2 a′13 = (−1)1+3 1 = det =0 0 0 " # ′ −4 2 2+1 det = 20 a21 = (−1) 1 0 5 " # 1 2 a′22 = (−1)2+2 = det =5 ⇒ A−1 4 = 0 0 5 " # 1 −4 0 a′23 = (−1)2+3 = det =0 0 0 " # −4 2 3+1 ′ det =0 a31 = (−1) 2 −1 " # ′ 1 2 3+2 = det =1 a32 = (−1) 0 −1 " # a′33 = (−1)3+3 = det 1 −4 = 2 0 2
• Poich`e det(A5 ) = −6 6= 0, la matrice A5 `e invertibile. Inoltre
2
0
1 2
1 10
0
1 5
a′11 = 3
a′12 = 0
a′13 = 0
a′21 = 0
a′22 = −6
a′23 = 0
a′31 = 0
a′32 = 0
a′33 = −2
2. SOLUZIONI
Quindi
− 12
0
0 = A−1 5 0
1 0
89
0
0 1 3
• Poich`e det(A6 ) = 4 6= 0, la matrice A6 `e invertibile. Inoltre a′11 = 7
a′12 = −3
a′21 = 7
a′22 = 1
a′31 = −5
a′32 = 1
Quindi
7 4
3 − A−1 = 6 4 − 12 Esercizio 6.6. Sia A la matrice reale
1 A = k 0
a′13 = −2
a′23 = −2
a′33 = 2 7 4
− 54
1 4
1 4
− 12
1 2
0 1 1 2 2 1
a) Calcolare il determinante di A e stabilire per quali valori di k la matrice `e invertibile. b) Trovare la matrice inversa di A per k = 1. Soluzione: a) det(A) = (1 − 4) + 2k = 2k − 3 La matrice A `e invertibile se il suo determinante `e diverso da zero, ovvero se k 6= 32 . b) Calcoliamo l’inversa di A dopo avere posto k = 1, nel quale caso det(A) = 2 − 3 = −1. a′11 = −3
a′12 = −1
a′21 = 2
a′22 = 1
a′31 = −1
a′32 = −1
Quindi A−1
a′13 = 2
a′23 = −2
a′33 = 1
3 −2 1 = 1 −1 1 −2 2 −1
In alternativa per calcolare l’inversa di A potevamo calcolare rref (A) dopo avere affiancato a A, con k = 1, la matrice identica: 1 0 1 | 1 0 0 1 0 1 | 1 0 0 1 1 2 | 0 1 0 ⇒ II − I 0 1 1 | −1 1 0 0 2 1 | 0 0 1 0 2 1 | 0 0 1 1 0 1 | 1 0 0 0 1 1 | −1 1 0 ⇒ ⇒ III − 2II 0 0 −1 | 2 −2 1 3 −2 1 I + III 1 0 0 | 3 −2 1 II + III 0 1 0 | 1 −1 1 ⇒ A−1 = 1 −1 1 −2 2 −1 −III 0 0 1 | −2 2 −1
90
6. DETERMINANTE E INVERSA DI UNA MATRICE
Esercizio 6.7. Sia A la matrice reale k k−1 A = 0 2k − 2 1 k−1
k 0 2−k
(k reale).
a) Si determini per quali valori di k la matrice A `e invertibile. Si calcoli la matrice inversa di A per k = −1. b) Calcolare il rango di A al variare del parametro k.
Soluzione: a) Una matrice quadrata `e invertibile se ha determinante diverso da zero, ovvero se ha rango massimo. Calcoliamo quindi il determinante di A sviluppando rispetto alla seconda riga: det(A) = (2k − 2) · [k(2 − k) − k] = (2k − 2)(−k 2 + k) Quindi det(A) = 0 se 2k − 2 = 0 ⇒ k = 1
− k2 + k = 0 ⇒ k = 0 o k = 1
Infine A `e invertibile se k 6= 0 e k 6= 1. Calcoliamo l’inversa di A quando k = −1 con il metodo dei complementi algebrici. Notiamo che per k = −1 si ha −1 −2 −1 det(A) = 8 A = 0 −4 0 1 −2 3 Inoltre
A′11 = −12 A′21 = 8 A′22 = −2 A′12 = 0 ′ A13 = 4 A′23 = −4
A′31 = −4 A′32 = 0 A′33 = 4
⇒
A−1
− 23 = 0 1 2
1 − 41 − 12
− 12 0 1 2
In alternativa possiamo calcolare l’inversa di A quando k = −1 con il metodo della riduzione: 1 2 1 | −1 0 0 −1 −2 −1 | 1 0 0 −I 0 −4 0 | 0 1 0 ⇒ −1/4II 0 1 0 | 0 − 1 0 ⇒ 4 1 −2 3 | 0 0 1 III + I 0 −4 2 | 1 0 1 1 1 2 1 | −1 0 0 0 I − 2II 1 0 1 | −1 2 0 1 0 | 0 − 1 0 ⇒ 0 1 0 | 0 − 1 0 4 4 III + 4II 0 0 2 | 1 −1 1 1/2III 0 0 1 | 21 − 12 12 3 −2 1 − 12 1 − 12 I − III 1 0 0 | − 23 0 1 0 | 0 − 1 0 0 ⇒ A−1 = 0 − 41 ⇒ 4 1 1 1 1 1 1 0 0 1 | − − 2 2 2 2 2 2
b) Abbiamo visto che se k 6= 0, 1 la matrice ha determinante non nullo, quindi in questi casi rg(A) = 3. Inoltre: – Se k = 0, A diventa 1 −1 2 III 1 −1 2 0 −1 0 0 −1 0 0 −2 0 ⇒ 1/2II 0 −1 0 ⇒ ⇒ rg(A) = 2 III − II 0 0 0 0 −1 0 I 1 −1 2 – Se k = 1, A diventa 1 0 0 0 1 0
1 1 0 0 0 0 ⇒ III − II 0 0 1
Esercizio 6.8. Sia At la matrice reale
0 t At = 1 1 2 t
0 t 1
Stabilire per quali valori di t la matrice At ´e invertibile.
1 0 0
⇒ rg(A) = 1
(t reale).
2. SOLUZIONI
91
Soluzione: At `e invertibile se il suo determinante `e diverso da zero, ovvero se il suo rango `e 3. Riduciamo quindi A a gradini per stabilire se `e invertibile. II 1 I 0 2
1 t 1 1 1 t 0 t 0 ⇒ t 0 ⇒ III 0 II 0 III − 2I 0 t − 2 1 − 2t t 1
Scambiando ora la seconda e terza colonna otteniamo: 1 t 1 0 1 − 2t t − 2 0 0 t
1 t t − 2 1 − 2t t 0
Quindi At ha rango 3, cio`e At `e invertibile, se t 6= 0, 12 . In alternativa potevamo calcolare direttamente il determinante: det(At ) = −t(1 − 2t)
e At `e invertibile se det(At ) 6= 0, ovvero se t 6= 0, 21 . Esercizio 6.9. Sia A la matrice reale 1 A = 3k 0
−2 0 8 + 2k k − 1 8k + 8 0
(t reale).
a) Calcolare il rango di A al variare del parametro k. b) Esistono valori di k per i quali la matrice `e invertibile?
Soluzione: a) Riduciamo A a gradini: 1 −2 II − 3kI 0 8 + 8k 0 8k + 8
1 −2 0 0 8 + 8k k − 1 ⇒ III − II 0 0 0
0 k−1 −k + 1
Quindi: – Se k 6= ±1, la matrice ha 3 pivot, quindi rg(A) = 3. – Se k = 1 o k = −1, la matrice ha 2 pivot, quindi rg(A) = 2. b) Una matrice quadrata `e invertibile se ha rango massimo. In questo caso A `e invertibile quando ha rango 3 cio`e se k 6= ±1. Esercizio 6.10. Sia A la matrice reale 2 0 5 A = −4k 4k − 1 k − 2 0 1 − 4k 0
(k reale).
a) Calcolare il rango di A al variare del parametro k. b) Esistono valori di k per i quali la matrice `e invertibile?
Soluzione: a) Riduciamo A a gradini: 2 2 0 5 0 II + 2kI 0 4k − 1 11k − 2 ⇒ III + II 0 0 1 − 4k 0
0 4k − 1 0
5 11k − 2 11k − 2
Quindi: 2 – Se k 6= 14 , 11 , la matrice ha 3 pivot, quindi rg(A) = 3. 2 1 , la matrice ha 2 pivot, quindi rg(A) = 2. – Se k = 4 o k = 11 b) Una matrice quadrata `e invertibile se ha rango massimo. In questo caso A `e invertibile quando 2 ha rango 3 cio`e se k 6= 14 , 11 .
92
6. DETERMINANTE E INVERSA DI UNA MATRICE
Esercizio 6.11. Sia A la matrice reale 1 k A = 0 1 2 k
0 k − 4 0
(k reale).
a) Stabilire per quali valori di k la matrice A `e invertibile. b) Per i valori di k trovati al punto precedente determinare l’inversa di A.
Soluzione: a) Calcoliamo il rango di A riducendola a gradini, ricordando che una matrice `e invertibile se ha rango massimo (in questo caso 3): 1 k 0 1 k 0 0 1 k − 4 ⇒ 0 1 k−4 III − 2I 0 −k III + kII 0 0 k(k − 4) 0 A ha tre pivot, e quindi rango 3, se k(k − 4) 6= 0. Quindi A `e invertibile se k 6= 0, 4.
b) Per determinare l’inversa di A calcoliamo rref (A) dopo tenendo conto delle condizioni k 6= 0, 4: 1 k 0 | 1 k 0 | 1 0 0 0 1 k − 4 | 0 1 k − 4 | 0 1 0 ⇒ III − 2I 0 −k 0 | 2 k 0 | 0 0 1 1 I + III 1 0 0 | −1 0 1 0 1 k−4 | 0 1 0 ⇒ II − k1 III 0 1 III + kII 0 0 k(k − 4) | −2 k 1 k(k−4) III 0 Quindi
−1
A
=
−1
2 k 2 − k(k−4)
Esercizio 6.12. Sia A la matrice reale
0 0 1 k−4
2 2 A = 1 2 0 0
avere affiancato a A la matrice identica, 1 0 0 0 1 0 ⇒ −2 0 1 0 0 1 0 0 1
1 1 −k
1 k(k−4)
k 0 3k
| | |
−1
2 k 2 − k(k−4)
0 0 1 k−4
1 − k1
1 k(k−4)
∀k 6= 0, 4
(k reale).
a) Calcolare il rango di A al variare del parametro k. b) Si determini il valore di k tale per cui la matrice A abbia determinante uguale a uno. Per tale valore di k, si calcoli la matrice inversa di A. Soluzione: a) Ricordiamo che una matrice ha rango massimo, in questo caso 3, se ha determinante diverso da zero. det(A) = 2 · 6k − 1 · 6k = 6k
Quindi se k 6= 0 la matrice ha rango 3. Per k = 0 la matrice 2 2 0 2 2 A = 1 2 0 ⇒ 2II − I 0 −2 0 0 0 0 0 e per k = 0 la matrice ha rango 2.
A diventa: 0 0 0
1 b) Abbiamo visto che det(A) = 6k, quindi A ha determinante 1 se k = . 6 1 Calcoliamo l’inversa di A quando k = con il metodo dei complementi algebrici. Notiamo 6 1 che per k = si ha 6 2 2 16 det(A) = 1 A = 1 2 0 0 0 12
2. SOLUZIONI
93
Inoltre A′11 = 1 A′12 = − 21 A′13 = 0
A′21 = −1 A′22 = 1 A′23 = 0
Oppure calcoliamo 2 2 61 | 1 0 1 2 0 | 0 1 0 0 21 | 0 0 1 1 1 12 1 II − I 0 1 − 12 0 0 1 I − II 1 0 0 0 1 0 ⇒ 0 0 1
A′31 = − 13 A′32 = 61 A′33 = 2
⇒
−1
A
1 = − 12 0
−1 − 13 1 1 6 0 2
l’inversa con il metodo della riduzione: 1 0 1/2I 1 1 12 | 12 0 0 1 2 0 | 0 1 0 ⇒ 0 ⇒ 2III 0 0 1 | 0 0 2 1 1 1 | 0 0 0 − 16 I − 1/12III 1 1 0 | 2 2 1 | − 21 1 0 ⇒ II + 1/12III 0 1 0 | − 21 1 6 | 0 0 2 0 0 1 | 0 0 2 1 −1 − 31 | 1 −1 − 13 1 1 | − 21 1 1 ⇒ A−1 = − 12 6 6 | 0 0 2 0 0 2
CAPITOLO 7
Rango: Rouch` e-Capelli, dimensione e basi di spazi vettoriali. Esercizio 7.1. Determinare il rango delle seguenti matrici al variare del parametro t ∈ R. 1 −4 2 1 −4 2 1 0 3 t 0 t + 1 −1 A1 = 0 t + 1 −1 A2 = A3 = 2 1 2 t + 1 0 0 t − 3 t 0 t 0 0 0 t−3 0 0 t
Esercizio 7.2. Siano v, w ∈ Rn vettori colonna. Dimostrare che la matrice A = vwT ∈ Mn (R) ha rango 0 oppure 1. Esercizio 7.3. Determinare per quali valori del parametro reale t il sistema Ax = b `e compatibile (cio`e ammette soluzione). In tali casi determinare esplicitamente le soluzioni. −1 3 0 2 −1 A= 1 2 b = 1 0 0 2t + 1 5 Esercizio 7.4. Si considerino le matrici (dove k `e un parametro reale) 6k 4 −2 2 0 4k + 1 1 4 −1 1 A= b= −2k − 1 −2 1 −1 , 0 2k + 3 2 0 0 2
a) Si stabilisca il rango di A al variare di k. b) Si stabilisca per quali valori di k il sistema lineare Ax = b `e risolubile e in tali casi se ne determinino le soluzioni.
Esercizio 7.5. Si dica per quali valori di k il sistema di equazioni lineari: x + y = 1 kx + y + z = 1 − k (k parametro reale) y + (1 − k)z = 1
ammette un’unica soluzione.
Esercizio 7.6. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2x1 − x2 = k (k parametro reale) x1 − x2 − x3 = 0 x1 − kx2 + kx3 = k
a) Si dica per quali valori di k il sistema ´e compatibile e quando ha infinite soluzioni. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
Esercizio 7.7. Si consideri il sistema lineare −x + 2y + 3z = k + 3 −2x + 6y + (k + 7)z = 2k + 9 x − 4y − 2z = k − 2 3x − 6y + (k − 7)z = k 2 − k − 9
(k parametro reale)
a) Si dica per quali valori di k il sistema ammette una unica soluzione e per quali k ne ammette infinite. b) Si determinino tutte le soluzioni del sistema. 95
96
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Esercizio 7.8. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2 kx + ky + k z = 4 x + y + kz =k x + 2y + 3z = 2k
a) Si dica per quali valori del parametro reale k il sistema `e compatibile. b) Esistono valori di k per i quali il sistema ha infinite soluzioni?
Esercizio 7.9. Si considerino le matrici 1 0 1 1 1 1 A= 1 −1 k + 2 1 0 k+2
3 5 k−1 2k − 1
1 1 b= 2 k
con k parametro reale. a) Si risolva il sistema Ax = b al variare del parametro k. 1 7 b) Si stabilisca per quali valori di k il vettore v = − , −2, , 1 appartiene all’insieme Sol(Ax = b). 3 3 Esercizio 7.10. Dato il sistema x + kz = 1 x + (k − 1)y + (k + 1)z = 1 x + (k − 1)y + (k 2 + 4k + 3)z = k + 3
determinare per quali valori di k ∈ R il sistema ammette soluzioni. In tali casi stabilire anche se ne ammette una o infinite. Esercizio 7.11. Si consideri il sistema lineare x + ky + z = 2k − 1 kx + y + z = 5 x + y + kz = 0
(k parametro reale)
a) Si dica per quali valori di k il sistema `e risolubile. b) Si dica per quali valori di k il sistema ammette un’unica soluzione.
Esercizio 7.12. Si consideri il sistema di equazioni lineari =1 kx + y + z (k parametro reale) y+z =k 3x + ky + 2z = 2
a) Discutere l’esistenza e unicit` a di soluzioni del sistema lineare al variare di k ∈ R. b) Determinare le eventuali soluzioni del sistema al variare di k.
Esercizio 7.13. Si consideri il sistema lineare (1 + k)x = 0 ky + z + w = 2 x + kz + 2w = k x + kw = 0
(k parametro reale)
a) Si dica per quali valori di k il sistema ammette una unica soluzione. b) Si determinino tutte le soluzioni del sistema per k = 0.
Esercizio 7.14. Si consideri il sistema di equazioni lineari: x1 − x2 = t − 2 (t parametro reale) tx1 + (t − 4)x2 = 0 2x1 + (2 − 2t)x2 = 2t − 4
a) Si dica per quali valori di t il sistema `e compatibile. b) Per i valori di t che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
97
Esercizio 7.15. Si consideri il sistema di equazioni lineari: x1 − (k + 1)x2 = k (t parametro reale) 2x1 − 2x2 = 2k (k + 2)x1 + (k − 2)x2 = 0
a) Si dica per quali valori di k il sistema `e compatibile. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
Esercizio 7.16. Si consideri il sistema di equazioni lineari: kx1 − x4 = 1 x + 2x = 0 2 3 (k parametro reale) (k − 1)x1 + (k − 1)x2 = k − 1 kx1 + kx2 = 2k
a) Si dica per quali valori di k il sistema ammette soluzione, specificando se e quando ne ammette una o infinite. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, si determinino le sue soluzioni.
Esercizio 7.17. Al variare del parametro reale k, si risolva il sistema di equazioni lineari omogenee: 2kx2 + x3 − x4 = 0 (t parametro reale) x1 − 2x3 + kx4 = 0 x1 − 2kx3 + x4 = 0
Esercizio 7.18. Si consideri il sistema lineare dipendente dal parametro reale k x1 + kx2 + x3 + x4 = 1 x1 + x2 + 2x3 + x4 = 1 kx1 + kx4 = 1
a) Si determini per quali valori di k il sistema ammette soluzione. b) Si stabilisca se esistono valori di k per i quali il sistema ha soluzione unica.
Esercizio 7.19. Si consideri lo spazio vettoriale N (A) dato dalle soluzioni del sistema omogeneo Ax = 0 con 8k + 1 k + 4 0 k+8 2k 0 1 2k + 2 k parametro reale. A= 0 0 k+4 0 k 0 k+2 k+3 a) Si stabilisca per quali valori di k lo spazio N (A) `e nullo: N (A) = {(0, 0, 0, 0)}. b) Per i valori di k esclusi al punto precedente si determini una base di N (A).
Esercizio 7.20. Si consideri la matrice
1 −1 A= 2 0
0 1 1 1
−2 3 −3 1
a) Indicare basi per lo spazio delle righe e per lo spazio delle colonne di A. b) Esistono valori t ∈ R per cui il sistema Ax = b, con b = (1, 1, t, t) ammetta soluzione? Esercizio 7.21. Si consideri la matrice
2 6 A = 3 k + 11 −1 −3
2k + 2 5k + 7 k2 − 3
dove k `e un parametro reale. a) Si calcoli il rango di A. b) Si stabilsca per quali valori di k il sistema Ax = b ha soluzione per ogni b ∈ R3 .
98
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Esercizio 7.22. Siano dati i seguenti vettori di R3 : v1 ≡ (2, 1, 1),
v2 ≡ (−1, 1, 2),
Stabilire se v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 .
v3 ≡ (3, −2, −1),
v4 ≡ (4, −1, −2).
Esercizio 7.23. Siano dati i segunti vettori di R3 : v1 ≡ (1, 1, 1),
v3 ≡ (0, k 2 + 2, 3),
v2 ≡ (2, 7, 7),
v4 ≡ (1, k + 3, k 2 + 2).
Stabilire se v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 al variare del parametro k.
Esercizio 7.24. Determinare per quali valori del parametro reale k i seguenti vettori formano una base di R3 . v1 ≡ (1, 2, −2),
v2 ≡ (1, 1, −3),
v3 ≡ (3, 7, k − 6)
Esercizio 7.25. a) Mostrare che i vettori v1 = (0, 1, 1),
v2 = (−1, k, 0),
v3 = (1, 1, k)
sono linearmente indipendenti per ogni valore di k ∈ R. b) Esprimere il vettore v = (2, 1, 2) come combinazione lineare di v1 , v2 , v3 . Esercizio 7.26. In R3 siano v1 = (k, 2, 1),
v2 = (−2, 1, 0),
v3 = (0, 1, 1),
(k parametro reale)
a) Si stabilisca per quali valori di k i tre vettori costituiscono una base di R3 . b) Per i valori trovati al punto a), si calcolino le coordinate del vettore v = (−2, 1, 2) rispetto a tale base. Esercizio 7.27. Si consideri il sottospazio V = hv1 , v2 , v3 i di R5 generato dai vettori v1 = (−1, 1, 2, 1, 0), v2 = (0, 2, 1, 1, 0), v3 = (1, 1, −1, 0, 0).
a) Trovare una base di V . b) Determinare le coordinate del vettore v = (−2, 6, 6, 4, 0) ∈ V rispetto alla base trovata al punto a). Esercizio 7.28. Sia V il sottospazio di R3 generato dai vettori: v1 ≡ (2, 1, 1),
v2 ≡ (−1, 1, 2),
v3 ≡ (3, −2, −1),
v4 ≡ (4, −1, −2).
Determinare una base di V . Esprimere inoltre v1 , v2 , v3 e v4 come combinazione lineare degli elementi di tale base. Esercizio 7.29. Sia V il sottospazio di R4 generato dai vettori: v1 ≡ (2, 1, 2, 1),
v2 ≡ (6, 7, 8, 5)
v3 ≡ (2k, k + 8, 3k + 3, 2),
v4 ≡ (0, 2k, 2k, 1).
Determinare una base di V al variare del parametro k. Esprimere inoltre v1 , v2 , v3 e v4 come combinazione lineare degli elementi di tale base. Esercizio 7.30. Sia V il sottospazio di R4 generato dai vettori: v1 ≡ (0, k − 1, k 2 − 1, 3k − 2),
v2 ≡ (1, 3, 0, 3),
v3 ≡ (−1, −2, 1, −1).
Determinare la dimensione e una base di V al variare del parametro reale k.
Esercizio 7.31. Sia W il sottospazio di R4 generato dai vettori {v1 , v2 , v3 , v4 }: v1 = (−1, 1, −1, 1),
v2 = (1, k, 3, 4),
Si calcoli la dimensione di W al variare di k ∈ R.
v3 = (1, −1, k, 1),
v4 = (0, 0, 1, k)
Esercizio 7.32. Si considerino i vettori di R4 v1 = (3, −1, 2, 0),
v2 = (−6, 2, −4, 0),
v3 = (−3, k, k − 3, 0)
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
99
a) Si stabilisca per quali valori di k il vettore v3 appartiene al sottospazio W = hv1 , v2 i generato da v1 e v2 . b) Si trovi, al variare di k, una base di W e una base del sottospazio hv1 , v2 , v3 i.
Esercizio 7.33. Si considerino i vettori di R4 v1 = (1, 2, −1, 3),
v2 = (−2, −4, 2, −6),
v3 = (3, 6, k − 6, 3k)
a) Si stabilisca per quali valori di k il vettore v3 appartiene al sottospazio W = hv1 , v2 i generato da v1 e v2 . b) Si trovi, al variare di k, una base di W e una base del sottospazio hv1 , v2 , v3 i. Esercizio 7.34. Sia V = h v1 , v2 , v3 , v4 i con
v1 = (3, 7, k + 1, 2k + 2), v2 = (2, 2k + 2, 0, 0), v3 = (1, 1, 0, 0), v4 = (−3, −7, −1, 2k)
a) Si determini la dimensione di V al variare di k ∈ R. b) Si determini una base di V al variare di k ∈ R.
Esercizio 7.35. Determinare una base dei seguenti sottospazi W di R3 : (1) W = h(1, 2, 5), (−3, −6, −15)i (2) W = h(1, 2, 5), (−3, −6, −15), (2, 1, 0)i (3) W = h(−1, 2, 0), (0, 1, −1), (1, −1, 2)i Esercizio 7.36. Sia V = h v1 , v2 , v3 i con v1 = (k + 3, k + 3, 0),
v2 = (0, 3, k + 2),
v3 = (0, 3k, k)
a) Si stabilisca per quali valori di k ∈ R lo spazio V coincide con R3 . b) Si determini la dimensione una base di V al variare di k ∈ R. Esercizio 7.37. Sia V lo spazio vettoriale generato dai vettori v1 = (1, −2, 4, 0), v2 = (2, 3, −1, 1) e v3 = (0, −1, 3, 0): V = hv1 , v2 , v3 i
(1) Determinare la dimensione dello spazio vettoriale V . (2) Determinare se il vettore v4 = (3, 1, 3, 1) appartiene a V . In caso positivo esprimere v4 come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . (3) Determinare la dimensione dello spazio vettoriale W = hv1 , v2 , v3 , v4 i. Esercizio 7.38. Sia V = h (1, 1, 2, −1), (2, k + 3, 4, −2), (0, 1, 1, k 2 − 1) i
con k parametro reale. a) Si determini la dimensione di V al variare di k ∈ R. b) Si stabilisca per quali valori di k ∈ R il vettore v4 = (3, 3, k + 6, −3) appartiene a V . Esercizio 7.39. Sia V = hv1 , v2 , v3 i lo spazio vettoriale generato dai seguenti vettori: v1 = (1, 1, 2),
v2 = (0, k − 1, k − 1),
v3 = (2, 1, k + 5)
dove k `e un parametro reale. a) Determinare una base e la dimensione di V al variare del parametro k. b) Stabilire per quali valori di k il vettore v4 = (1, 3, 4) appartiene a V . In caso positivo esprimere v4 come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . Esercizio 7.40. Si considerino i seguenti vettori di R4 : v1 = (1, 0, 3, 1),
v2 = (−3, −3, −3, 0),
v3 = (0, k + 1, k + 1, 0),
dove k `e un parametro reale, e sia V = hv1 , v2 , v2 , v4 i. a) Si stabilisca per quali valori di k lo spazio V coincide con R4 . b) Si determini la dimensione e una base di V al variare di k.
v4 = (k − 1, 1, 3k − 5, 2k − 5),
Esercizio 7.41. Si consideri l’insieme S = { (k + 1, k + 1, 0, 2k), (0, 2k, 0, 0), (1, 3k, 0, 1), (1, 5k, 1, k) } .
a) Si stabilisca per quali valori di k l’insieme S `e una base di R4 . b) Posto k = −1 si trovino le coordinate del vettore v = (1, 1, 0, 1) rispetto alla base trovata.
100
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Esercizio 7.42. Sia W il sottospazio di R4 generato dai vettori v1 = (k, 1, 1, 2),
v2 = (0, 1, 0, 1),
v3 = (k, 0, 1, 1).
a) Al variare del parametro k, trovare una base di W . b) Si completi la base trovata in a) ad una base di R4 . Esercizio 7.43. Sia V = hv1 , v2 , v3 i il sottospazio di R4 generato dai vettori v1 = (k, 0, 0, 1), v2 = (2, 0, 0, 0), v3 = (2, 0, k, 0)
(k parametro reale).
a) Trovare una base di V al variare del parametro k. b) Posto k = 0, completare la base trovata al punto precedente ad una base di R4 . c) Stabilire per quali valori di k il vettore w = (−3, 0, −1, 1) appartiene a V . Esercizio 7.44. Sia B = { (−2, 0, 0), (1, k, −1), (1, −1, k) } a) Trovare i valori del parametro k per cui B `e una base di R3 . b) Per il valore k = 3, determinare le coordinate dei vettori v = (−3, 2, 1) e w = (0, 1, 2) rispetto alla base B.
Esercizio 7.45. Si considerino i vettori di R3 : v1 = (1, 2, 1), v2 = (1, 1, −1), v3 = (1, 1, 3), w1 = (2, 3, −1), w2 = (1, 2, 2), w3 = (1, 1, −3). a) Si calcoli la dimensione dei sottospazi V = hv1 , v2 , v3 i, W = hw1 , w2 , w3 i. b) Si trovi una base del sottospazio intersezione V ∩ W . Esercizio 7.46. Si considerino i seguenti sottospazi di R3 :
U = {(x, y, z) ∈ R3 | x − 2y + z = 0}
V = h(1, 0, 1), (1, 2, 1), (1, 0, 1)i
a) Determinare una base e la dimensione di U e di V . b) Determinare una base e la dimensione di U ∩ V . b) Determinare una base e la dimensione di U + V .
Esercizio 7.47. Si considerino i seguenti sottospazi di R4 : U = {(0, 1, 1, 0)a + (0, 0, 0, 1)b | a, b ∈ R}
V = {(x, y, z, w) ∈ R4 | x + y = 0, z = 2x}
a) Determinare una base e la dimensione di U e di V . b) Determinare una base e la dimensione di U ∩ V . c) Determinare una base e la dimensione di U + V .
Esercizio 7.48. In R4 con il prodotto scalare canonico sia U il sottospazio dei vettori ortogonali al vettore (1, 0, −1, 0) e sia V il sottospazio generato dai vettori (1, 0, −2, 3), (−1, 1, 1, −4), (1, 1, −3, 2). Si trovino la dimensione e una base di U, V, U ∩ V, U + V . Esercizio 7.49. Siano U e V i sottospazi di R3 cos`ı definiti U = (x, y, z) ∈ R3 | x + z = 0 V = h(1, −1, 0), (1, 1, −1)i
a) Determinare la dimensione e una base dei due sottospazi U e V . b) Determinare la dimensione e una base dei due sottospazi U + V e U ∩ V .
Esercizio 7.50. Siano U e V i sottospazi di R3 cos`ı definiti U = (x, y, z) ∈ R3 | x + z = 0 Dimostrare che U = V .
V = h(2, −1, −2), (−3, 4, 3)i
Esercizio 7.51. Si consideri il sottoinsieme S di R4 costituito dai vettori v della forma v = (a1 , a1 − a2 + 2a3 , 2a1 − a2 , a1 + 3a2 + a4 )
dove a1 , a2 , a3 e a4 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R4 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S.
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
101
Esercizio 7.52. Si consideri il sottoinsieme S di R4 costituito dai vettori v della forma v = (a1 − a2 + 2a3 , a1 , 2a1 − a2 , a1 + 3a2 + a4 ) dove a1 , a2 , a3 e a4 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R4 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S. Esercizio 7.53. Si consideri il sottoinsieme S di R4 costituito dai vettori v della forma v = (a1 − a2 + 2a3 + a4 , a1 , 2a1 − a2 , a1 + 3a2 ) dove a1 , a2 , a3 e a4 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R4 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S. Esercizio 7.54. Si consideri il sottoinsieme S di R5 costituito dai vettori v della forma v = (2a1 + a2 , a1 − a2 − 3a3 , a1 − a2 , a1 + 3a2 + a3 , a2 ) dove a1 , a2 e a3 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R5 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S. Esercizio 7.55. Si consideri il sottospazio W di R5 costituito dai vettori w della forma w = (2a1 − a2 − a3 , 2a1 − a3 , a1 , a2 , a1 − 4a2 + a3 ) dove a1 , a2 e a3 sono parametri reali. a) Trovare una base di W . b) Determinare le coordinate del vettore v = (0, 1, 1, 1, −2) ∈ W rispetto alla base trovata al punto a). Esercizio 7.56. Sia
S = (x, y, z) ∈ R3 | x + y + (k + 1)z = k,
2x + y + z = 0
a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per il valore di k trovato al punto precedente determinare una base di S. Esercizio 7.57. Sia S = (x, y, z) ∈ R3 | x − 2y + kz = k − 1,
x − 2y + z = 0,
−2x + 4ky − 2z = 0
a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per il valore di k trovato al punto precedente determinare una base di S.
Esercizio 7.58. Sia S il sottoinsieme di R5 S = x ∈ R5 | x1 − x2 + 2x5 = k, x1 + x3 + kx4 = 0 .
a) Per quali valori del parametro reale k l’insieme S ´ee un sottospazio vettoriale di R5 ? b) Per i valori determinati al punto a), trovare una base di S.
Esercizio 7.59. Sia W il sottinsieme di R5 definito da W = x = (x1 , x2 , x3 , x4 , x5 ) ∈ R5 : x1 − x3 + kx4 + x5 = 0, x2 − 3x4 = k,
x1 − x2 − x3 + 3x4 + x5 = 0 }
Stabilire per quali valori di k l’insieme W `e un sottospazio vettoriale di R5 e calcolarne una base e la dimensione. Esercizio 7.60. a) Trovare una base del sottospazio V di R5 cos`ı definito: V = {x ∈ R5 | 2x1 − x2 + x3 − x4 = 0,
x1 − x3 − 2x4 + 2x5 = 0}.
b) Determinare una base di R5 contenente la base di V trovata in a).
102
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Esercizio 7.61. Sia S = x ∈ R4 |x1 − 4x2 − x3 + 2kx4 = k + 1, 2x1 − kx3 + kx4 = 2k + 2,
3x1 − 4kx2 + 9x3 + 3x4 = 0 }
a) Stabilire per quali valori di k ∈ R l’insieme S `e un sottospazio di R4 . b) Per i valori di k trovati al punto precedente determinare la dimensione e una base di S. Esercizio 7.62. Sia S l’insieme delle soluzioni del seguente sistema lineare: −x1 + (k − 1)x4 = 0 −x + 2x + (k + 1)x + (k − 1)x = 0 1 2 3 4 (k parametro reale) 2x + 2x + (2 − 2k)x = k − 2 1 3 4 x1 + 4x2 + (2k − 2)x3 + (1 − k)x4 = 2 − k
a) Stabilire per quali k l’insieme S `e uno spazio vettoriale e in tali casi determinarne una base. b) Esplicitare S al variare di k ∈ R.
Esercizio 7.63. Sia A la matrice reale seguente: k −k A = 1 −2 0 1
0 1 k
−1 0 1
a) Determinare il rango di A al variare del parametro reale k. b) Calcolare una base del nucleo di A, cio´e dello spazio delle soluzioni del sistema lineare omogeneo Ax = 0, nel caso k = 1.
Esercizio 7.64. a) Sia V = h (1, 2, 1), (−1, 3, 0), (3, 1, 2) i
Si determini la dimensione e una base di V . b) Sia S = (x, y, z) ∈ R3 | x − y + 3z = 0, 2x + 3y + z = 0, x + 2z = 0 Si determini la dimensione e una base di S. c) Si confrontino i metodi risolutivi e i risultati dei due precedenti punti.
Esercizio 7.65. Sia W il sottospazio di R5 generato dai vettori: v1 = (0, 1, 2, 0, 1),
v2 = (k, 1, 2, 0, 2),
v3 = (0, 0, 0, k, 1)
a) Al variare del parametro k, trovare una base di W . b) Si completi la base trovata in a) ad una base di R5 . Esercizio 7.66. Dati i vettori linearmente indipendenti v1 = (3, 0, 1) e v2 = (1, 4, −2) completare l’insieme S = {v1 , v2 } in modo da ottenere una base di R3 . Esercizio 7.67. Siano v1 = (1, −1, −1, 1), v2 = (k, 1, 1, −1) ∈ R4
a) Si trovino i valori del parametro k per i quali v1 e v2 sono indipendenti. b) Per k = 2, si estenda l’insieme {v1 , v2 } a una base di R4 . Esercizio 7.68. Si consideri l’insieme S costituito dai seguenti vettori di R4 v1 = (1, 2, 2, 1),
v2 = (2, 1, 2, 1),
v3 = (0, 1, 2, 1)
a) E’ possibile estendere S a una base di R4 ? b) In caso affermativo, trovare una base di R4 contenente S. Esercizio 7.69. Si considerino i vettori di R4 v1 = (2, 1, −1, 3),
v2 = (1, 0, 5, 1),
v3 = (2, −1, 3, 1).
a) Stabilire se il vettore v = (0, 0, 1, 0) `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . b) Completare l’insieme {v1 , v2 , v3 } ad una base di R4 .
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
103
Esercizio 7.70. Sia dato l’insieme V = {p(x) ∈ R3 [x] | p(1) = 0 }
a) Verificare che l’insieme V `e un sottospazio vettoriale di R3 [x]. b) Determinare una base di V . Esercizio 7.71. Siano dati i polinomi p1 (x) = 1 + x,
p2 (x) = 1 + 2x + x2 ,
p3 (x) = x − x2 .
a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x)} `e una base di R2 [x]. b) Esprimere f (x) = x2 − x + 2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). Esercizio 7.72. Si considerino i polinomi p1 = x2 +ax+b+c, p2 = x2 +bx+a+c, p3 = x2 +cx+a+b. a) Mostrare che per ogni valore dei parametri a, b, c i tre polinomi sono dipendenti nello spazio dei polinomi R[x]. b) Calcolare la dimensione e una base dello spazio hp1 , p2 , p3 i ⊆ R[x] al variare di a, b, c. Esercizio 7.73. Sia S il sottoinsieme dello spazio dei polinomi R3 [x] cos`ı definito: S = {p(x) = ax3 + bx2 + cx + d ∈ R3 [x] | p(0) = 0}
a) Mostrare che S `e un sottospazio vettoriale di R3 [x]. b) Determinare la dimensione di S.
Esercizio 7.74. Sia W l’insieme dei polinomi p(x) = ax3 + bx2 + cx + d ∈ R[x], di grado al pi` u 3, tali che p(0) = p(1) = 0. Determinare un insieme generatore di W . Esercizio 7.75. Si considerino i polinomi a coefficienti reali p1 = x2 + x,
p2 = kx2 − 1,
p3 = x2 + 2x + k.
a) Stabilire per quali valori di k i tre polinomi formano una base dello spazio R2 [x]. b) Per i valori di k per cui i polinomi sono dipendenti, trovare uno o pi` u polinomi che completano l’insieme {p1 , p2 , p3 } ad un’insieme generatore di R2 [x]. Esercizio 7.76. Si considerino i polinomi a coefficienti reali p1 = x2 + x,
p2 = kx2 − 1,
p3 = x2 + 2x + k.
a) Stabilire per quali valori di k i tre polinomi sono linearmente dipendenti. b) Per i valori di k per cui i polinomi sono dipendenti esprimere un polinomio come combinazione lineare degli altri. Esercizio 7.77. Si considerino i polinomi p1 (x) = x2 + 2,
p2 (x) = 3x + 4,
p3 (x) = −x2 + 6x + 6
e sia W = hp1 , p2 , p3 i il sottospazio di R2 [x] generato da p1 , p2 e p3 . a) Si determini la dimensione e una base di W . b) Si stabilisca per quali valori di k il polinomio fk (x) = (k + 1)x2 + 3kx + 4 appartiene a W . Esercizio 7.78. Nello spazio vettoriale V = R2 [x] dei polinomi reali di grado non superiore a due, si considerino gli elementi p1 = x − 1,
p2 = x + 1,
p3 = x2 − x.
a) Si mostri che l’insieme B = {p1 , p2 , p3 } `e una base di V . b) Si trovino le coordinate del polinomio costante 1 nella base B.
Esercizio 7.79. Sia V lo spazio vettoriale dei polinomi a coefficienti reali nella variabile x, di grado minore o uguale a 3. a) Si mostri che U = {f (x) ∈ V | f (1) = f (2) = 0} `e un sottospazio vettoriale di V e se ne trovi una base. b) Si completi la base trovata al punto precedente ad una base di V .
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
104
Esercizio 7.80. Siano dati i polinomi p2 (x) = −x + x2 ,
p1 (x) = 2 − x,
p3 (x) = 3 + x − x2 .
a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x)} `e una base di R2 [x]. b) Esprimere f (x) = 1 + 2x + 2x2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). Esercizio 7.81. Si considerino i polinomi p1 (x) = 2x + x2 − x3 , p2 (x) = 1 − x + x2 , p3 (x) = 3 + x − x3 , p4 (x) = x2 + x3 a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x), p4 (x)} `e una base di R3 [x]. b) Esprimere f (x) = (x + 1)3 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x), p4 (x). Esercizio 7.82. Dati i polinomi p1 (x) = x2 + 2x, p2 (x) = x2 − x, p3 (x) = 2x + 1 a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x)} `e una base di R2 [x] b) Esprimere f (x) = 3x2 − 2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). Esercizio 7.83. Sia W il sottoinsieme dello spazio di polinomi R3 [x] definito da (p′′′ `e la a) b) c)
W = {p(x) ∈ R3 [x] | p′′′ = 0, p(1) = 0} derivata terza di p) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di R2 [x]. Trovare una base e la dimensione di W . Determinare le coordinate del polinomio p(x) = 2x2 − x − 1 ∈ W rispetto alla base trovata al punto b).
Esercizio 7.84. Sia S l’insieme delle matrici simmetriche: a b S= | a, b, c ∈ R b d (Notiamo anche che S = A ∈ M2×2 | AT = A ). a) Verificare che S `e un sottospazio di M2×2 . b) Determinare una base di S. Esercizio 7.85. Sia S il sottinsieme dello spazio delle matrici M3,2 (R) cos`ı definito: a b S = b a ∈ M3,2 (R) | a, b ∈ R 0 0 a) Mostrare che S `e un sottospazio vettoriale di M3,2 (R). b) Determinare un insieme generatore di S.
Esercizio 7.86. a) Mostrare che l’insieme W =
3a a
−a + b −2a + b
| a, b ∈ R
`e un sottospazio vettoriale dello spazio delle matrici reali M2,2 (R). b) Determinare una base di W . Esercizio 7.87. Si consideri il sottospazio 3a + b + 3c S= a + 3b − 7c
2b − 6c 4a + 8c
| a, b, c ∈ R
dello spazio delle matrici reali M2 (R). a) Determinare una base di S. 2 0 ∈ S (ed in caso positivo esprimere A come combinazione lineare b) Stabilire se A = 2/3 8/3 della base trovata in a)).
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
105
Esercizio 7.88. Sia V Lo spazio vettoriale delle matrici reali 2 × 2. Si consideri la matrice A = −8 −7 e sia S il sottinsieme di V costituito dalle matrici che commutano con A: 1 0 a b S= M= ∈ V : AM = M A c d a) Mostrare che S `e un sottospazio di V . b) Calcolare la dimensione e una base di S.
Esercizio 7.89. Sia
1 −1 A= −2 2
e sia S = {M ∈ M2 (R) | AM = M A = 0}. Dimostrare che S `e un sottospazio di M2 (R) e calcolarne la dimensione. Esercizio 7.90. Si consideri la matrice
1 A= 2
k . 3
a) Si determini una base del sottospazio U = {X ∈ M2 (R) : AX = XA} . b) Mostrare che il sottoinsieme W = {X ∈ U : X `e invertibile} non `e un sottospazio vettoriale di U . Esercizio 7.91. Sia W = hA, 0 A= k
B, Ci il sottospazio di M2 (R) generato dalle matrici 0 1 k k 1 , B= , C= 0 −2 0 k−1 1
Si determini la dimensione di W e una sua base al variare del parametro reale k.
Esercizio 7.92. Sia V = hA, B, Ci il sottospazio di M2×2 (R) dove 2 3 2 1 2 0 . , C= , B= A= 7 8 3 4 1 2
a) Si determini la dimensione e una base di V . 2 2 come combinazione lineare della base trovata al punto a). b) Si esprima D = 5 6
Esercizio 7.93. Si considerino le matrici 0 1 2 , B= A= 0 −3 0
3 , 1
2 7 C= −6 1
a) Si stabilisca se A, B e C sono linearmente indipendenti in M2 (R). b) Si determini una base del sottospazio hA, B, Ci.
Esercizio 7.94. Sia V = hA, B, Ci il sottospazio di M2 (R) generato dalle matrici 6 k−2 2 9 0 4 2 1 , D= , C= , B= A= 2 k+2 10 1 4 0 2 1
a) Si determini la dimensione e una base di V . b) Si stabilisca per quali k la matrice D appartiene a V . In tali casi si esprima D come combianzione lineare della base trovata al punto precedente.
Esercizio 7.95. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione 4 e sia B = {v1 , v2 , v3 , v4 } una sua base. a) Mostrare che l’insieme B ′ = {v1 + v2 , v2 + v3 , v3 + v4 , v4 } `e una sua base di V . b) Calcolare le coordinate del vettore v = v1 + v2 + v3 + v4 rispetto a B e rispetto a B ′ . Esercizio 7.96. Si consideri l’insieme S di matrici 3 × 3
S = {A = [aij ] ∈ M3 (R) : a11 + a12 = a32 + a33 = 0} .
a) Stabilire se S `e un sottospazio vettoriale di M3 (R). In caso affermativo, trovarne la dimensione. b) Sia Sim3 (R) lo spazio delle matrici reali simmetriche 3 × 3. Trovare una base dello spazio intersezione S ∩ Sim3 (R). Esercizio 7.97. Sia W il seguente sottoinsieme dello spazio delle matrici 3 × 3: W = A ∈ M3,3 (R) | A + AT = 0 .
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
106
a) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R). b) Trovare una base di W . c) Mostrare che ogni elemento di W ha rango minore di 3. Esercizio 7.98. Sia W il seguente sottoinsieme dello spazio delle matrici 3 × 3: W = A ∈ M3,3 (R) | A = AT , tr(A) = 0
a) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R). b) Trovare una base di W . 2 1 1 c) Calcolare le coordinate di B = 1 −2 3 ∈ W rispetto alla base trovata al punto b). 1 3 0
Esercizio 7.99. Sia W il seguente sottoinsieme dello spazio delle matrici 3 × 3: W = {A ∈ M3,3 (R) | aij = 0 per i ≥ j}
a) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R). b) Trovare una base di W . c) Mostrare che per ogni matrice A in W , la matrice A2 ha rango minore di 2. ——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti ——————————————————————————————————————————————Rango. Per calcolare il rango di una matrice possiamo utilizzare i sottodeterminanti oppure i pivot. Infatti valgono le seguenti propriet` a: (1) Il rango di una matrice A corrisponde al massimo ordine di una sua sottomatrice (quadrata) con determinante non nullo. (2) Il rango di una matrice A corrisponde al numero dei suoi pivot, una volta che A `e stata ridotta a gradini. (3) Il rango di una matrice A `e uguale al numero di righe linearmente indipendenti. (4) Il rango di una matrice A `e uguale al numero di colonne linearmente indipendenti. Osservazioni • Come conseguenza delle propriet` a 3) e 4) si ha che se A `e una matrice n × m, allora rg(A) ≤ min{m, n} • Per utilizzare la propriet` a 1) si pu` o anche ridurre (parzialmente) a gradini la matrice. ——————————————————————————————————————————————-
Rouch` e-Capelli. Un sistema di equazioni Ax = b ammette soluzioni (`e compatibile) se e solo se il rango della matrice dei coefficienti A `e uguale al rango della matrice completa A|b: rg(A) = rg(A|b) Inoltre: • Ammette un’unica soluzione se rg(A) = rg(A|b) = numero delle incognite. • Ammette infinite soluzioni se rg(A) = rg(A|b) < numero delle incognite. ——————————————————————————————————————————————Dipendenza lineare. Sia V uno spazio lineare e v, vi vettori di V . • v `e combinazione lineare di v1 , . . . , vn se l’equazione:
x1 v 1 + x2 v 2 + · · · + xn v n = v
ammette soluzione.
2. SOLUZIONI
107
Nel caso particolare in cui V ⊆ Rm , alla precedente equazione possiamo associare la matrice A|b, dove le colonne di A sono date dai vettori v1 , . . . , vn e b `e data dal vettore v. In tale caso: v `e combinazione lineare di v1 , . . . , vn sse rg(A) = rg(A|b) —————————————————————————————————————————— • v1 , . . . , vn sono linearmente indipendenti se l’equazione: x1 v 1 + x2 v 2 + · · · + xn v n = 0
ammette la sola soluzione nulla x1 = x2 = . . . , xn = 0. Nel caso particolare in cui V ⊆ Rm , alla precedente equazione possiamo associare la matrice A|0, dove le colonne di A sono date dai vettori v1 , . . . , vn . In tale caso: v1 , . . . , vn sono linearmente indipendenti sse rg(A) = n ——————————————————————————————————————————————Basi e dimensione. Sia S = {v1 , v2 , . . . , vn } un sottinsieme di V . Diciamo che S `e una base di V se: (1) S `e un insieme generatore di V : V = hSi, cio`e ogni elemento di V si pu` o scrivere come combinazione lineare degli elementi di S. (2) Gli elementi di S sono linearmente indipendenti. La dimensione di uno spazio vettoriale corrisponde al numero di elementi di una sua base. Nel caso particolare in cui V = Rn sappiamo che S per essere una base deve essere formato da n elementi, ed `e sufficiente verificare che gli n elementi di S siano linearmente indipendenti. Ragionando sui ranghi, n vettori di Rn formano una base di Rn se e solo se la matrice associata ha rango n. ——————————————————————————————————————————————Spazi vettoriali • Nel caso particolare di
V = h v1 , v2 , . . . , vn i,
se indichiamo con A la matrice formata dai vettori colonna v1 , . . . , vn , allora: dim(V ) = rg(A) B(V ) = base di V • Nel caso particolare di
= {vettori linearmente indipendenti tra v1 , . . . , vn }
= {vettori tra v1 , . . . , vn corrispondenti ai pivot di A }
V = { soluzioni di un sistema omogeneo },
se indichiamo con A la matrice associata al sistema e con n il numero delle incognite, allora: dim(V ) = n − rg(A)
B(V ) = base di V = {generatori delle soluzioni una volta scritte in forma vettoriale }
——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 7.1. Determinare il rango delle seguenti matrici al variare del parametro t ∈ R. 1 −4 2 1 −4 2 1 0 3 t 0 t + 1 −1 A1 = 0 t + 1 −1 A3 = 2 1 2 t + 1 A2 = 0 0 t − 3 0 0 t−3 t 0 t 0 0 0 t Soluzione: • Consideriamo la matrice A1 . Visto che A1 `e ridotta a gradini `e immediato calcolarne il rango utilizzando i pivot: – Se t + 1 e t − 3 sono non nulli, ovvero se t 6= −1, 3, allora A1 ha tre pivot e rg(A1 ) = 3.
108
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
– Se t = −1 la matrice diventa: 1 −4 1 −4 2 0 0 0 0 −1 ⇒ III − 4II 0 0 0 0 −4
2 −1 0
Quindi se t = −1 la matrice A1 ha due pivot e rg(A1 ) = 2. – Se t = 3 la matrice diventa: 1 −4 2 0 4 −1 0 0 0 Quindi se t = 3 la matrice A1 ha due pivot e rg(A1 ) = 2.
Analogamente potevamo calcolare il rango di A1 ragionando sui determinanti. det(A1 ) = (t + 1)(t − 3)
Quindi: – Se t 6= −1, 3, la matrice ha determinante non nullo, quindi A1 ha rango 3. – Se t = −1, la matrice ha determinante nullo, quindi rg(A1 ) ≤ 2. Inoltre in A1 troviamo la sottomatrice −4 2 0 −1
con determinante non nullo. Quindi rg(A1 ) = 2 – Se t = 3, la matrice ha determinante nullo, quindi rg(A1 ) ≤ 2. Inoltre in A1 troviamo la sottomatrice 1 −4 0 4 con determinante non nullo. Quindi anche in questo caso rg(A1 ) = 2.
• Anche se la matrice A2 non `e completamente ridotta a gradini possiamo comunque calcolarne il rango ragionando sui pivot. – Se t 6= −1 la matrice A2 ha tre pivot e quindi rg(A2 ) = 3. Notiamo che anche nei casi particolari t = 3 e t = 0 otteniamo una matrice con tre pivot, infatti: ∗ Se t = 3: 1 −4 2 1 −4 2 0 4 −1 0 4 −1 ⇒ A2 = 0 0 IV 0 0 0 3 III 0 0 0 0 3 0 Quindi A2 ha effettivamente tre ∗ Se t = 0: 1 0 A2 = 0 0
pivot.
−4 2 1 −1 0 −3 0 0
Quindi A2 ha effettivamente tre pivot. – Se t = −1 otteniamo la matrice 1 −4 2 1 0 0 −1 0 A2 = 0 0 −4 ⇒ III + 4II 0 IV − II 0 0 0 −1
−4 2 0 −1 0 0 0 0
Quindi se t = −1 la matrice A2 ha due pivot e rg(A2 ) = 2.
Calcoliamo ora il rango di A2 ragionando sui determinanti. Consideriamo la sottomatrice quadrata 3 × 3 1 −4 2 B = 0 t + 1 −1 0 0 t−3
il cui determinante vale
det(B) = (t + 1)(t − 3)
2. SOLUZIONI
109
Quindi: – Se t 6= −1, 3, la matrice B ha determinante non nullo, quindi A2 ha rango 3. – Se t = −1, la matrice B ha determinante nullo e 1 −4 2 0 0 −1 A2 = 0 0 −4 0 0 −1
Di conseguenza per t = −1 ogni sottomatrice 3 × 3 di A2 ha determinante nullo, mentre −4 2 det = 4 6= 0 0 −1
Di conseguenza rg(A2 ) = 2 – Se t = 3, la matrice B ha determinante nullo e 1 −4 2 0 4 −1 A2 = 0 0 0 0 0 3 In A2 troviamo quindi la sottomatrice 3 × 3 1 −4 2 0 4 −1 0 0 3
con determinante non nullo. Quindi rg(A2 ) = 3.
• Riduciamo a gradini della matrice A3 :
1 II − 2I 0 III − tI 0
0 3 1 −4 0 −2t
t 1 − t −t2
Se ragioniamo sui pivot otteniamo: – Se t 6= 0 la matrice ha 3 pivot, quindi rg(A3 ) = 3. – Se t = 0 la matrice A3 diventa 1 0 3 0 0 1 −4 1 0 0 0 0 quindi ha 2 pivot e rg(A3 ) = 2.
Ragionando invece sui determinanti notiamo che A3 contiene la sottomatrice 3 × 3 1 0 3 2 1 2 t 0 t
il cui determinante `e −2t. Di conseguenza – Se t 6= 0 la matrice A3 ha rango 3. – Se t = 0 otteniamo la matrice
1 0 A3 = 2 1 0 0
3 0 2 1 0 0
che ha una riga nulla, quindi tutte le sottomatrici 3 × 3 di A3 hanno determinante nullo e rg(A3 ) ≤ 2. Inoltre in A3 troviamo la sottomatrice 1 0 2 1 con determinante non nullo. Quindi in questo caso rg(A3 ) = 2. n
Esercizio 7.2. Siano v, w ∈ R vettori colonna. Dimostrare che la matrice A = vw rango 0 oppure 1.
T
∈ Mn (R) ha
110
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Soluzione: Siano v T = (v1 , v2 , . . . , vn ) e wT = (w1 , w2 , . . . wn ), allora vwT `e v1 v 1 w1 v2 v 2 w1 A= . . . · w1 w2 . . . wn = . . . vn v n w1
una matrice n × n: v 1 w2 . . . v 1 wn v 2 w2 . . . v 2 wn v n w2 . . . v n wn
In sostanza ogni riga di A `e un multiplo della riga formata da wT . Se v = 0 o w = 0, allora anche la matrice A `e nulla e rg(A) = 0, altrimenti A pu` o essere ridotta nella matrice w1 w2 . . . wn 0 0 ... 0 . . . 0 0 ... 0
dove la riga ottenuta `e non nulla, quindi se v 6= 0 e w 6= 0 la matrice A = vwT ha rango 1.
Esercizio 7.3. Determinare per quali valori del parametro reale t il sistema Ax = b `e compatibile (cio`e ammette soluzione). In tali casi determinare esplicitamente le soluzioni. 2 −1 3 0 −1 b = 1 A= 1 2 5 0 0 2t + 1 Soluzione: Sia x = [x1 , x2 , x3 ]T e calcoliamo −1 Ax = 1 0
Ax: 3 2 0
−x1 + 3x2 x1 0 −1 · x2 = x1 + 2x2 − x3 (2t + 1)x3 x3 2t + 1
L’equazione Ax = b si traduce quindi nel sistema −x1 + 3x2 = 2 x1 + 2x2 − x3 = 1 (2t + 1)x3 = 5
La matrice associata a tale sistema `e quindi formata dalla matrice b come matrice dei termini noti: −1 3 0 1 2 −1 0 0 2t + 1
matrice A come matrice dei coefficienti e dalla | | |
2 1 5
Per stabilire l’esistenza e l’unicit` a delle soluzioni utilizziamo il teorema di Rouch` e-Capelli: ——————————————————————————————————————————————Un sistema di equazioni AX = b ammette soluzioni (`e compatibile) se e solo se il rango della matrice dei coefficienti A `e uguale al rango della matrice completa A|b: rg(A) = rg(A|b) Inoltre: • Ammette un’unica soluzione se rg(A) = rg(A|b) = numero delle incognite. • Ammette infinite soluzioni se rg(A) = rg(A|b) < numero delle incognite. Notiamo che il numero delle incognite del sistema corrisponde al numero delle colonne di A. ——————————————————————————————————————————————Riduciamo quindi A|b a gradini per calcolarne il rango: −1 3 0 | −1 | II + I 0 5 0 0 2t + 1 | Si tratta quindi di distinguere due casi.
2 3 5
2. SOLUZIONI
111
1 allora rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema ammette un’unica soluzione: 2 −2t + 14 x1 = 5(2t + 1) −x1 + 3x2 = 2 6t + 8 ⇒ x2 = 5x2 − x3 = 3 5(2t + 1) (2t + 1)x3 = 5 5 x3 = 2t + 1 1 • Se t = − , allora rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 e il sistema non ammette soluzioni. 2
• Se t 6= −
Esercizio 7.4. Si considerino le matrici (dove k `e un parametro reale) 6k 4 −2 2 0 4k + 1 1 4 −1 1 A= b= −2k − 1 −2 1 −1 , 0 2k + 3 2 0 0 2
a) Si stabilisca il rango di A al variare di k. b) Si stabilisca per quali valori di k il sistema lineare Ax = b `e risolubile e in tali casi se ne determinino le soluzioni.
Soluzione: Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice A|b. Scambiamo la prima e quarta colonna di A e ricordando poi tale scambio prima di rispondere alla domanda b). 1 2 −1 3k | 0 1/2I 2 4 −2 6k | 0 1 k + 1 | 1 II − 1/2I 4 −1 4k + 1 | 1 ⇒ 0 2 0 −1 −2 1 −2k − 1 | 0 ⇒ III + 1/2I 0 0 0 k − 1 | 0 0 2 0 2k + 3 | 2 0 2 0 2k + 3 | 2 1 2 −1 3k | 0 0 2 0 k + 1 | 1 0 0 0 k − 1 | 0 IV − II 0 0 0 k + 2 | 1 Anche senza completare la riduzione siamo in grado di risponedere ad entrambe le domande.
a) La matrice A ha rango 3 per ogni valore di k, infatti i due termini k − 1 e k + 2 non si possono annullare contemporaneamente. b) Il sistema Ax = b ha soluzione se anche rg(A|b) = 3, cio`e se k = 1 quando, ricordando lo scambio di colonne, otteniamo il sistema: x = 31 1 2 −1 3 | 0 w + 2y − z + 3x = 0 2 0 2 | 1 y = 61 ⇒ 2y + 2x = 1 ⇒ ∀t ∈ R 0 0 0 3 | 1 z=t 3x = 1 0 0 0 0 | 0 w = − 34 + t Infine le soluzioni del sistema sono gli elementi dell’insieme 1 1 4 + (0, 0, 1, 1)t | t ∈ R . (x, y, z, w) = , , 0, − 3 6 3
Esercizio 7.5. Si dica per quali valori di k il sistema di equazioni lineari: x + y = 1 kx + y + z = 1 − k (k parametro reale) y + (1 − k)z = 1
ammette un’unica soluzione. Soluzione:
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
112
Dal teorema di Rouch`e Capelli sappiamo che il sistema ammette una unica soluzione se rg(A) = rg(A|b) = 3. Riduciamo quindi a gradini la matrice A|b associata a tale sistema per calcolarne il rango: 1 1 0 | 1 1 1 0 | 1 k 1 1 | 1 − 2k ⇒ 1 | 1 − k ⇒ II − kI 0 1 − k 0 1 1−k | 1 0 1 1−k | 1 1 1 0 | 1 1 1 0 | 1 0 1 III 0 1−k | 1 1 1−k | 1 ⇒ III + (k − 1)II 0 0 −k 2 + 2k | −k II 0 1 − k 1 | 1 − 2k
Il sistema ammette un’unica soluzione se il rango della matrice dei coefficienti e della matrice completa sono entrambi tre. Dalla matrice ridotta questo avviene per k 6= 0, 2. Anche se non `e richiesto dall’esercizio notiamo che per k = 2 il sistema non ammette soluzione, mentre per k = 0 ne ammette infinite. In alternativa potevamo calcolare il rango della matrice ragionando sui determinanti: det(A) = 1 − k − 1 − k(1 − k) = k 2 − 2k
Quindi se k 6= 0, 2, la matrice A ha determinante non nullo, quindi rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema ammette una unica soluzione. Esercizio 7.6. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2x1 − x2 = k (k parametro reale) x1 − x2 − x3 = 0 x1 − kx2 + kx3 = k
a) Si dica per quali valori di k il sistema ´e compatibile e quando ha infinite soluzioni. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
Soluzione: Riduciamo a gradini la 2 1 1
matrice associata a tale sistema 2 −1 −1 0 | k −1 −1 −1 | 0 ⇒ 2II − I 0 III − II 0 −k + 1 −k k | k 2 −1 0 | k 0 1 −II 2 | k III + (−k + 1)II 0 0 3k − 1 | k 2
0 | −2 | k+1 |
k −k ⇒ k
a) Dobbiamo distinguere due casi: – Se k = 31 allora rg(A) = 2 mentre rg(A|b) = 3, quindi il sistema non ammette soluzioni. – Se k 6= 13 allora rg(A) = 3 = rg(A|b) = numero delle incognite, quindi il sistema ammette una unica soluzione. Per rispondere alla domanda a) potevamo anche ragionare sul determinante: Quindi
det(A) = 2(−k − k) + (k + 1) = −3k + 1
1 – Se k 6= , la matrice A ha detereminante non nullo, quindi rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema 3 ammette una unica soluzione. 1 – Per k = otteniamo la matrice (numerica, quindi facilissima da ridurre a gradini, se 3 preferiamo utilizzare la riduzione a questo punto) 2 −1 0 | 13 1 −1 −1 | 0 1 1 − 13 | 13 3 Poich´e det(A) = 0, rg(A) ≤ 2. In A|b troviamo la sottomatrice: −1 0 | 13 −1 −1 | 0 1 | 13 − 13 3
2. SOLUZIONI
113
il cui determinante `e non nullo, quindi rg(A|b) = 3. Quindi se k = rg(A|b) = 3, quindi il sistema non ammette soluzione. b) Risolviamo il sistema per k 6= 31 2k2 −k 2x− x2 = k x1 = −2 3k−1 −k ⇒ x2 = k3k−1 x2 + 2x3 = k k2 (3k − 1)x3 = k 2 x3 = 3k−1 Esercizio 7.7. Si consideri il sistema lineare −x + 2y + 3z = k + 3 −2x + 6y + (k + 7)z = 2k + 9 x − 4y − 2z = k − 2 3x − 6y + (k − 7)z = k 2 − k − 9
1 si ha rg(A) ≤ 2 < 3
(k parametro reale)
a) Si dica per quali valori di k il sistema ammette una unica soluzione e per quali k ne ammette infinite. b) Si determinino tutte le soluzioni del sistema.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice associata a tale sistema −1 2 −1 2 3 | k+3 0 −2 6 k + 7 | II − 2I 2 2k + 9 ⇒ 1 −4 −2 | III + I 0 −2 k−2 IV + 3I 0 0 3 −6 k − 7 | k 2 − k − 9 −1 −1 2 3 | k+3 0 0 2 k+1 | 3 ⇒ 0 III + II 0 0 k + 2 | 2k + 4 IV − III 0 0 0 k + 2 | k 2 + 2k
k+3 3 ⇒ 2k + 1 k 2 + 2k 3 | k+3 k+1 | 3 k + 2 | 2k + 4 0 | k2 − 4
3 k+1 1 k+2 2 2 0 0
| | | |
a) Notiamo che k 2 − 4 = 0 se k = ±2, e che k + 2 = 0 se k = −2. Di conseguenza: – Se k 6= ±2 allora rg(A) = 3 < rg(A|b) = 4 quindi il sistema non ammette soluzione. – Se k = 2 allora rg(A) = rg(A|b) = 3 quindi il sistema ammette una unica soluzione. – Se k = −2 allora rg(A) = rg(A|b) = 2 quindi il sistema ammette infinite soluzioni. b) Consideriamo il caso k = 2: −x + 2y + 3z = 5 x = −2 ⇒ 2y + 3z = 3 y = − 23 4z = 8 z=2 Consideriamo il caso k = −2: ( −x + 2y + 3z = 1 2y − z = 3
.
x = 8t − 10 ⇒ y=t z = 2t − 3
Esercizio 7.8. Si consideri il sistema di equazioni lineari: 2 kx + ky + k z = 4 x + y + kz =k x + 2y + 3z = 2k
∀t ∈ R
a) Si dica per quali valori del parametro reale k il sistema `e compatibile. b) Esistono valori di k per i quali il sistema ha infinite soluzioni?
Soluzione:
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
114
Poich`e non ci sono richieste esplicitamente le soluzioni, ma solo la loro esistenza, utilizziamo il teorema di Rouch` e-Capelli: Un sistema di equazioni AX = b ammette soluzioni (`e compatibile) se e solo se il rango della matrice dei coefficienti A `e uguale al rango della matrice completa A|b: rg(A) = rg(A|b) Inoltre: • Ammette un’unica soluzione se rg(A) = rg(A|b) = numero delle incognite. • Ammette infinite soluzioni se rg(A) = rg(A|b) < numero delle incognite. Ricordiamo inoltre che: Il rango di una matrice A corrisponde al numero dei suoi pivot, una volta che A `e stata ridotta a gradini. In seguito vedremo altri metodi per calcolare il rango di una matrice. Consideriamo la matrice associata al sistema: k k k2 | 4 1 1 k | k 1 2 3 | 2k a) Il sistema `e compatibile se il rango della matrice completa e incompleta coincidono. Per determinare il rango riduciamo la matrice a gradini: III 1 2 3 | 2k 1 2 3 | 2k 1 1 k | k ⇒ II − I 0 −1 k − 3 | −k I k k k2 | 4 III − kII 0 0 0 | 4 − k2
La matrice incompleta ha due pivot, quindi ha rango 2. La matrice completa ha rango 2 solamente se 4 − k 2 = 0, ovvero k = ±2. Quindi il sistema `e compatibile se k = ±2.
b) Per k = ±2 il rango della matrice `e 2, mentre le incognite sono 3, quindi il sistema ammette infinite soluzioni. Esercizio 7.9. Si considerino le matrici 1 0 1 1 1 1 A= 1 −1 k + 2 1 0 k+2
con k parametro reale.
3 5 k−1 2k − 1
1 1 b= 2 k
a) Si risolva il sistema Ax = b al variare del parametro k. 7 1 b) Si stabilisca per quali valori di k il vettore v = − , −2, , 1 appartiene all’insieme Sol(Ax = b). 3 3 Soluzione: a) Riduciamo a gradini la matrice A|b: 1 0 1 0 1 3 | 1 0 1 1 1 II − I 1 5 | 1 1 −1 k + 2 k − 1 | 2 ⇒ III − I 0 −1 IV − III 0 1 1 0 k + 2 2k − 1 | k 1 0 1 3 | 1 0 1 0 2 | 0 1 III + II 0 0 k + 1 k − 2 | 0 k−2 | k−2 IV − II 0 0 Discutiamo ora i valori del parametro.
1 3 0 2 k+1 k−4 0 k
| | | |
1 0 ⇒ 1 k−2
2. SOLUZIONI
115
– Se k 6= 1, 2, allora rg(A) = rg(A|b) = 4, quindi il sistema ammette un’unica soluzione ottenuta risolvendo il sistema: 3−k k+5 x = 1 − − 3 x=− x + z + 3w = 1 k+1 k+1 y + 2w = 0 y = −2 y = −2 ⇒ ⇒ 3−k 3−k 1 − (k − 2) (k + 1)z + (k − 2)w = 1 z= = z = k+1 k+1 k+1 (k − 2)w = k − 2 w = 1 w = 1
– Se k = 2, allora rg(A) = rg(A|b) = 3, quindi il sistema ammette infinite soluzioni: 2 1 x = − 3t x = 1 − − 3t 3 3 y = −2t y = −2t x + z + 3w = 1 ⇒ ∀t ∈ R ⇒ y + 2w = 0 1 1 z = z = 3z = 1 3 3 w=t w=t 1 2 , 0, , 0 + (−3, −2, 0, 1)t con t ∈ R. Le soluzioni possono anche essere scritte nella forma 3 3 – Se k = 1 si ha rg(A) = 3 < rg(A|b) = 4, quindi il sistema non ammette soluzione. b) Per stabilire se v appartiene all’insieme u semplice `e sostituire le sue Sol(Ax = b) la cosa pi` 7 1 coordinate (x, y, z, w) = − , −2, , 1 nel sistema ridotto: 3 3 7 1 − + +3=1 x + z + 3w = 1 3 3 −2 + 2 = 0 y + 2w = 0 ⇒ ⇒ k=2 1 (k + 1) · + (k − 2) · 1 = 1 (k + 1)z + (k − 2)w = 1 3 (k − 2)w = k − 2 (k − 2) · 1 = k − 2 Oppure si poteva sostituire nel sistema iniziale, ottenendo le condizioni: 7 1 − + +3=1 3 3 1 7 − − 2 + + 5 = 1 3 3 ⇒ k=2 k+2 7 − + 2 + +k−1=2 3 3 − 7 + k + 2 + 2k − 1 = k 3 3 Quindi v ∈ Sol(Ax = b) se k = 2.
Esercizio 7.10. Dato il sistema x + kz = 1 x + (k − 1)y + (k + 1)z = 1 x + (k − 1)y + (k 2 + 4k + 3)z = k + 3
determinare per quali valori di k ∈ R il sistema ammette soluzioni. In tali casi stabilire anche se ne ammette una o infinite. Soluzione: Utilizziamo il Teorma di Rouch`e-Capelli per stabilire quando il sistema ha soluzione. A tale scopo consideriamo la matrice A|b associata al sistema e la riduciamo a gradini per stabilirne il rango. 1 0 k | 1 1 0 k | 1 1 | 0 k+1 | 1 ⇒ II − I 0 k − 1 A|b = 1 k − 1 III − II 0 0 k 2 + 3k + 2 | k + 2 1 k − 1 k 2 + 4k + 3 | k + 3
Consideriamo ora i pivot di A osservando che k 2 + 3k + 2 = 0 quando k = −1 o k = −2. Dobbiamo quindi distinguere tre casi. • Se k 6= 1, −1, −2, allora rg(A) = rg(A|b) = 3 = numero delle incognite del sistema. Quindi in questi casi il sistema ammette una unica soluzione.
116
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
• Se k = 1 la matrice A|b 1 0 0
diventa 0 1 0 1 0 6
| | |
1 0 1 0 0 0 ⇒ III − 6II 0 0 3
1 | 1 | 0 |
1 0 3
Quindi rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 e il sistema non ammette soluzione. • Se k = −1 la matrice A|b diventa 1 0 −1 | 1 0 −2 1 | 0 0 0 0 | 1
Quindi rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 e il sistema non ammette soluzione. • Infine se k = −2 la matrice A|b diventa 1 0 −2 | 1 0 −3 1 | 0 0 0 0 | 0
Quindi rg(A) = 2 = rg(A|b) e il sistema ammette soluzione. Poich`e inoltre il rango `e inferiore al numero delle incognite, in questo caso il sistema ammette infinite soluzioni.
Esercizio 7.11. Si consideri il sistema lineare x + ky + z = 2k − 1 kx + y + z = 5 x + y + kz = 0
(k parametro reale)
a) Si dica per quali valori di k il sistema `e risolubile. b) Si dica per quali valori di k il sistema ammette un’unica soluzione.
Soluzione: Dal teorema di Rouch`e Capelli sappiamo che il sistema ammette soluzione se rg(A) = rg(A|b), e ammette una unica soluzione se rg(A) = rg(A|b) = 3. Riduciamo quindi a gradini la matrice A|b associata a tale sistema per calcolarne il rango: III 1 1 k | 0 1 k 1 | 2k − 1 k 1 1 | 5 ⇒ I 1 k 1 | 2k − 1 ⇒ II k 1 1 | 5 1 1 k | 0 1 1 k | 0 1 1 k | 0 0 k − 1 II − I 0 k − 1 1 − k | 2k − 1 ⇒ 1−k | 2k − 1 2 2 III − kI 0 1 − k 1 − k | III + II 0 5 0 −k − k + 2 | 2k + 4 Notiamo che −k 2 − k + 2 = 0 se k = 1 o k = −2, di conseguenza: • Se k = 6 1, −2 allora rg(A) = rg(A|b) = 3 quindi il sistema `e risolubile. • Se k = 1 otteniamo la matrice: 1 1 1 | 0 0 0 0 | 1 0 0 0 | 6 Quindi rg(A) = 1 < rg(A|b) = 2 e il sistema non `e risolubile. • Se k = −2 otteniamo la matrice: 1 1 −2 | 0 0 −3 3 | −5 0 0 0 | 0
Quindi rg(A) = rg(A|b) = 2 ke il sistema `e risolubile, con infinite soluzioni. In conclusione: a) Il sistema ammette soluzione se k 6= 1. b) Il sistema ammette una unica soluzione soluzione se k 6= 1, −2 (Per k = −2 il sistema ammette infinite soluzioni). .
2. SOLUZIONI
117
Esercizio 7.12. Si consideri il sistema di equazioni lineari =1 kx + y + z (k parametro reale) y+z =k 3x + ky + 2z = 2
a) Discutere l’esistenza e unicit` a di soluzioni del sistema lineare al variare di k ∈ R. b) Determinare le eventuali soluzioni del sistema al variare di k.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice k 0 3
associata a tale sistema III 3 k 2 | 2 1 1 | 1 0 1 1 | k ⇒ 1 1 | k ⇒ I k 1 1 | 1 k 2 | 2 3 k 2 | 2 0 1 1 | k ⇒ 2 3III − kI 0 3 − k 3 − 2k | 3 − 2k 3 k 2 | 2 0 1 1 | k 2 2 3 III − (3 − k )II 0 0 k − 2k | k − 5k + 3
a) Notiamo che k 2 − 2k = 0 se k = 0 o k = 2, di conseguenza: – Se k 6= 0, 2 allora rg(A) = rg(A|b) = 3 quindi il sistema `e risolubile e ammette una unica soluzione. – Se k = 0 allora rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 quindi il sistema non `e risolubile. – Se k = 2 allora rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 quindi il sistema non `e risolubile. Per rispondere alla domanda a) potevamo anche utilizzare il determinante: det(A) = k(2 − k) + 3(1 − 1) = k(2 − k) Quindi – Se k 6= 0, 2, allora rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema ammette una unica soluzione. – Se k = 0 allora rg(A) ≤ 2 e la matrice A|b diventa 0 1 1 | 1 0 1 1 | 0 3 0 2 | 2
A questo punto per calcolare rg(A|b) possiamo ridurre la matrice a gradini, oppure osservare che A|b contiene la sottomatrice 0 1 | 1 0 1 | 0 3 0 | 2
con determinante non nullo. Quindi per k = 0 `e rg(A) ≤ 2 < 3 = rg(A|b) e il sistema non ammette soluzioni. – Se k = 2 allora rg(A) ≤ 2 e la matrice A|b diventa 2 1 1 | 1 0 1 1 | 2 3 2 2 | 2
A questo punto per calcolare rg(A|b) possiamo ridurre la matrice a gradini, oppure osservare che A|b contiene la sottomatrice 2 1 | 1 0 1 | 2 3 2 | 2 con determinante non nullo. Quindi anche per k = 2 `e rg(A) ≤ 2 < 3 = rg(A|b) e il sistema non ammette soluzioni.
118
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
b) Risolviamo il sistema nei casi k 6= 0, 2:
.
3x + ky + 2z = 2 y+z =k 2 (k − 2k)z = k 3 − 5k + 3
−k 2 + 3k − 2 1−k x = = 2 − 2k k k −2k 2 + 5k − 3 ⇒ y= k 2 − 2k 3 k − 5k + 3 z = 2 k − 2k
Esercizio 7.13. Si consideri il sistema lineare (1 + k)x = 0 ky + z + w = 2 x + kz + 2w = k x + kw = 0
(k parametro reale)
a) Si dica per quali valori di k il sistema ammette una unica soluzione. b) Si determinino tutte le soluzioni del sistema per k = 0.
Soluzione: La matrice associata a al sistema `e
1+k 0 A|b = 1 1
0 k 0 0
0 1 k 0
0 1 2 k
| | | |
0 2 k 0
a) Il sistema ammette una unica soluzione se rg(A) = rg(A|b) = 4. Utilizzando il determinante, ricordiamo che il rango di una matrice corrisponde al massimo ordine di una sua sottomatrice quadrata con determinante diverso da zero. Quindi rg(A) = rg(A|b) = 4 se e solo se det(A) 6= 0. k 1 1 det(A) = (1 + k) · det 0 k 2 = (1 + k)k 3 0 0 k
Quindi il sistema ammette una unica soluzione quando k 6= 0, −1. b) Torniamo al sistema nel caso k = 0 (senza la necessit` a di ridurre la matrice associata): x=0 x=0 z+w =2 y=t ⇒ ∀t ∈ R x + 2w = 0 z =2 x=0 w=0 Esercizio 7.14. Si consideri il sistema di equazioni lineari: x1 − x2 = t − 2 (t parametro reale) tx1 + (t − 4)x2 = 0 2x1 + (2 − 2t)x2 = 2t − 4
a) Si dica per quali valori di t il sistema `e compatibile. b) Per i valori di t che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice associata a tale sistema 1 1 −1 | t−2 t t − 4 | 0 ⇒ II − tI 0 III − 2I 0 2 2 − 2t | 2t − 4 1 −1 | t−2 0 2t − 4 | −t2 + 2t III + II 0 0 | −t2 + 2t
−1 | 2t − 4 | 4 − 2t |
t−2 −t2 + 2t ⇒ 0
2. SOLUZIONI
119
a) Notiamo che −t2 + 2t = 0 se t = 0 o t = 2, e che 2t − 4 = 0 se t = 2. Di conseguenza: – Se t 6= 0, 2 allora rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 quindi il sistema non `e compatibile. – Se t = 0 allora rg(A) = rg(A|b) = 2 quindi il sistema `e compatibile, e ammette una soluzione. – Se t = 2 allora rg(A) = rg(A|b) = 1 quindi il sistema `e compatibile, e ammette infinite soluzioni. b) Consideriamo il caso t = 0: ( ( x1 − x2 = −2 x1 = −2 ⇒ −4x2 = 0 x2 = 0
.
Se t = 2 il sistema si riduce alla sola equazione x1 − x2 = 0 le cui soluzioni sono ( x1 = k ∀k ∈ R x2 = k
Esercizio 7.15. Si consideri il sistema di equazioni lineari: x1 − (k + 1)x2 = k (t parametro reale) 2x1 − 2x2 = 2k (k + 2)x1 + (k − 2)x2 = 0
a) Si dica per quali valori di k il sistema `e compatibile. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, trovare le sue soluzioni.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice associata a tale sistema 1/2II 1 −1 | k 1 −k − 1 | k 2 −k − 1 | k ⇒ −2 | 2k ⇒ I 1 III k + 2 k − 2 | 0 k+2 k−2 | 0 1 −1 | 1 −1 | k 0 −k | 0 −k | ⇒ II − I 0 III + 2II 0 0 | III − (k + 2)I 0 2k | −k(k + 2)
k 0 −k(k + 2)
a) Dobbiamo distinguere tre casi: – Se k 6= 0, −2 allora rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 quindi il sistema non `e compatibile. – Se k = −2 allora rg(A) = rg(A|b) = 2 quindi il sistema `e compatibile, e ammette una soluzione. – Se k = 0 allora rg(A) = rg(A|b) = 1 quindi il sistema `e compatibile, e ammette infinite soluzioni. b) Consideriamo il caso k = −2: ( ( x1 − x2 = −2 x1 = −2 ⇒ −x2 = 0 x2 = 0
.
Se k = 0 il sistema si riduce alla sola equazione x1 − x2 = 0 le cui soluzioni sono ( x1 = t ∀t ∈ R x2 = t
Esercizio 7.16. Si consideri il sistema di equazioni lineari: kx1 − x4 = 1 x + 2x = 0 2 3 (k parametro reale) (k − 1)x 1 + (k − 1)x2 = k − 1 kx1 + kx2 = 2k
a) Si dica per quali valori di k il sistema ammette soluzione, specificando se e quando ne ammette una o infinite. b) Per i valori di k che rendono il sistema compatibile, si determinino le sue soluzioni.
120
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Soluzione: La matrice associata al sistema `e
k 0 0 1 A|b = k − 1 k − 1 k k
0 −1 2 0 0 0 0 0
| | | |
1 0 k − 1 2k
a) Utilizziamo il determinante per calcolare rg(A) e rg(A|b). 0 1 2 det(A) = 1 · det k − 1 k − 1 0 = 1 · 2 · [k(k − 1) − k(k − 1)] = 0 k k 0 Poich´e det(A) = 0, rg(A) ≤ 3 per ogni 0 1 k − 1 k
che ha determinante
1 2 det = 1 · det k − 1 0 k 0
∀k ∈ R
k. Viceversa in A|b troviamo la sottomatrice quadrata 0 −1 | 1 2 0 | 0 0 0 | k − 1 0 0 | 2k
0 k − 1 = 1 · (−2)[2k(k − 1) − k(k − 1)] = −2(k 2 − k) 2k
Tale determinante si annulla per k = 0, 1, quindi sicuramente se k 6= 0, 1, rg(A|b) = 4. Abbiamo cos`ı ottenuto che se k 6= 0, 1, rg(A) ≤ 3, mentre rg(A|b) = 4, quindi il sistema non ammette soluzione. Si tratta ora di considerare i due casi k = 0 e k = 1. Se k = 0 otteniamo il sistema 0 0 0 −1 | 1 −III 1 1 0 0 | 1 0 0 1 2 0 | 0 1 2 0 | 0 A|b = −1 −1 0 0 | −1 ⇒ I 0 0 0 −1 | 1 0 0 0 0 | 0 0 0 0 0 | 0 Quindi se k = 0, rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema ammette infinite Se k = 1 otteniamo il sistema 1 0 0 1 0 0 −1 | 1 0 1 2 0 1 2 0 | 0 ⇒ A|b = 0 0 0 0 0 0 0 | 0 IV − II − I 0 0 −2 1 1 0 0 | 2
soluzioni. −1 0 0 1
| | | |
1 0 0 1
Quindi anche se k = 1, rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema ammette infinite soluzioni. b) Abbiamo visto che il sistema ha soluzione solo se k 6= 0, 1. Inoltre se k = 0 abbiamo ottenuto il sistema x1 = 2t + 1 x + x = 1 2 x = −2t 1 2 ∀t ∈ R x2 + 2x3 = 0 ⇒ x 3 =t −x4 = 1 x4 = −1 Analogamente nel caso k = 1 abbiamo ottenuto il sistema x1 = 2t + 2 x1 − x4 = 1 x2 = −2t ⇒ x2 + 2x3 = 0 x 3 =t −2x3 + x4 = 1 x4 = 2t + 1
∀t ∈ R
Esercizio 7.17. Al variare del parametro reale k, si risolva il sistema di equazioni lineari omogenee: 2kx2 + x3 − x4 = 0 (t parametro reale) x1 − 2x3 + kx4 = 0 x1 − 2kx3 + x4 = 0
2. SOLUZIONI
121
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice dei coefficienti associata a tale sistema 1 −2 k II 1 0 0 2k 1 −1 0 1 0 1 −1 ⇒ −2 k ⇒ I 0 2k −III + I 0 1 0 −2k 1 1 0 −2k 1
0 2k 0
−2 k 1 −1 2k − 2 k − 1
Discutiamo ora i valori del parametro in corrispondenza dei pivot. • Se k = 0 la matrice diventa 1 0 −2 0 1 0 −2 0 x1 − 2x3 = 0 0 0 1 −1 ⇒ x3 − x4 = 0 0 0 1 −1 ⇒ III + 2II 0 0 0 −3 0 0 −2 −1 −3x4 = 0 x1 = 0 x = t 2 ∀t ∈ R ⇒ S = {(0, t, 0, 0) | t ∈ R} x3 = 0 x4 = 0
⇒
Notiamo che rg(A) = rg(A|0) = 3. Poich´e si tratta di un sistema in quattro incognite, nell’insieme delle soluzioni ci sono infinite soluzioni con un solo parametro libero (dato da 4 − rg(A)). • Se k = 1 la matrice diventa x1 = t − s ( 1 0 −2 1 x = − 1 t + 1 s 2 0 2 1 −1 ⇒ x1 − x3 + x4 = 0 ⇒ ∀s, t ∈ R ⇒ 2 2 2x + x − x = 0 2 3 4 x = t 0 0 0 0 3 x4 = s 1 1 S= t − s, − t + s, t, s | s, t ∈ R 2 2
Notiamo che rg(A) = rg(A|0) = 2. Poich´e si tratta di un sistema in quattro incognite, nell’insieme delle soluzioni ci sono infinite soluzioni con due parametri libero (dato da 4 − rg(A)). • Se k 6= 0, 1 la matrice dei coefficienti ha rango 3 < 4 = numero delle incognite, quindi il sistema ammette comunque infinite soluzioni con un solo parametro libero x1 = − 4k 3 (1 + k)t x1 − 2x3 + kx4 = 0 x1 − 2x3 + kx4 = 0 x = t 2 ⇒ 2kx2 + x3 − x4 = 0 ⇒ ∀t ∈ R 2kx2 + x3 − x4 = 0 2k x 3 =− 3 t 2x3 + x4 = 0 2(k − 1)x3 + (k − 1)x4 = 0 x4 = 4k 3 t 4k 2k 4k ⇒ S= − (1 + k)t, t, − t, t |t∈R 3 3 3 Notiamo che abbiamo scelto x2 come variabile libera in modo da non dovere dividere per k per determinare la soluzione. Inoltre con tale scelta non `e in realt`a necessario distinguere il caso k = 0 precedentemente discusso.
. Esercizio 7.18. Si consideri il sistema lineare dipendente dal parametro reale k x1 + kx2 + x3 + x4 = 1 x1 + x2 + 2x3 + x4 = 1 kx1 + kx4 = 1
a) Si determini per quali valori di k il sistema ammette soluzione. b) Si stabilisca se esistono valori di k per i quali il sistema ha soluzione unica.
Soluzione: La matrice A|b associata al sistema `e:
1 A|b = 1 k
k 1 0
1 2 0
1 1 k
| | |
1 1 1
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
122
Per ridurre a gradini la matrice 1 k 1 2 1 1 0 0 k
scambiamo la prima e terza colonna 1 k 1 1 | 1 1 | 1 ⇒ II − 2I 0 1 − 2k −1 0 0 k k | 1
1 | −1 | k |
1 −1 1
a) Se k 6= 21 , 0, allora rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema ammette (infinite) soluzioni. Se k = 21 o k = 0, allora rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 e il sistema non ha soluzione. b) La matrice A `e 3 × 4, quindi A ha sempre rango minore o uguale a tre, cio`e minore del numero delle incognite e il sistema non pu` o ammettere soluzione unica.
Esercizio 7.19. Si consideri lo spazio vettoriale N (A) dato dalle soluzioni del sistema omogeneo Ax = 0 con 8k + 1 k + 4 0 k+8 2k 0 1 2k + 2 k parametro reale. A= 0 0 k+4 0 k 0 k+2 k+3 a) Si stabilisca per quali valori di k lo spazio N (A) `e nullo: N (A) = {(0, 0, 0, 0)}. b) Per i valori di k esclusi al punto precedente si determini una base di N (A).
Soluzione: a) N (A) `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo Ax = 0. Un sistema omogeneo ammette sempre la soluzione nulla; in particolare, per Rouch`e-Capelli, ammette la sola soluzione nulla se rg(A) `e massimo. Nel nostro caso quindi N (A) = {(0, 0, 0, 0)} se rg(A) = 4. Determiniamo il rango di A calcolandone il deteminante: 2k 1 2k + 2 0 = −(k + 4)2 · [2k(k + 3) − k(2k + 2)] = −4k(k + 4)2 det(A) = −(k + 4) · det 0 k + 4 k k+2 k+3 Infine rg(A) = 4 se det(A) 6= 0, cio´e N (A) = {(0, 0, 0, 0)} se k 6= 0, −4. b) Se k = 0 la matrice A diventa x = −4t x + 4y + 8w = 0 1 4 0 8 y = t z + 2w = 0 0 0 1 2 ⇒ 0 0 4 0 ⇒ N (A) : 4z = 0 z = 0 0 0 2 3 w=0 2z + 3w = 0 ⇒ N (A) = {(−4, 1, 0, 0)t | ∀t ∈ R} .
Se k = 0 quindi B(N (A)) = {(−4, 1, 0, 0)} e dim(N (A)) = 1. Se k = −4 la matrice A diventa −31 −31 0 0 4 −31 0 0 4 0 0 −8 0 1 −6 31II − 8I 0 31 −218 ⇒ ⇒ 0 0 0 0 0 0 0 0 0 31IV + 5II 0 2IV − II 0 0 −5 4 −4 0 −2 −1 x = 0 y = t −31x + 4w = 0 ⇒ N (A) = {(0, 1, 0, 0)t | ∀t ∈ R} . ⇒ N (A) : 31z − 218w = 0 z = 0 w=0 w=0
0 0 0 0
0 31 0 0
4 −218 0 −966
Se k = −4 quindi B(N (A)) = {(0, 1, 0, 0)} e dim(N (A)) = 1.
Esercizio 7.20. Si consideri la matrice
1 −1 A= 2 0
0 1 1 1
−2 3 −3 1
a) Indicare basi per lo spazio delle righe e per lo spazio delle colonne di A. b) Esistono valori t ∈ R per cui il sistema Ax = b, con b = (1, 1, t, t) ammetta soluzione?
2. SOLUZIONI
Soluzione: Per rispondere a 1 0 −2 −1 1 3 2 1 −3 0 1 1
123
entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice A|b: | 1 1 1 0 −2 | 1 0 0 1 1 | II + I | 1 2 ⇒ ⇒ III − 2I 0 1 1 | t − 2 III − II 0 | t IV − III 0 | t 0 1 1 | t
0 −2 1 1 0 0 0 0
A questo punto della riduzione siamo gi` a in grado di rispondere alle domande. a) La matrice A ha rango due, inoltre
| | | |
1 2 t − 4 2
B(spazio delle colonne) = {(1, −1, 2, 0), (0, 1, 1, 1)}
B(spazio delle righe) = {(1, 0, −2), (−1, 1, 3)}
b) La matrice A|b ha rango 3 per ogni valore di t, quindi il sistema Ax = b non ammette mai soluzione. Esercizio 7.21. Si consideri la matrice
2 6 A = 3 k + 11 −1 −3
2k + 2 5k + 7 k2 − 3
dove k `e un parametro reale. a) Si calcoli il rango di A. b) Si stabilsca per quali valori di k il sistema Ax = b ha soluzione per ogni b ∈ R3 . Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice A: 2 6 3 k + 11 −1 −3
1/2I 1 2k + 2 5k + 7 ⇒ II − 3/2I 0 III + 1/2I 0 k2 − 3
3 k+1 k+2 2k + 4 2 0 k +k−2
a) La matrice A ha rango 3 se k 6= 1, −2, ha rango 2 se k = 1 e ha rango 1 se k = −2. b) Il sistema Ax = b ha soluzione per ogni b ∈ R3 se la matrice dei coefficienti ha rango 3 nel qual caso rg(A) = rg(A|b) = 3 per ogni b ∈ R3 , ovvero se k 6= 1, −2.
Esercizio 7.22. Siano dati i seguenti vettori di R3 : v1 ≡ (2, 1, 1),
v2 ≡ (−1, 1, 2),
v3 ≡ (3, −2, −1),
v4 ≡ (4, −1, −2).
Stabilire se v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . Soluzione: Si tratta di stabilire se l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v4 ammette soluzione. Notiamo che il vettore xv1 + yv2 + zv3 `e dato da: xv1 + yv2 + zv3 = (2x − y + 3z, x + y − 2z, x + 2y − z) quindi all’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v4 associamo il sistema 2x − y + 3z = 4 x + y − 2z = −1 x + 2y − z = −2
Notiamo che si tratta del sistema
2 A|b = 1 1
−1 3 | 1 −2 | 2 −1 |
4 −1 −2
dove A `e la matrice che ha per colonne i vettori v1 , v2 e v3 , e b `e dato dal vettore v4 . In generale passeremo direttamente dall’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v4 al sistema A|b associato.
124
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Per Rouch`e - Capelli il sistema ammette soluzione se rg(A) = rg(A|b). gradini: 2 −1 3 | 4 2 −1 0 3 2II − I 0 3 −7 | −6 III − II 0 1 1 | −1 3III − II 0 0
Riduciamo quindi la matrice a 3 −7 10
| | |
4 −6 3
Abbiamo ottenuto che rg(A) = rg(A|b) = 3 quindi il sistema ammette (una unica) soluzione e v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . Esercizio 7.23. Siano dati i segunti vettori di R3 : v1 ≡ (1, 1, 1),
v2 ≡ (2, 7, 7),
v3 ≡ (0, k 2 + 2, 3),
v4 ≡ (1, k + 3, k 2 + 2).
Stabilire se v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 al variare del parametro k.
Soluzione: Si tratta di stabilire se il sistema associato all’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = v4 ammette soluzione. Consideriamo la matrice associata a tale sistema 1 2 0 | 1 A|b = 1 7 k 2 + 2 | k + 3 1 7 3 | k2 + 2 Per Rouch`e - Capelli il sistema ammette soluzione se rg(A) = rg(A|b). Riduciamo la matrice a gradini: 1 2 0 | 1 II − I 0 5 k 2 + 2 | k+2 2 2 III − II 0 0 k − 1 | k − k − 1
Consideriamo il pivot della terza riga e distinguiamo i casi necessari. • Se k 6= ±1 sia la matrice completa che quella incompleta hanno 3 pivot, quindi rg(A) = rg(A|b) = 3 e il sistema ammette (una unica) soluzione. Di conseguenza v4 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . • Se k = 1 la matrice diventa: 1 2 0 | 1 0 5 3 | 3 0 0 0 | −1 Quindi A ha 2 pivot, mentre A|b ne ha 3. Dal momento che rg(A) < rg(A|b) il sitema non ammette soluzioni e v4 non `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . • Se k = −1 la matrice diventa: 1 2 0 | 1 0 5 3 | 1 0 0 0 | −1
Quindi A ha 2 pivot, mentre A|b ne ha 3. Dal momento che rg(A) < rg(A|b) il sitema non ammette soluzioni e v4 non `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 .
Esercizio 7.24. Determinare per quali valori del parametro reale k i seguenti vettori formano una base di R3 . v1 ≡ (1, 2, −2),
v2 ≡ (1, 1, −3),
v3 ≡ (3, 7, k − 6)
Soluzione: Sappiamo che tre vettori di R3 formano una base di R3 se e solo se sono linearmente indipendenti, ovvero se la matrice associata ai tre vettori ha rango 3. Riduciamo quindi a gradini la matrice associata: 1 1 3 1 1 3 1 1 3 2 0 −1 1 7 ⇒ II − 2I 0 −1 1 1 ⇒ −2 −3 k − 6 III − 2II 0 0 k − 1 III + II 0 −2 k + 1 Ragionando sui ranghi:
2. SOLUZIONI
125
• Se k = 6 1 la matrice ha 3 pivot, quindi ha rango 3 e v1 , v2 e v3 formano una base di R3 . • Se k = 1 la matrice ha 2 pivot, quindi ha rango 2 e v1 , v2 e v3 non formano una base di R3 . In alternativa potevamo calcolare il rango utilizzando il determinante: det(A) = (k − 6 + 21) − (2k − 12 + 14) + 3(−6 + 2) = −k + 1 v1 , v2 e v3 formano una base di R3 se la matrice associata ha rango 3, ovvero se ha determinante non nullo, cio`e k 6= 1.
Esercizio 7.25. a) Mostrare che i vettori v1 = (0, 1, 1),
v2 = (−1, k, 0),
v3 = (1, 1, k)
sono linearmente indipendenti per ogni valore di k ∈ R. b) Esprimere il vettore v = (2, 1, 2) come combinazione lineare di v1 , v2 , v3 . Soluzione: Per rispondere alla domanda a) dobbiamo verificare che l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = 0 ammette solo la soluzione nulla, ovvero che la matrice A associata ai tre vettori ha sempre rango 3. Per rispondere alla domanda b) dobbiamo verificare che l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v ammette soluzione (e non ha importanza se ne ammette una oppure infinite), ovvero che rg(A|b) = rg(A), dove A|b `e la matrice associata all’equazione. Per rispondere a entrambe le domande riduciamo quindi direttamente a gradini la matrice formata dai tre vettori v1 , v2 , v3 e dal vettore v come colonna dei termini noti: 0 −1 1 | 2 III 1 0 k | 2 1 0 k | 2 1 k 1 | 1 ⇒ I 0 −1 1 | 2 ⇒ 0 −1 1 | 2 ⇒ 1 0 k | 2 II 1 k 1 | 1 III − I 0 k 1 − k | −1 1 0 k | 2 0 −1 1 | 2 III + kII 0 0 1 | −1 + 2k a) Per rispondere alla prima domanda ci interessa solo la matrice A dei cofficienti. La matrice dei coefficienti ha sempre rango 3, quindi l’equazionine xv1 + yv2 + zv3 = 0 ammette la sola soluzione nulla e v1 , v2 , v3 sono linearmente indipendenti per ogni valore di k. b) Risolviamo il sistema xv1 +yv2 +zv3 = v di cui abbiamo gi` a ridotto a gradini la matrice associata: 2 x + kz = 2 x = −2k + k + 2 −y + z = 2 ⇒ y = 2k − 3 z = 2k − 1 z = 2k − 1 Quindi
v = (−2k 2 + k + 2)v1 + (2k − 3)v2 + (2k − 1)v3 `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . Esercizio 7.26. In R3 siano v1 = (k, 2, 1),
v2 = (−2, 1, 0),
v3 = (0, 1, 1),
(k parametro reale)
a) Si stabilisca per quali valori di k i tre vettori costituiscono una base di R3 . b) Per i valori trovati al punto a), si calcolino le coordinate del vettore v = (−2, 1, 2) rispetto a tale base. Soluzione:
126
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice formata dai dal vettore v come colonna dei termini noti: 1 0 1 III 1 0 1 | 2 k −2 0 | −2 2 1 1 | 1 ⇒ II − 2I 0 1 −1 2 1 1 | 1 ⇒ III − kI 0 −2 −k I k −2 0 | −2 1 0 1 | 2 1 0 1 | 2 0 1 −1 | −3 III + 2II 0 0 −k − 2 | −2k − 8
tre vettori v1 , v2 , v3 e | | |
2 −3 ⇒ −2 − 2k
a) La matrice dei coefficienti ha rango 3 se k 6= −2, quindi v1 , v2 , v3 costituiscono una base di R3 se k 6= −2. b) Risolviamo, per k 6= −2, il sistema xv1 + yv2 + zv3 = v di cui abbiamo gi` a ridotto a gradini la matrice associata: 4 x = − k+2 x + z = 2 ⇒ y = −k+2 y − z = −3 k+2 z = 2k+8 (k + 2)z = 2k + 8 k+2 4 −k + 2 2k + 8 Infine v ha coordinate − rispetto a {v1 , v2 , v3 }. , , k+2 k+2 k+2
Esercizio 7.27. Si consideri il sottospazio V = hv1 , v2 , v3 i di R5 generato dai vettori v1 = (−1, 1, 2, 1, 0), v2 = (0, 2, 1, 1, 0), v3 = (1, 1, −1, 0, 0). a) Trovare una base di V . b) Determinare le coordinate del vettore v = (−2, 6, 6, 4, 0) ∈ V rispetto alla base trovata al punto a). Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice associata dai tre entrambe le domande. −1 0 1 | −2 −1 1 2 1 | 6 0 II + I 2 1 −1 | 6 ⇒ III + 2I 0 1 1 0 | 4 IV + I 0 0 0 0 | 0 0
vettori v1 , v2 , v3 affiancata dal vettore v per rispondere a 0 2 1 1 0
1 2 1 1 0
| | | | |
−2 −1 0 4 1/2II 2 ⇒ 2III − II 0 2 IV − III 0 0 0
0 1 0 0 0
1 1 0 0 0
| | | | |
−2 2 0 0 0
a) Il rango di A `e 2 e una base di V `e B = {v1 , v2 }. b) Dobbiamo risolvere l’equazione xv1 + yv2 = v. Abbiamo gi` a ridotto a gradini la matrice associata a tale equazione (basta ignorare la terza colonna relativa a v3 ). quindi ( −x = −2 ⇒ v = 2v1 + 2v2 , v = (2, 2)B y=2
Esercizio 7.28. Sia V il sottospazio di R3 generato dai vettori: v1 ≡ (2, 1, 1),
v2 ≡ (−1, 1, 2),
v3 ≡ (3, −2, −1),
v4 ≡ (4, −1, −2).
Determinare una base di V . Esprimere inoltre v1 , v2 , v3 e v4 come combinazione lineare degli elementi di tale base. Soluzione: Dalla teoria sappiamo che m vettori linearmente indipendenti di Rn generano un sottospazio di Rn di dimensione m ≤ n. E’ evidente che trattandosi di 4 vettori di R3 i vettori sono sicuramente linearmente dipendenti. Per rispondere a entrambe le domande calcoliamo comunque il rango della matrice A associata ai quattro vettori riducendola a gradini, in modo da individuare quale (o quali) vettore dipende linearmente
2. SOLUZIONI
dagli altri.
2 −1 1 1 1 2
127
3 4 −2 −1 −1 −2
Procedendo con il metodo di Gauss otteniamo le matrici equivalenti 2 −1 3 2 −1 3 4 0 3 −7 2II − I 0 3 −7 −6 10 1 −1 3III − II 0 0 III − II 0 1
4 −6 3
Si pu` o osservare che rg(A) = 3, quindi tre dei quattro vettori di partenza sono linearmente indipendenti. In particolare anche la matrice formata dalle prime tre colonne, ovvero da v1 , v2 e v3 ha rango 3. Quindi pu` o essere presa come base di V l’insieme B = {v1 , v2 , v3 }
Si tratta ora di esprimere v4 come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 , ovvero di risolvere l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v4 Notiamo che la riduzione a gradini della matrice associata a tale equazione vettoriale l’abbiamo gi` a effettuata per determinare il rango della matrice associata ai quattro vettori: 2 −1 3 | 4 0 3 −7 | −6 0 0 10 | 3 Tornando al sistema:
Di conseguenza
2x − y + 3z = 4 3y − 7z = −6 10z = 3 v4 =
9 x = 10 ⇒ y = − 13 10 3 z = 10
∀t ∈ R
9 13 3 v1 − v2 + v3 . 10 10 10
Inoltre si ha banalmente: v1 = 1v1 + 0v2 + 0v3 ,
v2 = 0v1 + 1v2 + 0v3 ,
v3 = 0v1 + 0v2 + 1v3
4
Esercizio 7.29. Sia V il sottospazio di R generato dai vettori: v1 ≡ (2, 1, 2, 1),
v2 ≡ (6, 7, 8, 5)
v3 ≡ (2k, k + 8, 3k + 3, 2),
v4 ≡ (0, 2k, 2k, 1).
Determinare una base di V al variare del parametro k. Esprimere inoltre v1 , v2 , v3 e v4 come combinazione lineare degli elementi di tale base. Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice A associata ai quattro vettori 2 6 2k 0 1/2I 1 3 k 1 7 k + 8 2k 1 7 k + 8 2 8 3k + 3 2k ⇒ 2 8 3k + 3 1 5 2 1 1 5 2 1 1 3 k 0 0 1/2II 0 4 8 2k II − I ⇒ III − 1/2II 0 III − 2I 0 2 k + 3 2k 0 IV − III IV − I 0 2 2 − k 1
0 2k ⇒ 2k 1 3 2 0 0
k 4 k−1 −2k − 1
0 k = A′ k 1 − 2k
Conviene non completare la riduzione e discutere a questo punto i valori del parametro. Infatti in generale durante le operazioni di riduzione non si ottiene necessariamente det(A) = det(A′ ), ma, poich´e rg(A) = rg(A′ ), si ha che det(A) = 0 sse det(A′ ) = 0. Possiamo quindi calcolare il determinante della matrice ridotta A′ per calcolare il rango di A: det(A′ ) = 1 · 2 · [(k − 1)(1 − 2k) − (−2k − 1)k] = 2(4k − 1)
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
128
Di conseguenza: 1 • Se k 6= , si ha det(A′ ) 6= 0, quindi det(A) 6= 0 e rg(A) = 4. Di conseguenza i quattro vettori 4 sono linearmente indipendenti: B = {v1 , v2 , v3 , v4 } .
dim(V ) = 4, ,
Per esprimere ogni vettore come combinazione lineare degli elementi della base abbiamo la soluzione banale: v1 = 1 · v1 + 0 · v2 + 0 · v3 + 0 · v4 v3 = 0 · v1 + 0 · v2 + 1 · v3 + 0 · v4 • Se k = 41 si ha det(A) = det(A′ ) = 0 ora procedere con la riduzione 1 0 1 3 1 4 1 0 0 2 4 4II 4 0 0 − 3 1 ⇒ 4III 0 4 4 2IV 0 0 0 − 23 12
v2 = 0 · v1 + 1 · v2 + 0 · v3 + 0 · v4 v4 = 0 · v1 + 0 · v2 + 0 · v3 + 1 · v4 e la matrice ha rango sicuramente minore di 4. Possiamo 1 0 0 16 1 ⇒ 0 −3 1 IV − III 0 −3 1 1 4
3 8 0 0
3 41 8 16 0 −3 0 0
0 1 1 0
Di conseguenza rg(A) = 3 e v1 , v2 e v3 (oppure v1 , v2 e v4 ) sono linearmente indipendenti. B = {v1 , v2 , v3 } .
dim(V ) = 3, ,
Per esprimere v4 in funzione degli elementi di tale base risolviamo l’equazione xv2 +yv2 +zv3 = v4 la cui matrice associata si riduce a 1 3 14 | 0 0 8 16 | 1 0 0 −3 | 1 0 0 0 | 0 Tornando al sistema associato otteniamo 1 55 x + 3y + 4 z = 0 x = − 24 19 ⇒ y = + 24 8y + 16z = 1 1 z = −3 −3z = 1 ovvero 19 1 55 · v2 − · v3 v4 = − · v1 + 24 24 3
Inoltre: v1 = 1 · v1 + 0 · v2 + 0 · v3 ,
v2 = 0 · v1 + 1 · v2 + 0 · v3 ,
v3 = 0 · v1 + 0 · v2 + 1 · v3
Esercizio 7.30. Sia V il sottospazio di R4 generato dai vettori: v1 ≡ (0, k − 1, k 2 − 1, 3k − 2),
v2 ≡ (1, 3, 0, 3),
v3 ≡ (−1, −2, 1, −1).
Determinare la dimensione e una base di V al variare del parametro reale k.
Soluzione: Calcoliamo il rango della matrice A associata a tale insieme di vettori per stabilire se, o quali vettori sono linearmente indipendenti. 0 1 −1 k − 1 3 −2 A= k2 − 1 0 1 3k − 2 3 −1 Utilizziamo il determinante. Consideriamo la sottomatrice B formata dalle prime 3 righe: 0 1 −1 B = k − 1 3 −2 ⇒ det(B) = −(k − 1 + 2k 2 − 2) − (−3k 2 + 3) = k 2 − k k2 − 1 0 1
il cui determinante si annulla per k = 0, 1. Quindi:
2. SOLUZIONI
129
• Se k 6= 0, 1 la matrice associata ai tre vettori ha rango 3. Di conseguenza dim(V ) = 3 e B(V ) = {v1 , v2 , v3 } = (0, k − 1, k 2 − 1, 3k − 2), (1, 3, 0, 3), (−1, −2, 1, −1) .
• Se 0 −1 −1 −2
k = 0 la matrice A diventa: III −1 0 1 −1 1 −1 0 −1 3 −2 II − I 3 −2 ⇒ ⇒ 0 I 0 1 −1 0 1 IV − 2I 0 −2 3 −1 3 −1
Quindi rg(A) = dim(V ) = 2. Inoltre
0 3 1 3
1 −1 0 −3 ⇒ 3III − II 0 −1 IV − II −3 0
0 1 3 −3 0 0 0 0
B(V ) = { v1 , v2 } = {(0, −1, −1, −2), (1, 3, 0, 3)}
• Se k = 1 la matrice A diventa:
0 0 0 1
1 −1 3 −2 0 1 3 −1
Notiamo che A contiene la sottomatrice C: 0 3 −2 C = 0 0 1 ⇒ det(C) = 1 · 3 6= 0 1 3 −1 Quindi anche per k = 1, dim(V ) = rg(A) = 3 e
B(V ) = {v1 , v2 , v3 } = {(0, 0, 0, 1), (1, 3, 0, 3), (−1, −2, 1, −1)} . Esercizio 7.31. Sia W il sottospazio di R4 generato dai vettori {v1 , v2 , v3 , v4 }: v1 = (−1, 1, −1, 1),
v2 = (1, k, 3, 4),
Si calcoli la dimensione di W al variare di k ∈ R.
v3 = (1, −1, k, 1),
Soluzione: Consideriamo la matrice A associata ai 4 vettori: −1 1 −1 1 1 0 0 k+1 1 k −1 0 II + I A= −1 3 k 1 ⇒ III − I 0 2 IV + I 0 5 1 4 1 k
v4 = (0, 0, 1, k)
1 0 0 0 k − 1 1 2 k
Chiamiamo A′ la matrice ridotta cos`ı ottenuta. Sappiamo che rg(A′ ) = rg(A). Sappiamo inoltre che il rango di una matrice corrisponde, oltre che al numero di pivot, al massimo ordine di una sottomatrice con determinante non nullo. Senza proseguire ulteriormente nella riduzione possiamo quindi calcolare il determinante della matrice ridotta A′ per calcolarne il rango: det(A′ ) = −1 · (k + 1) · [(k − 1)k − 2] = −(k + 1)(k 2 − k − 2)
e det(A′ ) = 0 se k = −1 o k = 2. Di conseguenza • Se k 6= −1, 2, det(A′ ) 6= 0, quindi la matrice A ha rango 4, e dim(W ) = 4. • Se k = −1 la matrice A′ ha determinante nullo, quindi rg(A) < 4, e dopo un ulteriore passo di riduzione A diventa −1 1 1 0 0 0 0 0 A′ = 0 2 −2 1 0 5 2 −1 Questa contiene la sottomatrice
−1 1 0 2 0 5
di determinante −1(−2 − 5) 6= 0. Quindi A ha rango 3 e dim(W ) = 3.
0 1 −1
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
130
• Se k = 2 la matrice A′ ha determinante nullo, riduzione diventa −1 1 0 3 ′ A = 0 2 0 5 Questa contiene la sottomatrice
−1 0 0
quindi rg(A) < 4, e dopo un ulteriore passo di 1 0 1 2
0 0 1 2
1 0 3 0 2 1
di determinante −3 6= 0. Quindi anche in questo caso A ha rango 3 e dim(W ) = 3. In alternativa tutto l’esercizio poteva essere svolto completando la riduzione a gradini di A. 4
Esercizio 7.32. Si considerino i vettori di R v1 = (3, −1, 2, 0),
v2 = (−6, 2, −4, 0),
v3 = (−3, k, k − 3, 0)
a) Si stabilisca per quali valori di k il vettore v3 appartiene al sottospazio W = hv1 , v2 i generato da v1 e v2 . b) Si trovi, al variare di k, una base di W e una base del sottospazio hv1 , v2 , v3 i. Soluzione: a) Si tratta di stabilire quando il vettore v3 `e combinazione lineare di v1 e v2 , ovvero quando il sistema associato all’equazione vettoriale xv1 + yv2 = v3 ammette soluzione. Riduciamo a gradini la matrice associata a tale sistema 3 −6 | −3 1/3I 1 −2 | −1 −1 2 | k II + 1/3I 0 0 | k − 1 2 −4 | k − 3 ⇒ III − 2/3I 0 0 | k − 1 0 0 | 0 0 0 | 0
Infine – Se k 6= 1, rg(A) = 1 < rg(A|b) = 2 e il sistema non ammette soluzione. Di conseguenza v3 non appartiene a W . – Se k = 1, rg(A) = rg(A|b) = 1 e il sitema ammette (infinite) soluzioni. Di conseguenza v3 appartiene a W . b) Per determinare una base di W dobbiamo calcolare il rango della matrice associata a v1 e v2 . Abbiamo gi` a ridotto a gradini tale matrice: 1 −2 0 0 0 0 0 0 La matrice ha rango 2, quindi v1 e v2 non formano una base, sono infatti linearmente dipendenti. Di conseguenza uno solo dei vettori `e sufficiente a generare tutto lo spazio e una base di W `e data per esempio da {v1 }. Determiniamo ora una base di hv1 , v2 , v3 i. Dobbiamo distinguere due casi: – Se k = 1, v3 appartiene a W = hv1 , v2 i. Quindi se k = 1, hv1 , v2 , v3 i = W e una base di hv1 , v2 , v3 i `e la stessa di W , quindi {v1 }. – Se k 6= 1, v3 non appartiene a W = hv1 , v2 i. Quindi per ottenere una base di hv1 , v2 , v3 i dobbiamo aggiungere alla base di W il vettore v3 , ottenendo quindi la base {v1 , v3 }.
Esercizio 7.33. Si considerino i vettori di R4 v1 = (1, 2, −1, 3),
v2 = (−2, −4, 2, −6),
v3 = (3, 6, k − 6, 3k)
a) Si stabilisca per quali valori di k il vettore v3 appartiene al sottospazio W = hv1 , v2 i generato da v1 e v2 . b) Si trovi, al variare di k, una base di W e una base del sottospazio hv1 , v2 , v3 i.
2. SOLUZIONI
131
Soluzione: a) Si tratta di stabilire quando il vettore v3 `e combinazione lineare di v1 e v2 , ovvero quando il sistema associato all’equazione vettoriale xv1 + yv2 = v3 ammette soluzione. Riduciamo a gradini la matrice associata a tale sistema 1 −2 | 3 1 −2 | 3 2 −4 | 0 II − 2I 6 0 0 | −1 2 | k − 6 ⇒ III + I 0 0 | k − 3 1/3IV − I 0 0 | k − 3 3 −6 | 3k
Infine – Se k 6= 3, rg(A) = 1 < rg(A|b) = 2 e il sistema non ammette soluzione. Di conseguenza v3 non appartiene a W . – Se k = 3, rg(A) = rg(A|b) = 1 e il sitema ammette (infinite) soluzioni. Di conseguenza v3 appartiene a W . b) Per determinare una base di W dobbiamo calcolare il rango della matrice associata a v1 e v2 . Abbiamo gi` a ridotto a gradini tale matrice: 1 −2 0 0 0 0 0 0
La matrice ha rango 1, quindi v1 e v2 non formano una base, sono infatti linearmente dipendenti. Di conseguenza uno solo dei vettori `e sufficiente a generare tutto lo spazio e una base di W `e data per esempio da {v1 }. Determiniamo ora una base di hv1 , v2 , v3 i. Dobbiamo distinguere due casi: – Se k = 3, v3 appartiene a W = hv1 , v2 i. Quindi se k = 3, hv1 , v2 , v3 i = W e una base di hv1 , v2 , v3 i `e la stessa di W , quindi {v1 }. Analogamente la matrice, gi` a ridotta, associata a v1 , v2 e v3 nel caso k = 3 `e 1 −2 3 0 0 0 0 0 0 ⇒ rg(A) = dim(hv1 , v2 , v3 i) = 1 e B(hv1 , v2 , v3 i) = {v1 } 0 0 0 – Se k 6= 3, v3 non appartiene a W = hv1 , v2 i. Quindi per ottenere una base di hv1 , v2 , v3 i dobbiamo aggiungere alla base di W il vettore v3 , ottenendo quindi la base {v1 , v3 }. Analogamente la matrice, gi` a ridotta, associata a v1 , v2 e v3 nel caso k 6= 3 `e 1 −2 3 0 0 0 0 0 k − 3 ⇒ rg(A) = dim(hv1 , v2 , v3 i) = 2 e B(hv1 , v2 , v3 i) = {v1 , v3 } 0 0 k−3
Esercizio 7.34. Sia V = h v1 , v2 , v3 , v4 i con v1 = (3, 7, k + 1, 2k + 2), v2 = (2, 2k + 2, 0, 0), v3 = (1, 1, 0, 0), v4 = (−3, −7, −1, 2k) a) Si determini la dimensione di V al variare di k ∈ R. b) Si determini una base di V al variare di k ∈ R. Soluzione: Consideriamo la matrice A associata ai quattro vettori: 3 2 7 2k +2 A= k+1 0 2k + 2 0
1 1 0 0
−3 −7 −1 2k
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
132
Per ridurre la matrice a gradini scambiamo v3 con v1 , ricordando poi tale scambio per rispondere alla domanda b). 1 2 3 −3 1 2 3 −3 1 2k + 2 4 −4 7 −7 ⇒ II − I 0 2k 0 0 k + 1 0 −1 0 k + 1 −1 IV − 2III 0 0 0 2k + 2 0 0 2k + 2 2k Dobbiamo distinguere tre casi: • Se k 6= 0, −1, allora dim(V ) = rg(A) = 4. Inoltre B(V ) = {v1 , v2 , v3 , v4 }. • Se k = 0, la matrice diventa 1 2 3 −3 1 2 3 −3 0 0 4 −4 0 0 4 −4 0 0 1 −1 ⇒ III − 4II 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 2 Quindi dim(V ) = rg(A) = 3. Inoltre
B(V ) = {v1 , v3 , v4 } = {(3, 7, 1, 2), (1, 1, 0, 0), (−3, −7, −1, 0)}.
• Se k = −1, la matrice diventa
1 0 0 0
2 −2 0 0
3 4 0 0
Quindi dim(V ) = rg(A) = 3. Inoltre
−3 −4 −1 0
B(V ) = {v2 , v3 , v4 } = {(2, 0, 0, 0), (1, 1, 0, 0), (−3, −7, −1, −2)}. Esercizio 7.35. Determinare una base dei seguenti sottospazi W di R3 : (1) W = h(1, 2, 5), (−3, −6, −15)i (2) W = h(1, 2, 5), (−3, −6, −15), (2, 1, 0)i (3) W = h(−1, 2, 0), (0, 1, −1), (1, −1, 2)i Soluzione: (1) Determiniamo se i due vettori associata: 1 2 5 Di conseguenza rg(A) = 1 e
sono linearmente indipendenti calcolando il rango della matrice 1 −3 −3 −6 ⇒ II − 2I 0 0 III − 5I 0 0 −15 B = {(1, 2, 5)}
dim(W ) = 1,
(2) Determiniamo se i tre vettori sono linearmente indipendenti calcolando il rango della matrice associata: 1 −3 2 1 −3 2 1 −3 2 2 −6 1 ⇒ II − 2I 0 0 0 0 −3 −3 ⇒ 5 −15 0 III − 5I 0 0 −10 3III − 10II 0 0 0 Di conseguenza rg(A) = 2 e
dim(W ) = 2, (3) Determiniamo se associata: −1 0 2 1 0 −1
B = {(1, 2, 5), (2, 1, 0)}
i tre vettori sono linearmente indipendenti calcolando il rango della matrice −1 0 1 1 −1 ⇒ II + 2I 0 0 −1 2
1 −1 0 0 1 1 ⇒ III + II 0 0 −2
1 1 −1
2. SOLUZIONI
133
Di conseguenza rg(A) = 3 e dim(W ) = 3,
B = {(−1, 2 − 0), (0, 1, −1), (1, −1, 2)}
Esercizio 7.36. Sia V = h v1 , v2 , v3 i con v1 = (k + 3, k + 3, 0),
v2 = (0, 3, k + 2),
v3 = (0, 3k, k)
a) Si stabilisca per quali valori di k ∈ R lo spazio V coincide con R3 . b) Si determini la dimensione una base di V al variare di k ∈ R. Soluzione: Consideriamo la matrice A associata ai tre vettori: k+3 A = k + 3 0
0 0 3 3k k+2 k
a) Lo spazio V coincide con R3 se dim(V ) = 3, cio`e se rg(A) = 3, ovvero det(A) 6= 0. Calcoliamo quindi il determinante di A che `e immediato sviluppando rispetto alla prima riga: det(A) = (k + 3)[3k − 3k(k + 2)] = 3k(k + 3)(−k − 1)
Quindi se k 6= 0, −1, −3, i tre vettori sono linearmente indipendenti e V = R3 . b) Abbiamo gi` a osservato che se k 6= 0, −1, −3, i tre vettori sono linearmente indipendenti, quindi B(V ) = {v1 , v2 , v3 }. Inoltre: – Se k = 0 la matrice A diventa: 3 0 0 3 0 0 3 0 0 0 3 0 A = 3 3 0 ⇒ II − I 0 3 0 ⇒ 3III − 2II 0 0 0 0 2 0 0 2 0 Quindi dim(V ) = 2 e B(V ) = {v1 , v2 }. – Se k = −1 la matrice A diventa: 2 0 0 2 0 0 2 0 0 0 3 −3 A = 2 3 −3 ⇒ II − I 0 3 −3 ⇒ 3III − II 0 0 0 0 1 −1 0 1 −1 Quindi dim(V ) = 2 e una possibile base `e B(V ) = {v1 , v2 }. – Se k = −3 la matrice A diventa: 0 0 0 0 0 0 0 3 −9 A = 0 3 −9 ⇒ 3III + II 0 0 −18 0 −1 −3 Quindi dim(V ) = 2 e B(V ) = {v2 , v3 }.
Esercizio 7.37. Sia V lo spazio vettoriale generato dai vettori v1 = (1, −2, 4, 0), v2 = (2, 3, −1, 1) e v3 = (0, −1, 3, 0): V = hv1 , v2 , v3 i (1) Determinare la dimensione dello spazio vettoriale V . (2) Determinare se il vettore v4 = (3, 1, 3, 1) appartiene a V . In caso positivo esprimere v4 come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . (3) Determinare la dimensione dello spazio vettoriale W = hv1 , v2 , v3 , v4 i. Soluzione: Per potere rispondere a tutte le domande riduciamo a gradini la matrice associata all’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v4
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
134
1 2 −2 3 4 −1 0 1
0 −1 3 0
1 0 ⇒ III + 3II 0 IV − 7II 0
| | | |
1 2 0 3 0 7 −1 II + 2I 1 ⇒ III − 4I 0 −9 3 3 0 1 0 1 1 2 0 | 3 0 1 0 | 1 ⇒ 0 0 1 | 0 IV + III 0 0 −1 | 0
| | | |
2 1 0 0
Possiamo ora risponedere alle domande.
(1) Per determinare la dimensione dello spazio coefficienti: 1 0 A= 0 0
1 3 0 IV 7 ⇒ 1/3III 0 −9 II 0 1 0 | 3 0 | 1 1 | 0 0 | 0
2 0 1 0 −3 1 7 −1
| | | |
3 1 −3 7
vettoriale V calcoliamo il rango della matrice A dei 2 1 0 0
0 0 1 0
La matrice ha 3 pivot, quindi dim(V ) = rg(A) = 3. . (2) Per determinare se il vettore v4 = (3, 1, 3, 1) appartiene a V consideriamo la matrice completa e torniamo al sistema associato: x + 2y = 3 x = 1 ⇒ y=1 y=1 z=0 z=0 Di conseguenza il vettore v4 appartiene a V :
v4 = v1 + v2 (3) Per determinare la dimensione dello spazio vettoriale W = hv1 , v2 , v3 , v4 i consideriamo la matrice completa B: 1 2 0 3 0 1 0 1 B= 0 0 1 0 0 0 0 0 Anche in questo caso la matrice ha 3 pivot, quindi
dim(W ) = rg(B) = 3 Notiamo che potevamo risponedere a questa domanda semplicemente osservando che dal punto predente sappiamo che v ∈ V , quindi W = V e dim(W ) = dim(V ) = 3. Esercizio 7.38. Sia V = h (1, 1, 2, −1), (2, k + 3, 4, −2), (0, 1, 1, k 2 − 1) i con k parametro reale. a) Si determini la dimensione di V al variare di k ∈ R. b) Si stabilisca per quali valori di k ∈ R il vettore v4 = (3, 3, k + 6, −3) appartiene a V . Soluzione: Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice A formata dai tre vettori v1 , v2 e v3 , affiancata dalla colonna dei termini noti formata dal vettore v4 (in modo da risolvere anche l’equazione
2. SOLUZIONI
xv1 + yv2 + zv3 = v4 ): 1 2 0 1 k+3 1 2 4 1 −1 −2 k 2 − 1 1 0 0 2 IV − (k − 1)III 0
a) Consideriamo la matrice A. – Se k 6= −1 allora
135
3 1 2 0 k + 1 3 II − I ⇒ k + 6 III − 2I 0 0 −3 IV + I 0 0 2 0 | 3 k+1 1 | 0 0 1 | k 2 0 0 | −k(k − 1) | | | |
rg(A) = 3 = dim(V ),
0 1 1 k2 − 1
| | | |
3 0 ⇒ k 0
B(V ) = {v1 , v2 , v3 } .
– Se k = −1 allora rg(A) = 2 = dim(V ),
B(V ) = {v1 , v3 } .
b) v4 appartiene a V se il sistema associato all’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v4 ammette soluzione, ovvero se rg(A) = rg(A|b). Notiamo che −k(k 2 − 1) = 0 se k = 0, ±1. Quindi – Se k 6= 0, ±1, allora rg(A) = 3 < rg(A|b) = 4 e v4 non appartiene a V . – Se k = 0, la matrice A|b diventa: 1 2 0 | 3 0 1 1 | 0 0 0 1 | 0 0 0 0 | 0 Quindi rg(A) = rg(A|b) = 3 e v4 appartiene – Se k = 1, la matrice A|b diventa: 1 2 0 | 0 2 1 | 0 0 1 | 0 0 0 |
a V. 3 0 2 0
Quindi rg(A) = rg(A|b) = 3 e v4 appartiene a V . – Se k = −1, la matrice A|b diventa: 1 1 2 0 | 3 0 0 0 1 | 0 ⇒ 0 0 0 1 | −1 III − II 0 0 0 0 | 0
2 0 0 0
0 1 0 0
| | | |
Quindi rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3 e v4 non appartiene a V .
3 0 −1 0
Esercizio 7.39. Sia V = hv1 , v2 , v3 i lo spazio vettoriale generato dai seguenti vettori: v1 = (1, 1, 2),
v2 = (0, k − 1, k − 1),
v3 = (2, 1, k + 5)
dove k `e un parametro reale. a) Determinare una base e la dimensione di V al variare del parametro k. b) Stabilire per quali valori di k il vettore v4 = (1, 3, 4) appartiene a V . In caso positivo esprimere v4 come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . Soluzione:
136
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice associata all’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = v4 : 1 0 2 | 1 1 0 2 | 1 1 k − 1 1 | 3 ⇒ II − I 0 k − 1 −1 | 2 ⇒ 2 k−1 k+5 | 4 III − 2I 0 k − 1 k + 1 | 2 1 0 2 | 1 0 k − 1 −1 | 2 III − II 0 0 k+2 | 0
a) Per rispondere alla prima domanda calcoliamo il rango della matrice A dei coefficienti. Dobbiamo distinguere tre casi: – Se k 6= 1, −2, allora dim(V ) = rg(A) = 3 e una base di V `e data dall’insieme B = {v1 , v2 , v3 }
– Se k = 1, allora dim(V ) = rg(A) = 2. Inoltre la matrice formata dalla prima e dalla terza colonna ha rango 2. Quindi una base di V `e data dall’insieme B = {v1 , v3 }
Notiamo che per k = 1 il vettore v2 `e il vettore nullo, quindi `e ovviamente dipendente dagli altri due. – Se k = −2, allora dim(V ) = rg(A) = 2. Inoltre la matrice formata dalla prima e dalla seconda colonna ha rango 2. Quindi una base di V `e data dall’insieme B = {v1 , v2 }
In questo caso anche la matrice formata dalla prima e dalla terza colonna ha rango 2, quindi poteva essere preso come base di V anche l’insieme B = {v1 , v3 } b) Anche in questo caso dobbiamo distinguere tre casi: – Se k 6= 1, −2 dalla matrice ridotta a gradini torniamo al sistema: x=1 x + 2z = 1 2 (k − 1)y − z = 2 ⇒ y = k−1 (k + 2)z = 0 z=0 Quindi v4 ∈ V :
v4 = v1 +
2 v2 k−1
Notiamo che se k 6= 1, −2, dim(V ) = 3, quindi V – Se k = 1 otteniamo la matrice 1 0 2 1 0 2 | 1 0 0 −1 0 0 −1 | 2 ⇒ III + 3II 0 0 0 0 0 3 | 0
= R3 e necessariamente v4 ∈ V . | | |
1 x + 2z = 1 2 ⇒ −z = 2 6 0 = −6
L’ultima equazione risulta impossibile, quindi in questo caso v4 ∈ 6 V: – Se k = −2 otteniamo la matrice ( 1 0 2 | 1 x = 6t + 5 0 3 −1 | 2 ⇒ x + 2z = 1 ⇒ y=t ∀t∈R −3y − z = 2 0 0 0 | 0 z = −3t − 2 Anche in questo caso v4 ∈ V :
v4 = (6t + 5) v1 + t · v2 + (−3t − 2) v3
∀t∈R
In particolare, ponendo per esempio t = 0, otteniamo la combinazione v4 = 5v1 − 2v3 . 4
Esercizio 7.40. Si considerino i seguenti vettori di R : v1 = (1, 0, 3, 1),
v2 = (−3, −3, −3, 0),
v3 = (0, k + 1, k + 1, 0),
dove k `e un parametro reale, e sia V = hv1 , v2 , v2 , v4 i. a) Si stabilisca per quali valori di k lo spazio V coincide con R4 . b) Si determini la dimensione e una base di V al variare di k.
v4 = (k − 1, 1, 3k − 5, 2k − 5),
2. SOLUZIONI
137
Soluzione: a) Lo spazio V coincide con R4 se dim(V ) = 4, cio`e se il rango della matrice associata a v1 , v2 , v3 , v4 `e 4. Riduciamo quindi a gradini la matrice associata ai quattro vettori: 1 −3 0 k−1 1 −3 0 k−1 1 −3 0 k−1 0 −3 k + 1 0 −3 k + 1 0 −3 k + 1 1 1 1 3 −3 k + 1 3k − 5 ⇒ III − 3I 0 6 k + 1 −2 ⇒ III + 2II 0 0 3k + 3 0 IV − I 0 3 1 0 0 2k − 5 IV + II 0 0 0 k−4 k+1 k−3 1 −3 0 k−1 0 −3 k + 1 1 ⇒ 0 0 k + 1 0 1/3III 0 k−3 IV − 1/3III 0 0
I quattro vettori sono linearmente indipendenti e quindi V = R4 se k 6= −1, 3 b) Dalla matrice ridotta otteniamo direttamente: – Se k 6= −1, 3, dim(V ) = 4 e una base di V `e B(V ) = {v1 , v2 , v3 , v4 } (o anche la base canonica di R4 per esempio). – Se k = −1, dim(V ) = 3 e una base di V `e B(V ) = {v1 , v2 , v4 }. – Se k = 3, dim(V ) = 3 e una base di V `e B(V ) = {v1 , v2 , v3 }.
Esercizio 7.41. Si consideri l’insieme S = { (k + 1, k + 1, 0, 2k), (0, 2k, 0, 0), (1, 3k, 0, 1), (1, 5k, 1, k) } .
a) Si stabilisca per quali valori di k l’insieme S `e una base di R4 . b) Posto k = −1 si trovino le coordinate del vettore v = (1, 1, 0, 1) rispetto alla base trovata. Soluzione: a) Calcoliamo il determinante della matrice associata ai quattro vettori k+1 0 1 1 k+1 1 1 k + 1 2k 3k 5k = 2k · det 0 0 1 det 0 0 0 1 2k 1 k 2k 0 1 k k+1 1 = 2k · (−1) · det = −2k(−k + 1) 2k 1
Se k 6= 0, 1 la matrice ha determinante diverso da zero, quindi rango 4 e i vettori formano una base di R4 . b) Riduciamo a gradini la matrice associata all’equazione xv1 + yv2 + zv3 + wv4 = v dove v1 , v2 , v3 , v4 sono i vettori della base dopo avere posto k = −1: 1 −1 | 1 IV −2 0 0 0 1 1 | 1 0 −2 −3 −5 | 1 0 −2 −3 −5 | 1 ⇒ ⇒ 0 0 1 1 | 1 I 0 0 0 1 | 0 0 0 1 | 0 II 0 −2 0 1 −1 | 1 −2x + z − w = 1 x=0 −2y − 3z − 5w = 1 y = −2 ⇒ z + w = 1 z =1 w=0 w=0 Infine le coordinate di v rispetto alla base trovata sono v = (0, −2, 1, 0)S Esercizio 7.42. Sia W il sottospazio di R4 generato dai vettori v1 = (k, 1, 1, 2),
v2 = (0, 1, 0, 1),
a) Al variare del parametro k, trovare una base di W . b) Si completi la base trovata in a) ad una base di R4 .
v3 = (k, 0, 1, 1).
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
138
Soluzione: Per rispondere a entrambe dalla matrice identica: k 0 k | 1 1 1 0 | 0 1 0 1 | 0 2 1 1 | 0 1 0 II − I 0 1 III − kI 0 0 IV − 2I 0 1
le domande riduciamo a gradini la matrice A formata dai tre vettori affiancata 0 1 0 0
0 0 1 0
1 −1 0 −1
| | | |
III 1 0 1 0 ⇒ I k 0 2 1 0 0 1 0
0 1 1 −1 0 −k 0 −2
0 1 1 0 0 k 1 1
| | | |
0 0 1 0
0 1 0 0
1 0 0 0 ⇒ 0 0 IV − II 0 1
1 0 0 0
0 0 ⇒ 0 1
0 1 1 −1 0 0 0 0
a) Dalla riduzione vediamo che rg(A) = 2 e B(W ) = {v1 , v2 }
| | | |
0 0 0 1 1 0 0 −1
1 −1 −k −1
0 0 0 1
(oppure B(W ) = {v1 , v3 }).
b) La matrice formata dalla prima, seconda, quarta e quinta colonna ha rango 4, quindi B(R4 ) = {v1 , v2 , e1 , e2 } Esercizio 7.43. Sia V = hv1 , v2 , v3 i il sottospazio di R4 generato dai vettori v1 = (k, 0, 0, 1), v2 = (2, 0, 0, 0), v3 = (2, 0, k, 0)
(k parametro reale).
a) Trovare una base di V al variare del parametro k. b) Posto k = 0, completare la base trovata al punto precedente ad una base di R4 . c) Stabilire per quali valori di k il vettore w = (−3, 0, −1, 1) appartiene a V . Soluzione: a) Per rispondere anche alla domanda c) riduciamo a gradini la matrice A|b in cui A ha per colonne i vettori v1 , v2 , v3 e b `e la colonna corrispondente al vettore w.
k 0 0 1
2 0 0 0
2 0 k 0
| | | |
IV −3 0 ⇒ I −1 II 1
1 k 0 0
0 2 0 0
0 2 k 0
| | | |
1 1 0 II − kI −3 ⇒ 0 −1 0 0
0 0 2 2 0 k 0 0
| | | |
1 −3 − k −1 0
Consideriamo solo la matrice A: – Se k 6= 0, allora rg(A) = 3, quindi i tre vettori sono linearmente indipendenti e una base di V `e data da B(V ) = {v1 , v2 , v3 }. – Se k = 0, rg(A) = 2 e una base di V `e data da B(V ) = {v1 , v2 }. c) Dalla matrice ridotta notiamo che – Se k 6= 0, allora rg(A) = rg(A|b) = 3, quindi w ∈ V . – Se k = 0, rg(A) = 2 < rg(A|b) = 3, quindi w 6∈ V b) Per k = 0 abbiamo preso come base di V l’insieme B = {v1 , v2 }. Si tratta quindi di aggiungere a questi due vettori altri due vettori in modo da ottenere una base di R4 . A tale scopo possiamo ridurre a gradini la matrice ottenuta affiancando a v1 e v2 i vettori della base canonica, in modo da individuare tra questi i vettori da aggiungere. Notiamo per` o che per k = 0, v1 = (0, 0, 0, 1) e v2 = (2, 0, 0, 0), quindi evidentemente i vettori della base canonica da aggiungere per ottenere una base di R4 sono e2 = (0, 1, 0, 0) e e3 = (0, 0, 1, 0). Infine la base cercata pu` o essere B(R4 ) = {v1 , v2 , e2 , e3 } Esercizio 7.44. Sia B = { (−2, 0, 0), (1, k, −1), (1, −1, k) } a) Trovare i valori del parametro k per cui B `e una base di R3 . b) Per il valore k = 3, determinare le coordinate dei vettori v = (−3, 2, 1) e w = (0, 1, 2) rispetto alla base B. Soluzione:
2. SOLUZIONI
139
a) Poch`e si tratta di 3 vettori di R3 , l’insieme B `e una base sse i tre vettori che lo costituiscono sono linearmente indipendenti, cio`e se la matrice associata ha rango 3. Riduciamo A a gradini: −2 1 1 −2 1 1 −2 1 1 0 0 −1 k −1 ⇒ III 0 −1 k ⇒ k 0 −1 k III + kII 0 0 −1 + k 2 II 0 k −1 La matrice ha rango 3 se k 6= ±1, quindi B `e una base di R3 per k 6= ±1. In alternativa potevamo calcolare il determinante della matrice A det(A) = −2(k 2 − 1) Poich`e il determinante di A si annulla per k = 1 e per k = −1, la matrice A ha rango 3, cio`e B `e una base di R3 , per k 6= ±1. b) Chiamiamo v1 , v2 e v3 i 3 vettori di B: v1 = (−2, 0, 0),
v2 = (1, k, −1),
v3 = (1, −1, k)
Se B = {v1 , 2 , v3 } `e una base di R3 , le coordinate di un vettore v di R3 rispetto a B corrispondono ai coefficienti della combinazione lineare di v1 , v2 e v3 con cui esprimiamo v: xv1 + yv2 + zv3 = v ⇒ v = (x, y, z)B Si tratta quindi di esprimere v e w come combinazione lineare degli elementi di B, cio`e di risolvere le due equazioni vettoriali xv1 + yv2 + zv3 = v
e
xv1 + yv2 + zv3 = w
Per comodit` a riduciamo a gradini la matrice A affiancata dalle due colonne dei termini noti formate dalle componenti di v e w rispettivamente. −2 1 1 | −3 0 −2 1 1 | −3 0 0 0 3 −1 | 2 1 3 −1 | 2 1 ⇒ 3III + II 0 0 8 | 5 7 0 −1 3 | 1 2
Per determinare le coordinate di v rispetto a B risolviamo il sistema relativo alla prima delle due colonne dei termini noti: 9 −2 1 1 | −3 x = 4 −2x + y + z = −3 0 3 −1 | 2 ⇒ 3y − z = 2 ⇒ y = 87 0 0 8 | 5 8z = 5 z=5 8
9 7 5 rispetto alla base B. , , 4 8 8 B Per determinare le coordinate di w rispetto a B risolviamo il sistema relativo alla seconda delle due colonne dei termini noti: 3 −2 1 1 | 0 −2x + y + z = 0 x = 4 5 0 3 −1 | 1 ⇒ 3y − z = 1 ⇒ y=8 0 0 8 | 7 8z = 7 z = 78 3 5 7 rispetto alla base B. , , Quindi w ha coordinate 4 8 8 B Quindi v ha coordinate
Esercizio 7.45. Si considerino i vettori di R3 : v1 = (1, 2, 1), v2 = (1, 1, −1), v3 = (1, 1, 3), w1 = (2, 3, −1), w2 = (1, 2, 2), w3 = (1, 1, −3). a) Si calcoli la dimensione dei sottospazi V = hv1 , v2 , v3 i, W = hw1 , w2 , w3 i. b) Si trovi una base del sottospazio intersezione V ∩ W .
Soluzione:
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
140
a) Riduciamo a gradini 1 1 A = 2 1 1 −1 1 1 B= 1 2 −3 2 Quindi
le matrici A e B associate ai vettori vi e wi rispettivamente: 1 1 1 0 1 1 1 0 −1 −1 1 ⇒ II − 2I 0 −1 −1 ⇒ 3 III − 2II 0 0 4 III − I 0 −2 2 2 1 1 2 1 1 2 0 1 1 3 ⇒ II − I 0 1 1 ⇒ −1 III − 5II 0 0 0 III + 3I 0 5 5 dim(V ) = rg(A) = 3 dim(W ) = rg(B) = 2
b) Dai risultati del punto precedente osserviamo che V e W sono sottospazi di R3 e che in particolare V ha dimensione 3, quindi V = R3 . Di conseguenza: V ∩ W = R3 ∩ W = W Dai calcoli eseguinti nel punto precedente, tenendo conto che nello scrivere B abbiamo scambiato la naturale posizione di w1 e w3 , otteniamo che: B(V ∩ W ) = B(W ) = {w3 , w2 }. Esercizio 7.46. Si considerino i seguenti sottospazi di R3 : U = {(x, y, z) ∈ R3 | x − 2y + z = 0}
V = h(1, 0, 1), (1, 2, 1), (1, 0, 1)i a) Determinare una base e la dimensione di U e di V . b) Determinare una base e la dimensione di U ∩ V . b) Determinare una base e la dimensione di U + V . Soluzione: a) Esplicitiamo U :
x = 2s − t x − 2y + z = 0 ⇒ y = s z=t
⇒ U = {(2s − t, s, t) | s, t ∈ R}
B(U ) = {u1 = (2, 1, 0), u2 = (−1, 0, 1)}
dim(U ) = 2
Analogamente esplicitiamo una base di V stabilendo quali tra i generatori sono linearmente indipendenti. Consideriamo la matrice associata ai tre vettori: 1 1 1 1 1 1 0 2 0 0 2 0 ⇒ III − II 0 0 0 1 1 1 Quindi dim(V ) = rg(A) = 2 e
B(V ) = {v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 2, 1)} c) Conviene forse prima dimensione e base dello spazio U +V in quanto si tratta dello spazio generato dai generatori dei due spazi U + V = hv1 , v2 , u1 , u2 i Consideriamo quindi la matrice associata ai quattro vettori 1 1 2 −1 1 1 2 −1 0 2 1 0 0 2 1 0 ⇒ III − I 0 0 0 2 1 1 0 1 Quindi dim(U + V ) = rg(A) = 3 e
B(U + V ) = {v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 2, 1), u1 = (2, 1, 0)}
2. SOLUZIONI
141
b) Usando la formula di Grassman otteniamo che dim(U ∩ V ) = dim(U ) + dim(V ) − dim(U + V ) = 1
Per determinare una base di U ∩ V possiamo procedere in due modi. – MODO 1. Abbiamo visto che B = {v1 , v2 }, quindi
V = {v = (av1 + bv2 ) | a, b ∈ R} = {v = (a + b, 2b, a + b) | a, b ∈ R}
Ora si tratta di vedere quali di questi vettori appartengono a U . Poich´e U = {(x, y, z) ∈ R3 | x − 2y + z = 0}
possiamo imporre la condizione sul generico vettore v di V : (a + b) − 2(2b) + (a + b) = 0 ⇒ 2a − 2b = 0 ⇒ a = b
Quindi v ∈ U sse a = b, ovvero i vettori di V che appartengono anche a U sono del tipo: (2b, 2b, 2b) = (2, 2, 2)b
Infine U ∩ V = h(2, 2, 2)i
b∈R
B(U ∩ V ) = {(2, 2, 2)}
Notiamo che dim(U ∩ V ) = 1 come ci aspettavamo. – MODO 2. Il seguente modo `e pi` u standard, ma i calcoli possono essere pi` u complicati. Abbiamo gi` a osservato che V = {v = (av1 + bv2 ) | a, b ∈ R} = {v = (a + b, 2b, a + b) | a, b ∈ R} Analogamente B(U ) = {u1 , u2 }, quindi
U = {u = (cu1 + du2 ) | c, d ∈ R} = {u = (2c − d, c, d) | c, d ∈ R}
Quindi un vettore w ∈ U ∩ V se pu` o essere scritto in entrambi i modi: w = av1 + bv2 = cu1 + du2
per opportuni a, b, c, d ∈ R. Si tratta di risolvere il sistema associato a av1 + bv2 = cu1 + du2 , dove le incognite sono a, b, c, d: a + b − 2c + d = 0 a + b = 2c − d ⇒ 2b − c = 0 2b = c a+b−d=0 a+b=d
Riduciamo a gradini la matrice associata al sistema: 1 1 −2 1 |0 1 1 −2 1 |0 0 2 −1 0 |0 0 2 −1 0 |0 ⇒ III − I 0 0 2 −2 |0 1 1 0 −1 |0 a = 12 t a + b − 2c + d = 0 b = 1 t 2 ⇒ 2b − c = 0 c = t 2c − 2d = 0 d=t
Ponendo per esempio t = 1 e sostituendo in w = cu1 +du2 (o analogamente in w = av1 +bv2 ) otteniamo che w = (1, 1, 1) ∈ U ∩ V . Infine B(U ∩ V ) = {(1, 1, 1)}
Esercizio 7.47. Si considerino i seguenti sottospazi di R4 : U = {(0, 1, 1, 0)a + (0, 0, 0, 1)b | a, b ∈ R}
V = {(x, y, z, w) ∈ R4 | x + y = 0, z = 2x} a) Determinare una base e la dimensione di U e di V . b) Determinare una base e la dimensione di U ∩ V . c) Determinare una base e la dimensione di U + V . Soluzione:
142
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
a) Dalla definizione U indipendenti: 0 1 rg 1 0
= h0, 1, 1, 0), (0, 0, 0, 1)i, determinamo quindi se i due vettori sono linearmente 0 0 = 2, 0 1
quindi v1 e v2 sono lin. indip.
⇒ B(U ) = {u1 = (0, 1, 1, 0), u2 = (0, 0, 0, 1)},
Esplicitiamo ora V risolvendo il sistema x = s ( y = −s x+y =0 ⇒ ⇒ z = 2s z = 2x w=t
B(V ) = {v1 = (1, −1, 2, 0), v2 = (0, 0, 0, 1)},
dim(U ) = 2
dim(V ) = 2
c) Lo spazio U + V `e lo spazio generato dai generatori dei due spazi U + V = hv1 , v2 , u1 , u2 i Consideriamo quindi 0 0 1 1 0 −1 1 0 2 0 1 0
la matrice associata ai II 1 0 −1 0 0 ⇒ IV 0 1 0 1 0 2 0 I 0 0 1 1 1 0 −1 0 0 1 0 1 0 0 3 0 3IV − III 0 0 0 0
quattro vettori 0 1 0 1 ⇒ III − I 0 0 0 0
0 −1 0 1 0 1 ⇒ 0 3 0 0 1 0
Quindi dim(U + V ) = rg(A) = 3 e
B(U + V ) = {v1 = (0, 1, 1, 0), v2 = (0, 0, 0, 1), u1 = (1, −1, 2, 0)} b) Usando la formula di Grassman otteniamo che dim(U ∩ V ) = dim(U ) + dim(V ) − dim(U + V ) = 1 In questo caso senza eseguire calcoli possiamo osservare che il vettore v2 = (0, 0, 0, 1) = u2 appartiene a entrambi gli spazi, quindi B(U ∩ V ) = {(0, 0, 0, 1)} Esercizio 7.48. In R4 con il prodotto scalare canonico sia U il sottospazio dei vettori ortogonali al vettore (1, 0, −1, 0) e sia V il sottospazio generato dai vettori (1, 0, −2, 3), (−1, 1, 1, −4), (1, 1, −3, 2). Si trovino la dimensione e una base di U, V, U ∩ V, U + V . Soluzione: Esplicitiamo U :
x=t y = s U = (x, y, z, w) ∈ R4 | x − z = 0 ⇒ z=t z=r
⇒ U = {(t, s, t, r) | r, s, t ∈ R}
B(U ) = {u1 = (1, 0, 1, 0), u2 = (0, 1, 0, 0), u3 = (0, 0, 0, 1)}
dim(U ) = 3
Analogamente determiniamo una base di W stabilendo quali tra i generatori sono linearmente indipendenti. Consideriamo la matrice associata ai tre vettori: 1 −1 1 1 −1 1 1 −1 1 0 1 1 0 1 0 1 1 1 −2 1 −3 ⇒ III + 2I 0 −1 −1 ⇒ III + II 0 0 0 IV + II 0 0 0 IV − 3I 0 −1 −1 3 −4 2
2. SOLUZIONI
143
Quindi dim(V ) = rg(A) = 2 e B(V ) = {v1 = (1, 0, −2, 3), v2 = (−1, 1, 1, −4)} Conviene prima determinare dimensione e base dello spazio U + V in quanto si tratta dello spazio generato dai generatori dei due spazi U + V = hU ∪ V i = hu1 , u2 , u3 , v1 , v2 i Consideriamo quindi la matrice associata ai cinque 1 0 1 0 0 1 −1 0 1 0 1 0 0 1 1 0 0 −2 1 ⇒ III − I 0 0 0 0 0 0 1 3 −4 Quindi dim(U + V ) = rg(A) = 4 e una base `e
vettori 0 0 0 1
1 1 −1 0 0 1 ⇒ IV 0 −3 2 III 0 3 −4
0 1 0 0
0 0 1 0
1 −1 0 1 3 −4 −3 2
B(U + V ) = {u1 = (1, 0, 1, 0), u2 = (0, 1, 0, 0), u3 = (0, 0, 0, 1), v1 = (1, 0, −2, 3)} Notiamo che dim(U + V ) = 4 e U + V = R4 . Usando la formula di Grassman otteniamo dim(U ∩ V ) = dim(U ) + dim(V ) − dim(U + V ) = 1 Sappiamo che il generico vettore v di V `e del tipo v = xv1 + yv2 = (1, 0, −2, 3) · x + (−1, 1, 1, −4) · y = (x − y, y, −2x + y, 3x − 4y) Inoltre un tale vettore appartiene anche a U se `e ortogonale a (1, 0, −1, 0). Imponendo quindi la condizione di ortogonalit`a otteniamo: v ∈ U ∩ V se (x − y) · 1 + (−2x + y) · (−1) = 0 ⇒ 3x − 2y = 0 ⇒ ( x = 2 t x = 2t ⇒ 3 y = t y = 3t
Infine
v ∈ U ∩ V se v = (2t − 3t, 3t, −4t + 3t, 6t − 12t) = (−1, 3, −1, −6)t B(U ∩ V ) = {(−1, 3, −1, −6)}
Esercizio 7.49. Siano U e V i sottospazi di R3 cos`ı definiti U = (x, y, z) ∈ R3 | x + z = 0 V = h(1, −1, 0), (1, 1, −1)i
a) Determinare la dimensione e una base dei due sottospazi U e V . b) Determinare la dimensione e una base dei due sottospazi U + V e U ∩ V . Soluzione: a) Esplicitiamo U : x = −t x+z =0⇒ y =s z=t
⇒ U = {(−t, s, t) | s, t ∈ R}
B(U ) = {u1 = (−1, 0, 1), u2 = (0, 1, 0)}
dim(U ) = 2
Analogamente determiniamo una base di V stabilendo se i due generatori sono linearmente indipendenti. Senza la necessit` a di fare calcoli notiamo che i due generatori non sono uno multiplo dell’altro, quindi sono linearmente indipendenti: B(V ) = {v1 = (1, −1, 0), v2 = (1, −1, 1)},
dim(V ) = 2
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
144
b) Lo spazio U + V `e lo spazio generato dai generatori (linearmente indipendenti) dei due spazi Consideriamo quindi la −1 0 1
U + V = hu1 , u2 , v1 , v2 i
matrice associata ai quattro vettori −1 0 1 0 1 1 0 1 −1 1 −1 −1 ⇒ III + I 0 0 1 0 0 1
Quindi dim(U + V ) = rg(A) = 3 e
1 −1 2
B(U + V ) = {u1 = (−1, 0, 1), u2 = (0, 1, 0), v1 = (1, −1, 0)}
Usando la formula di Grassman otteniamo che
dim(U ∩ V ) = dim(U ) + dim(V ) − dim(U + V ) = 1
Per determinare una base di U ∩ V , ricordando che B(V ) = {v1 , v2 }, possiamo scrivere V = {v = (av1 + bv2 ) | a, b ∈ R} = {v = (a + b, −a − b, b) | a, b ∈ R}
Ora si tratta di vedere quali di questi vettori appartengono a U . Poich´e U = {(x, y, z) ∈ R3 | x + z = 0}
possiamo imporre la condizione x + z = 0 al generico vettore v di V : a + b + b = 0 ⇒ a = −2b
Quindi v ∈ U sse a = −2b, ovvero i vettori di V che appartengono anche a U sono del tipo: (−b, b, b) = (−1, 1, 1)b,
Infine U ∩ V = h(−1, 1, 1)i
a∈R
B(U ∩ V ) = {(−1, 1, 1)}
Notiamo che dim(U ∩ V ) = 1 come ci aspettavamo.
Esercizio 7.50. Siano U e V i sottospazi di R3 cos`ı definiti U = (x, y, z) ∈ R3 | x + z = 0 Dimostrare che U = V .
V = h(2, −1, −2), (−3, 4, 3)i
Soluzione: U e V sono due sottospazi di R3 . Per dimostrare che U = V , dobbiamo dimostrare che dim(U ) = dim(V ) e che U ⊆ V oppure che V ⊆ U . Cominciamo ad esplicitare U : x = −t x+z =0⇒ y =s ⇒ U = {(−t, s, t) | s, t ∈ R} z=t B(U ) = {u1 = (−1, 0, 1), u2 = (0, 1, 0)}
dim(U ) = 2
Analogamente determiniamo una base di V stabilendo se i due generatori sono linearmente indipendenti. Senza la necessit` a di fare calcoli notiamo che i due generatori non sono uno multiplo dell’altro, quindi sono linearmente indipendenti: B(V ) = {v1 = (2, −1, −2), v2 = (−3, 4, 3)},
dim(V ) = 2
Abbiamo quindi ottenuto che dim(U ) = dim(V ) = 2. In questo caso `e probabilmente pi` u semplice verificare che V ⊆ U . Infatti abbiamo per U una doppia definizione: U = (x, y, z) ∈ R3 | x + z = 0 = h (−1, 0, 1), (0, 1, 0) i
Utilzzando la prima definizione `e immediato verificare che i due generatori v1 e v2 di V appartengono a U , infatti entrambi sono vettori di R3 che verificano la condizione x + z = 0. Otteniamo quindi: v1 ∈ U
e v2 ∈ U ⇒ V = hv1 , v2 i ⊆ U.
Infine abbiamo dimostrato che V `e un sottospazio di U della stessa dimensione di U , quindi U e V coincidono.
2. SOLUZIONI
145
In alternativa per dimostrare che U ⊆ V avremmo dovuto considerare la matrice formata da v1 , v2 , u1 , u2 come colonne. Tale matrice ha rango 2, quindi u1 e u2 sono linearmente dipendenti da v1 e v2 e U ⊆ V .
Esercizio 7.51. Si consideri il sottoinsieme S di R4 costituito dai vettori v della forma v = (a1 , a1 − a2 + 2a3 , 2a1 − a2 , a1 + 3a2 + a4 ) dove a1 , a2 , a3 e a4 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R4 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S. Soluzione: Notiamo che v = a1 (1, 1, 2, 1) + a2 (0, −1, −1, 3) + a3 (0, 2, 0, 0) + a4 (0, 0, 0, 1) Siano v1 = (1, 1, 2, 1),
v2 = (0, −1, −1, 3),
v3 = (0, 2, 0, 0),
v4 = (0, 0, 0, 1)
a) S `e l’insieme delle combinazioni lineari di v1 , v2 , v3 e v4 , quindi S = hv1 , v2 , v3 , v4 i e si tratta di uno spazio vettoriale (sottospazio di R4 ). b) Consideriamo la matrice associata a v1 , v2 , v3 e v4 : 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 −1 2 0 1 −1 2 0 0 −1 II − I 2 −1 0 0 ⇒ III − 2I 0 −1 0 0 ⇒ III − II 0 0 IV − I 0 3 0 1 IV + 3III 0 0 1 3 0 1
0 2 −2 0
0 0 0 1
La matrice ha rango 4, quindi i vettori sono linearmente indipendenti e una base di S `e data da {v1 , v2 , v3 , v4 }. In alternativa si pu` o utilizzare il determinante, sviluppato rispetto alla quarta colonna: det(A) = 1 · [−2(−1)] = 2 6= 0 Poich´e il deteminante della matrice A associata ai 4 vettori ha determinante non nullo, rg(A) = 4, quindi i 4 vettori sono linearmenti indipendenti e una base di S `e l’insieme B(S) = {v1 , v2 , v3 , v4 }.
Esercizio 7.52. Si consideri il sottoinsieme S di R4 costituito dai vettori v della forma v = (a1 − a2 + 2a3 , a1 , 2a1 − a2 , a1 + 3a2 + a4 ) dove a1 , a2 , a3 e a4 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R4 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S. Soluzione: Notiamo che v = a1 (1, 1, 2, 1) + a2 (−1, 0, −1, 3) + a3 (2, 0, 0, 0) + a4 (0, 0, 0, 1) Siano v1 = (1, 1, 2, 1),
v2 = (−1, 0, −1, 3),
v3 = (2, 0, 0, 0),
a) S `e l’insieme delle combinazioni lineari di v1 , v2 , v3 e v4 , quindi S = hv1 , v2 , v3 , v4 i e si tratta di uno spazio vettoriale (sottospazio di R4 ).
v4 = (0, 0, 0, 1)
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
146
b) Consideriamo 1 −1 1 0 2 −1 1 3
la matrice associata a v1 , v2 , v3 e 1 −1 2 2 0 0 1 −2 II − I 0 0 ⇒ III − 2I 0 1 −4 0 0 IV − I 0 4 −2 0 1 1 −1 2 0 0 1 −2 0 ⇒ 0 0 −2 0 0 1 IV + 3III 0 0
v4 : 1 −1 0 0 1 0 ⇒ III − II 0 0 0 IV − 4II 0 0 1
2 −2 −2 6
0 0 0 1
La matrice ha rango 4, quindi i vettori sono linearmente indipendenti e una base di S `e data da {v1 , v2 , v3 , v4 }. Esercizio 7.53. Si consideri il sottoinsieme S di R4 costituito dai vettori v della forma v = (a1 − a2 + 2a3 + a4 , a1 , 2a1 − a2 , a1 + 3a2 )
dove a1 , a2 , a3 e a4 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R4 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S. Soluzione: Notiamo che Siano
v = a1 (1, 1, 2, 1) + a2 (−1, 0, −1, 3) + a3 (2, 0, 0, 0) + a4 (1, 0, 0, 0) v1 = (1, 1, 2, 1),
v2 = (−1, 0, −1, 3),
v3 = (2, 0, 0, 0),
v4 = (1, 0, 0, 0)
a) S `e l’insieme delle combinazioni lineari di v1 , v2 , v3 e v4 , quindi S = hv1 , v2 , v3 , v4 i
e si tratta di uno spazio vettoriale (sottospazio di R4 ). b) Consideriamo la matrice associata a v1 , v2 , v3 e v4 : 1 −1 2 1 −1 2 1 1 −1 2 1 0 1 −2 0 1 −2 −1 1 0 0 0 II − I A= 2 −1 0 0 ⇒ III − 2I 0 1 −4 −2 ⇒ III − II 0 0 −2 6 IV − 4II 0 0 IV − I 0 4 −2 −1 1 3 0 0 1 −1 2 1 0 1 −2 −1 ⇒ 0 0 −2 −1 IV + 3III 0 0 0 0
1 −1 −1 3
La matrice ha rango 3 e una base di S `e data da {v1 , v2 , v3 }. Notiamo che potevamo osservare dall’inizio che v3 e v4 sono linearmente dipendenti tra loro, quindi una base pu` o contenerne solo uno dei due; di conseguenza nella ricerca della base potevamo considerare dall’inizio solo i vettori v1 , v2 e v3 per verificare se sono linearmente indipendenti.
In alternativa si pu` o utilizzare il determinante. det(A) = 0, quindi i quattro vettori sono linearmente dipendenti e non possono formare una base di S. Osservando che v3 e v4 sono linearmente dipendenti consideriamo la matrice formata da v1 , v2 e v3 : 1 −1 2 1 0 0 B= 2 −1 0 1 3 0
Il determinante della matrice quadrata B ′ formata dalle prime tre righe `e det(B ′ ) = −2 · (−1) = 2 6= 0
quindi rg(B ′ ) = 3 e v1 , v2 e v3 sono linearmente indipendenti. Di conseguenza una base di S `e l’insieme B(S) = {v1 , v2 , v3 }.
2. SOLUZIONI
147
Esercizio 7.54. Si consideri il sottoinsieme S di R5 costituito dai vettori v della forma v = (2a1 + a2 , a1 − a2 − 3a3 , a1 − a2 , a1 + 3a2 + a3 , a2 ) dove a1 , a2 e a3 sono parametri reali. a) S `e un sottospazio vettoriale di R5 ? b) In caso di risposta affermativa ad a), trovare una base di S. Soluzione: Notiamo che v = a1 (2, 1, 1, 1, 0) + a2 (1, −1, −1, 3, 1) + a3 (0, −3, 0, 1, 0). Chiamiamo v1 , v2 e v3 i seguenti vettori v1 = (2, 1, 1, 1, 0),
v2 = (1, −1, −1, 3, 0),
v3 = (0, −3, 0, 1, 0).
a) S `e l’insieme delle combinazioni lineari di v1 , v2 e v3 , quindi S = hv1 , v2 , v3 i e si tratta di uno spazio vettoriale (sottospazio di R5 ). b) Si tratta di stabilire quali vettori tra v1 , v2 e v3 sono linearmente indipendenti. Consideriamo quindi la matrice associata a v1 , v2 e v3 : 2 1 0 2 1 0 2 1 0 0 −3 −6 1 −1 −3 2II − I 0 −3 −6 0 0 1 −1 0 ⇒ III − II 0 0 3 3 ⇒ 1 3 3IV + 4II 0 0 −12 4 IV − II 0 4 1 −6 3V + II 0 0 0 1 0 0 1 0 Anche senza ridurre completamente la matrice si vede che questa ha rango tre, quindi i tre vettori sono linearmente indipendenti e formano una base di S: B(S) = {v1 , v2 , v3 } Esercizio 7.55. Si consideri il sottospazio W di R5 costituito dai vettori w della forma w = (2a1 − a2 − a3 , 2a1 − a3 , a1 , a2 , a1 − 4a2 + a3 ) dove a1 , a2 e a3 sono parametri reali. a) Trovare una base di W . b) Determinare le coordinate del vettore v = (0, 1, 1, 1, −2) ∈ W rispetto alla base trovata al punto a). Soluzione: Notiamo che w = a1 (2, 2, 1, 0, 1) + a2 (−1, 0, 0, 1, −4) + a3 (−1, −1, 0, 0, 1) Chiamiamo v1 , v2 e v3 i seguenti vettori v1 = (2, 2, 1, 0, 1),
v2 = (−1, 0, 0, 1, −4),
v3 = (−1, −1, 0, 0, 1)
W `e l’insieme delle combinazioni lineari di v1 , v2 e v3 , quindi per rispondere alla prima domanda dobbiamo stabilire se i tre vettori, o eventualmente quali, sono linearmente indipendenti. Per rispondere alla seconda domanda dobbiamo esprimere v come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 , o di una parte di essi. Per rispondere a entrambe le domande dobbiamo quindi ridurre a gradini la matrice associata ai tre vettori
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
148
v1 , v2 e v3 , 2 2 1 0 1
e al vettore v. −1 −1 0 −1 0 0 1 0 −4 1
2 0 0 ⇒ 0 V − III 0
| | | | |
0 2 −1 0 1 1 II − I 1 ⇒ 2III − II 0 0 0 1 1 −2 IV − III 0 −4 −1 −1 | 0 1 0 | 1 0 1 | 1 0 0 | 0 0 0 | 0
−1 0 1 0 1
| | | | |
0 2 0 1 0 1 ⇒ 1 IV − II 0 −3 V + 4II 0
−1 −1 1 0 0 1 0 0 0 1
| | | | |
0 1 1 0 1
a) La matrice associata a v1 , v2 e v3 ha rango 3, quindi i vettori sono linearmente indipendenti e una base di W `e data da {v1 , v2 , v3 }. b) Si tratta di esprimere v come combinazione lineare di v1 , v2 e v3 , ovvero di risolvere l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v: 2x − y − z = 0 ⇒x=y=z=1 y=1 z=1 Infine le componenti di v rispetto alla base B sono (1, 1, 1).
Esercizio 7.56. Sia
S = (x, y, z) ∈ R3 | x + y + (k + 1)z = k,
2x + y + z = 0
a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per il valore di k trovato al punto precedente determinare una base di S.
Soluzione: Gli elementi dell’insieme S sono i vettori di R3 tali che ( x + y + (k + 1)z = k 2x + y + z = 0 a) Sappiamo che le soluzioni di un sistema lineare formano uno spazio vettoriale se e solo se il sistema `e omogeneo. Quindi S `e uno spazio vettoriale se k = 0 b) Scriviamo esplicitamente gli elementi di S cercando le soluzioni del sistema nel caso k = 0: 1 1 1 | 0 1 1 1 | 0 ⇒ II − 2I 0 −1 −1 | 0 2 1 1 | 0 ( x = 0 x+y+z =0 ∀t ∈ R ⇒ ⇒ y=t −y − z = 0 z=t Quindi
S = { (0, −t, t) | t ∈ R}
E’ ora evidente che ogni elemento di S si pu` o scrivere nella forma (0, −1, 1) · t
quindi una base di S `e data dall’insieme
B = {(0, −1, 1)} Esercizio 7.57. Sia S = (x, y, z) ∈ R3 | x − 2y + kz = k − 1,
x − 2y + z = 0,
−2x + 4ky − 2z = 0
a) Stabilire per quali valori di k l’insieme S `e un sottospazio di R3 . b) Per il valore di k trovato al punto precedente determinare una base di S.
2. SOLUZIONI
149
Soluzione: Gli elementi dell’insieme S sono i vettori di R3 tali che x − 2y + kz = k − 1 x − 2y + z = 0 −2x + 4ky − 2z = 0
a) Sappiamo che le soluzioni di un sistema lineare formano uno spazio vettoriale se e solo se il sistema `e omogeneo. Quindi S `e uno spazio vettoriale se k = 1. b) Scriviamo esplicitamente gli elementi di S cercando le soluzioni del sistema nel caso k = 1: 1 −2 1 | 0 1 −2 1 | 0 1 −2 1 | 0 ⇒ II − 2I 0 0 0 | 0 III + 2II 0 0 0 | 0 −2 4 −2 | 0 x = 2s − t ∀s, t ∈ R ⇒ x − 2y + z = 0 ⇒ y = s z=t Quindi
S = { (2s − t, s, t) | s, t ∈ R}
Separiamo le variabili nella scrittura del generico elemento di S: (2s, s, 0) + (−t, 0, t) = (2, 1, 0) · s + (−1, 0, 1) · t
Quindi S `e generato dall’insieme
B = {(2, 1, 0), (−1, 0, 1)}
Per come `e stato calcolato, e comunque sarebbe immediato verificarlo, l’insieme B `e linearmente indipendente, quindi si tratta effettivamente di una base di S. Esercizio 7.58. Sia S il sottoinsieme di R5 S = x ∈ R5 | x1 − x2 + 2x5 = k, x1 + x3 + kx4 = 0 .
a) Per quali valori del parametro reale k l’insieme S ´e un sottospazio vettoriale di R5 ? b) Per i valori determinati al punto a), trovare una base di S.
Soluzione: a) Le soluzioni di un sistema lineare formano un sottospazio sse si tratta di un sistema omogeneo. Di conseguenza deve essere k = 0. b) Risolviamo il sistema omogeneo ottentuto per k = 0 ( x1 − x2 + 2x5 = 0 x1 + x3 = 0 riducendo la matrice associata a gradini: 1 −1 0 0 2 | 0 1 −1 0 0 2 | 0 ⇒ ⇒ II − I 0 1 1 0 −2 | 0 1 0 1 0 0 | 0 x1 = −r ( x2 = −r + 2t x1 − x2 + 2x5 = 0 ∀ r, s, t ∈ R ⇒ x3 = r x2 + x3 − 2x5 = 0 x4 = s x = t 5 Infine
S = {(−r, −r + 2t, r, s, t) | r, s, t ∈ R }
= {(−1, −1, 1, 0, 0) · r + (0, 0, 0, 1, 0) · s + (0, 2, 0, 0, 1) · t | r, s, t ∈ R }
e una base di S `e
B(S) = { (−1, −1, 1, 0, 0), (0, 0, 0, 1, 0), (0, 2, 0, 0, 1) }
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
150
Esercizio 7.59. Sia W il sottinsieme di R5 definito da W = x = (x1 , x2 , x3 , x4 , x5 ) ∈ R5 : x1 − x3 + kx4 + x5 = 0, x2 − 3x4 = k,
x1 − x2 − x3 + 3x4 + x5 = 0 }
Stabilire per quali valori di k l’insieme W `e un sottospazio vettoriale di R5 e calcolarne una base e la dimensione. Soluzione: Sappiamo che le soluzioni di un sistema di equazioni lineari formano un sottospazio solamente se si tratta di un sistema omogeneo, di conseguenza W `e un sottospazio vettoriale di R5 se k = 0. Per determinare la dimensione di W (per k = 0) calcoliamo esplicitamente le soluzioni riducendo a gradini la matrice associata al sistema lineare. 1 0 −1 0 1 | 0 1 0 −1 0 1 | 0 0 1 0 1 0 −3 0 | 0 ⇒ 0 −3 0 | 0 ⇒ III − I 0 −1 0 3 0 | 0 1 −1 −1 3 1 | 0 ( 1 0 −1 0 1 | 0 0 1 0 −3 0 | 0 ⇒ x1 − x3 + x5 = 0 x2 − 3x4 = 0 III + II 0 0 0 0 0 | 0 x1 = s − t x2 = 3h ⇒ x3 = s ∀s, t, h ∈ R x4 = h x = t 5 Quindi
W = {(1, 0, 1, 0, 0)s + (−1, 0, 0, 0, 1)t + (0, 3, 0, 1, 0)h : s, t, h ∈ R} = h (1, 0, 1, 0, 0), (−1, 0, 0, 0, 1), (0, 3, 0, 1, 0) i
Infine
B(W ) = { (1, 0, 1, 0, 0), (−1, 0, 0, 0, 1), (0, 3, 0, 1, 0) }
e
dim(W ) = 3
Notiamo che anche senza calcolare esplicitamente le soluzioni potevamo ottenere dim(W ) = n − rg(A) = 5 − rg(A) = 3
Esercizio 7.60. a) Trovare una base del sottospazio V di R5 cos`ı definito: V = {x ∈ R5 | 2x1 − x2 + x3 − x4 = 0, 5
x1 − x3 − 2x4 + 2x5 = 0}.
b) Determinare una base di R contenente la base di V trovata in a).
Soluzione: Determiniamo le soluzioni del sistema omogeneo: 1 II 2 −1 1 −1 0 | 0 ⇒ 2II − I 0 1 0 −1 −2 2 | 0 x1 = r + 2s − 2t x 2 = 3r + 3s − 4t ⇒ x3 = r ∀r, s, t ∈ R x4 = s x = t 5
0 −1 1 −3
−2 2 −3 4
Quindi
V = h(1, 3, 1, 0, 0), (2, 3, 0, 1, 0), (−2, 4, 0, 0, 1)i
| |
0 0
2. SOLUZIONI
151
a) Dalla risoluzione del sistema omogeneo segue che B(V ) = {(1, 3, 1, 0, 0), (2, 3, 0, 1, 0), (−2, 4, 0, 0, 1)} b) Per completare la base B basta osservare 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 ha rango 5, quindi
che la matrice 1 2 −2 3 3 4 1 0 0 0 1 0 0 0 1
B(R5 ) = {(1, 3, 1, 0, 0), (2, 3, 0, 1, 0), (−2, 4, 0, 0, 1), (1, 0, 0, 0, 0), (0, 1, 0, 0, 0)} Esercizio 7.61. Sia S = x ∈ R4 |x1 − 4x2 − x3 + 2kx4 = k + 1, 2x1 − kx3 + kx4 = 2k + 2,
3x1 − 4kx2 + 9x3 + 3x4 = 0 }
a) Stabilire per quali valori di k ∈ R l’insieme S `e un sottospazio di R4 . b) Per i valori di k trovati al punto precedente determinare la dimensione e una base di S. Soluzione: a) Le soluzioni di un sistema formano uno spazio vettoriale sse il sistema `e omogeneo: ( k+1=0 ⇒ k = −1 2k + 2 = 0 b) Cerchiamo le soluzioni del sistema nel caso k = −1 riducendo a gradini la matrice associata al sistema: 1 −4 −1 −2 | 0 1 −4 −1 −2 | 0 2 0 1 −1 | 0 ⇒ II − 2I 0 8 3 3 | 0 ⇒ 3 4 9 3 | 0 III − 3I 0 16 12 9 | 0 1 −4 −1 −2 | 0 x1 − 4x2 − x3 − 2x4 = 0 0 8 3 3 | 0 ⇒ 8x2 + 3x3 + 3x4 = 0 ⇒ III − 2II 0 0 6 3 | 0 2x3 + x4 = 0 x1 = − 23 t x = 3 t 3 3 2 8 ∀t∈R ⇒S= − , , 1, −2 · t | t ∈ R 2 8 x3 = t x4 = −2t Infine
B(S) =
3 3 − , , −2, 1 , 2 8
dim(S) = 1
Esercizio 7.62. Sia S l’insieme delle soluzioni del seguente sistema lineare: −x1 + (k − 1)x4 = 0 −x + 2x + (k + 1)x + (k − 1)x = 0 1 2 3 4 (k parametro reale) 2x1 + 2x3 + (2 − 2k)x4 = k − 2 x1 + 4x2 + (2k − 2)x3 + (1 − k)x4 = 2 − k
a) Stabilire per quali k l’insieme S `e uno spazio vettoriale e in tali casi determinarne una base. b) Esplicitare S al variare di k ∈ R.
152
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Soluzione: L’insieme S `e uno spazio vettoriale quando si tratta delle soluzioni di un sistema omogeneo, quindi per k = 2. Per rispondere ad entrambe le domande effettuiamo comunque la riduzione a gradini per ogni valore di k. −1 0 0 k−1 | 0 −1 0 0 k−1 | 0 −1 2 k + 1 0 | 0 k−1 | 0 ⇒ II − I 0 2 k + 1 2 0 III + 2I 0 0 2 0 | k − 2 2 2 − 2k | k − 2 IV + I 0 4 2k + 2 0 | 2−k 1 4 2k + 2 1 − k | 2 − k −1 0 0 k−1 | 0 0 2 k+1 0 | 0 ⇒ 0 0 2 0 | k − 2 IV − 2II 0 0 0 0 | 2−k a) Abbiamo gi` a osservato che S `e uno spazio vettoriale se k = 2, nel quale caso le soluzioni sono x1 = t −x1 + x4 = 0 x = 0 2 ⇒ S = h(1, 0, 0, 1)i 2x2 + 3x3 = 0 ⇒ x 3 =0 2x3 = 0 x4 = t
Infine per k = 2 una base di S `e B(S) = {(1, 0, 0, 1)}. b) Dalla matrice ridotta vediamo che il sistema ammette soluzione quando rg(A) = rg(A|b), cio`e quando k = 2. In tale caso abbiamo gi` a trovato S al punto precedente: S = h(1, 0, 0, 1)i. Per k 6= 2 il sistema non ammette soluzioni, quindi S = ∅. Esercizio 7.63. Sia A la matrice reale seguente: k −k A = 1 −2 0 1
0 1 k
−1 0 1
a) Determinare il rango di A al variare del parametro reale k. b) Calcolare una base del nucleo di A, cio´e dello spazio delle soluzioni del sistema lineare omogeneo Ax = 0, nel caso k = 1.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice A: 1 −2 1 II 1 −2 1 0 0 1 k III 0 1 k 1 ⇒ III − kI 0 k −k I k −k 0 −1 1 −2 1 0 0 1 k 1 2 III − kII 0 0 −k − k −1 − k
0 1 ⇒ −1
Quindi • Se k 6= −1 la matrice A ha rango 3. • Se k = −1 la matrice A ha rango 2.
b) Ponendo k = 1 al termine della riduzione e considerando il sistema omogeneo associato otteniamo: x = −t x − 2y + z = 0 1 −2 1 0 | 0 y=0 0 1 1 1 | 0 ⇒ y + z + w = 0 ∀t ∈ R ⇒ z=t 0 0 −2 −2 | 0 −2z − 2w = 0 w = −t Quindi il nucleo di A `e l’insieme (spazio vettoriale):
N (A) = { (−1, 0, 1, −1) · t | t ∈ R }
e una base del nucleo `e data dall’insieme
B(N (A)) = { (−1, 0, 1, −1) }
2. SOLUZIONI
153
Esercizio 7.64. a) Sia V = h (1, 2, 1), (−1, 3, 0), (3, 1, 2) i Si determini la dimensione e una base di V . b) Sia S = (x, y, z) ∈ R3 | x − y + 3z = 0, 2x + 3y + z = 0, x + 2z = 0 Si determini la dimensione e una base di S. c) Si confrontino i metodi risolutivi e i risultati dei due precedenti punti.
Soluzione: a) Calcoliamo il rango della matrice A associata ai tre vettori riducendola a gradini: 1 −1 3 1 −1 3 1 −1 3 2 3 1 ⇒ II − 2I 0 5 −5 ⇒ 1/5II 0 1 −1 III − 5II 0 0 III − I 0 1 −1 0 1 0 2 Quindi
dim(V ) = rg(A) = 2 B(V ) = { (1, 2, 1), (−1, 3, 0) } b) Associamo al sistema omogeneo
la matrice
1 −1 3 2 3 1 1 0 2
x − y + 3z = 0 2x + 3y + z = 0 x + 2z = 0 | | |
0 1 −1 0 ⇒ · · · ⇒ 0 1 0 0 0
3 | −1 | 0 |
0 0 0
Notiamo che i conti sono gi` a stati eseguiti al punto precedente. Quindi ( x = −2t x − y + 3z = 0 ⇒ y=t ∀t ∈ R x−z =0 z=t
e
dim(S) = 1 B(S) = { (−2, 1, 1) } c) Notiamo che con la stessa matrice abbaimo risolto due esercizi differenti tra cui in genere `e facile confondersi. La relazione tra i due esercizi, oltre alla medesima riduzione della matrice, `e solo legata alle dimensioni: dim(V ) = rg(A) dim(S) = numero delle incognite − rg(A)
dim(V ) + dim(S) = numero delle incognite 5
Esercizio 7.65. Sia W il sottospazio di R generato dai vettori: v1 = (0, 1, 2, 0, 1),
v2 = (k, 1, 2, 0, 2),
a) Al variare del parametro k, trovare una base di W . b) Si completi la base trovata in a) ad una base di R5 .
v3 = (0, 0, 0, k, 1)
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
154
Soluzione: Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matriceformata dai tre vettori affiancata dalla matrice identica I5 . 0 k 0 | 1 0 0 0 0 II 1 1 0 | 0 1 0 0 0 1 1 0 | 0 1 0 0 0 III 2 2 0 | 0 0 1 0 0 2 2 0 | 0 0 1 0 0 ⇒ V 1 2 1 | 0 0 0 0 1 ⇒ 0 0 k | 0 0 0 1 0 I 0 k 0 | 0 0 0 1 0 1 2 1 | 0 0 0 0 1 IV 0 0 k | 1 0 0 0 0 1 1 0 | 0 1 0 0 0 1 1 0 | 0 1 0 0 0 II − 2I III 0 0 0 | 0 −2 1 0 0 0 1 1 | 0 −1 0 0 1 III − I 0 1 1 | 0 −1 0 0 1 ⇒ IV 0 k 0 | 0 0 0 1 0 0 k 0 | 0 0 0 1 0 V 0 0 k | 1 0 0 0 0 0 0 k | 1 0 0 0 0 II 0 0 0 | 0 −2 1 0 0 1 1 0 | 0 1 0 0 0 0 1 1 | 0 −1 0 0 1 ⇒ III − kII 0 0 −k | 0 k 0 1 −k ⇒ 0 0 k | 1 0 0 0 0 0 0 0 | 0 −2 1 0 0 1 1 0 | 0 1 0 0 0 0 1 1 | 0 −1 0 0 1 0 0 −k | 0 k 0 1 −k IV + III 0 0 0 | 1 k 0 1 −k 0 0 0 | 0 −2 1 0 0
a) Se k 6= 0, B(W ) = {v1 , v2 , v3 }, mentre se k = 0, B(W ) = {v1 , v2 } b) Se k 6= 0 possiamo prendere come base di R5 l’insieme {v1 , v2 , v3 , e1 , e2 }, mentre se k = 0 possiamo prendere l’insieme {v1 , v2 , e1 , e2 , e4 }
Esercizio 7.66. Dati i vettori linearmente indipendenti v1 = (3, 0, 1) e v2 = (1, 4, −2) completare l’insieme S = {v1 , v2 } in modo da ottenere una base di R3 . Soluzione: Si pu` o completare la base utilizzando uno dei vettori canonici. Si tratta quindi di affiancare a v1 e v2 i tre vettori canonici di R3 , per verificare quale di questi forma assieme a v1 e v2 un insieme linearmente indipendente. Riduciamo quindi a gradini la matrice 3 1 1 0 0 3 1 1 0 0 3 1 1 0 0 0 4 0 1 0 0 4 0 4 0 1 0 ⇒ 0 1 0 ⇒ 4III + 7II 0 0 −4 7 12 3III − I 0 −7 −1 0 3 1 −2 0 0 1 Di conseguenza qualsiasi dei vettori della base canonica forma con v1 e v2 una matrice di rango 3, ovvero un insieme linearmente indipendente. Possiamo prendere per esempio B = {(3, 0, 1), (1, 4, 2), (1, 0, 0) } Esercizio 7.67. Siano v1 = (1, −1, −1, 1), v2 = (k, 1, 1, −1) ∈ R4 a) Si trovino i valori del parametro k per i quali v1 e v2 sono indipendenti. b) Per k = 2, si estenda l’insieme {v1 , v2 } a una base di R4 . Soluzione:
2. SOLUZIONI
155
Per rispondere ad entrambe le domande riduciamo a gradini la quattro vettori della base canonica di R4 : 1 k 1 k | 1 0 0 0 0 k + 1 −1 1 | 0 1 0 0 II + I −1 1 | 0 0 1 0 ⇒ III − II 0 0 0 IV + III 0 1 −1 | 0 0 0 1 a) I due vettori v1 e v2 sono indipendenti quando conseguenza v1 e v2 sono indipendenti se k 6= −1. b) Ponendo k = 2 nella matrice ridotta otteniamo 1 2 | 1 0 0 3 | 1 1 0 0 | 0 −1 0 0 | 0 0
matrice costituita da v1 e v2 e dai | | | |
1 1 0 0
0 1 −1 0
0 0 1 1
0 0 0 1
la matrice ad essi associata ha rango 2. Di
0 0 1 1
0 0 0 1
Una base di R4 deve essere formata da quattro vettori. Dalla matrice notiamo che se aggiungiamo alle prime due colonne, corrispondenti a v1 e v2 , la quarta e quinta colonna (per esempio) otteniamo una matrice di rango quattro. Quindi i quattro vettori corrispondenti sono linearmente indipendenti e una base di R4 `e data dall’insieme: { v1 , v2 , (0, 1, 0, 0), (0, 0, 1, 0) }
Esercizio 7.68. Si consideri l’insieme S costituito dai seguenti vettori di R4 v1 = (1, 2, 2, 1),
v2 = (2, 1, 2, 1),
v3 = (0, 1, 2, 1)
a) E’ possibile estendere S a una base di R4 ? b) In caso affermativo, trovare una base di R4 contenente S. Soluzione: Per rispondere ad entrambi i quesiti riduciamo a gradini la matrice ottenuta dalla matrice associata ai 3 vettori, affiancata dalla matrice associata ai vettori della base canonica di R4 : 1 2 0 | 1 0 0 0 1 2 0 | 1 0 0 0 2 1 1 | 0 1 0 0 II − 2I 0 −3 1 | −2 1 0 0 2 2 2 | 0 0 1 0 ⇒ III − II 0 1 1 | 0 −1 1 0 IV − I 0 −1 1 | −1 0 0 1 1 1 1 | 0 0 0 1 1 2 0 | 1 0 0 0 0 −3 1 | −2 1 0 0 ⇒ 3III + II 0 0 4 | −2 −2 3 0 IV + III 0 0 2 | −1 −1 1 1 1 2 0 | 1 0 0 0 0 −3 1 | −2 1 0 0 ⇒ 0 0 4 | −2 −2 3 0 0 −1 2 2IV − III 0 0 0 | 0 a) La matrice associata ai vettori v1 , v2 e v3 ha rango 3, quindi i vettori sono linearmente indipendenti e S pu` o essere esteso a una base di R4 . b) Dalla matrice completa vediamo che la prima, seconda, terza e sesta colonna sono linearmente indipendenti, quindi una base B di R4 contenente S `e data da B = { v1 , v2 , v3 , e3 = (0, 0, 1, 0) } Esercizio 7.69. Si considerino i vettori di R4 v1 = (2, 1, −1, 3),
v2 = (1, 0, 5, 1),
v3 = (2, −1, 3, 1).
a) Stabilire se il vettore v = (0, 0, 1, 0) `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . b) Completare l’insieme {v1 , v2 , v3 } ad una base di R4 .
156
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
Soluzione: Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice formata dai tre vettori v1 , v2 , v3 affiancati dai quattro vettori della base canonica e1 , e2 , e3 = v e e4 . 2 1 2 | 1 0 0 0 2 1 2 | 1 0 0 0 1 0 −1 | 0 1 0 0 2II − I 0 −1 −4 | −1 2 0 0 −1 5 3 | 0 0 1 0 ⇒ III + II 0 5 2 | 0 1 1 0 4 | 0 −3 0 1 IV − 3II 0 1 3 1 1 | 0 0 0 1 2 1 2 | 1 0 0 0 0 −1 −4 | −1 2 0 0 ⇒ III + 5II 0 0 −18 | −5 11 1 0 IV + II 0 0 0 | −1 −1 0 1
a) Consideriamo la matrice formata dalle prime tre colonne e dalla sesta, corrisponedente all’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v: 2 1 2 | 0 0 −1 −4 | 0 0 0 −18 | 1 0 0 0 | 0
La matrice completa e incompleta hanno rango uguale, quindi il sistema ammette soluzione e v `e combinazione lineare di v1 , v2 e v3 . b) La matrice formata dalle prime quattro colonne ha rango quattro, quindi l’insieme {v1 , v2 , v3 , e1 } `e una base di R4 . Esercizio 7.70. Sia dato l’insieme V = {p(x) ∈ R3 [x] | p(1) = 0 } a) Verificare che l’insieme V `e un sottospazio vettoriale di R3 [x]. b) Determinare una base di V . Soluzione: Sia p(x) = a0 + a1 x + a2 x2 + a3 x3 , ai ∈ R il generico elemento di R3 [x]. A p(x) possiamo associare le sue componenti (a0 , a1 , a2 , a3 ) rispetto alla base canonica di R3 [x] formata dai polinomi {1, x, x2 , x3 }. Quindi a ogni polinomio p(x) = a0 + a1 x + a2 x2 + a3 x3 ∈ R3 [x] possiamo associare il vettore (a0 , a1 , a2 , a3 ) ∈ R4 . Nel nostro caso la condizione p(1) = 0 si traduce nella condizione a0 + a1 + a2 + a3 = 0, quindi all’insieme di polinomi V corrisponde l’insieme: W = (a0 , a1 , a2 , a3 ) ∈ R4 | a0 + a1 + a2 + a3 = 0
cio`e l’insieme delle soluzioni del sistema omogeneo formato dalla sola equazione a0 + a1 + a2 + a3 = 0.
a) L’insieme W , e quindi l’insieme V , `e uno spazio vettoriale in quanto si tratta dell’insieme delle soluzioni di un sistema omogeneo. b) Per trovare una base di V determiniamo una base di W per poi tornare ai polinomi. a0 = −r − s − t a = r 1 a0 + a1 + a2 + a3 = 0 ⇒ ∀r, s, t ∈ R a2 = s a3 = t Quindi il generico elemento di W ha la forma
(−1, 1, 0, 0) · r + (−1, 0, 1, 0) · s + (−1, 0, 0, 1) · t e una base di W `e data dall’insieme B(W ) = {(−1, 1, 0, 0), (−1, 0, 1, 0), (−1, 0, 0, 1)}
2. SOLUZIONI
157
Associamo ora ai vettori determinati i corrispondenti polinomi: (−1, 1, 0, 0) ⇒ p1 (x) = −1 + x
(−1, 0, 1, 0) ⇒ p2 (x) = −1 + x2
(−1, 0, 0, 1) ⇒ p3 (x) = −1 + x3
Infine l’insieme B(V ) = p1 (x) = −1 + x, p2 (x) = −1 + x2 , p3 (x) = −1 + x3
`e una base di V .
Esercizio 7.71. Siano dati i polinomi p1 (x) = 1 + x,
p2 (x) = 1 + 2x + x2 ,
p3 (x) = x − x2 .
a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x)} `e una base di R2 [x]. b) Esprimere f (x) = x2 − x + 2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). Soluzione: Ricordiamo che a ogni polinomio di R2 [x] possiamo associare le sue componenti (a0 , a1 , a2 ) rispetto alla base canonica B = x2 , x, 1 . Di conseguenza ai polinomi p1 , p2 e p3 possiamo associamo i tre vettori p1 = (0, 1, 1) p2 = (1, 2, 1) p3 = (−1, 1, 0) Quindi i polinomi p1 , p2 e p3 formano una base di R2 [x] sse i tre vettori p1 , p2 e p3 formano una base di R3 . In particolare R2 [x] ha dimensione 3, ed `e sufficiente verificare che i tre vettori siano linearmente indipendenti. Inoltre al polinomio f (x) associamo il vettore f (1, −1, 2) Per rispondere ad entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice associata ai quattro vettori. 0 1 −1 | 1 III 1 1 0 | 2 1 2 1 | −1 ⇒ 1 2 1 | −1 I 0 1 −1 | 1 1 1 0 | 2 1 1 0 | 2 1 1 0 | 2 0 1 1 | −3 ⇒ II − I 0 1 1 | −3 ⇒ III − II 0 0 −2 | 4 0 1 −1 | 1
a) La matrice dei coefficienti, associata a p1 , p2 e p3 , ha rango 3, quindi i tre polinomi sono linearmente indipendenti e formano una base di R2 [x]. b) Torniamo al sistema associato ai quattro vettori: x1 + x2 = 2 x1 = 3 ⇒ x2 + x3 = −3 ⇒ x2 = −1 −2x3 = 4 x3 = −2 Quindi
f (x) = 3 · p1 (x) − 1 · p2 (x) − 2 · p3 (x) Esercizio 7.72. Si considerino i polinomi p1 = x2 +ax+b+c, p2 = x2 +bx+a+c, p3 = x2 +cx+a+b. a) Mostrare che per ogni valore dei parametri a, b, c i tre polinomi sono dipendenti nello spazio dei polinomi R[x]. b) Calcolare la dimensione e una base dello spazio hp1 , p2 , p3 i ⊆ R[x] al variare di a, b, c.
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
158
Soluzione: Associamo ad ogni polinomio il vattore che esprime le sue componenti rispetto alla base canonica {x2 , x, 1} di R[x]: p1 = (1, a, b + c),
p2 = (1, b, a + c),
p3 = (1, c, a + b)
Possiamo quindi svolgere l’esercizio lavorando sui tre vettori. Consideriamo la matrice associata ai tre vettori: 1 1 1 1 1 1 1 1 0 b − a 0 b − a c − a ⇒ a II − aI b c ⇒ III + II 0 0 III − (b + c)I 0 a − b a − c b+c a+c a+b
1 c − a 0
a) La matrice associata ai tre vettori ha sempre rango minore di tre, quindi i tre vettori e i tre polinomi sono linearmente dipendenti. b) Dal punto a) sappiamo che hp1 , p2 , p3 i ha sicuramente dimensione minore di tre. Inoltre – Se a = b = c, allora la matrice ha rango 1 e hp1 , p2 , p3 i ha dimensione 1. Una base di hp1 , p2 , p3 i `e data da {p1 } (o da {p2 } o da {p3 }). – Se a 6= b, allora la matrice ha rango 2 e hp1 , p2 , p3 i ha dimensione 2. Inoltre la matrice formata dalle prime due colonne ha sicuramente rango 2, quindi una base di hp1 , p2 , p3 i `e data da {p1 , p2 }. – Se a 6= c, allora la matrice ha rango 2 e hp1 , p2 , p3 i ha dimensione 2. Inoltre la matrice formata dalla prima e terza colonna ha sicuramente rango 2, quindi una base di hp1 , p2 , p3 i `e data da {p1 , p3 }.
Esercizio 7.73. Sia S il sottoinsieme dello spazio dei polinomi R3 [x] cos`ı definito: S = {p(x) = ax3 + bx2 + cx + d ∈ R3 [x] | p(0) = 0}
a) Mostrare che S `e un sottospazio vettoriale di R3 [x]. b) Determinare la dimensione di S. Soluzione:
a) Si tratta di dimostrare che S `e chiuso rispetto alla somma e al prodotto per scalari. – S `e chiuso rispetto a +, infatti presi due elementi di S anche la loro somma sta in S: (p1 + p2 )(0) = p1 (0) + p2 (0) = 0 – S `e chiuso rispetto al prodotto per scalari, infatti preso un elemento di S e uno scalare λ ∈ R, anche il loro prodotto sta in S: (λp)(0) = λ · p(0) = λ · 0 = 0
b) Per calcolare la dimensione di S osserviamo innanzitutto che imponendo la condizione p(0) = 0 otteniamo: S = {p(x) = ax3 + bx2 + cx | a, b, c ∈ R }
Vogliamo dimostrare che il polinomi p1 (x) = x3 , p2 (x) = x2 , p3 (x) = x costituiscono una base di S. Infatti – p1 (x), p2 (x) e p3 (x) sono linearmente indipendenti: se ap1 (x) + bp2 (x) + cp3 (x) = 0 ⇒ ax3 + bx2 + cx = 0 (polinomio nullo)
allora a = b = c = 0. – Per come abbiamo esplicitato S `e evidente che ogni elemento di S si pu` o scrivere come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x) e p3 (x). Di conseguenza p1 (x), p2 (x) e p3 (x) formano una base di S e S ha dimensione 3. Esercizio 7.74. Sia W l’insieme dei polinomi p(x) = ax3 + bx2 + cx + d ∈ R[x], di grado al pi` u 3, tali che p(0) = p(1) = 0. Determinare un insieme generatore di W . Soluzione: Come negli esercizi precedenti associamo a p(x) le sue componenti rispetto alla base canonica di R3 [x], {1, x, x2 , x3 }: p(x) = ax3 + bx2 + cx + d
⇒
p = (d, c, b, a)
2. SOLUZIONI
159
Imponiamo le due condizioni al generico polinomio di grado al pi` u 3: ( ( p(0) = 0 ⇒ d = 0 d=0 ⇒ p(1) = 0 ⇒ a + b + c + d = 0 a+b+c=0 Quindi a W corrisponde il sottospazio V formato dagli elementi di R4 soluzioni del sistema omogeneo: V = {(d, c, b, a) ∈ R4 | d = 0, a + b + c = 0} Scriviamo ora le soluzioni di tale sistema omogeneo: a = −s − t b=s ∀s, t, ∈ R c =t d=0
Quindi
V = h (0, 0, 1, −1), (0, 1, 0, −1)i Infine W = hp1 (x) = x2 − x3 , p2 (x) = x − x3 i Esercizio 7.75. Si considerino i polinomi a coefficienti reali p1 = x2 + x,
p2 = kx2 − 1,
p3 = x2 + 2x + k.
a) Stabilire per quali valori di k i tre polinomi formano una base dello spazio R2 [x]. b) Per i valori di k per cui i polinomi sono dipendenti, trovare uno o pi` u polinomi che completano l’insieme {p1 , p2 , p3 } ad un’insieme generatore di R2 [x]. Soluzione: Ricordiamo che
R2 [x] = a0 x2 + a1 x + a2 :
a0 , a1 , a2 ∈ R
A ogni polinomio possiamo quindi associare le sue componenti (a0 , a1 , a2 ) rispetto alla base canonica B = x2 , x, 1 . In particolare ai polinomi p1 , p2 , p3 possiamo associare i vettori: p1 = (1, 1, 0)
p2 = (k, 0, −1) p3 = (1, 2, k)
Di conseguenza i polinomi p1 , p2 e p3 formano una base di R2 [x] sse i tre vettori p1 , p2 e p3 formano una base di R3 .In particolare R2 [x] ha dimensione 3. Per rispondere a entrambe le domande dell’esercizio riduciamo a gradini la matrice associata ai tre vettori a cui affianchiamo la matrice identica 3 × 3. 1 k 1 | 1 0 0 1 k 1 | 1 0 0 1 0 2 | 0 1 0 ⇒ II − I 0 −k 1 | −1 1 0 ⇒ 0 −1 k | 0 0 1 0 −1 k | 0 0 1 1 k 1 | 1 0 0 1 k 1 | 1 0 0 0 −1 k | 0 0 1 III 0 −1 k | 0 0 1 ⇒ 2 III − kII 0 0 1 − k | −1 1 −k II 0 −k 1 | −1 1 0
a) Consideriamo solo la prima parte della matrice: se k 6= ±1 la matrice associata ai vettori p1 , p2 , p3 ha rango 3, quindi i tre vettor isono linearmente indipendenti. Analogamente i tre polinomi sono linearmente indipendenti e formano una base di R2 [x]. b) Se k = ±1 la matrice dei coefficienti ha rango 2 e dalla matrice ridotta ricaviamo che p2 e p3 sono linearmente indipendenti. Inoltre considerando tutta la matrice possiamo notare che la prima, la seconda e la quarta colonna (per esempio) sono linearmente indipendenti. Ricordiamo che la quarta colonna corrisponde al vettore (1, 0, 0) ovvero al polinomio q = x2 . Quindi: – Se k = 1 una possibile base di R2 [x] `e: B = p1 = x2 + x, p2 = x2 − 1, q = x2
160
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
– Se k = −1 una possibile base di R2 [x] `e: B = p1 = x2 + x, p2 = −x2 − 1,
q = x2
Esercizio 7.76. Si considerino i polinomi a coefficienti reali p1 = x2 + x,
p2 = kx2 − 1,
p3 = x2 + 2x + k.
a) Stabilire per quali valori di k i tre polinomi sono linearmente dipendenti. b) Per i valori di k per cui i polinomi sono dipendenti esprimere un polinomio come combinazione lineare degli altri. Soluzione: Ricordiamo che
R2 [x] = a0 x2 + a1 x + a2 :
a0 , a1 , a2 ∈ R
A ogni polinomio possiamo quindi associare le sue componenti (a0 , a1 , a2 ) rispetto alla base canonica B = x2 , x, 1 . Di conseguenza p1 , p2 e p3 sono linearmente indipendenti sse lo sono i tre vettori p1 = (1, 1, 0), p2 = (k, 0, −1), p3 = (1, 2, k)
a) Riduciamo a gradini la matrice associata ai tre vettori 1 k 1 k 1 1 k 1 0 −1 1 0 2 ⇒ II − I 0 −k 1 ⇒ III II − kIII 0 0 0 −1 k 0 −1 k
1 k 1 − k2
Dobbiamo distinguere tre casi – Se k 2 − 1 6= 0, ovvero k 6= ±1 la matrice ha rango 3, quindi p1 , p2 e p3 sono linearmente indipendenti. – Se k = 1 o k = −1 la matrice ha rango 2, quindi p1 , p2 e p3 sono linearmente dipendenti. b) Risolviamo l’equazione xp1 + yp2 + zp3 = 0. Abbiamo gi` a ridotto a gradini la matrice associata a tale sistema (senza la colonna nulla dei termini noti). Dobbiamo distinguere due casi: – Se k = 1 otteniamo il sistema ( x = −2t x+y+z =0 ∀t ∈ R ⇒ y=t −y + z = 0 z=t Quindi
−2t · p1 + t · p2 + t · p3 = 0 e, per esempio p3 = 2p1 − p2 . – Se k = −1 otteniamo il sistema (
x−y+z =0 −y − z = 0
Quindi
∀t ∈ R
x = −2t ⇒ y = −t z=t
−2t · p1 − t · p2 + t · p3 = 0
∀t ∈ R
∀t ∈ R
e, per esempio p3 = 2p1 + p2 . Esercizio 7.77. Si considerino i polinomi p1 (x) = x2 + 2,
p2 (x) = 3x + 4,
p3 (x) = −x2 + 6x + 6
e sia W = hp1 , p2 , p3 i il sottospazio di R2 [x] generato da p1 , p2 e p3 .
a) Si determini la dimensione e una base di W . b) Si stabilisca per quali valori di k il polinomio fk (x) = (k + 1)x2 + 3kx + 4 appartiene a W .
2. SOLUZIONI
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Soluzione: A ogni polinomio a2 x2 +a1 x+a0 di R2 [x] possiamo associare il vettore (a2 , a1 , a0 ) formato dalle coordinate del polinomio rispetto alla base canonica {x2 , x, 1}. In questo caso otteniamo quindi i vettori p1 = (1, 0, 2),
p2 = (0, 3, 4),
p3 = (−1, 6, 6),
fk = (k + 1, 3k, 4)
Per rispondere alla prima domanda dobbiamo calcolare la dimensione di hp1 , p2 , p3 i, mentre per rispondere alla seconda domanda dobbiamo verificare se l’equazione xp1 + yp2 + zp3 = fk ammette soluzione. Consideriamo quindi direttamente la matrice A|b che ci permette di rispondere anche alla seconda domanda. 1 0 −1 | k + 1 1 0 −1 | k + 1 0 3 6 | 3k ⇒ 1/3II 0 1 2 | k 2 4 6 | 4 1/2III − I 0 2 4 | −k + 1 1 0 −1 | k+1 0 1 2 | k ⇒ III − 2II 0 0 0 | −3k + 1 a) dim(W ) = rg(A) = 2. Inoltre
B(W ) = {p1 (x), p2 (x)} = {x2 + 2,
3x + 4}.
b) fk (x) appartiene a W se il sistema A|b ammette soluzione. Per Rouch´e Capelli questo succede 1 solo se rg(A) = rg(A|b) = 2, cio`e se k = . 3 Esercizio 7.78. Nello spazio vettoriale V = R2 [x] dei polinomi reali di grado non superiore a due, si considerino gli elementi p1 = x − 1,
p2 = x + 1,
p3 = x2 − x.
a) Si mostri che l’insieme B = {p1 , p2 , p3 } `e una base di V . b) Si trovino le coordinate del polinomio costante 1 nella base B. Soluzione: Ricordiamo che a ogni polinomio a0 x2 + a1 x + a 2 ∈ R2 [x] possiamo associare le sue componenti (a0 , a1 , a2 ) rispetto alla base canonica B = x2 , x, 1 . Di conseguenza ai polinomi p1 , p2 e p3 associamo i tre vettori p1 = (0, 1, −1),
p2 = (0, 1, 1),
p3 = (1, −1, 0)
Quindi i polinomi p1 , p2 e p3 formano una base di R2 [x] sse i tre vettori p1 , p2 e p3 formano una base di R3 . In particolare R2 [x] ha dimensione 3, ed `e sufficiente verificare che i tre vettori siano linearmente indipendenti. Inoltre al polinomio costante 1 associamo il vettore f = (0, 0, 1), e le sue coordinate rispetto a B si trovano risolvendo il sistema x1 p1 + x2 p2 + x3 p3 = f . Per rispondere ad entrambe le domande riduciamo quindi a gradini la matrice associata ai quattro vettori. III −1 1 0 | 1 −1 1 0 | 1 0 0 1 | 0 1 1 −1 | 0 ⇒ 1 1 −1 | 0 ⇒ II + I 0 2 −1 | 1 I 0 0 1 | 0 −1 1 0 | 1 0 0 1 | 0
a) La matrice dei coefficienti, associata a p1 , p2 e p3 , ha rango 3, quindi i tre polinomi sono linearmente indipendenti e formano una base di R2 [x]. b) Torniamo al sistema associato ai quattro vettori: 1 x =− 1 −x1 + x2 = 1 2 1 1 ⇒ 1 = − · p1 (x) + · p2 (x) ⇒ x =1 ⇒ 2x2 − x3 = 1 2 2 2 2 x3 = 0 x = 0 3
Esercizio 7.79. Sia V lo spazio vettoriale dei polinomi a coefficienti reali nella variabile x, di grado minore o uguale a 3.
162
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
a) Si mostri che U = {f (x) ∈ V | f (1) = f (2) = 0} `e un sottospazio vettoriale di V e se ne trovi una base. b) Si completi la base trovata al punto precedente ad una base di V . Soluzione: Sia f (x) = ax3 +bx2 +cx+d il generico elemento di V . Le due condizioni f (1) = f (2) = 0 si esplicitano in a + b + c + d = 0,
8a + 4b + 2c + d = 0
Inoltre a ogni polinomio possiamo associare il vettore formato dalle sue componenti rispetto alla base canonica {x3 , x2 , x, 1} di R3 [x]. In particolare al generico polinomio f (x) = ax3 + bx2 + cx + d associamo il vettore (a, b, c, d) di R4 , e all’insieme U possiamo associare l’insieme U ′ = (a, b, c, d) ∈ R4 | a + b + c + d = 0, 8a + 4b + 2c + d = 0 a) L’insieme U ′ `e uno spazio vettoriale in quanto si tratta dell’insieme delle soluzione di un sistema omogeneo. Analogamente l’insieme U `e uno spazio vettoriale. Per determinare una base di U ′ , e quindi di U , risolviamo il sistema omogeneo: 3 1 a= s+ t 2 4 3 7 1 1 1 1 | 0 1 1 1 1 | 0 ⇒ b = −2s − 4t ⇒ II − 8I 0 −4 −6 −7 | 0 8 4 2 1 | 0 c=s d=t Quindi una base di U ′ `e 1 3 3 7 B(U ′ ) = , − , 1, 0 , , − , 0, 1 ovvero B(U ′ ) = {(1, −3, 2, 0) , (3, −7, 0, 2)} 2 2 4 4 e la corrisponedente base di U `e B(U ) = x3 − 3x2 + 2x,
b) Basta notare che la matrice
1 0 0 0
ha rango 4, quindi
0 1 1 −3 0 2 0 0
3x3 − 7x2 + 2
3 −7 0 2
B = {(1, 0, 0, 0), (0, 1, 0, 0), (1, −3, 2, 0) , (3, −7, 0, 2)} `e una base di R4 , e la corrisponedente base di V , completamento della base di U , `e B(V ) = x3 , x2 , x3 − 3x2 + 2x, 3x3 − 7x2 + 2
Esercizio 7.80. Siano dati i polinomi p1 (x) = 2 − x,
p2 (x) = −x + x2 ,
p3 (x) = 3 + x − x2 .
a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x)} `e una base di R2 [x]. b) Esprimere f (x) = 1 + 2x + 2x2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). Soluzione: Ricordiamo che a ogni polinomio p(x) = a0 + a1 x + a2 x2 di R2 [x] possiamo associare le sue componenti (a0 , a1 , a2 ) rispetto alla base canonica B = 1, x, x2 . Di conseguenza ai polinomi p1 (x), p2 (x), p3 (x) e f (x) possiamo associamo i tre vettori p1 = (2, −1, 0)
p2 = (0, −1, 1)
p3 = (3, 1, −1)
f = (1, 2, 2)
Quindi i polinomi p1 , p2 e p3 formano una base di R2 [x] sse i tre vettori p1 , p2 e p3 formano una base di R3 . In particolare R2 [x] ha dimensione 3, ed `e sufficiente verificare che i tre vettori siano linearmente indipendenti.
2. SOLUZIONI
163
Inoltre per esprimere il polinomio f (x) come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x) equivale a esprimere il vettore f come combinazione lineare di p1 , p2 , p3 , ovvero a risolvere l’equazione ap1 +bp2 +cp3 = f. Per rispondere ad entrambe le domande riduciamo quindi a gradini la matrice associata ai quattro vettori. 2 0 3 | 1 2 0 3 | 1 2 0 3 | 1 0 −2 5 | 5 0 −2 5 | 5 ⇒ −1 −1 1 | 2 ⇒ 2II + I 2III + II 0 0 3 | 9 0 1 −1 | 2 0 1 −1 | 2
a) La matrice dei coefficienti, associata a p1 , p2 e p3 , ha rango 3, quindi i tre polinomi sono linearmente idipendenti e formano una base di R2 [x]. b) Torniamo al sistema associato all’equazione ap1 + bp2 + cp3 = f a = −4 2a + 3c = 1 ⇒ −2b + 5c = 5 ⇒ b = 5 c=3 3c = 9 Quindi
f (x) = −4 · p1 (x) + 5 · p2 (x) + 3 · p3 (x) Esercizio 7.81. Si considerino i polinomi p1 (x) = 2x + x2 − x3 , p2 (x) = 1 − x + x2 , p3 (x) = 3 + x − x3 , p4 (x) = x2 + x3 a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x), p4 (x)} `e una base di R3 [x]. b) Esprimere f (x) = (x + 1)3 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x), p4 (x). Soluzione: A ogni polinomio associamo il vettore formato dalle sue coordinate rispetto alla base canonica {1, x, x2 , x3 } di R3 [x]: p1 (x) → p1 = (0, 2, 1, −1)
p3 (x) → p3 = (3, 1, 0, −1)
p2 (x) → p2 = (1, −1, 1, 0) p4 (x) → p4 = (0, 0, 1, 1)
I quattro polinomi formano una base di R3 [x] sse i quattro vettori p1 , p2 , p3 , p4 formano una base di R4 . Inoltre associamo al polinomio f (x) il corrispondente vettore: f (x) = (x + 1)3 = 1 + 3x + 3x2 + x3 → f = (1, 3, 3, 1) Per rispondere alla domanda b) dobbiamo quindi risolvere l’equazione x1 p1 + x2 p2 + x3 p3 + x4 p4 = f . Per rispondere a entrambe le domande consideriamo quindi la matrice associata ai cinque vettori: 0 1 3 0 | 1 III 1 1 0 1 | 3 1 1 0 1 | 3 2 −1 1 0 | 3 0 1 1 3 0 | 1 3 0 | 1 ⇒ I 0 ⇒ 1 1 0 1 | 3 II III − 2I 0 −3 1 −2 | −3 2 −1 1 0 | 3 −1 0 −1 1 | 1 IV + I 0 1 −1 2 | 4 −1 0 −1 1 | 1 1 1 0 1 | 3 1 1 0 1 | 3 0 1 3 0 | 1 0 1 3 0 | 1 ⇒ ⇒ 1/2III 0 0 5 −1 | 0 III + 3II 0 0 10 −2 | 0 5IV + 2III 0 0 0 6 | 15 IV − II 0 0 −4 2 | 3
a) Il rango della matrice associata a p1 , p2 , p3 , p4 `e quattro, quindi i quattro vettori sono linearmente indipendenti e l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x), p4 (x)} `e una base di R3 [x]. b) Tornando al sistema otteniamo: x1 = 1 x1 + x2 + x4 = 3 1 x + 3x = 1 x2 = − 1 1 5 2 2 3 ⇒ f (x) = p1 (x) − p2 (x) + p3 (x) + p4 (x) ⇒ 1 2 2 2 5x − x = 0 x = 3 4 3 2 6x4 = 15 x4 = 5 2
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
164
Esercizio 7.82. Dati i polinomi p1 (x) = x2 + 2x, p2 (x) = x2 − x, p3 (x) = 2x + 1
a) Verificare che l’insieme {p1 (x), p2 (x), p3 (x)} `e una base di R2 [x] b) Esprimere f (x) = 3x2 − 2 come combinazione lineare di p1 (x), p2 (x), p3 (x). Soluzione: Associamo a ogni polinomio il vettore dato dalle sue coordinate rispetto alla base canonica {x2 , x, 1} di R2 [x]. In particolare ai tre polinomi pi (x) e la polinomio f (x) associamo i vettori p1 = (1, 2, 0),
p2 = (1, −1, 0),
p3 = (0, 2, 1),
Per rispondere a entrambe le domande riduciamo direttamente 1 1 1 1 0 | 3 2 −1 2 | 0 ⇒ II − 2II 0 −3 0 0 0 0 1 | −2
f (3, 0, −2)
la matrice necessaria per il punto b): 0 | 3 2 | −6 1 | −2
a) Consideriamo solo la matrice dei coefficienti. I tre polinomi formano una base di R2 [x] sse i tre vettori formano una base di R3 . Poich´e rg(A) = 3 i tre polinomi sono linearmente indipendenti e formano una base di R2 [x]. b) Dalla matrice ridotta otteniamo il sistema: 7 x + y = 3 x = 3 2 7 ⇒ f (x) = p1 (x) + p2 (x) − 2 p3 (x) −3y + 2z = −6 ⇒ y = 32 3 3 z = −2 z = −2
Esercizio 7.83. Sia W il sottoinsieme dello spazio di polinomi R3 [x] definito da (p′′′ `e la a) b) c)
W = {p(x) ∈ R3 [x] | p′′′ = 0, p(1) = 0} derivata terza di p) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di R2 [x]. Trovare una base e la dimensione di W . Determinare le coordinate del polinomio p(x) = 2x2 − x − 1 ∈ W rispetto alla base trovata al punto b).
Soluzione: a) Sia p(x) = ax3 +bx2 +cx+d il generico elemento di R3 [x]. Per dimostrare che W `e un sottospazio vettoriale di R2 [x] dobbiamo innanzitutto verificare che W `e un sottoinsieme di R2 [x]. In effetti la condizione p′′′ = 0 applicata al generico elemento di R3 [x] diventa 6a = 0. Quindi se p(x) ∈ W deve essere del tipo p(x) = bx2 + cx + d cio`e un elemento di R2 [x]. Inoltre W pu` o essere riscritto come W = {p(x) ∈ R2 [x] | p(1) = 0} Per dimostrare ora che si tratta di un sottospazio di R2 [x] dobbiamo verificare che `e chiuso rispetto alla somma e al prodotto per scalari. – W `e chiuso rispetto alla somma, infatti presi due elementi di W anche la loro somma sta in W: (p1 + p2 )(1) = p1 (1) + p2 (1) = 0 + 0 = 0 – W `e chiuso rispetto al prodotto per scalari, infatti preso un elemento di W e uno scalare λ ∈ R, anche il loro prodotto sta in W : (λp)(1) = λ · p(1) = λ · 0 = 0
b) Traducendo la condizione p(1) = 0 sui coefficienti del generico elemento bx2 + cx + d di R2 [x] otteniamo b + c + d = 0, ovvero d = −b − c. Quindi ogni elemento di W `e del tipo p(x) = bx2 + cx − b − c = b(x2 − 1) + c(x − 1)
I due polinomi, linearmente indipendenti, p1 (x) = x2 − 1 e p2 (x) = x − 1 costituiscono una base di W , quindi dim(W ) = 2, B(W ) = p1 (x) = x2 − 1, p2 (x) = x − 1
2. SOLUZIONI
165
c) Per determinare le coordinate di p(x) rispetto alla base B trovata la cosa u semplice pi` `e forse associare ad ogni polinomio le sue componenti rispetto alla base canonica x2 , x, 1 di R2 [x]. In particolare ai polinomi p1 (x), p2 (x), p(x) possiamo associare i vettori: p1 = (1, 0, −1),
p2 = (0, 1, −1),
p = (2, −1, −1)
Risolviamo quindi l’equazione xp1 + yp2 = p: ( x = 2 x=2 ⇒ y = −1 y = −1 −x − y = −1
Infine p(x) = 2p1 (x) − p2 (x), ovvero p(x) ha coordinate (2, −1)B rispetto alla base B trovata al punto precedente. Esercizio 7.84. Sia S l’insieme delle matrici simmetriche: a b S= | a, b, d ∈ R b d (Notiamo anche che S = A ∈ M2×2 | AT = A ). a) Verificare che S `e un sottospazio di M2×2 . b) Determinare una base di S.
Soluzione: a) Notiamo che la condizione perc´e una matrice 2 × 2 appartenga a S `e che gli elementi di posto 1, 2 e 2, 1 siano uguali. Verifichiamo le due propriet` a richieste per uno spazio vettoriale. – SOMMA. Siano a b1 a b2 A1 = 1 , A2 = 2 b1 d 1 b2 d 2 due generici elementi di S. Allora a + a2 A1 + A2 = 1 b1 + b 2
b1 + b2 ∈S d1 + d2
– PRODOTTO per scalari. Sia
a A= b
b d
un generico elemento di S e λ ∈ R. Allora λa λb λA = ∈S λb λd b) Separiamo i parametri nella generica scrittura di A: a b a 0 0 b 0 0 A= = + + = b d 0 0 b 0 0 d 0 0 0 1 1 0 +d· +b· =a · 0 1 1 0 0 0 Quindi l’insieme B=
1 0
0 0 , 0 1
1 0 , 0 0
0 1
`e una base di S. Infatti: – Abbiamo appena visto che il generico elemento di S si pu` o scrivere come combinazione lineare degli elementi di B.
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
166
– Gli elementi di B sono linearmente indipendenti, infatti: 1 0 0 1 0 0 a· +b· +c· =0 ⇒ 0 0 1 0 0 1 a = 0 a b =0 ⇒ b=0 b d d=0
Esercizio 7.85. Sia S il sotinsieme dello spazio delle matrici M3,2 (R) cos`ı definito: a b S = b a ∈ M3,2 (R) | a, b ∈ R 0 0 a) Mostrare che S `e un sottospazio vettoriale di M3,2 (R). b) Determinare un insieme generatore di S.
Soluzione: a) Dobbiamo verificare che S `e chiuso rispetto alla somma – Siano A e B due generici elementi di S: c a b B = d A = b a , 0 0 0 La loro somma A + B `e la matrice
λa λA = λb 0
che `e ancora un elemento di S.
d c 0
b+d a + c 0
a+c A + B = b + d 0
che `e ancora un elemento di S – Sia λ ∈ R e A ∈ S allora
e al prodotto per scalari.
λb λa 0
b) Un possibile insieme generatore `e 0 1 1 0 I = M1 = 0 1 , M2 = 1 0 0 0 0 0 Infatti ogni matrice A ∈ S si pu` o scrivere nella forma: A = aM1 + bM2 Esercizio 7.86. a) Mostrare che l’insieme W =
3a a
−a + b −2a + b
| a, b ∈ R
`e un sottospazio vettoriale dello spazio delle matrici reali M2,2 (R). b) Determinare una base di W . Soluzione: a) Verifichiamo le due propriet` a richieste per un sottospazio vettoriale.
2. SOLUZIONI
– SOMMA. Siano
3a1 A1 = a1
−a1 + b1 , −2a1 + b1
167
3a2 A2 = a2
−a2 + b2 −2a2 + b2
due generici elementi di W . Allora 3a1 + 3a2 −a1 + b1 − a2 + b2 3(a1 + a2 ) A1 + A2 = = a1 + a2 −2a1 + b1 − 2a2 + b2 (a1 + a2 ) ( a = a1 + a2 3a −a + b con = a −2a + b b = b1 + b 2
−(a1 + a2 ) + (b1 + b2 ) −2(a1 + a2 ) + (b1 + b2 )
Quindi A1 + A2 ∈ W . – PRODOTTO per scalari. Sia A=
3a a
−a + b −2a + b
un generico elemento di W e λ ∈ R. Allora ′ 3a −a′ + b′ 3(λa) −λa + λb = λA = a′ −2a′ + b′ λa −2(λa) + λb
con
(
Quindi λA ∈ W . b) Separiamo i parametri nella generica scrittura di A: 0 3 −1 0 b 3a −a +b· =a· + A= 0 1 −2 0 b a −2a
a′ = λa b′ = λb
1 1
Quindi l’insieme 0 1 3 −1 , B= B= A= 0 1 1 2 `e un insieme generatore di W . Dobbiamo ora verificare se A e B sono linearmente indipendenti, ovvero se l’equazione xA + yB = 0 ha la sola soluzione nulla x = y = 0: 3x −x + y xA + yB = x −2x + y Quindi la condizione xA + yB = 0 si traduce nel sistema 3x = 0 −x + y = 0 ⇒ x=y=0 x = 0 −2x + y = 0
Quindi A e B sono linearmente indipendenti e una base di W `e data da 0 1 3 −1 , B = {A, B} = 0 1 1 2
Esercizio 7.87. Si consideri il sottospazio 3a + b + 3c S= a + 3b − 7c
2b − 6c 4a + 8c
| a, b, c ∈ R
dello spazio delle matrici reali M2 (R). a) Determinare una base di S. 2 0 b) Stabilire se A = ∈ S (ed in caso positivo esprimere A come combinazione lineare 2/3 8/3 della base trovata in a)). Soluzione:
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
168
a) La generica matrice di S la possiamo scrivere nella forma 3 0 1 2 1 1 a· +b· +c· 1 4 3 0 −7 8 Quindi se
A1 =
3 0 1 4
A2
1 2 3 0
A3
1 1 −7 8
lo spazio S `e S = hA1 , A2 , A3 i. Per determinare una base di S dobbiamo stabilire quante e quali di tali matrici sono linearmente indipendenti, ovvero risolvere l’equazione xA1 + yA2 + zA3 = 0. La matrice dei coefficienti associata a a tale sistema `e I 3 1 3 1 3 −7 1 3 −7 0 2 −6 0 2 −6 1/2II 0 1 −3 1 3 −7 ⇒ III 3 1 3 ⇒ III − 3I 0 −8 24 ⇒ 1/4IV 1 0 2 IV − I 0 −3 9 4 0 8 1 3 −7 1 3 −7 0 1 −3 0 1 −3 ⇒ 1/8III 0 −1 3 III + II 0 0 0 1/3IV 0 −1 3 IV + II 0 0 0
La matrice ha rango 2 quindi il sistema ammette infinite soluzioni, le tre matrici sono linearmente dipendenti e dim(S) < 3. Inoltre la matrice dei coefficienti associata all’equazione xA1 + yA2 = 0, una volta ridotto diventa 1 3 0 1 0 0 0 0
In questo caso l’equazione ammette solo la soluzione nulla, quindi A1 e A2 sono linearmente indipendenti, quindi dim(S) = 2 e una base di S `e data da 1 2 3 0 B(S) = A1 = , A2 3 0 1 4 b) Si tratta di risolvere l’equazione xA1 + yA2 = A ovvero il sistema: 3x = 2 3x + y = 2 ( y = 0 2y = 0 x = 32 ⇒ ⇒ 2 2 x= 3 x + 3y = 3 y=0 8 8 4x + y = 3 4x = 3 Infine
A=
2 A1 3
Esercizio 7.88. Sia V Lo spazio vettoriale delle matrici reali 2 × 2. Si consideri la matrice A = −8 −7 e sia S il sottinsieme di V costituito dalle matrici che commutano con A: 1 0 a b ∈ V : AM = M A S= M= c d a) Mostrare che S `e un sottospazio di V . b) Calcolare la dimensione e una base di S.
Soluzione: a) Dobbiamo dimostrare la chiusura rispetto alla somma e al prodotto per scalari. – Somma. Siano M1 e M2 due matrici che commutano con A. Allora A (M1 + M2 ) = AM1 + AM2 = M1 A + M2 A = (M1 + M2 ) A Quindi anche la matrice M1 + M2 commuta con A e appartiene a S.
2. SOLUZIONI
169
– prodotto. Sia M una matrice che commuta con A, e sia λ ∈ R. Allora A (λM ) = λAM = λM A = (λM ) A Quindi anche la matrice λM commuta con A e appartiene a S. b) Scriviamo esplicitamente le soluzioni di S imponendo la condizione AM = M A. −8a − 7c −8b − 7d AM = a b −8a + b −7a MA = −8c + d −7c Quindi −8a − 7c = −8a + b −8b − 7d = −7a M A = AM ⇒ a = −8b + d b = −7c
b + 7c = 0 ⇒ 7a − 8b − 7d = 0 a + 8b − d = 0
Si tratta quindi di 1 0 0 1 7 −8
risolvere il sistema omogeneo: 8 −1 | 0 1 0 8 −1 | 0 0 1 7 0 | 0 ⇒ 7 0 | 0 ⇒ III − 7I 0 −8 −56 0 | 0 0 −7 | 0 a = −8t + s 1 0 8 −1 | 0 b = −7t 0 1 7 0 | 0 ⇒ ∀s, t ∈ R c=t III − 8II 0 0 0 0 | 0 d=s
Quindi gli elementi di S sono del tipo M=
−8t + s t
−7t s
Ovvero S=
1 −8 −7 t+ 0 1 0
0 s |∀s, t ∈ R 1
Di conseguenza S ha dimensione 2 e una sua base `e data dall’insieme −8 −7 1 0 , 1 0 0 1 Esercizio 7.89. Sia
1 −1 A= −2 2
e sia S = {M ∈ M2 (R) | AM = M A = 0}. Dimostrare che S `e un sottospazio di M2 (R) e calcolarne la dimensione.
Soluzione: Sia
x M= z
y w
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
170
la generica matrice di M2 (R). Cominciamo a calcolare gli elementi di S: ( x=z x−z y−w AM = =0 ⇒ −2x + 2z −2y + 2w y=w ( x = 2y x − 2y −x + 2y =0 ⇒ MA = z − 2w −z + 2w z = 2w x = 2t y = t ⇒ z = 2t w=t 2 1 ⇒S= ·t | t∈R 2 1 Chiamiamo B la matrice B=
2 2
1 1
S `e quindi formato dai multilpli di B. E’ perci`o immediato dimostare che si tratta di un sottospazio vettoriale di M2×2 : • SOMMA. Se A1 e A2 appartengono a S, allora A1 = t1 · B e A2 = t2 · B per opportuni t1 , t2 ∈ S, quindi A1 + A2 = t1 · B + t2 · B = (t1 + t2 ) · B ∈ S • PRODOTTO per scalari. Sia A = t · B un generico elemento di S e λ ∈ R, allora λA = λ · t · B = (λ · t) · B ∈ S In particolare S `e uno spazio vettoriale di dimensione 1, generato dalla matrice B. Esercizio 7.90. Si consideri la matrice
1 A= 2
k . 3
a) Si determini una base del sottospazio U = {X ∈ M2 (R) : AX = XA} . b) Mostrare che il sottoinsieme W = {X ∈ U : X `e invertibile} non `e un sottospazio vettoriale di U . Soluzione: Sia
x y X= z w
la generica matrice di M2 (R). AX =
x + kz 2x + 3z
y + kw 2y + 3w
Da AX = XA otteniamo il sistema x + kz = x + 2y y + kw = kx + 3y 2x + 3z = z + 2w 2y + 3w = kz + 3w
XA =
x + 2y z + 2w
kx + 3y kz + 3w
−2y + kz = 0 kx + 2y − kw = 0 ⇒ 2x + 2z − 2w = 0 2y − kz = 0
2. SOLUZIONI
171
Riduciamo a gradini la matrice associata a tale sistema: 1/2III 1 0 1 −1 0 −2 k 0 | 0 0 −2 k k 2 I 0 0 −k | 0 ⇒ 2 0 II k 2 0 −k 2 −2 | 0 0 2 −k 0 0 2 −k 0 | 0 1 0 1 −1 | 0 1 0 0 −2 k 0 −2 0 | 0 ⇒ III − kI 0 2 −k 0 | 0 III + II 0 0 IV + II 0 0 0 0 | 0 0 0 x = −s + t ( y = k s x+z−w =0 2 ⇒ ⇒ ∀s, t ∈ R −2y + kz = 0 z = s w=t
Quindi
−1 X= 1 a) Abbiamo ottenuto che B(U ) =
k 2
1 ·s+ 0 0 −1 1
| | | |
1 k 0 0
0 0 ⇒ 0 0 −1 0 0 0
| | | |
0 0 0 0
0 ·t 1
1 , 0 0 k 2
0 1
b) W non `e un sottospazio in quanto, per esempio, non contiene l’elemento nullo. Infatti la matrice nulla 0 0 0 0 non `e invertibile. Esercizio 7.91. Sia W = hA, 0 A= k
B , Ci il sottospazio di M2 (R) generato dalle matrici 0 1 k k 1 , B= , C= 0 −2 0 k−1 1
Si determini la dimensione di W e una sua base al variare del parametro reale k. Soluzione: Cominciamo a stabilire quando le tre matrici sono linearmente indipendenti risolvento l’equazione matriciale xA + yB + zC = 0: 0 0 y + kz ky + z = 0 0 kx − 2y + (k − 1)z z da cui si ottiene il sistema
y + kz = 0 ky + z = 0 kx − 2y + (k − 1)z = 0 z=0
y=0 0 = 0 ⇒ kx = 0 z=0
Dobbiamo ora distinguere due casi. • Se k 6= 0 otteniamo la sola soluzione x = y = z = 0 per cui le tre matrici sono linearmente indipendenti: dim(W ) = 3 B(W ) = {A, B, C} • Se k = 0 otteniamo la sola soluzione x = t, y = z = 0 per cui le tre matrici sono linearmente dipendenti. In particolare A `e la matrice nulla e A = 0 · B + 0 · C dipende linearmente da B e C. Se studiamo invece la dipendenza di B e C risolvendo l’equazione yB + zC = 0 otteniamo
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
172
la sola soluzione y = z = 0 quindi B e C sono linearmente indipendenti (Infatti B e C non sono una multiplo dell’altra). Di conseguenza dim(W ) = 2 B(W ) = {B, C} Esercizio 7.92. Sia V = hA, B, Ci il sottospazio di M2×2 (R) dove 2 3 2 1 2 0 . , C= , B= A= 7 8 3 4 1 2 a) Si determini la dimensione e una base di V . 2 2 come combinazione lineare della base trovata al punto a). b) Si esprima D = 5 6 Soluzione: a) Per determinare la dimensione di V cominciamo a verificare se A, B e C sono linearmente indipendenti risolvendo il sistema xA + yB + zC = 0: 0 0 2x + 2y + 2z y + 3z 2 3 2 1 2 0 ⇒ = =0 ⇒ +z +y x 0 0 x + 3y + 7z 2x + 4y + 8z 7 8 3 4 1 2 2x + 2y + 2z = 0 2 2 2 | 0 1/2I 1 1 1 | 0 y + 3z = 0 0 1 3 | 0 0 1 3 | 0 ⇒ ⇒ 1 3 7 | 0 III − 1/2I 0 2 6 | 0 x + 3y + 7z = 0 2 4 8 | 0 IV − I 0 2 6 | 0 2x + 4y + 8z = 0 1 1 1 | 0 0 1 3 | 0 ⇒ III − 2II 0 0 0 | 0 IV − III 0 0 0 | 0
La matrice dei coefficienti ha rango 2, quindi il sistema xA + yB + zC = 0 ammette infinite soluzioni. Di conseguenza le tre matrici A, B, C sono linearmente dipendenti e dim(V ) < 3. Dai conti appena svolti si vede inoltre che risolvendo l’equazione xA + yB = 0 otteniamo il sistema 2x + 2y = 0 y = 0 x + 3y = 0 2x + 4y = 0
che ammette la sola soluzione x = y = 0, quindi le matrici A e B sono linearmente indipendenti. Infine dim(V ) = 2 e una base di V `e data dall’insieme {A, B}. b) Dobbiamo risolvere l’equazione xA + yB = D. Procedendo come nel punto precedente otteniamo il sistema 2x + 2y = 2 ( y = 2 x = −1 ⇒ ⇒ D = −A + 2B x + 3y = 5 y =2 2x + 4y = 6
Esercizio 7.93. Si considerino le matrici 1 2 0 A= , B= −3 0 0
3 , 1
C=
2 7 −6 1
a) Si stabilisca se A, B e C sono linearmente indipendenti in M2 (R). b) Si determini una base del sottospazio hA, B, Ci. Soluzione:
2. SOLUZIONI
173
a) Le matrici A, B, C sono linearmente indipendenti se l’equazione xA + yB + zC = 0 ha la sola soluzione x = y = z = 0. La matrice xA + yB + zC `e: x + 2z 2x + 3y + 7z , xA + yB + zC = −3x − 6z y+z
quindi l’equazione xA + yB + zC x + 2z = 0 1 0 2 2x + 3y + 7z = 0 2 3 7 ⇒ −3 0 −6 −3x − 6z = 0 0 1 1 y+z =0
= 0 si traduce nel sistema | 0 1 0 0 3 II − 2I | 0 ⇒ III + 3I 0 0 | 0 | 0 0 1
2 3 0 1
| | | |
0 0 ⇒ 0 0
x = 2t y=t z = −t
∀t ∈ R
Il sistema ammette infinite soluzioni, quindi A, B e C sono linearmente dipendenti. Notiamo che 2tA + tB − tC = 0 ∀t ∈ R, quindi in particolare C = 2A + B. b) Abbiamo appena osservato che C `e linaremente dipendente da A e B. Viceversa le matrici A e B sono linearmente indipendenti in quanto non sono una multiplo dell’altra, quindi una base del sottospazio hA, B, Ci `e {A, B}.
Esercizio 7.94. Sia V = hA, B, Ci il sottospazio di M2 (R) generato dalle matrici 2 1 0 4 2 9 6 k−2 A= , B= , C= , D= 2 1 4 0 10 1 2 k+2
a) Si determini la dimensione e una base di V . b) Si stabilisca per quali k la matrice D appartiene a V . In tali casi si esprima D come combianzione lineare della base trovata al punto precedente.
Soluzione: a) Per determinare la dimensione e una base di V bisogna stabilire quante e quali tra le matrici A, B e C sono linearmente indipendenti, ovvero risolvere l’equazione xA + yB + zC = 0. Tale equazione si traduce nel seguente sistema 2x + 2z = 0 1 0 1 | 0 1/2I 2 0 2 | 0 x + 4y + 9z = 0 1 4 9 | 0 ⇒ II − 1/2I 0 4 8 | 0 ⇒ ⇒ 0 4 8 | 0 III − I 2 4 10 | 0 2x + 4y + 10z = 0 0 0 0 | 0 IV − 1/2I 1 0 1 | 0 x+z =0 1 0 1 | 0 ( 1/4II 0 1 2 | 0 ⇒ x + z = 0 III − II 0 0 0 | 0 y + 2z = 0 0 0 0 | 0 Il sistema xA + yB + zC = 0 ammette infinite soluzioni, quindi le tre matrici sono linearmente dipendenti. Viceversa, risolvendo il sistema xA + yB = 0 otteniamo ol sistema equivalente ( x=0 ⇒ x=y=0 y=0 quindi A e B sono linearmente indipendenti. Infine dim(V ) = 2,
B(V ) = {A, B} .
b) Per esprimere D come combinazione lineare della base trovata dobbiamo risolvere l’equazione xA + yB = D. Ripercorrendo i conti fatti precedentemente, otteniamo: 2x = 6 2 0 | 6 1/2I 1 0 | 3 x + 4y = k − 2 1 4 | k − 2 ⇒ II − 1/2I 0 4 | k − 5 ⇒ 2 4 | 2 III − I 0 4 | −4 2x + 4y = 2 1 0 | k+2 IV − 1/2I 0 0 | k − 1 x=k+2 Il sistema ammette soluzione solo se k = 1, quando otteniamo ( ( x=3 x=3 ⇒ ⇒ D = 3A − B se k = 1. 4y = −4 y = −1 Se k 6= 1 la matrice D non appartiene a V .
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
174
Esercizio 7.95. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione 4 e sia B = {v1 , v2 , v3 , v4 } una sua base. a) Mostrare che l’insieme B ′ = {v1 + v2 , v2 + v3 , v3 + v4 , v4 } `e una sua base di V . b) Calcolare le coordinate del vettore v = v1 + v2 + v3 + v4 rispetto a B e rispetto a B ′ .
Soluzione: a) Essendo V di dimensione 4 `e sufficiente verificare che i quattro vettori di B ′ sono linearmente indipendenti. Calcoliamo le coordinate dei vettori di B ′ rispetto alla base B: v1 + v2 = (1, 1, 0, 0)B
v2 + v3 = (0, 1, 1, 0)B
v3 + v4 = (0, −0, 1, 1)B
v4 = (0, 0, 0, 1)B I quattro vettori sono 1 0 0 1 1 0 0 1 1 0 0 1
linearmente indipendenti se la matrice associata ha rango 4: 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 ⇒ II − I 0 1 0 0 ⇒ III − II 0 0 1 0 0 1 1 0 0 0 0 1 1 1 0 0 1 1 1 0 0 0 0 1 0 0 ⇒ 0 0 1 0 IV − III 0 0 0 1
La matrice ha rango 4, quindi anche B ′ `e una base di V . b) Le coordinate di v rispetto a B sono (1, 1, 1, 1)B in quanto v = 1 · v1 + 1 · v2 + 1 · v3 + 1 · v4 . A questo punto per trovare le coordinate di v rispetto a B ′ `e sufficiente risolvere l’equazione: x(v1 + v2 ) + y(v2 + v3 ) + z(v3 + v4 ) + wv4 = v, dove tutti i vettori sono espressi rispetto a B: 1 0 0 0 | 1 1 0 0 0 | 1 1 1 0 0 | 1 II − I 0 1 0 0 | 0 ⇒ 0 1 1 0 | 1 0 1 1 0 | 1 ⇒ 0 0 1 1 | 1 0 0 1 1 | 1 1 0 0 0 | 1 1 0 0 0 | 1 0 1 0 0 | 0 0 1 0 0 | 0 ⇒ 0 0 1 0 | 1 III − II 0 0 1 0 | 1 IV − III 0 0 0 1 | 0 0 0 1 1 | 1 Infine v = (1, 0, 1, 0)B′ .
Esercizio 7.96. Si consideri l’insieme S di matrici 3 × 3 S = {A = [aij ] ∈ M3 (R) : a11 + a12 = a32 + a33 = 0} . a) Stabilire se S `e un sottospazio vettoriale di M3 (R). In caso affermativo, trovarne la dimensione. b) Sia Sim3 (R) lo spazio delle matrici reali simmetriche 3 × 3. Trovare una base dello spazio intersezione S ∩ Sim3 (R). Soluzione: a) Imponendo le condizioni a11 + a12 = a32 + a33 = 0 alla generica matrice di M3 (R) otteniamo che la generica matrice di S `e del tipo a11 −a11 a13 A = a21 a22 a23 = a11 A1 + a13 A2 + a21 A3 + a22 A4 + a23 A5 + a31 A6 + a33 A7 a31 −a33 a33
2. SOLUZIONI
dove
1 A1 = 0 0 0 A4 = 0 0
Quindi
−1 0 0 0 1 0
0 0 0 0 0 0
0 A2 = 0 0 0 A5 = 0 0
0 0 0 0 0 0
1 0 0 0 1 0
175
0 A3 = 1 0 0 A6 = 0 1
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0 A7 = 0 0
0 0 0 0 −1 1
S = h A1 , A2 , A3 , A4 , A5 , A6 , A7 i `e lo spazio vettoriale generato dalle 7 matrici Ai . Inoltre le 7 matrici sono linearmente indipendenti, quindi una base di S `e B(S) = { A1 , A2 , A3 , A4 , A5 , A6 , A7 } e dim(S) = 7. b) La generica matrice A di S appartiene a Sim3 (R) se a21 = −a11 , a31 = a13 , a23 = −a33 , quindi la generica matrice di S ∩ Sim3 (R) ha la forma: a11 −a11 a13 B = −a11 a22 −a33 = a11 B1 + a13 B2 + a22 B3 + a33 B4 a13 −a33 a33 dove
1 −1 0 B1 = −1 0 0 = A1 − A3 0 0 0 0 0 0 B3 = 0 1 0 = A4 0 0 0
0 B2 = 0 1 0 B4 = 0 0
0 1 0 0 = A2 + A6 0 0 0 0 0 −1 = A7 − A5 −1 1
Notiamo che le 4 matrici Bi sono linearmente indipendenti, quindi B(S ∩ Sim3 (R)) = {B1 , B2 , B3 , B4 }
Esercizio 7.97. Sia W il seguente sottoinsieme dello spazio delle matrici 3 × 3: W = A ∈ M3,3 (R) | A + AT = 0 . a) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R). b) Trovare una base di W . c) Mostrare che ogni elemento di W ha rango minore di 3.
Soluzione: Notiamo che la condizione AT = −A ci dice che 0 x A = −x 0 −y −z
le matrici di W sono del tipo y z con x, y, z ∈ R 0
a) Per mostrare che W , che `e un insieme non vuoto, `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R) dobbiamo verificare che `e chiuso rispetto alla somma e al prodotto per scalari. – SOMMA. Siano 0 x y 0 a b A = −x 0 z e B = −a 0 c con x, y, z, a, b, c ∈ R −y −z 0 −b −c 0 due qualsiasi matrici di W . Allora 0 x+a y+b 0 0 z + c = −(x + a) A + B = −x − a −y − b −z − c 0 −(y + b)
Quindi W `e chiuso rispetto alla somma.
x+a 0 −(z + c)
y+b z + c ∈ W 0
176
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
– PRODOTTO per SCALARI. Sia
0 x A = −x 0 −y −z
y z 0
un elemento di W e λ ∈ R uno scalare. Allora 0 λx λy 0 λz ∈ W λA = −λx −λy −λz 0
Quindi W `e anche chiuso rispetto al prodotto per scalari. b) Riscrivendo in maniera pi` u opportuna il generico elemento di W otteniamo: 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 x y A = −x 0 z = x · −1 0 0 + y · 0 0 0 + z · 0 0 1 0 −1 0 0 0 0 −1 0 0 −y −z 0 Di conseguenza le matrici 0 1 0 A1 = −1 0 0 , 0 0 0
0 0 1 A2 = 0 0 0 , −1 0 0
0 0 A3 = 0 0 0 −1
0 1 0
generano tutto W . Essendo anche linearmente indipendenti, una base di W `e data da B(W ) = {A1 , A2 , A3 }. c) Calcoliamo il determinante della generica matrice A di W : det(A) = −x · (yz) + y · (xz) = −xyz + xyz = 0 Poich´e il determinante di A `e zero, il rango di A `e minore di 3. Esercizio 7.98. Sia W il seguente sottoinsieme dello spazio delle matrici 3 × 3: W = A ∈ M3,3 (R) | A = AT , tr(A) = 0
a) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R). b) Trovare una base di W . 2 1 1 c) Calcolare le coordinate di B = 1 −2 3 ∈ W rispetto alla base trovata al punto b). 1 3 0
Soluzione: Notiamo che la condizione AT = A implica che le matrici di W siano simmetriche. Inoltre la condizione tr(A) = 0 implica che la somma degli elementi della diagonale principale sia 0. Di conseguenza le matrici di W sono del tipo a b c e con a, b, c, d, e ∈ R A = b d c e −a − d
a) Per mostrare che W , che `e un insieme non vuoto, `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R) dobbiamo verificare che `e chiuso rispetto alla somma e al prodotto per scalari. – SOMMA. Siano x y z a b c t e e B = y w con x, y, z, w, t, a, b, c, d, e ∈ R A = b d z t −x − w c e −a − d due qualsiasi matrici di W . Allora a+x b+y A + B = b + y d + w c+z e+t
Quindi W `e chiuso rispetto alla somma.
c+z ∈W e+t −a − x − d − w
2. SOLUZIONI
– PRODOTTO per SCALARI. Sia
a A = b c
b d e
177
c e −a − d
un elemento di W e λ ∈ R uno scalare. Allora λa λb λc ∈W λe λA = λb λd λc λe −λa − λd
Quindi W `e anche chiuso rispetto al prodotto per scalari. b) Riscrivendo in maniera pi` u opportuna il generico elemento di W otteniamo: a b c e A = b d c e −a − d 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 1 0 0 = a · 0 0 0 + b · 1 0 0 + c · 0 0 0 + d · 0 1 0 + e · 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 0 0 0 0 −1 Di conseguenza le matrici 1 0 0 A1 = 0 0 0 , 0 0 −1 0 0 0 A4 = 0 1 0 0 0 −1
0 A2 = 1 0 0 A5 = 0 0
1 0 0 0 , 0 0 0 0 0 1 1 0
0 0 A3 = 0 0 1 0
0 0 0 1 1 0
1 0 , 0
generano tutto W . Essendo anche linearmente indipendenti, una base di W `e data da B(W ) = {A1 , A2 , A3 , A4 , A5 }. ` immediato verificare che B = 2A1 + A2 + A3 − 2A4 + 3A5 , di conseguenza le coordinate di B c) E rispetto alla base trovata al punto precedente sono (2, 1, 1, −1, 3)B .
Esercizio 7.99. Sia W il seguente sottoinsieme dello spazio delle matrici 3 × 3: W = {A ∈ M3,3 (R) | aij = 0 per i ≥ j} a) Mostrare che W `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R). b) Trovare una base di W . c) Mostrare che per ogni matrice A in W , la matrice A2 ha rango minore di 2. Soluzione: L’insieme W `e formato dalle matrici triangolari superiori 0 x y A = 0 0 z con x, y, z ∈ R 0 0 0
a) Per mostrare che W , che `e un insieme non vuoto, `e un sottospazio vettoriale di M3,3 (R) dobbiamo verificare che `e chiuso rispetto alla somma e al prodotto per scalari. – SOMMA. Siano 0 x y 0 a b A = 0 0 z e B = 0 0 c con x, y, z, a, b, c ∈ R 0 0 0 0 0 0 due qualsiasi matrici di W . Allora 0 x+a y+b 0 x+a 0 z + c = 0 0 A + B = 0 0 0 0 0 0
Quindi W `e chiuso rispetto alla somma.
y+b z + c ∈ W 0
178
` 7. RANGO: ROUCHE-CAPELLI, DIMENSIONE E BASI DI SPAZI VETTORIALI.
– PRODOTTO per SCALARI. Sia
0 x A = 0 0 0 0
y z 0
un elemento di W e λ ∈ R uno scalare. Allora 0 λx λy λA = 0 0 λz ∈ W 0 0 0
Quindi W `e anche chiuso rispetto al prodotto per scalari. b) Riscrivendo in maniera pi` u opportuna il generico elemento di W otteniamo: 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 x y A = 0 0 z = x · 0 0 0 + y · 0 0 0 + z · 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Di conseguenza le matrici 0 1 A1 = 0 0 0 0
0 0 , 0
generano tutto W . Essendo anche {A1 , A2 , A3 }. c) Calcoliamo A2 0 x A · A = 0 0 0 0
0 A2 = 0 0
0 1 0 0 , 0 0
0 0 0 A3 = 0 0 1 0 0 0
linearmente indipendenti, una base di W `e data da B(W ) = y 0 x z · 0 0 0 0 0
y 0 z = 0 0 0
0 xz 0 0 0 0
Di conseguenza se x = 0 o z = 0 otteniamo la matrice nulla di rango zero, altrimenti rg(A2 ) = 1. In ogni caso rg(A2 ) ≤ 1.
CAPITOLO 8
Applicazioni lineari Esercizio 8.1. Sia T : R3 → R3 l’applicazione definita da T (x1 , x2 , x3 ) = (x21 , x2 , 2x3 ). Stabilire se T `e lineare. Esercizio 8.2. Verificare che la funzione determinante definita sull’insieme delle matrici M2×2 avalori in R non `e lineare. Esercizio 8.3. Stabilire se esiste una applicazione lineare T : R2 → R2 tale che T (1, 2) = (3, 0),
T (2, 7) = (4, 5),
T (1, 5) = (1, 4)
Esercizio 8.4. Stabilire se esiste una applicazione lineare T : R2 → R2 tale che T (1, 2) = (3, 0),
T (2, 4) = (5, 0),
T (0, 1) = (1, 1)
Esercizio 8.5. Determinare una applicazione lineare T : R2 → R2 tale che T (1, 1) = (1, 2),
T (0, 2) = (4, 4)
Esercizio 8.6. Sia T : R2 → R3 l’applicazione definita da T (x, y) = (x + y, 2x, x − y). a) Verificare che T `e lineare. b) Determinare Nucleo e Immagine di T . c) Determinare la matrice A associata a T (rispetto alle basi canoniche). d) Determinare T (1, 2) usando la definizione e usando la matrice A. Esercizio 8.7. Sia T : R2 → R3 l’applicazione lineare definita sulla base canonica di R2 nel seguente modo: T (e1 ) = (1, 2, 1), T (e2 ) = (1, 0, −1). a) Esplicitare T (x, y). b) Determinare la matrice A associata a T (rispetto alle basi canoniche). c) Stabilire se (3, 4, 1) appartiene a Im(T ). Esercizio 8.8. Sia T : R2 → R3 l’applicazione lineare tale che T (v) = Av con 1 1 A = 2 0 1 −1 a) Determinare una base di Nucleo e Immagine di T . b) Stabilire se (−3, 2, 1) appartiene a Im(T ).
Esercizio 8.9. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare −3 1 A = 2 −1 0 2
Determinare l’immagine attraverso T del piano π : 4
definita da 0 0 1
x + 2y = 0.
4
Esercizio 8.10. Sia T : R → R l’applicazione lineare tale che x1 + x2 + 2x3 + x4 x1 x2 x1 + 2x2 + 4x3 + x4 T x3 = 2x1 + 2x2 + 4x3 + 3x4 −x1 − 2x2 + (k − 4)x3 + 2x4 x4
dove k ∈ R un parametro reale. a) Discutere l’iniettivit` a e suriettivit` a di T al variare di k ∈ R. b) Determinare una base degli spazi vettoriali Im(T ) e N(T ) al variare di k ∈ R. 179
180
8. APPLICAZIONI LINEARI
Esercizio 8.11. Sia T : R4 → R5 la funzione lineare definita da
T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (x1 − x2 , x1 + x2 , x2 , x2 + 3x3 , −2x1 )
rispetto alle basi canoniche. a) Trovare una base del nucleo N(T ) e una base dell’immagine Im(T ). b) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva. c) Per quali valori di k ∈ R il vettore vk = (k, 2, 1 − k, 4, −2) appartiene all’immagine di T ? Esercizio 8.12. Sia T : R3 → R4 la funzione lineare definita da:
T (x1 , x2 , x3 ) = (2kx1 − x2 , x2 + kx3 , x1 + x2 − x3 , x1 − x2 )
a) Trovare le dimensioni del nucleo e dell’immagine di T al variare del parametro reale k. b) Stabilire per quali valori di k il vettore v = (3, 3, 1, 0) appartiene all’immagine di T . Esercizio 8.13. Sia T la funzione lineare da R3 a R3 con matrice associata 2 1 0 A = 0 −1 1 2 −1 2
rispetto alle basi canoniche. a) Determinare basi dell’immagine Im(T ) e del nucleo N (T ). b) Stabilire per quale valore di k il vettore vk = (k, k, k) appartiene all’immagine di T . Esercizio 8.14. Sia T : R4 → R4 la funzione lineare definita da:
T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (x2 + 3x3 , −2x3 + x4 , 0, x1 − x2 + x4 )
rispetto alle basi canoniche. a) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva b) Trovare una base del nucleo N(T ) e una base dell’immagine Im(T ). Esercizio 8.15. Sia T l’endomorfismo di R3 cos definito:
T (x1 , x2 , x3 ) = (2x1 + x3 , −2x1 + x2 + x3 , x2 + 2x3 ).
a) Scrivere la matrice associata a T rispetto alle basi canoniche e determinare il nucleo e l’immagine di T . b) Stabilire se T `e iniettiva. Trovare, al variare del parametro reale k, tutti i vettori v tali che T (v) = (3, 3, k). Esercizio 8.16. Si consideri il seguente endomorfismo di R4 T (x, y, z, w) = (−x + z, 2y, x − 2z, w)
a) Si determino le dimensioni di immagine e nucleo di T e si stabilisca se T `e invertibile. b) Si determini l’inversa T −1 . Esercizio 8.17. a) Verificare che le relazioni T (1, 1, 1) = (−1, 2),
T (0, 1, 1) = (0, 4), 3
T (1, 1, 0) = (2, 1) 2
definiscono un’unica applicazione lineare T da R a R . b) Scrivere la matrice rappresentativa di T rispetto alla basi canoniche. c) Trovare basi di Im(T ) e di N (T ). Esercizio 8.18. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (2x, y, 0)
Dato il vettore w = (2, −1, 1), calcolare T (w). Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. Calcolare T (w) utilizzando la matrice A. Determinare la dimensione e una base degli spazi vettoriali Im(T ) e N(T ). Verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } con v1 = (1, 0, 1), v2 = (0, 1, −1), v3 = (1, 1, −1) `e una base di R3 . (6) Determinare la matrice B associata a T rispetto alla base B dello spazio di partenza e alla base canonica C dello spazio di arrivo. (7) Determinare le componenti del vettore w = (2, −1, 1) rispetto alla base B.
(1) (2) (3) (4) (5)
8. APPLICAZIONI LINEARI
181
(8) Calcolare T (w) utilizzando la matrice B.
Esercizio 8.19. Sia T : R3 → R2 l’applicazione lineare tale che T (x, y, z) = (2x, y + z)
(1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10)
Verificare che T `e un’applicazione lineare. Dato il vettore w = (1, 1, 1), calcolare T (w). Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. Calcolare T (w) utilizzando la matrice A. Determinare la dimensione e una base degli spazi vettoriali Im(T ) ⊆ R2 e N(T ) ⊆ R3 . Verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } con v1 = (2, 1, 0), v2 = (0, 1, 0), v3 = (1, 0, 1) `e una base di R3 . Determinare la matrice B associata a T rispetto alla base B di R3 e alla base canonica di R2 . Determinare la matrice P di cambiamento di base dalla base canonica C alla base B. Determinare le componenti del vettore w = (1, 1, 1) rispetto alla base B utilizzando la matrice P (o meglio P −1 ). Calcolare T (w) utilizzando la matrice B.
Esercizio 8.20. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare tale che
T (x, y, z) = (2x + y, x + y, y + kz)
dove k ∈ R `e un parametro reale. (1) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. (2) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale Im(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k. (3) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale N(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k. (4) Stabilre se il vettore v = (3, −1, −5) appartiene a Im(T ) al variare del parametro k. In caso positivo esprimere v come combinazione lineare degli elementi della base di Im(T ) trovata. Esercizio 8.21. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare tale che
T (x, y, z) = (x + y, kx + y + z, kx + y + kz)
dove k ∈ R `e un parametro reale. (1) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. (2) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale Im(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k. (3) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale N(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k. (4) Stabilre se il vettore v = (0, 1, −1) appartiene a Im(T ) al variare del parametro k. In caso positivo esprimere v come combinazione lineare degli elementi della base di Im(T ) trovata.
Esercizio 8.22. Sia T : R2 → R3 l’applicazione lineare tale che T (x, y) = (kx + 4y, x + ky, y)
dove k ∈ R `e un parametro reale. Stabilire se T `e iniettiva e/o suriettiva al variare del parametro k. Esercizio 8.23. Sia T : R4 → R4 l’applicazione lineare definita dalla matrice 5k 1 3k + 4 0 k + 1 0 0 0 A = M (T ) = 3 k+5 1 k + 3 2k 2 0 k 0 a) Discutere l’iniettivit` a e suriettivit` a di T al variare del parametro reale k. b) Determinare la dimensione di immagine e nucleo di T al variare di k.
182
8. APPLICAZIONI LINEARI
Esercizio 8.24. Sia T : R4 → R3 l’applicazione lineare tale che
T (x, y, z, w) = (−x − y + z + w, −x + 2y − z, −x + y + 3z − 3w)
(1) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. (2) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale Im(T ) ⊆ R3 . (3) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale N(T ) ⊆ R4 Esercizio 8.25. Sia T : R4 → R3 l’applicazione lineare tale che
T (x, y, z, w) = (x − 2y + 3z, x − y + (k + 3)z + 2w, 2x − 3y + (k + 6)z + (k + 1)w)
dove k `e un parametro reale. Stabilire se esistono valori di k per cui T `e iniettiva e/o suriettiva.
Esercizio 8.26. Sia T : R3 → R2 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x − y, 2x − 3y)
a) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva. b) Trovare le dimensioni del nucleo e dell’immagine di T .
Esercizio 8.27. Sia k un parametro reale e sia T l’endomorfismo di R4 definito da T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (2x1 , x1 + x2 + x3 + 3x4 , −kx1 + x3 , x3 + kx4 )
a) Determinare basi del nucleo e dell’immagine di T al variare del parametro k. b) Si dica se T `e iniettivo e/o suriettivo. Esercizio 8.28. Sia T : R3 → R2 la funzione lineare
T (x1 , x2 , x3 ) = (ax1 + 2ax2 + x3 , bx1 + 2bx2 + x3 ).
a) Si determinino gli eventuali valori reali di a e b per i quali T `e suriettiva. b) Si trovi una base del nucleo di T al variare di a e b. Esercizio 8.29. Sia T : R4 → R3 la funzione lineare definita da T (x) = Ax, con 1 0 −2 3 A = −1 0 1 0 0 1 0 1 a) Stabilire se T `e iniettiva e/o suriettiva. b) Trovare le dimensioni del nucleo e dell’immagine di T .
Esercizio 8.30. Sia T : R4 → R4 la funzione 1 −2 A= 1 0
lineare definita da T (x) = Ax, con 0 −1 1 0 0 0 . 1 0 0 1 −1 1
a) Stabilire se T invertibile. b) Trovare basi del nucleo e dell’immagine di T .
Esercizio 8.31. Detto k un paramtro reale, sia k 1 A = 0 2 0 k
10 0 . k
a) Si trovino, al variare di k, nucleo e immagine dell’endomorfismo TA di R3 associato alla matrice A. b) Stabilire per quali valori k ∈ R la funzione lineare TA `e invertibile.
Esercizio 8.32. Si consideri la funzione lineare T 2k 0 k 0 k − 1 −1 0 0
: R4 → R4 definita dalla matrice 2 1 1 1 0 1 0 1
8. APPLICAZIONI LINEARI
183
a) Si dica se esistono valori del parametro reale k per i quali T `e iniettiva o suriettiva. b) Si calcoli la dimensione del nucleo N (T ) e dell’immagine Im(T ) al variare di k. Esercizio 8.33. Sia T : R4 → R4 la funzione 0 1 A= 0 −2
lineare definita da T (x) = Ax con 1 k 2 1 0 2 1 1 2 0 1 −1
a) Determinare una base del nucleo di T e una base dell’immagine di T al variare del parametro k. b) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva.
Esercizio 8.34. Sia f : R3 → R3 l’applicazione lineare definita ponendo f (x, y, z) = (x + y − 2z, 3x − z, 2x − y + z)
e sia g : R3 → R3 l’applicazione lineare definita ponendo
g(x, y, z) = (x + z, x − y + z, y)
Si trovino le dimensioni dei nuclei delle applicazioni lineari g ◦ f e f ◦ g. Esercizio 8.35. Sia T : R3 → R3 la funzione lineare definita da
T (x, y, z) = (x + y, 2x − y − z, 2y + z)
e sia B = {(1, 2, −4), (0, 1, 1), (1, 0, −7)} una base di R3 . a) Stabilire se T `e iniettivo e/o suriettiva. b) Si determini la matrice MB (T ) associata a T rispetto alla base B Esercizio 8.36. Sia S : R4 → R3 la funzione lineare
S(x1 , x2 , x3 , x4 ) = (3x1 − 2x3 + x4 , 4x1 − 2x2 + 2x3 + 3x4 , x1 + 2x3 + 2x4 ).
a) Si trovi una base del nucleo di S e una base dell’immagine di S. b) Sia E la base canonica di R4 e sia B la base di R3 costituita dai vettori v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 0, 0), v3 = (1, 1, 1)
Si determini la matrice MEB (S) associata a S. Esercizio 8.37. Sia T la funzione lineare da R3 a R3 definita da T (x, y, z) = (3x − 2y, x + y + z, 2x − 3y − z) a) Determinare basi dell’immagine Im(T ) e del nucleo N (T ). b) Si scriva la matrice associata a T rispetto alla base B = {(2, 1, 0), (1, 1, 0), (0, 1, 1)}. c) Trovare la distanza euclidea tra il punto P = (1, 1, 1) e il nucleo N (T ). Esercizio 8.38. Sia B = {v1 = (1, 2, 3), v2 = (1, 0, −1), v3 = (0, 0, 2)} una base di R3 e sia T : R3 → R l’endomorfismo definito dalla matrice 0 4 2 MB (T ) = 6 0 0 . 0 8 4 3
a) Si determini la matrice associata a T rispetto alla base canonica di R3 . b) Si stabilisca se T `e iniettivo e/o suriettivo.
Esercizio 8.39. Sia T : R3 → R3 la funzione lineare definita da T (x) = Ax, con 1 1 1 A = 0 1 1 1 0 0
a) Si determini la matrice associata a T rispetto alla base costituita dai vettori v1 = (1, 1, 1), v2 = (1, 0, 0), v3 = (0, 0, 1). b) Si trovi una base del nucleo di T .
184
8. APPLICAZIONI LINEARI
Esercizio 8.40. Sia T : R2 → R3 l’applicazione definita da T (x, y) = (2x, x − y, 2y), e siano B = {(1, 0), (1, 1) } e B ′ = {(1, 1, 0), (0, 1, 1), (0, 0, 2) } due basi di R2 e R3 rispettivamente. Determinare la ′ matrice A = MBB (T ) associata a T rispetto alle basi B e B ′ .
Esercizio 8.41. Sia V = R3 e siano C e B ′ = {(1, 1, 0), (0, 1, 1), (0, 0, 2) } rispettivamente la base canonica e un’altra base di V . ′ a) Determinare la matrice P = MCB di transizione da C a B ′ . b) Svolgere l’esercizio precedente utilizzando la matrice P . Esercizio 8.42. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x − z, 2x + y, x − 3y)
a) Si determini la matrice MB (T ) associata a T rispetto alla base B costituita dai vettori v1 = (1, 0, 0), v2 = (1, 0, −1), v3 = (0, 1, 1). b) Si trovi una base dell’immagine di T . c) Il determinante di una matrice associata a T pu` o essere nullo? Esercizio 8.43. Sia S : R3 → R4 l’applicazione lineare definita da
S(x1 , x2 , x3 ) = (x1 + x2 , x2 , x1 , x2 − 3x3 ).
a) Sia B la base di R3 costituita dai vettori v1 = (1, 1, 1), v2 = (1, 1, 0), v3 = (1, 0, 0) e sia E la base canonica di R4 . Si determini la matrice MBE (S) associata a S. b) Si trovi la dimensione del nucleo di S. Esercizio 8.44. Sia S : R3 → R3 la funzione lineare associata a: 0 0 0 0 0 1 1 2 3
rispetto alla base B = {(1, 1, 1), (0, 2, 2), (0, 0, 3)} di R3 . a) Si scriva la matrice associata a S rispetto alle basi canoniche. b) Determinare basi dell’immagine Im(S) e del nucleo N (S). Esercizio 8.45. Sia S : R3 → R3 la funzione lineare
S(x1 , x2 , x3 ) = (2x1 − 2x2 + x3 , −2x1 + 2x2 − 3x3 , −2x1 + 2x2 + x3 )
a) Si trovi una base del nucleo di S e una base dell’immagine di S. b) Sia E la base canonica di R3 e sia B la base di R3 costituita dai vettori v1 = (1, 1, 0), v2 = (1, 0, 1), v3 = (0, 1, 1)
Si determini la matrice MBE (S) associata a S.
Esercizio 8.46. Sia V = R2 e siano B = C = { (1, 0), (0, 1) } e B ′ = {(1, 1), (1, 0) } due basi di V . ′
a) Determinare la matrice P = MBB di transizione da B a B ′ . b) Determinare le coordinate di v = (2, 1) utilizzando la matrice P .
Esercizio 8.47. Sia V = R3 e siano C e B ′ = {(1, 1, 0), (0, 1, 1), (0, 0, 2) } rispettivamente la base canonica e un’altra base di V . ′ a) Determinare la matrice P = MCB di transizione da C a B ′ . b) Sia T : R2 → R3 l’applicazione definita da T (x, y) = (2x, x − y, 2y). Utilizzando la matrice P ′ determinare la matrice A = MCB (T ) associata a T rispetto alle basi C e B ′ . Esercizio 8.48. Sia T : R3 ⇒ R3 cos`ı definita: T (x, y, z) = (x + 2y + 3z, 3y + z, 4z). a) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. b) Determinare la matrice B associata a T rispetto alla base B = {v1 = (1, 0, 0), v2 = (1, 1, 0), v3 = (5, 3, 3)} . Esercizio 8.49. Sia T : R3 ⇒ R3 l’applicazione 1 A = 3 6
lineare definita da: −3 3 −5 3 −6 4
a) Verificare che l’insieme B = {v1 = (1, 1, 0), v2 = (−1, 0, 1), v3 = (1, 1, 2)} `e una base di R3 .
8. APPLICAZIONI LINEARI
185
b) Determinare la matrice associata a T rispetto alla base B. Esercizio 8.50. Sia B = {v1 = (1, 0, 1), v2 = (0, −1, 0), v3 = (2, 0, 0)}
3
una base di R e sia T l’endomorfismo di R3 cos`ı definito: T (v1 ) = (3, 1, 2),
T (v2 ) = (0, 1, 1),
T (v3 ) = (6, 4, 6)
a) Si determini la matrice M (T ) associata a T rispetto alla base canonica. b) Si determini base e dimensione dell’Immagine e del Nucleo di T . c) Si stabilisca per quali valori di k il vettore vk = (k + 1, 0, k) appartiene all’Immagine di T . Esercizio 8.51. Dati i vettori di R3 v1 = (1, 0, 1), 3
v2 = (0, 2, 2),
v3 = (1, 1, 0),
3
si consideri la funzione lineare T : R → R definita da T (v1 ) = (2, 0, 0),
T (v2 ) = (4, 4, 4),
T (v3 ) = (0, 6, 6)
a) Si determini la matrice M (T ) associata a T rispetto alla base canonica. b) Si determini una base del nucleo e dell’immagine di T . Esercizio 8.52. Sia T la funzione lineare da R3 in R4 che associa ai vettori (1, −1, 2),
(1, 1, 0), rispettivamente i vettori
(0, 0, 1)
(1, 2, −1, 0),
(1, 1, 0, 1),
(0, 0, 1, 1)
a) Stabilire se T `e iniettiva, suriettiva, biunivoca. b) Qual `e l’immagine di v = (2, 0, 3)? che:
Esercizio 8.53. Sia E = {e1 , e2 , e3 } la base canonica di R3 . Sia T : R3 → R3 la funzione lineare tale T (e1 ) = 3e1 − e2 + e3 ,
T (e2 ) = e2 − e3 ,
T (e3 ) = 2T (e1 ) + T (e2 )
a) Si calcoli la matrice associata a T rispetto ad E. b) Trovare basi del nucleo e dell’immagine di T e stabilire se T `e invertibile. che:
Esercizio 8.54. Sia E = {e1 , e2 , e3 } la base canonica di R3 . Sia T : R3 → R3 la funzione lineare tale T (e1 ) = e1 − 2e2 + e3 ,
T (e2 ) = 2e2 − e3 ,
T (e3 ) = e1 + e3 .
a) Si mostri che T `e invertibile. b) Si scriva la matrice associata a T −1 rispetto ad E. c) Sia W = {x ∈ R3 : x1 + 2x2 − x3 = 0}. Si trovi una base del sottospazio immagine T (W ).
`e
Esercizio 8.55. Si consideri la funzione lineare T : R3 → R3 la cui matrice rispetto alla base canonica
1 M (T ) = −1 2
0 3 1 1 2 1
e sia B = {v1 = (1, 1, 0), v2 = (1, 1, 1), v3 = (1, 0, 1)} una base di R3 . a) Si determini la matrice MBE (T ) associata a T rispetto alla base B nel dominio e rispetto alla base canonica E nel codominio. b) Si determini la matrice MB (T ) associata a T rispetto alla base B.
Esercizio 8.56. Si consideri la base B = {(1, 1, 0, 0), (0, 1, 1, 0), (0, 0, 1, 1), (1, 0, 1, 0)} di R4 e sia E la base canonica di R4 . Sia T : R4 → R4 la funzione lineare con matrice associata 1 0 0 0 1 k 0 0 MBE (T ) = 0 1 1 1 1 0 0 1
con k parametro reale.
186
8. APPLICAZIONI LINEARI
a) Stabilire per quali valori di k la funzione T `e un isomorfismo (cio`e iniettiva e suriettiva). b) Posto k = 1, si trovi una base del sottospazio T −1 (W ) = {v ∈ R4 | T (v) ∈ W }, con W = h(1, 0, 0, 1), (0, 1, 0, 1)i.
Esercizio 8.57. Dati i vettori v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 2, 0) e v3 = (0, 1, 1), sia T l’endomorfismo di R3 tale che T (v1 ) = v2 , T (v2 ) = v3 e T (v3 ) = v1 . a) Determinare la matrice associata a T rispetto alla base B = {v1 , v2 , v3 }. b) Determinare la matrice associata a T rispetto alla base canonica. c) Determinare il nucleo di T e trovare (se esiste) una controimmagine di (5, 1, −11). Esercizio 8.58. Sia S : Mn (R) → Mn (R) la funzione lineare cos`ı definita: S(A) = A − AT
a) Si determini il nucleo e l’immagine di S. b) Posto n = 2, si determini la matrice associata a S rispetto alla base 1 0 0 0 0 1 0 0 B= , , , 0 0 1 0 0 0 0 1 c) Per n = 2, la funzione lineare S `e diagonalizzabile?
Esercizio 8.59. Sia S : Mn (R) → Mn (R) la funzione lineare cos`ı definita: S(A) = A + AT
a) Si determini il nucleo e l’immagine di S. b) Posto n = 2, si determini la matrice associata a S rispetto 1 0 1 −1 1 1 B= , , , 0 0 1 0 1 0 c) Per n = 2, la funzione lineare S `e diagonalizzabile?
alla 0 0
base 0 1
Esercizio 8.60. Si f : R2 [x] → R2 [x] l’applicazione lineare definita ponendo f (ax2 + bx + c) = (a − b)x2 + (b − c)x + a − c
a) Si trovi la matrice rappresentativa di tale applicazione rispetto alla base B = x2 + 2, x − 1, x + 1
b) Si trovi la dimensione e una base di N(f ) e Im(f ).
——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti ——————————————————————————————————————————————Una Applicazione lineare T : V → W `e una funzione tra due spazi vettoriali che gode delle seguenti propriet` a: T (v1 + v2 ) = T (v1 ) + T (v2 ) T (λv) = λT (v)
∀v1 , v2 ∈ V
∀v ∈ V, λ ∈ R
In particolare se B = {v1 , v2 , . . . , vn } `e una base di V e v ∈ V , allora:
T (v) = T (x1 v1 + · · · + xn vn ) = x1 T (v1 ) + · · · + xn T (vn )
——————————————————————————————————————————————A ogni applicazione lineare pu` o essere associata una matrice A = M (T ) che ha per colonne le immagini degli elementi della base di V , espresse rispetto alla base di W . Salvo indicazioni le basi di V e W sono le basi canoniche. Usando la matrice associata T (V ) = A · v
∀v ∈ V
——————————————————————————————————————————————Una applicazione lineare pu` o essere definita tramite:
1. SUGGERIMENTI
187
• La regola: T : R2 → R3 tale che T (x, y) = (x + y, 2x, x − y) • Le immagini di una base: T : R2 → R3 tale che T (e1 ) = (1, 2, 1) T (e2 ) = (1, 0, −1) • La matrice associata rispetto a una base: T : R2 → R3 tale che la matrice associata rispetto alle basi canoniche `e 1 1 A = 2 0 1 −1
Se non `e specificato, la matrice si intende sempre associata rispetto alle basi canoniche.
Le tre precedenti definizioni definiscono la stessa applicazione lineare. ——————————————————————————————————————————————L’Immagine Im(T ) di una applicazione lineare T : V → W `e lo spazio generato dalle immagini degli elementi di una base B = {v1 , v2 , . . . , vn } di V : Im(T ) = {T (v) | v ∈ V } = hT (v1 ), . . . , T (vn )i ⊆ W Utilizzando la matrice A = M (T ) associata: • Im(T ) = spazio generato dalle colonne di A (Prestare attenzioni se le basi di V e W non sono quelle canoniche) • B(Im(T )) = { colonne linearmente indipendenti di A } (Prestare attenzioni se le basi di V e W non sono quelle canoniche). • dim(Im(T )) = rg(A)
——————————————————————————————————————————————Il Nucleo N(T ) di una applicazione lineare T : V → W `e il sottospazio di V formato dagli elementi la cui immagine `e lo 0: N(T ) = {v ∈ V | T (v) = 0} ⊆ V Utilizzando la matrice A associata: • N(T ) = { soluzioni del sistema omogeneo associato a A } (Prestare attenzione se le basi di U e di V non sono quelle canoniche. • dim(N(T )) = n − rg(A), dove n = dim(V ) = numero delle incognite del sistema lineare.
——————————————————————————————————————————————-
• Il teorema di Nullit` a pi` u rango afferma che se T : V → W allora: dim(N(T )) + dim(Im(T )) = n = dim(V ) • Una applicazione `e detta Iniettiva se dim(N(T )) = 0, cio`e se N(T ) = {0}. • Una applicazione `e detta Suriettiva se dim(Im(T )) = dim(W ), cio`e se Im(T ) = W . • Una applicazione `e detta Biiettiva se `e sia iniettiva che suriettiva. Un’applicazione `e invertibile sse `e biiettiva. ——————————————————————————————————————————————Bisogna prestare particolare attenzione quando l’applicazione non `e definita sulle basi canoniche. ——————————————————————————————————————————————Matrici di transizione Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n e siano B = {v1 , . . . , vn } e B ′ =
188
8. APPLICAZIONI LINEARI
o scrivere come combinazione lineare degli elementi {v1′ , . . . , vn′ } due basi di V . Ogni vettore w di V si pu` delle due basi: w = x1 v1 + · · · + xn vn = x′1 v1′ + · · · + x′n vn′ ⇒
componenti di w rispetto a B
w = (x1 , . . . , xn )B
w=
componenti di w rispetto a B ′
(x′1 , . . . , x′n )B′
• Sia T : Rn → Rn l’applicazione tale che T (x1 , . . . , xn ) = (x′1 , . . . , x′n ). La matrice associata a T ′ `e detta matrice di transizione da B a B ′ , indicata con MBB . Tale matrice ha per colonne i vettori ′ di B epressi rispetto a B : ′
(x′1 , . . . , x′n ) = MBB · (x1 , . . . , xn )T
• Sia T : Rn → Rn l’applicazione tale che T (x′1 , . . . , x′n ) = (x1 , . . . , xn ). La matrice associata a T `e detta matrice di transizione da B ′ a B, indicata con MBB′ . Tale matrice ha per colonne i vettori di B ′ epressi rispetto a B: (x1 , . . . , xn ) = MBB′ · (x′1 , . . . , x′n )T
Osservzioni ′ • Le matrici MBB e MBB′ sono una l’inversa dell’altra. • Se T : V → V `e un endomorfismo e B e B ′ sono due basi di V , allora MB′ (T ) = P −1 · MB (T ) · P
con
P = MBB′
——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni 3
3
Esercizio 8.1. Sia T : R → R l’applicazione definita da T (x1 , x2 , x3 ) = (x21 , x2 , 2x3 ). Stabilire se T `e lineare. Soluzione: Se T fosse lineare in particolare dovrebbe essere T (2v) = 2T (v) per ogni v ∈ R3 . Sia per esempio v = (1, 0, 0): T (v) = T (1, 0, 0) = (1, 0, 0) ⇒ 2T (v) = (2, 0, 0) T (2v) = T (2, 0, 0) = (4, 0, 0)
Quindi T (2v) 6= 2T (v) e T non `e lineare.
Esercizio 8.2. Verificare che la funzione determinante definita sull’insieme delle matrici M2×2 avalori in R non `e lineare. Soluzione: Sia T la funzione determinante: T (A) = det(A). Se T fosse lineare in particolare dovrebbe essere T (A) + T (B) = T (A + B) per ogni A, B ∈ M2×2 . Siano 1 0 0 0 1 0 A= , B= ⇒ A+B = 0 0 0 1 0 1 Allora T (A) = T (B) = 0 ⇒ T (A) + T (B) = 0 T (A + B) = 1
Quindi T (A) + T (B) 6= T (A + B) e T non `e lineare.
Esercizio 8.3. Stabilire se esiste una applicazione lineare T : R2 → R2 tale che T (1, 2) = (3, 0),
T (2, 7) = (4, 5),
T (1, 5) = (1, 4)
2. SOLUZIONI
189
Soluzione: Se T fosse un’applicazione lineare dovrebbe in particolare verificare T (1, 2) + T (1, 5) = T ((1, 2) + (1, 5)) = T (1 + 1, 2 + 5) = T (2, 7), mentre T (1, 2) + T (1, 5) = (3, 0) + (1, 4) = (4, 4) T (2, 7) = (4, 5) Quindi T non `e un’applicazione lineare. Esercizio 8.4. Stabilire se esiste una applicazione lineare T : R2 → R2 tale che T (1, 2) = (3, 0),
T (2, 4) = (5, 0),
T (0, 1) = (1, 1)
Soluzione: Se T fosse un’applicazione lineare dovrebbe in particolare verificare 2T (1, 2) = T (2 · 1, 2 · 2) = T (2, 4),
mentre
2T (1, 2) = 2(3, 0) = (6, 0) T (2, 4) = (5, 0) Quindi T non `e un’applicazione lineare. Esercizio 8.5. Determinare una applicazione lineare T : R2 → R2 tale che T (1, 1) = (1, 2),
T (0, 2) = (4, 4)
Soluzione: Possiamo procedere in due modi. (1) Ricaviamo l’immagine degli elementi della base canonica di R2 imponendo la linearit`a di T : 2T (0, 1) = T (0, 2) = (4, 4) ⇒ T (0, 1) = (2, 2)
T (1, 0) = T (1, 1) − T (0, 1) = (1, 2) − (2, 2) = (−1, 0)
Di conseguenza, preso il generico elemento (x, y) = x(1, 0) + y(0, 1) ∈ R2 , per la linearit`a di T deve essere T (x, y) = xT (1, 0) + yT (0, 1) = x(−1, 0) + y(2, 2) = (−x + 2y, 2y) E’ immediato verificare che T `e lineare e che T (1, 1) = (1, 2) e T (0, 2) = (4, 4) come richiesto. (2) Alternativamente possiamo scrivire il generico elemento (x, y) ∈ R2 come combinazione lineare degli elementi di cui conosciamo l’immagine (che formano una base di R2 ): (1, 1) e (0, 2). Si tratta quindi di risolvere l’equazione ( a = x a=x (x, y) = a(1, 1) + b(0, 2) ⇒ ⇒ −x + y b = a + 2b = y 2 Di conseguenza −x + y (0, 2) (x, y) = x(1, 1) + 2 Essendo T lineare deve quindi essere −x + y −x + y T (0, 2) = x(1, 2) + (4, 4) T (x, y) =x T (1, 1) + 2 2 =(x, 2x) + (−2x + 2y, −2x + 2y) = (−x + 2y, 2y) E’ immediato verificare che T `e lineare e che T (1, 1) = (1, 2) e T (0, 2) = (4, 4) come richiesto.
2
3
Esercizio 8.6. Sia T : R → R l’applicazione definita da T (x, y) = (x + y, 2x, x − y).
190
8. APPLICAZIONI LINEARI
a) b) c) d)
Verificare che T `e lineare. Determinare Nucleo e Immagine di T . Determinare la matrice A associata a T (rispetto alle basi canoniche). Determinare T (1, 2) usando la definizione e usando la matrice A.
Soluzione: a) Dobbiamo verificare che T (v1 + v2 ) = T (v1 ) + T (v2 ) T (λv) = λT (v)
∀v ∈ R2 ,
∀vi ∈ R2
∀λ ∈ R
Siano quindi v1 = (x1 , y1 ) e v2 = (x2 , y2 ), allora T (v1 + v2 ) = T (x1 + x2 , y1 + y2 ) = (x1 + x2 + y1 + y2 , 2x1 + 2x2 , x1 + x2 − y1 − y2 )
T (v1 ) + T (v2 ) = (x1 + y1 , 2x1 , x1 − y1 ) + (x2 + y2 , 2x2 , x2 − y2 )
= (x1 + x2 + y1 + y2 , 2x1 + 2x2 , x1 + x2 − y1 − y2 )
Quindi la prima propriet` a `e verificata. Analogamente
T (λv) = T (λx, λy) = (λx + λy, 2λx, λx − λy)
λT (v) = λ(x + y, 2x, x − y) = (λx + λy, 2λx, λx − λy)
Anche la seconda propriet` a `e verificata, quindi T `e lineare. b) Per definizione N(T ) = v ∈ R2 | T (v) = 0 = (x, y) ∈ R2 | (x + y, 2x, x − y) = (0, 0, 0) ⊆ R2 Si tratta quindi di cercare le soluzioni del sistema omogeneo: ( x + y = 0 x=0 ⇒ ⇒ N(T ) = {(0, 0)} 2x = 0 y=0 x−y =0
Analogamente
Im(T ) = T (v) | v ∈ R2 ⊆ R3
= {(x + y, 2x, x − y) | x, y ∈ R}
= {(1, 2, 1)x + (1, 0, −1)y | x, y ∈ R}
= h(1, 2, 1), (1, 0, −1)i A questo punto per trovare una base di generatori: 1 1 1 2 0 ⇒ II − 2I 0 1 −1 III − I 0
Im(T ) dobbiamo studiare la dipendenza lineare dei 1 1 0 −2 ⇒ III − II 0 −2
1 −2 0
Quindi la matrice ha rango due e i due generatori di Im(T ) sono linearmente indipendenti: B(Im(T )) = {(1, 2, 1), (1, 0, −1)}.
c) La matrice A ha per colonne le immagini dei vettori della base di R2 espressi come combianzione lineare degli elementi della base di R3 . Nel caso in cui le basi siano quelle canoniche la cosa `e immediata: T (e1 ) = T (1, 0) = (1, 2, 1), Quindi
1 A = 2 1
T (e2 ) = T (0, 1) = (1, 0, −1) 1 0 −1
Notiamo che al punto b) abbiamo in sostanza trovato: —————————————————————————————————————————— – Nucleo di T : corrisponde alle soluzioni del sistema omogeneo associato a A. – Immagine di T : corrisponde allo spazio generato dai vettori colonna di A.
2. SOLUZIONI
191
—————————————————————————————————————————— d) Con la definizione di T : Con la matrice A
T (1, 2) = (1 + 2, 2 · 1, 1 − 2) = (3, 2, −1) T (1, 2) = A · (1, 2)T = (3, 2, −1)
2
3
2
Esercizio 8.7. Sia T : R → R l’applicazione lineare definita sulla base canonica di R nel seguente modo: T (e1 ) = (1, 2, 1), T (e2 ) = (1, 0, −1). a) Esplicitare T (x, y). b) Determinare la matrice A associata a T (rispetto alle basi canoniche). c) Stabilire se (3, 4, 1) appartiene a Im(T ). Soluzione: a) Il generico vettore v = (x, y) ∈ R2 si pu` o esprimere come v = x · e1 + y · e2 . Quindi per la linearit`a di T : T (v) = x · T (e1 ) + y · T (e2 ) = x · (1, 2, 1) + y · (1, 0, −1) = (x + y, 2x, x − y)
b) La matrice associata a A `e la matrice che ha per colonne le immagini della base canonica di R2 (espresse rispetto alla base canonica di R3 ). Avendo gi` a T (e1 ) e T (e2 ) `e immediato ricavare: 1 1 A = 2 0 1 −1
c) Il vettore w = (3, 4, 1) appartiene a Im(T ) se esiste (x, y) ∈ R2 tale che T (x, y) = w, ovvero se (x + y, 2x, x − y) = (3, 4, 1). Si tratta quindi di stabilire se il seguente sistema ammette soluzione: ( x + y = 3 x=2 ⇒ ⇒ (3, 4, 1) = T (2, 1) ∈ Im(T ) 2x = 4 y=1 x−y =1
Utilizzando la matrice associata al sistema, w appartiene a Im(T ) se il sistema A|w ammette soluzione cio`e se rg(A) = rg(A|w). ——————————————————————————————————————————————In generale w appartiene a Im(T ) se il sistema A|w ammette soluzione cio`e se rg(A) = rg(A|w). ——————————————————————————————————————————————-
Esercizio 8.8. Sia T : R2 → R3 l’applicazione lineare tale che T (v) = Av con 1 1 A = 2 0 1 −1 a) Determinare una base di Nucleo e Immagine di T . b) Stabilire se (−3, 2, 1) appartiene a Im(T ).
Soluzione: a)
Im(T ) = A · v | v ∈ R2
Sia quindi v = (x, y) il generico vettore di R2 , l’immmagine di T `e formata dai vettori x+y x A· = 2x = (1, 2, 1) · x + (1, 0, −1)y y x−y
192
8. APPLICAZIONI LINEARI
In sostanza Im(T ) `e lo spazio generato dalle colonne di A: Im(T ) = h(1, 2, 1), (1, 0, −1)i Riduciamo perci` o A a gradini: 1 1 1 1 1 0 2 0 ⇒ II − 2I 0 −2 ⇒ III − II 0 III − I 0 −2 1 −1
1 −2 0
La matrice A ha rango 2 e le due colonne sono linearmente indipendenti: B(Im(T )) = {(1, 2, 1), (1, 0, −1)} Analogamente il nucleo di T `e N(T )) = v ∈ R2 | A · v = 0
Sia quindi v = (x, y) il generico vettore di R2 , il nucleo di T `e formato dalle soluzioni di x A· =0 y In sostanza il nucleo di T `e formato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a A. Usando la matrice ridotta `e immediato vedere che l’unica soluzione `e il vettore nullo (0, 0), quindi N(T ) = {(0, 0)}. b) Il vettore w = (−3, 2, 1) appartiene a Im(T ) se appartiene allo spazio generato dalle colonne di A, ovvero se ammette soluzione il sistema Ax = w: 1 1 | −3 1 1 | −3 1 1 | −3 2 0 | 2 ⇒ II − 2I 0 −2 | 10 ⇒ 0 −2 | 10 1 −1 | 1 III − II 0 0 | −6 III − I 0 −2 | 4 Il sistema non ammette soluzione, quindi w = (−3, 2, 1) non appartiene a Im(T ).
——————————————————————————————————————————————Notiamo che • Nucleo di T : corrisponde all’insieme delle soluzioni del sistema omogeneo associato a A. • Immagine di T : corrisponde allo spazio generato dai vettori colonna di A. • w appartiene all’immagine di T se il sistema A|w ha soluzione, cio`e se rg(A) = rg(A|w).
——————————————————————————————————————————————-
Esercizio 8.9. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare −3 1 A = 2 −1 0 2
Determinare l’immagine attraverso T del piano π : Soluzione: Il piano π ha equazione parametrica x = −2t y=t z=s
⇒
definita da 0 0 1
x + 2y = 0.
π = {(x, y, z) = (−2t, t, s) | s, t ∈ R}
Notiamo che poich`e il piano passa per l’origine, i suoi punti costituiscono uno spazio vettoriale. L’immagine del generico punto (x, y, z) = (−2t, t, s) di π `e quindi data da −3 1 0 −2t 7t T (x, y, z) = A · (x, y, z) = 2 −1 0 · t = −5t = (7t, −5t, 2t + s). 0 2 1 s 2t + s
2. SOLUZIONI
193
Infine l’immagine di π `e il piano di equazioni parametrica e cartesiana: x = 7t ∀s, t ∈ R, ⇒ T (π) : y = −5t z = 2t + s 4
5x + 7y = 0
4
Esercizio 8.10. Sia T : R → R l’applicazione lineare tale che x1 + x2 + 2x3 + x4 x1 x2 x1 + 2x2 + 4x3 + x4 = T x3 2x1 + 2x2 + 4x3 + 3x4 −x1 − 2x2 + (k − 4)x3 + 2x4 x4
dove k ∈ R un parametro reale. a) Discutere l’iniettivit` a e suriettivit` a di T al variare di k ∈ R. b) Determinare una base degli spazi vettoriali Im(T ) e N(T ) al variare di k ∈ R. Soluzione: Determiniamo la matrice associata a T rispetto alla base canonica calcolando: T (e1 ) = (1, 1, 2, −1)
T (e2 ) = (1, 2, 2, −2)
T (e3 ) = (2, 4, 4, k − 4) T (e4 ) = (1, 1, 3, 2)
Quindi la matrice associata `e: 1 1 2 1 2 4 2 2 4 −1 −2 k − 4
1 1 0 II − I 1 ⇒ III − 2I 0 3 IV + II 0 2
1 1 0 0
2 2 0 k
1 1 0 0 ⇒ IV 0 1 III 0 3
1 2 1 2 0 k 0 0
1 0 3 1
a) Sappiamo che dim(Im(T )) = rg(A) e dim(N(T )) = 4 − dim(Im(T )), quindi – Se k 6= 0, allora dim(Im(T )) = rg(A) = 4 e dim(N(T )) = 4 − 4 = 0, e T `e sia suriettiva che iniettiva. – Se k = 0, allora dim(Im(T )) = rg(A) = 3 e dim(N(T )) = 4 − 3 = 1, e T non `e n´e suriettiva n´e iniettiva. b) Anche in questo caso dobbiamo distinguere due casi – Se k 6= 0, allora B(Im(T )) = {T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ), T (e4 )}
– Se k = 0, allora
N(T ) = {(0, 0, 0, 0)}
B(Im(T )) = {T (e1 ), T (e2 ), T (e4 )}
Inoltre il nucleo `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a A: x1 = 0 x = −2t x1 + x2 + 2x3 + x4 = 0 2 ⇒ ∀t ∈ R x2 + 2x3 = 0 x 3=t x4 = 0 x4 = 0
Quindi
B(N(T )) = {(0, −2, 1, 0)} Esercizio 8.11. Sia T : R4 → R5 la funzione lineare definita da
T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (x1 − x2 , x1 + x2 , x2 , x2 + 3x3 , −x1 − x2 )
rispetto alle basi canoniche. a) Trovare una base del nucleo N(T ) e una base dell’immagine Im(T ). b) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva.
194
8. APPLICAZIONI LINEARI
c) Per quali valori di k ∈ R il vettore vk = (k, 2, 1 − k, 4, −2) appartiene all’immagine di T ? Soluzione: Ricordiamo che Im(T ) `e generata da T (e1 ) = (1, 1, 0, 0, −1),
T (e2 ) = (−1, 1, 1, 1, −1)
T (e3 ) = (0, 0, 0, 3, 0),
T (e4 ) = (0, 0, 0, 0, 0)
Quindi la dimensione di Im(T ) equivale al rango della matrice associata a tali vettori. Inoltre vk appartiene all’immagine di T se vk ∈ hT (e1 ), T (e2 ), T (e3 ), T (e4 )i. Per rispondere a tutte le tre domande riduciamo a gradini la matrice associata al sistema lineare necessario per rispondere al punto c). 1 −1 0 0 | k 1 −1 0 0 | k 1 1 0 0 | 2 II − I 0 2 0 0 | 2 − k 0 1 0 0 | 1 − k ⇒ 0 1 0 0 | 1 − k ⇒ 0 1 3 0 | 4 IV − III 0 0 3 0 | 3 + k −1 −1 0 0 | −2 V + II 0 0 0 0 | 0 1 −1 0 0 | k 0 2 0 0 | 2 − k 2III − II 0 0 0 0 | −k 0 0 3 0 | 3 + k 0 0 0 0 | 0
a) Dalla matrice dei coefficienti ridotta ricaviamo che questa ha rango 3 e che le prime tre colonne sono linearmente indipendenti dim(Im(T )) =rg(A) = 3 B(Im(T )) = {T (e1 ), T (e2 ), T (e3 )}
= {(1, 1, 0, 0, −2), (−1, 1, 1, 1, 0), (0, 0, 0, 3, 0)}
Inoltre dal teorema di nullit`a pi` u rango sappiamo che
dim(N(T )) + dim(Im(T )) = dim(spazio di partenza) Quindi dim(N(T )) = 4 − dim(Im(T )) = 4 − 3 = 1 Per ricavare esplicitamente la base B(N(T )) notiamo che v = x1 e1 + x2 e2 + x3 e3 + x4 e4 ∈ N(T ) sse
T (v) = x1 T (e1 ) + x2 T (e2 ) + x3 T (e3 ) + x4 T (e4 ) = 0 Quindi gli elementi del nucleo sono le soluzioni del sistema omogeneo associato a T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ) e T (e4 ). In sostanza basta risolvere il sistema omogeneo associato alla matrice ridotta precedentemente a gradini: 1 −1 0 0 | 0 x1 = 0 0 2 0 0 | 0 x = 0 x1 − x2 = 0 2 0 0 0 0 | 0 ⇒ 2x2 = 0 ∀t ∈ R ⇒ x = 0 3 0 0 3 0 | 0 3x3 = 0 x4 = t 0 0 0 0 | 0 Quindi
B(N(T )) = { (0, 0, 0, 1) } Anche senza utilizzare il teorema di nullit`a pi` u rango potevamo ricavare esplicitamente da qui la dimensione del nucleo. b) Abbiamo visto al punto precedente che dim(Im(T )) = 3 < 5 = dim(R5 ) ⇒ T non `e suriettiva
dim(N(T )) = 1 6= 0 ⇒ T non `e iniettiva
2. SOLUZIONI
195
c) Il vettore vk ∈ Im(T ) se il sistema impostato all’inizio `e compatibile. Dalla terza riga della matrice ridotta a gradini vediamo che deve essere k = 0. In tale caso il rango della matrice completa e incompleta `e 3, quindi il sistema `e compatibile. Calcoliamo le soluzioni (anche se non era effettivamente richiesto) risolvendo il sistema: x1 = 1 x = 1 x1 − x2 = 0 2 ∀t ∈ R ⇒ 2x2 = 2 x 3=1 3x3 = 3 x4 = t Quindi
v0 = T (1, 1, 1, t)
∀t ∈ R
Esercizio 8.12. Sia T : R3 → R4 la funzione lineare definita da: T (x1 , x2 , x3 ) = (2kx1 − x2 , x2 + kx3 , x1 + x2 − x3 , x1 − x2 ) a) Trovare le dimensioni del nucleo e dell’immagine di T al variare del parametro reale k. b) Stabilire per quali valori di k il vettore v = (3, 3, 1, 0) appartiene all’immagine di T . Soluzione: La matrice associata a T rispetto alla base canonica `e 2k −1 0 0 1 k A= 1 1 −1 1 −1 0
Per rispondere alla domanda a) dobbiamo in sostanza calcolare il rango di A, mentre per rispondere alla domanda b) dobbiamo stabilire quando il sistema A|v ammette soluzione. Riduciamo quindi a gradini la matrice A|v: 2k −1 0 | 3 IV 1 −1 0 | 0 1 −1 0 | 0 0 1 k | 3 2 −1 | 1 1 −1 | 1 ⇒ III 1 ⇒ II − I 0 1 0 1 −1 | 1 II 0 1 k | 3 1 k | 3 1 −1 0 | 0 IV − 2kI 0 −1 + 2k 0 | 3 I 2k −1 0 | 3 1 −1 0 | 0 0 2 −1 | 1 ⇒ 0 0 2k + 1 | 2III − II 5 2IV − (2k − 1)III 0 0 2k − 1 | −2k + 7 Conviene forse interrompere la riduzione a questo punto.
a) 2k + 1 e 2k − 1 non possono essre contemporaneamente nulli, quindi la matrice A ha sempre rango 3: dim (Im(T )) = rg(A) = 3
dim (N(T )) = 3 − 3 = 0
∀k ∈ R
b) Il sistema A|v ammette soluzione quando rg(A) = rg(A|v). Abbiamo appena visto che rg(A) = 3, quindi il sistema ammette soluzione se anche rg(A|v) = 3, cio`e se det(A|v) = 0. Calcoliamo quindi il determinante della matrice ridotta: 1 −1 0 | 0 0 2 −1 | 1 = 1 · 2 · [(2k + 1)(−2k + 7) − (2k − 1) · 5] det 0 0 2k + 1 | 5 0 0 2k − 1 | −2k + 7 = 2 · (−4k 2 + 2k + 12)
Risolvendo l’equazione di secondo grado vediamo che il determinante si annulla per k = −3, 4. Infine v appartiene all’immagine di T quando k = −3, 4. In alternativa si poteva completare la riduzione a gradini di A|v.
196
8. APPLICAZIONI LINEARI
Esercizio 8.13. Sia T la funzione lineare da R3 a R3 con matrice associata 2 1 0 A = 0 −1 1 2 −1 2
rispetto alle basi canoniche. a) Determinare basi dell’immagine Im(T ) e del nucleo N (T ). b) Stabilire per quale valore di k il vettore vk = (k, k, k) appartiene all’immagine di T .
Soluzione: Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice A affiancata dalla dal vettore vk .: 2 1 0 | k 2 1 0 | k 0 −1 1 | 0 −1 1 | k ⇒ k III − 2II 0 0 0 | −2k III − I 0 −2 2 | 0 a) Considerando solo la matrice dei coeficienti otteniamo
B(Im(T )) = {(2, 0, 2), (0, 1, 2)}
Risolvendo il sistema omogeneo associato a A otteniamo x = t y = −2t ⇒ B(N (T )) = (1, −2, 2) z = −2t
b) Il sistema associato a A|vk diventa 2x + y = k −y + z = k 0 = −2k
⇒
e ammette soluzione solamente se k = 0. Quindi vk appartiene a Im(T ) se k = 0.
Esercizio 8.14. Sia T : R4 → R4 la funzione lineare definita da:
T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (x2 + 3x3 , −2x3 + x4 , 0, x1 − x2 + x4 )
rispetto alle basi canoniche. a) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva b) Trovare una base del nucleo N(T ) e una base dell’immagine Im(T ). Soluzione: La matrice associata a T `e
Di conseguenza
0 1 0 0 A= 0 0 1 −1
3 −2 0 0
IV 1 0 1 ⇒ I 0 II 0 0 III 0 1
−1 0 1 3 0 −2 0 0
1 0 1 0
dim(Im(T )) = rg(A) = 3 < 4 ⇒ T non `e suriettiva
Inoltre
B(Im(T )) = {(0, 0, 0, 1), (1, 0, 0, −1), (3, −2, 0, 0)}
dim(N(T )) = 4 − dim(Im(T )) = 4 − 3 = 1 ⇒ T non `e iniettiva
Per trovare il nucleo risolviamo il sistema omogeneo associato ad A: x1 1 −1 0 1 | 0 x1 − x2 + x4 = 0 0 1 x2 3 0 | 0 ⇒ 0 0 −2 1 | 0 ⇒ x2 + 3x3 = 0 x3 −2x3 + x4 = 0 0 0 0 0 | 0 x 4
= −5t = −3t =t = 2t
∀t ∈ R
2. SOLUZIONI
197
Quindi dim(N(T )) = 1 ⇒ T non `e iniettiva
B(N(T )) = {(−5, −3, 1, 2)}
Esercizio 8.15. Sia T l’endomorfismo di R3 cos definito: T (x1 , x2 , x3 ) = (2x1 + x3 , −2x1 + x2 + x3 , x2 + 2x3 ). a) Scrivere la matrice associata a T rispetto alle basi canoniche e determinare il nucleo e l’immagine di T . b) Stabilire se T `e iniettiva. Trovare, al variare del parametro reale k, tutti i vettori v tali che T (v) = (3, 3, k). Soluzione: La matrice associata a T rispetto alle basi canoniche `e 2 0 1 A = −2 1 1 0 1 2
Per risponedere alla domanda b) dobbiamo risolvere il sistema A · (x, y, z)T direttamente a gardini la matrice A affiancata dalla colonna (3, 3, k)T : 2 2 0 1 | 3 2 0 1 | 3 0 −2 1 1 | 3 ⇒ II + I 0 1 2 | 6 ⇒ III − II 0 0 1 2 | k 0 1 2 | k
= (3, 3, k)T ; riduciamo quindi 0 1 0
1 | 2 | 0 |
3 6 k−6
a) Considerando la matrice A otteniamo che una base dell’immagine di T `e data da B(Im(T )) = {(2, −2, 0), (0, 1, 1)} Risolvendo il sistema Ax = 0 otteniamo 1 ( x = − 2 t 2x + z = 0 ⇒ y = −2t y + 2z = 0 z=t
⇒
B(N(T )) =
1 − , −2, 1 2
b) T non `e iniettiva in quanto il nucleo di T ha dimensione 1. Risolviamo il sistema Ax = (3, 3, k)T . Il sistema ha soluzione solo se k = 6 quando otteniamo 3 1 ( x = 2 − 2 t 2x + z = 3 ⇒ y = 6 − 2t y + 2z = 6 z=t
Infine (3, 3, k) appartiene all’imangine di T solo se k = 6. In tale caso i vettori v tali che 3 1 T (v) = (3, 3, k) sono i vettori del tipo v = , 6, 0 + − , −2, 1 t, ∀t ∈ R. 2 2 1 Notiamo che i vettori del tipo − , −2, 1 t sono gli elementi del nucleo. Infatti se v0 = 2 3 , 6, 0 e w ∈ N(T ), poich´e T (v0 ) = (3, 3, 6), allora T (v0 + w) = T (v0 ) + T (w) = (3, 3, 6) + 2 (0, 0, 0) = (3, 3, 6).
Esercizio 8.16. Si consideri il seguente endomorfismo di R
4
T (x, y, z, w) = (−x + z, 2y, x − 2z, w) a) Si determino le dimensioni di immagine e nucleo di T e si stabilisca se T `e invertibile. b) Si determini l’inversa T −1 . Soluzione:
198
8. APPLICAZIONI LINEARI
Consideriamo la matrice M (T ) associata a T rispetto −1 0 M (T ) = 1 0
alla base canonica: 0 1 0 2 0 0 0 −2 0 0 0 1
Notiamo che det(A) = 2 6= 0, quindi T `e invertibile. Per rispondere ad entrambe le domande riduciamo M (T ) a gradini, affiancondola alla matrice identica: −I 1 0 −1 0 | −1 0 0 0 −1 0 1 0 | 1 0 0 0 0 2 0 0 | 0 1 0 0 0 2 0 0 | 0 1 0 0 1 0 −2 0 | 0 0 1 0 ⇒ III + I 0 0 −1 0 | 1 0 1 0 ⇒ 0 0 0 1 | 0 0 0 1 0 0 0 1 | 0 0 0 1 I − III 1 0 0 0 | −2 0 −1 0 1 1/2II 0 0 2 0 1 0 0 | 0 −III 0 0 1 0 | −1 0 −1 0 0 0 0 1 | 0 0 0 1
a) La matrice M (T ) ha rango 4, quindi Im(T ) ha dimensione 4 e T `e suriettiva. Analogamente il nucleo di T ha dimensione 4 − rg(A) = 0, quindi T e iniettiva. Poich´e T `e sia iniettiva che suriettiva, T `e biiettiva e quindi invertibile. b) La matrice M T −1 associata all’endomorfismo T −1 `e l’inversa della matrice M (T ). Dai calcoli precedenti −2 0 −1 0 1 0 1 0 0 −1 2 y, −x − z, w e T (x, y, z, w) = −2x − z, M T −1 = −1 0 −1 0 2 0 0 0 1
Esercizio 8.17. a) Verificare che le relazioni T (1, 1, 1) = (−1, 2),
T (0, 1, 1) = (0, 4),
T (1, 1, 0) = (2, 1)
definiscono un’unica applicazione lineare T da R3 a R2 . b) Scrivere la matrice rappresentativa di T rispetto alla basi canoniche. c) Trovare basi di Im(T ) e di N (T ). Soluzione: a) E’ sufficiente verificare che l’insieme {v1 = (1, 1, 1), v2 = (0, 1, 1), v3 = (1, 1, 0)} su cui `e definita la relazione costituisce una base di R3 : 1 0 1 det 1 1 1 = −1 6= 0 1 1 0
La matrice ha determinante diverso da zero, quindi ha rango 3 e l’insieme costituisce una base di R3 . b) Dobbiamo determinare le immagini degli elementi ei della base canonica di R3 . Dal momento che conosciamo T (vi ), i = 1, 2, 3, dobbiamo esprimere ogni ei come combinazione lineare dei vettori vi . Senza la necessit` a di risolvere sistemi, `e immediato verificare che e1 = v 1 − v 2 ,
e3 = v 1 − v 3 ,
e2 = v 2 − e3 = v 2 − v 1 + v 3
Per la linearit`a di T ricaviamo ora le immagini degli elementi della base canonica: T (e1 ) = T (v1 ) − T (v2 ) = T (1, 1, 1) − T (0, 1, 1) = (−1, 2) − (0, 4) = (−1, −2)
T (e3 ) = T (v1 ) − T (v3 ) = T (1, 1, 1) − T (1, 1, 0) = (−1, 2) − (2, 1) = (−3, 1)
T (e2 ) = T (v2 ) − T (v1 ) + T (v3 ) = T (0, 1, 1) − T (1, 1, 1) + T (1, 1, 0) = (0, 4) − (−1, 2) + (2, 1) = (3, 3)
2. SOLUZIONI
199
Quindi la matrice associata a T rispetto alla base canonica `e: −1 3 −3 A= −2 3 1 c) Riduciamo a gradini la matrice A
−1 3 II − 2I 0 −3
Una base dell’immagine `e quindi:
−3 7
B(Im(T )) = {T (e1 ) = (−1, −2), T (e2 ) = (3, 3)} Risolviamo ora il sistema omogeneo associato a A: ( x = 4t −x + 3y − 3z = 0 7 7 ⇒ y = 3 t ⇒ B(N (T )) = 4, , 1 3 −3y + 7z = 0 z=t
Esercizio 8.18. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (2x, y, 0) Dato il vettore w = (2, −1, 1), calcolare T (w). Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. Calcolare T (w) utilizzando la matrice A. Determinare la dimensione e una base degli spazi vettoriali Im(T ) e N(T ). Verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } con v1 = (1, 0, 1), v2 = (0, 1, −1), v3 = (1, 1, −1) `e una base di R3 . (6) Determinare la matrice B associata a T rispetto alla base B dello spazio di partenza e alla base canonica E dello spazio di arrivo, cio`e MBE (T ). (7) Determinare le componenti del vettore w = (2, −1, 1) rispetto alla base B. (8) Calcolare T (w) utilizzando la matrice B. (1) (2) (3) (4) (5)
Soluzione: (1) Per calcolare T (w) basta applicare la definizione: T (2, −1, 1) = (2 · 2, −1, 0) = (4, −1, 0) (2) Per calcolare A dobbiamo calcolare l’immagine dei vettori della base canonica: T (e1 ) = T (1, 0, 0) = (2, 0, 0) T (e2 ) = T (0, 1, 0) = (0, 1, 0) T (e3 ) = T (0, 0, 1) = (0, 0, 0) La matrice A ha come colonne T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ): 2 0 0 A = 0 1 0 0 0 0
(3) Utilizzando la matrice A si ottiene
2 T (w) = A · w = 0 0
0 0 2 4 1 0 · −1 = −1 0 0 1 0
Notiamo che abbiamo ottenuto lo stesso risultato del punto (1). (4) L’immagine di T `e generata dai vettori colonna di A:
Im(T ) = h T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ) i = h (2, 0, 0), (0, 1, 0) i Dalla matrice A, gi` a ridotta a gradini, notiamo che solamente T (e1 ) e T (e2 ) sono linearmente indipendenti, di conseguenza l’immagine `e uno spazio vettoriale generato da due vettori: dim (Im(T )) = 2 B (Im(T )) = {(2, 0, 0), (0, 1, 0)}
200
8. APPLICAZIONI LINEARI
Il nucleo di T `e formato da quei vettori dello spazio di partenza R3 la cui immagine attraverso T `e il vettore nullo: N(T ) = (x, y, z) ∈ R3 | T (v) = (0, 0, 0)
Il N(T ) `e quindi formato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a A: 2x = 0 x = 0 ⇒ ∀t ∈ R y=0 y=0 0=0 z=t Di conseguenza
N(T ) = {(0, 0, 1) · t | t ∈ R} = h (0, 0, 1) i dim (N(T )) = 1
B (N(T )) = {(0, 0, 1)}
(5) Per verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , una base di R3 calcoliamo il rango della 1 0 1 1 0 1 0 1 ⇒ III − I 0 1 −1 −1
v3 } con v1 = (1, 0, 1), v2 = (0, 1, −1), v3 = (1, 1, −1) `e matrice che ha per colonne i tre vettori: 0 1 1 0 1 0 1 1 1 1 ⇒ III + II 0 0 −1 −1 −2
La matrice ha 3 pivot, quindi ha rango 3, e l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } `e una base di R3 . (6) Per determinare la matrice B associata a T rispetto alla base B dello spazio di partenza e rispetto alla base E dello spazio di arrivo, come al punto (2), calcoliamo l’immagine di v1 , v2 e v3 attraverso T: T (v1 ) = T (1, 0, 1) = (2, 0, 0) T (v2 ) = T (0, 1, −1) = (0, 1, 0)
T (v3 ) = T (1, 1, −1) = (2, 1, 0)
Notiamo che tali immagini (appartenenti allo spazio di arrivo) sono espresse come richiesto rispetto alla base canonica. La matrice B ha quindi come colonne T (v1 ), T (v2 ), T (v3 ): 2 0 2 B = MBE (T ) = 0 1 1 0 0 0
(7) Per determinare le componenti (x, y, z) di w rispetto alla base B dobbiamo esprimere w come combinazione lineare degli elementi di B. Dobbiamo quindi risolvere l’eaquazione xv1 + yv2 + zv3 = w
Consideriamo la matrice associata: 1 0 1 | 2 1 0 1 | 2 0 1 0 1 1 | −1 ⇒ 1 | −1 ⇒ 1 −1 −1 | 1 III − I 0 −1 −2 | −1 1 0 1 | 2 x = 0 0 1 1 | −1 ⇒ y = −2 ⇒ w = 0v1 − 3v2 + 2v3 III + II 0 0 −1 | −2 z=2
e w ha componenti (0, −3, 2)B rispetto alla base B = {v1 , v2 , v3 }.
Come metodo alternativo possiamo calcolare la matrice P = MBC di transizione da B a C, ovvero la matrice che ha per colonne i vettori di B espressi rispetto a C: 1 0 1 1 P = 0 1 1 −1 −1 Per esprimere w rispetto a B dobbiamo prima da C a B: 0 1 P −1 = −1 2 1 −1
calcolare P −1 = MCB , la matrice di transizione 1 1 −1
2. SOLUZIONI
Di conseguenza
0 1 wB = P −1 · wT = −1 2 1 −1
201
1 2 0 1 −1 = −3 −1 1 2
e w ha componenti (0, −3, 2)B rispetto alla base B = {v1 , v2 , v3 }: w = 0v1 − 3v2 + 2v3 (8) Avendo espresso w in termini della base B la matrice B: 2 T (w) = B · w = 0 0
= {v1 , v2 , v3 } possiamo ora calcolare T (w) utilizzando 0 1 0
4 0 2 1 · −3 = −1 0 2 0
Notiamo che abbiamo ottenuto lo stesso risultato del punto (1) e del punto (3).
Esercizio 8.19. Sia T : R3 → R2 l’applicazione lineare tale che T (x, y, z) = (2x, y + z) (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10)
Verificare che T `e un’applicazione lineare. Dato il vettore w = (1, 1, 1), calcolare T (w). Determinare la matrice A = M (T ) associata a T rispetto alla base canonica. Calcolare T (w) utilizzando la matrice A. Determinare la dimensione e una base degli spazi vettoriali Im(T ) ⊆ R2 e N(T ) ⊆ R3 . Verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } con v1 = (2, 1, 0), v2 = (0, 1, 0), v3 = (1, 0, 1) `e una base di R3 . Determinare la matrice B = MBC associata a T rispetto alla base B di R3 e alla base canonica di R2 . Determinare la matrice P di cambiamento di base dalla base canonica C alla base B. Determinare le componenti del vettore w = (1, 1, 1) rispetto alla base B utilizzando la matrice P (o meglio P −1 ). Calcolare T (w) utilizzando la matrice B.
Soluzione: (1) Si tratta di verificare che: • T (x1 , y1 , z1 ) + T (x2 , y2 , z2 ) = T (x1 + x2 , y1 + y2 , z1 + z2 ),
∀xi , yi , zi ∈ R. Infatti:
T (x1 , y1 , z1 ) + T (x2 , y2 , z2 ) = (2x1 , y1 + z1 ) + (2x2 , y2 + z2 ) = (2x1 + 2x2 , y1 + y2 + z1 + z2 ) T (x1 + x2 , y1 + y2 , z1 + z2 ) = (2(x1 + x2 ), y1 + y2 + z1 + z2 ) = (2x1 + 2x2 , y1 + y2 + z1 + z2 ) • T (λ(x, y, z)) = λ T (x, y, z),
∀x, y, z ∈ R, ∀λ ∈ R Infatti:
T (λ(x, y, z)) = T (λx, λy, λz) = (2λx, λy + λz) λT (x, y, z) = λ(2x, y + z) = (2λx, λy + λz) (2) Per calcolare T (w) basta applicare la definizione: T (1, 1, 1) = (2 · 1, 1 + 1) = (2, 2) (3) Per calcolare A dobbiamo calcolare l’immagine dei vettori della base canonica: T (e1 ) = T (1, 0, 0) = (2, 0),
T (e2 ) = T (0, 1, 0) = (0, 1),
La matrice A ha come colonne T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ): 2 0 0 A= 0 1 1
T (e3 ) = T (0, 0, 1) = (0, 1)
202
8. APPLICAZIONI LINEARI
(4) Utilizzando la matrice A si ottiene
2 T (w) = A · w = 0
1 0 0 2 · 1 = 1 1 2 1
Ovviamente abbiamo ottenuto lo stesso risultato del punto 2. (5) L’immagine di T `e generata dai vettori colonna di A:
Im(T ) = h T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ) i = h (2, 0), (0, 1), (0, 1) i Dalla matrice A si vede che dim (Im(T )) = rg(A) = 2,
B (Im(T )) = {(2, 0), (0, 1)}
Il nucleo di T `e formato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a A: ( x = 0 2x = 0 ⇒ y = −t ∀t ∈ R y+z =0 z=t
Di conseguenza
N(T ) = {(0, −1, 1) · t | t ∈ R} = h (0, −1, 1) i dim (N(T )) = 1
B (N(T )) = {(0, −1, 1)} (6) Per verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } con v1 = (2, 1, 0), v2 = (0, 1, 0), v3 = (1, 0, 1) `e una base di R3 calcoliamo il rango della matrice che ha per colonne i tre vettori: 2 0 1 2 0 1 1 1 0 ⇒ 2II − I 0 2 −1 0 0 1 0 0 1
La matrice ha 3 pivot, quindi ha rango 3, e l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } `e una base di R3 . (7) Per determinare la matrice B associata a T rispetto alla base B di R3 e alla base canonica di R2 , come al punto (3), calcoliamo l’immagine di v1 , v2 e v3 attraverso T : T (v1 ) = T (2, 1, 0) = (4, 1),
T (v2 ) = T (0, 1, 0) = (0, 1),
T (v3 ) = T (1, 0, 1) = (2, 1)
Notiamo che tali immagini (appartenenti allo spazio di arrivo) sono espresse come richiesto rispetto alla base canonica C. La matrice B ha come colonne T (v1 ), T (v2 ), T (v3 ): 4 0 2 C B = MB (T ) = 1 1 1 (8) La matrice P = MBC di transizione da B a C rispetto a C: 2 P = 1 0
`e la matrice che ha per colonne i vettori di B espressi 0 1 0
1 0 1
Di conseguenza la matrice MCB di transizione da C a B `e l’inversa di P 1 0 − 21 2 1 MCB = P −1 = − 21 1 2 0 0 1
(9) Per esprimere w rispetto a B basta calcolare P −1 · w: 1 0 − 21 1 0 2 1 1 1 wB = P −1 · wT = − 21 1 = 2 1 1 0 0 1 e w ha componenti (0, 1, 1)B rispetto alla base B = {v1 , v2 , v3 }: w = 0v1 + 1v2 + 1v3
2. SOLUZIONI
In alternativa possiamo esprimere w l’equazione vettoriale xv1 + yv2 + zv3 = w 2 0 1 | 1 2 0 1 1 1 0 | 1 ⇒ 0 2 −1 2II − I 0 0 1 | 1 0 0 1 w = 0v1 + 1v2 + 1v3
⇒
203
come combinazione lineare di v1 , v2 , v3 risolvendo la cui matrice associata `e: | 1 2x + z = 1 x = 0 | 1 ⇒ 2y − z = 1 ⇒ y = 1 ⇒ | 1 z=1 z=1
w = (0, 1, 1)B
(10) Avendo espresso w in termini della base B = {v1 , v2 , v3 } possiamo ora calcolare T (w) utilizzando la matrice B: 0 2 4 0 2 T (w) = B · w = · 1 = 2 1 1 1 1
Notiamo che abbiamo ottenuto lo stesso risultato del punto (2) e del punto (4), in quanto T (w) ∈ Im(T ) ⊆ R2 , e anche lavorando con la matrice B abbiamo mantenuto come base di R2 la base canonica.
Esercizio 8.20. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare tale che T (x, y, z) = (2x + y, x + y, y + kz) dove k ∈ R `e un parametro reale. (1) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. (2) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale Im(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k. (3) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale N(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k. (4) Stabilre se il vettore v = (3, −1, −5) appartiene a Im(T ) al variare del parametro k. In caso positivo esprimere v come combinazione lineare degli elementi della base di Im(T ) trovata. Soluzione: (1) Si tratta di calcolare le immagini dei vettori della base canonica: T (1, 0, 0) = (2, 1, 0) T (0, 1, 0) = (1, 1, 1) T (0, 0, 1) = (0, 0, k) Di conseguenza
2 1 A = 1 1 0 1
0 0 k
(2) Per determinare la dimensione e una base dell’immagine di 2 1 0 2 0 ⇒ 2II − I 0 1 0 ⇒ III − II 0 0 1 k
T riduciamo la matrice A a gradini. 1 0 1 0 0 k
Si tratta ora di distinguere due casi • Se k 6= 0 la matrice ha rango 3, di conseguenza i tre vettori sono linearmente indipendenti dim (Im(T )) = 3, B (Im(T )) = {(2, 1, 0), (1, 1, 1), (0, 0, k)}
Notiamo che in questo caso Im(T ) = R3 , infatti Im(T ) `e un sottospazio di R3 di dimensione 3 che quindi coincide necessariamente con lo spazio stesso. • Se k = 0 la matrice ha rango 2. In particolare risultano linearmente indipendenti la prima e seconda colonna della matrice ridotta, quindi dim (Im(T )) = 2,
B (Im(T )) = {(2, 1, 0), (1, 1, 1)}
204
8. APPLICAZIONI LINEARI
(3) Per il teorema di nullit`a pi` u rango: dim (N(T )) = 3 − dim (Im(T ))
Anche in questo caso bisogna distinguere due casi: • Se k 6= 0 abbiamo visto che dim (Im(T )) = 3, quindi dim (N(T )) = 3 − 3 = 0
ovvero
N(T ) = {(0, 0, 0)}
• Se k = 0 abbiamo visto che dim (Im(T )) = 2, quindi dim (N(T )) = 3 − 2 = 1
In questo caso per determinare N(T ) dobbiamo risolvere il sistema omogeneo a cui `e associata la matrice A. Prendendo la matrice ridotta e sostituendo k = 0 otteniamo ( 2 1 0 | 0 x = 0 2x + y = 0 0 1 0 | 0 ⇒ ⇒ y=0 ∀t ∈ R y=0 0 0 0 | 0 z=t Di conseguenza
N(T ) = {(x, y, z) = (0, 0, 1)t | t ∈ R} dim(N(T )) = 1
B(N(T )) = {(0, 0, 1)}
(4) Il vettore w appartiene a Im(T ) se w `e combinazione lineare di T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ). Si tratta perci` o di risolvere il sistema lineare a cui `e associata la matrice A, con il vettore w come colonna dei termini noti. In questo caso dobbiamo ripetere la riduzione a gradini: 2 1 0 | 3 2 1 0 | 3 2 1 0 | 3 1 1 0 | −1 ⇒ 0 1 0 | −5 ⇒ 0 1 0 | −5 2II − I 0 1 k | −5 III − II 0 0 k | 0 0 1 k | −5
Anche in questo caso dobbiamo distinguere due casi. • Se k 6= 0 abbiamo gi` a osservato che Im(T ) = R3 , quindi w appartiene necessariamente a Im(T ). Inoltre risolvendo il sistema otteniamo: x = 4 2x + y = 3 ⇒ y = −5 y = −5 z=0 kz = 0 ovvero w ∈ Im(T ):
w = 4(2, 1, 0) − 5(1, 1, 1)
• Se k = 0 abbiamo scelto come base di Im(T ) i vettori T (e1 ) e T (e2 ) corrispondenti alle prime due colonne di A. Quindi `e sufficiente risolvere il sistema lineare x T (e1 ) + y T (e2 ) = w ovvero il sistema a cui `e associata la matrice formata dalle prime due colonne di A dopo avere sostituito k = 0: ( ( 2 1 | 3 0 1 | −5 ⇒ 2x + y = 3 ⇒ x = 4 y = −5 y = −5 0 0 | 0 ovvero w ∈ Im(T ):
w = 4(2, 1, 0) − 5(1, 1, 1)
Esercizio 8.21. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare tale che
T (x, y, z) = (x + y, kx + y + z, kx + y + kz)
dove k ∈ R `e un parametro reale. (1) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. (2) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale Im(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k.
2. SOLUZIONI
205
(3) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale N(T ) ⊆ R3 al variare del parametro k. (4) Stabilre se il vettore v = (0, 1, −1) appartiene a Im(T ) al variare del parametro k. In caso positivo esprimere v come combinazione lineare degli elementi della base di Im(T ) trovata. Soluzione: (1) Si tratta di calcolare le immagini dei vettori della base canonica: T (1, 0, 0) = (1, k, k) T (0, 1, 0) = (1, 1, 1) T (0, 0, 1) = (0, 1, k) Di conseguenza
1 A = k k
1 1 1
0 1 k
(2) Per determinare la dimensione e una base dell’immagine di T riduciamo la matrice a gradini: 1 1 0 II − kI 0 1 − k 1 III − II 0 0 k−1
Si tratta ora di distinguere due casi • Se k 6= 1 la matrice ha rango 3, di conseguenza i tre vettori sono linearmente indipendenti dim (Im(T )) = 3, B (Im(T )) = {(1, k, k), (1, 1, 1), (0, 1, k)} Notiamo che in questo caso Im(T ) = R3 , infatti Im(T ) `e un sottospazio di R3 di dimensione 3 che quindi coincide necessariamente con lo spazio stesso. • Se k = 1 la matrice ha rango 2. In particolare risultano linearmente indipendenti la prima e terza colonna della matrice. Quindi B (Im(T )) = {(1, 1, 1), (0, 1, 1)}
dim (Im(T )) = 2,
Notiamo che per k = 1 (1, k, k) = (1, 1, 1). (3) Per il teorema di nullit`a pi` u rango: dim (N(T )) = 3 − dim (Im(T )) Anche in questo caso bisogna distinguere due casi: • Se k 6= 1 abbiamo visto che dim (Im(T )) = 3, quindi dim (N(T )) = 3 − 3 = 0 ovvero N(T ) = {(0, 0, 0)} • Se k = 1 abbiamo visto che dim (Im(T )) = 2, quindi dim (N(T )) = 3 − 2 = 1 In questo caso per determinare N(T ) dobbiamo risolvere il sistema omogeneo a cui `e associata la matrice A. Prendendo la matrice ridotta: ( 1 1 0 | 0 x = −t 0 0 1 | 0 ⇒ x + y = 0 ⇒ y = t ∀t ∈ R z=0 0 0 0 | 0 z=0 Di conseguenza
N(T ) = {(x, y, z) = (−1, 1, 0)t | t ∈ R} dim(N(T )) = 1
B(N(T )) = {(−1, 1, 0)}
206
8. APPLICAZIONI LINEARI
(4) Il vettore w appartiene a Im(T ) se w `e combinazione lineare di T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ). Si tratta perci` o di risolvere il sistema lineare a cui `e associata la matrice A, con il vettore w come colonna dei termini noti. In questo caso dobbiamo ripetere la riduzione a gradini: 1 1 0 | 0 1 1 0 | 0 k 1 1 | 1 ⇒ II − kI 0 1 − k 1 | 1 III − II 0 0 k − 1 | −2 k 1 k | −1
Anche in questo caso dobbiamo distinguere due casi. • Se k 6= 1 abbiamo gi` a osservato che Im(T ) = R3 , quindi w appartiene necessariamente a Im(T ). Inoltre risolvendo il sistema otteniamo: k+1 x = (k − 1)2 x + y = 0 k+1 (1 − k)y + z = 1 ⇒ y = − (k − 1)2 (k − 1)z = −2 −2 z = k−1 ovvero w ∈ Im(T ): w=
k+1 k+1 2 · (1, k, k) − · (1, 1, 1) − · (0, 1, k) (k − 1)2 (k − 1)2 k−1
• Se k = 1 abbiamo scelto come base di Im(T ) i vettori T (e1 ) = T (e2 ) e T (e3 ). Quindi `e sufficiente risolvere il sistema lineare y T (e2 ) + z T (e3 ) = w ovvero il sistema: y = 0 z=1 0 = −2 In questo caso il sistema contiene l’equazione 0 = −2 impossibile, quindi non ammette soluzioni e w non appartiene a Im(T ).
Esercizio 8.22. Sia T : R2 → R3 l’applicazione lineare tale che T (x, y) = (kx + 4y, x + ky, y) dove k ∈ R `e un parametro reale. Stabilire se T `e iniettiva e/o suriettiva al variare del parametro k. Soluzione: Notiamo innanzittutto che • T `e iniettiva se N(T ) = {(0, 0)}, ovvero se dim(N(T )) = 0. • T `e suriettiva se Im(T ) = R3 , ovvero se dim(Im(T )) = 3. Si tratta quindi di trovare immagine e nucleo di T . Calcoliamo T (e1 ) e T (e2 ) per determinare la matrice associata a T : T (e1 ) = (k, 1, 0) T (e2 ) = (4, k, 1) Quindi
k A = 1 0
Riduciamo la matrice A a gradini. 1 II 1 k 0 ⇒ III 0 1 ⇒ III − kI 0 I k 4 Abbiamo ottenuto che rg(A) = 2, quindi
4 k 1
1 k k 0 1 1 ⇒ 2 2 III − (4 − k )II 0 0 4−k
dim (Im(T )) = 2 < 3 = dim(R3 ) ⇒ T non `e suriettiva
2. SOLUZIONI
207
Notiamo che lo stesso risultato lo potevamo ottenere osservando che Im(T ) = hT (e1 ), T (e2 )i
quindi dim (Im(T )) ≤ 2 < 3 = dim(R3 ). In nessun caso infatti una applicazione lineare T : R2 → R3 pu` o essere suriettiva. Per il teorema di nullit`a pi` u rango dim(N(T )) = dim(R2 ) − dim (Im(T )) = 2 − 2 = 0
Quindi
N(T ) = {(0, 0)} ⇒ T `e iniettiva
Lo stesso risultato lo potevamo ottenere risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A: ( ( 1 k | 0 0 1 | 0 ⇒ x + ky = 0 ⇒ x = 0 ⇒ N(T ) = {(0, 0)} y=0 y=0 0 0 | 0
Esercizio 8.23. Sia T : R4 → R4 l’applicazione lineare definita dalla matrice 5k 1 3k + 4 0 k + 1 0 0 0 A = M (T ) = 3 k+5 1 k + 3 2k 2 0 k 0 a) Discutere l’iniettivit` a e suriettivit` a di T al variare del parametro reale k. b) Determinare la dimensione di immagine e nucleo di T al variare di k.
Soluzione: a) T `e suriettiva se Im(T ) = R4 , cio`e se dim(Im(T )) = rg(A) = 4. Inoltre T `e iniettiva se N(T ) = {(0, 0, 0, 0)}, cio`e se dim(N(T )) = 4 − rg(A) = 0. Si tratta perci`o di calcolare il rango di A. Utilizziamo il calcolo del determinante, che sviluppiamo rispetto alla quarta colonna: 5k 1 3k + 4 0 det(A) = −1 · (k + 3) · det k + 1 0 2 2k 0 k 1 3k + 4 = −1 · (−1) · (k + 3) · (k + 1) · det = (k + 3) · (k + 1) · k 0 k – Se k 6= −3, −1, 0, allora det(A) 6= 0 e rg(A) = 4. Quindi ⇒
dim(Im(T )) = rg(A) = 4
dim(N(T )) = 4 − rg(A) = 0
– Se k = −3, −1 o 0, allora
dim(Im(T )) = rg(A) ≤ 3
⇒
dim(N(T )) = 4 − rg(A) ≥ 1
b) Abbiamo gi` a visto la dimensione di immagine altri casi. – Se k = −3 allora det(A) = 0 e rg(A) ≤ 3. −15 1 −2 0 A= 3 2 18 0 In A troviamo una −15 det −2 3
Quindi rg(A) = 3 e
T `e suriettiva
⇒
T `e iniettiva
T non `e suriettiva ⇒
T non `e iniettiva
e nucleo per k 6= −3, −1, 0. Consideriamo ora gli Inoltre A diventa −5 0 0 0 1 0 −3 0
sottomatrice 3 × 3 che ha determinante non nullo: 1 −5 1 −5 0 0 = 2 · det = 2(1 + 10) = 22 6= 0 2 1 2 1
dim(Im(T )) = rg(A) = 3
dim(N(T )) = 4 − rg(A) = 1
208
8. APPLICAZIONI LINEARI
– Se k = −1 allora det(A) = 0 e rg(A) ≤ 3. −5 1 0 0 A= 3 4 2 0
Inoltre A diventa 1 0 0 0 1 2 −1 0
In A troviamo una sottomatrice 3 × 3 che ha determinante non nullo: 1 1 0 1 0 det 4 1 2 = 1 · det = 2 6= 0 4 2 0 −1 0
Quindi rg(A) = 3 e
dim(N(T )) = 4 − rg(A) = 1
dim(Im(T )) = rg(A) = 3
– Se k = 0 allora det(A) = 0 e rg(A) ≤ 3. Inoltre A diventa 0 1 4 0 1 0 0 0 A = M (T ) = 3 5 1 3 0 0 0 0
In A troviamo una sottomatrice 3 × 3 che ha determinante non nullo: 0 1 4 1 4 = 1 − 20 = −19 6= 0 det 1 0 0 = 1 · det 5 1 3 5 1 Quindi rg(A) = 3 e
dim(N(T )) = 4 − rg(A) = 1
dim(Im(T )) = rg(A) = 3
Esercizio 8.24. Sia T : R4 → R3 l’applicazione lineare tale che
T (x, y, z, w) = (−x − y + z + w, −x + 2y − z, −x + y + 3z − 3w)
a) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. b) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale Im(T ) ⊆ R3 . c) Determinare la dimensione e una base dello spazio vettoriale N(T ) ⊆ R4 Soluzione: a) Calcoliamo l’immagine degli elementi della base canonica di R4 : T (e1 ) = (−1, −1, −1) Quindi
b) Poich`e
T (e2 ) = (−1, 2, 1)
T (e3 ) = (1, −1, 3)
T (e4 ) = (1, 0, −3)
−1 −1 1 A = −1 2 −1 −1 1 3
1 0 −3
Im(T ) = hT (e1 ), T (e2 ), T (e3 ), T (e4 )i
ovvero Im(T ) `e generato dai vettori colonna di A, per determinarne dimensione e base riduciamo la matrice A a gradini: −1 −1 1 1 −1 −1 1 1 1 1 −2 ⇒ II − I 0 3 −2 −1 ⇒ 1/2III 0 II 0 3 −2 −1 III − I 0 2 2 −4 −1 −1 1 1 −1 −1 1 1 0 0 1 1 −2 ⇒ 1 1 −2 III − 3II 0 1/5III 0 0 −5 5 0 −1 1 LA matrice A ha rango 3, quindi
dim(Im(T )) = 3
2. SOLUZIONI
209
Inoltre le prime tre colonne di A sono linearmente indipendenti quindi possiamo prendere come base di Im(T ) i tre vettori T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ): B(Im(T )) = {T (e1 ), T (e2 ), T (e3 )}
= {(−1, −1, −1), (−1, 2, 1), (1, −1, 3)}
Notiamo che in questo caso Im(T ) `e un sottospazio di R3 di dimensione 3, quindi Im(T ) = R3 (e T `e suriettiva). c) Gli elementi di N(T ) sono i vettori di R4 , soluzione del sistema omogeneo a cui `e associata la matrice A. Prendiamo la matrice gi` a ridotta a gradini: x=t −1 −1 1 1 | 0 y = t −x − y + z + w = 0 0 1 1 −2 | 0 ⇒ y + z − 2w = 0 ∀t ∈ R ⇒ 0 0 −1 1 | 0 z = t −z + w = 0 w=t Quindi
N(T ) = {(1, 1, 1, 1)t | t ∈ R} dim(N(T )) = 1
B(N((T )) = {(1, 1, 1, 1)} Notiamo che, come ci aspettavamo dal teorema di nullit`a pi` u rango: dim(N(T )) + dim(Im(T )) = 4 = dim(R4 ) Esercizio 8.25. Sia T : R4 → R3 l’applicazione lineare tale che T (x, y, z, w) = (x − 2y + 3z, x − y + (k + 3)z + 2w, 2x − 3y + (k + 6)z + (k + 1)w) dove k `e un parametro reale. Stabilire se esistono valori di k per cui T `e iniettiva e/o suriettiva. Soluzione: Ricordiamo che • T `e iniettiva se N(T ) = {(0, 0, 0, 0)}, ovvero se dim(N(T )) = 0 • T `e suriettiva se Im(T ) = R3 , ovvero se dim(Im(T )) = 3.
Si tratta quindi di trovare immagine e nucleo di T . Calcoliamo l’immagine degli elementi della base canonica per determinare la matrice associata a T : T (e1 ) = (1, 1, 2), T (e3 ) = (3, k + 3, k + 6), Quindi
1 −2 A = 1 −1 2 −3
Riduciamo la matrice A a gradini. 1 −2 3 II − I 0 1 k III − 2I 0 1 k Dobbiamo ora distinguere due casi
T (e2 ) = (−2, −1, −3)
T (e4 ) = (0, 2, k + 1) 3 0 k+3 2 k+6 k+1
1 −2 3 0 0 1 k 2 ⇒ III − II 0 0 0 k+1
0 2 k−1
• Se k 6= 1, allora rg(A) = 3, quindi
dim (Im(T )) = 3 = dim(R3 ) ⇒ T `e suriettiva
• Se k = 1, allora rg(A) = 2, quindi
dim (Im(T )) = 2 < 3 = dim(R3 ) ⇒ T non `e suriettiva
210
8. APPLICAZIONI LINEARI
Per il teorema di nullit`a pi` u rango dim(N(T )) = dim(R4 ) − dim (Im(T ))
Quindi • Se k 6= 1 allora
dim(N(T )) = 4 − 3 = 1
• Se k = 1 allora
dim(N(T )) = 4 − 2 = 2
In nessuno dei due casi si ha dim(N(T )) = 0, quindi T non `e mai iniettiva. Notiamo che Im(T ) ⊆ R3 , quindi dim(Im(T )) ≤ 3 e dim(N(T )) = 4 − dim(Im(T )) ≥ 4 − 3 = 1
quindi sicuramente T : R4 → R3 non `e iniettiva. Lo stesso risultato lo potevamo ottenere senza il sistema omogeneo associato alla matrice A: 1 −2 3 0 | 0 1 k 2 | 0 0 0 k−1 | Quindi
• Se k 6= 1:
x = (−2k − 3)t y = −kt z=t w=0
e dim(N(T )) = 1. • Se k = 1: x = −5s − 4t y = −s − 2t z = s w=t
utilizzare il teorema di nullit`a pi` u rango, ma risolvendo 0 x − 2y + 3z = 0 0 ⇒ y + kz + 2w = 0 0 (k − 1)w = 0
⇒ N(T ) = {(−2k − 3, −k, 1, 0)t | t ∈ R}
⇒ N(T ) = {(−5, −1, 1, 0)s + (−4, −2, 0, 1)t | s, t ∈ R}
e dim(N(T )) = 2.
Esercizio 8.26. Sia T : R3 → R2 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x − y, 2x − 3y)
a) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva. b) Trovare le dimensioni del nucleo e dell’immagine di T .
Soluzione: Ricaviamo la matrice A associata all’applicazione T calcolando le immagini degli elementi della base canonica di R3 : T (e1 ) = T (1, 0, 0) = (1, 2) T (e2 ) = T (0, 1, 0) = (−1, −3)
T (e3 ) = T (0, 0, 1) = (0, 0) quindi
1 A= 2
−1 0 −3 0
Rispondiamo ad entrambi i quesiti contemporaneamente ricordando che un’applicazione `e iniettiva se il suo nucleo contiene solo il vettore nullo, ovvero se dim(N(T )) = 0, ed `e suriettiva se la sua immagine `e tutto lo spazio di arrivo, ovvero in questo caso se dim(Im(T )) = 2.
2. SOLUZIONI
Poich`e la matrice A contiene la sottomatrice
1 2
211
−1 −3
di determinante −1 6= 0, la matrice A ha rango 2. Quindi • dim(Im(T )) = 2 ⇒ T `e suriettiva. • Per il teorema di nullit`a pi` u rango: dim(N(T )) = 3 − 2 = 1 ⇒ T non `e iniettiva.
Esercizio 8.27. Sia k un parametro reale e sia T l’endomorfismo di R4 definito da T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (2x1 , x1 + x2 + x3 + 3x4 , −kx1 + x3 , x3 + kx4 ) a) Determinare basi del nucleo e dell’immagine di T al variare del parametro k. b) Si dica se T `e iniettivo e/o suriettivo.
Soluzione: Determiniamo la matrice associata a T calcolando T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ) e T (e4 ): 2 0 0 0 1 1 1 3 A= −k 0 1 0 0 0 1 k a) Riduciamo A a gradini:
1/2I 1 II − 1/2I 0 III + k/2I 0 0
0 1 0 0
1 0 0 0 1 3 ⇒ 0 1 0 IV − III 0 1 k
0 1 0 0
0 0 1 3 1 0 0 k
Il nucleo di T `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a A: x = 0 y + z + 3w = 0 z = 0 kw = 0
Dobbiamo distinguere due casi: – Se k 6= 0 otteniamo: x=0 y = 0 z=0 w=0 – Se k = 0 otteniamo: x=0 y = −3t z = 0 w=t
⇒ N(T ) = { (0, 0, 0, 0) }
∀t ∈ R
⇒ B(N(T )) = { (0, −3, 0, 1) }
Una base dell’Immagine di T `e data dai vettori linearmente indipendenti di A. Anche in questo caso dobbiamo distinguere due casi: – Se k 6= 0 la matrice A ha rango 4, quindi B(Im(T )) = { (2, 1, −k, 0), (0, 1, 0, 0), (0, 1, 1, 1), (0, 3, 0, k) } – Se k = 0 la matrice A ha rango 3 e in particolare risultano linearmente indipendenti i primi tre vettori: B(Im(T )) = { (2, 1, 0, 0), (0, 1, 0, 0), (0, 1, 1, 1) }
212
8. APPLICAZIONI LINEARI
b) Se k 6= 0 il nucleo contiene solo il vettore nullo, quindi T `e iniettiva, e l’immagine ha dimensione 4, quindi T `e suriettiva. Se k = 0 il nucleo ha dimensione 1, quindi T non `e iniettiva, e l’immagine ha dimensione 3, quindi T non `e suriettiva. Esercizio 8.28. Sia T : R3 → R2 la funzione lineare T (x1 , x2 , x3 ) = (ax1 + 2ax2 + x3 , bx1 + 2bx2 + x3 ). a) Si determinino gli eventuali valori reali di a e b per i quali T `e suriettiva. b) Si trovi una base del nucleo di T al variare di a e b. Soluzione: Determiniamo la matrice A associata a T calcolando l’immagine degli elementi della base canonica: T (e1 ) = T (1, 0, 0) = (a, b) T (e2 ) = T (0, 1, 0) = (2a, 2b) T (e3 ) = T (0, 0, 1) = (1, 1)
⇒
A=
a b
2a 2b
1 1
Per rispondere a entrambe le domande riduciamo a gradini la matrice A scambiando prima e terza colonna (ricordando poi tale scambio nella parte b)). Riduciamo a gradini la matrice A: 1 2a a 1 2a a ⇒ II − I 0 2(b − a) b − a 1 2b b a) La funzione lineare T `e suriettiva se dim(Im(T )) = rg(A) = 2, ovvero se a 6= b. b) Per determinare il nucleo di T dobbiamo risolvere il sistema omogeneo associato a A, ricordando che lo scambio di colonne corrisponde allo scambio delle incognite x e z: ( z + 2ay + ax = 0 2(b − a)y + (b − a)x = 0 Dobbiamo distinguere due casi. – Se a 6= b, allora dividendo la seconda equazione per b − a otteniamo ( x = −2t z + 2ay + ax = 0 ⇒ y=t ⇒ B(N(T )) = { (−2, 1, 0) } 2y + x = 0 z=0 – Se a = b allora resta solo la prima equazione: x = s ⇒ B(N(T )) = { (1, 0, −a), (0, 1, −2a) } y=t z = −2at − as 4
3
Esercizio 8.29. Sia T : R → R la funzione lineare definita da T (x) = Ax, con 1 0 −2 3 A = −1 0 1 0 0 1 0 1 a) Stabilire se T `e iniettiva e/o suriettiva. b) Trovare le dimensioni del nucleo e dell’immagine di T .
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice A:
Di conseguenza
1 0 II + I 0 0 0 1
−2 3 1 −1 3 ⇒ III 0 0 1 II 0
0 −2 3 1 0 1 0 −1 3
2. SOLUZIONI
213
b) dim(Im(T )) = rg(A) = 3 dim(N(T )) = 4 − 3 = 1
a) Inoltre
dim(Im(T )) = 3 = dim(R3 ) ⇒ T `e suriettiva dim(N(T )) = 1 6= 0 ⇒ T non `e iniettiva 4
4
Esercizio 8.30. Sia T : R → R la funzione 1 −2 A= 1 0
lineare definita da T (x) = Ax, con 0 −1 1 0 0 0 . 1 0 0 1 −1 1
a) Stabilire se T invertibile. b) Trovare basi del nucleo e dell’immagine di T .
Soluzione: a) T invertibile se `e biiettiva, cio`e suriettiva e sostanza T `e invertibile se e solo se lo `e A. Riduciamo a gradini la matrice A: 1 1 0 −1 1 0 1/2II + I III 0 0 −1 1 ⇒ 0 III + 1/2II 0 1 0 0 II IV − III 0 0 1 −1 1
iniettiva, ovvero se la matrice A ha rango 4. In
0 −1 1 0 0 −1 0 −1
1 1 0 0 ⇒ 0 1 IV − III 0 1
0 −1 1 0 0 −1 0 0
1 0 1 0
A ha rango 3 quindi T non `e invertibile. Notiamo che potevamo immediatamente affermare che rg(A) < 4 in quanto A ha la quarta colonna multipla della terza. Probabilmente per rispondere alla domanda a) era pi` u comodo calcolare il determinante di A (che `e immediato sviluppando rispetto alla seconda riga), ma la riduszione ci serviva comunque per il punto successivo. b) Poich`e le prime tre colonne di A contengono un pivot, ne segue che B(Im(T )) = {(1, −2, 1, 0), (0, 0, 1, 1), (−1, 0, 0, −1)}
Per determinare il nucleo di T risolviamo il sistema omogeneo associato a A: x=0 y = 0 x − z + w = 0 ⇒ y=0 z=t −z + w = 0 w=t
Quindi
B (N (T )) = { (0, 0, 1, 1) } Esercizio 8.31. Detto k un paramtro reale, sia k 1 A = 0 2 0 k
10 0 . k
a) Si trovino, al variare di k, nucleo e immagine dell’endomorfismo TA di R3 associato alla matrice A. b) Stabilire per quali valori k ∈ R la funzione lineare TA `e invertibile.
Soluzione: a) Riduciamo a gradini la matrice A:
k 0 2III − kII 0
1 2 0
10 0 2k
214
8. APPLICAZIONI LINEARI
– Se k 6= 0 la matrice ha rango 3, quindi Im(T ) = R3 e N(T ) = {(0, 0, 0)}. – Se k = 0 una base dell’immagine di T `e data dall’insieme {(1, 2, 0), (10, 0, 0)}. Per trovare il nucleo risolviamo il sistema omogeneo associato a A: ( x = t y + 10z = 0 ⇒ y=0 2y = 0 z=0
Quindi una base del nucleo di T `e {(1, 0, 0)}. b) T `e invertibile se A ha rango 3, quindi se k 6= 0. Esercizio 8.32. Si consideri la funzione lineare T 2k 0 k 0 k − 1 −1 0 0
: R4 → R4 definita dalla matrice 2 1 1 1 0 1 0 1
a) Si dica se esistono valori del parametro reale k per i quali T `e iniettiva o suriettiva. b) Si calcoli la dimensione del nucleo N (T ) e dell’immagine Im(T ) al variare di k.
Soluzione: Riduciamo a gradini la matrice scambiando la prima 1 0 2 2k 1 0 2 1 0 1 0 0 −1 k II − I 1 −1 0 k − 1 ⇒ III − II 0 −1 −1 1 0 0 0 IV − II 0 0 −1 Quindi per ogni k
e quarta colonna: 2k 1 0 0 −1 −k III ⇒ 0 0 −1 II −k IV − II 0 0
2 2k −1 −1 −1 −k 0 0
dim(Im(T )) = rg(A) = 3 < 4 e T non `e suriettiva. dim(N (T )) = 4 − rg(A) = 1 e T non `e iniettiva. Esercizio 8.33. Sia T : R4 → R4 la funzione 0 1 A= 0 −2
lineare definita da T (x) = Ax con 1 k 2 1 0 2 1 1 2 0 1 −1
a) Determinare una base del nucleo di T e una base dell’immagine di T al variare del parametro k. b) Dire se T `e iniettiva e/o suriettiva.
Soluzione: Riduciamo A a gradini 1 1 II III 0 1 IV −2 0 0 1 I
scambiando opportunamente le righe: 1 0 0 2 0 2 0 1 1 2 1 2 ⇒ 1 3 III + 2I 0 2 1 −1 IV − II 0 0 k − 1 0 k 2 1 0 0 2 1 0 1 0 1 2 ⇒ ⇒ 0 III − 2II 0 0 −1 −1 IV + (k − 1)III 0 0 0 k−1 0
0 0 2 1 1 2 0 −1 −1 0 0 −k + 1
2. SOLUZIONI
215
a) Il nucleo di T `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a A: x + 2w = 0 y + z + 2w = 0 −z − w = 0 (−k + 1)w = 0 Dobbiamo distinguere due casi: – Se k 6= 1 otteniamo: x = 0 y = 0 z = 0 w=0 – Se k = 1 otteniamo: x = −t y = −t z = −t w=t
∀t ∈ R
⇒ N(T ) = { (0, 0, 0, 0) }
⇒ B(N(T )) = { (−1, −1, −1, 1) }
Una base dell’Immagine di T `e data dai vettori linearmente indipendenti di A. Anche in questo caso dobbiamo distinguere due casi: – Se k 6= 1 la matrice A ha rango 4, quindi B(Im(T )) = { (0, 1, 0, −2), (1, 1, 1, 0), (k, 0, 1, 1), (2, 2, 2, −1) }
In realt`a Im(T ) = R4 . – Se k = 1 la matrice A ha rango 3 e in particolare risultano linearmente indipendenti i primi tre vettori: B(Im(T )) = { (0, 1, 0, −2), (1, 1, 1, 0), (1, 0, 1, 1) } b) Se k 6= 1 il nucleo contiene solo il vettore nullo, quindi T `e iniettiva, e l’immagine ha dimensione 4, quindi T `e suriettiva. Se k = 1 il nucleo ha dimensione 1, quindi T non `e iniettiva, e l’immagine ha dimensione 3, quindi T non `e suriettiva. Esercizio 8.34. Sia f : R3 → R3 l’applicazione lineare definita ponendo 3
3
f (x, y, z) = (x + y − 2z, 3x − z, 2x − y + z)
e sia g : R → R l’applicazione lineare definita ponendo
g(x, y, z) = (x + z, x − y + z, y)
Si trovino le dimensioni dei nuclei delle applicazioni lineari g ◦ f e f ◦ g. Soluzione: Calcoliamo le matrici associate a f e g (rispetto alla base canonica di R3 ): 1 0 1 1 1 −2 M (g) = 1 −1 1 M (f ) = 3 0 −1 0 1 0 2 −1 1
Utilizzando le matrici associate a f e g possiamo calcolare direttamente la matrice associata alle due funzioni composte. Infatti la matrice associata a g ◦ f `e M (g ◦ f ) = M (g) · M (f ) e la matrice associata a f ◦ g `e M (f ◦ g) = M (f ) · M (g). Quindi 1 0 1 1 1 −2 3 0 −1 M (g ◦ f ) = 1 −1 1 · 3 0 −1 = 0 0 0 0 1 0 2 −1 1 3 0 −1 1 1 −2 1 0 1 2 −3 2 M (f ◦ g) = 3 0 −1 · 1 −1 1 = 3 −1 3 2 −1 1 0 1 0 1 2 1
216
8. APPLICAZIONI LINEARI
Per calcolare la dimensione dei nuclei basta calcolare il rango delle matrici. Riducendo a gradini: 3 0 −1 0 0 0 M (g ◦ f ) ⇒ III − I 0 0 0 M (f ◦ g) ⇒ Infine
1 III 1 2 1 I 2 −3 2 ⇒ II − 2I 0 III − 3I 0 II 3 −1 3
1 2 1 0 −7 0 ⇒ III − II 0 −7 0
2 1 −7 0 0 0
dim (N(g ◦ f )) = 3 − rg (M (g ◦ f )) = 3 − 1 = 2
dim (N(f ◦ g)) = 3 − rg (M (f ◦ g)) = 3 − 2 = 1 3
3
Esercizio 8.35. Sia T : R → R la funzione lineare definita da T (x, y, z) = (x + y, 2x − y − z, 2y + z) e sia B = {(1, 2, −4), (0, 1, 1), (1, 0, −7)} una base di R3 . a) Stabilire se T `e iniettivo e/o suriettiva. b) Si determini la matrice MB (T ) associata a T rispetto alla base B Soluzione: Per rispondere alla domanda a) possiamo comunque calcolare prima la matrice associata a T rispetto a B. b) Siano v1 = (1, 2, −4), v2 = (0, 1, 1) e v3 = (1, 0, −7). Il metodo pi` u semplice consiste nel calcolare le tre immagini dei vettori della nuova base e poi trovare le coordinate di questi tre vettori rispetto alla base B = {v1 , v2 , v3 }. T (v1 ) = (3, 4, 0),
T (v2 ) = (1, −2, 3),
T (v3 ) = (1, 9, −7)
Si tratta ora di esprimere tali immagini come combinazioni lineari degli elementi di B, cio`e di risolvere l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = T (vi ) per i = 1, 2, 3. Per risolvere i tre sistemi contemporaneamente riduciamo a gradini la matrice formata dai tre vettori vi affiancata dalla matrice formata dai tre vettori T (vi ) 1 0 1 | 3 1 1 1 0 1 | 3 1 1 2 1 0 | 4 −2 9 ⇒ II − 2I 0 1 −2 | −2 −4 7 III + 4I 0 1 −3 | 12 7 −3 −4 1 −7 | 0 3 −7 1 0 1 | 3 1 1 0 1 −2 | −2 −4 7 ⇒ III − II 0 0 −1 | 14 11 −10 Risolviamo ora i tre sistemi: x = 17 x + z = 3 T (v1 ) : y − 2z = −2 ⇒ y = −30 ⇒ T (v1 ) = (−17, −30, 14)B z = 14 −z = 14 x = 12 x + z = 1 T (v2 ) : y − 2z = −4 ⇒ y = −26 ⇒ T (v2 ) = (12, −26, −11)B z = −11 −z = 11 x + z = 1 x = −9 T (v3 ) : ⇒ T (v3 ) = (−9, 27, 10)B y − 2z = 7 ⇒ y = 27 −z = −11 z = 10 Infine la matrice B associata a T rispetto alla base B `e 17 12 −9 MB (T ) = −30 −26 27 −14 −11 10
2. SOLUZIONI
217
a) Dobbiamo in sostanza calcolare il rango di MB (T ). In alternativa risulta forse pi` u semplice calcolare la matrice M (T ) associata a T rispetto alla base canonica e calcolare poi il rango di questa: 1 1 0 1 1 0 1 1 0 0 −3 −1 M (T ) = 2 −1 −1 ⇒ II − 2I 0 −3 −1 ⇒ 3III + 2II 0 0 0 2 1 1 0 2 1 dim(Im(T )) = rg(M (T )) = 3 ⇒ T `e suriettiva
dim(N (T )) = 3 − rg(M (T )) = 0 ⇒ T `e iniettiva Esercizio 8.36. Sia S : R4 → R3 la funzione lineare S(x1 , x2 , x3 , x4 ) = (3x1 − 2x3 + x4 , 4x1 − 2x2 + 2x3 + 3x4 , x1 + 2x3 + 2x4 ). a) Si trovi una base del nucleo di S e una base dell’immagine di S. b) Sia E la base canonica di R4 e sia B la base di R3 costituita dai vettori v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 0, 0), v3 = (1, 1, 1) Si determini la matrice MEB (S) associata a S. Soluzione: Determiniamo la matrice A associata a S rispetto alle basi canoniche calcolando l’immagine degli elementi della base canonica: S(e1 ) = (3, 4, 1) S(e2 ) = (0, −2, 0) S(e3 ) = (−2, 2, 2) S(e4 ) = (1, 3, 2)
⇒
3 A = M (S) = 4 1
a) Riduciamo a gradini la matrice A: III 1 0 2 2 1 4 −2 2 3 ⇒ II − 4I 0 I 3 0 −2 1 III − 3I 0 Una base dell’Immagine di S `e data da
0 −2 −2 2 0 2
1 3 2
0 2 2 −2 −6 −5 0 −8 −5
B(Im(S)) = {S(e1 ), S(e2 ), S(e3 )} Per trovare una base del nucleo risolviamo il sistema omogeneo: 6 x = t 5 x + 2z + 2w = 0 y = t ⇒ B(N (S)) = {(6, 5, 5, −8)} −2y − 6z − 5w = 0 ⇒ z = t −8z − 5w = 0 w = − 8 t 5
b) La matrice MEB (S) associata a S rispetto alla basecanonica E di R4 e alla base B di R3 ha per colonne la immagini S(e1 ), S(e2 ), S(e3 ) espresse per` o rispetto alla base B. Avendo gi` a calcolato tali immagini, si tratta ora di esprimere S(e1 ), S(e2 ), S(e3 ), S(e4 ) rispetto alla base B. Scriviamo quindi la matrice associata ai 4 sistemi xv1 +yv2 +zv3 = S(ei ), considerando contemporaneamente i quattro vettori: 1 1 1 | 3 0 −2 1 1 1 1 | 3 0 −2 1 0 0 1 | 4 −2 2 3 ⇒ III − I 0 −1 0 | −2 0 4 1 1 0 1 | 1 0 2 2 II 0 0 1 | 4 −2 2 3
218
8. APPLICAZIONI LINEARI
Risolviamo ora i quattro sistemi x + y + z = 3 x = −3 ⇒ y=2 ⇒ S(e1 ) = (−3, 2, 4)B −y = −2 z=4 z=4 x = 2 x + y + z = 0 ⇒ S(e2 ) = (2, 0, −2)B ⇒ y=0 −y = 0 z = −2 z = −2 x + y + z = −2 x = 0 ⇒ y = −4 ⇒ S(e3 ) = (0, −4, 2)B −y = 4 z=2 z=2 x + y + z = 1 x = −1 ⇒ −y = 1 y = −1 ⇒ S(e4 ) = (−1, −1, 3)B z=3 z=3 Infine
−1 −1 3
−3 2 0 0 −4 MEB (S) = 2 4 −2 2
Esercizio 8.37. Sia T la funzione lineare da R3 a R3 definita da T (x, y, z) = (3x − 2y, x + y + z, 2x − 3y − z) a) Determinare basi dell’immagine Im(T ) e del nucleo N (T ). b) Si scriva la matrice associata a T rispetto alla base B = {(2, 1, 0), (1, 1, 0), (0, 1, 1)}. c) Trovare la distanza euclidea tra il punto P = (1, 1, 1) e il nucleo N (T ).
Soluzione: a) Riduciamo a gradini la matrice A associata a T rispetto alla base canonica: 3 −2 0 3 −2 0 3 −2 0 0 5 3 1 ⇒ 3II − I 0 5 3 ⇒ A = 1 1 2 −3 −1 III + II 0 0 0 III − 2II 0 −5 −3 Quindi
B(Im(T )) = {T (e1 ), T (e2 )} = {(3, 1, 2), (−2, 1, −3)} Il nucleo di T `e formato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a A: 2 3 −2 0 | 0 x = 3 t 0 5 3 | 0 ⇒ y = t ∀t ∈ R 5 0 0 0 | 0 z=− t 3
Quindi
B(N (T )) =
2 5 , 1, − 3 3
,
ovvero
B(N (T )) = {(2, 3, −5)}
b) Notiamo che T : R3 → R3 , quindi `e sottinteso che la stessa base B va considerata sia nello spazio di partenza che in quello di arrivo, e MB (T ) `e la matrice che ha per colonne le immagini degli elementi di B, espresse ancora rispetto a B. Chiamiamo v1 , v2 e v3 i tre vettori di B. Dalla definizione di T otteniamo: T (v1 ) = T (2, 1, 0) = (4, 3, 1), T (v2 ) = T (1, 1, 0) = (1, 2, −1),
T (v3 ) = T (0, 1, 1) = (−2, 2, −4)
2. SOLUZIONI
219
Qui per` o le immagini T (vi ) sono espresse rispetto alla base canonica. Per esprimere T (vi ) rispetto alla base B si tratta ora di esprimere tali immagini come combinazioni lineari degli elementi di B, cio`e di risolvere l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = T (vi ) per i = 1, 2, 3. Se (xi , yi , zi ) `e la soluzione di tale equazione, allora le coordinate di T (vi ) rispetto a B sono T (vi ) = (xi , yi , zi )B . Per risolvere i tre sistemi contemporaneamente riduciamo a gradini la matrice formata dai tre vettori vi affiancata dalla matrice formata dai tre vettori T (vi ) 2 1 0 | 4 1 −2 2 1 0 | 4 1 −2 1 1 1 | 3 2 6 2 ⇒ 2II − I 0 1 2 | 2 3 0 0 1 | 1 −1 −4 0 0 1 | 1 −1 −4 Consideriamo ora il sistema associato alle prime 4 colonne: x = 2 2x + y = 4 y + 2z = 2 ⇒ y = 0 z=1 z=1
T (v1 ) = (4, 3, 1) = 2v1 + 0v2 + 1v3 = (2, 0, 1)B
Consideriamo il sistema associato alle prime 3 colonne e alla quinta: x = −2 2x + y = 1 y + 2z = 3 ⇒ y = 5 z = −1 z = −1 T (v2 ) = (1, 2, −1) = −2v1 + 5v2 − 1v3 = (−2, 5, −1)B
Consideriamo il sistema associato alle prime 3 colonne e alla sesta: 2x + y = −2 x = −8 ⇒ y = 14 y + 2z = 6 z = −4 z = −4
T (v3 ) = (−2, 2, −4) = −8v1 + 14v2 − 4v3 = (−8, 14, −4)B
Infine la matrice B associata a T rispetto alla base B `e 2 −2 −8 14 B = 0 5 1 −1 −4
Un metodo alternativo consisteva nell’utilizzare la matrice MCB di cambiamento di base, di transizione da C a B. Sia 1 −1 1 2 1 0 P = MBC = 1 1 1 ⇒ MCB = P −1 = −1 2 −2 ⇒ B = P −1 AP 0 0 1 0 0 1
c) Abbiamo visto al punto a) che il nucleo di T `e la retta x = 2t N (T ) : y = 3t z = −5t
Il piano π perpendicolare a N(T) e passante per P `e π : 2x + 3y − 5z = 0. Inoltre π ∩ N (T ) = A(0, 0, 0). Infine p √ d(N (T ), P ) = d(A, P ) = 12 + 12 + 12 = 3
Esercizio 8.38. Sia B = {v1 = (1, 2, 3), v2 = (1, 0, −1), v3 = (0, 0, 2)} una base di R3 e sia T : R3 → R l’endomorfismo definito dalla matrice 0 4 2 MB (T ) = 6 0 0 . 0 8 4 3
a) Si determini la matrice associata a T rispetto alla base canonica di R3 . b) Si stabilisca se T `e iniettivo e/o suriettivo.
220
8. APPLICAZIONI LINEARI
Soluzione: a) Per utilizzare la matrice MB (T ) dobbiamo esprimere gli elementi della base canonica rispetto a B. Si ricava facilmente che 1 1 e1 = v2 + v3 = 0, 1, 2 2 B 1 1 1 1 , − , −1 e2 = v 1 − v 2 − v 3 = 2 2 2 2 B 1 1 e3 = v3 = 0, 0, 2 2 B Quindi 0 T (e1 ) = 6 0 0 T (e2 ) = 6 0 0 T (e3 ) = 6 0
4 0 8 4 0 8 4 0 8
0 2 5 0 · 1 = 0 = (5, 0, 10)B = 5v1 + 10v3 = (5, 10, 35) 1 4 10 21 2 −4 2 0 · − 12 = 3 = (−4, 3, −8)B = −4v1 + 3v2 − 8v3 = (−1, −8, −31) 4 −8 −1 0 1 2 0 · 0 = 0 = (1, 0, 2)B = v1 + 2v3 = (1, 2, 7) 1 2 4 2
Infine la matrice associata a T rispetto 5 A = 10 35
alla base canonica `e −1 1 −8 2 −31 7
b) Possiamo usare indifferentemente la matrice MB (T ) o la matrice A. Per comodit` a di calcoli usiamo la matrice iniziale. MB (T ) ha due righe uno multiplo dell’altra e rg(MB (T )) = 2. Quindi dim(Im(T )) = 2 e T non `e suriettivo, e dim(N(T )) = 1 e T non `e iniettivo. Esercizio 8.39. Sia T : R3 → R3 la funzione lineare definita da T (x) = Ax, con 1 1 1 A = 0 1 1 1 0 0
a) Si determini la matrice associata a T rispetto alla base costituita dai vettori v1 = (1, 1, 1), v2 = (1, 0, 0), v3 = (0, 0, 1). b) Si trovi una base del nucleo di T .
Soluzione: a) Il metodo pi` u semplice consiste nel calcolare le tre immagini dei vettori della nuova base B = {v1 , v2 , v3 }: T (v1 ) = (3, 2, 1),
T (v2 ) = (1, 0, 1),
T (v3 ) = (1, 1, 0)
e poi trovare le coordinate di questi tre vettori rispetto alla base {v1 , v2 , v3 }. Notiamo che essendo v1 , v2 e v3 particolarmente semplici la risoluzione delle equazioni che danno le coordinate `e immediata: x + y = 3 x = 2 xv1 + yv2 + zv3 = T (v1 ) ⇒ ⇒ ⇒ T (v1 ) = (2, 1, −1)B x=2 y=1 x+z =1 z = −1 x = 0 x + y = 1 ⇒ xv1 + yv2 + zv3 = T (v2 ) ⇒ y = 1 ⇒ T (v2 ) = (0, 1, 1)B x=0 z=1 x+z =1 x = 1 x + y = 1 ⇒ T (v3 ) = (1, 1, −1)B ⇒ xv1 + yv2 + zv3 = T (v3 ) ⇒ y=1 x=1 z = −1 x+z =0
2. SOLUZIONI
221
Dunque la matrice B associata a T rispetto a B = {v1 , v2 , v3 } `e: 2 0 1 MB (T ) = B = 1 1 0 −1 1 −1 Un metodo alternativo usa il cambiamento di base: la matrice MBC di transizione dalla base B alla base canonica C `e la matrice che ha per colonne i tre vettori di B (espressi rispetto a C): 1 1 0 P = MBC = 1 0 0 1 0 1
La matrice MCB di transizione dalla base canonica C alla base B `e quindi la matrice inversa: MCB = P −1 . Per calcolare l’inversa usiamo il metodo della riduzione: 1 0 0 | 0 1 0 1 1 0 | 1 0 0 1 0 0 | 0 1 0 ⇒ II 1 1 0 | 1 0 0 I 1 0 1 | 0 0 1 1 0 1 | 0 0 1 1 0 0 | 0 1 0 ⇒ II − I 0 1 0 | 1 −1 0 III − I 0 0 1 | 0 −1 1
La matrice MCB `e quindi
P −1
0 1 = MCB = 1 −1 0 −1
Di conseguenza la matrice B associata a T 0 MB (T ) = B = P −1 AP = 1 1
0 0 1
rispetto alla nuova base `e 2 0 1 1 0 0 ·P = 1 1 −1 1 −1 −1
P −1 AP : 1 0 −1
Infatti se indichiamo con vB le coordinate di un vettore v rispetto a B e analogamente indichiamo con T (v)B le coordinate del vettore T (v) rispetto a B, allora: B · vB = P −1 AP · vB = P −1 A · v = P −1 · T (v) = T (v)B
b) Per trovare una base del nucleo ci conviene lavorare sulla matrice A in modo da ottenere i vettori direttamente espressi rispetto alla base canonica. Cerchiamo quindi le soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice A: 1 1 1 | 0 1 1 1 | 0 1 1 1 | 0 0 1 1 | 0 0 1 0 1 1 | 0 ⇒ 1 | 0 ⇒ III + II 0 0 0 | 0 III − I 0 −1 −1 | 0 1 0 0 | 0 ( x = 0 x+y+z =0 ⇒ y = −t y+z =0 z=t Quindi una base del nucleo di T `e data dall’insieme { (0, −1, 1) } Esercizio 8.40. Sia T : R2 → R3 l’applicazione definita da T (x, y) = (2x, x − y, 2y), e siano B = {(1, 0), (1, 1) } e B ′ = {(1, 1, 0), (0, 1, 1), (0, 0, 2) } due basi di R2 e R3 rispettivamente. Determinare la ′ matrice A = MBB (T ) associata a T rispetto alle basi B e B ′ . Soluzione: La matrice A cercata ha per colonne le immagini attraverso T degli elementi di B, espressi rispetto a B ′ . Cominciamo a calcolare la immagini: T (1, 0) = (2, 1, 0),
T (1, 1) = (2, 0, 2)
222
8. APPLICAZIONI LINEARI
I vettori cos´ı ottenuti sono per` o espressi rispetto alla base canonica. Indichiamo con u′1 = (1, 1, 0), u′2 = (0, 1, 1), u′3 = (0, 0, 2) gli elementi della base B ′ . Esprimere (2, 1, 0) e (2, 0, 2) rispetto a B ′ equivale a risolvere le due equazioni vettoriali: xu′1 +yu′2 +zu′3 = (2, 1, 0) e xu′1 +yu′2 +zu′3 = (2, 0, 2). Consideriamo quindi la matrice associata a tali sistemi, riducendola con le due colonne dei termini noti contemporaneamente: 1 0 0 | 2 2 1 0 0 | 2 2 1 0 0 | 2 2 1 1 0 | 1 0 ⇒ II − I 0 1 0 | −1 −2 ⇒ 0 1 0 | −1 −2 0 1 2 | 0 2 III − II 0 0 2 | 1 0 1 2 | 0 2 4 Per risolvere l’equazione xu′1 + yu′2 + zu′3 = (2, 1, 0) consideriamo la prima colonna dei termini noti: x=2 x = 2 y = −1 ⇒ y = −1 ⇒ z = 1 2z = 1 2 1 1 T (1, 0) = (2, 1, 0) = 2u′1 − u′2 + u′3 = 2, −1, 2 2 B′
Analogamente per risolvere l’equazione xu′1 + yu′2 + zu′3 = (2, 0, 2) consideriamo la seconda colonna dei termini noti: x = 2 x = 2 y = −2 ⇒ y = −2 ⇒ 2z = 4 z=2 Infine
T (1, 1) = (2, 0, 2) = 2u′1 − 2u′2 + 2u′3 = (2, −2, 2)B′
2 2 A = −1 −2 1 2 2
Esercizio 8.41. Sia V = R3 e siano C e B ′ = {(1, 1, 0), (0, 1, 1), (0, 0, 2) } rispettivamente la base canonica e un’altra base di V . ′ a) Determinare la matrice P = MCB di transizione da C a B ′ . b) Svolgere l’esercizio precedente utilizzando la matrice P . Soluzione: a) La matrice P cercata ha per colonne gli elementi di C espressi rispetto a B ′ . Esprimere gli elementi di C rispetto a B ′ equivale a risolvere le tre equazioni vettoriali x·(1, 1, 0)+y ·(0, 1, 1)+z ·(0, 0, 2) = ei , i = 1, 2, 3. Riduciamo perci` o a gradini la matrice formata dagli elementi di B ′ con le tre colonne dei termini noti contemporaneamente: 1 0 0 | 1 0 0 1 0 0 | 1 0 0 0 1 0 | −1 1 0 ⇒ 1 1 0 | 0 1 0 ⇒ II − I 0 1 2 | 0 0 1 0 1 2 | 0 0 1 1 0 0 | 1 0 0 0 1 0 | −1 1 0 III − II 0 0 2 | 1 −1 1 Per esprimere e1 otteniamo il sistema relativo alla prima colonna: x=1 x = 1 1 y = −1 ⇒ e1 = 1, −1, y = −1 ⇒ 2 B′ z = 1 2z = 1 2 Per esprimere e2 otteniamo il sistema relativo alla seconda colonna: x=0 x = 0 1 y = 1 ⇒ e2 = 0, 1, − ⇒ y=1 2 B′ 1 2z = −1 z=− 2
2. SOLUZIONI
223
Per esprimere e3 otteniamo il sistema relativo alla terza colonna: x=0 x = 0 1 y = 0 ⇒ e3 = 0, 0, ⇒ y=0 2 B′ 1 2z = 1 z= 2 Infine 1 0 0 ′ 1 0 P = MCB −1 1 1 1 − 2 2 2 ′
Notiamo che per calcolare P = MCB potevamo in alternativa calcolare e poi invertire la matrice di transizione da B ′ a C. Infatti MBC′ ha per colonne gli elementi di B ′ espressi rispetto a C: 1 0 0 MBC′ 1 1 0 0 1 2
La matrice P cercata `e l’inversa di tale matrice: 1 0 −1 1 B′ C −1 P = MC = MB ′ = 1 1 − 2 2 b) Nell’esercizio precedente avevamo calcolato T (1, 0) = (2, 1, 0),
0 0 1 2
T (1, 1) = (2, 0, 2) ′
e dovevamo esprimerli rispetto alla base B ′ . Avendo ora calcolato la matrice P = MCB di transizione da C a B ′ , possiamo utilizzare P per calcolare le coordinate cercate: 2 1 0 0 2 1 −1 −1 1 0 T P · (2, 1, 0) = · 1 = ⇒ (2, 1, 0) = 2, −1, 1 1 1 1 2 B′ 0 − 2 2 2 2 1 0 0 2 2 1 0 · 0 = −2 ⇒ (2, 0, 2) = (2, −2, 2) P · (2, 0, 2)T = −1 B′ 1 1 1 2 2 − 2 2 2 La matrice cercata `e quindi: 2 2 A = −1 −2 1 2 2
Esercizio 8.42. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x − z, 2x + y, x − 3y) a) Si determini la matrice MB (T ) associata a T rispetto alla base B costituita dai vettori v1 = (1, 0, 0), v2 = (1, 0, −1), v3 = (0, 1, 1). b) Si trovi una base dell’immagine di T . c) Il determinante di una matrice associata a T pu` o essere nullo? Soluzione: a) Cominciamo con il calcolare le immagini di v1 , v2 , v3 attraverso T : T (v1 ) = (1, 2, 1) T (v2 ) = (2, 2, 1) T (v3 ) = (−1, 1, −3).
224
8. APPLICAZIONI LINEARI
Si tratta ora di esprimere tali immagini in funzione della base B, ovvero di risolvere i tre sistemi associati a xv1 + yv2 + zv3 = T (v1 ) , xv1 + yv2 + zv3 = T (v2 ) e xv1 + yv2 + zv3 = T (v3 ). Riduciamo quindi a gradini la matrice: 1 1 0 | 1 2 −1 1 1 0 | 1 2 −1 0 0 1 | 2 2 1 ⇒ III 0 −1 1 | 1 1 −3 II 0 0 1 | 2 2 1 0 −1 1 | 1 1 −3
Considerando quindi la differenti colonne di termini noti otteniamo: x + y = 1 x = 0 −y + z = 1 ⇒ y = 1 ⇒ T (v1 ) = 0 · v1 + 1 · v2 + 2 · v3 = (0, 1, 2)B z=2 z=2 x = 1 x + y = 2 −y + z = 1 ⇒ y = 1 ⇒ T (v2 ) = 1 · v1 + 1 · v2 + 2 · v3 = (1, 1, 2)B z=2 z=2 x = −5 x + y = − ⇒ T (v3 ) = −5 · v1 + 4 · v2 + 1 · v3 = (−5 4, 1)B ⇒ y=4 −y + z = −3 z=1 z=1 Infine
0 1 MB (T ) = 1 1 2 2
−5 4 1
b) Cominciamo con il calcolare il rango di MB (T ) riducendola a gradini: II 1 1 4 0 1 −5 I III − 2II 0 0 −7
Quindi MB (T ) ha rango 3 e una base dell’immaginie di T `e formata dai tre vettori che la generano (espressi rispetto alla base canonica): B(Im(T )) = {(1, 2, 1), (2, 2, 1), (−1, 1, −3)}
Un metodo alternativo consisteva nel calcolare la matrice associata a T rispetto alla base canonica e ricavare da questa un’altra base di Im(T ). c) Poich`e la matrice associata a T ha rango 3, ogni altra matrice associata a T rispetto a basi differenti avr`a il medesimo rango e quindi determinante non nullo. Esercizio 8.43. Sia S : R3 → R4 l’applicazione lineare definita da 3
S(x1 , x2 , x3 ) = (x1 + x2 , x2 , x1 , x2 − 3x3 ).
a) Sia B la base di R costituita dai vettori v1 = (1, 1, 1), v2 = (1, 1, 0), v3 = (1, 0, 0) e sia E la base canonica di R4 . Si determini la matrice MBE (S) associata a S. b) Si trovi la dimensione del nucleo di S. Soluzione: a) Si tratta di calcolare le immagini di v1 , v2 , v3 attraverso S. Non `e poi necessario effettuare altre trasformazioni in quanto la base dello spazio di arrivo R4 `e la base canonica E. S(v1 ) = (2, 1, 1, −2) S(v2 ) = (2, 1, 1, 1)
S(v3 ) = (1, 0, 1, 0). Infine
2 1 MBE = 1 −2
2 1 1 1
1 0 1 0
2. SOLUZIONI
225
b) Riduciamo M a gradini per calcolarne il rango
2 2II − I 0 III − II 0 IV + I 0
2 1 0 −1 ⇒ IV 0 1 II 3 1
2 0 0 0
2 2 1 0 3 1 ⇒ 0 0 1 IV + III 0 0 −1
2 3 0 0
1 1 1 0
Quindi MB (T ) ha rango 3 e dim(N (S)) = 3 − rg(M ) = 0 Esercizio 8.44. Sia S : R3 → R3 la funzione lineare associata a:
0 0 0 0 1 2
0 1 3
rispetto alla base B = {(1, 1, 1), (0, 2, 2), (0, 0, 3)} di R3 . a) Si scriva la matrice associata a S rispetto alla base canonica. b) Determinare basi dell’immagine Im(S) e del nucleo N (S).
Soluzione:
a) La matrice cercata ha per colonne S(e1 ), S(e2 ) e S(e3 ). Per determinare tali immagini possiamo procedere in due modi. Se vogliamo utilizzare direttamente la matrice MB (S) dobbiamo scrivere e1 , e2 e e3 rispetto alla base B. Chiamiamo v1 = (1, 1, 1), v2 = (0, 2, 2) e v3 = (0, 0, 3) i tre vettori di B; si tratta quindi di risolvere le tre equazioni xv1 + yv2 + zv3 = ei con i = 1, 2, 3. Riduciamo a gradini la matrice associata alle tre equazioni contemporaneamente:
1 0 1 2 1 2
0 | 0 | 3 |
1 0 0 0 1 0 0 0 1
In realt`a la matrice `e gi` a ridotta (triangolare superiore), quindi possiamo risolvere i tre sistemi.
xv1 + yv2 + zv3 = e1
xv1 + yv2 + zv3 = e2
xv1 + yv2 + zv3 = e3
x = 1 ⇒ x + 2y = 0 x + 2y + 3z = 0 x = 0 ⇒ x + 2y = 1 x + 2y + 3z = 0 x = 0 ⇒ x + 2y = 0 x + 2y + 3z = 1
x = 1 1 1 ⇒ y = −2 ⇒ e1 = 1, − , 0 2 B z=0 x = 0 1 1 ⇒ e2 = 0, , − ⇒ y = 21 2 3 B z = − 31 x = 0 1 ⇒ e3 = 0, 0, ⇒ y=0 3 B z = 13
Possiamo usare ora la matrice MB (S) per calcolare le imamgini di ei , ricordando per`o che il risultato ottenuto `e ancora espresso rispetto rispetto a B, mentre noi dobbiamo esprimerlo rispetto
226
8. APPLICAZIONI LINEARI
alla base canonica:
0 0 S(e1 ) = MB (S) · e1 = 0 0 1 2
1 0 0 1 · − 12 = 0 0 3 0
= (0, 0, 0)B = 0 · v1 + 0 · v2 + 0 · v3 = (0, 0, 0) 0 0 0 0 0 S(e2 ) = MB (S) · e2 = 0 0 1 · 21 = − 31 1 2 3 0 − 13 1 2 2 1 = 0, − , 0 = 0 · v1 − · v2 + 0 · v3 = 0, − , − 3 3 3 3 B 0 0 0 0 0 S(e3 ) = MB (S) · e3 = 0 0 1 · 0 = 13 1 1 2 3 1 3 1 2 11 1 = 0, , 1 = 0 · v1 + · v2 + 1 · v3 = 0, , 3 3 3 3 B Infine
0 A = M (S) = 0 0
0 − 23 − 32
0
2 3 11 3
Un metodo alternativo consiste nel ricavare direttamente le immagini di e1 dalla matrice MB (S), sfruttando la linearit`a di S. Sappiamo infatti che una matrice MB (S) ha per colonne le immagini degli elementi di B espressi ancora rispetto a B. Quindi S(v1 ) = S(1, 1, 1) = (0, 0, 1)B = 0v1 + 0v2 + 1v3 = (0, 0, 3)
S(v2 ) = S(0, 2, 2) = (0, 0, 2)B = 0v1 + 0v2 + 2v3 = (0, 0, 6)
S(v3 ) = S(0, 0, 3) = (0, 1, 3)B = 0v1 + 1v2 + 3v3 = (0, 2, 11)
Abbiamo precedentemente espresso e1 , e2 e e3 come combinazione lineare degli elementi di B:
1 (0, 0, 3) 3 1 1 e2 = (0, 1, 0) = (0, 2, 2) − (0, 0, 3) 2 3 1 e1 = (1, 0, 0) = (1, 1, 1) − (0, 2, 2) 2 Per la linearit`a di S otteniamo quindi: e3 = (0, 0, 1) =
1 1 S(e1 ) = S(v1 ) − S(v2 ) = (0, 0, 3) − (0, 0, 6) = (0, 0, 0) 2 2 1 1 1 2 2 1 S(e2 ) = S(v2 ) − S(v3 ) = (0, 0, 6) − (0, 2, 11) = 0, − , − 2 3 2 3 3 3 1 2 11 S(e3 ) = S(v3 ) = 0, , 3 3 3 Infine la matrice associata a S rispetto alla base canonica `e: 0 0 0 A = M (S) = 0 − 32 23 0 − 32 11 3
b) Conviene utilizare la matrice A in modo da ottenere vettori gi` a espressi rispetto alla base canonica. In questo caso non `e necessario procedere con la riduzione a gradini. Infatti `e evidente che la sottomatrice formata dalle ultime due colonne ha rango 2, quindi una base dell’immagine di S `e quella formata da S(e2 ) e S(e3 ), oppure da un loro multiplo: B(Im(S)) = { (0, 2, 11), (0, 2, 2) } Dal teorema di nullit`a pi` u rango sappiamo che il nucleo ha dimensione uno e avendo trovato che S(e1 ) = 0, quindi e1 appartiene al nucleo, possiamo concludere che una base del nucleo di S
2. SOLUZIONI
227
`e B(N (S)) = { (1, 0, 0) } Esercizio 8.45. Sia S : R3 → R3 la funzione lineare
S(x1 , x2 , x3 ) = (2x1 − 2x2 + x3 , −2x1 + 2x2 − 3x3 , −2x1 + 2x2 + x3 )
a) Si trovi una base del nucleo di S e una base dell’immagine di S. b) Sia E la base canonica di R3 e sia B la base di R3 costituita dai vettori v1 = (1, 1, 0), v2 = (1, 0, 1), v3 = (0, 1, 1)
Si determini la matrice MBE (S) associata a S. Soluzione: Determiniamo la matrice A associata a S calcolando l’immagine S(e1 ) = (2, −2, −2) 2 S(e2 ) = (−2, 2, 2) ⇒ A = −2 S(e3 ) = (1, −3, 1) −2 a) Riduciamo a gradini la matrice 2 II + I 0 III + I 0
A:
degli elementi della base canonica: −2 1 2 −3 2 1
−2 1 2 0 −2 ⇒ −1/2II 0 0 2 III + II 0
−2 1 0 1 0 0
Una base dell’Immagine di S `e data dai vettori corrispondenti alle colonne che contengono i pivot,cio`e alla prima e terza colonna: B(Im(S)) = {S(e1 ), S(e3 )} {(2, −2, −2), ((1, −3, 1)}
Per trovare una base del nucleo risolviamo il sistema omogeneo: ( x = t 2x − 2y + z = 0 ⇒ y=t ⇒ B(N (S)) = {(1, 1, 0)} z=0 z=0
b) La matrice MBE (S) associata a S ha per colonne le immagini di B espresse rispetto a E, cio`e in sostanza le immagini di B: S(v1 ) = (0, 0, 0),
quindi
S(v2 ) = (3, 5, −1),
0 3 MBE (S) = 0 5 0 −1
S(v3 ) = (−1, −1, 3)
−1 −1 3
2
Esercizio 8.46. Sia V = R e siano B = C = { (1, 0), (0, 1) } e B ′ = {(1, 1), (1, 0) } due basi di V . ′
a) Determinare la matrice P = MBB di transizione da B a B ′ . b) Determinare le coordinate di v = (2, 1) utilizzando la matrice P .
Soluzione: ′
a) La matrice P = MBB di transizione da B a B ′ ha per colonne i vettori di B espressi rispetto a B ′ . Anche se in questo caso i conti per fare ci`o sono piuttosto semplici, pu` o risultare pi` u conveniente determinare la matrice inversa P −1 = MBB′ di transizione da B ′ a B che ha per colonne i vettori di B ′ espressi rispetto a B. Infatti B `e la base canonica, quindi i vettori di B ′ sono gi` a espressi rispetto a B, quindi 1 1 P −1 = 1 0 Per calcolare P basta ora invertire P −1 : 1 1 | 1 0 II 1 0 | ⇒ 1 0 | 0 1 I 1 1 |
1 0 0 1 ⇒ II − I 0 1 1 0
| |
0 1
1 −1
228
8. APPLICAZIONI LINEARI
Infine
0 1 P = 1 −1
b) Per esprimere v rispetto a B ′ basta calcolare: 0 1 2 1 T P ·v = = 1 −1 1 1 Quindi v = (1, 1)B′ , ovvero v = 1 · (1, 1) + 1 · (1, 0).
3
Esercizio 8.47. Sia V = R e siano C e B ′ = {(1, 1, 0), (0, 1, 1), (0, 0, 2) } rispettivamente la base canonica e un’altra base di V . ′
a) Determinare la matrice P = MCB di transizione da C a B ′ . b) Sia T : R2 → R3 l’applicazione definita da T (x, y) = (2x, x − y, 2y). Utilizzando la matrice P ′ determinare la matrice A = MCB (T ) associata a T rispetto alle basi C e B ′ . Soluzione: ′
a) La matrice P = MCB di transizione da C a B ′ ha per colonne gli elementi di C espressi rispetto a B ′ . Anzicch´e procedere come nell’esercizio precedente invertendo la matrice MBC′ formata dagli elementi di B ′ (espressi automaticamente rispetto a C), questa volta calcoliamo direttamente P . Esprimere gli elementi di C rispetto a B ′ equivale a risolvere le tre equazioni vettoriali x · (1, 1, 0) + y · (0, 1, 1) + z · (0, 0, 2) = ei , i = 1, 2, 3. Riduciamo perci`o a gradini la matrice formata dagli elementi di B ′ con le tre colonne dei termini noti contemporaneamente: 1 0 0 | 1 0 0 1 0 0 | 1 0 0 1 1 0 | 0 1 0 ⇒ 0 1 0 | −1 1 0 ⇒ II − I 0 1 2 | 0 0 1 0 1 2 | 0 0 1 1 0 0 | 1 0 0 0 1 0 | −1 1 0 III − II 0 0 2 | 1 −1 1 Per esprimere e1 otteniamo il sistema relativo alla prima colonna: x=1 x = 1 1 y = −1 ⇒ y = −1 ⇒ e1 = 1, −1, 2 B′ z = 1 2z = 1 2 Per esprimere e2 otteniamo il sistema relativo alla seconda colonna: x=0 x = 0 1 y = 1 ⇒ ⇒ e = 0, 1, − y=1 2 2 B′ z = − 1 2z = −1 2 Per esprimere e3 otteniamo il sistema relativo alla terza colonna: x=0 x = 0 1 y = 0 ⇒ ⇒ e3 = 0, 0, y=0 2 B′ z = 1 2z = 1 2 Infine 1 0 0 ′ 1 0 P = MCB = −1 1 1 1 − 2 2 2 ′
b) La matrice A = MCB (T ) ha per colonne le immagini degli elementi di C espressi rispetto a B ′ . Calcoliamo quindi T (1, 0) = (2, 1, 0),
T (0, 1) = (0, −1, 2),
2. SOLUZIONI
229
′
espressi rispetto alla base canonica. Conoscendo la matrice P = MCB di transizione da C a B ′ , possiamo utilizzare P per calcolare le coordinate cercate dei vettori trovati rispetto a B ′ : 2 1 0 0 2 1 −1 −1 1 0 T P · (2, 1, 0) = · 1 = ⇒ (2, 1, 0) = 2, −1, 1 1 1 1 2 B′ 0 − 2 2 2 2 1 0 0 0 0 3 −1 1 0 T P · (0, −1, 2) = · −1 = −1 ⇒ (0, −1, 2) = 0, −1, 1 1 1 2 B′ 3 2 − 2 2 2 2 La matrice cercata `e quindi: 2 0 A = −1 −1 1 2
3 2
Esercizio 8.48. Sia T : R3 ⇒ R3 cos`ı definita: T (x, y, z) = (x + 2y + 3z, 3y + z, 4z). a) Determinare la matrice A associata a T rispetto alla base canonica. b) Determinare la matrice B associata a T rispetto alla base
B = {v1 = (1, 0, 0), v2 = (1, 1, 0), v3 = (5, 3, 3)} . Soluzione: a) T (e1 ) = (1, 0, 0) 1 T (e2 ) = (2, 3, 0) ⇒ A = M (T ) = 0 T (e3 ) = (3, 1, 4) 0
2 3 3 1 0 4
b) Per risolvere la seconda parte possiamo procedere in due modi. – Calcoliamo le immagini dei vettori vi della nuova base: T (v1 ) = (1, 0, 0),
T (v2 ) = (3, 3, 0),
T (v3 ) = (20, 12, 12)
Si tratta ora di esprimere i vettori trovati rispetto alla base B risolvendo le tre equazioni: x = 1 x + y + 5z = 1 ⇒ y = 0 ⇒ T (v1 ) = (1, 0, 0)B xv1 + yv2 + zv3 = T (v1 ) ⇒ y + 3z = 0 z=0 3z = 0 x = 0 x + y + 5z = 3 ⇒ y = 3 ⇒ T (v2 ) = (0, 3, 0)B xv1 + yv2 + zv3 = T (v2 ) ⇒ y + 3z = 3 z=0 3z = 0 x + y + 5z = 20 x = 0 xv1 + yv2 + zv3 = T (v3 ) ⇒ y + 3z = 12 ⇒ y = 0 ⇒ T (v3 ) = (0, 0, 4)B 3z = 12 z=4 Quindi la matrice associata a T rispetto alla 1 B = MB (T ) = 0 0
base B `e 0 0 3 0 0 4
– Un altro metodo consiste nel cercare le matrici di cambiamento di base: la matrice MBC di transizione dalla base B alla base canonica C `e la matrice che ha per colonne i tre vettori di B (espressi rispetto a C): 1 1 5 P = MBC = 0 1 3 0 0 3
230
8. APPLICAZIONI LINEARI
La matrice MCB di transizione dalla base canonica C alla base B `e quindi la matrice inversa: MCB = P −1 . Per calcolare l’inversa usiamo il metodo della riduzione: 1 1 5 | 1 0 0 1 1 5 | 1 0 0 0 1 3 | 0 1 0 ⇒ II − III 0 1 0 | 0 1 −1 1 0 0 3 | 0 0 1 0 0 1 | 0 0 13 3 III 1 0 5 | 1 −1 1 1 0 0 | 1 −1 − 23 I − 5III I − II 0 1 0 | 0 1 −1 ⇒ 0 1 0 | 0 1 −1 ⇒ 1 1 0 0 1 | 0 0 0 0 1 | 0 0 3 3 La matrice MCB `e quindi
P −1
1 −1 = MCB = 0 1 0 0
− 32 −1 1 3
Di conseguenza la matrice B associata a T rispetto alla nuova base `e P −1 AP : 1 0 0 B = MB (T ) = P −1 AP = 0 3 0 0 0 4 Esercizio 8.49. Sia T : R3 ⇒ R3 l’applicazione 1 A = 3 6
lineare definita da: −3 3 −5 3 −6 4
a) Verificare che l’insieme B = {v1 = (1, 1, 0), v2 = (−1, 0, 1), v3 = (1, 1, 2)} `e una base di R3 . b) Determinare la matrice associata a T rispetto alla base B.
Soluzione: a) Basta verificare che la matrice formata dai tre vettori ha rango 3, ovvero determinante diverso da zero: 1 −1 1 det 1 0 1 = 1 · (−1) − 1 · (−3) = 2 6= 0 0 1 2
Quindi v1 , v2 e v3 sono lineramente indipendenti e formano una base di R3 . b) Come nell’esercizio precedente si pu` o procedere in due modi. Utilizziamo il primo. Calcoliamo le immagini dei vettori vi della nuova base: T (v1 ) = A · v1 = (−2, −2, 0)
T (v2 ) = A · v2 = (2, 0, −2) T (v3 ) = A · v3 = (4, 4, 8)
Si tratta ora di esprimere i vettori trovati rispetto alla base B. Notiamo per`o come la cosa `e immediata: T (v1 ) = T (1, 1, 0) = (−2, −2, 0) = −2v1
⇒ T (v1 ) = (−2, 0, 0)B
T (v3 ) = T (1, 1, 2) = (4, 4, 8) = 4v3
⇒ T (v3 ) = (0, 0, 4)B
T (v2 ) = T (−1, 0, 1) = (2, 0, −2) = −2v2
Quindi la matrice associata a T rispetto alla base B `e −2 0 0 B = MB (T ) = 0 −2 0 0 0 4
⇒ T (v2 ) = (0, −2, 0)B
Notiamo che volendo utilizzare il secondo metodo la matrice MBC di transizione dalla base B alla base canonica C `e la matrice che ha per colonne i tre vettori di B (espressi rispetto a C): 1 −1 1 P = MBC = 1 0 1 0 1 2
2. SOLUZIONI
231
La matrice MCB di transizione dalla base canonica C alla base B `e quindi la matrice inversa: MCB = P −1 . Di conseguenza la matrice B associata a T rispetto alla nuova base `e P −1 AP : −2 0 0 B = MB (T ) = P −1 AP = 0 −2 0 0 0 4
Poich´e la matrice MB (T ) ottenuta `e diagonale, la matrice di transizione P tale che P −1 AP = MB (T ) `e detta diagonalizzante.
Esercizio 8.50. Sia B = {v1 = (1, 0, 1), v2 = (0, −1, 0), v3 = (2, 0, 0)} una base di R3 e sia T l’endomorfismo di R3 cos`ı definito: T (v1 ) = (3, 1, 2),
T (v2 ) = (0, 1, 1),
T (v3 ) = (6, 4, 6)
a) Si determini la matrice M (T ) associata a T rispetto alla base canonica. b) Si determini base e dimensione dell’Immagine e del Nucleo di T . c) Si stabilisca per quali valori di k il vettore vk = (k + 1, 0, k) appartiene all’Immagine di T . Soluzione: a) Per determinare T (ei ), dobbiamo ricavare le coordinate di ei rispetto alla base B. Non `e per`o necessario risolvere le tre equazioni xv1 + yv2 + zv3 = ei in quanto seplicemente: 1 v3 , 2
e1 =
e2 = −v2 ,
1 e3 = v 1 − v 3 2
Di conseguenza 1 T (v3 ) = (3, 2, 3) 2 T (e2 ) = −T (v2 ) = (0, −1, −1) 1 T (e3 ) = T (v1 ) − T (v3 ) = (3, 1, 2) − (3, 2, 3) = (0, −1, −1) 2
T (e1 ) =
e
b) Riduciamo M (T ) a gradini
Quindi
1/3I 1 II − 2/3I 0 III − I 0
3 0 M (T ) = 2 −1 3 −1
0 −1 −1
0 0 1 0 −1 −1 ⇒ III − II 0 −1 −1
0 0 −1 −1 0 0
dim(Im(T )) = rg(M (T )) = 2 B(Im(T )) = {(3, 2, 3), (0, −1, −1)} Sappiamo gi` a che dim(N(T )) = 3 − rg(M (T )) = 1. Per determinarne una base risolviamo il sistema omogeneo associato a M (T ): ( x = 0 x=0 ⇒ y = −t ⇒ B(N(T )) = {(0, −1, 1)} −y − z = 0 z=t
c) Il vettore vk = (k + 1, 0, k) appartiene della base in Im(T ): 3 0 | k+1 3 0 2 −1 | 0 ⇒ 3II − 2I 0 −3 3 −1 | k III − I 0 −1
all’Immagine di T se `e combinazione lineare dei vettori | | |
k+1 1 0 −2k − 2 ⇒ III −1 II − 3III 0
0 | −1 | 0 |
0 −1 −2k + 1
232
8. APPLICAZIONI LINEARI
Infine, se k = 21 la matrice completa e incompleta hanno lo stesso rango, quindi il sistema ammette soluzione e vk appartiene a Im(T ), mentre se k 6= 21 , allora rg(A|b) = 3 > rg(A) = 2, quindi il sistema non ammette soluzione e vk non appartiene a Im(T ). Esercizio 8.51. Dati i vettori di R3 v1 = (1, 0, 1),
v2 = (0, 2, 2),
v3 = (1, 1, 0),
si consideri la funzione lineare T : R3 → R3 definita da T (v1 ) = (2, 0, 0),
T (v2 ) = (4, 4, 4),
T (v3 ) = (0, 6, 6)
a) Si determini la matrice M (T ) associata a T rispetto alla base canonica. b) Si determini una base del nucleo e dell’immagine di T . Soluzione: a) Per determinare la matrice M (T ) associata a T rispetto alla base canonica dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della base canonica. A tale scopo dobbiamo prima esprimere i vettori della base canonica come combinazione lineare di v1 , v2 , v3 . Risolviamo le tre equazioni xv1 + yv2 + zv3 = ei , i = 1, 2, 3, riducendo a gradini contemporaneamente le matrici associate ai tre sistemi: 1 0 1 | 1 0 0 1 0 1 | 1 0 0 0 2 1 | 0 1 0 ⇒ 0 2 1 | 0 1 0 ⇒ III − I 0 2 −1 | −1 0 1 1 2 0 | 0 0 1 1 0 1 | 1 0 0 0 2 1 | 0 1 0 III − II 0 0 −2 | −1 −1 1 Di conseguenza
xv1 + yv2 + zv3 = e1
xv1 + yv2 + zv3 = e2
xv1 + yv2 + zv3 = e3
x + z = 1 ⇒ 2y + z = 0 −2z = −1 x + z = 0 ⇒ 2y + z = 1 −2z = −1 x + z = 0 ⇒ 2y + z = 0 −2z = 1
1 x = 2 ⇒ y = − 14 z = 21 1 x = − 2 ⇒ y = 41 z = 12 1 x = 2 1 ⇒ y=4 z = − 12
⇒ e1 =
1 1 1 v1 − v2 + v3 2 4 2
1 1 1 ⇒ e2 = − v 1 + v 2 + v 3 2 4 2
⇒ e3 =
1 1 1 v1 + v2 − v3 2 4 2
Sfruttando la linearit`a di T possiamo ora ricavare le immagini degli elementi della base canonica: 1 1 1 T (v1 ) − T (v2 ) + T (v3 ) = (0, 2, 2) 2 4 2 1 1 1 T (e2 ) = − T (v1 ) + T (v2 ) + T (v3 ) = (0, 4, 4) 2 4 2 1 1 1 T (e3 ) = T (v1 ) + T (v2 ) − T (v3 ) = (2, −2, −2) 2 4 2 Infine la matrice associata a T rispetto alla base canonica `e 0 0 2 M (T ) = 2 4 −2 2 4 −2 T (e1 ) =
In alternativa si poteva untilizzare la matrice di cambiamento di base: 1 1 − 21 1 0 1 2 2 −1 1 1 MBE = 0 2 1 ⇒ MEB = MBE = − 14 4 4 1 1 1 2 0 − 12 2 2
2. SOLUZIONI
Infine
2 4 M (T ) = MEE (T ) = MBE (T ) · MEB = 0 4 0 4
b) Riduciamo M (T ) a gradini:
233
1 0 2 6 · − 14 1 6 2
− 21 1 4 1 2
1 2 1 4 − 12
0 = 2 2
0 2 4 −2 4 −2
1 2 −1 1/2II 1/2I 0 0 1 III − II 0 0 0
Quindi M (T ) ha rango 2 e una base dell’immagine di T `e B (Im(T )) = {(0, 2, 2), (2, −2, −2)} Risolvendo il sistema omogeneo associato a T otteniamo x = −2t y=t z=0 quindi una base del nucleo di T `e
B (N(T )) = {(−2, 1, 0)} 3
4
Esercizio 8.52. Sia T la funzione lineare da R in R che associa ai vettori (1, 1, 0),
(1, −1, 2),
(0, 0, 1)
rispettivamente i vettori (1, 1, 0, 1),
(1, 2, −1, 0),
(0, 0, 1, 1)
a) Stabilire se T `e iniettiva, suriettiva, biunivoca. b) Qual `e l’immagine di v = (2, 0, 3)? Soluzione: a) L’insieme B = {v1 = (1, 1, 0), v2 = (1, −1, 2), v3 = (0, 0, 1)} forma una base di R3 . La matrice associata a T C di R4 `e 1 1 A = MBC (T ) = 0 1
rispetto alla base B di R3 e alla base canonica 1 2 −1 0
0 0 1 1
Poich´e A `e 3×4, dim(Im(T )) = rg(A) ≤ 3 e T non pu` o essere suriettiva e quindi neanche biunivoca. Calcoliamo comunque esplicitamente il rango di A per stabilire se T `e iniettiva. Notiamo che A contiene la sottomatrice 1 1 0 1 2 0 0 −1 1
cha ha determinante non nullo. Di conseguenza rg(A) = 3, dim(N(T )) = 3 − 3 = 0 e T `e iniettiva. b) Per detereminare l’immagine di v, dobbiamo esprimerlo rispetto alla base B risolvendo l’equazione xv1 + yv2 + zv3 = v a cui `e associata la matrice 1 1 0 | 2 1 1 0 | 2 1 1 0 | 2 1 −1 0 | 0 ⇒ II − I 0 −2 0 | −2 ⇒ −1/2II 0 1 0 | 1 0 2 1 | 3 0 2 1 | 3 III + II 0 0 1 | 1 x = 1 x + y = 2 ⇒ y = 1 ⇒ v = v1 + v2 + v3 ⇒ y=1 z=1 z=1
234
8. APPLICAZIONI LINEARI
Per calcolare T (v) possiamo usare direttamente la definizione T (v) = T (v1 + v2 + v3 ) = T (v1 ) + T (v2 ) + T (v3 ) = (1, 1, 0, 1) + (1, 2, −1, 0) + (0, 0, 1, 1) = (2, 3, 0, 2). che:
Esercizio 8.53. Sia E = {e1 , e2 , e3 } la base canonica di R3 . Sia T : R3 → R3 la funzione lineare tale T (e1 ) = 3e1 − e2 + e3 ,
T (e2 ) = e2 − e3 ,
T (e3 ) = 2T (e1 ) + T (e2 )
a) Si calcoli la matrice associata a T rispetto ad E. b) Trovare basi del nucleo e dell’immagine di T e stabilire se T `e invertibile. Soluzione: Dalla definizione otteniamo T (e1 ) = (3, −1, 1)
T (e2 ) = (0, 1, −1)
T (e3 ) = 2T (e1 ) + T (e2 ) = (6, −2, 2) + (0, 1, −1) = (6, −1, 1)
a) La matrice associata a T rispetto alla base canonica `e 3 0 6 A = M (T ) = −1 1 −1 1 −1 1 Riduciamo T a gradini
1/3I 1 0 II + 1/3I 0 1 III + II 0 0
2 1 0
Di conseguenza una base dell’immagine di T `e B (Im(T )) = {(3, −1, 1), (0, 1, −1)}. Per trovare il nucleo risolviamo il sistema omogeno associato a T : ( x = −2t x + 2z = 0 ⇒ y = −t y+z =0 z=t
e una base del nucle di T `e B (N(T )) = {(−2, −1, 1)}. b) Dai conti svolti nel punto precedente vediamo che A ha rango 2, quindi non `e invertibile. Altrettanto l’endomorfismo T non `e invertibile. che:
Esercizio 8.54. Sia E = {e1 , e2 , e3 } la base canonica di R3 . Sia T : R3 → R3 la funzione lineare tale T (e1 ) = e1 − 2e2 + e3 ,
T (e2 ) = 2e2 − e3 ,
T (e3 ) = e1 + e3 .
a) Si mostri che T `e invertibile. b) Si scriva la matrice associata a T −1 rispetto ad E. c) Sia W = {x ∈ R3 : x1 + 2x2 − x3 = 0}. Si trovi una base del sottospazio immagine T (W ). Soluzione: La matrice associata a T rispetto alla base canonica `e
1 0 A = M (T ) = −2 2 1 −1
1 0 1
a) T `e invertibile sse lo `e la matrice A. Poich´e det(A) = 2 6= 0 la matrice e T sono invertibili. b) La matrice associata a T −1 `e la matrice A−1 : 1 − 21 −1 A−1 = M (T −1 ) = 1 0 −1 1 0 1 2
2. SOLUZIONI
c) Scriviamo esplicitamente gli elementi di W : x1 = −2s + t x2 = s x3 = t
235
∀s, t ∈ R
Quindi W = hw1 = (−2, 1, 0), w2 = (1, 0, 1)i e T (W ) = hT (w1 ), T (w2 )i: T (w1 ) = A · w1 = (−2, 6, −3)
T (w2 ) = A · w2 = (2, −2, 2)
I due vettori trovati sono linearmente indipendenti in quanto non sono uno multiplo dell’altro, quindi una base di T (W ) `e B (T (W )) = {(−2, 6, −3), (2, −2, 2)} . `e
Esercizio 8.55. Si consideri la funzione lineare T : R3 → R3 la cui matrice rispetto alla base canonica
1 M (T ) = −1 2
0 3 1 1 2 1
e sia B = {v1 = (1, 1, 0), v2 = (1, 1, 1), v3 = (1, 0, 1)} una base di R3 .
a) Si determini la matrice MBE (T ) associata a T rispetto alla base B nel dominio e rispetto alla base canonica E nel codominio. b) Si determini la matrice MB (T ) associata a T rispetto alla base B.
Soluzione: a) La matrice MBE (T ) ha per colonne le immagini dei vettori della base B, espresse rispetto alla base canonica. Calcoliamo quindi le immagini dei vettori vi , utilizzando la matrice M (T ): 1 1 1 0 3 M (T ) · v1t = −1 1 1 · 1 = 0 ⇒ T (v1 ) = (1, 0, 4) 4 0 2 2 1 1 0 3 4 1 M (T ) · v2t = −1 1 1 · 1 = 1 ⇒ T (v2 ) = (4, 1, 5) 2 2 1 5 1 4 1 1 0 3 M (T ) · v3t = −1 1 1 · 0 = 0 ⇒ T (v3 ) = (4, 0, 3) 3 1 2 2 1 Quindi
1 4 MBE (T ) = 0 1 4 5
4 0 3
b) La matrice MBB (T ) ha per colonne le immagini dei vettori della base B, espresse rispetto alla base B. Dobbiamo quindi esprimere rispetto alla base B i vettori T (vi ), trovati al punto precedente. Si tratta di risolvere i tre sistemi xvi + yv2 + zv3 = T (vi ) per i = 1, 2, 3. Per comodit` a riduciamo a gradini i tre sistemi contemporaneamente, affiancando direttamente le tre colonne dei termini noti: I − III 1 0 0 | −3 −1 1 1 1 1 | 1 4 4 1 1 0 | 0 1 0 ⇒ II − I 0 0 −1 | −1 −3 −4 0 1 1 | 4 5 3 0 1 1 | 4 5 3
236
8. APPLICAZIONI LINEARI
Di conseguenza
x = −3 xv1 + yv2 + zv3 = T (v1 ) ⇒ −z = −1 y+z =4
T (v1 ) = −3v1 + 3v2 + v3 = (−3, 3, 1)B x = −1 xv1 + yv2 + zv3 = T (v2 ) ⇒ −z = −3 y+z =5
T (v2 ) = −v1 + 2v2 + 3v3 = (−1, 2, 3)B x = 1 xv1 + yv2 + zv3 = T (v3 ) ⇒ −z = −4 y+z =3 T (v3 ) = v1 − v2 + 4v3 = (1, −1, 4)B
x = −3 ⇒ y=3 z=1
x = −1 ⇒ y=2 z=3
x = 1 ⇒ y = −1 z=4
⇒
⇒
⇒
Infine la matrice associata a T rispetto alla base B `e −3 −1 1 2 −1 MB (T ) = 3 1 3 4 Notiamo che per calcolare MB (T ) = MBB (T ) potevamo anche utilizzare le matrici di cambiamento di base. Sia infatti P = MBE la matrice di transizione dalla base B alla base canonica E; P ha per colonne gli elementi di B espressi rispetto a E: 1 1 1 P = MBE = 1 1 0 0 1 1 Inoltre la matrice di transizione dalla base canonica E alla base C `e l’inversa di P : 1 0 −1 1 MEB = P −1 = −1 1 1 −1 0
Infine la matrice di T rispetto alla base B `e:
−3 MB (T ) = MBB (T ) = MEB · M (T ) · MBE = P −1 · M (T ) · P = 3 1
1 1 2 −1 3 4
Esercizio 8.56. Si consideri la base B = {(1, 1, 0, 0), (0, 1, 1, 0), (0, 0, 1, 1), (1, 0, 1, 0)} di R4 e sia E la base canonica di R4 . Sia T : R4 → R4 la funzione lineare con matrice associata 1 0 0 0 1 k 0 0 MBE (T ) = 0 1 1 1 1 0 0 1
con k parametro reale. a) Stabilire per quali valori di k la funzione T `e un isomorfismo (cio`e iniettiva e suriettiva). b) Posto k = 1, si trovi una base del sottospazio T −1 (W ) = {v ∈ R4 | T (v) ∈ W }, con W = h(1, 0, 0, 1), (0, 1, 0, 1)i. Soluzione:
a) T `e un isomorfismo se il rango di MBE (T ) `e 4, infatti in tale caso dim(Im(T )) = rg(M ) = 4 e T `e suriettiva, e dim(N(T )) = 4 − 4 = 0 e T `e iniettiva. In questo caso `e probabilmente pi` u rapido calcolare il determinante di M , sviluppando rispeto alla terza colonna: det (MBE (T ) = 1 · k · 1 = k Quindi T `e un isomorfismo se k 6= 0 quando il rango di M `e 4.
2. SOLUZIONI
237
b) La matrice associata a T per k = 1 `e
1 1 E MB (T ) = 0 1
1 1 0 1
0 1 1 0
0 1 1 0
0 0 1 0
0 0 1 1
Possiamo procedere in due modi: – MODO 1. Esprimiamo i due vettori w1 = (1, 0, 0, 1) e w2 = (0, 1, 0, 1) come combinazione lineare delle immagini della base B risolvendo i due sistemi MBE (T )|w1 e MBE (T )|w2 . Riduciamo a gradini le due matrici contemporaneamente: 1 0 0 0 | 1 0 1 0 0 0 | 1 0 0 0 | 1 0 0 1 0 0 | −1 1 0 0 | 0 1 ⇒ II − I 0 1 0 0 | −1 1 ⇒ III − II 0 0 1 1 | 1 −1 0 1 1 1 | 0 0 1 1 | 0 0 IV − I 0 0 0 1 | 0 1 0 0 0 1 | 0 1 0 1 | 1 1 Risolviamo il primo sistema xT (v1 ) + yT (v2 ) + zT (v3 ) + wT (v4 ) = w1 : x=1 x=1 y = −1 y = −1 ⇒ ⇒ T −1 (w1 ) = (1, −1, 1, 0)B = (1, 0, 0, 1) z + w = 1 z = 1 w=0 w=0
Risolviamo il secondo sistema xT (v1 ) + yT (v2 ) + zT (v3 ) + wT (v4 ) = w2 : x=0 x=0 y = 1 y = 1 ⇒ ⇒ T −1 (w2 ) = (0, 1, −2, 1)B = (1, 1, 0, −2) z + w = −1 z = −2 w=1 w=1
– MODO 2.Essendo T un isomorfismo possiamo calcolare l’inversa di M (T ): 1 0 0 0 −1 1 0 0 −1 MBE (T ) = MEB (T −1 ) = 2 −1 1 −1 −1 0 0 1 Quindi
T −1 (w1 ) = MEB (T −1 ) · w1T = (1, −1, 1, 0)B = (1, 0, 0, 1)
T −1 (w2 ) = MEB (T −1 ) · w2T = (0, 1, −2, 1)B = (1, 1, 0, −2)
Esercizio 8.57. Dati i vettori v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 2, 0) e v3 = (0, 1, 1), sia T l’endomorfismo di R3 tale che T (v1 ) = v2 , T (v2 ) = v3 e T (v3 ) = v1 . a) Determinare la matrice associata a T rispetto alla base B = {v1 , v2 , v3 }. b) Determinare la matrice associata a T rispetto alla base canonica. c) Determinare il nucleo di T e trovare (se esiste) una controimmagine di (5, 1, −11). Soluzione: a) Dalla definzione di T si ha T (v1 ) = v2 = 0 · v1 + 1 · v2 + 0 · v3 = (0, 1, 0)B
T (v2 ) = v3 = 0 · v1 + 0 · v2 + 1 · v3 = (0, 0, 1)B
T (v3 ) = v1 = 1 · v1 + 0 · v2 + 0 · v3 = (1, 0, 0)B
quindi la matrice associata a T rispetto a B `e 0 0 MBB (T ) = 1 0 0 1
1 0 0
238
8. APPLICAZIONI LINEARI
b) Senza la necessit` a di impostare un sistema `e facile scrivere gli elementi della base canonica come combinazione lineare degli elementi della base B e quindi trovarne l’immagine attraverso a T : 1 1 3 1 1 ⇒ T (e1 ) = T (v1 ) − T (v2 ) = v2 − v3 = 0, , − e1 = v 1 − v 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 e2 = v 2 ⇒ T (e2 ) = T (v2 ) = v3 = 0, , 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 e3 = v 3 − v 2 ⇒ T (e3 ) = T (v3 ) − T (v2 ) = v1 − v3 = 1, , − 2 2 2 2 2 Quindi la matrice associata a T rispetto alla base canonica `e 0 0 1 1 1 M (T ) = 23 2 2 1 1 − 2 2 − 12
` immediato verificare che det M B (T ) = 1, quindi rg M B (T ) = rg(M (T )) = 3. Di conseguenc) E B B za dim(N (T )) = 0 e N (T ) = { (0, 0, 0) }. T `e suriettiva, quindi esiste una controimmagine per ogni elemento di R3 . Per trovare una controimmagine di v = (3, 7, −14) ci conviene forse usare la matrice M (T ) risolvendo il sistema M (T )|v: 0 0 1 | 3 2III −1 1 −1 | −28 −1 1 −1 | −28 1 1 3 | 7 ⇒ 2II 3 1 1 | 14 ⇒ II + 3I 0 4 −2 | −70 2 2 2 1 1 1 I 0 0 1 | 3 0 0 1 | 3 − 2 2 − 2 | −14 x = 9 −x + y − z = −28 ⇒ y = −16 ⇒ 2y − z = −35 z=3 z=3 Quindi T (9, −16, 3) = (3, 7, −14) e la controimmagine di v `e (9, −16, 3).
Esercizio 8.58. Sia S : Mn (R) → Mn (R) la funzione lineare cos`ı definita: S(A) = A − AT a) Si determini il nucleo e l’immagine di S. b) Posto n = 2, si determini la matrice associata a S rispetto alla base 1 0 0 0 0 1 0 0 B= , , , 0 0 1 0 0 0 0 1 c) Per n = 2, la funzione lineare S `e diagonalizzabile? Soluzione: a) Per definizione N (S) = A ∈ Mn (R) | A = AT = { matrici simmetriche di Mn (R)}
Provando a calcolare S(A) per qualche A si vede che le matrici S(A) = B = [bi,j ] ottenute hanno necessariamente tutti zero sulla diagonale e hanno bi,j = −bj,i per ogni i 6= j. Quindi:
b) Sia
Im(S) = A ∈ Mn (R) | A = −AT = { matrici antisimmetriche di Mn (R)}
1 A1 = 0
0 , 0
0 0 A2 = , 1 0
0 1 A3 = , 0 0
0 A4 = 0
0 1
2. SOLUZIONI
239
La matrice associata a S rispetto a B ha per colonne le immagini degli elementi di B, espresse rispetto a B: 0 0 = (0, 0, 0, 0)B S(A1 ) = A1 − AT1 = 0 0 0 −1 S(A2 ) = A2 − AT2 = = A2 − A3 = (0, 1, −1, 0)B 1 0 0 1 = −A2 + A3 = (0, −1, 1, 0)B S(A3 ) = A3 − AT3 = −1 0 0 0 S(A4 ) = A4 − AT4 = = (0, 0, 0, 0)B 0 0 Quindi
0 0 MB (S) = 0 0
0 0 1 −1 −1 1 0 0
c) Calcoliamo il polinomio caratteristico di M : −λ 0 0 0 1−λ −1 pM (λ) = det 0 −1 1−λ 0 0 0
0 0 0 0
0 0 = λ3 (λ − 2) 0 −λ
M ha due autovalori λ = −2, singolo, e λ = 0 di molteplicit` a algebrica 3, quindi `e diagonalizzabile se l’autospazio E(0) `e di dimensione 3. x=t 0 0 0 0 y = s 0 1 −1 0 E(0) = N (M ) : ⇒ dim(E(0)) = 3 0 −1 1 0 ⇒ z = s 0 0 0 0 w=r quindi S `e diagonalizzabile.
Esercizio 8.59. Sia S : Mn (R) → Mn (R) la funzione lineare cos`ı definita: S(A) = A + AT a) Si determini il nucleo e l’immagine di S. b) Posto n = 2, si determini la matrice associata a S rispetto 1 0 1 −1 1 1 B= , , , 0 0 1 0 1 0
alla 0 0
base 0 1
c) Per n = 2, la funzione lineare S `e diagonalizzabile? Soluzione: a) Per definizione N (S) = A ∈ Mn (R) | A = −AT = { matrici antisimmetriche di Mn (R)}
Notiamo che una matrice B = [bi,j ] `e antisimmetrica se ha tutti zero sulla diagonale e bi,j = −bj,i per ogni i 6= j. Provando a calcolare S(A) per qualche A si vede che le matrici S(A) = B = [bi,j ] ottenute hanno o bi,j = bj,i per ogni i 6= j, mentre non si ha nessuna condizione su bi,i . Quindi: Im(S) = A ∈ Mn (R) | A = AT = { matrici simmetriche di Mn (R)}
b) Sia
1 0 A1 = , 0 0
1 −1 A2 = , 1 0
1 1 A3 = , 1 0
0 0 A4 = 0 1
240
8. APPLICAZIONI LINEARI
La matrice associata a S rispetto a B ha per colonne le immagini degli elementi di B, espresse rispetto a B: 2 0 T S(A1 ) = A1 + A1 = = 2A1 = (2, 0, 0, 0)B 0 0 2 0 = 2A1 = (2, 0, 0, 0)B S(A2 ) = A2 + AT2 = 0 0 2 2 S(A3 ) = A3 + AT3 = = 2A3 = (0, 0, 2, 0)B 2 0 0 0 = 2A4 = (0, 0, 0, 2)B S(A4 ) = A4 + AT4 = 0 2 Quindi
2 0 MB (S) = 0 0
2 0 0 0
c) Calcoliamo il polinomio caratteristico di M : 2−λ 2 0 0 −λ 0 pM (λ) = det 0 0 2−λ 0 0 0
0 0 2 0
0 0 0 2
0 0 = −λ(2 − λ)3 0 2−λ
M ha due autovalori λ = 0, singolo, e λ = 2 di molteplicit` a algebrica 3, quindi `e diagonalizzabile se l’autospazio E(2) `e di dimensione 3. x=t 0 2 0 0 0 −2 0 0 y=0 ⇒ dim(E(2)) = 3 E(2) = N (M − 2I) : 0 0 0 0 ⇒ z = s 0 0 0 0 w=r
quindi S `e diagonalizzabile.
Esercizio 8.60. Si f : R2 [x] → R2 [x] l’applicazione lineare definita ponendo f (ax2 + bx + c) = (a − b)x2 + (b − c)x + a − c
a) Si trovi la matrice rappresentativa di tale applicazione rispetto alla base B = x2 + 2, x − 1, x + 1
b) Si trovi la dimensione e una base di N(f ) e Im(f ).
Soluzione: Ricordiamo che a ogni polinomio ax2 +bx+c di R2 [x] possiamo associare le sue componenti (a, b, c) rispetto 2 alla base canonica C = x , x, 1 , ovvero a ogni polinomio di R2 [x] associamo un vettore di R3 . Di conseguenza ai polinomi di B possiamo associamo i tre vettori p1 = (1, 0, 2),
p2 = (0, 1, −1),
p3 = (0, 1, 1)
che formano una base di R3 . Analogamente possiamo considerare f : R3 → R3 tale che f (a, b, c) = (a − b, b − c, a − c) a) Calcoliamo l’immagine di p1 , p2 , p3 che poi dovremo esprimere come combinazione lineare di p1 , p2 , p3 . f (p1 ) = f (1, 0, 2) = (1, −2, −1)
f (p2 ) = f (0, 1, −1) = (−1, 2, 1)
f (p3 ) = f (0, 1, 1) = (−1, 0, −1)
2. SOLUZIONI
241
Si tratta ora di risolvere le tre equazioni xp1 + yp2 + zp3 = f (pi ) per i = 1, 2, 3, per esprimere f (pi ) come combinazione lineare di p1 , p2 , p3 . Riduciamo quindi a gradini la matrice associata a ognuna di tale equazioni, scrivendo le tre colonne dei termini noti contemporaneamente: 1 0 0 | 1 −1 −1 1 0 0 | 1 −1 −1 0 1 1 | −2 2 0 1 1 | −2 2 0 ⇒ 0 ⇒ III − 2I 0 −1 1 | −3 3 2 −1 1 | −1 1 −1 1 1 0 0 | 1 −1 −1 0 1 1 | −2 2 0 III + II 0 0 2 | −5 5 1
Risolviamo ora i tre sistemi, considerando separatamente le tre colonne dei termini noti. x = 1 x = 1 1 5 ⇒ f (p1 ) = 1, , − f (p1 ) : y + z = −2 ⇒ y = 12 2 2 B z = − 25 2z = −5 x = −1 x = −1 1 5 1 ⇒ f (p2 ) = −1, − , f (p2 ) : y + z = 2 ⇒ y = −2 2 2 B z = 25 2z = 5 x = −1 x = −1 1 1 1 ⇒ f (p3 ) = −1, − , f (p3 ) : y + z = 0 ⇒ y = −2 2 2 B z = 21 2z = 1 Infine la matrice cercata `e la matrice che ha f (pi )B come colonne: 1 −1 −1 − 12 − 12 MB (f ) = 21 5 5 1 −2 2 2
Notiamo che avevamo ottenuto f (p2 ) = −f (p1 ), quindi alcuni calcoli potevano essere evitati. b) Per rispondere alla seconda domanda possiamo procedere in due modi – Lavorare sulla matrice MB (f ) trovata, ricordando poi di trasformare rispetto alla base canonica i vettori trovati. – Determinare la matrice M (f ) associata a f rispetto alla base canonica In ogni caso possiamo osservare che f (p2 ) = −f (p1 ) (la matrice ha due colonne linearmente dipendenti), quindi sicuramente dim(Im(f )) ≤ 2 e dim(N(f )) ≥ 1. Consideriamo entrambi i modi. – Riduciamo a gradini la matrice MB (f ): 1 −1 −1 1 −1 −1 1 −1 −1 2II 1 −1 −1 ⇒ II − I 0 0 0 ⇒ III 0 0 3 2III −5 5 2 III + 5I 0 0 3 II 0 0 0 L’immagine di f `e generata da f (pi ), i = 1, 2, 3, ovvero dalle colonne di MB (f ), mentre il nucleo `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a MB (f ), quindi dim(Im(f )) = rg(MB (f )) = 2,
dim(N(f )) = 3 − rg(MB (f )) = 1
Per scrivere esplicitamente immagine e nucleo dobbiamo tornare a esprimerei vettori rispetto alla base canonica. L’immagine di f `e generata dai vettori linearmente indipendenti corrispondenti alla prima e terza colonna di MB (f ). Quindi 1 5 = (1, −2, −1) = x2 − 2x − 1 f (p1 ) = 1, , − 2 2 B 1 1 f (p3 ) = −1, − , = (−1, 0, −1) = −x2 − 1 2 2 B e una base di Im(f ) `e data da B(Im(f )) = x2 − 2x − 1, x2 − 1
242
8. APPLICAZIONI LINEARI
Analogamente per determinare il nucleo dobbiamo risolvere il sistema omogeneo associato a MB (f ): ( x = t x−y−z =0 ⇒ (1, 1, 0)B · t ⇒ y=t z=0 z=0 Poich´e
(1, 1, 0)B = 1 · p1 + 1 · p2 + 0 · p3 = (1, 1, 1) = x2 + x + 1
una base del nucleo di f `e
B(N(f )) = x2 + x + 1
– In alternativa potevamo determinare la matrice M (f ) associata a f rispetto alla base canonica: f (x2 ) = f (1, 0, 0) = (1, 0, 1) f (x) = f (0, 1, 0) = (−1, 1, 0) quindi
f (1) = f (0, 0, 1) = (0, −1, −1)
1 −1 M (f ) = 0 1 1 0
1 0 0 −1 ⇒ III − I 0 −1
1 −1 0 0 1 −1 ⇒ III − II 0 1 −1
−1 0 1 −1 0 0
Quindi una base dell’immagine `e data dai vettori corrispondenti alla prima e seconda colonna: B(Im(f )) = {(1, 0, 1), (−1, 1, 0)} = x2 + 1, −x2 + x
Il nucleo `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato a M (f ): ( x = t x−y =0 ⇒ y = t ⇒ B(N(f )) = {(1, 1, 1)} = x2 + x + 1 y−z =0 z=t
CAPITOLO 9
Diagonalizzazione di matrici e applicazioni lineari Esercizio 9.1. Verificare che v = (1, 0, 0, 1) `e autovettore dell’applicazione lineare T cos`ı definita T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (2x1 − 2x3 , −x1 + 2x2 + x3 + x4 , x3 , x1 − 2x3 + x4 )
Determinare inoltre il relativo autovalore.
Esercizio 9.2. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x, y + 3z, x + y − z)
a) Verificare che i vettori v1 = (0, 3, 1), v2 = (0, −1, 1) e v3 = (−1, 1, 0) sono autovettori di T e determinare i rispettivi autovalori. b) Verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } `e una base di R3 . c) Determinare la matrice (diagonale) D associata a T rispetto alla base B. d) Determinare la matrice diagonalizzante P (cio´e la matrice P tale che P −1 AP = D). Esercizio 9.3. Sia T l’endomorfismo di R3 definito 1 1 A = 0 3 0 0
da 0 0 2
a) Stabilire se esistono autovettori di T ed eventualmente determinarli. b) Stabilire se T `e diagonalizzabile. c) Determinare la base rispetto alla quale T ha matrice associata D diagonale e determinare la matrice diagonale D e la matrice P diagonalizzante (cio´e tale che P −1 AP = D).
Esercizio 9.4. [Esercizio 4) cap. 7 del testo Geometria e algebra lineare di Manara, Perotti, Scapellato] Quali sono gli autovalori di una matrice diagonale? E di una matrice triangolare? Esercizio 9.5. [Esercizio 9) cap. 7 del testo Geometria e algebra lineare di Manara, Perotti, Scapellato] Riconoscere che le due seguenti matrici M sono diagonalizzabili, e calcolare per ciascuna di esse una matrice P diagonalizzante (tale cio`e che valga P −1 M P = D, con D matrice diagonale; ricordiamo che P `e una matrice le cui colonne sono autovettori di M ). 2 1 1 0 1 2 3 0 3 4 0 M = M = 0 3 1 , 0 0 5 0 0 0 4 0 0 0 2 Esercizio 9.6. Date le matrici −1 1 A= 0 −1
−1 B= −3
2 1
−3 4 C= 1 0
a) Si determini il polinomio caratteristico di ciascuna matrice. b) Si determinino gli autovalori, e i relativi autospazi, di ciascuna matrice. c) Si stabilisca se le matrici sono diagonalizzabili.
Esercizio 9.7. Date 2 1 A = 0 1 0 2
le matrici 0 −1 4
−3 B = −7 −6
1 −1 5 −1 6 −2
1 C = 3 6
a) Si determini il polinomio caratteristico di ciascuna matrice. b) Si determinino gli autovalori, e i relativi autospazi, di ciascuna matrice. 243
−3 3 −5 3 −6 4
244
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
c) Si stabilisca se le matrici sono diagonalizzabili. Esercizio 9.8. Si consideri la matrice
0 6 A = 1 0 1 0
a) Determinare autovalori e autovettori di A. b) Stabilire se la matrice A `e diagonalizzabile.
0 1 1
Esercizio 9.9. Sia T : R3 → R3 l’endomorfismo a cui `e associata la matrice 2 0 0 A = 0 −2 −6 0 2 5 a) Si determinino gli autovalori di T e si stabilisca se T `e diagonalizzabile. b) Si determini una base di R3 formata da autovettori di T .
Esercizio 9.10. Si consideri la matrice A=
2 2 1 3
a) b) c) d)
Si determini il polinomio caratteristico pA (λ) e gli autovalori di A. Si determini l’autospazio E(λ) relativo ad ogni autovalore λ trovato. Si verifichi che A `e diagonalizzabile. Si trovi la matrice invertibile P tale che P −1 AP sia diagonale (una tale matrice P `e detta diagonalizzante ed ha per colonne gli autovalori di P ). e) Si trovi la matrice diagonale B simile alla matrice A.
Esercizio 9.11. Si ripeta l’esercizio precedente con le matrici 1 5 3 A= A = 3 1 3 6
−3 3 −5 3 −6 4
Esercizio 9.12. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x, y + 3z, x + y − z)
a) Si determinino gli autovalori, autovettori e autospazi di T . b) Si stabilisca se T `e diagonalizzabile, e in caso positivo si determini la matrice P diagonalizzante. c) Si determini una base B di R3 tale che la matrice associata a T rispetto a B sia diagonale e si determini esplicitamente tale matrice diagonale.
Esercizio 9.13. [Esercizio 21) cap. 7 del testo Geometria Scapellato] Discutere la diagonalizzabilit` a delle seguenti matrici al variare 1 1 0 1 1 0 3 1 A = 0 k 0 B = 0 k 1 C = 0 k 0 0 2 0 0 1 0 0
e algebra lineare di Manara, Perotti, del parametro reale k. 5 1 1 4 D = 0 k 1 0 0
Esercizio 9.14. Sia S l’endomorfismo di R4 con matrice associata 1 2 2 4 0 1 0 0 A= 0 −1 0 −2 0 1 0 2
0 0 1
rispetto alla base canonica. a) Determinare autovalori e autovettori di S. b) Stabilire se S `e diagonalizzabile e in caso positivo individuare la matrice diagonalizzante.
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
245
Esercizio 9.15. Sia T l’endomorfismo di R3 cos definito: 1 T (x1 , x2 , x3 ) = x1 , x1 − x3 , x2 . 2
a) Calcolare gli autovalori e gli autovettori di T . b) T diagonalizzabile? c) Se al campo dei numeri reali si sostituisce quello dei numeri complessi, l’endomorfismo di C3 che si ottiene `e diagonalizzabile?
Esercizio 9.16. Sia
1 A = 0 1
0 0 1 3 1 −1
la matrice associata all’applicazione lineare T : R3 → R3 rispetto alla base B = { 1, 1, 0), (0, 3, 0), (0, 1, 1) }
a) Si determinino gli autovalori di T . b) Si determinino gli autovettori e gli autospazi di T . c) Si stabilisca se T `e diagonalizzabile.
Esercizio 9.17. Sia B = {v1 = (1, 0, 0), v2 = (1, 1, 0), v3 = (1, 1, 1)} una base di R3 e sia S l’endomorfismo di R3 con matrice associata rispetto a B 5 2 −2 A = MB (S) = 1 6 −5 . 3 −3 4 a) Trovare gli autovalori (reali) di S. b) Trovare gli autovettori di S e stabilire se S `e diagonalizzabile.
Esercizio 9.18. Sia T l’endomorfismo di R4 definito dalla matrice 2 0 −2 0 −1 2 1 1 A= 0 0 1 0 . 1 0 −2 1
Stabilire se T `e diagonalizzabile.
Esercizio 9.19. Si consideri la matrice ad elementi reali 2 0 3 0 0 2 5 7 A= 0 0 −1 0 0 0 8 −1
a) Determinare autovalori e autovettori della matrice data. b) Stabilire se la matrice data diagonalizzabile.
Esercizio 9.20. Data la matrice
2 1 M = 1 0
0 1 0 0
0 k−1 k 0
1 4 4 1
a) Discutere la diagonalizzabilt` a di M al variare del parametro k ∈ R. b) Fissato a piacere un valore di k per cui M `e diagonalizzabile, determinare per tale k la matrice P diagonalizzante. Esercizio 9.21. Sia A la matrice dipendente dal parametro reale 1 0 0 0 k − 3 2 − k 0 −k A= 0 0 1 0 2−k k 0 k+2
246
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
a) Discutere la diagonalizzabilt` a di A al variare di k. b) Determinare una base di R4 costituita da autovettori di A per un valore opportuno di k. Esercizio 9.22. Data la matrice
3 k − 1 M = 0 −1
0 2 0 2
1 1 k 3
0 0 0 1
a) Si discuta la diagonalizzabilt` a di M al variare del parametro k ∈ R. b) Per k = 2, si determini una base di R4 formata da autovettori di M . Esercizio 9.23. Si considerino le 1 A = 0 0
matrici 0 3 1 4 0 2
e
2 B = k 5
0 1 k−2
0 0 . 1
0 1 k−1
0 0 1
a) Determinare per quali valori di k la matrice B `e diagonalizzabile. b) Stabilire per quali valori di k le due matrici A e B sono simili.
Esercizio 9.24. Siano A e B le matrici reali 1 0 4 A = 0 1 2 e 0 0 3
3 B = k 5
Esercizio 9.25. Considerare le matrici 1 2 1 0 B = 0 A = 0 2 0 0 0 0 1
1 0 2 0 0 2
Determinare, se esistono, i valori del parametro reale k per cui A e B sono simili.
a) Determinare gli autovalori e gli autovettori di A e di B. b) Stabilire se A e B sono simili. c) Esistono valori di t per cui C e B sono simili?
Esercizio 9.26. Siano A e B le matrici seguenti 2 1 0 3 B = k A = 0 1 4 5 0 0 2
1 C = 0 0
1 1 t 0 0 2
0 0 1 0 k−2 1
a) Dire per quali valori del parametro reale k la matrice B `e diagonalizzabile. b) Per k = 3 le due matrici possono essere associate allo stesso endomorfismo?
Esercizio 9.27. Sia T l’endomorfismo di R3 associato alla matrice 6 3 −1 A = 2 7 −1 2 3 3
a) Stabilire se 4 `e autovalore di A. Calcolare gli autovalori e autovettori di A. b) La matrice A `e diagonalizzabile per similitudine? In caso affermativo, indicare una matrice diagonalizzante. c) Sia C la matrice dipendente da t ∈ R: 4 1 0 C = 0 4 0 0 0 t Esistono valori di t ∈ R per cui A e C siano simili?
Esercizio 9.28. Si consideri la matrice ad elementi reali 3 − k −1 0 2 k A= k 0 1 3−k a) Determinare gli autovalori della matrice A.
1. SUGGERIMENTI
247
b) Stabilire per quali valori del parametro reale k la matrice data `e diagonalizzabile. Esercizio 9.29. Sia S l’endomorfismo di R4 3 −2 A= 2 0
con matrice associata 0 1/2 0 b b − 3 0 0 3 0 0 0 2
rispetto alla base canonica. a) Determinare autovalori e autovettori di S. b) Trovare i valori di b per i quali S `e diagonalizzabile.
Esercizio 9.30. Sia A la matrice reale dipendente dal parametro k 1 0 k2 A = 0 k 0 1 0 1
a) Determinare per quali k la matrice A `e diagonalizzabile. b) Per i valori determinati in a), trovare una base di R3 formata da autovettori di A
Esercizio 9.31. Si consideri la matrice
1 0 A= −1 3
0 k 0 0
−1 1 0 0 1 −1 0 3
a) Calcolare gli autovalori di A. b) Stabilire per quali valori reali di k la matrice A diagonalizzabile. Esercizio 9.32. Sia T l’endomorfismo di R3 la cui matrice rispetto alla base canonica `e −4 −1 3 1 3 A = −6 −12 −2 8 a) Stabilire se A `e diagonalizzabile e, in caso sia una matrice diagonale. b) Determinare, se esistono, i valori di k per 1 B = 0 0
positivo, determinare una matrice P tale che P −1 AP cui la matrice 0 1 2 k + 1 0 k
pu` o essere associata al medesimo endomorfismo T .
Esercizio 9.33. Sia T l’endomorfismo di R2 [x] che associa al polinomio p(x) = ax2 + bx + c ∈ R2 [x] il polinomio T (p(x)) = (a + kb)x2 + (ka + b)x + kc. a) Trovare la matrice associata a T rispetto alla base {x2 , x, 1}. b) Calcolare gli autovalori di T . ——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti n
n
Sia T : R → R una applicazione lineare (endomorfismo) e M la matrice associata rispetto a una base B di Rn . Parleremo quindi indifferentemente di T e M . ——————————————————————————————————————————————Il Polinomio caratteristico di M ´e il polinomio pM (λ) = det (M − λI)
Notiamo che pM (λ) `e un polinomio di grado n nell’incognita λ.
248
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
——————————————————————————————————————————————Un Autovalore di M `e un numero λ per cui esiste un vettore v ∈ Rn non nullo tale che M v = λv Osservazioni: • Se λ ´e un autovalore di M allora per qualche v 6= 0: M v = λv ⇒ (M − λI) v = 0 ⇒ det (M − λI) = 0 quindi gli autovalori di M sono gli zeri del polinomio caratteristico, ovvero si determinano risolvendo det (M − λI) = 0 • La molteplicit` a di λ come zero del polinomio caratteristico `e detta molteplicit` a algebrica dell’autovalore λ. ——————————————————————————————————————————————Un Autovettore relativo a un autovalore λ `e un vettore v (e sicuramente ne esistono non nulli) tale che M v = λv ⇒ (M − λI) v = 0 Quindi v `e soluzione del sistema omogeneo associato a M − λI. Osservazioni: • L’insieme degli autovettori relativi ad un autovalore λ formano uno spazio vettoriale (sottospazio di Rn ), detto Autospazio relativo all’autovalore λ: E(λ) = { autovettori relativi a λ } • Chiamiamo Molteplicit` a geometrica di λ la dimensione di E(λ). • Gli autovettori relativi all’autovalore λ = 0 formano il nucleo di M , ovvero le soluzioni del sistema omogeneo associato a M . • Per quanto riguarda la dimensione di E(λ) abbiamo che 1 ≤ dim (E(λ)) ≤ molteplicit` a algebrica di λ In particolare se un autovalore ´e singolo, allora il relativo autospazio ha sicuramente dimensione 1. • Autovettori di autospazi distiniti sono linearmente indipendenti. • Poich`e gli endomorfismi sono applicazioni di uno spazio in se stesso, la base dello spazio di arrivo e di partenza `e sempre la stessa (a differenza di quanto poteva accadere negli esercizi del capitolo precedente). ——————————————————————————————————————————————Diagonalizzabilit` a. Una matrice M , n × n, `e Diagonalizzabile se `e simile a una matrice diagonale D, ovvero esiste una matrice P , detta matrice diagonalizzante, tale che P −1 M P = D `e una matrice diagonale. Osservazioni: • Poich´e P −1 M P = D, le matrici M e D sono simili. • La matrice diagonalizzante P ha per colonne autovettori linearmente indipendenti di M .
• P −1 M P = D ha sulla diagonale gli autovalori di M .
• Una matrice M , n × n, `e Diagonalizzabile se la somma delle molteplicit` a geometriche dei suoi autovalori `e n, ovvero se la somma delle dimensioni dei suoi autospazi `e n, ovvero se ha n autovettori linearmente indipendenti. • Condizione necessaria perch`e una matrice sia diagonalizzabile `e che la molteplicit` a algebrica e geometrica dei suoi autovalori coincidano.
2. SOLUZIONI
249
• Se M ha n autovalori distinti allora `e sicuramente diagonalizzabile (infatti ha sicuramente n autospazi di dimensione 1). • Se una matrice M `e diagonalizzabile allora esiste una base di Rn formata da autovettori di M . La diagonalizzazione sottintende infatti un cambiamento di base in Rn . • Due matrici diagonalizzabili sono associate allo stesso endomorfismo (rispetto a basi differenti) se sono simili alla stessa matrice diagonale (ovvero hanno gli stessi autovalori). Analogamente se solamente una delle due matrici `e diagonalizzabile allora non possono essere associate allo stesso endomorfismo. • Le matrici e gli endomorfismi simmetrici godono di particolari propriet` a.
——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 9.1. Verificare che v = (1, 0, 0, 1) `e autovettore dell’applicazione lineare T cos`ı definita T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (2x1 − 2x3 , −x1 + 2x2 + x3 + x4 , x3 , x1 − 2x3 + x4 ) Determinare inoltre il relativo autovalore. Soluzione: Calcoliamo T (v): T (1, 0, 0, 1) = (2, −1 + 1, 0, 1 + 1) = (2, 0, 0, 2) = 2 · v Quindi v `e autovettore associato all’autovalore 2. Esercizio 9.2. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x, y + 3z, x + y − z) a) Verificare che i vettori v1 = (0, 3, 1), v2 = (0, −1, 1) e v3 = (−1, 1, 0) sono autovettori di T e determinare i rispettivi autovalori. b) Verificare che l’insieme B = {v1 , v2 , v3 } `e una base di R3 . c) Determinare la matrice (diagonale) D associata a T rispetto alla base B. d) Determinare la matrice diagonalizzante P (cio´e la matrice P tale che P −1 AP = D). Soluzione: a) Calcoliamo le immagini dei vettori vi : T (v1 ) = T (0, 3, 1) = (0, 6, 2) = 2v1 , T (v2 ) = T (0, −1, 1) = (0, 2, −2) = −2v2 ,
T (v3 ) = T (−1, 1, 0) = (−1, 1, 0) = v3
quindi v1 `e autovettore rispetto all’autovalore 2, v2 `e autovettore rispetto all’autovalore −2, v3 `e autovettore rispetto all’autovalore 1. b) Verifichiamo che la matrice associata ai tre vettori v1 , v2 e v3 ha determinante non nullo: 0 0 −1 det 3 −1 1 = −1 · (3 + 1) 6= 0 1 1 0 I tre vettori sono quindi linearmente indipendenti e formano una base di R3 . c) Abbiamo gi` a visto che v1 , v2 e v3 sono autovettori, quindi: T (v1 ) = 2v1 = 2v1 + 0v2 + 0v3 T (v2 ) = −2v2 = 0v1 − 2v2 + 0v3
T (v3 ) = v3 = 0v1 + 0v2 + 1v3
⇒ ⇒
⇒
T (v1 ) = (2, 0, 0)B
T (v2 ) = (0, −2, 0)B
T (v3 ) = (0, 0, 1)B
250
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
e la matrice associata a T rispetto alla base B `e la matrice diagonale 2 0 0 D = MB (T ) = 0 −2 0 0 0 1
Notiamo che D `e la matrice che ha sulla diagonale gli autovalori relativi ai tre autovettori che formano la base. d) Utilizzando il metodo della matrice di transizione per determinare la matrice D, sappiamo che la matrice P = MBC di transizione dalla base B alla base canonica C `e la matrice che ha per colonne i tre vettori di B (espressi rispetto a C). La matrice MCB di transizione dalla base canonica C alla base B `e quindi la matrice inversa: B MC = P −1 . Di conseguenza la matrice D associata a T rispetto alla nuova base `e D = P −1 AP . La matrice 0 0 −1 P = MBC = 3 −1 1 1 1 0 `e quindi la matrice diagonalizzante cercata.
3
Esercizio 9.3. Sia T l’endomorfismo di R definito 1 1 A = 0 3 0 0
da 0 0 2
a) Stabilire se esistono autovettori di T ed eventualmente determinarli. b) Stabilire se T `e diagonalizzabile. c) Determinare la base rispetto alla quale T ha matrice associata D diagonale e determinare la matrice diagonale D e la matrice P diagonalizzante (cio´e tale che P −1 AP = D).
Soluzione: Risolviamo questo esercizio utilizzando la sola definizione di autovalore e autovettore. a) Un autovalore di T `e un numero λ ∈ R per cui esiste un vettore v = (x, y, z) non nullo tale che T (v) = λv. I vettori v tale che T (v) = λv sono detti autovettori di T relativi a λ. Si tratta quindi di verificare per quali λ ∈ R l’equazione T (v) = λ v ammette soluzione non nulla. Impostiamo l’equazione: 1 1 0 x λx x+y λx T (v) = λv ⇒ A · v = λv ⇒ 0 3 0 · y = λy ⇒ 3y = λy 0 0 2 z λz 2z λz 1−λ 1 0 | 0 (1 − λ)x + y = 0 x + y = λx 3−λ 0 | 0 ⇒ 0 ⇒ ⇒ (3 − λ)y = 0 3y = λy 0 0 2−λ | 0 (2 − λ)z = 2z = λz Quindi T (v) = λv ammette soluzione v 6= 0 se e solo se il sistema omogeneo trovato ha soluzione non nulla. Sappiamo che un sistema omogeneo in tre incognite ammette altre (infinite) soluzioni oltre a quella nulla se la matrice dei coefficienti ha rango minore di 3. Quindi T ha degli autovettori se la matrice dei coefficienti determinata ha rango minore di tre, ovvero determinante nullo: 1−λ 1 0 3−λ 0 = (1 − λ)(3 − λ)(2 − λ) = 0 ⇒ λ = 1, 3, 2 det 0 0 0 2−λ Consideriamo i tre casi – Se λ = 1 otteniamo il sistema 0 1 0 | 0 2 0 | 0 0 1 |
omogeneo 0 y = 0 0 ⇒ 2y = 0 0 z=0
x = t ⇒ y=0 z=0
Quindi tutti i vettori del tipo (t, 0, 0), t ∈ R sono autovettori di T relativi all’autovalore 1: T (t, 0, 0) = A · (t, 0, 0) = (t, 0, 0).
2. SOLUZIONI
251
L’insieme di tali autovettori `e detto autospazio relativo all’autovalore 1: E(1) = h(1, 0, 0)i – Se λ = 3 otteniamo il sistema omogeneo ( −2 1 0 | 0 0 0 0 | 0 ⇒ −2x + y = 0 −z = 0 0 0 −1 | 0
x = t ⇒ y = 2t z=0
Quindi tutti i vettori del tipo (t, 2t, 0), t ∈ R sono autovettori di T relativi all’autovalore 3: T (t, 2t, 0) = A · (t, 2t, 0) = (3t, 6t, 0) = 3 · (t, 2t, 0).
L’insieme di tali autovettori `e detto autospazio relativo all’autovalore 3: E(3) = h(1, 2, 0)i – Se λ = 2 otteniamo il −1 1 0 1 0 0
sistema omogeneo ( 0 | 0 −x + y = 0 0 | 0 ⇒ y=0 0 | 0
x = 0 ⇒ y=0 z=t
Quindi tutti i vettori del tipo (0, 0, t), t ∈ R sono autovettori di T relativi all’autovalore 2: T (0, 0, t) = A · (0, 0, t) = (0, 0, 2t) = 2 · (0, 0, t).
L’insieme di tali autovettori `e detto autospazio relativo all’autovalore 2: E(2) = h(0, 0, 1)i b) T `e diagonalizzabile se rispetto a una opportuna base ha associata una matrice diagonale, ovvero se esiste una base di R3 formata da autovettori di T . Prendiamo un autovettore relativo a ciascun autovalore: v1 = (1, 0, 0),
v2 = (1, 2, 0),
v3 = (0, 0, 1)
e stabiliamo se sono linearmente indipendenti calcolando il determinante della matrice associata ai tre vettori: 1 1 0 det 0 2 0 = 1 · 2 · 1 6= 0 0 0 1
Quindi i vettori sono linearmente indipendenti e B = {v1 , v2 , v3 } `e una base di R3 formata da autovettori di T , dunque T `e diagonalizzabile. In realt`a autovettori relativi ad autovalori differenti sono sempre linearmente indipendenti. c) Abbiamo gi` a determinato la base al punto precedente. Inoltre T (v1 ) = v1 ⇒ T (v1 ) = (1, 0, 0)B 1 0 0 T (v2 ) = 3v2 ⇒ T (v2 ) = (0, 3, 0)B ⇒ MB (T ) = D = 0 3 0 T (v3 ) = 2v3 ⇒ T (v3 ) = (0, 0, 2)B 0 0 2
Notiamo che D `e la matrice che ha sulla diagonale gli autovalori relativi ai tre autovettori che formano la base. La matrice P diagonalizzante (cio´e tale che P −1 AP = D) `e la matrice di transizione dalla base B alla base canonica C cio`e la matrice che ha per colonne i tre vettori di B (espressi rispetto a C): 1 1 0 P = MBC = 0 2 0 0 0 1 Infatti MB (T ) = MCB · M (T ) · MBC .
Esercizio 9.4. [Esercizio 4) cap. 7 del testo Geometria e algebra lineare di Manara, Perotti, Scapellato] Quali sono gli autovalori di una matrice diagonale? E di una matrice triangolare?
252
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Soluzione: Un numero λ ∈ R `e un autovalore di una matrice M se esiste v 6= 0 tale che M v = λv, ovvero (M −λI)v = 0. Il metodo pi` u semplice per verificare tale condizione `e determinare per quali valori di λ si ha det(M − λI) = 0 Se M `e una matrice triangolare o diagonale a11 a12 . . . . . . 0 a22 a23 . . . 0 0 a33 . . . M = 0 0 0 a44 . . . 0 0 0 ... a11 − λ a12 0 a 22−λ 0 0 M − λI = 0 0 ... 0 0
resta tale anche la matrice M − λI. Inoltre se ...
... 0
ann
... a23 a33 − λ 0
⇒
... ... ... ... a44 − λ . . .
0
...
0
det(M − λI) = (a11 − λ) · (a22 − λ) · · · · · (ann − λ)
⇒ ann − λ
Di conseguenza λ `e un autovalore di M se `e verificata una delle condizioni λ = a11 ,
λ = a22 , . . . , λ = ann ,
ovvero gli autovalori di una matrice M triangolare o diagonale sono gli elementi della diagonale di M : λ = a11 , a22 , . . . , ann , Esercizio 9.5. [Esercizio 9) cap. 7 del testo Geometria e algebra lineare di Manara, Perotti, Scapellato] Riconoscere che le due seguenti matrici M sono diagonalizzabili, e calcolare per ciascuna di esse una matrice P diagonalizzante (tale cio`e che valga P −1 M P = D, con D matrice diagonale; ricordiamo che P `e una matrice le cui colonne sono autovettori di M ). 2 1 1 0 1 2 3 0 3 4 0 M = M = 0 3 1 , 0 0 5 0 0 0 4 0 0 0 2 Soluzione: Risolviamo questo esercizio utilizzando la sola definizione di autovalore e autovettore. Consideriamo la matrice
1 2 M = 0 3 0 0
3 1 4
Un autovalore di T `e un numero λ ∈ R per cui esiste un vettore v = (x, y, z) non nullo tale che T (v) = λv. I vettori v tale che T (v) = λv sono detti autovettori di T relativi a λ. Si tratta quindi di verificare per quali λ ∈ R l’equazione T (v) = λ v ammette soluzione non nulla. Impostiamo l’equazione: 1 2 3 x λx x + 2y + 3z λx T (v) = λv ⇒ A · v = λv ⇒ 0 3 1 · y = λy ⇒ 3y + z = λy 0 0 4 z λz 4z λz 1−λ 2 3 | 0 x + 2y + 3z = λx (1 − λ)x + 2y + 3z = 0 3−λ 1 | 0 ⇒ 3y + z = λy ⇒ ⇒ 0 (3 − λ)y + z = 0 0 0 4−λ | 0 4z = λz (4 − λ)z =
Notiamo che la matrice ottenuta `e quella associata al sistema omogeneo (M − λI)v = 0. Quindi T (v) = λv con v 6= 0 se e solo se v `e soluzione non nulla del sistema omogeneo associato M − λI Sappiamo che un sistema omogeneo in tre incognite ammette altre (infinite) soluzioni oltre a quella nulla se la matrice dei
2. SOLUZIONI
253
coefficienti ha rango minore di 3. Quindi T ha degli autovettori se la matrice dei coefficienti determinata ha rango minore di tre, ovvero determinante nullo: 1−λ 2 3 3−λ 1 = (1 − λ)(3 − λ)(4 − λ). det 0 0 0 4−λ Quindi
λ1 = 1 det(M − λI) = 0 ⇒ autovalori di M : λ2 = 3 λ3 = 4
A questo punto possiamo gi` a affermare che la matrice M `e diagonalizzabile, in quanto ha 3 autovalori distinti, e di conseguenza 3 autovettori linearmente indipendenti. Per determinare la matrice P diagonalizzante dobbiamo trovare gli autospazi E(λi ) relativi ad ogni autovalore λi . Determiniamo l’autospazio relativo all’autovalore λ1 = 1 calcolando la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice M − λI = M − I 0 2 3 | 0 2y + 3z = 0 x = t 0 2 1 | 0 ⇒ 2y + z = 0 ⇒ y = 0 ⇒ (x, y, z) = (1, 0, 0)t, ∀t ∈ R 0 0 3 | 0 −2z = 0 z=0
Quindi T (1, 0, 0) = λ · (1, 0, 0) = 1 · (1, 0, 0) e E(1) = h(1, 0, 0)i. Determiniamo ora l’autospazio relativo all’autovalore λ2 = 3 calcolando la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice M − λI = M − 3I ( −2 2 3 | 0 x = t 0 0 1 | 0 ⇒ −2x + 2y + 3z = 0 ⇒ y = t ⇒ (x, y, z) = (1, 1, 0)t, ∀t ∈ R z=0 0 0 1 | 0 z=0
Quindi T (1, 1, 0) = λ · (1, 1, 0) = 3 · (1, 1, 0) e E(3) = h(1, 1, 0)i. Determiniamo infine l’autospazio relativo all’autovalore λ3 = 4 calcolando la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice M − λI = M − 4I 5 ( x= t −3 2 3 | 0 3 5 0 −1 1 | 0 ⇒ −3x + 2y + 3z = 0 ⇒ , 1, 1 t, ⇒ (x, y, z) = y=t 3 −y + z = 0 0 0 0 | 0 z=t
Quindi T (5, 3, 3) = λ · (5, 3, 3) = 4 · (5, 3, 3) e E(4) = h(5, 3, 3)i. L’insieme B = {v1 = (1, 0, 0), v2 = (1, 1, 0), v3 = (5, 3, 3)} `e una base di R3 formata da autovettori di T . La matrice P diagonalizzante (cio´e tale che P −1 AP = D) `e la matrice di transizione dalla base B alla base canonica C cio`e la matrice che ha per colonne i tre autovettori di B (espressi rispetto a C): 1 0 0 1 1 5 con D = MB (T ) = P −1 M P = 0 3 0 P = MBC = 0 1 3 0 0 4 0 0 3 Notiamo che la matrice diagonale D `e la matrice associata a T rispetto alla base B formata dagli autovettori. Poich´e T (v1 ) = T (1, 0, 0) = 1 · (1, 0, 0) = v1 = (1, 0, 0)B
T (v2 ) = T (1, 1, 0) = 3 · (1, 1, 0) = 3v2 = (0, 3, 0)B
T (v3 ) = T (5, 3, 3) = 4 · (5, 3, 3) = 4v3 = (0, 0, 4)B la matrice D = MB (T ) `e la matrice diagonale formata dai tre autovalori. Consideriamo ora la matrice
2 0 M = 0 0
1 3 0 0
1 4 5 0
0 0 0 2
254
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Un autovalore di T `e un numero λ ∈ R per cui esiste un vettore v = (x, y, z, w) non nullo tale che T (v) = λv. I vettori v tale che T (v) = λv sono detti autovettori di T relativi a λ. Si tratta quindi di verificare per quali λ ∈ R l’equazione T (v) = λ v ammette soluzione non nulla. Come nel caso precedente otteniamo che le soluzioni dell’equazione T (v) = λv sono le stesse soluzioni del sistema omogeneo associato a M − λI; quindi T (v) = λv per qualche v 6= 0 se la matrice M − λI ha rango minore di 4 ovvero determinante nullo: 2−λ 1 1 0 0 3−λ 4 0 = (2 − λ)(3 − λ)(5 − λ)(2 − λ) det(M − λI) = det 0 0 5−λ 0 0 0 0 2−λ Quindi
λ1 = 2 det(M − λI) = 0 ⇒ autovalori di M : λ2 = 3 λ3 = 5
(doppio)
A questo punto non possiamo concludere nulla circa la diagonalizzabilit`a di M in quanto abbiamo trovato un autovalore doppio. In particolare se E(2) ha dimensione 2 allora M `e diagonalizzabile. Viceversa se E(2) ha dimensione 1 allora M non `e diagonalizzabile. Determiniamo l’autospazio relativo all’autovalore λ1 = 2 calcolando la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice M − λI = M − 2I x=t 0 1 1 0 | 0 y+z =0 0 1 4 0 | 0 y=0 0 0 3 0 | 0 ⇒ y + 4z = 0 ⇒ z = 0 3z = 0 0 0 0 0 | 0 w=s ⇒ (x, y, z, w) = (1, 0, 0, 0)t + (0, 0, 0, 1)s
∀t, s ∈ R
Quindi T (1, 0, 0, 0) = λ · (1, 0, 0, 0) = 2 · (1, 0, 0, 0), T (0, 0, 0, 1) = λ · (0, 0, 0, 1) = 2 · (0, 0, 0, 1) e E(2) = h(1, 0, 0, 0), (0, 0, 0, 1)i. Abbiamo cos`ı trovato che l’autovalore λ = 2 ha molteplicit` a geometrica 2, uguale alla sua molteplicit` a algebrica. Di conseguenza M `e diagonalizzabile in quanto ha sicuramente 4 autovettori linearmente indipendenti. Determiniamo ora l’autospazio relativo all’autovalore λ2 = 3 calcolando la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice M − λI = M − 3I
−1 0 0 0
1 0 0 0
1 4 2 0
0 0 0 −1
| | | |
−x + y + z = 0 0 4z = 0 0 ⇒ 0 2x = 0 0 −w = 0
⇒ (x, y, z, w) = (1, 1, 0, 0)t,
∀t ∈ R
x = t y = t ⇒ z = 0 w=0
Quindi T (1, 1, 0, 0) = λ · (1, 1, 0, 0) = 3 · (1, 1, 0, 0) e E(3) = h(1, 1, 0, 0)i. Determiniamo infine l’autospazio relativo all’autovalore λ3 = 5 calcolando la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice M − λI = M − 5I
−3 0 0 0
1 −2 0 0
1 0 4 0 0 0 0 −3
| | | |
0 −3x + y + z = 0 0 ⇒ −2y + 4z = 0 0 −3w = 0 0
⇒ (x, y, z, w) = (1, 2, 1, 0) t,
∀t ∈ R
x=t y = 2t ⇒ z = t w=0
Quindi T (1, 2, 1, 0) = λ · (1, 2, 1, 0) = 5 · (1, 2, 1, 0) e E(5) = h(1, 2, 1, 0)i. L’insieme B = {v1 = (1, 0, 0, 0), v2 = (0, 0, 0, 1), v3 = (1, 1, 0, 0), v4 = (1, 2, 1, 0)} `e una base di R4 formata da autovettori di T . La matrice P diagonalizzante (cio´e tale che P −1 AP = D) `e la matrice di transizione dalla base B alla base canonica C cio`e la matrice che ha per colonne i tre autovettori di B
2. SOLUZIONI
(espressi rispetto a C):
1 0 P = MBC = 0 0
0 0 0 1
1 2 1 0
1 1 0 0
255
2 0 D = MB (T ) = P −1 M P = 0 0
con
0 2 0 0
0 0 0 5
0 0 3 0
Notiamo che la matrice diagonale D `e la matrice associata a T rispetto alla base B formata dagli autovettori. Poich´e T (v1 ) = 2v1 = (2, 0, 0, 0)B ,
T (v2 ) = 2v2 = (0, 2, 0, 0)B
T (v3 ) = 3v3 = (0, 0, 3, 0)B ,
T (v4 ) = 5v4 = (0, 0, 0, 5)B
la matrice D = MB (T ) `e la matrice diagonale formata dagli autovalori. Esercizio 9.6. Date le matrici −1 1 A= 0 −1
2 1
−1 B= −3
−3 4 C= 1 0
a) Si determini il polinomio caratteristico di ciascuna matrice. b) Si determinino gli autovalori, e i relativi autospazi, di ciascuna matrice. c) Si stabilisca se le matrici sono diagonalizzabili.
Soluzione: Consideriamo la matrice A. a) Calcoliamo il polinomio caratterristico di A: pA (λ) = det (A − λI) = det
−1 − λ 0
=(−1 − λ)(−1 − λ) = (−1 − λ)2
1 −1 − λ
b) Gli autovalori di A sono dati dagli zeri del suo polinomio caratteristico, quindi A ha un solo autovalore (doppio): λ = −1
Inoltre il relativo autospazio `e la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice A − λI, con λ = −1: ( y=0 0 1 | 0 ⇒ ⇒ (x, y) = (t, 0) ∀ t ∈ R 0 0 | 0 0=0 Quindi E(−1) = h(1, 0)i
c) La matrice A non `e diagonalizzabile in quanto `e una matrice 2 × 2 con un solo autovalore linearmente indipendente. Consideriamo la matrice B. a) Calcoliamo il polinomio caratterristico di B: pB (λ) = det (B − λI) = det
−1 − λ −3
=(−1 − λ)(1 − λ) + 6 = λ2 + 5
2 1−λ
b) Poich`e il polinomio caratteristico di B non ha zeri reali B non ha autovalori. c) La matrice B non `e diagonalizzabile in quanto `e una matrice 2 × 2 priva di autovalori. Consideriamo la matrice C. a) Calcoliamo il polinomio caratterristico di C: pC (λ) = det (C − λI) = det
−3 − λ 1
4 −λ
=(−3 − λ)(−λ) − 4 = λ2 + 3λ − 4
256
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
b) Gli autovalori di C sono dati dagli zeri del suo polinomio caratteristico: λ2 + 3λ − 4 = 0 → λ1 = −4, λ2 = 1 Quindi C ha due autovalori: λ1 = −4,
λ2 = 1
Consideriamo prima λ1 = −4. Il relativo autospazio `e la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice C − λI, con λ = −4: 1 4 | 0 1 4 | 0 ⇒ ⇒ II − I 0 0 | 0 1 4 | 0 ( ( x + 4y = 0 x = −4t ⇒ ⇒ (x, y) = (−4t, t) ∀ t ∈ R 0=0 y=t Quindi E(−4) = h(−4, 1)i Consideriamo ora λ2 = 1. Il relativo autospazio `e la soluzione del sistema omogeneo associato alla matrice C − λI, con λ = 1: 1 −1 | 0 II −4 4 | 0 ⇒ ⇒ 4II + I 0 0 | 0 1 −1 | 0 ( ( x−y =0 x=t ⇒ ⇒ (x, y) = (t, t) ∀ t ∈ R 0=0 y=t Quindi E(1) = h(1, 1)i c) La matrice C `e diagonalizzabile in quanto `e una matrice 2 × 2 con due autovalori distinti (di molteplicit` a algebrica 1), quindi C ha due autovettori linearmente indipendenti. Esercizio 9.7. Date 2 1 A = 0 1 0 2
le matrici 0 −1 4
−3 B = −7 −6
1 −1 5 −1 6 −2
1 C = 3 6
a) Si determini il polinomio caratteristico di ciascuna matrice. b) Si determinino gli autovalori, e i relativi autospazi, di ciascuna matrice. c) Si stabilisca se le matrici sono diagonalizzabili.
−3 3 −5 3 −6 4
Soluzione: Consideriamo la matrice A. a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 2−λ pA (λ) = det(A − λI) = det 0 0
1 1−λ 2
0 −1 4−λ
= (2 − λ)[(1 − λ)(4 − λ) + 2] = (2 − λ)(λ2 − 5λ + 6)
b) Gli autovalori di A sono gli zeri del suo polinomio caratteristico: (2 − λ)(λ2 − 5λ + 6) = 0 ⇒ (2 − λ) = 0 oppure (λ2 − 5λ + 6) = 0 ⇒ λ1 = 2, λ2 = 2, λ3 = 3
Di conseguenza gli autovalori di A sono λ1 = 2 λ2 = 3
doppio
2. SOLUZIONI
257
Consideriamo prima l’autovalore λ = 2. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice A − λI, con λ = 2:
0 1 0 −1 0 2 y = 0 −y − z 0=0
Quindi
0 | −1 | 2 | =0
0 0 1 0 | 0 0 −1 −1 | 0 ⇒ 0 ⇒ III + 2II 0 0 0 0 | 0 x = t ⇒ ⇒ (x, y, z) = (t, 0, 0) ∀t ∈ R y=0 z=0 E(2) = h(1, 0, 0)i
Consideriamo ora l’autovalore λ = 3. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice A − λI, con λ = 3:
Quindi
−1 1 0 0 −2 −1 0 2 1 −x + y = 0 −2y − z = 0 0=0
| | |
−1 1 0 | 0 0 0 −2 −1 | 0 ⇒ 0 ⇒ III + II 0 0 0 | 0 0 x = t ⇒ y=t ⇒ (x, y, z) = (t, t, −2t) ∀t ∈ R z = −2t E(3) = h(1, 1, −2)i
c) La matrice A non `e diagonalizzabile in quanto l’autovalore λ = 2 ha molteplicit` a algebrica due (`e zero doppio del polinomio caratteristico), ma ha molteplicit` a geometrica uno (il relativo autospazio E(2) ha dimensione uno). Di conseguenza esistono solamente due autovettori linearmente indipendenti e non esiste una base di R3 formata da autovettori di A. Consideriamo ora la matrice B. a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di B:
−3 − λ pB (λ) = det(B − λI) = det −7 −6
1 5−λ 6
−1 −1 −2 − λ
= (−3 − λ)[(5 − λ)(−2 − λ) + 6] − 1[−7(−λ − 2) − 6] − [−42 + 6(5 − λ)] = (−3 − λ)(λ2 − 3λ − 4) − 7λ − 8 + 12 + 6λ
= (−3 − λ)(λ − 4)(λ + 1) − λ + 4 = (λ − 4)[(−3 − λ)(λ + 1) − 1] = (λ − 4)[−λ2 − 4λ − 4]
b) Gli autovalori di B sono gli zeri del suo polinomio caratteristico: (λ − 4)(−λ2 − 4λ − 4) = 0
⇒ (λ − 4) = 0 oppure (−λ2 − 4λ − 4) = 0 ⇒ λ1 = 4, λ2 = −2, λ3 = −2
Di conseguenza gli autovalori di B sono λ1 = 4 λ2 = −2 doppio
258
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Consideriamo prima l’autovalore λ = 4. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice B − λI, con λ = 4: −7 1 −1 | 0 −7 1 −1 | 0 −7 1 −1 | 0 ⇒ II − I 0 0 0 | 0 ⇒ 1/6III −1 1 −1 | 0 −6 6 −6 | 0 −7 1 −1 | 0 −7x + y − z = 0 x = 0 0 0 0 | 0 ⇒ ⇒ 0=0 y=t III − I 6 0 0 | 0 6x = 0 z=t ⇒ (x, y, z) = (0, t, t)
∀t ∈ R
Quindi E(4) = h(0, 1, 1)i Consideriamo ora l’autovalore λ = −2. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice B − λI, con λ = −2: −1 1 −1 | 0 −1 1 0 | 0 −7 7 −1 | 0 ⇒ II − 7I 0 0 6 | 0 ⇒ −6 6 0 | 0 III − II 0 0 6 | 0 −1 1 0 | 0 −x + y = 0 x = t 0 0 6 | 0 ⇒ ⇒ y=t z=0 III − II 0 0 0 | 0 0=0 z=0 ⇒ (x, y, z) = (t, t, 0)
∀t ∈ R
Quindi E(−2) = h(1, 1, 0)i c) La matrice B non `e diagonalizzabile in quanto l’autovalore λ = −2 ha molteplicit` a algebrica due (`e zero doppio del polinomio caratteristico), ma ha molteplicit` a geometrica uno (il relativo autospazio E(−2) ha dimensione uno). Infatti abbiamo determinato due soli autovettori linearmente indipendenti. Consideriamo ora la matrice C. a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di C: 1−λ −3 3 −5 − λ 3 pC (λ) = det(C − λI) = det 3 6 −6 4−λ
= (1 − λ)[(−5 − λ)(4 − λ) + 18] + 3[3(4 − λ) − 18] + 3[−18 − 6(−5 − λ)]
= (1 − λ)(λ2 + λ − 2) − 18 − 9λ + 36 + 18λ
= (1 − λ)(λ − 1)(λ + 2) + 9λ + 18 = (λ + 2)[(1 − λ)(λ − 1) + 9]
= (λ + 2)[−λ2 + 2λ + 8]
b) Gli autovalori di C sono gli zeri del suo polinomio caratteristico: (λ + 2)(−λ2 + 2λ + 8) = 0 ⇒ (λ + 2) = 0 oppure (−λ2 + 2λ + 8) = 0 ⇒ λ1 = −2, λ2 = −2, λ3 = 4
Di conseguenza gli autovalori di C sono λ1 = −2 doppio λ2 = 4
2. SOLUZIONI
259
Consideriamo prima l’autovalore λ = −2. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice C − λI, con λ = −2: 1 −1 1 | 0 1/3I 3 −3 3 | 0 3 −3 3 | 0 ⇒ II − I 0 0 0 | 0 ⇒ III − 2I 0 0 0 | 0 6 −6 6 | 0 x = t − s x − y + z = 0 ⇒ y=t 0=0 z=s 0=0 ⇒ (x, y, z) = (t − s, t, s) = (t, t, 0) + (−s, 0, s)
∀s, t ∈ R
Quindi E(−2) = h(1, 1, 0), (−1, 0, 1)i A questo punto possiamo gi` a affermare che C `e diagonalizzabile in quanto λ = 4 ha molteplicit` a algebrica 1 e λ = −2 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 2. Consideriamo ora l’autovalore λ = 4. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice C − λI, con λ = 4: 1/3I −3 −3 3 | 0 −1 −1 1 | 0 3 −9 3 | 0 ⇒ II + I 0 −12 6 | 0 ⇒ III + 2II 0 6 −6 0 | 0 0 6 | 0 −x − y + z = 0 x = t ⇒ y=t −2y + z = 0 0=0 z = 2t ⇒ (x, y, z) = (t, t, 2t)
∀t ∈ R
Quindi E(4) = h(1, 1, 2)i c) La matrice C `e diagonalizzabile in quanto l’autovalore λ = 4 ha molteplicit` a algebrica e geometrica uno, e l’autovalore λ = −2 ha molteplicit` a algebrica due (`e zero doppio del polinomio caratteristico) e ha molteplicit` a geometrica due (il relativo autospazio E(−2) ha dimensione due). Esercizio 9.8. Sia T l’endomorfismo definito dalla matrice associata rispetto alla base canonica: 0 6 0 A = M (T ) = 1 0 1 1 0 1 a) b) c) d)
Determinare Nucleo e Immagine di T . Determinare autovalori e autovettori di T . Stabilire se T `e diagonalizzabile. Stabilire se esiste una base di R3 formata da autovettori di A, e in caso positivo determinarla.
Soluzione: a) Riduciamo a gradini la matrice A: 1 II 0 6 0 0 I A = 1 0 1 ⇒ III − II 0 1 0 1 Notiamo che rg(A) = 2, di conseguenza: dim(Im(T )) = rg(A) = 2,
0 1 6 0 0 0
dim(N(T )) = 3 − rg(A) = 1
Inoltre una base dell’immagine di T `e B(Im(T )) = {T (e1 ), T (e2 )} = {(0, 1, 1), (6, 0, 0)}
260
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Per determinare il nucleo dobbiamo risolvere il sistema omogeneo associato a A: ( x = −t x+z =0 ∀t ∈ R ⇒ y=0 6y = 0 z=t B(N(T )) = {(−1, 0, 1)}
b) Calcoliamo il polinomio caratteristico di T : pA (λ) = −λ[−λ(1 − λ)] − 6[1 − λ − 1] = λ2 (1 − λ) + 6λ = λ(−λ2 + λ + 6) Quindi gli autovalori di T sono: λ1 = 0 singolo λ2 = −2 singolo λ3 = 3 singolo
c) Possiamo gi` a rispondere alla seconda domanda in quanto gli autovalori sono tutti singoli, quindi la matrice `e sicuramente diagonalizzabile. b) Calcoliamo l’autospazio E(0) relativo all’autovalore λ1 = 0 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A: ( 0 6 0 | 0 x = t 1 0 1 | 0 ⇒ 6y = 0 ∀t ∈ R ⇒ y=0 x+z =0 1 0 1 | 0 z = −t Di conseguenza E(0) = h(1, 0, −1)i. Analogamente calcoliamo l’autospazio E(−2) relativo all’autovalore λ2 = −2 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A + 2I: ( 1/2I 1 3 0 | 0 2 6 0 | 0 1 2 1 | 0 ⇒ II − 1/2I 0 −1 1 | 0 ⇒ x + 3y = 0 −y + z = 0 III − II 0 −2 2 | 0 1 0 3 | 0 x = −3t ⇒ y=t ∀t ∈ R ⇒ E(−2) = h(−3, 1, 1)i z=t
Infine calcoliamo l’autospazio E(3) relativo all’autovalore λ3 = 3 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 3I: ( −3 6 0 | 0 1/3I −1 2 0 | 0 1 −3 1 | 0 ⇒ II + 1/3I 0 −1 1 | 0 ⇒ −x + 2y = 0 −y + z = 0 1 0 −2 | 0 III − II 0 3 −3 | 0 x = 2t ⇒ y=t ∀t ∈ R ⇒ E(3) = h(2, 1, 1)i z=t
d) Poich`e T `e diagonalizzabile esiste una base di R3 formata da autovettori di T : B(R3 ) = {(1, 0, −1), (−3, 1, 1), (2, 1, 1) }
3
3
Esercizio 9.9. Sia T : R → R l’endomorfismo a cui `e associata la matrice 2 0 0 A = 0 −2 −6 0 2 5 a) Si determinino gli autovalori di T e si stabilisca se T `e diagonalizzabile. b) Si determini una base di R3 formata da autovettori di T .
Soluzione:
2. SOLUZIONI
261
a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A sviluppando rispetto alla prima riga: 2−λ 0 0 −2 − λ −6 pA (λ) = det(A − λI) = det 0 0 2 5−λ = (2 − λ)[(−2 − λ)(5 − λ) + 12] = (2 − λ)(λ2 − 3λ + 2)
Gli autovalori di A sono gli zeri del suo polinomio caratteristico: λ1 = 2
doppio
λ2 = 1
singolo
T `e diagonalizzabile se l’autospazio E(2) ha dimensione 2. Risolviamo quindi il sistema omogeneo associato alla matrice A − λI, con λ = 2: 0 0 0 | 0 0 0 0 | 0 x = s 0 −4 −6 | 0 ⇒ −1/2II 0 2 3 | 0 ⇒ 2y + 3z = 0 ⇒ y = − 3 t 2 0 2 3 | 0 2III + II 0 0 0 | 0 z=t 3 ∀s, t ∈ R ⇒ E(2) = h(1, 0, 0), (0, −3, 2)i ⇒ (x, y, z) = s, − t, t 2 Poich´e E(1) ha sicuramente dimensione 1, la somma delle dimensioni degli autospazi `e 3 = dim(R3 ) e T `e diagonalizabile. b) Per determinare una base di R3 formata da autovettori dobbiamo determinare anche l’autospazio E(1). Risolviamo quindi il sistema omogeneo associato alla matrice A − λI, con λ = 1: ( 1 0 0 | 0 1 0 0 | 0 0 −3 −6 | 0 ⇒ −1/3II 0 1 2 | 0 ⇒ x = 0 ⇒ y + 2z = 0 0 2 4 | 0 3III + 2II 0 0 0 | 0 x = 0 y = −2t ⇒ (x, y, z) = (0, −2t, t) ∀t ∈ R ⇒ E(1) = h(0, −2, 1)i z=t Infine la base di R3 cercata `e
B = {(1, 0, 0), (0, −3, 2), (0, −2, 1)} Esercizio 9.10. Si consideri la matrice
2 2 A= 1 3
a) b) c) d)
Si determini il polinomio caratteristico pA (λ) e gli autovalori di A. Si determini l’autospazio E(λ) relativo ad ogni autovalore λ trovato. Si verifichi che A `e diagonalizzabile. Si trovi la matrice invertibile P tale che P −1 AP sia diagonale (una tale matrice P `e detta diagonalizzante ed ha per colonne gli autovalori di P ). e) Si trovi la matrice diagonale B simile alla matrice A.
Soluzione: a) Il polinomio caratteristico di A `e pA (λ) = det(A − λI) = det = λ2 − 5λ + 4
2−λ 1
2 3−λ
= (2 − λ)(3 − λ) − 2
Cerchiamo ora i valori di λ per cui pA (λ) = 0, trovando che gli autovalori di A sono λ1 = 1 λ2 = 4
262
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
b) Consideriamo prima l’autovalore λ = 1, e risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 1 · I: 1 2 | 0 1 2 | 0 ⇒ II − I 0 0 | 0 1 2 | 0 ( x = −2t ⇒ ⇒ (x, y) = (−2t, t) ∀t ∈ R y=t Di conseguenza E(1) = h(−2, 1)i Consideriamo ora l’autovalore A − 4 · I: −2 2 | 1 −1 | ( x=t ⇒ y=t
λ = 4, e risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice 0 0
⇒
1 II 2II + I 0
⇒ (x, y) = (t, t)
−1 | 0 |
0 0
∀t ∈ R
Di conseguenza E(4) = h(1, 1)i c) La somma delle dimensioni degli autospazi `e 2, quindi A `e diagonalizzabile. In realt`a essendo i due autovalori singoli eravamo gi` a certi della diagonalizzabilit`a anche senza calcolare gli autospazi. d) La matrice P cercata `e la matrice di transizione da B alla base canonica di C di R2 , dove B indica la nuova base formata dagli autovettori B = {(−2, 1), (1, 1)} Tale matrice ha per colonne i vettori della base −2 P = 1
di partenza B: 1 1
e) La matrice B si trova immediatamente utilizzando la matrice P determinata al punto precedente. Infatti B = P −1 AP . Ora 1 1 − P −1 13 32 3
Quindi B=P
−1
AP =
− 31 1 3
1 3 2 3
2 1
2 −2 1 3
3
1 − 1 = 43 1 3
1 3 8 3
−2 1
1 0 1 = 0 4 1
Notiamo che la matrice B `e, come ci aspettavamo, la matrice diagonale con gli autovettori sulla diagonale. Esercizio 9.11. Si ripeta l’esercizio precedente con le matrici A=
5 1
3 3
1 A = 3 6
Soluzione: Consideriamo la matrice
5 3 A= 1 3 a) Il polinomio caratteristico di A `e pA (λ) = det(A − λI) = det = λ2 − 8λ + 12
5−λ 1
−3 3 −5 3 −6 4
3 3−λ
= (5 − λ)(3 − λ) − 3
2. SOLUZIONI
263
Cerchiamo ora i valori di λ per cui pA (λ) = 0, trovando che gli autovalori di A sono λ1 = 2 λ2 = 6 b) Consideriamo prima l’autovalore λ = 2, e risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 2 · I: 1 1 | 0 II 3 3 | 0 ⇒ 3II − I 0 0 | 0 1 1 | 0 ( x=t ⇒ ⇒ (x, y) = (t, −t) ∀t ∈ R y = −t Di conseguenza E(2) = h(1, −1)i Consideriamo ora l’autovalore λ = 6, e risolviamo il A − 6 · I: −1 −1 3 | 0 ⇒ II + I 0 1 −3 | 0 ( x = 3t ⇒ ⇒ (x, y) = (3t, t) y=t
sistema omogeneo associato alla matrice 3 0
| |
0 0
∀t ∈ R
Di conseguenza E(6) = h(3, 1)i c) Come nell’esercizio precedente A `e diagonalizzabile perch´e la somma delle dimensioni degli autospazi `e 2 (o perch´e i due autovalori sono singoli). d) La matrice P cercata `e la matrice di transizione da B alla base canonica di R2 , dove B indica la nuova base formata dagli autovettori B = {(1, −1), (3, 1)} Tale matrice ha per colonne i vettori della base 1 P = −1
B: 3 1
e) Gi` a sappiamo che la matrice B `e la matrice diagonale formata dagli autovalori di A. Lo stesso risulato lo troviamo utilizzando la matrice P determinata al punto precedente. Infatti B = P −1 AP . Ora 2 0 B = P −1 AP = 0 6 Consideriamo ora la matrice
1 A = 3 6
−3 3 −5 3 −6 4
a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 1−λ −3 −5 − λ pA (λ) = det(A − λI) = det 3 6 −6
3 3 4−λ
= (1 − λ)[(−5 − λ)(4 − λ) + 18] + 3[3(4 − λ) − 18] + 3[−18 − 6(−5 − λ)]
= (1 − λ)(λ2 + λ − 2) − 18 − 9λ + 36 + 18λ
= (1 − λ)(λ − 1)(λ + 2) + 9λ + 18 = (λ + 2)[(1 − λ)(λ − 1) + 9]
= (λ + 2)[−λ2 + 2λ + 8]
264
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Gli autovalori di A sono gli zeri del suo polinomio caratteristico: (λ + 2)(−λ2 + 2λ + 8) = 0 ⇒ (λ + 2) = 0 oppure (−λ2 + 2λ + 8) = 0 ⇒ λ1 = −2, λ2 = −2, λ3 = 4
Di conseguenza gli autovalori di A sono λ1 = −2 doppio λ2 = 4
Notiamo che in questo caso non possiamo affermare che A `e diagonalizzabile in quanto dipende dalla diemsione dell’autospazio E(−2). b) Consideriamo prima l’autovalore λ = −2. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice A − λI, con λ = −2: 1/3I 1 −1 1 | 0 3 −3 3 | 0 3 −3 3 | 0 ⇒ II − I 0 0 0 | 0 ⇒ III − 2I 0 0 0 | 0 6 −6 6 | 0 x − y + z = 0 x = t − s ⇒ 0=0 y=t 0=0 z=s ⇒ (x, y, z) = (t − s, t, s) = (t, t, 0) + (−s, 0, s)
∀s, t ∈ R
Quindi E(−2) = h(1, 1, 0), (−1, 0, 1)i A questo punto possiamo gi` a affermare che A `e diagonalizzabile in quanto λ = 4 ha molteplicit` a algebrica 1 e λ = −2 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 2. Consideriamo ora l’autovalore λ = 4. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice A − λI, con λ = 4: 1/3I −3 −3 3 | 0 −1 −1 1 | 0 3 −9 3 | 0 ⇒ II + I 0 −12 6 | 0 ⇒ III + 2II 0 6 −6 0 | 0 0 6 | 0 x = t −x − y + z = 0 ⇒ y=t −2y + z = 0 z = 2t 0=0 ⇒ (x, y, z) = (t, t, 2t)
∀t ∈ R
Quindi E(4) = h(1, 1, 2)i c) La matrice C `e diagonalizzabile in quanto la somma delle dimensioni degli autospazi `e 3. d) La matrice P cercata `e la matrice di transizione da B alla base canonica di R3 , dove B indica la nuova base formata dagli autovettori B = {(1, 1, 0), (−1, 0, 1), (1, 1, 2)} Tale matrice ha per colonne i vettori della base B: 1 −1 1 P = 1 0 1 0 1 2
e) Gi` a sappiamo che la matrice B `e la matrice diagonale formata dagli autovalori di A. Lo stesso risulato lo troviamo utilizzando la matrice P determinata al punto precedente. −2 0 0 B = P −1 AP = 0 −2 0 0 0 4
2. SOLUZIONI
265
Esercizio 9.12. Sia T : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da T (x, y, z) = (x, y + 3z, x + y − z) a) Si determinino gli autovalori, autovettori e autospazi di T . b) Si stabilisca se T `e diagonalizzabile, e in caso positivo si determini la matrice P diagonalizzante. c) Si determini una base B di R3 tale che la matrice associata a T rispetto a B sia diagonale e si determini esplicitamente tale matrice diagonale. Soluzione: Determiniamo innanzittutto la matrice A associata a T rispetto alla base canonica, ovvero la matrice che ha per colonne T (e1 ), T (e2 ), T (e3 ): 1 0 0 A = 0 1 3 1 1 −1 a) Per calcolare gli autovalori di T (cio`e di A) determiniamo il polinomio caratteristico di A: 1−λ 0 0 1−λ 3 = (1 − λ)[(1 − λ)(−1 − λ) − 3] pA (λ) = det 0 1 1 −1 − λ =(1 − λ)(λ2 − 4)
Risolvendo pA (λ) = 0 troviamo che gli autovalori di A sono λ1 = 2,
λ2 = −2,
λ3 = 1
b) Avendo 3 autovalori distinti la matrice A, e quindi T , `e sicuramente diagonalizzabile. Per calcolare la matrice diagonalizzante dobbiamo determinare gli autospazi. Consideriamo prima l’autovalore λ = 2, e matrice A − 2I: −1 0 0 −1 0 0 | 0 0 −1 3 0 −1 3 | 0 ⇒ 1 −3 III + I 0 1 1 −3 | 0 x = 0 ⇒ y = 3t ⇒ (x, y, z) = (0, 3, 1) · t ∀t ∈ R z=t
risolviamo il sistema omogeneo associato alla | | |
−1 0 0 0 0 −1 3 0 ⇒ 0 0 III + II 0 0 ⇒
| | |
0 0 0
E(2) = h(0, 3, 1)i
Consideriamo ora l’autovalore λ = −2, e risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice A + 2I: 1/3I 3 0 0 | 0 1 0 0 | 0 1 0 0 | 0 0 3 3 | 0 ⇒ 0 1 1 | 0 ⇒ 0 1 1 | 0 III − 1/3I 0 1 1 | 0 1 1 1 | 0 III − II 0 0 0 | 0 x = 0 ⇒ E(−2) = h(0, −1, 1)i ⇒ y = −t ⇒ (x, y, z) = (0, −1, 1) · t ∀t ∈ R z=t
Consideriamo infine l’autovalore λ = 1, e risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice A − I: 0 0 0 | 0 x = −t 0 0 3 | 0 ⇒ y = t ⇒ (x, y, z) = (−1, 1, 0) · t ∀t ∈ R 1 1 −2 | 0 z=0 Di conseguenza E(1) = h(−1, 1, 0)i.
La matrice P cercata `e la matrice di transizione da B alla base canonica di R3 , dove B indica la nuova base formata dagli autovettori B = {(0, 3, 1), (0, −1, 1), (−1, 1, 0)}
266
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Di conseguenza:
0 0 P = 3 −1 1 1
−1 1 0
c) La base cercata `e la base B di autovettori trovata al punto precedente. Inoltre la matrice D diagonale associata a T rispetto a B `e la matrice D = P −1 AP che ha sulla diagonale gli autovalori. 2 0 0 D = 0 −2 0 0 0 1
Esercizio 9.13. [Esercizio 21) cap. 7 del testo Geometria Scapellato] Discutere la diagonalizzabilit` a delle seguenti matrici al variare 3 1 1 1 0 1 1 0 C = 0 k B = 0 k 1 A = 0 k 0 0 0 0 0 1 0 0 2
e algebra lineare di Manara, Perotti, del parametro reale k. 1 1 5 4 D = 0 k 0 0 1
0 0 1
Soluzione: Consideriamo la matrice A e calcoliamone il polinomio caratteristico. Gli autovalori di A sono quindi
pA (λ) = (1 − λ)(k − λ)(2 − λ) λ = 1,
λ = 2,
λ=k
Dobbiamo distinguere tre casi: • Se k 6= 1, 2, allora A ha tre autovalori distinti quindi `e sicuramente diagonalizzabile. • Se k = 1 la matrice A diventa 1 1 0 A = 0 1 0 0 0 2 ed ha come autovalori
λ=1
doppio,
λ=2
Si tratta quindi di controllare se λ = 1 ha anche molteplicit` a geometrica 2, ovvero se E(1) ha dimensione 2. Risolviamo il sistema omogeneo associato a A − I: 0 1 0 | 0 x = t 0 0 0 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ E(1) = h (1, 0, 0) i 0 0 1 | 0 z=0
Quindi λ = 1 ha molteplicit` a algebrica 2, ma molteplicit` a geometrica 1, e A non `e diagonalizzabile. • Se k = 2 la matrice A diventa 1 1 0 A = 0 2 0 0 0 2 ed ha come autovalori
λ = 1,
λ=2
doppio
Si tratta quindi di controllare se λ = 2 ha anche molteplicit` a geometrica 2, ovvero se E(2) ha dimensione 2. Risolviamo il sistema omogeneo associato a A − 2I: −1 1 0 | 0 x = s 0 0 0 | 0 ⇒ y = s ⇒ E(2) = h (1, 1, 0), (0, 0, 1) i 0 0 0 | 0 z=t
Quindi λ = 2 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 2 (e λ = 1 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 1), e A `e diagonalizzabile.
2. SOLUZIONI
267
Consideriamo ora la matrice B e calcoliamone il polinomio caratteristico. Gli autovalori di B sono quindi
pB (λ) = (1 − λ)2 (k − λ) λ = 1 almeno doppio,
λ=k
Poich`e B ha l’autovalore λ = 1 almeno doppio (triplo se k = 1) determiniamo subito l’autospazio relativo E(1) risolvendo il sistema omogeneo associato a B − I: 0 1 0 | 0 x = t 0 k − 1 1 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ E(1) = h (1, 0, 0) i 0 0 0 | 0 z=0 Quindi λ = 1 ha molteplicit` a algebrica almeno 2, ma molteplicit` a geometrica 1, e B non `e diagonalizzabile.
Consideriamo la matrice C e calcoliamone il polinomio caratteristico. Gli autovalori di C sono
pC (λ) = (3 − λ)(k − λ)(1 − λ) λ = 1,
λ = 3,
λ=k
Dobbiamo distinguere tre casi: • Se k 6= 1, 3, allora C ha tre autovalori distinti quindi `e sicuramente diagonalizzabile. • Se k = 1 la matrice C diventa 3 1 5 C = 0 1 4 0 0 1 ed ha come autovalori
λ=1
doppio,
λ=3
Si tratta quindi di controllare se λ = 1 ha anche molteplicit` a geometrica 2, ovvero se E(1) ha dimensione 2. Risolviamo quindi il sistema omogeneo associato a C − I: 2 1 5 | 0 x = t 0 0 4 | 0 ⇒ y = −2t ⇒ E(1) = h (1, −2, 0) i 0 0 0 | 0 z=0
Quindi λ = 1 ha molteplicit` a algebrica 2, ma molteplicit` a geometrica 1, e C non `e diagonalizzabile. • Se k = 3 la matrice C diventa 3 1 5 C = 0 3 4 0 0 1 ed ha come autovalori
λ = 1,
λ=3
doppio
Si tratta quindi di controllare se λ = 3 ha anche molteplicit` a geometrica 2, ovvero se E(2) ha dimensione 2. Risolviamo il sistema omogeneo associato a C − 3I: 0 1 5 | 0 x = t 0 0 4 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ E(3) = h (1, 0, 0) i 0 0 −2 | 0 z=0
Quindi λ = 3 ha molteplicit` a algebrica 2, ma molteplicit` a geometrica 1, e C non `e diagonalizzabile.
Consideriamo infine la matrice D e calcoliamone il polinomio caratteristico. pD (λ) = (1 − λ)2 (k − λ)
268
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Gli autovalori di D sono quindi λ = 1 almeno doppio,
λ=k
Poich`e D ha l’autovalore λ = 1 almeno doppio (triplo se k = 1) determiniamo subito l’autospazio relativo E(1) risolvendo il sistema omogeneo associato a D − I: 0 1 0 | 0 x = t 0 k − 1 0 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ E(1) = h (1, 0, 0), (0, 0, 1) i 0 0 0 | 0 z=s
Quindi λ = 1 ha molteplicit` a geometrica 2. Dobbiamo distinguere due casi: • Se k 6= 1 l’autovalore λ = 1 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 2 (e l’autovalore λ = k 6= 1 ha molteplicit` a 1) quindi D `e diagonalizzabile. • Se k = 1 l’autovalore λ = 1 ha molteplicit` a algebrica 3, ma molteplicit` a geometrica 2 quindi D non `e diagonalizzabile. Esercizio 9.14. Sia S l’endomorfismo di R4 con matrice associata 1 2 2 4 0 1 0 0 A= 0 −1 0 −2 0 1 0 2
rispetto alla base canonica. a) Determinare autovalori e autovettori di S. b) Stabilire se S `e diagonalizzabile e in caso positivo individuare la matrice diagonalizzante. Soluzione: a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: pA (λ) = det(A − λI) = (1 − λ)2 (−λ)(2 − λ)
Gli autovalori di A sono gli zeri del suo polinomio caratteristico: λ1 = 1
doppio
λ2 = 0 λ3 = 2 Consideriamo prima l’autovalore λ = 1. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice A − I: 1/2I 0 1 1 2 | 0 0 2 2 4 | 0 0 0 0 0 | 0 0 0 0 0 | 0 0 −1 −1 −2 | 0 ⇒ III + 2I 0 0 0 0 | 0 ⇒ 0 1 0 1 | 0 0 1 0 1 | 0 x=s ( y = −t y + z + 2w = 0 ⇒ E(1) = h (1, 0, 0, 0), (0, −1, −1, 1) i ⇒ z = −t w=0 w=t
A questo punto possiamo gi` a affermare che A `e diagonalizzabile in quanto λ = 1 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 2 e gli altri autovalori sono singoli.
Consideriamo ora l’autovalore λ = 0. Il relativo autospazio `e dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice A x = −2t 1 2 2 4 | 0 x + 2y + 2z + 4w = 0 y = 0 0 1 0 0 | 0 ⇒ 0 −1 0 −2 | 0 ⇒ y = 0 z=t y + 2w = 0 0 1 0 2 | 0 w=0 ⇒ E(0) = h (−2, 0, 1, 0) i
2. SOLUZIONI
269
Consideriamo ora l’autovalore λ = 2. Il relativo autospazio `e dato omogeneo associato alla matrice A − 2I −1 2 2 4 | 0 −x + 2y + 2z + 4w = 0 0 −1 0 0 | 0 ⇒ ⇒ y=0 0 −1 −2 −2 | 0 y + 2z + 2w = 0 0 1 0 0 | 0
dalle soluzioni del sistema
b) Abbiamo gi` a osservato che T `e diagonalizzabile in quanto la somma autospazi `e 4 = dim(R4 ), inoltre la matrice diagonalizzante P `e: 1 0 0 1 0 −2 2 0 1 0 0 −1 0 0 −1 con P AP = P = 0 0 0 0 −1 1 −1 0 0 0 0 1 0 1
delle dimensioni dei suoi
⇒ E(2) = h (2, 0, −1, 1) i
x = 2t y = 0 z = −t w=t 0 0 0 2
3
Esercizio 9.15. Sia T l’endomorfismo di R cos definito: 1 T (x1 , x2 , x3 ) = x1 , x1 − x3 , x2 . 2
a) Calcolare gli autovalori e gli autovettori di T . b) T diagonalizzabile? c) Se al campo dei numeri reali si sostituisce quello dei numeri complessi, l’endomorfismo di C3 che si ottiene `e diagonalizzabile?
Soluzione: Calcoliamo la matrice A associata a T , che ha per colonne T (e1 ), T (e2 ) e T (e3 ): 1 0 0 A = 1 0 − 12 0 1 0 a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A:
1 pA (λ) = (1 − λ) λ2 + 2
Quindi A ha un solo autovalore reale λ = 1. Calcoliamo l’autospazio E(1) relativo all’autovalore λ = 1 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − I: 3 0 0 0 | 0 x = 2 t x − y − 1 z = 0 1 −1 − 1 | 0 ⇒ ⇒ y=t ∀t ∈ R 2 2 y − z = 0 0 1 −1 | 0 z=t 3 Di conseguenza E(1) = h , 1, 1 i = h(3, 2, 2)i. 2 b) T non `e daigonalizzabile in quanto ha un solo autovalore (singolo), quindi la somma delle dimensioni dei suoi autospazi `e 1 < 3. c) Se consideriamo il campo dei numeri complessi, T ha tre autovalori distinti: 1 1 λ3 = − √ i. λ1 = 1, λ2 = √ i, 2 2 Essendo 3 autovalori singoli la somma degli autospazi `e sicuramente 3 e l’endomorfismo T in questo caso risulta diagonalizzabile. Esercizio 9.16. Sia
1 A = 0 1
0 0 1 3 1 −1
270
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
la matrice associata all’applicazione lineare T : R3 → R3 rispetto alla base B = { 1, 1, 0), (0, 3, 0), (0, 1, 1) }
a) Si determinino gli autovalori di T . b) Si determinino gli autovettori e gli autospazi di T . c) Si stabilisca se T `e diagonalizzabile. Soluzione: a) Il polinomio caratteristico di A `e pA (λ) = (1 − λ) [(1 − λ)(−1 − λ) − 3] = (1 − λ)(λ2 − 4)
e gli autovalori di T sono
λ1 = 1,
λ2 = 2,
λ3 = −2
b) Calcoliamo ora gli autovettori. – Consideriamo λ = 1 e risolviamo il sistema omogeneo associato a A − I: ( 0 0 0 | 0 x = −t 0 0 3 | 0 ⇒ 3z = 0 ⇒ y=t x + y − 2z = 0 1 1 −2 | 0 z=0 Quindi gli autovettori relativi all’autovalore λ = 1 sono del tipo (x, y, z) = (−1, 1, 0)t,
∀t ∈ R
Notiamo che queste sono le componenti degli autovettori rispetto alla base B. Rispetto alla base canonica otteniamo perci`o: e
(−1, 1, 0)B = −1 · (1, 1, 0) + 1 · (0, 3, 0) + 0 · (0, 1, 1) = (−1, 2, 0) E(1) = h (−1, 2, 0) i
– Consideriamo λ = 2 e risolviamo il sistema omogeneo associato a A − 2I: −1 0 0 | 0 −1 0 0 | 0 0 −1 3 | 0 ⇒ 0 −1 3 | 0 ⇒ III + I 0 1 1 −3 | 0 1 −3 | 0 ( −1 0 0 | 0 x = 0 −x = 0 0 −1 3 | 0 ⇒ ⇒ y = 3t −y + 3z = 0 III + II 0 0 0 | 0 z=t Quindi gli autovettori relativi all’autovalore λ = 2 sono del tipo (x, y, z) = (0, 3, 1)t,
∀t ∈ R
Notiamo che queste sono le componenti degli autovettori rispetto alla base B. Rispetto alla base canonica otteniamo perci`o: e
(0, 3, 1)B = 0 · (1, 1, 0) + 3 · (0, 3, 0) + 1 · (0, 1, 1) = (0, 10, 1) E(2) = h (0, 10, 1) i
λ = −2 e risolviamo il sistema omogeneo associato a A + 2I: 0 0 | 0 1/3I 1 0 0 | 0 3 3 | 0 ⇒ 1/3II 0 1 1 | 0 ⇒ 1 1 | 0 III − 1/3I 0 1 1 | 0 ( 1 0 0 | 0 x = 0 0 1 1 | 0 ⇒ x = 0 ⇒ y = −t y+z =0 III − II 0 0 0 | 0 z=t
– Consideriamo 3 0 1
Quindi gli autovettori relativi all’autovalore λ = −2 sono del tipo (x, y, z) = (0, −1, 1)t,
∀t ∈ R
2. SOLUZIONI
271
Notiamo che queste sono le componenti degli autovettori rispetto alla base B. Rispetto alla base canonica otteniamo perci`o: e
(0, −1, 1)B = 0 · (1, 1, 0) + −1 · (0, 3, 0) + 1 · (0, 1, 1) = (0, −2, 1) E(−2) = h (0, −2, 1) i
c) La matrice A, e quindi l’applicazione T , `e diagonalizzabile perch`e ha tre autovalori distinti. Esercizio 9.17. Sia B = {v1 = (1, 0, 0), v2 = (1, 1, 0), v3 = (1, 1, 1)} una base di R3 e sia S l’endomorfismo di R3 con matrice associata rispetto a B 5 2 −2 A = MB (S) = 1 6 −5 . 3 −3 4 a) Trovare gli autovalori (reali) di S. b) Trovare gli autovettori di S e stabilire se S `e diagonalizzabile.
Soluzione: a) Gli autovalori di T non dipendono dalla base, quindi possiamo lavorare sulla matrice A: pA (λ) = (1 − λ)(λ2 − 14λ + 49)
Quindi S ha due autovalori: λ = 1 e λ = 7. b) Trovare gli autovettori di S possiamo comunque lavorare sulla matrice A ricordando per`o che i vettori trovati saranno espressi rispetto alla base B: 4 2 −2 | 0 1/2I 2 1 −1 | 0 E(1) = N (A − I) : 1 5 −5 | 0 ⇒ 2II − 1/2I 0 9 −9 | 0 3 −3 3 | 0 1/3III − II 0 −6 6 | 0 2 1 −1 | 0 x = 0 1/9II 0 1 −1 | 0 ⇒ y = t ⇒ 1/6III + 1/9II 0 0 0 | 0 z=t
Quindi l’autospazio E(1) `e Infine E(1) = h(2, 2, 1)i. Analogamente: −2 2 E(7) = N (A − 7I) : 1 −1 3 −3
generato dal vettore (0, 1, 1)B , cio`e dal vettore v2 + v3 = (2, 2, 1).
−2 | −5 | −3 |
1/2I 0 −1 1 0 ⇒ II + 1/2I 0 0 1/3III + 1/2I 0 0 0
−1 | −6 | −2 |
0 x = t 0 ⇒ y=t 0 z=0
Quindi l’autospazio E(7) `e generato dal vettore (1, 1, 0)B , cio`e dal vettore v1 + v2 = (2, 1, 0). Infine E(7) = h(2, 1, 0)i. S non `e diagonalizzabile in quanto l’autovalore λ = 7 ha molteplicit` a algebrica 2 e molteplicit` a geometrica 1.
Esercizio 9.18. Sia T l’endomorfismo di R4 definito dalla matrice 2 0 −2 0 −1 2 1 1 A= 0 0 1 0 . 1 0 −2 1
Stabilire se T `e diagonalizzabile.
Soluzione: Calcoliamo il polinomio caratteristico di A, sviluppando rispetto alla seconda colonna: pA (λ) = det(A − λI) = (2 − λ)2 (1 − λ)2
272
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Quindi gli autovalori di B sono • λ = 1 doppio, • λ = 2 doppio.
Per stabilire se T `e diagonalizzabile dobbiamo calcolare la dimensione di entrambi gli autospazi E(1) e E(2). Determiniamo E(1) risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − I: 1 0 −2 0 | 0 1 0 −2 0 | 0 ( −1 1 1 1 | 0 0 1 −1 1 | 0 x − 2z = 0 II + I 0 0 0 0 | 0 ⇒ IV − I 0 0 0 0 | 0 ⇒ y − z + w = 0 1 0 −2 0 | 0 III 0 0 0 0 | 0 x = 2t y = t − s ⇒ E(1) = h (2, 1, 1, 0), (0, −1, 0, 1) i ⇒ z=t w=s Determiniamo ora E(2) risolvendo il sistema omogeneo associato −1 0 1 1 | 0 0 −2 0 | 0 II 0 0 −1 0 | −1 0 1 1 | 0 IV + II 0 0 −1 0 | 0 0 −1 0 | 0 ⇒ I − 2III 0 0 0 0 | 1 0 −2 −1 | 0 x=t y = s ⇒ E(2) = h (1, 0, 0, 1), (0, 1, 0, 0) i ⇒ z=0 w=t
alla matrice A − 2I: 0 ( 0 ⇒ −x + z + w = 0 0 −z = 0 0
Quindi entrambi gli autospazi hanno dimensione due e l’endomorfismo T `e diagonalizzabile. Esercizio 9.19. Si consideri la matrice ad elementi reali 2 0 3 0 0 2 5 7 A= 0 0 −1 0 0 0 8 −1
a) Determinare autovalori e autovettori della matrice data. b) Stabilire se la matrice data diagonalizzabile.
Soluzione: a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: pA (λ) = (2 − λ)2 (−1 − λ)2 Quindi gli autovalori di A sono: λ1 = −1 doppio λ2 = 2 doppio
Calcoliamo l’autospazio E(−1) relativo all’autovalore λ1 = −1 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A + I: x=0 3 0 3 0 | 0 3x + 3z = 0 y = − 7 t 0 3 5 7 | 0 3 ∀t ∈ R 0 0 0 0 | 0 ⇒ 3y + 5z + 7w = 0 ⇒ z = 0 8z = 0 0 0 8 0 | 0 w=t
Di conseguenza E(−1) = h(0, −7, 0, 3)i.
2. SOLUZIONI
273
Analogamente calcoliamo l’autospazio E(2) relativo all’autovalore λ2 = 2 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 2I: x=t 3z = 0 0 0 3 0 | 0 0 0 5 y=s 5z + 7w = 0 7 | 0 ∀s, t ∈ R ⇒ 0 0 −3 0 | 0 ⇒ −3z = 0 z=0 0 0 8 −3 | 0 w=0 8z + 3w = 0
Di conseguenza E(2) = h(1, 0, 0, 0), (0, 1, 0, 0)i b) A non `e diagonalizzabile in quanto l’autovalore −1 ha molteplicit` a algebrica 2 e molteplicit` a geometrica 1. Esercizio 9.20. Data la matrice
2 1 M = 1 0
0 1 0 0
0 k−1 k 0
1 4 4 1
a) Discutere la diagonalizzabilt` a di M al variare del parametro k ∈ R. b) Fissato a piacere un valore di k per cui M `e diagonalizzabile, determinare per tale k la matrice P diagonalizzante. Soluzione: Sviluppando rispetto alla seconda colonna, il polinomio caratteristico di M `e 2−λ 0 0 1 1 1−λ k−1 4 = (1 − λ)2 (2 − λ)(k − λ) pM (λ) = det 1 0 k−λ 4 0 0 0 1−λ
quindi gli autovalori di M sono λ = 1, 2, k. Calcoliamo ora gli autospazi E(1) e E(2): 1 0 0 1 0 k − 1 E(1) = N(M − I) : 1 0 k − 1 0 0 0
1 1 0 II − I 4 ⇒ III − II 0 4 0 0
0 0 0 k−1 0 0 0 0
dim(E(1)) = dim(N(M − I)) = 4 − rg(M − I) = 4 − 2 = 2 0 0 0 1 II 1 −1 1 −1 k − 1 4 0 1 III − II E(2) = N(M − 2I) : 1 0 k − 2 4 ⇒ 0 0 I 0 0 0 −1 IV + I 0 0 dim(E(2)) = dim(N(M − 2I)) = 4 − rg(M − 2I) = 4 − 3 = 1
1 3 ⇒ 0 0 k−1 −1 0 0
a) Dobbiamo distinguere tre casi – Se k 6= 1, 2, allora gli autovalori e le dimensioni degli autospazi sono λ = 1 doppio,
dim(E(1)) = 2
λ = 2 singolo,
dim(E(2)) = 1
λ = k singolo, ⇒ dim(E(k)) = 1
quindi M `e diagonalizzabile. – Se k = 1, allora gli autovalori e le dimensioni degli autospazi sono λ = 1 triplo, λ = 2 singolo,
dim(E(1)) = 2 dim(E(2)) = 1
quindi M non `e diagonalizzabile. – Se k = 2, allora gli autovalori e le dimensioni degli autospazi sono λ = 1 doppio,
dim(E(1)) = 2
λ = 2 doppio,
dim(E(2)) = 1
quindi M non `e diagonalizzabile.
4 0 ⇒ 1 0
274
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
b) Fissiamo per esempio k = 0. Dai calcoli svolti precedentemente, sostituendo k = 0, ottenaimo E(1) = h (−1, 0, 3, 1), (0, 1, 0, 0) i, Calcoliamo inoltre E(0): 2 0 0 1 1 −1 E(0) = N(M ) : 1 0 0 0 0 0
x=0 1 y = t 4 ⇒ 4 z=t 1 w=0
E(2) = h (2, 1, 1, 0) i
⇒ E(0) = h (0, 1, 1, 0) i
Infine la matrice diagonalizzante `e 1 −1 0 2 0 0 1 1 1 −1 0 P = 3 0 1 1 con P M P = 0 0 1 0 0 0
0 1 0 0
0 0 2 0
0 0 0 0
Esercizio 9.21. Sia A la matrice dipendente dal parametro reale 1 0 0 0 k − 3 2 − k 0 −k A= 0 0 1 0 2−k k 0 k+2
a) Discutere la diagonalizzabilt` a di A al variare di k. b) Determinare una base di R4 costituita da autovettori di A per un valore opportuno di k.
Soluzione: Calcoliamo il polinomio caratteristico di A, sviluppando rispetto a opportune righe 1−λ 0 0 0 k − 3 2 − k − λ 0 −k pM (λ) = det 0 0 1−λ 0 2−k k 0 k+2−λ 2−k−λ 0 −k 0 1−λ 0 = (1 − λ) det k 0 k+2−λ
= (1 − λ)2 [(2 − k − λ)(k + 2 − λ) + k 2 ] = (1 − λ)2 [(2 − λ)2 − k 2 + k 2 ]
= (1 − λ)2 (2 − λ)2
quindi gli autovalori di A sono λ = 2, 1, entrambi di molteplicit` a algebrica due. Calcoliamo ora gli autospazi. −x = 0 −1 0 0 0 (k − 3)x − ky − kw = 0 k − 3 −k 0 −k ⇒ E(2) = N (A − 2I) : 0 0 −1 0 −z = 0 2−k k 0 k (2 − k)x + ky + kw = 0 x=0 −ky − kw = 0 ⇒ z=0 ky + kw = 0 Dobbiamo ora distinguere due casi: • Se k 6= 0 otteniamo x=0 y = −t ⇒ dim(E(2)) = 1 ⇒ A non `e diagonalizzabile z=0 w=t
2. SOLUZIONI
• Se k = 0 otteniamo x=0 y = s z=0 w=t
275
⇒ dim(E(2)) = 2 e E(2) = h(0, 1, 0, 0), (0, 0, 0, 1)i.
A questo punto A pu` o essere diagonalizzabile solo se k = 0. dim(E(1)) = 2. 0 0 −3 1 E(1) = N (M − I) con k = 0 : 0 0 2 0
Si tratta di verificare se per k = 0 anche 0 0 0 0
x=t 0 y = 3t 0 ⇒ 0 z=s 1 w = −2t
⇒ dim(E(1)) = 2 e E(1) = h(1, 3, 0, −2), (0, 0, 1, 0)i con k = 0.
a) Abbiamo verificato che A `e diagonalizzabile solo per k = 0. b) Per k = 0 una base di R4 formata da autovettori di A `e data da
B(R4 ) = { (0, 1, 0, 0), (0, 0, 0, 1), (1, 3, 0, −2), (0, 0, 1, 0) } Esercizio 9.22. Data la matrice
3 k − 1 M = 0 −1
0 2 0 2
1 1 k 3
0 0 0 1
a) Si discuta la diagonalizzabilt` a di M al variare del parametro k ∈ R. b) Per k = 2, si determini una base di R4 formata da autovettori di M . Soluzione: a) Il polinomio caratterestico di M `e pM (λ) = (1 − λ)(k − λ)(3 − λ)(2 − λ)
Quindi gli autovalori sono λ = 1, 2, 3, k e dobbiamo discutere i valori di k. – Se k 6= 1, 2, 3 i quattro autovalori sono distinti e singoli, quindi M `e diagonalizzabile. – Se k = 1 l’autovalore λ = 1 `e doppio, quindi dobbiamo stabilirne la molteplicit` a geometrica. 2 0 1 0 0 1 1 0 E(1) = N (M − I) : 0 0 0 0 −1 2 3 0
Poich`e rg(M − I) = 3, dim(E(1)) = 1 e M non `e diagonalizzabile. – Se k = 2 l’autovalore λ = 2 `e doppio, quindi dobbiamo stabilirne la molteplicit` a geometrica. 1 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 1 0 1 0 II − I E(2) = N (M − 2I) : 0 0 0 0 ⇒ 0 0 0 0 ⇒ IV + I 0 2 4 −1 −1 2 3 −1 x = −t ( y = s x+z =0 ⇒ E(2) = h(−1, 0, 1, 4), (0, 1, 0, 2)i ⇒ z=t 2y + 4z − w = 0 w = 2s + 4t
Poich´e λ = 2 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 2 e gli altri autovalori sono singoli, per k = 2 la matrice M `e diagonalizzabile. – Se k = 3 l’autovalore λ = 3 `e doppio, quindi dobbiamo stabilirne la molteplicit` a geometrica. 0 0 1 0 2 −1 1 0 E(3) = N (M − 3I) : 0 0 0 0 −1 2 3 −2
276
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Poich`e rg(M − 3I) = 3, dim(E(3)) = 1 e M non `e diagonalizzabile. b) Per k = 2 abbiamo gi` a determinato E(2). Calcoliamo gli altri due autospazi: x=0 2 0 1 0 y = 0 1 1 1 0 E(1) = N (M − I) : 0 0 1 0 ⇒ z = 0 ⇒ E(1) = h(0, 0, 0, 1)i −1 2 3 0 w=t 0 0 1 0 0 0 1 0 1 −1 1 0 1 −1 1 0 ⇒ ⇒ E(3) = N (M − 3I) : 0 III + I 0 0 0 0 0 −1 0 IV + II 0 1 4 −2 −1 2 3 −2 x = 2t y = 2t z = 0 ⇒ E(3) = h(2, 2, 0, 1)i ⇒ x−y+z =0 z = 0 y + 4z − 2w = 0 w=t Infine una delle basi cercate `e
B = { (−1, 0, 1, 4), (0, 1, 0, 2), (0, 0, 0, 1), (2, 2, 0, 1)} Esercizio 9.23. Si considerino le 1 A = 0 0
matrici 0 3 1 4 0 2
e
2 B = k 5
0 1 k−2
0 0 . 1
a) Determinare per quali valori di k la matrice B `e diagonalizzabile. b) Stabilire per quali valori di k le due matrici A e B sono simili.
Soluzione: a) Abbiamo che pB (λ) = (2 − λ)(1 − λ)2 Quindi B ha due autovalori: λ1 = 2 e λ2 = 1, doppio, ed `e diagonalizzabile sse l’autospazio E(1) ha dimensione 2. Per determinare E(1) risolviamo il sistema omogeneo associato a B − I: ( 1 0 0 | 0 x = 0 x=0 k 0 0 | 0 ⇒ kx = 0 ⇒ (k − 2)y = 0 5 k−2 0 | 0 5x + (k − 2)y = 0
Dobbiamo distinguere due casi. – Se k 6= 2 otteniamo
x = 0 y=0 z=t
quindi E(1) ha dimensione 1 e B non `e diagonalizzabile. – Se k = 2 otteniamo x = 0 y=s z=t
quindi E(1) ha dimensione 2 e B `e diagonalizzabile. b) Due matrici diagonalizzabili sono simili sse hanno gli stessi autovalori (contati on le rispettiva molteplicit` a). Studiamo quindi la diagonalizzabilit`a di A. pA (λ) = (2 − λ)(1 − λ)2
2. SOLUZIONI
277
Come la matrice B, anche A `e diagonalizzabile sse l’autospazio E(1) ha dimensione 2. Per determinare E(1) risolviamo il sistema omogeneo associato a A − I: 0 0 3 | 0 x = t 0 0 4 | 0 ⇒ y = s 0 0 1 | 0 z=0
Quindi E(1) ha dimensione 2 e A `e diagonalizzabile. In conclusione A e B sono simili quando sono entrambe diagonalizzabili, ovvero se k = 2
Esercizio 9.24. Siano A e B le matrici reali 1 0 4 A = 0 1 2 e 0 0 3
3 B = k 5
0 1 k−1
0 0 1
Determinare, se esistono, i valori del parametro reale k per cui A e B sono simili. Soluzione: Due matrici diagonalizzabili sono simili se sono simili alla stessa matrice diagonale, ovvero se hanno gli stessi autovalori. Inoltre se una delle due matrici `e diagonalizzabile mentre l’altra non lo `e, allora le due matrici non sono simili. Studiamo quindi la diagonalizzabilit`a di A e B. pA (λ) = (1 − λ)2 (3 − λ)
pB (λ) = (1 − λ)2 (3 − λ) quindi A e B hanno gli stessi autovalori λ1 = 1, doppio, e λ2 = 3. Per stabilire se A `e diagonalizzabile calcoliamo la dimensione del suo autospazio EA (1) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − I: 0 0 4 0 0 2 ⇒ dim(EA (1)) = 3 − rg(A − I) = 3 − 1 = 2 0 0 3
e la matrice A `e diagonalizzabile. A questo punto possiamo affermare che A e B sono simili se e solo se anche B `e diagonalizzabile. Calcoliamo quindi la dimensione del suo autospazio EB (1) risolvendo il sistema omogeneo associato a B − I: 2 0 0 2x = 0 x = 0 k 0 0 ⇒ kx = 0 ⇒ (k − 1)y = 0 5 k−1 0 5x + (k − 1)y = 0 z=t Quindi l’autospazio EB (1) ha dimensione 2 se e solo se k = 1. Infine A e B sono simili solamente se k = 1, quando sono entrambe simili alla matrice 1 0 0 D = 0 1 0 0 0 3 Esercizio 9.25. Considerare le matrici 2 1 0 1 A = 0 2 0 B = 0 0 0 1 0
1 0 2 0 0 2
a) Determinare gli autovalori e gli autovettori di A e di B. b) Stabilire se A e B sono simili. c) Esistono valori di t per cui C e B sono simili?
Soluzione:
1 C = 0 0
1 1 t 0 0 2
278
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
a) Il polinomio caratterestico di A `e pA (λ) = (1 − λ)(2 − λ)2 Quindi gli autovalori di A sono λ = 2 doppio e λ = 1. Calcoliamo gli autospazi: 1 1 0 x = 0 EA (1) = N (A − I) : 0 1 0 ⇒ y = 0 ⇒ EA (1) = h(0, 0, 1)i 0 0 0 z=t 0 1 0 x = t EA (2) = N (A − 2I) : 0 0 0 ⇒ y = 0 ⇒ EA (2) = h(1, 0, 0)i 0 0 −1 z=0 Analogamente calcoliamo gli autovalori e gli autovettori di B: pB (λ) = (1 − λ)(2 − λ)2 Quindi gli autovalori di B sono 0 1 EB (1) = N (B − I) : 0 1 0 0
λ = 2 doppio e λ = 1. Calcoliamo gli autospazi: 0 x = t 0 ⇒ y = 0 ⇒ EB (1) = h(1, 0, 0)i 1 z=0 −1 1 0 x = t 0 0 0 ⇒ y = t ⇒ EB (2) = h(1, 1, 0), (0, 0, 1)i EB (2) = N (B − 2I) : 0 0 0 z=s
b) A e B non sono simili poich´e A non `e diagonalizzabile mentre B lo `e. c) Studiamo gli autovalori e la diagonalizzabilit`a di C: pC (λ) = (1 − λ)(t − λ)(2 − λ)
Condizione necessaria perch´e B e C siano simili `e che abbiano gli stessi autovalori con la stessa molteplicit` a, quindi deve essere t = 2. Verifichiamo se per tale valore anche C `e diagonalizzabile. −1 1 1 x = t + s 0 0 0 ⇒ y=t ⇒ EC (2) = h(1, 1, 0), (1, 0, 1)i EC (2) = N (C − 2I) : 0 0 0 z=s Infine per t = 2 le matrici B e C sono simili in quanto sono entrambe simili alla matrice diagonale 1 0 0 D = 0 2 0 0 0 2
Esercizio 9.26. Siano A e B le matrici seguenti 2 1 0 3 B = k A = 0 1 4 5 0 0 2
0 0 1 0 k−2 1
a) Dire per quali valori del parametro reale k la matrice B `e diagonalizzabile. b) Per k = 3 le due matrici possono essere associate allo stesso endomorfismo?
Soluzione: a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di B: pB (λ) = det(B − λI) = (2 − λ)(1 − λ)2 Quindi gli autovalori di B sono – λ = 1 doppio – λ=2
2. SOLUZIONI
279
Poich`e l’autovalore λ = 2 `e singolo sappiamo che il relativo autospazio E(2) ha dimensione 1. Si tratta quindi di controllare solamente la dimensione dell’autospazio E(1) relativo all’autovalore λ = 1. Risolviamo quindi il sistema omogeneo associato alla matrice B − I: ( 1 0 0 | 0 x = 0 x=0 k 0 0 | 0 ⇒ kx = 0 ⇒ (k − 2)y = 0 5 k−2 0 | 0 5x + (k − 2)y = 0 Si tratta quindi di distinguere due casi – Se k = 2 otteniamo le soluzioni x = 0 y = s ⇒ E(1) = h (0, 1, 0), (0, 0, 1) i z=t Quindi se k = 2 la matrice B `e diagonalizzabile.
– Se k 6= 2 otteniamo le soluzioni x = 0 y=0 z=t
⇒ E(1) = h (0, 0, 1) i
Quindi se k 6= 2 la matrice B non `e diagonalizzabile. b) Dal punto precedente sappiamo che per k = 3 la matrice B non `e diagonalizzabile. Studiamo ora la matrice A: pA (λ) = det(A − λI) = (2 − λ)(1 − λ)2 Quindi gli autovalori di A sono – λ = 1 doppio – λ=2 Quindi A ha effettivamente gli stessi autovalori di B. Come per la matrice B, per stabilire sa A `e diagonalizzabile dobbiamo solamente controllare la dimensione dell’autospazio E(1) relativo all’autovalore λ = 1. Risolviamo quindi il sistema omogeneo associato alla matrice A − I: 0 0 3 | 0 x = s 0 0 4 | 0 ⇒ z = 0 ⇒ y = t ⇒ E(1) = h (1, 0, 0), (0, 1, 0) i 0 0 1 | 0 z=0
Quindi A `e diagonalizzabile, ovvero `e associata ad un endomorfismo diagonalizzabile, mentre per k = 3 la matrice B non lo `e. Di conseguenza le matrici A e B non possono essere associate allo stesso endomorfismo.
Esercizio 9.27. Sia T l’endomorfismo di R3 associato alla matrice 6 3 −1 A = 2 7 −1 2 3 3
a) Stabilire se 4 `e autovalore di A. Calcolare gli autovalori e autovettori di A. b) La matrice A `e diagonalizzabile per similitudine? In caso affermativo, indicare una matrice diagonalizzante. c) Sia C la matrice dipendente da t ∈ R: 4 1 0 C = 0 4 0 0 0 t Esistono valori di t ∈ R per cui A e C siano simili?
Soluzione:
280
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Calcoliamo il polinomio caratteristico di A : 6−λ 3 −1 7−λ −1 = (6 − λ) [(7 − λ)(3 − λ) + 3] − 3 [6 − 2λ + 2] + [6 − 14 + 2λ] = pA (λ) = det 2 2 3 3−λ = (6 − λ)(λ2 − 10λ + 24) − 3(8 − 2λ) − (2λ − 8) = = (6 − λ)(λ − 6)(λ − 4) + 6(λ − 4) − 2(λ − 4) =
= (λ − 4) [(6 − λ)(λ − 6) + 6 − 2] = −(λ − 4)(λ2 − 12λ + 32)
a) Gli autovalori di A sono λ = 4 (doppio) e λ = 8. Calcoliamo ora gli autospazi. 1 3 2 3 −1 | 0 x = − 2 s + 2 t E(4) = N (A − 4I) : 2 3 −1 | 0 ⇒ 2x + 3y − z = 0 ⇒ y = s 2 3 −1 | 0 z=t E(4) = h (−3, 2, 0), (1, 0, 2) i −2 3 −1 E(8) = N (A − 8I) : 2 −1 −1 2 3 −5
| | |
E(8) = h (1, 1, 1) i
0 −2 3 0 ⇒ II − I 0 2 0 III + I 0 6
−1 | −2 | −6 |
⇒
0 x = t 0 ⇒ y = t 0 z=t
⇒
b) A `e diagonalizzabile perch´e la molteplicit´ a algebrica e geometrica dei sui autovalori coincidono. La matrice diagonalizzante `e: −3 1 1 P = 2 0 1 0 2 1
c) Poich`e A `e diagonalizzabile, A e C sono simili se anche C ha gli stessi autovalori di A ed `e anch’essa diagonalizzabile (cio`e sono simili alla stessa matrice diagonale). Perch`e A e C abbiano gli stessi autovalori (λ = 4 doppio, e λ = 8) deve essere t = 8. Inoltre per tale valore l’autospazio E(4) di C `e 0 1 0 | 0 x = t 0 0 0 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ EC (4) = h (1, 0, 0) i ⇒ dim(EC (4)) = 1 EC (4) = N (C − 4I) : 0 0 4 | 0 z=0 Di conseguenza C non `e diagonalizzabile e A e C non sono mai simili.
Esercizio 9.28. Si consideri la matrice ad elementi reali 3 − k −1 0 2 k A= k 0 1 3−k
a) Determinare gli autovalori della matrice A. b) Stabilire per quali valori del parametro reale k la matrice data `e diagonalizzabile.
Soluzione: a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A sviluppando rispetto alla prima colonna: pA (λ) =(3 − k − λ) · [(2 − λ)(3 − k − λ) − k] + k(3 − k − λ)
= (3 − k − λ)(2 − λ)(3 − k − λ) − k(3 − k − λ) + k(3 − k − λ)
= (3 − k − λ)(2 − λ)(3 − k − λ) = (3 − k − λ)2 (2 − λ) Quindi gli autovalori di A sono: λ1 = 2 λ2 = 3 − k
almeno doppio
Notiamo che possiamo solo dire che λ2 `e almeno doppio, in quanto se k = 1 avremmo un unico autovalore λ1 = λ2 = 2, triplo.
2. SOLUZIONI
281
b) Per stabilire se la matrice `e diagonalizzabile dobbiamo calcolare la dimensione dell’autospazio E(−k + 3), che deve essere almeno 2 (la dimensione deve essere 3 nel caso k = 1 quando si ha un unico autovalore λ1 = λ2 = 2 triplo). Calcoliamo quindi l’autospazio E(3 − k) relativo all’autovalore λ2 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − (3 − k)I: 0 −1 0 II k k−1 k k k − 1 k ⇒ −I 0 1 0 ⇒ 0 1 0 III + I 0 0 0 ( ( kx + (k − 1)y + kz = 0 kx + kz = 0 ⇒ y=0 y=0 Per risolvere il sistema dobbiamo distinguere due casi – Se k = 0, allora il sistema si riduce alla sola equazione y = 0, quindi ha soluzione x = t y=0 z=s
e E(−k + 3) = E(3) = h(1, 0, 0), (0, 0, 1)i. In particolare E(−k + 3) ha dimensione 2 uguale alla molteplicit` a algebrica di λ2 (Notiamo che per k = 0, λ1 = 2 `e singolo e λ2 = 3 `e doppio). Di conseguenza se k = 0 la matrice `e diagonalizzabile. – Se k 6= 0 possiamo dividere la prima equazione per k ottenendo il sistema equivalente ( x = t x+z =0 y=0 y=0 z = −t
Quindi in questo caso E(−k + 3) = h(1, 0, −1)i. In particolare E(−k + 3) ha dimensione 1 minore della molteplicit` a algebrica di λ2 . Di conseguenza se k 6= 0 la matrice non `e diagonalizzabile.
Esercizio 9.29. Sia S l’endomorfismo di R4 3 −2 A= 2 0
con matrice associata 0 1/2 0 b b − 3 0 0 3 0 0 0 2
rispetto alla base canonica. a) Determinare autovalori e autovettori di S. b) Trovare i valori di b per i quali S `e diagonalizzabile. Soluzione: a) Il polinomio carateristico di A `e:
pA (λ) = (2 − λ)(b − λ)[(3 − λ)2 − 1] = (2 − λ)(b − λ)(λ − 2)(λ − 4)
Per determinare esattamente gli autovalori dobbiamo distinguere 3 casi – Se b 6= 2, 4: λ = 2 doppio, λ = 4, λ = b – Se b = 2,: λ = 2 triplo, λ = 4 – Se b = 4: λ = 2 doppio, λ = 4 doppio Determiniamo l’autospazio E(2): 1 1 1 0 0 | 0 0 1 0 2 2 0 b − 2 b − 2 0 −2 b − 2 b − 3 0 | 0 II + 2I ⇒ 2 III + II 0 b − 2 b − 2 0 0 1 0 | 0 0 0 0 0 | 0 0 0 0 0 1 0 | 0 1 0 2 0 b − 2 b − 2 0 | 0 ⇒ III − II 0 0 0 0 | 0 0 0 0 0 | 0
| | | |
0 0 0 0
282
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
Dobbiamo distinguere due casi – Se b 6= 2, E(2) = h − 12 , −1, 1,0 , (0, 0, 0, 1)i – Se b = 2, E(2) = h − 21 , 0, 1, 0 , (0, 1, 0, 0), (0, 0, 0, 1)i Determiniamo l’autospazio E(4): 1 1 −1 0 0 | 0 −1 0 2 2 −2 b − 4 b − 3 0 | 0 ⇒ II − 2I 0 b − 4 b − 4 2 III + II 0 b − 4 b − 4 0 −1 0 | 0 0 0 0 −2 | 0 0 0 0 1 0 | 0 −1 0 2 0 b − 4 b − 4 0 | 0 ⇒ III − II 0 0 0 0 | 0 0 0 0 −2 | 0 Dobbiamo distinguere due casi – Se b 6= 4, E(4) = h 21 , −1, 1,0 i – Se b = 4, E(4) = h 21 , 0, 1, 0 , (0, 1, 0, 0)i Determiniamo l’autospazio E(b) nei casi b 6= 2, 4: 1 −2 II 0 | 0 3−b 0 2 3 − b −2 0 b − 3 I 0 | 0 ⇒ 2 III + II 0 0 3−b 0 | 0 0 0 0 2−b | 0 0 −2 0 b−3 0 | 2 2II + (3 − b)I 0 0 −b + 6b − 8 0 | ⇒ 0 0 0 0 | 0 0 0 2−b |
0 b−3 1 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 −2
| | | |
0 0 0 0
0 0 0 2−b
| | | |
0 0 0 0
Avendo supposto b 6= 2, 4 si ha 2 − b 6= 0 e −b2 + 6b − 8 6= 0, quindi – Se b 6= 2, 4, E(b) = h(0, 1, 0, 0)i b) Abbiamo trovato che: – Se b 6= 2, 4, allora dim(E(2)) = 2, dim(E(4)) = 1, dim(E(b)) = 1, quindi T `e diagonalizzabile. – Se b = 2, allora dim(E(2)) = 3, dim(E(4)) = 1, quindi T `e diagonalizzabile. – Se b = 4, allora dim(E(2)) = 2, dim(E(4)) = 2, quindi T `e diagonalizzabile. Infine T `e sempre diagonalizzabile. Esercizio 9.30. Sia A la matrice reale dipendente dal parametro k 1 0 k2 A = 0 k 0 1 0 1
a) Determinare per quali k la matrice A `e diagonalizzabile. b) Per i valori determinati in a), trovare una base di R3 formata da autovettori di A
Soluzione: a) Il polinomio caratterestico di A `e pA (λ) = (k − λ)[(1 − λ)2 − k 2 ] = (k − λ)[λ2 − 2λ + 1 − k 2 ]
Quindi gli autovalori, non necessariamente distinti, sono λ = k, 1 + k, 1 − k. Distinguiamo i casi in cui gli autovalori possono essere doppi: – Se k = 0, allora k + 1 = −k + 1 = 1 `e un autovalore doppio, – Se k = 12 , allora k = −k + 1 = 12 `e un autovalore doppio, – Se k 6= 0, 21 i tre autovalori sono distinti. Di conseguenza dobbiamo distinguere tre casi per studiare la diagonalizzazione. – Se k = 0 l’autovalore λ = 1 `e doppio, quindi dobbiamo stabilirne la molteplicit` a geometrica. 0 0 0 E(1) = N (A − I) : 0 −1 0 1 0 0 Poich`e rg(A − I) = 2, dim(E(1)) = 1 e A non `e diagonalizzabile.
2. SOLUZIONI
1 2
1 2
`e doppio, quindi dobbiamo stabilirne la molteplicit` a geometrica. 1 0 14 4I 2 0 1 2 1 1 0 0 0 ⇒ = N A − I : 0 0 0 ⇒ E 2 2 2III − 4I 0 0 0 1 0 12 x = t 1 = h(1, 0, −2), (0, 1, 0)i 2x + z = 0 ⇒ y = s ⇒E 2 z = −2t
– Se k =
l’autovalore λ =
283
Poich´e λ = 21 ha molteplicit` a algebrica e geometrica 2 e l’altro autovalore λ = k + 1 = singolo, per k = 21 la matrice A `e diagonalizzabile. – Se k 6= 0, 21 i tre autovalori sono distinti e singoli, quindi A `e diagonalizzabile. b) Calcoliamo gli autospazi: 1−k 0 k2 III 1 0 1−k 0 0 ⇒ I 1 − k 0 k2 ⇒ E(k) = N (A − kI) : 0 1 0 1−k II 0 0 0 ( 1 0 1−k x + (1 − k)z = 0 II − (1 − k)I 0 0 2k − 1 ⇒ (2k − 1)z = 0 0 0 0
3 2
`e
Dobbiamo distinguere due casi: – Se k 6= 21 , E(k) = h(0, 1, 0)i. a calcolato tale – Se k = 12 , E(k) = E 21 = h(1, 0, −2), (0, 1, 0)i. Notiamo che avevamo gi` autospazio al punto precedente.
−k 0 k2 III 1 0 −k E(k + 1) = N (A − (k + 1)I) : 0 −1 0 ⇒ −II 0 1 0 ⇒ 1 0 −k I −k 0 k 2 ( 1 0 −k x = kt 0 1 0 ⇒ x − kz = 0 ⇒ y = 0 ⇒ E(k + 1) = h(k, 0, 1)i y=0 III + kI 0 0 0 z=t
k E(1 − k) = N (A − (1 − k)I) : 0 1 1 0 k 0 2k − 1 0 III − kI 0 0 0
0 k2 III 1 2k − 1 0 ⇒ −II 0 0 k I k
0 k 2k − 1 0 ⇒ 0 k2
Anche in questo caso bisogna distinguere due casi: – Se k 6= 21 , E(−k + 1) = h(−k,0, 1)i. – Se k = 21 , E(−k + 1) = E 21 = h − 21 , 0, 1 , (0, 1, 0)i. Notiamo che avevamo gi` a calcolato tale autospazio sia al punto precedente che calcolando E(k) nel caso k = 12 . Infine una delle basi cercate `e 1 B = { (0, 1, 0), (k, 0, 1), (−k, 0, 1)} , se k 6= 0, , 2 1 B = { (0, 1, 0), (1, 0, −2), (1, 0, 2)} , se k = , 2 Notiamo che in realt`a non `e necessario distinguere i due casi, anche se le basi sono ottenute da autospazi differenti, in quanto ponendo k = 12 nella prima base si ottiene comunque la seconda base. Esercizio 9.31. Si consideri la matrice
1 0 A= −1 3
0 k 0 0
−1 1 0 0 1 −1 0 3
284
9. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI E APPLICAZIONI LINEARI
a) Calcolare gli autovalori di A. b) Stabilire per quali valori reali di k la matrice A diagonalizzabile. Soluzione: Calcoliamo il polinomio caratteristico di A sviluppando rispetto alla seconda colonna: pA (λ) = (1 − λ) · [(2 − λ)(2k − λ) − 4k] = (1 − λ) λ2 − (2k + 2)λ = λ(1 − λ) [λ − (2k + 2)]
Quindi gli autovalori di A sono λ = 0, λ = 1, λ = 2k + 2 Dobbiamo ora distinguere tre casi: • Se 2k + 2 6= 0, 1, allora A ha tre autovalori distinti ed `e diagonalizzabile. • Se 2k + 2 = 0, cio`e k = −1 allora l’autovalore λ = 0 `e doppio (mentre λ = 1 `e singolo), quindi per stabilire se A `e diagonalizzabile dobbiamo calcolare la dimensione di E(0): 1/2I 2 0 4 1 0 2 x = −2t −1 1 −1 ⇒ II + 1/2I 0 1 1 ⇒ y = −t ⇒ E(0) = h(−2, −1, 1)i III + 1/2I 0 0 0 −1 0 −2 z=t
Quindi per k = −1 l’autovalore λ = 0 ha molteplicit` a algebrica 2, ma molteplicit` a geometrica 1 e A non `e diagonalizzabile. • Se 2k + 2 = 1, cio`e k = − 21 allora l’autovalore λ = 1 `e doppio (mentre λ = 0 `e singolo), quindi per stabilire se A `e diagonalizzabile dobbiamo calcolare la dimensione di E(1): 1 0 4 x = 0 − 1 0 0 ⇒ y = t ⇒ E(1) = h(0, 1, 0)i 2 − 12 0 −2 z=0 a algebrica 2, ma molteplicit` a geometrica 1 Quindi per k = − 12 l’autovalore λ = 1 ha molteplicit` e A non `e diagonalizzabile. 3
Esercizio 9.32. Sia T l’endomorfismo di R la cui matrice rispetto alla base canonica `e −4 −1 3 1 3 A = −6 −12 −2 8 a) Stabilire se A `e diagonalizzabile e, in caso sia una matrice diagonale. b) Determinare, se esistono, i valori di k per 1 B = 0 0
positivo, determinare una matrice P tale che P −1 AP cui la matrice 0 1 2 k + 1 0 k
pu` o essere associata al medesimo endomorfismo T .
Soluzione: a) Il polinomio caratteristico di A `e pA (λ) = −(λ − 1)(λ − 2)2 , quindi T ha l’autovalore λ = 2, doppio, e λ = 1, singolo. Per stabilire se T `e diagonalizzabile cominciamo a calcolare l’autospazio E(2): −6 −1 3 x = t −6 −1 3 ⇒ −6x − y + 3z = 0 ⇒ y = −6t + 3s ⇒ E(2) = N(A − 2I) : −12 −2 6 z=s E(2) = h (1, −6, 0), (0, 3, 1)i
A questo punto possiamo gi` a dire che T `e diagonalizzabile.
2. SOLUZIONI
285
Determiniamo l’autospazio E(1): 2 −1/3II 2 0 −1 −5 −1 3 −5 −1 3 ⇒ 2II + 5III 0 I 0 3 ⇒ E(1) = N(A − I) : −6 0 III − 2II 0 −2 1 −12 −2 7 x = t ⇒ y=t ⇒ E(1) = h (1, 1, 2)i z = 2t Infine la matrice P diagonalizzante (formata 1 0 P = −6 3 0 1
0 −1 −2 1 −2 1
da una base di autovettori) `e 1 1 2
b) Dal momento che A `e diagonalizzabile con autovalori λ = 2, doppio, e λ = 1, singolo, A e B sono associate allo stesso endomorfismo T se anche B ha le stesse caratteristiche. Calcoliamo quindi il polinomio caratteristico di B: pB (λ) = (1 − λ)(2 − λ)(k − λ)
quindi A e B hanno gli stessi autovalori se k = 2. Dobbiamo ora verificare che, per k = 2, anche B sia diagonalizzabile, ovvero che λ = 2 abbia molteplicit` a geometrica 2: −1 0 1 x = 0 0 0 3 ⇒ y=t EB (2) = N(B − 2I) : 0 0 0 z=0
La molteplicit` a geometrica di λ = 2 `e 1, quindi B non `e diagonalizzabile e A e B non sono associate al medesimo endomorfismo T per nessun valore di k.
Esercizio 9.33. Sia T l’endomorfismo di R2 [x] che associa al polinomio p(x) = ax2 + bx + c ∈ R2 [x] il polinomio T (p(x)) = (a + kb)x2 + (ka + b)x + kc. a) Trovare la matrice associata a T rispetto alla base {x2 , x, 1}. b) Calcolare gli autovalori di T . Soluzione: Notiamo che il generico polinomio p(x) = ax2 + bx + c ∈ R2 [x] ha componenti (a, b, c) rispetto alla base 2 {x , x, 1}. In particolare p(x) = x2 ha componenti (1, 0, 0), p(x) = x ha componenti (0, 1, 0) e p(x) = 1 ha componenti (0, 0, 1). In sostanza la base {x2 , x, 1} corrisponde quindi alla base canonica. Inoltre T pu` o 3 3 essere vista come applicazione T : R → R tale che: T (a, b, c) = (a + kb, ka + b, kc).
a) Calcoliamo la immagini degli elementi della base: T (x2 ) = T (1, 0, 0) = (1, k, 0) = x2 + kx T (x) = T (0, 1, 0) = (k, 1, 0) = kx2 + x T (1) = T (0, 0, 1) = (0, 0, k) = k Di conseguenza la matrice associata a T rispetto alla base {x2 , x, 1} `e 1 k 0 A = k 1 0 0 0 k
b) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: pA (λ) = (k − λ) (1 − λ)2 − k 2 = (k − λ)(1 − λ − k)(1 − λ + k) Di conseguenza gli autovalori (non sempre distinti) sono λ = k,
λ = 1 − k,
λ=1+k
CAPITOLO 10
Prodotto scalare, ortogonalit´ a e basi ortonormali
Esercizio 10.1. Dati i seguenti vettori di R2 si calcoli il prodotto scalare (vi , vj ) per i, j = 1, 2, . . . , 6: v1 = (6, 3)
v2 = (−1, 0)
v4 = (−2, 0)
v5 = (−2, 10)
v3 = (1, −2) √ v6 = (1, 2)
Esercizio 10.2. Si dica quali tra i vettori dell’esercizio precedente sono ortogonali tra loro. Esercizio 10.3. Dati i seguenti vettori di R3 si calcoli il prodotto scalare (vi , vj ) per i, j = 1, 2, . . . , 6, e dica quali vettori sono ortogonali tra loro. v1 = (1, 3, 4) v4 = (−2, 3, 0)
v2 = (0, −1, 2)
v5 = (1, 1, 1)
v3 = (1, 2, 1) v6 = (1, −3, 2)
Esercizio 10.4. Si calcoli la norma dei seguenti vettori v1 = (−2, 5, 1) v4 = (4, 1)
v2 = (1, 0, −2)
v5 = (10, 1)
v3 = (7, 1, 1) v6 = (−1, −3)
Esercizio 10.5. Si calcoli la distanza tra i vettori v1 e v2 , e tra i vettori v5 e v6 dell’esercizio precedente. Esercizio 10.6. Determinare il valore del parametro k ∈ R tale che i vettori siano ortogonali.
v = (1, 3, 7, −1),
w = (3, 5, 1, k)
Esercizio 10.7. Siano assegnati i seguenti vettori di R4 : v = (2, −1, 0, 1),
w = (−1, 2, 0, 2)
a) Si calcoli l’angolo tra i due vettori. b) Si determini la proiezione ortogonale di v su w. c) Si scriva v come somma di un vettore v1 multiplo di w e di un vettore v2 ortogonale a w. Esercizio 10.8. Si ripeta l’esercizio precedente con i seguenti vettori di R3 v = (3, 4, −2),
w = (2, 1, −1)
Esercizio 10.9. Siano u = (4, 2, −2) e v = (3, −3, 2) vettori di R3 . a) Calcolare le lunghezze di u e di v (rispetto al prodotto scalare canonico di R3 ). b) Trovare tutti i vettori w di lunghezza 1 ortogonali a u e a v. Esercizio 10.10. Si considerino i vettori di R4 v1 = (0, −2, 1, 1),
v2 = (1, 0, 0, 1).
a) Calcolare le lunghezze di v1 e di v2 (rispetto al prodotto scalare canonico di R4 ). b) Determinare la proiezione ortogonale di v1 su v2 . 287
288
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
Esercizio 10.11. Data la base B = {v1 = (−1, 0, 1), v2 = (0, 1, 0), v3 = (1, 0, 1)}
di R3 , si determini una base ortonormale di R3 utilizzando il procedimento di Gram-Schmidt a partire da B. Esercizio 10.12. Si ripeta l’esercizio precedente partendo dalla base B = {v1 = (1, 1, 1), v2 = (0, 1, 1), v3 = (0, 0, 1)} Esercizio 10.13. Si ripeta l’esercizio precedente partendo dalla base B = {v1 = (2, 0, 0), v2 = (1, 2, 0), v3 = (0, −1, −1)} Esercizio 10.14. Sia W il sottospazio di R4 (con il prodotto scalare canonico) generato dai vettori v1 = (1, 1, 0, 1), v2 = (1, −2, 0, 0), v3 = (1, 0, −1, 2).
a) Trovare una base ortonormale di W . b) Trovare una base del complemento ortogonale di W . Esercizio 10.15. Si considerino i vettori di R3 v1 = (1, 2, 1),
v2 = (1, 1, 1).
a) Calcolare le lunghezze di v1 e di v2 . b) Determinare la proiezione ortogonale di v1 su v2 . c) Trovare una base ortonormale del sottospazio di R3 generato dai vettori v1 e v2 . Esercizio 10.16. Sia U il sottospazio di R3 costituito dai vettori (x1 , x2 , x3 ) tali che 2x1 + x2 = 0. Si determini una base ortonormale di U rispetto al prodotto scalare ordinario di R3 . Esercizio 10.17. Sia V il seguente sottospazio di R4 V = h v1 = (1, 1, 0, 0), v2 = (1, 2, −1, 3) i
Si determini il complemento ortogonale V ⊥ di V .
Esercizio 10.18. a) Partendo dalla base {v1 = (1, 0, 1), v2 = (2, 1, −3), v3 = (−1, 1, 0)}, costruire una base ortonormale di R3 . b) Sia U il sottospazio di R3 generato da v1 e v2 . Determinare una base del complemento ortogonale di U . Esercizio 10.19. Siano v1 = (2, 1, 1, 0) e v2 = (−1, 1, 2, 0) e sia V = hv1 , v2 i ⊂ R4 . a) Calcolare l’angolo tra v1 e v2 . b) Trovare una base del complemento ortogonale di V . Esercizio 10.20. Sia V il sottospazio di R3 di base B = {v1 = (1, 2, 0), v2 = (2, 4, −1)}. a) Si trovi una base ortonormale di V a partire da B. b) Si trovi una base ortonormale del complemento ortogonale V ⊥ di V . Esercizio 10.21. Sia T : R3 → R2 la funzione lineare tale che
T (1, −2, 1) = (2, 1), T (1, 0, 0) = (−1, 2), T (0, 1, 0) = (−1, 0).
a) Che dimensione ha l’immagine di T ? b) Si determini una base ortonormale (rispetto al prodotto scalare canonico di R3 ) del nucleo di T . Esercizio 10.22. Sia W il sottospazio di R3 costituito dai vettori (x1 , x2 , x3 ) tali che x1 −2x2 +x3 = 0. Si determini una base ortonormale di W rispetto al prodotto scalare canonico di R3 . Esercizio 10.23. Si considerino i seguenti vettori di R4 : v1 = (1, 0, −1, 0),
v2 = (2, 2, −1, t)
(t parametro reale).
a) Si determini il valore di t tale che v1 e v2 formino un angolo di 45◦ . b) Posto t = 0 si determini la proiezione di v2 su v1 .
1. SUGGERIMENTI
289
c) Posto t = 0 e dato v3 = (0, 0, 1, 1), si determini una base ortonormale dello spazio V = hv1 , v2 , v3 i. ——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti ——————————————————————————————————————————————Prodotto scalare: Sia V uno spazio vettoriale. Un prodotto scalare di V `e una applicazione (·, ·) : V × V →
R
(u, v) 7→ (u, v)
che gode delle seguenti propriet` a: • propriet` a simmetrica: (u, v) = (v, u) ∀ u, v ∈ R, • bilinearit`a: (α u + β v, w) = α (u, w) + β (v, w) ∀ u, v ∈ R α, β ∈ R, • definita positiva: (u, u) ≥ 0 ∀u ∈ V e (u, u) = 0 sse u = 0. (Notiamo che si usa la stessa notazione per la coppia (u, v) e per il loro prodotto scalare (u, v), ma il primo `e una coppia di vettori mentre il secondo `e un numero) ——————————————————————————————————————————————Il prodotto scalare canonico di Rn (che noi considereremo salvo diversa indicazione) `e: dati u = (xi )i=1,..,n e v = (yi )i=1,..,n : (u, v) =
n X i=1
x i yi = u · v T
——————————————————————————————————————————————Norma o lunghezza: definiamo norma o lunghezza di un vettore v il numero p k v k= (v, v)
Notiamo che
(v, v) =k v k2
——————————————————————————————————————————————Angolo tra due vettori. Dati due vettori u, v ∈ V e indicato con ϑ l’angolo convesso tra essi, si ha (u, v) cos(ϑ) = kuk·kvk ——————————————————————————————————————————————Ortogonalit` a. Due vettori u, v ∈ V sono ortogonali se (u, v) = 0. ——————————————————————————————————————————————Proiezione ortogonale su un vettore. Dati due vettori u, v ∈ V si chiama proiezione ortogonale di u su v il vettore (u, v) (u, v) prv (u) = ·v = ·v 2 kvk (v, v)
• prv (u) `e un vettore parallelo a v, • u − prv (u) `e un vettore ortogonale a v, • u = (u − prv (u)) + prv (u), ovvero ogni vettore u pu` o sempre essere scritto come somma di di un vettore ortogonale e di uno parallelo ad un altro vettore v. ——————————————————————————————————————————————-
Complemento ortogonale. Dato uno spazio vettoriale W ⊆ Rn , chiamiamo complemento ortogonale di W lo spazio vettoriale W ⊥ `e uno spazio vettoriale.
W ⊥ = {u ∈ Rn | (u, w) = 0 ∀w ∈ W }
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
290
——————————————————————————————————————————————Insieme ortonormale `e un insieme {v1 , v2 , . . . , vn } di vettori: • a due a due ortogonali: (vi , vj ) = 0 per i 6= j = 1, . . . , n, • di norma 1: k vi k= 1 = (vi , vi ) per i = 1, . . . , n ——————————————————————————————————————————————Gram-Schmidt. Permette di individuare una base ortonormale B ′ = {u1 , u2 , . . . , un } a partire da una base qualsiasi B = {v1 , v2 , . . . , vn } nel seguente modo. Determiniamo innanzitutto a partire da B una base
B ′′ = {w1 , w2 , . . . , wn }
di vettori a due a due ortogonali (non necessariamente di norma 1). Notiamo che siccome dei vettori wi ci interessa solo l’ortogonalit` a, possiamo sostituire un vettore wi ottenuto con un qualsiasi suo multiplo. In particolare per ottenere la base B ′ cercata `e sufficiente rendere i vettori wi di norma 1, dividendoli per la loro norma. • w1 = v 1 (v2 , w1 ) · w1 • w2 = v2 − prw1 (v2 ) = v2 − (w1 , w1 ) (v3 , w1 ) (v3 , w2 ) • w3 = v3 − prw1 (v3 ) − prw2 (v3 ) = v3 − · w1 − · w2 (w1 , w1 ) (w2 , w2 ) • ... n−1 n−1 X (vn , wi ) X · wi prwi (vn ) = vn − • wn = v n − (wi , wi ) i=1 i=1 Quindi
u1 =
w1 , k w1 k
u2 =
w2 , k w2 k
u3 =
w3 , k w3 k
...,
un =
wn k wn k
La base canonica `e una base ortonormale. ——————————————————————————————————————————————-
Proiezione ortogonale su uno spazio vettoriale. Siano V e W due spazi vettoriali tali che W ⊆ V , e sia {e1 , e2 , · · · , em } una base ortonormale di W . L’applicazione PW : V −→ V v −→ w =
m X i=1
(v, ei ) · ei
`e detta proiezione su W . • PW `e una applicazione lineare (endomorfismo di V ). • Dato un vettore v ∈ V , il corrispondente vettore w = PW (v) appartiene a W . • Dato un vettore v ∈ V , il corrispondente vettore w = PW (v) `e l’unico vettore di W tale che il vettore v − w appartiene a W ⊥ . ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 10.1. Dati i seguenti vettori di R2 si calcoli il prodotto scalare (vi , vj ) per i, j = 1, 2, . . . , 6: v1 = (6, 3)
v2 = (−1, 0)
v4 = (−2, 0)
v5 = (−2, 10)
v3 = (1, −2) √ v6 = (1, 2)
2. SOLUZIONI
291
Soluzione: Notiamo che per le propriet` a del prodotto scalare (vi , vj ) = (vj , vi ), calcoleremo quindi tali prodotti una sola volta. (v1 , v1 ) = 6 · 6 + 3 · 3 = 45
(v1 , v2 ) = 6 · (−1) + 3 · 0 = −6
(v1 , v3 ) = 6 · 1 + 3 · (−2) = 0
(v1 , v4 ) = 6 · (−2) + 3 · 0 = −12 √ √ (v1 , v6 ) = 6 · 1 + 3 · 2 = 6 + 3 2
(v1 , v5 ) = 6 · (−2) + 3 · 10 = 18 (v2 , v2 ) = −1 · (−1)1 + 0 · 0 = 1
(v2 , v3 ) = −1 · 1 + 0 · (−2) = −1
(v2 , v4 ) = −1 · (−2) + 0 · 0 = 2 √ (v2 , v6 ) = −1 · 1 + 0 · 2 = −1
(v2 , v5 ) = −1 · (−2) + 0 · 10 = 2
(v3 , v3 ) = 1 · 1 + (−2) · (−2) = 5 (v3 , v5 ) = 1 · (−2) + (−2) · 10 = −22
(v4 , v4 ) = −2 · (−2) + 0 · 0 = 4 √ (v4 , v6 ) = −2 · 1 + 0 · 2 = −2 √ √ (v5 , v6 ) = −2 · 1 + 10 · 2 = −2 + 10 2
(v3 , v4 ) = 1 · (−2) + (−2) · 0 = −2 √ √ (v3 , v6 ) = 1 · 1 + (−2) · 2 = 1 − 2 2 (v4 , v5 ) = −2 · (−2) + 0 · 10 = 4
(v5 , v5 ) = −2 · (−2) + 10 · 10 = 104 √ √ (v6 , v6 ) = 1 · 1 + 2 · 2 = 1 + 2 = 3
Esercizio 10.2. Si dica quali tra i vettori dell’esercizio precedente sono ortogonali tra loro. Soluzione: Due vettori sono ortogonali tra loro se il loro prodotto scalare `e zero, quindi gli unici vettori dell’esercizio precedente ortogonali tra loro sono v1 e v3 . Esercizio 10.3. Dati i seguenti vettori di R3 si calcoli il prodotto scalare (vi , vj ) per i, j = 1, 2, . . . , 6, e si dica quali vettori sono ortogonali tra loro. v2 = (0, −1, 2)
v1 = (1, 3, 4) v4 = (−2, 3, 0)
v3 = (1, 2, 1) v6 = (1, −3, 2)
v5 = (1, 1, 1)
Soluzione: (v1 , v1 ) = 26
(v1 , v2 ) = 6
(v1 , v3 ) = 11
(v1 , v4 ) = 9
(v1 , v5 ) = 8
(v1 , v6 ) = 0
(v2 , v2 ) = 5
(v2 , v3 ) = 0
(v2 , v4 ) = −3
(v2 , v5 ) = 1
(v2 , v6 ) = 7
(v3 , v3 ) = 6
(v3 , v4 ) = 4
(v3 , v5 ) = 4
(v4 , v4 ) = 13
(v4 , v5 ) = 1
(v4 , v6 ) = −11
(v3 , v6 ) = −3
(v6 , v6 ) = 14
(v5 , v5 ) = 3
(v5 , v6 ) = 0
I vettori ortogonali tra loro sono: v1 e v6 ,
v2 e v3 ,
v5 e v6
Esercizio 10.4. Si calcoli la norma dei seguenti vettori v1 = (−2, 5, 1) v4 = (4, 1)
v2 = (1, 0, −2)
v5 = (10, 1)
v3 = (7, 1, 1) v6 = (−1, −3)
Soluzione: La norma di un vettore `e data dalla radice quadrata del prodotto scalare del vettore per se stesso: p kuk = (u, u)
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
292
Di conseguenza
√ 5, √ kv5 k = 101,
√ 30, √ kv4 k = 17,
kv2 k =
kv1 k =
kv3 k = kv6 k =
√ √
51, 10.
Esercizio 10.5. Si calcoli la distanza tra i vettori v1 e v2 , e tra i vettori v5 e v6 dell’esercizio precedente. Soluzione: La distanza tra due vettori `e data dalla norma della loro differenza. d(u, v) = ku − vk Di conseguenza
√ d(v1 , v2 ) = k(3, −5, −3)k = 43 √ d(v5 , v6 ) = k(−11, −4)k = 137
Esercizio 10.6. Determinare il valore del parametro k ∈ R tale che i vettori v = (1, 3, 7, −1),
w = (3, 5, 1, k)
siano ortogonali. Soluzione: Due vettori sono ortogonali se il loro prodotto scalare `e zero. (v, w) = 3 + 15 + 7 − k = 25 − k
⇒
(v, w) = 0 se k = 25
Quindi v e w sono ortogonali se k = 25 Esercizio 10.7. Siano assegnati i seguenti vettori di R4 : v = (2, −1, 0, 1),
w = (−1, 2, 0, 2)
a) Si calcoli l’angolo tra i due vettori. b) Si determini la proiezione ortogonale di v su w. c) Si scriva v come somma di un vettore v1 multiplo di w e di un vettore v2 ortogonale a w. Soluzione: a) Se indichiamo con ϑ l’angolo (convesso) tra i due vettori, sappiamo che cos(ϑ) = Poich´e (v, w) = −2 − 2 + 2 = −2, otteniamo
e
(v, w) kvk·kwk k v k=
√
6,
k w k=
√ 2 −2 6 =− √ =− cos(ϑ) = √ 9 6·3 3 6 √ ! 6 , ϑ = arccos − 9
con 0 ≤ ϑ < π
b) La proiezione ortogonale di v su w `e il vettore prw (v) =
(v, w) (v, w) ·w = ·w k w k2 (w, w)
Notiamo che prw (v) `e un vettore multiplo di w.
√ 9 = 3,
2. SOLUZIONI
293
Sappiamo gi` a che (v, w) = −2, inoltre (w, w) =k w k2 = 32 = 9, quindi −2 4 4 2 prw (v) = ·w = , − , 0, − 9 9 9 9 c) Dalla teoria sappiamo che il vettore v−prw (v) `e un vettore ortogonale a w (`e comunque immediato verificarlo), quindi possiamo prendere: v1 = prw (v)
multiplo di w
v2 = v − prw (v) v1 + v2 = v Quindi
ortogonale a w
4 4 2 , − , 0, − v1 = 9 9 9 16 5 13 v2 = , − , 0, 9 9 9
Esercizio 10.8. Si ripeta l’esercizio precedente con i seguenti vettori di R3 v = (3, 4, −2),
w = (2, 1, −1)
Soluzione: • La proiezione ortogonale di v su w `e il vettore prw (v) =
(v, w) (v, w) ·w = ·w k w k2 (w, w)
Notiamo che prw (v) `e un vettore multiplo di w.
(v, w) = 12 (w, w) = 6 quindi 12 · w = (4, 2, −2) 6 • Dalla teoria sappiamo che il vettore v − prw (v) `e un vettore ortogonale a w , quindi possiamo prendere: prw (v) =
v1 = prw (v)
multiplo di w
v2 = v − prw (v)
ortogonale a w
v1 + v2 = v Quindi
v1 = (4, 2, −2)
v2 = (−1, 2, 0)
Esercizio 10.9. Siano u = (4, 2, −2) e v = (3, −3, 2) vettori di R3 .
a) Calcolare le lunghezze di u e di v (rispetto al prodotto scalare canonico di R3 ). b) Trovare tutti i vettori w di lunghezza 1 ortogonali a u e a v.
Soluzione: a) Ricordiamo che kuk =
p
(u, u), quindi: p √ √ kuk = 42 + 22 + (−2)2 = 24 = 2 6 p √ kvk = 32 + (−3)2 + 22 = 22
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
294
b) Si w = (x, y, z) il generico vettore di R3 e imponiamo la condizione che sia ortogonale a u e a v, ovvero (u, w) = (v, w) = 0: ( 4x + 2y − 2z = 0 3x − 3y + 2z = 0 Risolviamo il sistema considerando la matrice associata ( 2x + y − z = 0 4 2 −2 | 0 1/2I 2 1 −1 | 0 ⇒ ⇒ 3 −3 2 | 0 II + I 7 −1 0 | 0 7x − y = 0 x = t ⇒ y = 7t z = 2t + 7t = 9t
Quindi il generico vettore w ortogonale a u e v `e del tipo (t, 7t, 9t)
Imponiamo ora la condizione che w abbia norma 1: √ p 1 t2 + (7t)2 + (9t)2 = 1 ⇒ 131t2 = 1 ⇒ t = ± √ 131 Quindi abbiamo due possibili scelte per w: 7 9 1 ,√ ,√ w=± √ 131 131 131 Esercizio 10.10. Si considerino i vettori di R
4
v1 = (0, −2, 1, 1),
v2 = (1, 0, 0, 1).
a) Calcolare le lunghezze di v1 e di v2 (rispetto al prodotto scalare canonico di R4 ). b) Determinare la proiezione ortogonale di v1 su v2 . Soluzione: a) La lunghezza di un vettore corrisponde alla sua norma: √ √ k v1 k= 4 + 1 + 1 = 6 √ √ k v2 k= 1 + 1 = 2
b) Utilizzando la formula per calcolare la proiezione ortogonale di v1 su v2 otteniamo: (v1 , v2 ) 1 1 1 prv2 (v1 ) = · v2 = · (1, 0, 0, 1) = , 0, 0, (v2 , v2 ) 2 2 2
Esercizio 10.11. Data la base B = {v1 = (−1, 0, 1), v2 = (0, 1, 0), v3 = (1, 0, 1)}
di R3 , si determini una base ortonormale di R3 utilizzando il procedimento di Gram-Schmidt a partire da B. Soluzione: Sia B ′ = {u1 , u2 , u3 } la base ortonormale che vogliamo ottenere a partire dalla base B. Costruiamo prima una base B ′′ = {w1 , w2 , w3 } di vettori a due a due ortogonali (non necessariamente di norma 1). w1 = v1 = (−1, 0, 1) (v2 , w1 ) · w1 = (0, 1, 0) − 0 · w1 = (0, 1, 0) (w1 , w1 ) (v3 , w1 ) (v3 , w2 ) w3 = v3 − prw1 (v3 ) − prw2 (v3 ) = v3 − · w1 − · w2 (w1 , w1 ) (w2 , w2 ) = (1, 0, 1) − 0 · w1 − 0 · w2 = (1, 0, 1)
w2 = v2 − prw1 (v2 ) = v2 −
2. SOLUZIONI
295
A questo punto per ottenere la base cercata basta prendere i vettori ui paralleli a wi , ma di norma 1: u1 =
u3 =
w3 1 = √ (1, 0, 1) = kw3 k 2
(−1, 0, 1) v1 √ = = kv1 k 2 u2 = w2 = (0, 1, 0)
1 1 − √ , 0, √ 2 2
1 1 √ , 0, √ 2 2
Notiamo che potevamo osservare dall’inizio che v1 , v2 e v3 sono gi` a ortogonali, quindi era sufficiente normalizzarli per ottenere a partire da essi una base ortonormale. Esercizio 10.12. Si ripeta l’esercizio precedente partendo dalla base B = {v1 = (1, 1, 1), v2 = (0, 1, 1), v3 = (0, 0, 1)} Soluzione: Sia B ′ = {u1 , u2 , u3 } la base ortonormale che vogliamo ottenere a partire dalla base B. Per facilitare i conti scambiamo innanzitutto l’ordine di v1 , v2 e v3 in B (cambiando i nomi per evitare confusioni): B = {v1′ = (0, 0, 1), v2′ = (0, 1, 1), v3′ = (1, 1, 1)}
Come nell’esercizio precedente costruiamo prima una base B ′′ = {w1 , w2 , w3 } di vettori a due a due ortogonali (non necessariamente di norma 1). w1 = v1′ = (0, 0, 1) 1 (v2′ , w1 ) · w1 = (0, 1, 1) − · (0, 0, 1) = (0, 1, 0) (w1 , w1 ) 1 (v ′ , w1 ) (v ′ , w2 ) w3 = v3′ − prw1 (v3′ ) − prw2 (v3′ ) = v3′ − 3 · w1 − 3 · w2 (w1 , w1 ) (w2 , w2 ) 1 1 = (1, 1, 1) − · (0, 0, 1) − · (0, 1, 0) = (1, 0, 0) 1 1 Notiamo che in questo caso i vettori ottenuti hanno gi` a norma 1, quindi w2 = v2′ − prw1 (v2′ ) = v2′ −
u1 = w1 = (0, 0, 1),
u2 = w2 = (0, 1, 0),
u3 = w3 = (1, 0, 0)
Infine B ′ = {(0, 0, 1), (0, 1, 0), (1, 0, 0) } Esercizio 10.13. Si ripeta l’esercizio precedente partendo dalla base B = {v1 = (2, 0, 0), v2 = (1, 2, 0), v3 = (0, −1, −1)} Soluzione: Sia B ′ = {u1 , u2 , u3 } la base ortonormale che vogliamo ottenere a partire dalla base B. • Il vettore u1 lo otteniamo normalizzando v1 : u1 =
(2, 0, 0) v1 = = (1, 0, 0) kv1 k 2
• Per calcolare il vettore u2 cominciamo con il calcolare il vettore w2 ortogonale a u1 : w2 = v2 − (v2 , u1 ) u1 = (1, 2, 0) − 1 · (1, 0, 0) = (0, 2, 0) Quindi u2 =
w2 (0, 2, 0) = = (0, 1, 0) kw2 k 2
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
296
• Anche per calcolare il vettore u3 calcoliamo prima il vettore w3 ortogonale a u1 e u2 . w3 = v3 − (v3 , u1 ) u1 − (v3 , u2 ) u2 = (0, −1, −1) − 0 − (−1) · (0, 1, 0) = (0, 0, −1)
Notiamo che w3 `e gi` a normale, quindi u3 = w3 = (0, 0, −1).
Esercizio 10.14. Sia W il sottospazio di R4 (con il prodotto scalare canonico) generato dai vettori v1 = (1, 1, 0, 1), v2 = (1, −2, 0, 0), v3 = (1, 0, −1, 2). a) Trovare una base ortonormale di W . b) Trovare una base del complemento ortogonale di W . Soluzione: a) Notiamo che l’insieme {v1 , v2 , v3 } `e una base di W in quanto i vettori sono linearmente indipendenti (la matrice associata ha rango 3). Per determinare una base ortonormale {u1 , u2 , u3 } dobbiamo utilizzare il metodo di Gram-Schmidt, costruendo prima una base {w1 , w2 , w3 } di vettori a due a due artogonali (non necessariamente di norma 1). w1 = v1 = (1, 1, 0, 1) −1 (v2 , w1 ) · w1 = (1, −2, 0, 0) − · (1, 1, 0, 1) = w2 = v2 − prw1 (v2 ) = v2 − (w1 , w1 ) 3 4 5 1 = , − , 0, 3 3 3 Prima di procedere notiamo che dei vettori wi ci interessa solo la direzione (in modo che siamo tra loro ortogonali), ma non la lunghezza. Quindi ci conviene sostituire il vettore trovato con un suo multiplo: 4 5 1 w2 = 3 · = (4, −5, 0, 1) , − , 0, 3 3 3 (v3 , w1 ) (v3 , w2 ) w3 = v3 − prw1 (v3 ) − prw2 (v3 ) = v3 − · w1 − · w2 (w1 , w1 ) (w2 , w2 ) 3 6 4 2 6 = (1, 0, −1, 2) − · (1, 1, 0, 1) − · (4, −5, 0, 1) = − , − , −1, 3 42 7 7 7 Anche in questo caso ci conviene sostituire il vettore trovato con un suo multiplo: 6 4 2 = (4, 2, 7, −6) w3 = −7 · − , − , −1, 7 7 7 A questo punto per ottenere la base cercata basta prendere i vettori ui paralleli a wi , ma di norma 1: w1 1 1 1 u1 = = √ , √ , 0, √ kw1 k 3 3 3 w2 5 1 4 u2 = = √ , − √ , 0, √ kw2 k 42 42 42 w3 2 7 6 4 u3 = ,√ ,√ , −√ = √ kw3 k 105 105 105 105 Infine una base ortonormale di W `e 1 1 7 4 4 1 5 1 2 6 √ , √ , 0, √ , √ , − √ , 0, √ , √ ,√ ,√ , −√ 3 3 3 42 42 42 105 105 105 105 b) Il complemento ortogonale W ⊥ `e formato dai vettori di R4 ortogonali ai vettori di W , ovvero ortogonali agli elementi di una sua base, quindi W ⊥ = {(x, y, z, w) | x + y + w = 0, x − 2y = 0, x − z + 2w = 0}
2. SOLUZIONI
297
Risolviamo quindi il 1 1 1 −2 1 0
Infine
sistema omogeneo ottenuto: 1 1 0 1 | 0 0 1 | 0 0 0 | 0 ⇒ II − I 0 −3 0 −1 | 0 ⇒ III − I 0 −1 −1 1 | 0 −1 2 | 0 x = − 32 t 1 1 0 1 | 0 1 0 −3 0 −1 | 0 ⇒ y = − 3 t ∀t ∈ R z = 43 t 3III − II 0 0 −3 4 | 0 w=t B(W ⊥ ) = { (−2, −1, 4, 3) }
Esercizio 10.15. Si considerino i vettori di R3 v1 = (1, 2, 1),
v2 = (1, 1, 1).
a) Calcolare le lunghezze di v1 e di v2 . b) Determinare la proiezione ortogonale di v1 su v2 . c) Trovare una base ortonormale del sottospazio di R3 generato dai vettori v1 e v2 . Soluzione: a)
p √ 12 + 22 + 12 = 6 p √ k v2 k= 12 + 12 + 12 = 3 k v1 k=
b) prv2 (v1 ) =
4 (v1 , v2 ) · v2 = · (1, 1, 1) = (v2 , v2 ) 3
4 4 4 , , 3 3 3
.
c) Sia {u1 , u2 } la base ortonormale cercata. La cosa pi` u semplice per sfruttare i conti gi` a fatti `e considerare v2 1 1 1 1 u1 = = √ (1, 1, 1) = √ , √ , √ k v2 k 3 3 3 3 Quindi 1 2 1 4 4 4 w2 = v1 − (v1 , u1 ) · u1 = v1 − prv2 (v1 ) = (1, 2, 1) − = − , ,− , , 3 3 3 3 3 3 Notiamo che w2 `e parallelo a (−1, 2, −1), quindi 2 (−1, 2, −1) 1 1 u2 = = −√ , √ , −√ k (−1, 2, −1) k 6 6 6 Infine la base ortogonale cercata `e 1 1 1 1 1 2 √ ,√ ,√ , −√ , √ , −√ 3 3 3 6 6 6
Esercizio 10.16. Sia U il sottospazio di R3 costituito dai vettori (x1 , x2 , x3 ) tali che 2x1 + x2 = 0. Si determini una base ortonormale di U rispetto al prodotto scalare ordinario di R3 .
Soluzione: Gli elementi di U sono i vettori di R3 tali che 2x1 + x2 = 0, ovvero x1 = t ∀s, t ∈ R x2 = −2t x3 = s
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
298
Quindi U = h (1, −2, 0), (0, 0, 1) i
Poich`e i due generatori sono tra loro ortogonali, per ottenere una base ortonormale di U `e sufficiente prenderli di norma 1: B=
2 1 √ , − √ , 0 , (0, 0, 1) 5 5
Esercizio 10.17. Sia V il seguente sottospazio di R4 V = h v1 = (1, 1, 0, 0), v2 = (1, 2, −1, 3) i
Si determini il complemento ortogonale V ⊥ di V .
Soluzione: Sia u = (x, y, z, w) il generico elemento di V ⊥ . Per la condizione di ortogonalit`a deve essere (u, v1 ) = (u, v2 ) = 0 ovvero ( Quindi
x+y =0 x + 2y − z + 3w = 0
x = −t y = t ⇒ z = t + 3s w=s
∀s, t ∈ R
V ⊥ = {(−1, 1, 1, 0) · t + (0, 0, 3, 1) · s | ∀s, t ∈ R} = h (−1, 1, 1, 0), (0, 0, 3, 1) i
Esercizio 10.18. a) Partendo dalla base {v1 = (1, 0, 1), v2 = (2, 1, −3), v3 = (−1, 1, 0)}, costruire una base ortonormale di R3 . b) Sia U il sottospazio di R3 generato da v1 e v2 . Determinare una base del complemento ortogonale di U .
Soluzione: a) Sia B = {u1 , u2 , u3 } la base ortonormale che vogliamo ottenere a partire dai tre vettori. Cominciamo a costruire una base ortogonale B ′ = {w1 , w2 , w3 }. w1 = v1 = (1, 0, 1)
−1 · (1, 0, 1) = w2 = v2 − prw1 (v2 ) == (2, 1, −3) − 2 ⇒w2 = (5, 2, −5)
5 5 , 1, − 2 2
−1 −3 w3 = v3 − prw1 (v3 ) − prw2 (v3 ) = (−1, 1, 0) − · (1, 0, 1) − (5, 2, −5) = 2 34 ⇒w3 = (−1, 5, 1) Ora basta normalizzare i vettori trovati: 1 (1, 0, 1) 1 v1 = √ , 0, √ = √ u1 = kv1 k 2 2 2 w2 2 5 (5, 2, −5) 5 √ , √ ,− √ u2 = = = √ kw2 k 54 3 6 3 6 3 6 w3 (−1, 5, 1) 1 5 1 u3 = = √ = − √ , √ , √ kw3 k 27 3 3 3 3 3 3 La base ortonormale cercata `e B = {u1 , u2 , u3 }.
4 20 4 − , , 18 18 18
2. SOLUZIONI
299
b) Sia U = hv1 , v2 i e sia w = (x, y, z) ∈ U ⊥ . Imponiamo quindi a w l’ortogonalit` a agli elementi di U , ovvero agli elementi di una base di U : (w, v1 ) = 0 ⇒ x + z = 0
(w, v2 ) = 0 ⇒ 2x + y − 3z = 0
Risolvendo il sistema otteniamo x = −t ∀t ∈ R y = 5t z=t
B U ⊥ = {(−1, 5, 1)} .
⇒
Esercizio 10.19. Siano v1 = (2, 1, 1, 0) e v2 = (−1, 1, 2, 0) e sia V = hv1 , v2 i ⊂ R4 . a) Calcolare l’angolo tra v1 e v2 . b) Trovare una base del complemento ortogonale di V .
Soluzione: a) Indichiamo con ϑ l’angolo tra v1 e v2 . Sappiamo che 1 1 (v1 , v2 ) =√ √ = cos(ϑ) = ||v1 || · ||v2 || 6 6· 6
⇒
1 ϑ = arccos 6
b) Il complemento ortogonale di V `e lo spazio V ⊥ = v = (x, y, z, w) ∈ R4 | (v, v1 ) = (v, v2 ) = 0 = v = (x, y, z, w) ∈ R4 | 2x + y + z = 0, −x + y + 2z = 0 Risolviamo il sistema di due equazioni in quattro incognite: (
2x + y + z = 0 −x + y + 2z = 0
⇒
2II + I
(
2x + y + z = 0 3y + 5z = 0
Infine una base di V ⊥ `e
x = 13 t y = − 5 t 3 ⇒ z = t w=s
B V ⊥ = = { (1, −5, 3, 0), (0, 0, 0, 1) }
Esercizio 10.20. Sia V il sottospazio di R3 di base B = {v1 = (1, 2, 0), v2 = (2, 4, −1)}. a) Si trovi una base ortonormale di V a partire da B. b) Si trovi una base ortonormale del complemento ortogonale V ⊥ di V .
Soluzione: a) Costruiamo prima una base {w1 , w2 } di vettori a due a due ortogonali (non necessariamente di norma 1). w1 = v1 = (1, 2, 0) w2 = v2 − prw1 (v2 ) = v2 −
(v2 , w1 ) 10 · w1 = (2, 4, −1) − (1, 2, 0) = (0, 0, −1) (w1 , w1 ) 5
A questo punto per ottenere la base cercata basta prendere i vettori ui paralleli a wi , ma di norma 1: 2 1 v1 u2 = w2 = (0, 0, −1) = √ , √ ,0 , u1 = kv1 k 5 5 Infine una base ortonormale cercata `e 2 1 √ , √ , 0 , (0, 0, −1) 5 5
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
300
b) Il complemento ortogonale di V `e l’insieme dei vettori di R3 che sono ortogonali ai vettori di V , e quindi ai vettori di una base di V : V ⊥ = (x, y, z) ∈ R3 | x + 2y = 0, 2x + 4y − z = 0 Risolvendo il sistema otteniamo x = −2t y=t z=0
⇒
V ⊥ = h(−2, 1, 0)i
Per trovare una base ortonormale `e sufficiente prendere il generatore di norma 1: !) √ √ ( 1 −2 5 5 −2 √ , √ ,0 = , ,0 B V⊥ = 5 5 5 5
Esercizio 10.21. Sia T : R3 → R2 la funzione lineare tale che
T (1, −2, 1) = (2, 1), T (1, 0, 0) = (−1, 2), T (0, 1, 0) = (−1, 0).
a) Che dimensione ha l’immagine di T ? b) Si determini una base ortonormale (rispetto al prodotto scalare canonico di R3 ) del nucleo di T .
Soluzione: Per risolvere l’esercizio possiamo procedere in due modi: (1) Determinare la matrice A = MBC (T ) associata a T rispetto alla base B = { (1, −2, 1), (1, 0, 0), (0, 1, 0) }
di R3 e alla base canonica C di R2 , tenendo poi conto che i vettori ottenuti nello spazio di partenza R3 (in particolare il Nucleo) saranno espressi rispetto alla base B. (2) Ricavare l’azione di T sugli elementi della base canonica di R3 e determinare quindi la matrice B = M (T ) associata a T rispetto alle basi canoniche. Consideriamo entrambi i metodi. (1) Con il primo metodo consideriamo la matrice A associata a T rispetto alla base B di R3 e C di R2 : 2 −1 −1 C A = MB (T ) = 1 2 0 a) La dimensione dell’immagine di T corrisponde al rango di A. Poich`e A contiene la sottomatrice −1 −1 2 0 di determinante 2 6= 0, la matrice A ha rango 2, quindi dim(Im(T )) = 2
b) Per determinare il nucleo di T risolviamo il sistema omogeneo associato a A ( 2x − y − z = 0 2 −1 −1 | 0 ⇒ 1 2 0 | 0 x + 2y = 0 x = −2t ∀t ∈ R ⇒ y=t z = 2(−2t) − t = −5t
Quindi N (T )) `e generato dal vettore (−2, 1, −5)B , espresso per` o rispetto alla base B. Rispetto alla base canonica tale vettore corrisponde al vettore
Infine
−2 · v1 + 1 · v2 − 5 · v3 = (−1, −1, −2) N (T ) = h (−1, −1, −2) i
2. SOLUZIONI
301
Poich`e il nucleo ha dimensione uno per determinarne una base ortonormale `e sufficiente prendere come generatore un vettore di norma 1: 2 1 1 √ ,√ ,√ Base ortonormale di N (T ) = 6 6 6 (2) Con il secondo metodo ricaviamo invece la matrice associata a T rispetto alle basi canoniche di R3 e R2 , calcolando le immagini di e1 , e2 , e3 . Poich`e conosciamo gi` a T (e1 ) = (−1, 2) e T (e2 ) = (−1, 0), dobbiamo solo ricavare T (e3 ). Sfruttando la linearit`a di T otteniamo: T (0, 0, 1) = T (1, −2, 1) − T (1, 0, 0) + 2T (0, 1, 0)
= (2, 1) − (−1, 2) + 2(−1, 0) = (1, −1)
Quindi la matrice B associata a T rispetto alle basi canoniche `e −1 −1 1 −1 −1 1 B= ⇒ II + 2I 0 −2 1 2 0 −1 a) La dimensione dell’immagine di T corrisponde al rango di B, quindi dim(Im(T )) = 2 b) Per determinare il nucleo di T risolviamo il sistema omogeneo associato a B ( x = t −x − y + z = 0 ∀t ∈ R ⇒ y=t −2y + z = 0 z = 2t Quindi
N (T ) = h (1, 1, 2) i Notiamo che in questo caso il generatore `e gi` a espresso rispetto alla base canonica, `e quindi sufficiente prendere come generatore un vettore di norma 1: 1 2 1 √ ,√ ,√ Base ortonormale di N (T ) = 6 6 6 Esercizio 10.22. Sia W il sottospazio di R3 costituito dai vettori (x1 , x2 , x3 ) tali che x1 −2x2 +x3 = 0. Si determini una base ortonormale di W rispetto al prodotto scalare canonico di R3 .
Soluzione: Gli elementi di W sono i vettori di R3 tali che x1 − 2x2 + x3 = 0, ovvero x1 = 2s − t ∀s, t ∈ R x2 = s x3 = t
Quindi
W = h (−1, 0, 1), (2, 1, 0) i Per ottenere una base ortonormale di W utilizziamo il metodo di Gram-Schmidt. Sia v1 = (−1, 0, 1), calcoliamo il vettore u1 normalizzando v1 : v1 1 1 (−1, 0, 1) √ u1 = = − √ , 0, √ = kv1 k 2 2 2
Sia ora v2 = (2, 1, 0). Per calcolare il vettore u2 cominciamo con il calcolare il vettore w2 ortogonale a u1 :
2 1 1 w2 = v2 − (v2 , u1 ) u1 = (2, 1, 0) − − √ − √ , 0, √ 2 2 2 = (2, 1, 0) + (−1, 0, 1) = (1, 1, 1)
´ E BASI ORTONORMALI 10. PRODOTTO SCALARE, ORTOGONALITA
302
Per ottenere il vettore u2 cercato normalizziamo w2 : 1 1 1 (1, 1, 1) w2 = √ , √ , √ = √ u2 = kw2 k 3 3 3 3 La base ortonormale di W cercata `e quindi 1 1 1 1 1 , √ , √ , √ B= − √ , 0, √ 2 2 3 3 3
4
Esercizio 10.23. Si considerino i seguenti vettori di R : v1 = (1, 0, −1, 0),
v2 = (2, 2, −1, t)
(t parametro reale).
a) Si determini il valore di t tale che v1 e v2 formino un angolo di 45◦ . b) Posto t = 0 si determini la proiezione di v2 su v1 . c) Posto t = 0 e dato v3 = (0, 0, 1, 1), si determini una base ortonormale dello spazio V = hv1 , v2 , v3 i. Soluzione: a) Sia ϑ l’angolo formato da v1 e v2 . Si ha cos(ϑ) =
(v1 , v2 ) 3 =√ √ ||v1 || · ||v2 || 2 · 9 + t2
√ 2 Poich´e cos(45◦ ) = otteniamo l’equazione 2 √ p 2 3 3 √ √ ⇒ √ = = 1 ⇒ 3 = 9 + t2 2 2 9 + t2 9 + t2 Quindi v1 e v2 formano un angolo di 45◦ se t = 0. b) La proiezione di v2 su v1 `e prv1 (v2 ) =
3 (v1 , v2 ) · v1 = · (1, 0, −1, 0) = (v1 , v1 ) 2
c) Cerchiamo prima una base ortogonale w1 , w2 , w3 . w1 = v1 = (1, 0, −1, 0)
⇒
9 = 9 + t2
⇒
t=0
3 3 , 0, − , 0 2 2
3 1 3 1 , 0, − , 0 = , 2, , 0 ⇒ w2 = (1, 4, 1, 0) 2 2 2 2 −1 1 4 2 4 w3 = v3 − prw1 (v3 ) − prw2 (v3 ) = (0, 0, 1, 1) − (1, 0, −1, 0) − (1, 4, 1, 0) = ,− , ,1 ⇒ 2 18 9 9 9 w3 = (4, −2, 4, 9)
w2 = v2 − prw1 (v2 ) = (2, 2, −1, 0) −
Per trovare una base ortonormale {u1 , u2 , u3 } di V si tratta ora di determinare i generatori di norma 1: w1 1 = √ (1, 0, −1, 0) u1 = ||w1 || 2 1 w2 1 u2 = = √ (1, 4, 1, 0) = √ (1, 4, 1, 0) ||w2 || 18 3 2 1 w3 (4, −2, 4, 9) =√ u3 = ||w3 || 117
CAPITOLO 11
Endomorfismi e matrici simmetriche Esercizio 11.1. [Esercizio 15) cap. 9 del testo Geometria e algebra lineare di Manara, Perotti, Scapellato] Calcolare una base ortonormale di R3 formata da autovettori per le matrici 1 3 0 1 2 0 B = 3 −2 −1 A = 2 1 0 0 −1 1 0 0 −1 Esercizio 11.2. Per ognuna delle seguenti matrici simmetriche A si determini una matrice ortogonale P per la quale P T AP sia diagonale 1 0 1 1 2 A = 0 1 −1 A= 2 −2 1 −1 2 Esercizio 11.3. Sia T l’endomorfismo di R3 con matrice associata 4 0 0 A = 0 5 −1 0 −1 5
rispetto alla base canonica. a) Stabilire se l’endomorfismo T ´e diagonalizzabile. b) Trovare basi ortonormali degli autospazi di T (rispetto al prodotto scalare canonico di R3 ). c) Trovare una base ortonormale di R3 formata da autovettori di T . Esercizio 11.4. Sia A la matrice reale
8 −2 A = −2 5 2 4
2 4 5
a) Calcolare il polinomio caratteristico di A. b) Si pu` o affermare che A `e diagonalizzabile anche senza conoscere gli autovalori? c) Trovare una base di R3 costituita da autovettori di A. Esercizio 11.5. Sia A la matrice reale
6 0 A= 0 5 −2 0
−2 0 . 9
Trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di A. Esercizio 11.6. Sia A la matrice reale
1 1 A = 1 1 0 0
0 0 2
Trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di A. Esercizio 11.7. Si consideri la matrice reale simmetrica
1 1 A = 1 2 0 −1 303
0 −1 1
304
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
a) Trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di A. b) Determinare una matrice ortogonale P tale che P T AP sia diagonale. Esercizio 11.8. Sia T l’endomorfismo di R4 definito dalla matrice 4 0 0 0 0 5 0 −1 A= 0 0 6 0 0 −1 0 5
a) Determinare autovalori e autovettori di T . b) Determinare una base ortonormale di R4 formata da autovettori di T .
Esercizio 11.9. Si consideri il seguente endomorfismo di R3 T (x, y, z) = (ax, bx + y + z, y + z) con a e b parametri reali. a) Si discuta la diagonalizzabilit` a di T al variare di a e b in R. b) Posto a = b = 0 si determini una base ortonormale di R3 formata da autovettori di T . Esercizio 11.10. Sia T l’endomorfismo di R3 a cui 2 2 A = 2 3 0 −1
`e associata la matrice 1 0 . 1
rispetto alla base B = { (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) } . T `e un endomorfismo simmetrico? Esercizio 11.11. Sia T l’endomorfismo di R3 a cui `e associata la matrice 6 1 3 A = −3 1 −2 . −3 −1 −1
rispetto alla base
B = { (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) } .
a) T `e un endomorfismo simmetrico? b) T `e diagonalizzabile?
Esercizio 11.12. Sia T l’endomorfismo do R4 cos´ı definito: T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (3x1 , x3 , x4 , −3x2 + x3 + 3x4 )
a) Mostrare che 1 `e autovalore di T . b) Stabilire se T `e diagonalizzabile e in caso affermativo trovare una base rispetto a cui T ha matrice diagonale. c) L’endomorfismo T `e simmetrico? Esercizio 11.13. Sia T l’endomorfismo di R3 cos`ı definito: √ √ T (x1 , x2 , x3 ) = (2x1 , 2x2 + 3x3 , 3x2 ) a) Stabilire se T `e invertibile. b) Mostrare che T `e un endomorfismo simmetrico. c) Trovare una base ortonormale di R3 che diagonalizza T . Esercizio 11.14. Si consideri la funzione lineare (endomorfismo) T : R3 → R3 cos`ı definita: T (x, y, z) = (2x + 4z, 6y, 4x + 2z).
a) Stabilire se T `e simmetrica rispetto al prodotto scalare canonico di R3 . b) Se esiste, trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di T . Esercizio 11.15. Sia T : R3 → R3 l’endomorfismo avente come autovettori i vettori v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, 1), v3 = (0, 0, 1), rispetto agli autovalori 1, 1, 2. a) Calcolare la matrice A che rappresenta T rispetto alla base canonica. b) T `e invertibile? c) T `e un endomorfismo simmetrico?
2. SOLUZIONI
305
Esercizio 11.16. Sia T l’endomorfismo di R2 [x] che associa al polinomio p(x) = ax2 + bx + c ∈ R2 [x] il polinomio T (p(x)) = (a + kb)x2 + (ka + b)x + kc. a) Trovare la matrice associata a T rispetto alla base {x2 , x, 1}. b) Calcolare gli autovalori di T e stabilire se T `e diagonalizzabile. ——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti ——————————————————————————————————————————————Endomorfismo simmetrico: T : V → V tale che: ∀u, v ∈ V
(T (u), v) = (u, T (v))
` : Proprieta Se T `e un endomorfismo e A `e la matrice associata a T rispetto a una base ortonormale, allora: • T `e simmetrico ⇔ A `e simmetrica (cio`e A = AT ). • T ha n autovalori reali (contati con la loro molteplicit` a). • Autovettori relativi a autovalori distinti sono ortogonali.
——————————————————————————————————————————————Matrice ortogonale: P `e una matrice ortogonale se P · PT = I
ovvero
P −1 = P T
Notiamo che det(P ) = ±1, e P `e detta ortogonale speciale se det(P ) = 1. ——————————————————————————————————————————————Teorema spettrale • Se T `e un endomorfismo simmetrico di V , allora esiste una base ortonormale di V formata da autovettori di T . In particolare T `e diagonalizzabile, cio`e esiste una base (ortonormale) di V rispetto alla quale la matrice associata a T `e diagonale. • Se A `e una matrice simmetrica, allora A `e simile a una matrice diagonale D (ovvero A `e diagonalizzabile). Inoltre la matrice diagonalizzante P `e una matrice ortogonale: P −1 AP = P T AP = D ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 11.1. [Esercizio 15) cap. 9 del testo Geometria e algebra lineare di Manara, Perotti, Scapellato] Calcolare una base ortonormale di R3 formata da autovettori per le matrici 1 3 0 1 2 0 B = 3 −2 −1 A = 2 1 0 0 −1 1 0 0 −1 Soluzione: Cominciamo a determinare gli autovalori della matrice A calcolandone il polinomio caratteristico, ovvero il determinante della matrice 1−λ 2 0 1−λ 0 A − λI = 2 0 0 −1 − λ
306
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
Quindi pA (λ) = (1 − λ)(1 − λ)(−1 − λ) − 2 · 2(−1 − λ) = (−1 − λ)[(1 − λ)(1 − λ) − 4] = (−1 − λ)(λ2 − 2λ − 3)
Gli autovalori di A sono i valori di λ per cui pA (λ) = 0, quindi λ1 = −1 (doppio),
λ2 = 3
Possiamo ora trovare gli autovettori: • λ = −1. Cerchiamo le soluzioni del sistema omogeneo associato a A + I: 2 2 0 | 0 x = −t 2 2 0 | 0 ⇒ 2x + 2y = 0 ⇒ y = t ∀s, t ∈ R ⇒ E(−1) = h(−1, 1, 0), (0, 0, 1)i 0 0 0 | 0 z=s
Siano
Poich`e dalla teoria sappiamo che le matrici simmetriche sono diagonalizzabili, ci aspettavamo che l’autovalore λ = −1 avesse molteplicit` a geometrica 2. • λ = 3. Cerchiamo le soluzioni del sistema omogeneo associato a A − 3I: ( −2 2 0 | 0 x = t 2 −2 0 | 0 ⇒ −2x + 2y = 0 ⇒ y = t ∀t ∈ R ⇒ E(3) = h(1, 1, 0)i −4z = 0 0 0 −4 | 0 z=0 v1 = (−1, 1, 0),
v2 = (0, 0, 1),
v3 = (1, 1, 0)
i tre autovettori linearmente indipendenti determinati. Essendo A una matrice simmetrica sappiamo dalla teoria che i suoi autovettori relativi ad autovalori distinti sono ortogonali tra loro. Inoltre, in questo caso, anche i due autovettori relativi allo stesso autovalore λ = −1 risultano ortogonali: (v1 , v2 ) = 0. Per determinare la base ortonormale richiesta `e quindi sufficiente normalizzare i tre vettori v1 , v2 e v3 : 1 1 v1 = −√ , √ , 0 u1 = kv1 k 2 2 v2 = (0, 0, 1) ⇒ la base cercata `e B = {u1 , u2 , u3 } u2 = kv2 k v3 1 1 u3 = = √ , √ , 0 kv3 k 2 2 Ripetiamo ora l’esercizio con la matrice B. Cominciamo a determinare gli autovalori della matrice B calcolandone il polinomio caratteristico, ovvero il determinante della matrice 1−λ 3 0 −2 − λ −1 B − λI = 3 0 −1 1−λ
Quindi
pB (λ) = (1 − λ)[(−2 − λ)(1 − λ) − 1] − 3 · 3(1 − λ) = (1 − λ)[(−2 − λ)(1 − λ) − 1 − 9] = (1 − λ)(λ2 + λ − 12)
Gli autovalori di B sono i valori di λ per cui pB (λ) = 0, quindi λ1 = 1,
λ2 = 3,
λ3 = −4
Possiamo ora trovare gli autovettori: • λ = 1. Cerchiamo 0 3 3 −3 0 −1
le soluzioni del 0 | 0 −1 | 0 ⇒ 0 | 0
⇒ E(1) = h(1, 0, 3)i
sistema omogeneo asociato a B − I: x = t 3y = 0 ∀t ∈ R 3x − 3y − z = 0 ⇒ y = 0 z = 3t −y = 0
2. SOLUZIONI
307
• λ = 3. Cerchiamo le soluzioni del sistema omogeneo asociato a B − 3I: ( −2 3 0 | 0 −2 3 0 | 0 3 −5 −1 | 0 ⇒ 2II + 3I 0 −1 −2 | 0 −2x + 3y = 0 −y − 2z = 0 0 −1 −2 | 0 0 −1 −2 | 0 x = −3t ∀t ∈ R ⇒ E(3) = h(−3, −2, 1)i ⇒ y = −2t z=t
Siano
• λ = −4. Cerchiamo le 5 3 0 3 2 −1 0 −1 5 x = −3t ⇒ y = 5t z=t
soluzioni del sistema omogeneo associato a B + 4I: ( 5 3 0 | 0 | 0 5x + 3y = 0 | 0 ⇒ 5II + −3I 0 1 −5 | 0 y − 5z = 0 0 −1 5 | 0 | 0 ∀t ∈ R
v1 = (1, 0, 3),
⇒
E(−4) = h(−3, 5, 1)i
v2 = (−3, −2, 1),
v3 = (−3, 5, 1)
i tre autovettori linearmente indipendenti determinati. Essendo B una matrice simmetrica sappiamo dalla teoria che i suoi autovettori relativi ad autovalori distinti sono ortogonali tra loro. Per determinare la base ortonormale richiesta si tratta quindi di normalizzare i tre vettori v1 , v2 e v3 : 3 1 v1 = √ , 0, √ u1 = kv1 k 10 10 v2 2 1 3 √ √ √ u2 = ⇒ la base cercata `e B = {u1 , u2 , u3 } , − , = − kv2 k 14 14 14 v3 5 1 3 u3 = = −√ , √ , √ kv3 k 35 35 35 Esercizio 11.2. Per ognuna delle seguenti matrici simmetriche A si determini una matrice ortogonale P per la quale P T AP sia diagonale 1 0 1 1 2 A = 0 1 −1 A= 2 −2 1 −1 2 Soluzione: Poich`e entrambe le matrici A sono simmetriche, sappiamo dalla teoria che sono sicuramente diagonatizzabili. Si tratta di (1) Determinare gli autovettori di A, (2) Determinare una base ortonormale a partire dagli autovettori (linearmente indipendenti) di A, (3) Scrivere la matrice P che ha per colonne gli elementi della base trovata. La matrice P cos´ı determinata `e diagonalizzante e ortogonale. Consideriamo prima la matrice
1 A= 2
2 −2
(1) pA (λ) = λ2 + λ − 6 ⇒ autovalori: λ1 = 2, λ2 = −3 • λ = 2. Consideriamo A − 2I: ( x = 2t −1 2 | 0 ⇒ ∀t ∈ R 2 −4 | 0 y=t • λ = −3. Consideriamo A + 3I: ( x=t 4 2 | 0 ⇒ 2 1 | 0 y = −2t
∀t ∈ R
⇒
⇒
E(2) = h (2, 1) i
E(−3) = h (1, −2) i
308
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
(2) Dalla teoria sappiamo gi` a che autovettori relativi a autovalori distini sono ortogonali. E’ quindi sufficiente normalizzare gli autovettori linearmente indipendenti trovati: v1 = (2, 1),
(3) Infine
v1 = u1 = kv1 k
v2 = (1, −2) 1 2 √ ,√ , 5 5
P =
Consideriamo ora la matrice
"
√2 5 √1 5
⇒
v2 u2 = = kv2 k √1 5 − √25
1 0 A = 0 1 1 −1
2 1 √ , −√ 5 5
#
1 −1 2
(1) pA (λ) = (1 − λ)(λ2 − 3λ) ⇒ autovalori: λ1 = 1, λ2 = 3, λ3 = 0 • λ = 1. Consideriamo A − I: 0 0 1 | 0 x = t 0 0 −1 | 0 ⇒ y = t ∀t ∈ R ⇒ E(1) = h (1, 1, 0) i 1 −1 1 | 0 z=0 • λ = 3. Consideriamo A − 3I: −2 0 −2 0 1 | 0 0 −2 0 −2 −1 | 0 ⇒ 2III + I 0 −2 1 −1 −1 | 0 ⇒
1 | −1 | −1 |
E(3) = h (−1, 1, −2) i
• λ = 0. Consideriamo A − 0I: 1 0 1 | 0 1 0 1 −1 | 0 ⇒ 0 III − I 0 1 −1 2 | 0 ⇒
E(0) = h (−1, 1, 1) i
0 1 1 −1 −1 1
| | |
0 x = −t 0 ⇒ y=t 0 z = −2t
0 x = −t 0 ⇒ y = t 0 z=t
∀t ∈ R
∀t ∈ R
(2) Dalla teoria sappiamo gi` a che autovettori relativi a autovalori distini sono ortogonali. E’ quindi sufficiente normalizzare gli autovettori linearmente indipendenti trovati: v1 1 1 v1 = (1, 1, 0) u1 = = √ , √ , 0 kv1 k 2 2 1 2 v2 1 v2 = (−1, 1, −2) ⇒ u2 = = −√ , √ , −√ kv2 k 6 6 6 v3 1 1 1 v3 = (−1, 1, 1) u3 = = −√ , √ , √ kv3 k 3 3 3 (3) Infine 1 √ − √16 − √13 2 √1 √1 P = √12 6 3 √1 0 − √26 3
Esercizio 11.3. Sia T l’endomorfismo di R3 con matrice associata 4 0 0 A = 0 5 −1 0 −1 5
2. SOLUZIONI
309
rispetto alla base canonica. a) Stabilire se l’endomorfismo T ´e diagonalizzabile. b) Trovare basi ortonormali degli autospazi di T (rispetto al prodotto scalare canonico di R3 ). c) Trovare una base ortonormale di R3 formata da autovettori di T .
Soluzione: a) L’endomorfismo T ´e sicuramente diagonalizzabile perch`e `e simmetrico. b) Calcoliamo gli autovalori di T : pA (λ) = (4 − λ)[(5 − λ)2 − 1] = (4 − λ)2 (6 − λ)
Quindi gli autovalori sono:
λ1 = 4
doppio
λ2 = 6 Calcoliamo ora gli autospazi. Risolviamo il sistema omogeneo associato a A − 4I: 0 0 0 | 0 0 0 | 0 0 1 −1 | 0 1 −1 | 0 ⇒ III + II 0 0 0 | 0 −1 1 | 0 x = t ⇒ y = s ⇒ E(4) = h (1, 0, 0), (0, 1, 1) i z=s
0 0 ⇒ y − z = 0 0
Notiamo che, anche senza avere osservato che T `e simmetrico, a questo punto possiamo concludere che T `e diagonalizzabile in quanto la molteplicit` a geometrica del suo unico autovalore doppio `e 2. Inoltre i due vettori presi come generatori sono tra loro ortogonali, `e perci`o sufficiente normalizzarli per ottenere una base ortonormale di E(4): 1 1 B(E(4)) = (1, 0, 0), 0, √ , √ 2 2 Risolviamo ora il sistema omogeneo associato a A − 6I: ( −2 0 0 | 0 −2 0 0 | 0 0 −1 −1 | 0 ⇒ −2x = 0 0 −1 −1 | 0 ⇒ −y − z = 0 III − II 0 0 0 | 0 0 −1 −1 | 0 x = 0 ⇒ y = −t ⇒ E(6) = h (0, −1, 1) i z=t Una base ortonormale di E(6) `e:
B(E(6)) = c) L’insieme B=
(1, 0, 0) ,
1 1 0, − √ , √ 2 2
1 1 0, √ , √ 2 2
1 1 , 0, − √ , √ 2 2
`e una base ortonormale di R3 formata da autovettori di T .
Esercizio 11.4. Sia A la matrice reale
8 −2 A = −2 5 2 4
2 4 5
a) Calcolare il polinomio caratteristico di A. b) Si pu` o affermare che A `e diagonalizzabile anche senza conoscere gli autovalori? c) Trovare una base di R3 costituita da autovettori di A.
310
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
Soluzione: a) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A pA (λ) = (8 − λ) · [(5 − λ)2 − 16] + 2[−2(5 − λ) − 8] + 2[−8 − 2(5 − λ)] = (8 − λ)(λ2 − 10λ + 9) + 2(2λ − 18) + 2(−18 + 2λ)
= (8 − λ)(λ − 1)(λ − 9) + 8(λ − 9)
= (λ − 9)(λ2 − 9λ + 8 − 8)
= −λ(λ − 9)2
Di conseguenza gli autovalori di A sono λ = 0 e λ = 9 (doppio). b) A `e sicuramente diagonnalizzabile perch`e `e simmetrica. c) Calcoliamo i due autospazi. E(0). Risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice A: 4 1/2I 4 −1 1 | 0 8 −2 2 −2 5 4 ⇒ 2II + 1/2I 0 9 9 | 0 ⇒ 1/9II 0 III − 2II 0 III + II 0 9 9 | 0 2 4 5 1 x = − 2 t ∀t ∈ R ⇒ E(0) = h (−1, −2, 2) i ⇒ y = −t z=t
−1 1 | 1 1 | 0 0 |
E(9). Risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 9I: −1 −2 2 | 0 −1 −2 2 | 0 x = −2s + 2t −2 −4 4 | 0 ⇒ 1/2II − I 0 0 0 | 0 ⇒ y=s 2 4 −4 | 0 III − II 0 0 0 | 0 z=t ⇒
0 0 0
∀s, t ∈ R
E(9) = h (−2, 1, 0), (2, 0, 1) i
Infine una base di R3 formata da autovettori di T `e data dall’insieme { (−1, −2, 2), (−2, 1, 0), (2, 0, 1) } . Esercizio 11.5. Sia A la matrice reale
6 0 A= 0 5 −2 0
−2 0 . 9
Trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di A. Soluzione: Calcoliamo il polinomio caratteristico di A pA (λ) = (6 − λ)(5 − λ)(9 − λ) − 2 · 2(5 − λ) = (5 − λ)(λ2 − 15λ + 54 − 4) = −(λ − 5)2 (λ − 10)
Di conseguenza gli autovalori di A sono λ = 10,
λ = 5 (doppio)
Calcoliamo i due autospazi. E(10). Risolviamo il sistema omogeneo associato alla matrice 1/2I −2 0 −1 −4 0 −2 | 0 0 −58 0 0 −5 0 | 0 ⇒ III − 1/2I 0 0 0 −2 0 −1 | 0 ⇒
E(10) = h (1, 0, −2) i
A − 10I: | 0 x = t | 0 ⇒ y=0 | 0 z = −2t
∀t ∈ R
2. SOLUZIONI
E(5). Risolviamo il 1 0 0 0 −2 0 ⇒
sistema omogeneo associato −2 | 0 1 0 0 | 0 ⇒ III + 2I 0 4 | 0
E(5) = h (2, 0, 1), (0, 1, 0) i
311
alla matrice A − 5I: 0 −2 | 0 x = 2t 0 0 | 0 ⇒ y = s 0 0 | 0 z=t
∀s, t ∈ R
Una base di R3 formata da autovettori di T `e data dall’insieme { (1, 0, −2), (2, 0, 1), (0, 1, 0) } . Notiamo che tali vettori sono gi` a tra loro ortogonali, `e quindi sufficiente normalizarli. Una base ortonormale `e quindi data dall’insieme 2 1 2 1 √ , 0, − √ , √ , 0, √ , (0, 1, 0) . 5 5 5 5 Esercizio 11.6. Sia A la matrice reale
1 1 A = 1 1 0 0
0 0 2
Trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di A. Soluzione: Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: pA (λ) = (2 − λ) (1 − λ)2 − 1 = (2 − λ)(1 − λ − 1)(1 − λ + 1)
Quindi gli autovalori di A sono:
Calcoliamo alla matrice A: 1 1 1 1 0 0
λ1 = 0
singolo
λ2 = 2
doppio
l’autospazio E(0) relativo all’autovalore λ1 = 0 risolvendo il sistema omogeneo associato 0 0 2
| | |
0 0 ⇒ 0
II − I
1 0 0
1 0 0 0 0 2
Di conseguenza E(0) = h(1, −1, 0)i. Analogamente calcoliamo l’autospazio E(2) neo associato alla matrice A − 2I: −1 −1 1 0 | 0 1 −1 0 | 0 ⇒ II + I 0 0 0 0 0 | 0
| | |
( 0 x+y =0 0 ⇒ 2z = 0 0
x = t ⇒ y = −t z=0
∀t ∈ R
relativo all’autovalore λ2 = 2 risolvendo il sistema omoge1 0 | 0 0 | 0 0 |
0 x = t 0 ⇒ −x + y = 0 ⇒ y = t 0 z=s
∀s, t ∈ R
Di conseguenza E(2) = h(1, 1, 0), (0, 0, 1)i. Gli autovettori trovati sono tutti ortogonali tra loro, quindi per determinare una base ortonormale di R3 `e sufficiente normalizzarli: 1 1 1 1 √ , − √ , 0 , √ , √ , 0 , (0, 0, 1) B= 2 2 2 2 Esercizio 11.7. Si consideri la matrice reale simmetrica
1 1 A = 1 2 0 −1
0 −1 1
a) Trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di A. b) Determinare una matrice ortogonale P tale che P T AP sia diagonale.
312
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
Soluzione: Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: pA (λ) = (1 − λ) [(2 − λ)(1 − λ) − 1] − (1 − λ) = (1 − λ)(λ2 − 3λ) = λ(1 − λ)(λ − 3)
Quindi gli autovalori di A sono:
λ1 = 0,
λ2 = 1,
λ3 = 3 singoli
Calcoliamo l’autospazio E(0) relativo all’autovalore λ1 = 0 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A: ( 1 1 0 | 0 1 1 0 | 0 x = t 1 2 −1 | 0 ⇒ II − I 0 1 −1 | 0 ⇒ x + y = 0 ⇒ y = −t ∀t ∈ R y+z =0 0 −1 1 | 0 0 −1 1 | 0 z = −t ⇒
E(0) = h(1, −1, −1)i
Analogamente calcoliamo l’autospazio E(1) relativo all’autovalore λ2 = 1 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − I: ( 0 1 0 | 0 x = t 1 1 −1 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ E(1) = h(1, 0, 1)i ⇒ y = 0 ∀t ∈ R x+y−z =0 0 −1 0 | 0 z=t
Calcoliamo infine l’autospazio E(3) relativo all’autovalore λ3 = 3 risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 3I: ( −2 1 0 | 0 −2 1 0 | 0 x = −t 0 −1 −2 | 0 ⇒ −2x + y = 0 ⇒ y = −2t ∀t ∈ R 1 −1 −1 | 0 ⇒ 2II + I −y − 2z = 0 0 −1 −2 | 0 0 −1 −2 | 0 z=t ⇒ E(3) = h(−1, −2, 1)i
a) Gli autovettori trovati sono tutti ortogonali tra loro (anche perch`e appartengono a autospazi ditinti), quindi per determinare una base ortonormale di R3 `e sufficiente normalizzarli: 1 1 1 1 1 2 1 1 √ , −√ , −√ B= , √ , 0, √ , , − √ , − √ , √ , , 3 3 3 2 2 6 6 6
b) La matrice P cercata ha per colonne i vettori della base di R3 trovata: 1 √ √1 − √16 3 2 0 − √26 P = − √13 √1 − √13 √12 6 Esercizio 11.8. Sia T l’endomorfismo di R4 definito dalla matrice 4 0 0 0 0 5 0 −1 A= 0 0 6 0 0 −1 0 5
a) Determinare autovalori e autovettori di T . b) Determinare una base ortonormale di R4 formata da autovettori di T .
Soluzione: Notiamo che la matrice A `e simmetrica, quindi `e sicuramente diagonalizzabile. a) Calcoliamo il polinomio caratteristico sviluppando rispetto alla prima riga:
4−λ 0 pM (λ) = det 0 0
0 0 0 5−λ 0 −1 = (4 − λ)(6 − λ)[(5 − λ)2 − 1] 0 6−λ 0 −1 0 5−λ
=(4 − λ)2 (6 − λ)2
quindi gli autovalori di M sono λ = 4, 6, entrambi di molteplicit` a algebrica 2.
2. SOLUZIONI
313
Calcoliamo ora gli autospazi:
E(4) = N(M − 4I) :
E(6) = N(M − 6I) :
x=t 0 y = s −1 ⇒ E(4) = h (1, 0, 0, 0), (0, 1, 0, 1) i ⇒ 0 z = 0 1 w=s x=0 −2 0 0 0 y = t 0 −1 0 −1 ⇒ ⇒ E(6) = h (0, 0, 1, 0), (0, 1, 0, −1) i 0 0 0 0 z=s 0 −1 0 −1 w = −t
0 0 0 1 0 0 0 −1
0 0 2 0
b) Notiamo che i due generatori di E(4) e i due generatori di E(6) determinati sono ortogonali tra loro, quindi per trovare un base ortonormale di R4 basta renderli di norma 1: 1 1 1 1 , (0, 0, 1, 0), 0, √ , 0, − √ B(R4 ) = (1, 0, 0, 0), 0, √ , 0, √ 2 2 2 2 Esercizio 11.9. Si consideri il seguente endomorfismo di R
3
T (x, y, z) = (ax, bx + y + z, y + z) con a e b parametri reali. a) Si discuta la diagonalizzabilit` a di T al variare di a e b in R. b) Posto a = b = 0 si determini una base ortonormale di R3 formata da autovettori di T . Soluzione: Determiniamo la matrice A = M (T ) associata a T rispetto alla base canonica: a 0 0 A = b 1 1 0 1 1
Il polinomio caratteristico di A `e PA (λ) = (a − λ)(λ2 − 2λ), quindi gli autovalori di A sono λ = a, 0, 2.
a) Se a 6= 0, 2, T ha tre autovalori singoli, quindi `e sicuramente diagonalizzabile. Se a = 0, l’autovalore λ = 0 `e doppio, quindi per stabilire se T `e diagonalizzabile dobbiamo calcolare la dimensione dell’autospazio E(0): 0 0 0 | 0 0 0 0 | 0 E(0) = N(A) : b 1 1 | 0 ⇒ II − III b 0 0 | 0 0 1 1 | 0 0 1 1 | 0 Dobbiamo distinguere due casi – Se a = 0 e b = 0 l’autospazio E(0) ha dimensione 2, quindi T `e diagonalizzabile. – Se a = 0 e b 6= 0 l’autospazio E(0) ha dimensione 1, quindi T non `e diagonalizzabile. Analogamente se a = 2, l’autovalore λ = 2 `e doppio, quindi per stabilire se T `e diagonalizzabile dobbiamo calcolare la dimensione dell’autospazio E(2): 0 0 0 | 0 E(2) = N(A − 2I) : b −1 1 | 0 0 1 −1 | 0
Dobbiamo quindi distinguere due casi – Se a = 2 e b = 0 l’autospazio E(2) ha dimensione 2, quindi T `e diagonalizzabile. – Se a = 2 e b 6= 0 l’autospazio E(2) ha dimensione 1, quindi T non `e diagonalizzabile. Infine T `e daigonalizzabile se a 6= 0, 2 per ogni valore di b, oppure se a = 0 o a = 2 e b = 0. b) Per a = b = 0 abbiamo gi` a in sostanza calcolato l’autospazio E(0) = h(0, 1, −1), (1, 0, 0)i
Notiamo che i due generatori trovati sono gi` a tra loro ortogonali, quindi si tratter` a solamente di renderli di norma 1.
314
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
Analogamente per a = b = 0 otteniamo: ( −2 0 0 | 0 −2x = 0 E(2) = N(A − 2I) : 0 −1 1 | 0 ⇒ −y + z = 0 0 1 −1 | 0
⇒ E(2) = h(0, 1, 1)i
Infine la base ortonormale cercata `e 1 1 1 1 , (1, 0, 0), 0, √ , √ B(R3 ) = 0, √ , − √ 2 2 2 2
Esercizio 11.10. Sia T l’endomorfismo di R3 a cui 2 2 A = 2 3 0 −1
`e associata la matrice 1 0 . 1
rispetto alla base B = { (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) } . T `e un endomorfismo simmetrico? Soluzione: Notiamo che la base B non `e una base ortonormale, quindi il fatto che A non sia simmetrica non implica che non lo sia T . Per potere utilizzare questa implicazione dobbiamo scrivere la matrice associata a T rispetto a una base ortonormale, in particolare rispetto alla base canonica. Per comodit` a assegnamo un nome ai tre vettori della base B: v1 = (1, 1, 1),
v2 = (1, 1, 0),
v3 = (1, 0, 1)
Dalla matrice A ricaviamo le immagini degli elementi della base B, ricordando per`o che tali elementi sono ancora espressi rispetto a B: T (v1 ) = T (1, 1, 1) = (2, 2, 0)B
T (v2 ) = T (1, 1, 0) = (2, 3, −1)B T (v3 ) = T (1, 0, 1) = (1, 0, 1)B
Per calcolare le immagini della base canonica dobbiamo prima esprimere e1 , e2 , e3 rispetto alla base B. Notiamo che data la semplicit` a dei calcoli non `e necessario impostare e risolvere i tre sistemi associati alle equazioni xv1 + yv2 + zv3 = ei . E’ infatti immediato ricavare che e3 = (1, 1, 1) − (1, 1, 0) = v1 − v2 = (1, −1, 0)B
e2 = (1, 1, 1) − (1, 0, 1) = v1 − v3 = (1, 0, −1)B
e1 = (1, 1, 0) − e2 = v2 − v1 + v3 = (−1, 1, 1)B Quindi sfruttando la linearit`a di T :
T (e3 ) = T (v1 ) − T (v2 ) = (2, 2, 0)B − (2, 3, −1)B = (0, −1, 1)B = −v2 + v3 = (0, −1, 1)
T (e2 ) = T (v1 ) − T (v3 ) = (2, 2, 0)B − (1, 0, 1)B = (1, 2, −1)B = v1 + 2v2 − v3 = (2, 3, 0)
T (e1 ) = T (v2 ) − T (v1 ) + T (v3 ) = (2, 3, −1B ) − (2, 2, 0)B + (1, 0, 1)B = (1, 1, 0)B = v1 + v2 = (2, 2, 1) La matrice B associata a T rispetto alla base (ortonormale) canonica `e quindi: 2 2 0 B = 2 3 −1 1 0 1
Poich`e B non `e simmetrica, anche non T `e un endomorfismo simmetrico. Notiamo che per calcolare B potevamo in alternativa usare la matrice di cambiamento di base. Indichiamo con P `e la matrice di cambiamento di base da B alla base canonica C, cio`e P = MBC `e la matrice che ha per colonne i tre vettori v1 , v2 e v3 (espressi rispetto alla base canonica).La matrice di cambiamento di base da C a B `e la matrice inversa di P : P −1 = MCB . Poich´e A = MBB (T ) e B = M (T ) = MCC (T ) abbiamo la seguente relazione: M (T ) = MCC (T ) = MBC MBB (T )MCB
⇒
B = P AP −1
2. SOLUZIONI
315
Esercizio 11.11. Sia T l’endomorfismo di R3 a cui `e associata la matrice
6 A = −3 −3
1 3 1 −2 . −1 −1
rispetto alla base B = { (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) } . a) T `e un endomorfismo simmetrico? b) T `e diagonalizzabile? Soluzione: a) Notiamo che la base B non `e una base ortonormale, quindi il fatto che A non sia simmetrica non implica che non lo sia T . Per potere utilizzare questa implicazione dobbiamo scrivere la matrice associata a T rispetto a una base ortonormale, in particolare rispetto alla base canonica. Per fare questo possiamo procedere in due modi (1) Ricavare le immagini di e1 , e2 e e3 utlizzando la matrice A, dopo avere espresso ei rispetto a B e ricordando che i risultati ottenuti saranno ancora espressi rispetto a B. (2) Ricavare direttamente le immagini di e1 , e2 e e3 sfruttando la linearit`a di T . Consideriamo entrambi i metodi (1) Se vogliamo utilizzare direttamente la matrice MB (S) dobbiamo scrivere e1 , e2 e e3 rispetto alla base B. Chiamiamo v1 = (1, 1, 1), v2 = (1, 1, 0) e v3 = (1, 0, 1) i tre vettori di B; si tratta quindi di risolvere le tre equazioni xv1 + yv2 + zv3 = ei con i = 1, 2, 3. Riduciamo a gradini la matrice associata alle tre equazioni contemporaneamente: 1 1 | 1 0 0 0 | 0 1 0 ⇒ II − I 0 III − I 0 1 | 0 0 1 1 1 1 | 1 0 0 ⇒ −III 0 1 0 | 1 0 −1 −II 0 0 1 | 1 −1 0
1 1 1 1 1 0
1 1 0 −1 −1 0
| | |
1 0 −1 1 −1 0
0 0 1
Possiamo ora risolvere i tre sistemi.
xv1 + yv2 + zv3 = e1
xv1 + yv2 + zv3 = e2
xv1 + yv2 + zv3 = e3
x + y + z = 1 ⇒ y=1 z=1 x + y + z = 0 ⇒ y=0 z = −1 x + y + z = 0 ⇒ y = −1 z=0
x = −1 ⇒ y=1 z=1 x = 1 ⇒ y=0 z = −1 x = 1 ⇒ y = −1 z=0
⇒ e1 = (−1, 1, 1)B
⇒ e2 = (1, 0, −1)B
⇒ e3 = (1, −1, 0)B
Possiamo usare ora la matrice MB (T ) per calcolare le imamgini di ei , ricordando per`o che il risultato ottenuto `e ancora espresso rispetto rispetto a B, mentre noi dobbiamo esprimerlo
316
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
rispetto alla base canonica:
6 1 T (e1 ) = MB (T ) · e1 = −3 1 −3 −1
−2 −1 3 −2 · 1 = 2 1 1 −1
= (−2, 2, 1)B = −2 · v1 + 2 · v2 + 1 · v3 = (1, 0, −1) 1 3 6 1 3 T (e2 ) = MB (T ) · e2 = −3 1 −2 · 0 = −1 −1 −2 −3 −1 −1 = (3, −1, −2)B = 3 · v1 − 1 · v2 − 2 · v3 = (0, 2, 1) 5 1 6 1 3 T (e3 ) = MB (T ) · e3 = −3 1 −2 · −1 = −4 −2 0 −3 −1 −1
= (5, −4, −2)B = 5 · v1 − 4 · v2 − 2 · v3 = (−1, 1, 3)
Infine la matrice B associata a T rispetto alla base (ortonormale) canonica `e 1 0 −1 B = M (T ) = 0 2 1 −1 1 3
(2) In alternativa possiamo ricavare direttamente le immagini di e1 dalla matrice A = MB (T ), sfruttando la linearit`a di T . Sappiamo infatti che una matrice MB (T ) ha per colonne le immagini degli elementi di B espressi ancora rispetto a B. Quindi: T (1, 1, 1) = (6, −3, −3)B T (1, 1, 0) = (1, 1, −1)B
T (1, 0, 1) = (3, −2, −1)B
Sfruttando la linearit`a di T : T (0, 0, 1) = T (1, 1, 1) − T (1, 1, 0) = (6, −3, −3)B + (−1, −1, 1)B = (5, −4, −2)B = 5 · (1, 1, 1) − 4 · (1, 1, 0) − 2 · (1, 0, 1) = (−1, 1, 3)
T (1, 0, 0) = T (1, 0, 1) − T (0, 0, 1) = (3, −2, −1)B + (−5, 4, 2)B = (−2, 2, 1)B = −2 · (1, 1, 1) + 2 · (1, 1, 0) + 1 · (1, 0, 1) = (1, 0, −1)
T (0, 1, 0) = T (1, 1, 0) − T (1, 0, 0) = (1, 1, −1)B + (2, −2, −1)B = (3, −1, −2)B = 3 · (1, 1, 1) − 1 · (1, 1, 0) − 2 · (1, 0, 1) = (0, 2, 1)
La matrice B associata a T rispetto alla base (ortonormale) canonica `e quindi: 1 0 −1 B = M (T ) = 0 2 1 −1 1 3 Poich`e B `e simmetrica, anche T `e un endomorfismo simmetrico. b) T `e sicuramente diagonalizzabile perch`e `e simmetrica. Esercizio 11.12. Sia T l’endomorfismo do R4 cos´ı definito: T (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (3x1 , x3 , x4 , −3x2 + x3 + 3x4 ) a) Mostrare che 1 `e autovalore di T . b) Stabilire se T `e diagonalizzabile e in caso affermativo trovare una base rispetto a cui T ha matrice diagonale. c) L’endomorfismo T `e simmetrico? Soluzione: Determiniamo la matrice associata a T rispetto alla base canonica calcolando: T (e1 ) = (3, 0, 0, 0),
T (e2 ) = (0, 0, 0, −3),
T (e3 ) = (0, 1, 0, 1),
T (e4 ) = (0, 0, 1, 3)
2. SOLUZIONI
Quindi la matrice associata `e:
3 0 0 0 A= 0 0 0 −3
0 1 0 1
317
0 0 1 3
Calcoliamo il polinomio caratteristico sviluppando rispetto alla prima riga: pA (λ) = det(A − λI) = (3 − λ) −λ(−3λ + λ2 − 1) − 3 = (3 − λ) −λ3 + 3λ2 + λ − 3 = (3 − λ) λ2 (−λ + 3) − (−λ + 3) = (3 − λ)2 λ2 − 1 a) Gli autovalori A sono
λ = 3 doppio,
λ = 1,
λ = −1
In particolare λ = 1 `e autovalore. b) Calcoliamo l’autospazio E(3) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 3I: x1 = s 0 0 0 0 ( 0 −3 1 0 −3x2 + x3 = 0 x2 = t 0 0 −3 1 ⇒ −3x + x = 0 ⇒ x = 3t ⇒ E(3) = h (0, 1, 3, 9), (1, 0, 0, 0) i 3 4 3 0 −3 1 0 x4 = 9t
A questo punto possiamo gi` a affermare che T `e diagonalizzabile in quanto E(3) ha dimensione 2 e gli altri due autovalori sono singoli. Calcoliamo l’autospazio E(1) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − I: x1 = 0 2 0 0 0 2 0 0 0 2x1 = 0 x = t 0 −1 1 0 0 −1 1 0 2 0 0 −1 1 ⇒ −x2 + x3 = 0 ⇒ x = t 0 0 −1 1 ⇒ 3 −x3 + x4 = 0 IV − 3II 0 0 −2 2 0 −3 1 2 x4 = t ⇒
E(1) = h (0, 1, 1, 1) i
Calcoliamo 4 0 0 0 1 1 0 0 1 0 −3 1 ⇒
l’autospazio E(−1) risolvendo il sistema omogeneo associato a A + I: x1 = 0 4 0 0 0 0 x = t 4x1 = 0 0 2 0 1 1 0 ⇒ x 2 + x 3 = 0 ⇒ ⇒ 0 0 1 1 1 x 3 = −t x3 + x4 = 0 IV + 3II 0 0 4 4 4 x4 = t
E(−1) = h (0, 1, −1, 1) i
Infine T ha una matrice diagonale rispetto alla base B = { (1, 0, 0, 0), (0, 1, 3, 9), (0, 1, 1, 1), (0, 1, −1, 1) } c) T non `e simmetrico in quanto la matrice A associata a T rispetto alla base canonica (che `e ortogonale) non `e simmetrica. Esercizio 11.13. Sia T l’endomorfismo di R3 cos`ı definito: √ √ T (x1 , x2 , x3 ) = (2x1 , 2x2 + 3x3 , 3x2 ) a) Stabilire se T `e invertibile. b) Mostrare che T `e un endomorfismo simmetrico. c) Trovare una base ortonormale di R3 che diagonalizza T . Soluzione: La matrice associata a T rispetto alla base canonica `e: 2 0 A = 0 √2 0 3
√0 3 0
318
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
a) T `e invertibile se `e invertibile la matrice A, cio`e se A ha determinante non nullo: 2 0 √0 3 = 2 · (−3) = −6 6= 0 det(A) = det 0 √2 0 3 0
b) La matrice associata a T rispetto alla base canonica (che `e ortonormale) `e simmetrica: AT = A, quindi T `e un endomorfismo simmetrico. c) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 2−λ 0 √0 3 = (2 − λ) · [(2 − λ)(−λ) − 3] = (2 − λ)(λ2 − 2λ − 3) 2√ −λ pA (λ) = det 0 0 3 −λ quindi gli autovalori di A sono λ = 2, −1, 3. Calcoliamo ora gli autospazi. (√ 0 0 √0 3z = 0 3 ⇒ √ E(2) = N (A − 2I) : 0 √0 3y − 2z = 0 0 3 −2 ⇒ E(2) = h(1, 0, 0)i
x = t ⇒ y=0 z=0
3 0 √0 3 0 √0 0 3 3 ⇒ √ E(−1) = N (A + I) : 0 √3 3 ⇒ 3III − II 0 0 0 3 1 0 ( x = 0 √ 3x = 0 √ ⇒ y=t ⇒ E(−1) = h(0, 1, − 3)i 3y + 3z = 0 z = − √3 t = −√3t 3 −1 0 √0 3 0 √0 0 −1 3 ⇒ −1 E(3) = N (A − 3I) : 0 √ 3 ⇒ √ III + 3II 0 0 0 0 3 −3 ( 0 x = √ √ 3x = 0 √ ⇒ y = 3t ⇒ E(3) = h(0, 3, 1)i −y + 3z = 0 z=t
Essendo tre autospazi distinti i tre autovalori generatori trovati sono tra loro ortogonali. Per ottenere la base ortonormale cercata basta quindi prendere i generatori di norma 1: !) ( √ √ ! 1 3 3 1 3 , 0, , B(R ) = (1, 0, 0), 0, , − 2 2 2 2 Esercizio 11.14. Si consideri la funzione lineare (endomorfismo) T : R3 → R3 cos`ı definita: T (x, y, z) = (2x + 4z, 6y, 4x + 2z). a) Stabilire se T `e simmetrica rispetto al prodotto scalare canonico di R3 . b) Se esiste, trovare una base ortonormale di R3 costituita da autovettori di T . Soluzione: Determiniamo la matrice A associata a T rispetto alla base canonica: 2 0 4 A = M (T ) = 0 6 0 4 0 2
a) La matrice associata a T rispetto alla base canonica `e simmetrica, quindi anche T `e simmetrica. b) Calcoliamo gli autovalori di T : pA (λ) = (6 − λ) · (2 − λ)2 − 16 = (6 − λ)(λ2 − 4λ − 12) Quindi gli autovalori di A sono λ = 6 (doppio) e λ = −2.
2. SOLUZIONI
Calcoliamo ora gli autospazi: −4 0 E(6) = N (A − 6I) : 0 0 4 0 E(−2) = N (A + 2I) :
4 0 0 8 4 0
4 x = t 0 ⇒ y=s −4 z=t 4 x = −t 0 ⇒ y = 0 4 z=t
319
⇒ E(6) = h(1, 0, 1), (0, 1, 0)i
⇒ E(−2) = h(−1, 0, 1)i
Notiamo che gli autovettori trovati sono gi` a ortogonali tra loro, quindi per trovare una base ortonormale di R3 formata da autovettori basta prendere i generatori di norma 1: 1 1 1 1 √ , 0, √ , (0, 1, 0), − √ , 0, √ B= 2 2 2 2 Esercizio 11.15. Sia T : R3 → R3 l’endomorfismo avente come autovettori i vettori v1 = (1, 1, 0), v2 = (0, 1, 1), v3 = (0, 0, 1), rispetto agli autovalori 1, 1, 2. a) Calcolare la matrice A che rappresenta T rispetto alla base canonica. b) T `e invertibile? c) T `e un endomorfismo simmetrico? Soluzione: Poich´e v1 `e autovettore rispetto a λ = 1, otteniamo che T (v1 ) = v1 . Analogamente T (v2 ) = v2 e T (v3 ) = 2v3 . Di conseguenza T (v1 ) = (1, 1, 0),
T (v2 ) = (0, 1, 1),
T (v3 ) = (0, 0, 2)
a) Dobbiamo trovare le immagini della base canonica. Notiamo che e3 = v 3 e2 = v 2 − v 3
e1 = v 1 − e2 = v 1 − v 2 + v 3
Per la linearit`a di T otteniamo che T (e3 ) = T (v3 ) = (0, 0, 2) T (e2 ) = T (v2 ) − T (v3 ) = (0, 1, 1) − (0, 0, 2) = (0, 1, −1)
T (e1 ) = T (v1 ) − T (v2 ) + T (v3 ) = (1, 1, 0) − (0, 1, 1) + (0, 0, 2) = (1, 0, 1) Quindi la matrice che rappresenta T rispetto alla base canonica `e 1 0 0 A = 0 1 0 1 −1 2
In alternativa per calcolare A si poteva utilizzare la matrice diagonalizzante P che ha per colonne gli autovettori, e la matrice diagonale D che ha gli autovalori sulla diagonale. Dalla relazione P −1 AP = D si ricava A = P DP −1 . b) T `e invertibile se lo `e A. Poich´e det(A) = −2 6= 0, A e T sono invertibili. c) T non `e simmetrico perch´e A, che `e associata a T rispetto alla base (ortonormale) canonica, non lo `e. Esercizio 11.16. Sia T l’endomorfismo di R2 [x] che associa al polinomio p(x) = ax2 + bx + c ∈ R2 [x] il polinomio T (p(x)) = (a + kb)x2 + (ka + b)x + kc. a) Trovare la matrice associata a T rispetto alla base {x2 , x, 1}. b) Calcolare gli autovalori di T e stabilire se T `e diagonalizzabile.
320
11. ENDOMORFISMI E MATRICI SIMMETRICHE
Soluzione: Notiamo che il generico polinomio p(x) = ax2 + bx + c ∈ R2 [x] ha componenti (a, b, c) rispetto alla base 2 {x , x, 1}. In particolare p(x) = x2 ha componenti (1, 0, 0), p(x) = x ha componenti (0, 1, 0) e p(x) = 1 ha componenti (0, 0, 1). In sostanza la base {x2 , x, 1} corrisponde quindi alla base canonica. Inoltre T pu` o essere vista come apllicazione T : R3 → R3 tale che: T (a, b, c) = (a + kb, ka + b, kc).
a) Calcoliamo la immagini degli elementi della base: T (x2 ) = T (1, 0, 0) = (1, k, 0) = x2 + kx T (x) = T (0, 1, 0) = (k, 1, 0) = kx2 + x T (1) = T (0, 0, 1) = (0, 0, k) = k Di conseguenza la matrice associata a T rispetto alla base {x2 , x, 1} `e 1 k 0 A = k 1 0 0 0 k
b) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: pA (λ) = (k − λ) (1 − λ)2 − k 2 = (k − λ)(1 − λ − k)(1 − λ + k) Di conseguenza gli autovalori (non sempre distinti) sono λ = k,
λ = 1 − k,
λ=1+k
Notiamo che la matrice A `e diagonalizzabile, senza la necessit` a di calcolare molteplicit` a algebrica e geometrica degli autovalori, in quanto `e simmetrica.
CAPITOLO 12
Rette e piani con le matrici e i determinanti Esercizio 12.1. Stabilire se i punti A(1, 3), B(−2, −1) e C(3, 1) sono allineati. Esercizio 12.2. Stabilire se i punti A(1, 2, 3), B(−2, 1, 3), C(3, 2, −1) e D(4, 1, 0) sono complanari. Esercizio 12.3. Determinare l’equazione cartesiana della retta passante per i punti A(2, 1) e B(−2, 3). Esercizio 12.4. Determinare l’equazione cartesiana del piano passante per i punti A(1, 2, 3), B(−2, 1, 3) e C(3, 2, −1). Esercizio 12.5. Stabilire se i punti A(1, 2, 3), B(−1, 2, 4), C(2, 2, 1) sono allineati. Esercizio 12.6. Stabilire per quali valori di k i punti A(1, 2, 1), B(1, 3, 4) e C(0, 1, k) sono allineati. Esercizio 12.7. Determinare l’equazione cartesiana della retta passante per i punti A(3, 1, 2) e B(1, −1, 0)). Esercizio 12.8. Si determini la distanza del punto P (2, 1) dalla retta di equazione 2x − y + 5 = 0. Esercizio 12.9. Si determini la distanza del punto P (3, 1, 2) dalla retta di equazione parametrica x = 6 + t y = 2 + 2t z = −1 − 3t
Esercizio 12.10. Si determini la distanza del punto P (−1, 0, 2) dal piano di equazione x−2y+3z = −9. Esercizio 12.11. Si determini la distanza tra le rette di x = t r: s: y =1+t z =4−t
equazioni x = 4 + t y=t z = −2 − t
Esercizio 12.12. Si determini la distanza tra i piani π1 e π2 di equazioni π : x − 2y + z = 12 e π2 : x − 2y + z = 6. Esercizio 12.13. Si determini la distanza tra le rette di equazioni x = 2 + t x = 1 − t s: r: y=t y = −1 + 3t z =1−t z = −t Esercizio 12.14. Nello spazio R3 si considerino i piani π1 : 2x + y = 1
e
π2 : x = 2y.
a) Determinare la mutua posizione dei due piani. b) Scrivere equazioni cartesiane della retta parallela a π1 , perpendicolare a π2 e passante per l’origine. Esercizio 12.15. Calcolare l’area del triangolo di vertici A1 (3, 1), A2 (2, 6) e A3 (4, 4). Esercizio 12.16. Determinare per quali valori di k il triangolo di vertici A1 (0, 0), A2 (4, 2) e A3 (1, k) ha area 5. 321
322
12. RETTE E PIANI CON LE MATRICI E I DETERMINANTI
Esercizio 12.17. Calcolare l’area del poligono di vertici A1 (0, 0), A2 (1, 0), A3 (2, 1), A4 (1, 3) e A5 (0, 2). Esercizio 12.18. Calcolare l’area del triangolo di vertici A1 (1, 1, 1), A2 (1, 3, 1), A3 (−1, 0, 0). Esercizio 12.19. Calcolare il volume del parallelepipedo di lati u(1, 0, 0), v(−3, 1, 1) e w(−2, 2, 5). Esercizio 12.20. Siano P1 = (1, −1, 0), P2 = (1, 0, −1), P3 = 1 + √23 , − √13 , −1 − √13 , e P4 = (1, 2, 1) quattro punti nello spazio. −−−→ −−−→ a) Calcolare l’angolo tra i vettori P1 P2 e P2 P3 . b) Calcolare il volume del prisma con base il triangolo P1 P2 P3 e lato il segmento P1 P4 . Esercizio 12.21. Si considerino le rette r1 , r2 , r3 di equazioni r1 : 3x + y − 1 = 4x + y − z − 1 = 0 r2 : 2x − y + z = x − y + 2z = 0 r3 : x − z = y + z = 0 a) Mostrare che le tre rette sono complanari. b) Calcolare l’area del triangolo determinate dalle tre rette. Esercizio 12.22. Si considerino i piani π1 , π2 , π3 di equazioni: π1 : 2x − y = 1,
π2 : x + y + z = 0,
π3 : x − 2z = 1.
a) Si determini l’insieme intersezione dei tre piani. b) Si trovi il piano π4 passante per l’origine e perpendicolare alla retta r = π1 ∩ π2 . c) Si determini l’area del triangolo di vertici A, B, C, con A = π1 ∩ π2 ∩ π3 , B = π1 ∩ π3 ∩ π4 , C = π2 ∩ π 3 ∩ π4 . Esercizio 12.23. Siano A = (0, −1, 0), B = (−2, 0, −3), C = (−1, 0, −1) punti dello spazio.
a) Calcolare l’area del triangolo di vertici A, B, C. b) Stabilire se il punto D = (2, 2, 2) appartiene al piano contenente A, B, C. c) Eseiste un’isometria che trasforma i punti A, B, C nei punti O = (0, 0, 0), P = (1, 0, 2) e Q = (1, 1, 1) rispettivamente?
Esercizio 12.24. Siano M = (1, 1, 1), N = (3, 2, 1), L = (1, 2, 2) punti dello spazio R3 . Sia C = (−1, 0, 1). a) Si calcoli l’area del triangolo M N L. b) Si determini l’insieme M ′ N ′ L′ che si ottiene proiettando il triangolo M N L dal centro C sul piano x + y = 0. c) Si calcoli l’area del triangolo M ′ N ′ L′ . ——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti • Tre punti Pi (xi , yi ) del piano sono allineati se e solo se x 1 y1 1 det x2 y2 1 = 0 x 3 y3 1 • Quattro punti Pi (xi , yi , zi ) dello spazio x1 x2 det x3 x4
sono complanari se e solo se y 1 z1 1 y2 z2 1 =0 y3 z3 1 y 4 z4 1
1. SUGGERIMENTI
323
• L’equazione cartesiana della retta passante per due punti (distinti) del piano P1 (x1 , y1 ) e P2 (x2 , y2 ) si pu` o calcolare direttamente imponendo x y 1 det x1 y1 1 = 0 x 2 y2 1 • L’equazione cartesiana del piano passante calcolare direttamente imponendo x y z x 1 y 1 z1 det x 2 y 2 z2 x 3 y 3 z3
per tre punti (non allineati) Pi (xi , yi , zi ) si pu` o 1 1 =0 1 1
• Tre punti dello spazio Pi (xi , yi , zi ) sono allineati se e solo se: x 1 y 1 z1 1 rg x2 y2 z2 1 ≤ 2 x 3 y 3 z3 1 • L’equazione cartesiana della retta passante si pu` o calcolare direttamente imponendo x y z rg x1 y1 z1 x 2 y 2 z2
per due punti (distinti) dello spazio P1 (xi , yi , zi ) 1 1 = 2 1
Questo, per Kronecker, implica che due opportune sottomatrici 3 × 3 abbiano determinante nullo. Le due equazioni in x, y, z cos`ı ottenute costituiscono l’equazione cartesiana della retta.
——————————————————————————————————————————————-
• Dati due vettori u = (u1 , u2 , u3 ) e v = (v1 , v2 , v3 ) di R3 chiamiamo prodotto vettoriale di u e v il vettore: − → → − → − i j k u × v = (u2 v3 − u3 v2 , u3 v1 − u1 v3 , u1 v2 − u2 v1 ) = det u1 u2 u3 v1
v2
v3
• L’Area di un parallelogramma in R2 , di lati u = (u1 , u2 ), v = (v1 , v2 ) `e: u1 u2 A(parallelogramma) = |u1 v2 − u2 v1 | = det v1 v2
• L’Area di un parallelogramma in R3 , di lati u = (u1 , u2 , u3 ), v = (v1 , v2 , v3 ) `e data dalla lunghezza (norma) |u × v| del vettore u × v prodotto vettoriale di u e v: A(parallelogramma) = |u × v| • Il volume del parallelepipedo di lati u = (u1 , u2 , u3 ), v = uguale al valore assoluto del prodotto misto (u, v × w): u1 Volume(parallelepipedo) = |(u, v × w)| = det v1 w1
(v1 , v2 , v3 ) e w = (w1 , w2 , w3 ) `e u2 v2 w2
u3 v3 w3
——————————————————————————————————————————————-
324
12. RETTE E PIANI CON LE MATRICI E I DETERMINANTI
2. Soluzioni Esercizio 12.1. Stabilire se i punti A(1, 3), B(−2, −1) e C(3, 1) sono allineati. Soluzione: Sia A la matrice associata ai tre punti:
1 3 A = −2 −1 3 1
1 1 1
Dobbiamo stabilire se det(A) = 0. Come osservato nell’Esercizio 5.1, dal momento che ci interessa solo se il determinante `e o non `e nullo, possiamo effettuare alcuni passi della riduzione prima di calcolarne il determinante. Inoltre poich`e l’ultima colonna contiene tutti 1 risulta semplice ottenere gli zeri sull’ultima colonna anzicch`e sulla prima.
1 II − I −3 III − I 2
3 1 −4 0 −2 0
Possiamo quindi calcolare il determinante della matrice ridotta A′ : −3 −4 ′ = 6 + 8 = 14 6= 0 det(A ) = 1 · det 2 −2
Quindi det(A) 6= 0 e i tre punti non sono allineati.
Esercizio 12.2. Stabilire se i punti A(1, 2, 3), B(−2, 1, 3), C(3, 2, −1) e D(4, 1, 0) sono complanari. Soluzione: Come nell’esercizio precedente riduciamo 1 2 3 −2 1 3 A= 3 2 −1 4 1 0 Sia A′ la matrice cos`ı ottenuta. Ne −3 det(A′ ) = −1 · det 2 3
parzialmente a gradini la matrice associata ai quattro punti: 1 2 3 1 1 1 ⇒ II − I −3 −1 0 0 III − I 2 0 −4 0 1 IV − I 3 −1 −3 0 1
calcoliamo il determinante rispetto alla quarta colonna. −1 0 0 −4 = −1 [−3(−4) + 1(−6 + 12)] = −18 6= 0 −1 −3
Quindi det(A) 6= 0 e i quattro punti non sono complanari.
Esercizio 12.3. Determinare l’equazione cartesiana della retta passante per i punti A(2, 1) e B(−2, 3). Soluzione: Imponiamo che la matrice associata al generico punto della retta P (x, y), ad A e B abbia determinante nullo: x y 1 ⇒ det 2 1 1 = 0 −2 3 1 = x(1 − 3) − y(2 + 2) + 1(6 + 2) = 0
⇒
−2x − 4y + 8 = 0
Infine la retta AB ha equazione x + 2y − 4 = 0 Esercizio 12.4. Determinare l’equazione cartesiana del piano passante per i punti A(1, 2, 3), B(−2, 1, 3) e C(3, 2, −1).
2. SOLUZIONI
Soluzione: Imponiamo che la matrice associata al generico determinante nullo: x 1 det(M ) = det −2 3
325
punto del piano P (x, y, z), ad A, B e C abbia y 2 1 2
z 3 3 −1
Anche in questo caso conviene forse effettuare qualche Notiamo che non conviene utlizzare la prima riga: x y z 1 2 3 III − II −3 −1 0 IV − II 2 0 −4
Quindi
1 1 =0 1 1
passo di riduzione per semplificare i calcoli. 1 1 = M′ 0 0
det(M ′ ) = 0 = det(M ) ⇒ x y 1 2 3 − 1 · det −3 −1 0 + 1 · −3 −1 2 0 2 0 −4
z 0 =0 −4
− (1 · 4 − 2 · 12 + 3 · 2) + (x · 4 − y · 12 + z · 2) = 0 4x − 12y + 2z + 14 = 0 Infine il piano ABC ha equazione 2x − 6y + z + 7 = 0
Esercizio 12.5. Stabilire se i punti A(1, 2, 3), B(−1, 2, 4), C(2, 2, 1) sono allineati. Soluzione: Calcoliamo il rango della matrice M associata ai tre punti riducendola a gradini (secondo la prima colonna): 1 2 3 1 1 2 3 1 1 2 3 1 0 4 7 2 −1 2 4 1 ⇒ II + I 0 4 7 2 ⇒ 2III + II 0 0 −3 0 III − 2I 0 −2 −5 −1 2 2 1 1 Quindi M ha tre pivot, rg(M ) = 3 e i tre punti non sono allineati.
Esercizio 12.6. Stabilire per quali valori di k i punti A(1, 2, 1), B(1, 3, 4) e C(0, 1, k) sono allineati. Soluzione: Calcoliamo il rango colonna): 1 2 1 3 0 1
della matrice M associata ai tre punti riducendola a gradini (secondo la prima 1 4 k
1 1 1 ⇒ II − I 0 1 0
2 1 1 3 1 k
1 1 0 0 ⇒ III − II 0 1
2 1 1 3 0 k−3
1 0 1
Notiamo che in ogni caso la matrice M ha tre pivot, quindi ha rango tre e i tre punti non sono mai allineati. Esercizio 12.7. Determinare l’equazione cartesiana della retta passante per i punti A(3, 1, 2) e B(1, −1, 0)). Soluzione:
326
12. RETTE E PIANI CON LE MATRICI E I DETERMINANTI
Sia M la matrice associata al generico punto P (x, y, z) della retta, ad A e B: x y z 1 M = 3 1 2 1 1 −1 0 1
Notiamo che M contiene la sottomatrice 2 × 2
con determinante non nullo. Affinch`e M x det 3 1 Quindi
2 1 0 1
abbia rango due `e quindi necessario che z 1 y z 1 2 1 = det 1 2 1 = 0 0 1 −1 0 1 (
2x − 2z − 2 = 0 2y − 2z + 2 = 0
Semplificando le equazioni si ottiene l’equazione cartesiana della retta AB: ( x−z−1=0 y−z+1=0 Esercizio 12.8. Si determini la distanza del punto P (2, 1) dalla retta di equazione 2x − y + 7 = 0. Soluzione: Utilizziamo un metodo che non `e sicuramente il pi` u breve (anche rispetto ad altri concetti noti dalle superiori), ma che si pu` o generalizzare a situazioni analoghe in R3 e che non richiede la conoscenza di formule. Ricaviamo l’equazione parametrica di r: ( x=t r: y = 7 + 2t Quindi r `e parallela al vettore u = (1, 2). Sia s la retta per P e perpendicolare a r e sia s parallela al vettore v = (a, b). Per la condizione di perpendicolarit` a u e v devono essere ortogonali, quindi ( a = −2t (u, v) = a + 2b = 0 ⇒ b=t La retta s `e quindi parallela al vettore v = (−2, 1). Imponendo inoltre il passaggio per P otteniamo ( x = 2 − 2t s: y =1+t Calcoliamo ora il punto A di intersezione tra r e s: 2x − y + 7 = 0 4 − 4t − 1 − t + 7 = 0 ⇒ x = 2 − 2t x = 2 − 2t y =1+t y =1+t
Quindi A = (−2, 3). Possiamo ora calcolare la distanza cercata:
d(r, P ) = d(A, P ) =k AP k=k (4, −2) k=
t = 2 ⇒ x = −2 y=3 √
√ 20 = 2 5
Esercizio 12.9. Si determini la distanza del punto P (3, 1, 2) dalla retta r di equazione parametrica x = 6 + t r: y = 2 + 2t z = −1 − 3t
2. SOLUZIONI
327
Soluzione: La retta r `e parallela al vettore u = (1, 2, −3). Sia π il piano perpendicolare a r passante per P . La prima condizione implica che π sia del tipo x + 2y − 3z = k Imponendo il passaggio per P otteniamo 3 + 2 − 6 = k, ovvero k = −1. Infine x + 2y − 3z = −1
π:
Determiniamo ora il punto di intersezione A di r con π: x + 2y − 3z = −1 6 + t + 4 + 4t + 3 + 9t = −1 x = 6 + t x = 6 + t ⇒ y = 2 + 2t y = 2 + 2t z = −1 − 3t z = −1 − 3t
Quindi A = (5, 0, 2). Possiamo ora calcolare la distanza cercata:
d(r, P ) = d(A, P ) =k AP k=k (2, −1, 0) k=
t = −1 x = 5 ⇒ y=0 z=2 √
5
Esercizio 12.10. Si determini la distanza del punto P (−1, 0, 2) dal piano π di equazione π : x − 2y + 3z = −9. Soluzione: | ax0 + by0 + cz0 + d | √ √ = 14. a 2 + b2 + c 2 L’esercizio pu` o essere svolto, in caso di oblio della formula, come `e illustrato di seguito. Il piano π `e perpendicolare al vettore u = (1, −2, 3). Sia r la retta perpendicolare a π passante per P : x = −1 + t r: y = −2t z = 2 + 3t
Si pu` o applicare la formula: d(π, P ) =
Determiniamo ora il punto di intersezione A di r con π: −1 + t + 4t + 6 + 9t = −9 x − 2y + 3z = −9 x = −1 + t x = −1 + t ⇒ y = −2t y = −2t z = 2 + 3t z = 2 + 3t
Quindi A = (−2, 2, −1). Possiamo ora calcolare la distanza cercata:
d(π, P ) = d(A, P ) =k AP k=k (1, −2, 3) k=
t = −1 x = −2 ⇒ y=2 z = −1
√
14
Esercizio 12.11. Si determini la distanza tra le rette r e s di equazioni x = 4 + t x = t s: r: y=t y =1+t z = −2 − t z =4−t
Soluzione: Notiamo che le due rette sono parallele. Consideriamo un qualsiasi punto della retta r, per esempio P = (0, 1, 4). A questo punto `e sufficiente calcolare la distanza di s da P come abbiamo fatto nell’Esercizio 12.2. Sia π il piano perpendicolare a s passante per P : x + y − z = −3
328
12. RETTE E PIANI CON LE MATRICI E I DETERMINANTI
Determiniamo ora il punto di intersezione A di s con π: x + y − z = −3 4 + t + t + 2 + t = −3 x = 4 + t x = 4 + t ⇒ y=t y=t z = −2 − t z = −2 − t
Quindi A = (1, −3, 1). Possiamo ora calcolare la distanza cercata:
t = −3 x = 1 ⇒ y = −3 z=1
d(r, s) = d(A, P ) =k AP k=k (−1, 4, 3) k=
√ 26
Esercizio 12.12. Si determini la distanza tra i piani π1 e π2 di equazioni π1 : x − 2y + z = 12 e π2 : x − 2y + z = 6. Soluzione: Notiamo che i due piani sono paralleli. Consideriamo un qualsiasi punto del piano π1 , per esempio P = (12, 0, 0). A questo punto `e sufficiente calcolare la distanza di π2 da P come abbiamo fatto nell’Esercizio 12.3. Sia r la retta perpendicolare a π2 passante per P : x = 12 + t r: y = −2t z=t Determiniamo ora il punto di intersezione A di r con π2 : x − 2y + z = 6 12 + t + 4t + t = 6x = 12 + t x = 12 + t ⇒ y = −2t y = −2t z=t z=t
Quindi A = (11, 2, −1). Possiamo ora calcolare la distanza cercata:
d(π, π2 ) = d(A, P ) =k AP k=k (1, −2, 1) k=
t = −1 x = 11 ⇒ y=2 z = −1
√ 6
Esercizio 12.13. Si determini la distanza tra le rette di equazioni x = 2 + t x = 1 − t s: r: y=t y = −1 + 3t z =1−t z = −t
Soluzione: Si verifica facilmente che le due rette sono sghembe, infatti non sono parallele e non si intersecano. Sia π il piano contenente s e parallelo a r. Questo in particolare implica che π sia parallelo a entrambe le rette, ovvero ai vettori u = (−1, 3, −1) e v = (1, 1, −1). Inoltre, una volta impostata la condizione che π sia parallelo a s, in particolare conterr`a s se ne contiene un suo qualsiasi punto. Scegliamo quindi un qualsiasi punto P di s, per esempio P = (2, 0, 1). Infine x = 2 − t + s ⇒ x + y + 2z − 4 = 0 π: y = 3t + s z =1−t−s
Abbiamo cos`ı ottenuto un piano contenente s e parallelo alle due rette. A questo punto la distanza tra le due rette `e uguale alla distanza di π da r. Inoltre, essendo r e π paralleli la loro distanza `e uguale alla distanza di un qualsiasi punto B di r da π (o viceversa). Sia B = (1, −1, 0) il punto scelto su r. Possiamo ora utilizzare la formula della distanza punto-piano: √ |1 · 1 + 1 · (−1) + 2 · 0 − 4| 2 6 4 √ d(r, s) = d(B, π) = =√ = 3 6 12 + 12 + 22
2. SOLUZIONI
329
In alternativa, non utilizzando la formula, per calcolare la distanza tra B e π potevamo calcolare il punto A di intersezione tra la retta l per B perpendicolare a π, e calcolare poi la distanza tra A e B. La retta passante per B e perpendicolare a π `e la retta x = 1 + t l: y = −1 + t z = 2t Sia A il punto di intersezione tre l e π: x + y + 2z = 4 x = 1 + t y = −1 + t z = 2t
Infine
t = 32 x = 5 3 ⇒ 1 y = − 3 4 z=3
d(r, s) = d(B, π) = d(B, A) =k AB k=k
⇒ A=
2 2 4 − ,− ,− 3 3 3
5 1 4 ,− , 3 3 3
k=
√
√ 2 6 24 = 3 3
Esercizio 12.14. Nello spazio R3 si considerino i piani π1 : 2x + y = 1
e
π2 : x = 2y.
a) Determinare la mutua posizione dei due piani. b) Scrivere equazioni cartesiane della retta parallela a π1 , perpendicolare a π2 e passante per l’origine.
Soluzione: a) Il piano π1 `e perpendicolare al vettore u1 = (2, 1, 0) mentre il piano π2 `e perpendicolare al vettore u2 = (1, −2, 0). Poich`e u1 e u2 sono ortogonali, lo sono anche i piani π1 e π2 . In particolare i piani π1 e π2 sono incidenti e hanno per intersezione la retta ottenuta risolvendo il sistema 2 ( x= 5 2x + y = 1 ⇒ y=1 x = 2y 5 z = t.
b) La retta perpendicolare a π2 e passante per l’origine `e la retta x = t r : y = −2t z=0
In effetti tale retta `e parallela a π1 . Questo si pu` o verificare in due modi: – MODO 1. Cerchiamo l’intersezione tra r e π1 : 0=1 2t − 2t = 1 2x + y = 1 x = t x = t x = t ⇒ ⇒ y = −2t y = −2t y = −2t z=0 z=0 z=0
Poich`e il sistema `e impossibile, retta e piano non si intersecano quindi sono paralleli.
– MODO 2: La retta r `e parallela al vettore v = (1, −2, 0), mentre il piano π `e ortogonale al vettore u1 = (2, 1, 0). I due vettori v e u1 sono ortogonali in quanto (u1 , v) = 2 · 1 + 1 · (−2) + 0 · 0 = 0
quindi r `e parallela a π1 .
Esercizio 12.15. Calcolare l’area del triangolo di vertici A1 (3, 1), A2 (2, 6) e A3 (4, 4).
330
12. RETTE E PIANI CON LE MATRICI E I DETERMINANTI
Soluzione: L’area del triangolo di vertici A1 (3, 1), A2 (2, 6) e A3 (4, 4) `e met`a dell’area del parallelogramma di lati −−−→ A3 A1 = (1, 3),
−−−→ A2 A1 = (−1, 5)
Ricordando la formula per l’area di un parallelogramma in R2 otteniamo quindi: 1 1 |(1 · 5 − (−1 · 3))| = · 8 = 4 2 2 1 1 3 1 = ·8=4 = det −1 5 2 2
Area(triangolo A1 A2 A3 ) =
Esercizio 12.16. Determinare per quali valori di k il triangolo di vertici A1 (0, 0), A2 (4, 2) e A3 (1, k) ha area 5. Soluzione: L’area del triangolo di vertici A1 , A2 e A3 `e met`a dell’area del parallelogramma di lati −−−→ −−−→ A3 A1 = (1, k), A2 A1 = (4, 2) Ricordando la formula per l’area di un parallelogramma in R2 otteniamo quindi 1 1 k 1 = |1 − 2k| (2 − 4k) = Area(triangolo A1 A2 A3 ) = det 4 2 2 2
Imponendo la condizione che l’area del triangolo sia 5 otteniamo 1 − 2k = ±5, quindi k = −2 o k = 3. Abbiamo quindi ottenuto due possibili soluzioni: • k = −2 ovvero A3 = (1, −2). • k = 3 ovvero A3 = (1, 3).
Esercizio 12.17. Calcolare l’area del poligono di vertici A1 (0, 0), A2 (1, 0), A3 (2, 1), A4 (1, 3) e A5 (0, 2). Soluzione: Rappresentando i punti nel piano si vede che l’area del poligono corrisponde alla somma delle aree dei triangoli A1 A2 A3 , A1 A3 A4 e A1 A4 A5 . Ora −−−→ −−−→ −−−→ −−−→ A1 A2 = (1, 0), A1 A3 = (2, 1), A1 A4 = (1, 3), A1 A5 = (0, 2) quindi 1 1 det 2 2 1 2 Area(triangolo A1 A3 A4 ) = det 1 2 1 1 Area(triangolo A1 A4 A5 ) = det 0 2
Area(triangolo A1 A2 A3 ) =
Infine
Area(poligono A1 A2 A3 A4 A5 ) =
0 1 = 1 2 1 5 = 3 2 3 =1 2
1 5 + +1=4 2 2
Esercizio 12.18. Calcolare l’area del triangolo di vertici A1 (1, 1, 1), A2 (1, 3, 1), A3 (−1, 0, 0). Soluzione: −−−→ −−−→ L’area del triangolo di vertici A1 A2 A3 `e la met`a dell’area del parallelogramma di lati A1 A2 e A1 A3 , dove −−−→ −−−→ A1 A2 = (0, 2, 0), A1 A3 = (−2, −1, −1)
2. SOLUZIONI
331
Ricordando la formula per l’area di un parallelogrammo cominciamo a calcolare il vettore prodotto vettoriale: −−−→ −−−→ A1 A2 × A1 A3 = (2 · (−1), 0, −(−2) · 2) = (−2, 0, 4) − → → − → − i j k = det 0 2 0 = −2i + 0j + 4k = (−2, 0, 4) −2 −1 −1
Infine
√ 1√ 1√ 1 4 + 16 = 20 = 5 |(−2, 0, 4)| = 2 2 2 − Attenzione a non confondere il valore assoluto di un numero: |a| con la lunghezza di un vettore: |→ v |, entrambi indicati con le sbarre verticali. Area(triangolo A1 A2 A3 ) =
Esercizio 12.19. Calcolare il volume del parallelepipedo di lati u(1, 0, 0), v(−3, 1, 1) e w(−2, 2, 5). Soluzione: Il volume del parallelepipedo `e dato dal prodotto misto dei vettori che formano i lati del parallelepipedo. Cominciamo a calcolare il vettore prodotto vettoriale di v e w: v × w = (3, 13, −4)
Quindi
Volume(parallelepipedo) = |(u, (v × w))| = |u · v × w| = |((1, 0, 0), (3, 13, −4))| = |3| = 3
Analogamente
1 0 Volume(parallelepipedo) = det −3 1 −2 2
0 1 = |1 · (5 − 2)| = 3 5
Esercizio 12.20. Siano P1 = (1, −1, 0), P2 = (1, 0, −1), P3 = 1 + √23 , − √13 , −1 − √13 , e P4 = (1, 2, 1) quattro punti nello spazio. −−−→ −−−→ a) Calcolare l’angolo tra i vettori P1 P2 e P2 P3 . b) Calcolare il volume del prisma con base il triangolo P1 P2 P3 e lato il segmento P1 P4 . Soluzione: a) Sia ϑ l’angolo cercato, usiamo la formula −−−→ −−−→ ( P1 P2 , P2 P3 ) cos(ϑ) = −−−→ −−−→ |P1 P2 | · |P2 P3 |
Poich`e −−−→ P2 P3 = si ha
1 1 2 √ , −√ , −√ 3 3 3
,
−−−→ P1 P2 = (0, 1, −1),
−−−→ −−−→ 1 1 ( P1 P3 , P2 P3 ) = 0 − √ + √ = 0 3 3 π . 2 −−−→ −−−→ −−−→ b) Il volume del prisma ´e met`a del volume del parallelepipedo di lati P1 P2 , P1 P3 e P1 P4 . Poich`e −−−→ −−−→ 2 1 1 P1 P3 = √ , 1 − √ , −1 − √ , P1 P4 = (0, 3, 1) 3 3 3 otteniamo −−−→ −−−→ −−−→ −−−→ −−−→ −−−→ V = P1 P2 , P1 P3 × P1 P4 = P1 P2 · P1 P3 × P1 P4 √ 1 8 2 6 4 3 4 2 1 = · (0, 1, −1), 4 + √ , − √ , √ = 2 · − √3 = √3 = 3 2 3 3 3 Quindi cos(ϑ) = 0 e ϑ =
332
12. RETTE E PIANI CON LE MATRICI E I DETERMINANTI
Analogamente 0 −−−→ −−−→ −−−→ 1 √2 V = P1 P2 , P1 P3 × P1 P4 = · det 2 3 0 4 1 8 = · − √ = √ 2 3 3
1 1 1− √ 3 3
1 −1 − √ 3 1 −1
Esercizio 12.21. Si considerino le rette r1 , r2 , r3 di equazioni r1 : 3x + y − 1 = 4x + y − z − 1 = 0 r2 : 2x − y + z = x − y + 2z = 0 r3 : x − z = y + z = 0
a) Mostrare che le tre rette sono complanari. b) Calcolare l’area del triangolo determinate dalle tre rette. Soluzione: a) Tenendo anche conto del punto b) dell’esercizio per verificare che le tre rette sono complanari determiniamo i loro punti di intersezione a due a due. 1 3x + y = 1 x = 6 4x + y − z = 1 1 1 1 1 ⇒ y=2 r1 ∩ r2 : ⇒ A , , 2x − y + z = 0 6 2 6 z = 16 x − y + 2z = 0 3x + y = 1 1 x = 2 4x + y − z = 1 1 1 1 ⇒ y = − 21 ,− , r1 ∩ r3 : ⇒ B 2 2 2 x − z = 0 z = 21 y+z =0 2x − y + z = 0 x = 0 x − y + 2z = 0 ⇒ C(0, 0, 0) ⇒ y=0 r2 ∩ r3 : x−z =0 z = 0 y+z =0
Il piano passante per A, B e C contiene le tre rette che sono quindi complanari. −−→ −→ b) Calcoliamo i due vettori che formano due lati del triangolo: CA = 16 , 21 , 61 e CB = quindi i j k −→ −−→ 1 1 1 1 CA × CB = det 16 = i− k 2 6 3 3 1 1 1 −2 2 2 Infine
Area(ABC) =
1 −→ −−→ 1 |CA × CB| = 2 2
r
1 1 1 2, −2, 2
,
√ 1 1 2 + = 9 9 6
Esercizio 12.22. Si considerino i piani π1 , π2 , π3 di equazioni: π1 : 2x − y = 1,
π2 : x + y + z = 0,
π3 : x − 2z = 1.
a) Si determini l’insieme intersezione dei tre piani. b) Si trovi il piano π4 passante per l’origine e perpendicolare alla retta r = π1 ∩ π2 . c) Si determini l’area del triangolo di vertici A, B, C, con A = π1 ∩ π2 ∩ π3 , B = π1 ∩ π3 ∩ π4 , C = π2 ∩ π 3 ∩ π4 . Soluzione:
2. SOLUZIONI
a) Riduciamo a 2 −1 0 | 1 1 1 | 1 0 −2 | 2x − y = 1 3y + 2z = −1 −7z = 2
333
gradini il sistema associato ai tre piani 2 −1 0 | 1 1 2 −1 0 3 2 | −1 ⇒ 0 ⇒ 2II − I 0 3 III − II 0 −1 −3 | 1 3III + II 0 0 1 3 x = 7 3 1 2 1 ⇒ π1 ∩ π2 ∩ π 3 = A = . ,− ,− ⇒ y = −7 7 7 7 z = − 27
b) Calcoliamo la retta r = π1 ∩ π2 :
2 −1 1 1
0 | 1 |
2 −1 1 ⇒ 2II − I 0 3 0
0 | 2 |
1 ⇒ −1
(
0 | 2 | −7 |
1 −1 ⇒ 2
1 1 x = − 3 t + 3 1 2 ⇒r: y = −3t − 3 z=t
2x − y = 1 3y + 2z = −1
La retta ha direzione − 31 , − 23 , 1 cio`e (1, 2, −3), quindi un piano ortogonale a r ha equazione del tipo x + 2y − 3z = d. Imponendo il pasaggio per l’origine otteniamo d = 0. Infine il piano cercato `e π4 : x + 2y − 3z = 0 c) Abbiamo gi` a trovato A nel punto a). Analogamente mettiamo a sistema π1 , π3 e π4 : 1 2 −1 0 | 1 x = 7 1 5 3 1 0 −2 | 1 ⇒ · · · ⇒ y = − 5 ⇒ π ∩ π ∩ π = B = . , − , − 1 3 4 7 7 7 7 3 1 2 −3 | 0 z=− 7
Mettendo a sistema π2 , π3 e π4 : 5 1 1 1 | 0 x = 7 1 0 −2 | 1 ⇒ · · · ⇒ y = − 4 7 1 2 −3 | 0 z = −1
⇒
π2 ∩ π3 ∩ π 4 = C =
7
5 4 1 ,− ,− 7 7 7
.
Di conseguenza −→ AC =
2 3 1 ,− , 7 7 7
,
−−→ BC =
4 1 2 , , 7 7 7
Infine Area(ABC) =
.
⇒
i −→ −−→ 2 AC × BC = 7 4 7
j − 37 1 7
k
1 7 2 7
= −i + 2k
1 1√ | (−1, 0, 2) | = 5 2 2
Esercizio 12.23. Siano A = (0, −1, 0), B = (−2, 0, −3), C = (−1, 0, −1) punti dello spazio.
a) Calcolare l’area del triangolo di vertici A, B, C. b) Stabilire se il punto D = (2, 2, 2) appartiene al piano contenente A, B, C. c) Eseiste un’isometria che trasforma i punti A, B, C nei punti O = (0, 0, 0), P = (1, 0, 2) e Q = (1, 1, 1) rispettivamente?
Soluzione: a) L’area del parallelogramma di lati AB e AC `e data dalla lunghezza del vettore AB × AC. Poich´e AB = (−2, 1, −3) e AC = (−1, 1, −1), otteniamo i j k √ AB × AC = det −2 1 −3 = 2i + j − k = (2, 1, −1) ⇒ |AB × AC| = 6. −1 1 −1 Infine l’area del triangolo `e met`a dell’area del parallelogramma: √ 6 . Area(ABC) = 2
334
12. RETTE E PIANI CON LE MATRICI E I DETERMINANTI
b) Un modo consiste nel determinare il piano passante per i tre punti A, B, C il quale ha equazione x = −2t − s π : y = −1 + t + s ⇒ 2x + y − z = −1 z = −3t − s
Il punto D non soddisfa l’equazione di π: 4 + 2 − 2 6= −1, quindi D non appartiene al piano contenente A, B, C. c) Un’isometria conserva le distanze, quindi in particolare deve essere |AB| = |OP |. Nel nostro caso √ √ |AB| = 14 6= |OP | = 5 quindi non pu` o esistere un’isometria che trasforma i punti A e B nei punti O e P .
3
Esercizio 12.24. Siano M = (1, 1, 1), N = (3, 2, 1), L = (1, 2, 2) punti dello spazio R . Sia C = (−1, 0, 1). a) Si calcoli l’area del triangolo M N L. b) Si determini l’insieme M ′ N ′ L′ che si ottiene proiettando il triangolo M N L dal centro C sul piano x + y = 0. c) Si calcoli l’area del triangolo M ′ N ′ L′ . Soluzione: −−→ −−→ a) L’area del triangolo di vertici M N L `e la met`a dell’area del parallelogramma di lati M N e LN , dove −−→ −−→ u = M N = (2, 1, 0), v = LN = (2, 0, −1) Ricordando la formula per prodotto vettoriale: i u × v = det 2 2 Infine
l’area di un parallelogrammo cominciamo a calcolare il vettore j k 1 0 = −i + 2j − 2k = (−1, 2, −2) 0 −1
1 1 3 |u × v| = |(−1, 2, −2)| = 2 2 2 In alternativa si poteva calcolare l’altezza del triangolo di base LN sfruttando la proiezione −−→ −−→ del vettore u = M N su v = LN : 4 (u, v) v = (2, 0, −1) prv (u) = (v, v) 5 4 2 `e ortogonale a v e corrisponde all’altezza del triangolo di base , 1, Il vettore u − prv (u) = 5 5 v. Quindi 3 1 1 √ 3 4 2 |= · 5· √ = Area(triangolo M N L) = · |(2, 0, −1)| · | , 1, 2 5 5 2 2 5 Area(triangolo M N L) =
b) Il vettore delle coordinate omogenee del piano `e P = (1, 1, 0, 0) e il punto C ha coordinate omogenee C = (−1, 0, 1, 1). La matrice di proiezione `e quindi 0 0 1 1 −1 1 1 1 A = P T C − (P · C)I4 = 0 0 1 0 0 0 0 1 Quindi
1 1 M · A = (−1, 1, 3, 3) ⇒ M = − , , 1 3 3 1 1 ′ N · A = (−2, 2, 6, 6) ⇒ N = − , , 1 3 3 1 1 5 ′ L · A = (−2, 2, 5, 4) ⇒ L = − , , , 2 2 4 ′
Quindi il triangolo viene proiettato nel segmento M ′ L′ .
2. SOLUZIONI
335
In alternativa si potevano calcolare le proiezioni senza utilizzare la matrice A. Per esempio per calcolare M ′ si poteva calcolare la retta x = 1 + 2t CM : y =1+t z=1
Il punto M ′ `e dato dall’intersezione tra la retta CM e il piano x + y = 0: t = − 23 x = 1 + 2t x = 1 + 2t x = − 1 y = 1 + t y = 1 + t 1 1 ′ 3 , , 1 ⇒ ⇒ M = − ⇒ M′ : 3 3 z=1 y = 13 z=1 1 + 2t + 1 + t = 0 z=1 x+y =0
Analogamente si potevano ottenere gli altri punti. c) Il triangolo M ′ N ′ L′ `e degenere, quindi ha area nulla.
CAPITOLO 13
Coniche Esercizio 13.1. Stabilire il tipo di conica corrispondente alle seguenti equazioni. Se si tratta di una conica a centro determinare inoltre le coordinate del centro della conica. a) 9x2 + 4xy + 6y 2 = 10 b) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y +
1 =0 2
c) x2 + 6xy − 2y 2 + 2x − 4y + 2 = 0
d) x2 + 2xy + y 2 + 3x + 3y = 0
e) 2x2 + 2xy + 3y 2 + 1 = 0 √ f) 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0
g) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
h) x2 + 9y 2 − 6xy + 2x − 6y + 1 = 0 i) x2 + 2xy + x + 2y − 2 = 0
l) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0
m) x2 + xy − 2y 2 + 3y − 1 = 0
Esercizio 13.2. Ridurre in forma canonica le coniche f), g) dell’esercizio precedente e le coniche n) 9x2 + 4xy + 6y 2 = 10 p) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y +
1 =0 2
Esercizio 13.3. Siano assegnate le seguenti coniche non degeneri f (x, y) = 0: (1) 9x2 + 4xy + 6y 2 − 10 = 0
1 (2) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y + = 0 2 √ 2 2 (3) 5x + 5y − 6xy + 16 2x + 38 = 0
(4) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
(5) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0 Per ognuna di esse: a) Determinare la matrice A della forma quadratica associata alla conica. b) Determinare la matrice di rotazione R (ortogonale speciale) tale che RT AR = D, con D matrice diagonale. c) Stabilire se si tratta di un’iperbole, ellisse o parabola. d) Se si tratta di una conica a centro (ellisse o iperbole), determinarne il centro e gli assi. Esercizio 13.4. Siano assegnate le seguenti coniche non degeneri f (x, y) = 0: (1) 9x2 + 4xy + 6y 2 − 10 = 0 (2) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y +
1 =0 2 337
338
13. CONICHE
√ (3) 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0
(4) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
(5) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0 Per ognuna di esse: a) Determinare la matrice A della forma quadratica asociata alla conica. b) Stabilire se si tratta di un’iperbole, ellisse o parabola. c) Se si tratta di una conica a centro (ellisse o iperbole), determinarne il centro e gli assi. Se si tratta di una parabola, determinarne il vertice e l’asse. Esercizio 13.5. Riconoscere che le seguenti coniche f (x, y) = 0 sono degeneri e determinare le equazioni delle rette che le formano. Se si tratta di una conica a centro determinarne il centro. (1) x2 + 2xy + y 2 + 3x + 3y = 0 (2) x2 + 9y 2 − 6xy + 2x − 6y + 1 = 0 (3) x2 + xy − 2y 2 + 3y − 1 = 0
Esercizio 13.6. Ridurre in forma canonica le seguenti coniche: √ a) 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0 b) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
c) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0
Esercizio 13.7. Ridurre in forma canonica le seguenti coniche e determinare il cambiamento di coordinate necessario per passare da una forma all’altra: √ a) 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0 b) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
c) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0
Esercizio 13.8. Sia C la conica di equazione
C : 2xy − x − 3y = k
a) Stabilire per quali valori di k la conica C `e degenere. b) Posto k = 0, stabilire di quale tipo di conica si tratti. c) Trovare gli assi (o l’asse) di simmetria di C.
Esercizio 13.9. Sia k un parametro reale. Si consideri la famiglia di coniche Ck di equazione Ck : 2kx2 + 2(k − 2)xy − 4y 2 + 2x = 1.
a) Esistono coniche degeneri nella famiglia? b) Si classifichi la conica Ck al variare di k. c) Si determinino le coordinate dei centri delle coniche Ck (quando esistono).
Esercizio 13.10. Sia Ck la conica di equazione Ck :
x2 + (k − 2)xy + y 2 − 4 = 0
(k parametro reale)
a) Al variare di k ∈ R, riconoscere di quale tipo di conica si tratti. b) Trovare le coniche degeneri della famiglia. c) Mostrare che ci sono due rette che sono assi di simmetria di ogni conica della famiglia. Esercizio 13.11. Sia Ck la conica di equazione Ck :
x2 + kxy + y 2 − 4 = 0
(k parametro reale)
a) Al variare di k ∈ R, riconoscere di quale tipo di conica si tratti. b) Trovare le coniche degeneri della famiglia. c) Mostrare che tutte le ellissi appartenenti alla famiglia sono reali. Esercizio 13.12. Fissato il parametro reale t, sia Ct la conica di equazione Ct : (2t − 1)x2 + 6txy + ty 2 + 2x = 0
1. SUGGERIMENTI
339
a) Stabilire se esistono valori di t per cui la conica `e degenere. b) Determinare il tipo di conica al variare del parametro t. 1 c) Scrivere la forma canonica di Ct per t = . 3 Esercizio 13.13. Fissato il parametro reale t, sia Ct la conica di equazione Ct : tx2 + 2xy + (t + 2)y 2 − 2y = 0
a) Stabilire se esistono valori di t per cui la conica `e degenere. b) Determinare il tipo di conica al variare del parametro t. c) Scrivere la forma canonica di Ct per t = −1. Esercizio 13.14. Si consideri la matrice
1 0 A = 0 1 0 2
0 2 1
a) Calcolare autovalori e autovettori di A. b) Calcolare una matrice diagonalizzante di A, che sia ortogonale e rappresenti una rotazione dello spazio attorno all’origine. c) Scrivere la forma canonica della conica C con matrice associata A Esercizio 13.15. Si consideri la conica di equazione 2x2 + 4xy + 5y 2 + 2x − 2y + 1 = 0
a) Si determini il tipo di conica. b) Si trovi l’eventuale centro della conica. c) Si trovino gli assi di simmetria e la forma canonica della conica. Esercizio 13.16. Sia C la conica di equazione
C : 3x2 + 14xy − 5y 2 − 10x + 14y = 0
a) Stabilire il tipo di conica. b) Nel caso sia una conica a centro, trovare le coordinate del centro. c) Trovare equazioni degli eventuali asintoti della conica. Esercizio 13.17. Sia C la conica di equazione
x2 + 4xy + 4y 2 + 4y = 0.
a) Si determini il tipo di conica. b) Si trovi la forma canonica della conica. c) Si trovino gli eventuali assi di simmetria della conica. Esercizio 13.18. Sia C la conica di equazione C : 6x2 + 4xy + 9y 2 − 5x + 10y = 0.
a) Stabilire il tipo di conica e la forma canonica di C. b) Trovare equazioni degli assi di simmetria di C.
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1. Suggerimenti Equazione A ogni conica f (x, y) = 0, possiamo associare due matrici quadrate simmetriche: la matrice A ∈ M2×2 relativa alla forma quadratica associata alla conica, e la matrice A′ ∈ M3×3 : coeff. di x2 1/2 coeff. di xy , A= 1/2 coeff. di xy coeff. di y 2 " # 1/2 coeff. della x A h ′ , k = termine noto dell’equazione A = dove h = 1/2 coeff. della y hT k Di conseguenza l’equazione della conica `e
f (x, y) = [x, y, 1] · A′ · [x, y, 1]T = [x, y] · A · [x, y]T + 2 hT · [x, y]T + k = 0
340
13. CONICHE
Possiamo inoltre definire gli invarianti ortogonali dell’equazione della conica. • Invariante cubico: I3 = det(A′ ), • Invariante quadratico: I2 = det(A), • Invariante lineare: I1 = traccia di A = somma degli elementi della diagonale di A = somma degli autovalori di A. ——————————————————————————————————————————————-
Classificazione. • Una conica `e non degenere se I3 = det(A′ ) 6= 0. Inoltre `e: – Ellisse: se gli autovalori sono concordi, ovvero se I2 = det(A) > 0. – Iperbole: se gli autovalori sono discordi, ovvero se I2 = det(A) < 0. – Parabola: se ha un autovalore nullo, ovvero se I2 = det(A) = 0. • Una conica `e degenere se I3 = det(A′ ) = 0. Inoltre: – Se rg(A′ ) = 2 `e semplicemente degenere, ovvero si tratta di una coppia di rette distinte (reali o immaginarie). – Se rg(A′ ) = 1 `e doppiamente degenere, ovvero si tratta di una coppia di rette coincidenti. ——————————————————————————————————————————————-
Centro e assi o vertice e asse. • Centro – Iperbole e ellisse sono coniche a centro. Il centro si determina risolvendo il sistema: x = −h A· y – Se la conica `e degenere e si tratta di una coppia di rette incidenti, si tratta di una conica a centro. Il centro `e il punto di intersezione delle due rette e pu` o anche essere determinato come per le coniche a centro non degeneri. • Assi – Gli assi di iperbole e ellisse sono le rette passanti per il centro, aventi direzioni parallele agli autovettori di A. – L’asse della parabola `e una retta di direzione parallela all’autovettore relativo all’autovalore nullo passante per il vertice. Il vertice `e dato dall’intersezione dell’asse con la parabola. Non avendo in generale il vertice, per determinare l’asse si pu` o: ∗ Determinare la direzione dell’asse. ∗ Determinare la generica equazione di una retta r perpendicolare all’asse. ∗ Determinare i punti di intersezione D e E di r con la parabola. ∗ Determinare il punto medio M del segmento DE. ∗ L’asse `e la retta per M di direzione parallela all’autovettore relativo all’autovalore nullo. ∗ Una volta nota l’equazione dell’asse si pu` o ricavare il vertice. – In alternativa assi, centro e vertice si possono ricavare dalla forma canonica se si `e a conoscenza delle trasformazioni che permettono di passare dall’equazione alla forma canonica e viceversa. ——————————————————————————————————————————————-
Rotazione. La matrice A `e simmetrica, quindi esiste una matrice R ortogonale speciale detta matrice di rotazione tale che λ 0 RT AR = D = 1 dove λi sono autovalori di A 0 λ2 La matrice R si ottiene dagli autovettori di A (normalizzati e con i segni in modo che il determinante sia 1). ——————————————————————————————————————————————-
1. SUGGERIMENTI
341
Forma canonica con equazioni della trasformazione. Per ottenere la forma canonica di una conica non degenere, ovvero una delle forme: • • • •
ax2 + by 2 − 1 = 0, ellisse reale, ax2 + by 2 + 1 = 0, ellisse immaginaria, ax2 − by 2 − 1 = 0, iperbole, x2 − 2py = 0, parabola,
con a, b > 0, dobbiamo eseguire due trasformazioni: (1) Rotazione. Lo scopo `e ruotare la conica in modo che gli assi (o l’asse) siano paralleli agli assi cartesiani. Dal punto di vista dell’equazione questo implica la mancanza del termine xy. (2) Traslazione. Lo scopo `e traslare la conica in modo che il centro (nel caso di ellisse o iperbole) o il vertice (nel caso della parabola), coincida con l’origine degli assi cartesiani. Dal punto di vista dell’equazione questo implica la mancanza dei termini x e y. Vediamo come procedere. (1) Rotazione. i) Si determinano gli autovalori e autovettori di A, in modo da ottenere la matrice R ortonormale speciale tale che RT AR = D, matrice diagonale. Questo corrisponde a effettuare il cambiamento di base: x X X x = RT ⇒ =R y Y Y y ii) Si sostituiscono al posto di x e y le nuove coordinate X e Y ottenendo cos`ı una equazione priva del termine XY . Notiamo che la forma quadratica associata alla conica nelle nuove coordinate sar` a del tipo: λ1 X 2 + λ2 Y 2 dove λi sono gli autovalori di A. E’ quindi opportuno prendere gli autovalori nell’ordine desiderato (e non `e necesario sostituire X e Y nella parte quadratica perch´e sappiamo gi` a il risultato che otterremo). (2) Traslazione Possiamo distinguere due casi. • Coniche a centro. Si pu` o procedere in due modi: i) Completamento dei quadrati, che indicano la traslazione da effettuare. ii) Ricerca del centro della conica (eventualmente modificato secondo il cambiamento di coordinate della rotazione), che indica la traslazione da effettuare. • Parabole. i) Completamento del quadrato e contemporaneamente eliminazione del termine noto, che indicano la traslazione da effettuare. ii) Ricerca del vertice della parabola (eventualmente modificato secondo il cambiamento di coordinate della rotazione), che indica la traslazione da effettuare. Poich´e la ricerca del vertice della parabola `e piuttosto laboriosa, in genere conviene utilizzare il primo metodo. ——————————————————————————————————————————————-
Forma canonica versione semplice. Per ottenere la forma canonica di una conica non degenere senza cercare per`o l’equazioni della trasformazione che permette di passare dall’equazione originale alla forma canonica e viceversa, possiamo procedere nel seguente modo: • Calcoliamo I3 = det(A′ ) per verificare che la conica non sia degenere. • Calcoliamo gli autovalori λ1 , λ2 di A e stabiliamo di quale conica si tratta. • Se si tratta di un’ellisse o un’iperbole sappiamo che dobbiamo arrivare a una equazione del tipo ax2 ± by 2 ± 1 = 0, passando attraverso una equazione del tipo λ1 0 0 2 2 λ1 x + λ2 y + t = 0 ⇔ B = 0 λ2 0 con λ1 , λ2 autovalori di A 0 0 t
Poich´e I3 `e un invariante, imponendo la condizione det(A′ ) = det(B) possiamo ricavare il valore di t. Dividendo infine per t o −t si ottiene la forma canonica.
342
13. CONICHE
• Se si tratta di una parabola sappiamo che dobbiamo arrivare a una equazione del tipo x2 −2py = 0, passando attraverso una equazione del tipo λ 0 0 λx2 + 2ty = 0 ⇔ B = 0 0 t con λ autovalore non nullo di A 0 t 0
Poich´e I3 `e un invariante, imponendo la condizione det(A′ ) = det(B) possiamo ricavare il valore di t. Dividendo infine per λ si ottiene la forma canonica.
Equazioni della trasformazione. Passando da un’equazione f (x, y) = alla corrispondente forma canonica f (X, Y ) = 0 abbiamo effettuato un cambiamento di base corrispondente a una rotazione R (definita dagli autovettori di A) e una traslazione definita dal centro C(x0 , y0 ) o dal vertice V (x0 , y0 ) della conica. Il cambio di coordinate `e dato da x X x =R + 0 y0 y Y x − x0 X = RT y − y0 Y dove R `e la matrice di rotazione, ovvero la matrice diagonalizzante ortogonale speciale associata a A. ——————————————————————————————————————————————-
Coniche degeneri. Per determinare le equazioni delle rette che formano che le coniche degeneri si deve risolvere una equazione di secondo grado in cui si considera la x come variabile e la y come parametro, o viceversa. • • • •
Se la conica `e semplicemente degenere (rg(A′ ) = 2) si ottengono due rette distinte. Se la conica `e doppiamente degenere (rg(A′ ) = 1) si ottiene una sola retta. Se la conica `e a centro (det(A) 6= 0, quindi rg(A′ ) = 2) si ottengono due rette incidenti nel centro. Se `e una parabola degenere (det(A) = 0, ma rg(A′ ) = 2) si ottengono due rette parallele.
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2. Soluzioni Esercizio 13.1. Stabilire il tipo di conica corrispondente alla seguente equazione. Se si tratta di una conica a centro determinare inoltre le coordinate del centro della conica. a) 9x2 + 4xy + 6y 2 = 10 b) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y +
1 =0 2
c) x2 + 6xy − 2y 2 + 2x − 4y + 2 = 0
d) x2 + 2xy + y 2 + 3x + 3y = 0
e) 2x2 + 2xy + 3y 2 + 1 = 0 √ f) 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0
g) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
h) x2 + 9y 2 − 6xy + 2x − 6y + 1 = 0 i) x2 + 2xy + x + 2y − 2 = 0
l) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0
m) x2 + xy − 2y 2 + 3y − 1 = 0 Soluzione:
2. SOLUZIONI
a) Consideriamo l’equazione 9x2 + 4xy + 6y 2 9 A′ = 2 0 per cui l’equazione della conica risulta
343
= 10. La matrice A′ associata a tale equazione `e 2 0 6 0 0 −10
x [x, y, 1] · A′ · y = 0 1
Analogamente la matrice associata alla forma quadratica `e 9 2 A= 2 6
per cui l’equazione della conica risulta x x [x, y] · A · + 2hT · +k =0 y y con 0 1/2 coeff. della x k = −10 = h= 0 1/2 coeff. della y
Per stabilire se si tratta di una conica degenere o nondegenere determiniamo il rango di A′ comiciando a calcolare il determinante di A′ : I3 = det(A′ ) = −540 + 40 = −500 6= 0 ⇒ rg(A′ ) = 3
Quindi si tratta di una conica non degenere. Per stabilire se si tratta di un’ellisse, di una parabola o di una iperbole calcoliamo il determinante di A: I2 = det(A) = 54 − 4 = 50 > 0
Quindi si tratta di un’ellisse. Poich`e si tratta di una conica a centro ne possiamo determinare il centro risolvendo il sistema x x A· +h=0 ⇒ A· = −h y y
ovvero il sistema associato alla matrice 1/2II 1 3 9 2 | 0 ⇒ 9 2 I 2 6 | 0 ( x=0 ⇒ ⇒ C = (0, 0) y=0
| |
0 0
⇒
1 II − 9I 0
3 −25
| |
0 0
Potevamo notare che il centro della conica `e (0, 0) osservando che nell’equazione mancano i termini x e y.
1 b) Consideriamo l’equazione x2 + 6xy + y 2 + 2x + y + = 0 e le matrici A′ e A associate: 2 1 3 1 1 3 A′ = 3 1 12 A= 3 1 1 21 12 L’equazione della conica risulta
ovvero
x [x, y, 1] · A′ · y = 0 1
[x, y] · A · con
x x +k =0 + 2hT · y y
1 1/2 coeff. della x = 1 , h= 1/2 coeff. della y 2
k=
1 2
344
13. CONICHE
Inoltre 1 9 1 − 3 + = − 6= 0 ⇒ conica non degenere 4 2 4 I2 = det(A) = 1 − 9 = −8 < 0 ⇒ iperbole. I3 = det(A′ ) =
Poich`e si tratta di una conica a centro ne possiamo determinare il centro risolvendo il sistema x x A· +h=0 ⇒ A· = −h y y
ovvero il sistema associato alla matrice 1 3 | −1 1 3 1 3 | −1 ⇒ ⇒ II − 6I 0 −16 2II 6 2 | −1 3 1 | − 12 x = − 1 1 5 16 ⇒ C = − , − ⇒ 5 16 16 y = − 16
| |
−1 5
c) Consideriamo l’equazione x2 + 6xy − 2y 2 + 2x − 4y + 2 = 0 e le matrici A e A′ associate: 1 3 1 1 3 A′ = 3 −2 −2 A= 3 −2 1 −2 2 Inoltre
h= Si ha
1 −2
k=2
I3 = det(A′ ) = −8 − 24 − 4 = −36 6= 0 ⇒ conica non degenere. I2 = det(A) = −2 − 9 = −11 < 0 ⇒ iperbole.
Determiniamo il centro risolvendo il sistema x x A· +h=0 ⇒ A· = −h y y
ovvero il sistema associato alla matrice 1 3 | 1 3 | −1 ⇒ II − 3I 0 −11 | 3 −2 | 2 x = 4 5 4 11 , − ⇒ ⇒ C = 5 11 11 y = − 11
−1 ⇒ 5
d) Consideriamo l’equazione x2 + 2xy + y 2 + 3x + 3y = 0 e le matrici A′ e A associate 1 1 32 1 1 ′ 3 A = 1 1 2 A= 1 1 3 3 0 2 2 Inoltre
h=
3 2 3 2
,
k=0
Poich`e A′ ha due righe uguali si ha I3 = det(A′ ) = 0 e rg(A′ ) < 3. Inoltre A′ ha una sottomatrice 2 × 2 di determinante non nullo, per esempio: 9 1 23 det 3 = − 6= 0 ⇒ 0 4 2 rg(A′ ) = 2 ⇒ conica semplicemente degenere. Si tratta quindi di due rette distinte.
2. SOLUZIONI
345
Per determinare esplicitamente l’equazione delle due rette si pu` o considerare l’equazione della conica come una equazione di secondo grado nell’incognita x e considerare la y come parametro: x2 + (2y + 3)x + (y 2 + 3y) = 0 Risolvendo tale equazione con la formula per le equazioni di secondo grado otteniamo p √ −2y − 3 ± (2y + 3)2 − 4(y 2 + 3y) −2y − 3 ± 9 = x1,2 = 2 2 −2y − 3 ± 3 = 2 ⇒ x = −y oppure x = −y − 3 Si tratta quindi di due rette reali parallele: r1 : x + y = 0 r2 : x + y + 3 = 0
e) Consideriamo l’equazione 2x2 + 2xy + 3y 2 + 1 = 0 e le matrici associate: 2 1 0 2 1 ′ A = 1 3 0 A= 1 3 0 0 1 Inoltre
Si ha
0 h= 0
k=1
I3 = det(A′ ) = 5 6= 0 ⇒ rg(A′ ) = 3 ⇒ conica non degenere.
I2 = det(A) = 5 > 0 ⇒ ellisse.
Determiniamo il centro risolvendo il sistema 2 2 1 | 0 x ⇒ = −h ⇒ A· 2II − I 0 1 3 | 0 y ( x=0 ⇒ C = (0, 0) y=0
1 | 5 |
0 ⇒ 0
√ f) Consideriamo l’equazione 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0 e le matrici associate: √ 5 −3 8 2 5 −3 5 0 A′ = −3 A = √ −3 5 38 8 2 0 Inoltre
h=
√ 8 2 , 0
k = 38
Si ha I3 = det(A′ ) = −32 6= 0 ⇒ conica non degenere.
I2 = det(A) = 25 − 9 = 16 > 0 ⇒ ellisse.
Poich`e si tratta di una conica a centro ne possiamo determinare il centro risolvendo il sistema √ −3 5 | 0√ x II 5 −3 | −8 2 A· = −h ⇒ ⇒ y 5II + 3I 0 16 | −24 2 −3 5 | 0 √ 5 x = − 2 3√ 5√ 2√ ⇒ ⇒ C = − 2, − 2 3 2 2 y = − 2 2
346
13. CONICHE
g) Consideriamo l’equazione 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0 e le matrici associate 25 0 0 25 0 ′ A= A = 0 −7 24 0 −7 0 24 7 Inoltre
h=
0 , 24
k=7
Si ha I3 = det(A′ ) = 25 · (−49 − 242 ) 6= 0 ⇒ conica non degenere.
I2 = det(A) = −175 < 0 ⇒ iperbole.
Poich`e si tratta di una conica a centro ne possiamo determinare il centro risolvendo il sistema x = 0 24 25 0 | 0 ⇒ C = 0, ⇒ 24 0 −7 | −24 y = 7 7 h) Consideriamo l’equazione x2 + 9y 2 − 6xy + 2x − 6y + 1 = 0 e le matrici associate: 1 −3 1 1 −3 ′ A = −3 9 −3 A= −3 9 1 −3 1
Notiamo che senza eseguire calcoli possiamo dedurre che I3 = det(A′ ) = 0 in quanto A′ ha due righe uguali. Inoltre riducendo la matrice a gradini otteniamo: 1 −3 1 II + 3I 0 0 0 III − I 0 0 0
Quindi rg(A′ ) = 1 e si tratta di una conica doppiamente degenere, ovvero di due rette coincidenti. Per determinare esplicitamente l’equazione della retta risolviamo l’equazione di secondo grado nell’incognita x con parametro y (o viceversa): x2 − 2(3y − 1) + (9y 2 − 6y + 1) = 0 ⇒ p x1,2 = (3y − 1) ± (3y − 1)2 − (9y 2 − 6y + 1) = 3y − 1
Quindi si tratta della retta x − 3y + 1 = 0.
i) Consideriamo l’equazione x2 + 2xy + x + 2y − 2 = 0 e le matrici associate: 1 1 12 1 1 ′ A= A = 1 0 1 1 0 1 1 −2 2 Inoltre
h=
1 2
1
,
k = −2
Si ha 5 1 + = 2 6= 0 ⇒ conica non degenere. 2 2 I2 = det(A) = −1 < 0 ⇒ iperbole. I3 = det(A′ ) = −1 +
Poich`e si tratta di una conica a centro ne possiamo determinare il centro risolvendo il sistema x = −1 1 1 1 | − 12 ⇒ C = −1, ⇒ 1 1 0 | −1 y = 2 2
2. SOLUZIONI
l) Consideriamo l’equazione x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0 e le 1 2 −3 1 ′ A= A = 2 4 0 2 −3 0 1 Inoltre
−3 , h= 0
347
matrici associate: 2 4
k=1
Si ha I3 = det(A′ ) = −36 6= 0 ⇒ conica non degenere.
I2 = det(A) = 0 ⇒ parabola.
m) Consideriamo l’equazione x2 + xy − 2y 2 + 3y − 1 = 0 e le matrici associate: 1 0 1 1 2 1 2 A= 1 A′ = 12 −2 23 −2 3 2 0 −1 2 Si ha
I3 = det(A′ ) = 0 ⇒ conica degenere. Inoltre A′ ha una sottomatrice 2 × 2 di determinante non nullo, per esempio: 1 1 1 2 = −2 − 6= 0 ⇒ det 1 −2 4 2 rg(A′ ) = 2 ⇒ conica semplicemente degenere.
Si tratta quindi di due rette distinte. Per determinare esplicitamente l’equazione delle due rette si pu` o considerare l’equazione della conica come una equazione di secondo grado nell’incognita x e considerare la y come parametro (o viceversa): x2 + xy + (−2y 2 + 3y − 1) = 0 Risolvendo tale equazione con la formula per le equazioni di secondo grado otteniamo p p −y ± y 2 − 4(−2y 2 + 3y − 1) −y ± 9y 2 − 12y + 4 = x1,2 = 2 2 −y ± (3y − 2) = 2 ⇒ x=y−1 oppure x = −2y + 1 Si tratta quindi di due rette reali incidenti: r1 : x − y + 1 = 0 r2 : x + 2y − 1 = 0
Notiamo che le due rette si intersecano nel punto C − 31 , 32 che corrisponde al centro della conica. Il punto C lo possiamo quindi anche ricavare, come nei casi precedenti, risolvendo il sistema A · [x y]T = −h.
Esercizio 13.2. Ridurre in forma canonica le coniche f), g), l) dell’esercizio precedente e le coniche n) 9x2 + 4xy + 6y 2 = 10 p) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y + Soluzione:
1 =0 2
348
13. CONICHE
√ a che si tratta di f) Consideriamo l’equazione 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0. Sappiamo gi` 5√ 3√ un’ellisse di centro C − 2, − 2 . Sappiamo inoltre che gli autospazi della matrice A sono: 2 2 E(8) = h(−1, 1)i
E(2) = h(1, 1)i
Per determinare la forma canonica dobbiamo effettuare due trasformazioni: – Rotazione – Traslazione – Rotazione. Per determinare una matrice di cambiamento di base ortonormale e speciale, corrispondente a una rotazione, dobbiamo determinare una base ortonormale di R2 formata da autovettori, imponendo inoltre che la matrice P di cambiamento di base abbia determinante +1. Notiamo che i due autovettori sono ortogonali (anche per il teorema spettrale). E’ quindi sufficiente normalizzarli e eventualmente cambiarli di segno in modo che P abbia determinante +1:
E(8) = h
1 1 √ , −√ 2 2
i
E(2) = h
1 1 √ ,√ 2 2
i
La matrice P di cambiamento di base `e quindi la matrice ortogonale # " P =
√1 2 − √12
√1 2 √1 2
Se indichiamo con (x′ , y ′ ) le nuove coordinate abbiamo che 1 ′ x′ = √ · (x − y) x x x 2 = P −1 = PT ⇒ 1 y′ y y y ′ = √ · (x + y) 2 1 ′ x = √ · (x′ + y ′ ) x x 2 =P ′ ⇒ 1 y y y = √ · (−x′ + y ′ ) 2
In questo momento ci serve il secondo cambio di coordinate. Sostituendo infatti le coordinate (x, y) nell’equazione otteniamo: 5 ′ 5 1 (x + y ′ )2 + (−x′ + y ′ )2 − 6 · (x′ + y ′ )(−x′ + y ′ )+ 2 2 2 + 16(x′ + y ′ ) + 38 = 0 8(x′ )2 + 2(y ′ )2 + 16x′ + 16y ′ + 38 = 0
Abbiamo cos`ı effettuato la rotazione. – Traslazione Si tratta ora di effettuare la traslazione. Possiamo procedere in due modi. MODO 1: completamento del quadrato. 8 (x′ )2 + 2x′ + 2 (y ′ )2 + 8y ′ + 38 = 0 8 (x′ )2 + 2x′ + 1 − 8 · 1 + 2 (y ′ )2 + 8y ′ + 42 − 2 · 42 + 38 = 0 2
2
8 (x′ + 1) + 2 (y ′ + 4) − 2 = 0
Sostituiamo ora le nuove incognite ( X = x′ + 1 Y = y′ + 4 ottenendo l’equazione 8X 2 + 2Y 2 = 2 ⇒ 4X 2 + Y 2 = 1
2. SOLUZIONI
349
Notiamo che il cambiamento di base da (x, y) a (X, Y ) `e 1 X = √ · (x − y) + 1 2 1 Y = √ · (x + y) + 4 2
MODO 2: utilizziamo il centro. Sappiamo che il centro ha coordinate √ x = − 5 2 2 C: 3√ y = − 2 2 Nelle nuove coordinate (x′ , y ′ ) il centro ha coordinate: 1 5√ 3√ ′ − 2+ 2 = −1 x = √ 2 2 2 C: 3√ 5√ 1 2− 2 = −4 − y ′ = √ 2 2 2
Quindi le coordinate rispetto alle quali il centro si trova nell’origine degli assi sono ( ( X = x′ + 1 x′ = X − 1 ⇒ Y = y′ + 4 y′ = Y − 4 Sostituendo tali valori nell’equazione 8(x′ )2 + 2(y ′ )2 + 16x′ + 16y ′ + 38 = 0 otteniamo, ovviamente come nel caso precedente, l’equazione canonica 4X 2 + Y 2 = 1
g) Consideriamo 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0. Sappiamo gi` a che si tratta di una iperbole l’equazione 24 di centro C 0, . Inoltre gli autospazi di A sono 7 E(25) = h(1, 0)i
E(−7) = h(0, 1)i
– Rotazione Notiamo che la matrice A `e gi` a diagonale, quindi non dobbiamo effettuare questa operazione. In effetti la matrice P di cambiamento di base sarebbe la matrice identica. – Traslazione Si tratta ora di effettuare la traslazione. Possiamo procedere in due modi. MODO 1: completamento del quadrato. 48 2 2 25x − 7 y − y + 7 = 0 7 " 2 2 # 48 24 24 2 2 25x − 7 y − y + +7· +7=0 7 7 7 2 24 625 2 25x − 7 y − + =0 7 7 Sostituiamo ora le nuove incognite X = x ottenendo l’equazione 25X 2 − 7Y 2 +
Y = y −
24 7
7 49 2 625 = 0 ⇒ − X2 + Y =1 7 25 625
350
13. CONICHE
Per ottenere la forma canonica dobbiamo in effetti effettuare la rotazione che scambi gli assi cartesiani: ( x′′ = Y y ′′ = −X ottenendo 7 49 ′′ 2 (x ) − (y ′′ )2 = 1 625 25 MODO 2: utilizziamo il centro. Sappiamo che il centro ha coordinate x = 0 C: 24 y = 7
Non avendo effettuato il cambiamento di coordinate corrispondente alla rotazione possiamo immediatamente individuare le coordinate (X, Y ) rispetto alle quali il centro si trova nell’origine degli assi: x = X X = x ⇒ 24 24 y = Y + Y = y − 7 7 Sostituendo tali valori nell’equazione
25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0 otteniamo, ovviamente come nel caso precedente, l’equazione canonica −
7 2 49 2 X + Y =1 25 625
ovvero 7 49 ′′ 2 (x ) − (y ′′ )2 = 1 625 25
l) Consideriamo l’equazione x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0. Sappiamo gi` a che si tratta di una parabola, ma in questo caso, non trattandosi di una conica a centro, non abbiamo determinato gli autospazi. Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 1−λ 2 pA (λ) = det = λ(λ − 5) 2 4−λ Quindi A ha due autovalori: λ1 = 0 λ2 = 5 Calcoliamo l’autospazio E(0) risolvendo il sistema omogeneo associato a A: 1 2 | 0 1 2 | 0 ⇒ ⇒ ⇒ x + 2y = 0 II − 2I 2 4 | 0 0 0 | 0 ( x = −2t ⇒ ⇒ E(0) = h(−2, 1)i y=t Analogamente calcoliamo l’autospazio E(5) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − I: −4 2 | 0 1/2I −2 1 | 0 ⇒ ⇒ ⇒ −2x + y = 0 2 −1 | 0 2II + I 0 0 | 0 ( x=t ⇒ ⇒ E(5) = h(1, 2)i y = 2t Possiamo ora procedere come negli esercizi precedenti.
2. SOLUZIONI
351
– Rotazione Per determinare una matrice di cambiamento di base ortonormale e speciale, corrispondente a una rotazione, dobbiamo determinare una base ortonormale di R2 formata da autovettori, imponendo inoltre che la matrice P di cambiamento di base abbia determinante +1. Notiamo che i due autovettori sono ortogonali (anche per il teorema spettrale). E’ quindi sufficiente normalizzarli e eventualmente cambiarli di segno in modo che P abbia determinante +1: E(0) = h
1 2 √ , −√ 5 5
i
E(5) = h
2 1 √ ,√ 5 5
i
La matrice P di cambiamento di base `e quindi la matrice ortogonale # " P =
√2 5 − √15
√1 5 √2 5
Se indichiamo con (x′ , y ′ ) la nuove coordinate abbiamo che 1 ′ x′ = √ · (2x − y) x T x −1 x 5 ⇒ =P =P 1 y y y′ ′ y = √ · (x + 2y) 5 1 ′ x = √ · (2x′ + y ′ ) x x 5 =P ′ ⇒ 1 y y y = √ · (−x′ + 2y ′ ) 5
In questo momento ci serve il secondo cambio di coordinate. Sostituendo infatti le coordinate (x, y) nell’equazione otteniamo: 1 4 4 (2x′ + y ′ )2 + (2x′ + y ′ )(−x′ + 2y ′ ) + (−x′ + 2y ′ )2 5 5 5 6 − √ (2x′ + y ′ ) + 1 = 0 5 6 ′ 12 ′ ′ 2 5(y ) − √ x − √ y + 1 = 0 5 5
Abbiamo cos`ı effettuato la rotazione. – Traslazione Si tratta ora di effettuare la traslazione. Non essendo una conica a centro dobbiamo procedere nel MODO 1: completamento del quadrato e eliminazione del termine noto. 6 12 5 (y ′ )2 − √ y ′ − √ x′ + 1 = 0 5 5 5 " 2 # 12 9 6 ′ 3 ′ 2 √ − √ x′ + 1 − =0 5 (y ) − √ y + 25 5 5 5 5 5 2 3 12 16 5 y′ − √ − √ x′ + =0 25 5 5 5 " √ # 2 3 4 5 12 ′ ′ 5 y − √ =0 −√ x − 75 5 5 5 Sostituiamo ora le nuove incognite √ X = x′ − 4 5 75 3 Y = y ′ − √ 5 5 ottenendo l’equazione
12 12 5Y 2 − √ X = 0 ⇒ Y 2 − √ X = 0 5 5 5
352
13. CONICHE
Per ottenere la forma canonica dobbiamo in effetti effettuare la rotazione che scambi gli assi cartesiani: ( x′′ = Y y ′′ = −X ottenendo 12 (x′′ )2 + √ y ′′ = 0 5 5
• Scriviamo la conica in forma normale:
9x2 + 4xy + 6y 2 − 10 = 0
Le matrici associate alla conica sono 9 2 0 0 A′ = 2 6 0 0 −10
A=
9 2 2 6
Si vede facilmente che
I3 = det(A′ ) 6= 0 ⇒ conica non degenere.
I2 = det(A) = 50 > 0 ⇒ ellisse.
– Rotazione Come prima cosa dobbiamo individuare un cambiamento di base ortogonale che trasformi A in matrice diagonale (rotazione). A tale scopo cerchiamo gli autovalori e autovettori di A per trovare una nuova base ortonormale di R2 formata da autovettori di A. Quindi pA (λ) = (9 − λ)(6 − λ) − 4 = λ2 − 15λ + 50 e gli autovalori sono λ1 = 5 e λ2 = 10. Calcoliamo lo spazio E(10) risolvendo il sistema omogeneo asociato alla matrice A − 10I: ( x = 2t −1 2 | 0 −1 2 | 0 ⇒ ⇒ ∀t ∈ R II + 2I 0 0 | 0 2 −4 | 0 y=t Quindi E(10) = h(2, 1)i Calcoliamo lo spazio E(5) risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 5I: ( x=t 4 2 | 0 1/2I 2 1 | 0 ⇒ ⇒ ∀t ∈ R 2 1 | 0 2II − I 0 08 | 0 y = −2t Quindi E(5) = h(1, −2)i Notiamo che i due autovettori sono ortogonali (per il teorema spettrale). E’ quindi suffinciente normalizzarli cambiandoli di segno in modo che la matrice P di cambiamento di base abbia determinante +1: " # √2 − √15 5 P = √1 √2 5
′
′
5
Se indichiamo con (x , y ) le nuove coordinate abbiamo che 1 ′ x′ = √ · (2x + y) x x x 5 ⇒ = PT = P −1 1 y y y′ y ′ = √ · (−x + 2y) 5 1 ′ ′ ′ x = √ · (2x − y ) x x 5 =P ′ ⇒ 1 y y y = √ · (x′ + 2y ′ ) 5
2. SOLUZIONI
353
Sostituendo ora le coordinate (x, y) nell’equazione otteniamo: 4 6 9 (2x′ − y ′ )2 + (2x′ − y ′ )(x′ + 2y ′ ) + (x′ + 2y ′ )2 − 10 = 0 5 5 5 10(x′ )2 + 5(y ′ )2 − 10 = 0 2(x′ )2 + (y ′ )2 − 2 = 0
Traslazione Come si vede dal fatto che mancano i termini in x e y in questo caso non `e necessario effettuare il secondo cambiamento di base corrispondente alla traslazione per ottenere la forma canonica. In effetti se ricerchiamo il centro otteniamo: ( x=0 9 2 | 0 9 2 | 0 ⇒ ⇒ C(0, 0) ⇒ 9II − 2I 0 50 | 0 2 6 | 0 y=0 La forma canonica della conica `e quindi 1 (x′ )2 + (y ′ )2 − 1 = 0 2
1 • Consideriamo la conica x2 + 6xy + y 2 + 2x + y + = 0 e 2 1 3 1 1 A= A′ = 3 1 12 3 1 1 1 2 2
le matrici associate 3 1
Si vede facilmente che
I3 = det(A′ ) 6= 0 ⇒ conica non degenere.
I2 = det(A) = −9 < 0 ⇒ iperbole.
– Rotazione Come prima cosa dobbiamo individuare un cambiamento di base ortogonale che trasformi A in matrice diagonale (rotazione). A tale scopo cerchiamo gli autovalori e autovettori di A per trovare una nuova base ortonormale di R2 formata da autovettori di A. Quindi pA (λ) = (1 − λ)2 − 9 = λ2 − 2λ − 8
e gli autovalori sono λ1 = 4 e λ2 = −2. Calcoliamo lo spazio E(4) risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A − 4I: ( x=t −3 3 | 0 ⇒ ∀t ∈ R 3 −3 | 0 y=t Quindi E(4) = h(1, 1)i Calcoliamo lo spazio E(−2) risolvendo il sistema omogeneo associato alla matrice A + 2I: ( x=t 3 3 | 0 ⇒ ∀t ∈ R 3 3 | 0 y = −t Quindi E(−2) = h(1, −1)i Notiamo che i due autovettori sono ortogonali (per il teorema spettrale). E’ quindi sufficiente normalizzarli: 1 1 1 1 √ ,√ i E(−2) = h √ , − √ i 2 2 2 2 La matrice P di cambiamento di base `e quindi la matrice ortogonale speciale # " E(4) = h
P =
√1 2 − √12
√1 2 √1 2
354
13. CONICHE
Se indichiamo con (x′ , y ′ ) le nuove coordinate abbiamo che 1 ′ x′ = √ · (x − y) x T x −1 x 2 ⇒ =P =P 1 y y y′ y ′ = √ · (x + y) 2 1 ′ x = √ · (x′ + y ′ ) x x 2 =P ′ ⇒ 1 y y y = √ · (−x′ + y ′ ) 2 Sostituendo ora le coordinate (x, y) nell’equazione otteniamo: 1 ′ 6 1 (x + y ′ )2 + (x′ + y ′ )(−x′ + y ′ ) + (−x′ + y ′ )2 + 2 2 2 1 1 2 ′ + √ (x + y ′ ) + √ (−x′ + y ′ ) + = 0 2 2 2 1 3 1 − 2(x′ )2 + 4(y ′ )2 + √ x′ + √ y ′ + = 0 2 2 2 – Traslazione Possiamo ora completare il quadrato: 3 1 1 − 2 (x′ )2 − √ x′ + 4 (y ′ )2 + √ y ′ + = 0 2 2 2 4 2 " 2 # 2 1 1 1 √ √ − 2 (x′ )2 − √ x′ + +2· + 2 2 4 2 4 2 " 2 # 2 3 1 3 3 ′ ′ 2 √ √ −4· + =0 4 (y ) + √ y + 2 4 2 8 2 8 2 2 2 1 3 9 ′ ′ −2 x − √ +4 y + √ + =0 32 4 2 8 2 Sostituiamo ora le nuove incognite 1 X = x′ − √ 4 2 3 Y = y + √ 8 2 ottenendo l’equazione 9 =0 − 2X 2 + 4Y 2 + 32 64 2 128 2 X − Y =1 9 9 Esercizio 13.3. Siano assegnate le seguenti coniche non degeneri f (x, y) = 0: (1) 9x2 + 4xy + 6y 2 − 10 = 0
1 (2) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y + = 0 2 √ 2 2 (3) 5x + 5y − 6xy + 16 2x + 38 = 0
(4) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
(5) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0 Per ognuna di esse: a) Determinare la matrice A della forma quadratica asociata alla conica. b) Determinare la matrice di rotazione R (ortogonale speciale) tale che RT AR = D, con D matrice diagonale. c) Stabilire se si tratta di un’iperbole, ellisse o parabola. d) Se si tratta di una conica a centro (ellisse o iperbole), determinarne il centro e gli assi.
2. SOLUZIONI
355
Soluzione: (1) Consideriamo l’equazione 9x2 + 4xy + 6y 2 = 10. a) La matrice associata alla forma quadratica `e 9 2 A= 2 6 b) Determiniamo gli autovalori e autovettori di A: 9−λ 2 pA (λ) = det = (9 − λ)(6 − λ) − 4 = λ2 − 15λ + 50 2 6−λ Quindi A ha due autovalori: λ1 = 10, λ2 = 5 Calcoliamo l’autospazio E(10) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 10I: −1 2 | 0 −1 2 | 0 ⇒ −x + 2y = 0 ⇒ II + 2I 0 0 | 0 2 −4 | 0 ( x = 2t ⇒ ⇒ E(10) = h(2, 1)i y=t Analogamente calcoliamo l’autospazio E(5) risolvendo il sistema omogeneo associato a A−5I: 4 2 | 0 1/2I 2 1 | 0 ⇒ ⇒ 2x + y = 0 2 1 | 0 2II − I 0 0 | 0 ( x=t ⇒ ⇒ E(5) = h(1, −2)i y = −2t La matrice di rotazione cercata `e la matrice ortogonale di determinante 1 che ha per colonne gli autovettori determinati normalizzati, quindi # " √2 √1 − 1 2 −1 5 = √15 R= √ √2 5 1 2 5 5 c) La matrice A ha due autovalori concordi (ovvero det(A) > 0), quindi si tratta di un’ellisse. d) Per determinare il centro risolviamo il sistema x x A· +h=0 ⇒ A· = −h y y dove h=
1/2 coeff. della x 1/2 coeff. della y
ovvero il sistema associato alla matrice 1 1/2II 1 3 | 0 9 2 | 0 ⇒ ⇒ II − 9I 0 9 2 | 0 I 2 6 | 0 ( x=0 ⇒ ⇒ C = (0, 0) y=0
3 −25
| |
0 0
Potevamo notare che il centro della conica `e (0, 0) osservando che nell’equazione mancano i termini x e y. Gli assi sono le rette passanti per il centro e di direzione gli autovettori di A, quindi ( x = 0 + 2t a1 : ⇒ x − 2y = 0 y =0+t ( x=0+t a2 : ⇒ 2x + y = 0 y = 0 − 2t
(2) Consideriamo l’equazione x2 + 6xy + y 2 + 2x + y +
1 =0 2
356
13. CONICHE
a) La matrice della forma quadratica associata alla conica `e: 1 3 A= 3 1 b) Determiniamo gli autovalori di A: 1−λ 3 pA (λ) = det = λ2 − 2λ − 8 3 1−λ Quindi A ha due autovalori: λ1 = 4 λ2 = −2 Calcoliamo l’autospazio −3 3 | 3 −3 | ( x=t ⇒ y=t
E(4) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 4I: 0 1/3I −1 1 | 0 ⇒ ⇒ −x + y = 0 0 II + I 0 0 | 0 ⇒ E(4) = h(1, 1)i
Analogamente calcoliamo l’autospazio E(−2) risolvendo il sistema omogeneo associato a A + 2I: 3 3 | 0 1/3I 1 1 | 0 ⇒ ⇒ x+y =0 3 3 | 0 II − I 0 0 | 0 ( x=t ⇒ ⇒ E(−2) = h(1, −1)i y = −t La matrice di rotazione cercata `e la matrice ortogonale di determinante 1 che ha per colonne gli autovettori determinati normalizzati, quindi # " √1 √1 − 1 1 −1 2 = √12 R= √ √1 2 1 1 2 2 c) La matrice A ha due autovalori discordi (ovvero det(A) < 0), quindi si tratta di un’iperbole. d) Poich`e si tratta di una conica a centro ne possiamo determinare il centro risolvendo il sistema x x = −h +h=0 ⇒ A· A· y y dove h=
1/2 coeff. della x 1/2 coeff. della y
ovvero il sistema associato alla matrice 1 3 | −1 1 3 | −1 1 3 | −1 ⇒ ⇒ II − 6I 0 −16 | 5 2II 6 2 | −1 3 1 | − 21 x = − 1 5 1 16 ⇒ ⇒ C = − ,− 5 16 16 y = − 16 Infine gli assi sono le rette passanti per il centro e di direzione parallela agli autovettori trovati: ( 1 x = − 16 +t ⇒ 4x − 4y − 1 = 0 a1 : 5 y = − 16 + t ( 1 +t x = − 16 a2 : ⇒ 8x + 8y + 3 = 0 5 y = − 16 − t √ (3) Consideriamo l’equazione 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0
2. SOLUZIONI
357
a) La matrice della forma quadratica associata alla conica `e: 5 −3 A= −3 5 Inoltre
h=
√ 1/2 coeff. della x 8 2 , = 1/2 coeff. della y 0
b) Determiniamo gli autovalori di A: 5−λ pA (λ) = det −3 Quindi A ha due autovalori:
k = 38
−3 = λ2 − 10λ + 16 5−λ λ1 = 8 λ2 = 2
Calcoliamo l’autospazio E(8) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 8I: −3 −3 | 0 1/3I −1 −1 | 0 ⇒ ⇒ −x − y = 0 −3 −3 | 0 II − I 0 0 | 0 ( x = −t ⇒ ⇒ E(8) = h(−1, 1)i y=t Analogamente calcoliamo l’autospazio E(2) risolvendo il sistema omogeneo associato a A−2I: 3 −3 | 0 1/3I 1 −1 | 0 ⇒ ⇒ x−y =0 −3 3 | 0 II + I 0 0 | 0 ( x=t ⇒ ⇒ E(2) = h(1, 1)i y=t La matrice di rotazione cercata `e la matrice ortogonale di determinante 1 che ha per colonne gli autovettori determinati normalizzati, quindi # " √1 √1 1 1 1 2 2 = R= √ − √12 √12 2 −1 1 c) La matrice A ha due autovalori concordi (ovvero det(A) > 0), quindi si tratta di un’ellisse. d) Determiniamo il centro risolvendo il sistema √ −3 5 | 0√ x II 5 −3 | −8 2 = −h ⇒ A· ⇒ y 5II + 3I 0 16 | −24 2 −3 5 | 0 √ x = − 5 2 5√ 3√ 2 ⇒ ⇒ C= − 2, − 2 y = − 3 √2 2 2 2 Infine ( √ √ x = − 25 2 − t √ ⇒ x+y+4 2=0 a1 : 3 y = −2 2 + t ( √ √ x = − 25 2 + t √ a2 : ⇒ x−y+ 2=0 3 y = −2 2 + t
(4) Consideriamo l’equazione 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0. a) La matrice della forma quadratica associata alla conica `e: 25 0 A= 0 −7 Inoltre
1/2 coeff. della x 0 h= = , 1/2 coeff. della y 24
k=7
358
13. CONICHE
b) Determiniamo gli autovalori di A: 25 − λ 0 pA (λ) = det = (25 − λ)(−7 − λ) 0 −7 − λ
Quindi A ha due autovalori: λ1 = 25, λ2 = −7. Calcoliamo l’autospazio E(25) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 25I: ( x=t 0 0 | 0 ⇒ −32y = 0 ⇒ ⇒ E(25) = h(1, 0)i 0 −32 | 0 y=0 Analogamente calcoliamo l’autospazio E(−7) risolvendo il sistema omogeneo associato a A + 7I: ( x=0 32 0 | 0 ⇒ 32x = 0 ⇒ ⇒ E(−7) = h(0, 1)i 0 0 | 0 y=t E’ chiaro che abbiamo eseguito calcoli sostanzialmente inutili. Infatti la ricerca degli autospazi corrisponde alla rotazione della conica. Il fatto che nell’equazione manchi il termine in xy, ovvero A `e diagonale, indica che non `e necessario effettuare la rotazione e che possiamo prendere come autovettori i vettori della base canonica (1, 0) e (0, 1). La matrice di rotazione cercata `e quindi la matrice identica 1 0 R= 0 1
c) La matrice A ha d) Determiniamo il 25 0 Infine
due autovalori discordi (ovvero det(A) < 0), quindi si tratta di un’iperbole. centro della conica risolvendo il sistema x = 0 24 0 | 0 ⇒ C = 0, ⇒ 24 −7 | −24 y = 7 7 a1 : a2 :
(
(
x=0+t y = 24 7 x=0 y = 24 7 +t
⇒ y=
24 7
⇒ x=0
(5) Consideriamo l’equazione x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0. a) La matrice della forma quadratica associata alla conica `e: 1 2 A= 2 4 Inoltre
h=
−3 , 0
k=1
b) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 1−λ 2 pA (λ) = det = λ(λ − 5) 2 4−λ Quindi A ha due autovalori:
λ1 = 0 λ2 = 5 Calcoliamo l’autospazio E(0) risolvendo il sistema omogeneo associato a A: 1 2 | 0 1 2 | 0 ⇒ x + 2y = 0 ⇒ ⇒ 0 0 | 0 II − 2I 2 4 | 0 ( x = −2t ⇒ ⇒ E(0) = h(−2, 1)i y=t
2. SOLUZIONI
359
Analogamente calcoliamo l’autospazio E(5) risolvendo il sistema omogeneo associato a A−I: −4 2 | 0 1/2I −2 1 | 0 ⇒ ⇒ ⇒ −2x + y = 0 2 −1 | 0 2II + I 0 0 | 0 ( x=t ⇒ ⇒ E(5) = h(1, 2)i y = 2t La matrice R di cambiamento di base (rotazione) `e quindi la matrice ortogonale speciale # " √2 √1 1 2 1 5 5 =√ R= − √15 √25 5 −1 2 c) La matrice A ha un autovalore nullo (ovvero det(A) = 0), quindi si tratta di una parabola. Esercizio 13.4. Siano assegnate le seguenti coniche non degeneri f (x, y) = 0: (1) 9x2 + 4xy + 6y 2 − 10 = 0
1 (2) x2 + 6xy + y 2 + 2x + y + = 0 2 √ 2 2 (3) 5x + 5y − 6xy + 16 2x + 38 = 0 (4) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
(5) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0 Per ognuna di esse: a) Determinare la matrice A della forma quadratica asociata alla conica. b) Stabilire se si tratta di un’iperbole, ellisse o parabola. c) Se si tratta di una conica a centro (ellisse o iperbole), determinarne il centro e gli assi. Se si tratta di una parabola, determinarne il vertice e l’asse. Soluzione: (1) Consideriamo l’equazione 9x2 + 4xy + 6y 2 = 10. a) La matrice associata alla conica sono 9 2 0 9 2 0 e A= associata alla forma quadratica A′ = 2 6 2 6 0 0 −10
Notiamo che I3 = det(A′ ) 6= 0, quindi la conica `e non degenere. b) Possiamo calcolare il determinante di A, oppure determinarne gli autovalori: I2 = det(A) = 50 > 0 Oppure:
⇒ si tratta di un’ellisse
9−λ 2 = (9 − λ)(6 − λ) − 4 = λ2 − 15λ + 50 pA (λ) = det 2 6−λ
Quindi A ha due autovalori concordi( λ1 = 10, λ2 = 5), I2 = 10 · 5 > 0 e si tratta di un’ellisse. c) Per determinare il centro risolviamo il sistema x x = −h +h=0 ⇒ A· A· y y dove
h=
1/2 coeff. della x 1/2 coeff. della y
ovvero il sistema associato alla matrice 1 1/2II 1 3 | 0 9 2 | 0 ⇒ ⇒ II − 9I 0 9 2 | 0 I 2 6 | 0 ( x=0 ⇒ ⇒ C = (0, 0) y=0
3 −25
| |
0 0
360
13. CONICHE
Potevamo notare che il centro della conica `e (0, 0) osservando che nell’equazione mancano i termini x e y che indicano la traslazione. Gli assi sono le rette passanti per il centro e di direzione gli autovettori di A. Dobbiamo quindi prima determinare gli autovettori: Calcoliamo l’autospazio E(10) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 10I: ( x = 2t −1 2 | 0 −1 2 | 0 ⇒ −x + 2y = 0 ⇒ ⇒ II + 2I 0 0 | 0 2 −4 | 0 y=t ⇒ E(10) = h(2, 1)i Analogamente calcoliamo l’autospazio E(5) risolvendo il sistema omogeneo associato a A−5I: ( x=t 1/2I 2 1 | 0 4 2 | 0 ⇒ 2x + y = 0 ⇒ ⇒ 2II − I 0 0 | 0 2 1 | 0 y = −2t ⇒ E(5) = h(1, −2)i
Infine: a1 : a2 :
(
(
x = 0 + 2t y =0+t
⇒ x − 2y = 0
x=0+t y = 0 − 2t
⇒ 2x + y = 0
(2) Consideriamo l’equazione x2 + 6xy + y 2 + 2x + y +
1 =0 2
a) Le matrici associate alla conica sono: 1 3 1 1 3 associata alla forma quadratica A′ = 3 1 21 e A = 3 1 1 12 21
Notiamo che I3 = det(A′ ) 6= 0, quindi si tratta di una conica non degenere. b) Possiamo calcolare il determinante di A, oppure determinarne gli autovalori: I2 = det(A) = −80 < 0
⇒ si tratta di un’iperbole
Oppure:
1−λ 3 pA (λ) = det = λ2 − 2λ − 8 3 1−λ Quindi A ha due autovalori discordi (λ1 = 4, λ2 = −2), I2 < 0 e si tratta di un’iperbole. c) Poich`e si tratta di una conica a centro ne possiamo determinare il centro risolvendo il sistema x x = −h +h=0 ⇒ A· A· y y ovvero il sistema associato alla matrice 1 3 | −1 1 3 1 3 | −1 ⇒ ⇒ II − 6I 0 −16 2II 6 2 | −1 3 1 | − 12 ( 1 x = − 16 5 1 , − ⇒ C = − ⇒ 5 16 16 y = − 16
| |
−1 5
Gli assi sono le rette passanti per il centro e di direzione parallela agli autovettori di A. Calcoliamo l’autospazio E(4) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 4I: ( x=t −3 3 | 0 1/3I −1 1 | 0 ⇒ ⇒ −x + y = 0 ⇒ 3 −3 | 0 II + I 0 0 | 0 y=t ⇒ E(4) = h(1, 1)i
2. SOLUZIONI
361
Analogamente calcoliamo l’autospazio E(−2) risolvendo il sistema omogeneo associato a A + 2I: ( x=t 3 3 | 0 1/3I 1 1 | 0 ⇒ ⇒ x+y =0 ⇒ 3 3 | 0 II − I 0 0 | 0 y = −t ⇒ E(−2) = h(1, −1)i
Infine gli assi sono le rette passanti per il centro e di direzione parallela agli autovettori trovati: ( 1 +t x = − 16 ⇒ 4x − 4y − 1 = 0 a1 : 5 y = − 16 + t ( 1 +t x = − 16 ⇒ 8x + 8y + 3 = 0 a2 : 5 y = − 16 − t √ (3) Consideriamo l’equazione 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0 a) Le matrici associate alla conica sono: √ √ 5 −3 8 2 5 −3 8 2 ′ 5 0 , h= e A= A = −3 √ −3 5 0 8 2 0 38
k = 38
Notiamo che I3 = det(A′ ) 6= 0, quindi si tratta di una conica non degenere. b) Calcoliamo gli autovalori di A: 5−λ −3 pA (λ) = det = λ2 − 10λ + 16 −3 5−λ Quindi A ha due autovalori concordi (λ1 = 8 e λ2 = 2), I2 = det(A) > 0 e si tratta di un’ellisse. c) Determiniamo il centro risolvendo il sistema √ −3 5 | 0√ x II 5 −3 | −8 2 A· = −h ⇒ ⇒ y 5II + 3I 0 16 | −24 2 −3 5 | 0 ( √ 5 x = −2 2 3√ 5√ √ 2, − 2 ⇒ C= − ⇒ 2 2 y = − 32 2 Per determinare gli assi calcoliamo gli autospazi. Calcoliamo l’autospazio E(8) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 8I: ( x = −t 1/3I −1 −1 | 0 −3 −3 | 0 ⇒ −x − y = 0 ⇒ ⇒ 0 | 0 II − I 0 −3 −3 | 0 y=t ⇒ E(8) = h(−1, 1)i Analogamente calcoliamo l’autospazio E(2) risolvendo il sistema omogeneo associato a A−2I: ( x=t 3 −3 | 0 1/3I 1 −1 | 0 ⇒ ⇒ x−y =0 ⇒ −3 3 | 0 II + I 0 0 | 0 y=t ⇒ E(2) = h(1, 1)i Infine gli assi sono le rette per il centro di direzione parallela agli autovettori: ( √ √ x = − 25 2 − t √ a1 : ⇒ x+y+4 2=0 3 y = −2 2 + t ( √ √ x = − 25 2 + t √ ⇒ x−y+ 2=0 a2 : 3 y = −2 2 + t
(4) Consideriamo l’equazione 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0.
362
13. CONICHE
a) Le matrici associate alla conica sono: 25 0 0 25 A′ = 0 −7 24 e A = 0 0 24 7
0 −7
h=
0 , 24
k=7
Notiamo che I3 = det(A′ ) 6= 0, quindi si tratta di una conica non degenere. b) Determiniamo gli autovalori di A: 25 − λ 0 pA (λ) = det = (25 − λ)(−7 − λ) 0 −7 − λ
Quindi A ha due autovalori discordi (λ1 = 25 e λ2 = −7), I2 < 0 e si tratta di un’iperbole. c) Determiniamo il centro della conica risolvendo il sistema ( x=0 24 25 0 | 0 ⇒ ⇒ C = 0, 0 −7 | −24 7 y = 24 7 Per determinare gli assi cerchiamo gli autovettori di A. Calcoliamo l’autospazio E(25) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 25I: ( x=t 0 0 | 0 ⇒ −32y = 0 ⇒ ⇒ E(25) = h(1, 0)i 0 −32 | 0 y=0 Analogamente calcoliamo l’autospazio E(−7) risolvendo il sistema omogeneo associato a A + 7I: ( x=0 32 0 | 0 ⇒ 32x = 0 ⇒ ⇒ E(−7) = h(0, 1)i 0 0 | 0 y=t E’ chiaro che abbiamo eseguito calcoli sostanzialmente inutili. Infatti la ricerca degli autospazi corrisponde alla rotazione della conica. Il fatto che nell’equazione manchi il termine in xy, ovvero A `e diagonale, indica che non `e necessario effettuare la rotazione e che possiamo prendere come autovettori i vettori della base canonica (1, 0) e (0, 1). Infine gli assi sono le rette per il centro parallele agli autovettori (in questo caso parallele agli assi cartesiani): ( x=0+t 24 a1 : ⇒ y= 24 7 y= 7 ( x=0 a2 : ⇒ x=0 y = 24 7 +t
(5) Consideriamo l’equazione x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0. a) Le matrici associate alla conica sono: 1 2 −3 1 2 −3 A′ = 2 4 0 e A = h= , 2 4 0 −3 0 1
k=1
Notiamo che I3 = det(A′ ) 6= 0, quindi si tratta di una conica non degenere. b) Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 1−λ 2 = λ(λ − 5) pA (λ) = det 2 4−λ
Quindi A ha autovalori: λ1 = 0 e λ2 = 5. Poich´e ha un autovalore nullo, I2 = 0 e si tratta di una parabola. c) Calcoliamo la direzione dell’asse ricordando che questo `e parallelo all’autovettore relativo all’autovalore nullo. Calcoliamo quindi l’autospazio E(0) risolvendo il sistema omogeneo associato a A: ( x = −2t 1 2 | 0 1 2 | 0 ⇒ ⇒ ⇒ x + 2y = 0 ⇒ II − 2I 2 4 | 0 0 0 | 0 y=t ⇒ E(0) = h(−2, 1)i
2. SOLUZIONI
363
Ora che abbiamo la direzione dell’asse dobbiamo determinarne un punto per potere scrivere l’equazione. Consideriamo una qualsiasi retta ortogonale all’asse, cio`e di direzione (1, 2): ( x = x0 + t ⇒ 2x − y = k per qualche k y = y0 + 2t Se una tale retta interseca la parabola in due punti D e E, allora il punto medio M del segmento DE sar`a un punto dell’asse. Senza tenere k variabile assegnamo a k un valore a caso, la cosa pi` u semplice `e porre k = 0. Se la retta trovata non interseca la parabola la cosa formalmente pi` u corretta sarebbe cambiare valore. In realt`a, pensando per un attimo di lavorare in C anzich´e in R possiamo comunque raggiungere il risultato, come vedremo tra poco. ( ( 2x − y = 0 y = 2x ⇒ 2 2 x + 4xy + 4y − 6x + 1 = 0 x2 + 8x2 + 16x2 − 6x + 1 = 0 ( y = 2x ⇒ 25x2 − 6x + 1 = 0 L’equazione di secondo grado ottenuta ha soluzioni in C, ma non in R: √ √ 3 ± −16 3 ± 9 − 25 = x1,2 = 25 25 A noi per` o interessa in realt`a il punto medio M (xM , yM ) del segmento DE e √ √ x1 + x2 1 3 + −16 3 − −16 xD + xE = = + xM = 2 2 2 25 25 √ √ 1 3 + −16 + 3 − −16 1 6 3 = · = · = 2 25 2 25 25 Quindi indipendentemente dal ∆, il valore di xM viene comunque reale (e corretto). In alternativa potevamo anche utilizzare le relazioni tra le radici e i coefficienti di una equazione di secondo grado. Infatti data l’equazione ax2 + bx + c = 0 sappiamo che b x1 + x2 = − . Quindi data l’equazione a 25x2 − 6x + 1 = 0 otteniamo
x1 + x2 3 6 xM = = 25 2 25 A questo punto possiamo calcolare yM , ricordando che M appartiene al segmento DE, cio`e alla retta y = 2x. ( 3 xM = 25 6 3 , ⇒ M= 6 25 25 yM = 2xM = 25 x1 + x2 =
Infine l’asse `e la retta per M parallela all’autovettore relativo a λ = 0, cio`e di direzione (−2, 1): ( 3 − 2t x = 25 3 ⇒ x + 2y = ⇒ 5x + 10y = 3 6 5 y = 25 + t Il vertice della parabola `e dato dall’intersezione dell’asse con la parabola stessa: x + 2y = 3 ⇒ 5 x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0 3 x = −2y + 5 2 ⇒ 3 3 3 2 −2y + + 4y − 6 −2y + +1=0 + 4y −2y + 5 5 5 ( ( 17 3 x = 75 x = −2y + 5 17 14 ⇒ V = ⇒ , 56 14 75 75 12y − 25 = 0 y = 75
364
13. CONICHE
Esercizio 13.5. Riconoscere che le seguenti coniche f (x, y) = 0 sono degeneri e determinare le equazioni delle rette che le formano. Se si tratta di una conica a centro determinarne il centro. (1) x2 + 2xy + y 2 + 3x + 3y = 0 (2) x2 + 9y 2 − 6xy + 2x − 6y + 1 = 0 (3) x2 + xy − 2y 2 + 3y − 1 = 0
Soluzione: (1) Consideriamo l’equazione x2 + 2xy + y 2 + 3x + 3y = 0 e le matrici A′ e A associate 3 1 1 32 1 1 , h = 23 , A= k=0 A′ = 1 1 32 1 1 3 3 2 0 2 2
Poich`e A′ ha due righe uguali si ha I3 = det(A′ ) = 0, quindi si tratta di una conica degenere. Inoltre I2 = det(A) = 0, quindi si tratta conica degenere non a centro. Per determinare esplicitamente l’equazione delle due rette si pu` o considerare l’equazione della conica come una equazione di secondo grado nell’incognita x e considerare la y come parametro: x2 + (2y + 3)x + (y 2 + 3y) = 0 Risolvendo tale equazione con la formula per le equazioni di secondo grado otteniamo: p √ −2y − 3 ± (2y + 3)2 − 4(y 2 + 3y) −2y − 3 ± 9 = x1,2 = 2 2 −2y − 3 ± 3 = 2 ⇒ x = −y oppure x = −y − 3
Si tratta quindi di due rette reali parallele: r1 : x + y = 0 r2 : x + y + 3 = 0 (2) Consideriamo l’equazione x2 + 9y 2 − 6xy + 2x − 6y + 1 = 0 e le matrici associate: 1 −3 1 1 −3 1 A= A′ = −3 9 −3 , h= −3 9 −3 1 −3 1
Notiamo che senza eseguire calcoli possiamo dedurre che I3 = det(A′ ) = 0 in quanto A′ ha due righe uguali, quindi si tratta di una conica degenere. Per determinare esplicitamente l’equazione della retta risolviamo l’equazione di secondo grado nell’incognita x con parametro y (o viceversa): x2 − 2(3y − 1)x + (9y 2 − 6y + 1) = 0 ⇒ p x1,2 = (3y − 1) ± (3y − 1)2 − (9y 2 − 6y + 1) = 3y − 1
Quindi si tratta della retta x − 3y + 1 = 0 (conica doppiamente degenere, infatti rg(A′ ) = 1). (3) Consideriamo l’equazione x2 + xy − 2y 2 + 3y − 1 = 0 e le matrici associate: 1 1 0 1 2 0 1 2 A= 1 A′ = 12 −2 32 , h= 3 −2 3 2 2 −1 0 2
Poich`e I3 = det(A′ ) = 0 si tratta di una conica degenere. Inoltre I2 = det(A) 6= 0 quindi si tratta di una conica degenere a centro. Per determinare esplicitamente l’equazione delle due rette si pu` o considerare l’equazione della conica come una equazione di secondo grado nell’incognita x e considerare la y come parametro (o viceversa): x2 + xy + (−2y 2 + 3y − 1) = 0
2. SOLUZIONI
365
Risolvendo tale equazione con la formula per le equazioni di secondo grado otteniamo: p p −y ± y 2 − 4(−2y 2 + 3y − 1) −y ± 9y 2 − 12y + 4 x1,2 = = 2 2 −y ± (3y − 2) = 2 ⇒ x=y−1 oppure x = −2y + 1 Si tratta quindi di due rette reali incidenti: r1 : x − y + 1 = 0
r2 : x + 2y − 1 = 0
Notiamo che le due rette si intersecano nel punto C − 31 , 32 che corrisponde al centro della conica. Il punto C lo possiamo anche ricavare, come nei casi di coniche a centro non degeneri, risolvendo il sistema A · [x y]T = −h.
Esercizio 13.6. Ridurre in forma canonica le seguenti coniche: √ a) 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0 b) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
c) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0
Soluzione: √ a) Consideriamo l’equazione 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0. La matrice associata `e √ 5 −3 8 2 con A = 5 −3 5 0 A′ = −3 √ −3 5 38 8 2 0
Di conseguenza: √ √ – I3 = det(A′ ) = 8 2(−40 2) + 38(25 − 9) = −640 + 608 = −32, e si tratta di una conica non degenere. – pA (λ) = (5 − λ)2 − 9 = λ2 − 10λ + 16. Quindi gli autovalori sono λ1 = 8 e λ2 = 2, concordi, e si tratta di un’ellisse. – Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo ax2 +by 2 ±1 = 0, cerchiamo quindi un’equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + t = 0 a cui `e associata la matrice
⇒
8x2 + 2y 2 + t = 0
0 0 2 0 0 t
8 B = 0 0
Sappiamo inoltre che I3 = det(A′ ) `e un invariante, quindi I3 = det(A′ ) = det(B). Risolviamo quindi l’equazione: −32 = 16t
⇒
t = −2
Infine possiamo ricavare la forma canonica: 8x2 + 2y 2 − 2 = 0
⇒
4x2 + y 2 − 1 = 0
b) Consideriamo l’equazione 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0. La matrice associata `e 25 0 0 25 0 A′ = 0 −7 24 con A = 0 −7 0 24 7
Di conseguenza: – I3 = det(A′ ) = 25 · (−49 − 242 ) = −25 · 625 6= 0, e si tratta di una conica non degenere.
366
13. CONICHE
– pA (λ) = (25 − λ)(−7 − λ). Quindi gli autovalori sono λ1 = 25 e λ2 = −7, disconcordi, e si tratta di un’iperbole. – Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo ax2 −by 2 −1 = 0, cerchiamo quindi un’equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + t = 0 a cui `e associata la matrice
⇒
25x2 − 7y 2 + t = 0
0 0 −7 0 0 t
25 B =0 0
Sappiamo inoltre che I3 = det(A′ ) `e un invariante, quindi det(A′ ) = det(B). Risolviamo quindi l’equazione: 625 −25 · 625 = −25 · 7t ⇒ t = 7 Infine possiamo ricavare la forma canonica: 625 7 2 49 2 7 49 2 25x2 − 7y 2 + =0 ⇒ x − y + 1 = 0 ⇒ − x2 + y −1=0 7 25 625 25 625 Per ottenere la forma canonica in questo caso dobbiamo effettuare la rotazione che manda x in y e y in −x:: 7 49 2 x − y2 − 1 = 0 625 25 c) Consideriamo l’equazione x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0. La matrice associata `e 1 2 −3 1 2 A′ = 2 4 0 con A = 2 4 −3 0 1
Di conseguenza: – I3 = det(A′ ) = −3 · 12 = −36 6= 0, e si tratta di una conica non degenere. – pA (λ) = (1 − λ)(4 − λ) − 4 = λ2 − 5λ. Quindi gli autovalori sono λ1 = 0 e λ2 = 5, e si tratta di una parabola. – Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo x2 − 2py = 0, cerchiamo quindi un’equazione del tipo λ2 x2 + 2ty = 0 a cui `e associata la matrice
⇒
5 B = 0 0
5x2 + 2ty = 0 0 0 0 t t 0
Sappiamo inoltre che I3 = det(A′ ) `e un invariante, quindi det(A′ ) = det(B). Risolviamo quindi l’equazione: 6 36 ⇒ t = −√ −36 = −5t2 ⇒ t2 = 5 5 Infine possiamo ricavare la forma canonica: 6 y=0 ⇒ 5x2 + 2 · − √ 5
12 x2 − √ y = 0 5 5
Esercizio 13.7. Ridurre in forma canonica le seguenti coniche e determinare il cambiamento di coordinate necessario per passare da una forma all’altra: √ a) 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0 b) 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0
c) x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0
2. SOLUZIONI
367
Soluzione: √ a) Consideriamo l’equazione 5x2 + 5y 2 − 6xy + 16 2x + 38 = 0. Le matrici associate alla conica sono: √ √ 5 −3 8 2 5 −3 8 2 ′ 5 0 A = −3 , A= , h= , k = 38 √ −3 5 0 38 8 2 0 Poich´e I3 = det(A′ ) 6= 0 `e una conica non degenere. Determiniamo gli autovalori di A: 5−λ −3 = λ2 − 10λ + 16 pA (λ) = det −3 5−λ
Quindi A ha due autovalori concordi λ1 = 8 canonica ha associata la matrice 8 B = 0 0
e λ2 = 2, I2 > 0 e si tratta di un’ellisse la cui forma 0 0 2 0 0 t
Imponendo la condizione sull’invariante I3 = det(A′ ) = det(B) otteniamo l’equazione: −32 = 16t
Infine la forma canonica cercata `e:
8X 2 + 2Y 2 − 2 = 0
⇒ ⇒
t = −2 4X 2 + Y 2 − 1 = 0
Per determinare le trasformazioni per passare da una forma all’altra dobbiamo determinare il centro della conica, che indica la traslazione, e la matrice di rotazione R. Determiniamo il centro risolvendo il sistema √ −3 5 | 0√ x II 5 −3 | −8 2 A· = −h ⇒ ⇒ y 5II + 3I 0 16 | −24 2 −3 5 | 0 ( √ 5 x = −2 2 3√ 5√ √ 2, − 2 ⇒ C = − ⇒ 2 2 y = − 32 2 Per determinare la matrice di rotazione dobbiamo trovare gli autovettori di A. Calcoliamo l’autospazio E(8) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 8I: ( x = −t 1/3I −1 −1 | 0 −3 −3 | 0 ⇒ −x − y = 0 ⇒ ⇒ 0 | 0 II − I 0 −3 −3 | 0 y=t ⇒ E(8) = h(−1, 1)i = h(1, −1)i Analogamente calcoliamo l’autospazio E(2) risolvendo il sistema omogeneo associato a A−2I: ( x=t 3 −3 | 0 1/3I 1 −1 | 0 ⇒ ⇒ x−y =0 ⇒ −3 3 | 0 II + I 0 0 | 0 y=t ⇒ E(2) = h(1, 1)i
La matrice di rotazione cercata `e la matrice ortogonale di determinante 1 che ha per colonne gli autovettori determinati normalizzati, quindi 1 1 1 −1 1 1 T R= √ ⇒ R =√ 2 −1 1 2 1 1 Infine le trasformazioni sono x − x0 x X X x = RT + 0 e =R y − y0 Y y0 Y y
dove (x0 , y0 ) `e il centro C della conica. Quindi √ # 5 √ " √1 (X + Y ) − 52 2 1 − 2 √2 x 1 1 X 2 √ =√ + = 1 √ (−X + Y ) − 3 2 y − 32 2 2 −1 1 Y 2 2
e la sua inversa
√ # √ " 1 √ (x − y) + 5 2 1 1 −1 x + 25 2 X 2 2 √ = 1 √ =√ √ (x + y) + 3 2 Y y + 23 2 2 1 1 2 2
368
13. CONICHE
Notiamo che utilizzando il primo cambio di variabile, quello da (x, y) a (X, Y ), nell’equazione iniziale si ottiene effettivamente la forma canonica che abbiamo determinato utilizzando gli invarianti. b) Consideriamo l’equazione 25x2 − 7y 2 + 48y + 7 = 0. Le matrici associate alla conica sono 25 0 0 25 0 ′ , A = 0 −7 24 , A = 0 −7 0 24 7
0 , h= 24
k=7
I3 = det(A′ ) 6= 0, quindi `e una conica non degenere. Determiniamo gli autovalori di A: 25 − λ 0 pA (λ) = det = (25 − λ)(−7 − λ) 0 −7 − λ
Quindi A ha due autovalori discordi: λ = 25 e λ forma canonica ha associata la matrice −7 0 B = 0 25 0 0
= −7, I2 < 0 e si tratta di un’iperbole la cui
0 0 t
625 , per cui la Imponendo la condizione sull’invariante I3 = det(A′ ) = det(B) otteniamo t = 7 forma canonica cercata `e: 49 2 7 625 =0 ⇒ X − Y2−1=0 −7X 2 + 25Y 2 + 7 625 25 Per determinare le trasformazioni per passare da una forma all’altra dobbiamo determinare il centro della conica, che indica la traslazione, e la matrice di rotazione R. Determiniamo il centro della conica risolvendo il sistema A| − h: x = 0 24 25 0 | 0 ⇒ ⇒ C = 0, 24 0 −7 | −24 y = 7 7 Calcoliamo l’autospazio E(−7) risolvendo il sistema omogeneo associato a A + 7I: ( x=0 32 0 | 0 ⇒ ⇒ E(−7) = h(0, 1)i = h(0, −1)i 0 0 | 0 y=t 25I:
Analogamente calcoliamo l’autospazio E(25) risolvendo il sistema omogeneo associato a A −
0 0 0 −18
| |
( x=t 0 ⇒ 0 y=0
⇒ E(25) = h(1, 0)i
La matrice di rotazione cercata `e la matrice ortogonale di determinante 1 che ha per colonne gli autovettori determinati normalizzati, quindi 0 −1 0 1 ⇒ RT = R= 1 0 −1 0
Notiamo che in effetti abbiamo solo effettuato la rotazione che scambia x e y in quando la conica di partenza non presentava il termine xy, quindi era gi` a ruotata con gli assi paralleli agli assi cartesiani. Infine le trasformazioni sono 0 Y x 0 1 X = + 24 = y −1 0 Y −X + 24 7 7
e la sua inversa
0 X = 1 Y
x −1 −y + = 0 y − 24 x 7
24 7
Notiamo che utilizzando il primo cambio di variabile, quello da (x, y) a (X, Y ) nell’equazione iniziale si ottiene effettivamente la forma canonica che abbiamo determinato utilizzando gli invarianti.
2. SOLUZIONI
c) Consideriamo l’equazione 1 2 A′ = 2 4 −3 0
369
x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0. Le matrici associate alla conica sono: −3 1 2 −3 0 , A= , h= , k=1 2 4 0 1
Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 1−λ 2 λ(λ − 5) pA (λ) = det 2 4−λ
Quindi A ha due autovalori λ1 = 5 e λ2 = 0, I2 = 0 e si tratta di una parabola. Calcoliamo l’autospazio E(5) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − I: ( x=t −2 1 | 0 1/2I −4 2 | 0 ⇒ −2x + y = 0 ⇒ ⇒ ⇒ 0 0 | 0 2II + I 2 −1 | 0 y = 2t ⇒ E(5) = h(1, 2)i Analogamente calcoliamo l’autospazio E(0) risolvendo il sistema omogeneo associato a A: ( x = −2t 1 2 | 0 1 2 | 0 ⇒ ⇒ ⇒ x + 2y = 0 ⇒ II − 2I 2 4 | 0 0 0 | 0 y=t ⇒ E(0) = h(−2, 1)i Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo x2 − 2py = 0, cerchiamo quindi un’equazione del tipo λ2 x2 + 2ty = 0 a cui `e associata la matrice
⇒
5 B = 0 0
5x2 + 2ty = 0 0 0 0 t t 0
Sfruttando l’invariante I3 per cui det(A′ ) = det(B) otteniamo t = − √65 Infine possiamo la forma canonica cercata `e: 6 12 2 5x + 2 · − √ y = 0 ⇒ x2 − √ y = 0 5 5 5 Dagli autovettori ricaviamo inoltre la matrice ortogonale speciale R di cambiamento di base: 1 1 1 −2 1 2 T √ √ ⇒ R = R= 5 2 1 5 −2 1 Per determinare la traslazione dobbiamo trovare il vertice, dato dal punto di intersezione tra l’asse e la parabola. Sappiamo che l’asse `e parallelo all’autovettore relativo all’autovalore nullo e che E(0) = (−2, 1). Consideriamo una qualsiasi retta ortogonale all’asse, cio`e di direzione (1, 2): ( x = x0 + t ⇒ 2x − y = k per qualche k y = y0 + 2t Se una tale retta interseca la parabola in due punti D e E, allora il punto medio M del segmento DE sar` a un punto dell’asse. Senza tenere k variabile assegnamo a k un valore a caso, la cosa pi` u semplice `e porre k = 0. Se la retta trovata non interseca la parabola la cosa formalmente pi` u corretta sarebbe cambiare valore. In ralt`a, pensando per un attimo di lavorare in C anzich´e in R possiamo comunque raggiungere il risultato, come vedremo tra poco. ( ( 2x − y = 0 y = 2x ⇒ 2 2 x + 4xy + 4y − 6x + 1 = 0 x2 + 8x2 + 16x2 − 6x + 1 = 0 ( y = 2x ⇒ 25x2 − 6x + 1 = 0 Dalle relazione tra i coefficienti e le soluzioni di una equazione di secondo grado otteniamo xM =
1 −b 1 6 3 x1 + x2 = · = · = 2 2 a 2 25 25
370
13. CONICHE
A questo punto possiamo calcolare yM , ricordando che M appartiene al segmento DE, cio`e alla retta y = 2x. ( 3 xM = 25 3 6 ⇒ M= , 6 25 25 yM = 2xM = 25 Infine l’asse `e la retta per M parallela all’autovettore relativo a λ = 0, cio`e di direzione (−2, 1): ( 3 x = 25 − 2t 3 ⇒ x + 2y = ⇒ 5x + 10y = 3 6 5 y = 25 + t Il vertice della parabola `e dato dall’intersezione dell’asse con la parabola stessa: x + 2y = 3 ⇒ 5 x2 + 4xy + 4y 2 − 6x + 1 = 0 3 x = −2y + 5 2 ⇒ 3 3 3 2 + 4y − 6 −2y + +1=0 + 4y −2y + −2y + 5 5 5 ( ( 3 17 x = −2y + 5 x = 75 17 14 , ⇒ V = ⇒ 56 14 75 75 12y − 25 = 0 y = 75 Infine le trasformazioni cercate sono 17 " √1 (X − 2Y ) + 1 1 −2 X x 5 + 75 =√ 14 = √1 Y 2 1 y (2X + Y ) + 5 75 5 e la sua inversa 1 1 X √ = −2 Y 5
2 x− 1 y−
17 75 14 75
=
"
17 75 14 75
#
#
√1 x + 2y − 53 5 4 1 √ −2x + y + 15 5
In realt`a con la parabola ci pu` o essere un problema: effettuando il cambio di variabile indicato non otteniamo l’equazione canonica determinata. Questo `e dovuto al fatto che in realt`a la rotazione corretta `e: 1 −1 −2 1 −1 2 T ⇒ R =√ R= √ 5 −2 −1 5 2 −1 data dalla composizione della rotazione R precedentemente trovata con la rotazione −1 0 0 −1 che manda X in −X e Y in −Y . Infatti la scelta della matrice di rotazione (ortogonale speciale) `e sempre a meno del segno. La trasformazione corretta che permette di passare dall’equazione iniziale alla forma canonica `e: # 17 " √1 17 (−X + 2Y ) + 1 −1 2 X x 75 5 + 75 =√ 14 14 = √1 y (−2X − Y ) + 75 5 −2 −1 Y 75 5 Esercizio 13.8. Sia C la conica di equazione C : 2xy − x − 3y = k (1) Stabilire per quali valori di k la conica C `e degenere. (2) Posto k = 0, stabilire di quale tipo di conica si tratti. (3) Trovare gli assi (o l’asse) di simmetria di C. Soluzione:
2. SOLUZIONI
La matrice A′ associata alla conica `e
0 A′ = 1 − 12
371
− 21 − 32 −k
1 0 − 32
(1) Per stabilire se la conica `e degenere calcoliamo il determinante di A′ : 1 3 3 3 − − =k+ I3 = det(A′ ) = − −k − 4 2 2 2 3 Quindi C `e degenere se k = − . 2 (2) Posto k = 0 calcoliamo il determinante della sottomatrice A 0 1 I2 = det(A) = det = −1 < 0 1 0 Si tratta quindi di un’iperbole.
(3) Per determinare il centro di C risolviamo ( x= 0 1 | 12 ⇒ 1 0 | 32 y=
3 2 1 2
⇒ C=
3 1 , 2 2
Per determinare gli assi dobbiamo inoltre individuare la rotazione da effettuare per passare alla forma canonica. Calcoliamo quindi gli autospazi di A. pA (λ) = λ2 − 1
Quindi A ha due autovalori distinti: λ = ±1. Inoltre E(1) = h (1, 1) i
E(−1) = h (−1, 1) i
I due autovettori indicano le direzioni degli assi della conica, quindi gli assi sono le due rette passanti per il centro C della conica e parallele a tali vettori: ( x = 23 + t a1 : ∀t ∈ R y = 21 + t ( x = 23 − t ∀t ∈ R a2 : y = 21 + t Ricavando le equazioni in forma cartesiana otteniamo: a1 : x − y = 1 a2 : x + y = 2 Esercizio 13.9. Sia k un parametro reale. Si consideri la famiglia di coniche Ck di equazione Ck : 2kx2 + 2(k − 2)xy − 4y 2 + 2x = 1.
a) Esistono coniche degeneri nella famiglia? b) Si classifichi la conica Ck al variare di k. c) Si determinino le coordinate dei centri delle coniche Ck (quando esistono). Soluzione: Consideriamo le matrici associate a C: 2k k−2 1 0 A′ = k − 2 −4 1 0 −1
A=
2k k−2
k−2 −4
a) I3 = det(A′ ) = k 2 + 4k + 8 6= 0 per ogni valore di k, quindi non esistono coniche degeneri nella famiglia. b) I2 = det(A) = −(k + 2)2 , quindi – Se k = −2, I2 = det(A) = 0 e C−2 `e una parabola. – Se k 6= −2, I2 = det(A) < 0 e Ck `e una iperbole.
372
13. CONICHE
c) Calcoliamo il centro Ck delle coniche Ck nel caso k 6= −2: 2k k − 2 | −1 k − 2 −4 | 0 Scambiando prima e seconda riga e prima e seconda colonna otteniamo: −4 k−2 | 0 −4 k − 2 | 0 ⇒ ⇒ 4II + (k − 2)I 0 (k + 2)2 | −4 k−2 2k | −1 4 ( x = − −4y + (k − 2)x = 0 (k + 2)2 ⇒ k−2 (k + 2)2 x = −4 y = − (k + 2)2
Esercizio 13.10. Sia Ck la conica di equazione Ck :
x2 + (k − 2)xy + y 2 − 4 = 0
(k parametro reale)
a) Al variare di k ∈ R, riconoscere di quale tipo di conica si tratti. b) Trovare le coniche degeneri della famiglia. c) Mostrare che ci sono due rette che sono assi di simmetria di ogni conica della famiglia. Soluzione: Consideriamo le matrici A′ e A associate alla conica: 1 A′ = k−2 2 0
k−2 2
1 0
a) Cominciamo a distinguere il caso degenere: ′
det(A ) = −4 1 − quindi det(A′ ) = 0 se
k−2 2
2
0 0 −4 k−2 2
2 !
= 1, cio`e
k−2 = 1 ⇒ k − 2 = 2 ⇒ k1 = 4 2 k−2 = −1 ⇒ k − 2 = −2 ⇒ k2 = 0 2 Infine la conica `e non degenere se k 6= 4 e k 6= 0. Inoltre: 2 −k 2 + 4k k−2 = det(A) = 1 − 2 4 Quindi – Se 0 < k < 4, si ha det(A) > 0 e C `e un’ellisse. – Se k < 0 o k > 4, si ha det(A) < 0 e C `e un’iperbole. – Se k = 0 o k = 4 si tratta di una parabola degenere. b) Abbiamo gi` a visto che la conica `e degenere se k = 0 o k = 4, inoltre: – Se k = 0, C diventa x2 − 2xy + y 2 − 4 = 0. Anche senza risolvere l’equazione con l’uso della formula otteniamo: (x − y)2 = 4 ⇒ x − y = ±2 Quindi in questo caso la conica corrisponde alla coppia di rette parallele: r1 : x − y = 2,
r2 : x − y = −2
– Se k = 4, C diventa x2 + 2xy + y 2 − 4 = 0 e in maniera del tutto analoga otteniamo: (x + y)2 = 4 ⇒ x + y = ±2
e la conica corrisponde alla coppia di rette parallele: r1 : x + y = 2,
r2 : x + y = −2
2. SOLUZIONI
373
c) Calcoliamo il centro delle coniche limitandoci a considerare k 6= 0, 4, in quanto in questi casi abbiamo gi` a visto che si tratta di una coppia di rette parallele (e quindi prive di centro). Notiamo inoltre che nell’equazione non compaiono i termini lineari, quindi il centro si trova gi` a nell’origine: C = (0, 0). Per trovare gli assi delle coniche calcoliamo gli autovalori di A: 2 k−1 2 pA (λ) = (1 − λ) − 2 Quindi pA (λ) = 0 se 1 − λ = ±
k−1 e gli autovalori sono 2 k 2 −k + 4 λ2 = 2
λ1 =
Calcoliamo l’autospazio E 2−k 2 k−2 2
k 2
k−2 2 2−k 2
k
| |
2−k 0 2 ⇒ II + I 0 0
k−2 2
0
| |
0 0
Quindi se k 6= 2 si ha E 2 = h(1, 1)i. Tratteremo il caso k = 2 successivamente separatamente. Analogamente calcoliamo E −k+4 : 2 k−2 k−2 k−2 k−2 | 0 | 0 2 2 2 2 ⇒ k−2 k−2 II − I 0 0 | 0 | 0 2 2 Quindi, sempre supponendo k 6= 2, si ha E −k+4 = h(1, 1)i. 2 Infine per k 6= 0, 4, 2 gli assi delle coniche sono le rette ( x=t a1 : ⇒x+y =0 y = −t ( x=t a2 : ⇒x−y =0 y=t Notiamo che tali rette sono assi di simmetria anche per le coppie di rette che costituiscono la conica nei casi degeneri. Infine se k = 2 la conica `e la circonferenza x2 + y 2 = 4 centrata nell’origine che ha come assi di simmetria qualsiasi retta per l’origine. In particolare quindi anche a1 e a2 sono suoi assi di simmetria. Esercizio 13.11. Sia Ck la conica di equazione Ck :
x2 + kxy + y 2 − 4 = 0
(k parametro reale)
a) Al variare di k ∈ R, riconoscere di quale tipo di conica si tratti. b) Trovare le coniche degeneri della famiglia. c) Mostrare che tutte le ellissi appartenenti alla famiglia sono reali. Soluzione: Consideriamo le matrici A′ e A associate alla conica: 1 k2 0 A′ = k2 1 0 0 0 −4 a) Cominciamo a distinguere il caso degenere:
2 ! k I3 = det(A ) = −4 1 − 2 ′
374
13. CONICHE
2 k = 1, cio`e quindi det(A ) = 0 se 2 ′
k =1 ⇒ k=2 2 k = −1 ⇒ k = −2 2 Infine la conica `e non degenere se k 6= ±2. Inoltre: 2 −k 2 + 4 k = I2 = det(A) = 1 − 2 4 Quindi – Se −2 < k < 2, si ha I2 = det(A) > 0 e C `e un’ellisse. – Se k < −2 o k > 2, si ha I2 = det(A) < 0 e C `e un’iperbole. – Se k = ±2 si tratta di una parabola degenere. b) Abbiamo gi` a visto che la conica `e degenere se k = ±2, inoltre: – Se k = −2, C diventa x2 − 2xy + y 2 − 4 = 0. Anche senza utilizzare la formula per risolvere l’equazione otteniamo: (x − y)2 = 4 ⇒ x − y = ±2 Quindi in questo caso la conica corrisponde alla coppia di rette parallele: r1 : x − y = 2,
r2 : x − y = −2
– Se k = 2, C diventa x2 + 2xy + y 2 − 4 = 0 e in maniera del tutto analoga otteniamo: (x + y)2 = 4 ⇒ x + y = ±2 e la conica corrisponde alla coppia di rette parallele: r1 : x + y = 2,
r2 : x + y = −2
c) Abbiamo visto che C `e un’ellisse se −2 < k < 2. Inoltre se per esempio x = 0 dall’equazione di C otteniamo y = ±2, quindi i punti A(0, 2) e B(0, −2) appartengono ad ogni conica. Se una conica (non degenere) contiene un punto reale `e necessariamente tutta reale. Quindi in particolare tutte le ellissi sono reali. Esercizio 13.12. Fissato il parametro reale t, sia Ct la conica di equazione Ct : (2t − 1)x2 + 6txy + ty 2 + 2x = 0 a) Stabilire se esistono valori di t per cui la conica `e degenere. b) Determinare il tipo di conica al variare del parametro t. 1 c) Scrivere la forma canonica di Ct per t = . 3 Soluzione: La matrice A′ associata alla conica `e
2t − 1 A′ = 3t 1
3t t 0
1 0 0
a) det(A′ ) = −t, quindi la conica `e degenere per t = 0 b) det(A) = −7t2 − t, quindi: 1 – Se t < − o t > 0, det(A) < 0 e si tratta di un’iperbole. 7 1 – Se − < t < 0, det(A) > 0 e si tratta di un’ellisse. 7 1 – Se t = − , det(A) = 0 e si tratta di una parabola. 7 – Se t = 0 otteniamo l’equazione −x2 + 2x = 0, quindi si tratta di una coppia di rette parallele (infatti det(A) = 0): x = 0 e x = 2.
2. SOLUZIONI
375
1 c) Calcoliamo gli autovalori di A per t = : 3 1 10 1 −3 − λ = λ2 − pA (λ) = det 1 1 9 3 −λ √ 10 Quindi gli autovalori di A sono λ = ± , discordi infatti si tratta di un’iperbole. La conica ha 3 quindi equazione del tipo √ 10 √ √ 0 0 √ 10 2 10 2 3 10 x − y +k =0 ⇒ B = 0 − 0 3 3 3 0 0 k 10 1 3 1 . Quindi Imponendo la condizione I3 = det(B) = det(A) = otteniamo − k = − , cio`e k = 3 9 3 10 l’equazione di C 13 `e √ √ √ √ 10 2 10 2 3 10 10 2 10 10 2 x − y + =0 ⇒ − x + y −1=0 3 3 10 9 9 Effettuando infine la rotazione che manda x in y e y in −x otteniamo la forma canonica √ √ 10 10 2 10 10 2 x − y −1=0 C 13 : 9 9
Esercizio 13.13. Fissato il parametro reale t, sia Ct la conica di equazione Ct : tx2 + 2xy + (t + 2)y 2 − 2y = 0
a) Stabilire se esistono valori di t per cui la conica `e degenere. b) Determinare il tipo di conica al variare del parametro t. c) Scrivere la forma canonica di Ct per t = −1. Soluzione: La matrice A′ associata alla conica `e
t A′ = 1 0
1 t+2 −1
0 −1 0
a) det(A′ ) = −t, quindi la conica `e degenere per t = 0 b) det(A) = t2 + 2t − √ √1, quindi: – Se t < −1√− 2 o t > −1√+ 2, det(A) > 0 e si tratta di un’ellisse. – Se −1 − 2 < √ t < −1 + 2 con t 6= 0, det(A) < 0 e si tratta di un’iperbole. – Se t = −1 ± 2, det(A) = 0 e si tratta di una parabola. – Se t = 0 otteniamo l’equazione 2xy + 2y 2 − 2y = 0, quindi si tratta di una coppia di rette incidenti (infatti det(A) 6= 0): y = 0 e x + y − 1 = 0. c) Calcoliamo gli autovalori di A per t = −1: −1 − λ 1 = λ2 − 2 pA (λ) = det 1 1−λ √ Quindi gli autovalori di A sono λ = ± 2, discordi infatti si tratta di un’iperbole. La conica ha quindi equazione del tipo √ 2 0 0 √ 2 √ 2 √ 2x − 2y + k = 0 ⇒ B = 0 − 2 0 0 0 k Imponendo la condizione I3 = det(B) = det(A) = 1 otteniamo −2k = 1, quindi l’equazione di C−1 `e √ 2 √ 2 1 √ √ 2x − 2y − = 0 ⇒ C−1 : 2 2x2 − 2 2y 2 − 1 = 0 2
376
13. CONICHE
Esercizio 13.14. Si consideri la matrice
1 0 A = 0 1 0 2
0 2 1
a) Calcolare autovalori e autovettori di A. b) Calcolare una matrice diagonalizzante di A, che sia ortogonale e rappresenti una rotazione dello spazio attorno all’origine. c) Scrivere la forma canonica della conica C con matrice associata A Soluzione: a) Il polinomio caratteristico di A `e pA (λ) = (1 − λ)[(1 − λ)2 − 4] = (1 − λ)(λ2 − 2λ − 3) quindi gli autovalori di A sono λ = −1, 1, 3. Calcoliamo gli autospazi: 0 0 0 x = t E(1) = N (M − I) : 0 0 2 ⇒ y = 0 ⇒ E(1) = h(1, 0, 0)i 0 2 0 z=0 −2 0 0 x = 0 E(3) = N (M − 3I) : 0 −2 2 ⇒ y = t ⇒ E(3) = h(0, 1, 1)i 0 2 −2 z=t 2 0 0 x = 0 E(−1) = N (M + I) : 0 2 2 ⇒ y = −t ⇒ E(−1) = h(0, −1, 1)i 0 2 2 z=t
b) Gli autovettori trovati, essendo relativi a autovalori distinti, sono gi` a ortogonali tra loro. E’ quindi sufficiente renderli di norma 1 per ottenere la matrice diagonalizzante ortogonale di rotazione: 1 0 0 1 1 R = 0 √ 2 − √ 2 √1 0 √12 2
c) det(A) = −3, quindi si tratta di una conica non degenere. Inoltre l’autovalore della matrice 1 0 associata alla forma quadratica `e λ = 1 doppio. Si tratta quindi di un’ellisse e cerchiamo 0 1 un’equazione del tipo x2 + y 2 + t = 0 a cui `e associata la matrice 1 0 0 B = 0 1 0 0 0 t
Imponendo la condizione det(A) = det(B) otteniamo t = −3. Infine la forma canonica della conica (ellisse reale) `e x2 + y 2 − 3 = 0
⇒
1 2 1 2 x + y −1=0 3 3
Notiamo che si tratta in realt`a di una circonferenza centrata nell’origine e di raggio
√ 3.
Esercizio 13.15. Si consideri la conica di equazione 2x2 + 4xy + 5y 2 + 2x − 2y + 1 = 0 a) Si determini il tipo di conica. b) Si trovi l’eventuale centro della conica. c) Si trovino gli assi di simmetria e la forma canonica della conica. Soluzione:
2. SOLUZIONI
a) La matrice associata alla conica `e 2 2 A′ = 2 5 1 −1
1 −1 1
377
⇒ det(A) = −5 6= 0
e si tratta di una conica non degenere. Inoltre 2 2 det(A) = det = 6 6= 0 2 5 quindi si tratta di una conica a centro. Per stabilire se si tratta di un’ellisse o un’iperbole calcoliamo gli autovalori di A: pA (λ) = (2 − λ)(5 − λ) − 4 = λ2 − 7λ + 6
quindi gli autovalori di A sono λ = 1, 6. Poich´e gli autovalori sono concordi si tratta di un’ellisse. b) Per trovare il centro risolviamo il sistema A| − h: ( ( 2x + 2y = −1 x = − 67 7 2 2 2 | −1 2 2 | −1 ⇒ ⇒ ⇒ ⇒ C − , II − I 0 3 | 2 2 5 | 1 6 3 y = 32 3y = 2 c) Calcoliamo gli autospazi di A:
( x = −2t 1 2 E(1) = N (A − I) : ⇒ ⇒ E(1) = h(−2, 1)i 2 4 y=t ( x=t −4 2 ⇒ ⇒ E(6) = h(1, 2)i E(6) = N (A − 6I) : 2 −1 y = 2t
Gli assi sono le rette passanti per il centro, di direzione parallela agli autovettori trovati: ( x = − 67 − 2t 1 ⇒ x + 2y = a1 : 6 y = 32 + t ( x = − 67 + t a2 : ⇒ 2x − y = −3 y = 32 + 2t Inoltre si tratta di un’ellisse con autovalori λ = 1, 6. La forma canonica cercata `e quindi del tipo x2 + 6y 2 + t = 0, a cui `e associata la matrice 1 0 0 B = 0 6 0 0 0 t
Imponendo la condizione det(A) = det(B) otteniamo t = − 56 . Infine la forma canonica della conica (ellisse reale) `e x2 + 6y 2 −
5 =0 6
⇒
6 2 36 2 x + y −1=0 5 5
Esercizio 13.16. Sia C la conica di equazione
C : 3x2 + 14xy − 5y 2 − 10x + 14y = 0
a) Stabilire il tipo di conica. b) Nel caso sia una conica a centro, trovare le coordinate del centro. c) Trovare equazioni degli eventuali asintoti della conica. Soluzione: a) Le matrici A′ e A associate alla conica sono: 3 7 −5 A′ = 7 −5 7 −5 7 0
3 7 A= 7 −5
La matrice A′ ha determinante non nullo, quindi si tratta di una conica non degenere; inoltre det(A) = −64 < 0, quindi si tratta di un’iperbole.
378
13. CONICHE
b) Per trovare il centro risolviamo il sistema Ax = −h: ( x = − 83 5 7 | 5 3 7 | 5 ⇒ ⇒ 3II − 7I 0 −64 | −56 7 −5 | −7 y=7
⇒ C=
8
3 7 − , 8 8
c) Gli asintoti sono rette passanti per il centro, di direzione parallela ai punti all’infinito della conica. L’equazione della conica in coordinate omogenee `e 3X 2 + 14XY − 5Y 2 − 10XZ + 14Y Z = 0. Ponendo Z = 0 otteniamo l’equazione 3X 2 + 14XY − 5Y 2 = 0 le cui soluzioni sono X −7 ± 8 = Y 3 cio`e le due rette x + 5y = 0 e 3x − y = 0. Infine gli asintoti (passanti per il centro) sono le rette a1 : x + 5y − 4 = 0
a2 : 3x − y + 2 = 0
Esercizio 13.17. Sia C la conica di equazione
x2 + 4xy + 4y 2 + 4y = 0.
a) Si determini il tipo di conica. b) Si trovi la forma canonica della conica. c) Si trovino gli eventuali assi di simmetria della conica. Soluzione: a) Le matrici associate alla conica sono: 1 2 0 A′ = 2 4 2 e 0 2 0
A=
1 2 2 4
h=
0 2
Notiamo che I3 = det(A′ ) = −4 6= 0, quindi si tratta di una conica non degenere. Inoltre I2 = det(A) = 0, quindi `e una parabola. b) Il polinomio caratteristico di A `e pA (λ) = λ2 − 5λ, quindi A ha autovalori: λ1 = 0 e λ2 = 5. La forma canonica sar` a del tipo x2 − 2py = 0, cerchiamo quindi un’equazione del tipo λx2 + 2ty = 0
a cui `e associata la matrice
5x2 + 2ty = 0
⇒
5 B = 0 0
0 0 0 t t 0
Sappiamo inoltre che I3 = det(A′ ) `e un invariante, quindi det(A′ ) = det(B). Risolviamo quindi l’equazione: −4 = −5t2
⇒
t2 =
Infine possiamo ricavare la forma canonica: 2 2 √ 5x + 2 · − y=0 5
4 5
⇒
⇒
2 t = −√ 5
4 x2 − √ y = 0 5 5
c) Calcoliamo la direzione dell’asse ricordando che questo `e parallelo all’autovettore relativo all’autovalore nullo. Calcoliamo quindi l’autospazio E(0) risolvendo il sistema omogeneo associato a A: ( x = −2t 1 2 | 0 1 2 | 0 ⇒ x + 2y = 0 ⇒ ⇒ E(0) = h(−2, 1)i ⇒ ⇒ 0 0 | 0 II − 2I 2 4 | 0 y=t Ora che abbiamo la direzione dell’asse dobbiamo determinarne un punto per potere scrivere l’equazione. Consideriamo una qualsiasi retta ortogonale all’asse, cio`e di direzione (1, 2): ( x = x0 + t ⇒ 2x − y = k per qualche k y = y0 + 2t
2. SOLUZIONI
379
Se una tale retta interseca la parabola in due punti D e E, allora il punto medio M del segmento DE sar` a un punto dell’asse. Senza tenere k variabile assegnamo a k un valore a caso, la cosa pi` u semplice `e porre k = 0. ( ( 2x − y = 0 y = 2x 16 8 ⇒ ⇒ D = (0, 0), E = − , − 25 25 x2 + 4xy + 4y 2 + 4y = 0 25x2 + 8x = 0 8 4 . Infine il punto medio M del segmento DE `e M = − , − 25 25 L’asse `e la retta per M parallela all’autovettore relativo a λ = 0, cio`e di direzione (−2, 1): ( 4 x = − 25 − 2t 4 ⇒ x + 2y = − ⇒ 5x + 10y = −4 8 5 y = − 25 + t Esercizio 13.18. Sia C la conica di equazione C : 6x2 + 4xy + 9y 2 − 5x + 10y = 0. a) Stabilire il tipo di conica e la forma canonica di C. b) Trovare equazioni degli assi di simmetria di C. Soluzione: a) Le matrici associate alla conica sono 6 2 − 52 A˜ = 2 9 5 − 25 5 0
e
A=
6 2 2 9
Di conseguenza: ˜ = − 1025 , e si tratta di una conica non degenere. – I3 = det(A) 4 – pA (λ) = (6 − λ)(9 − λ) − 4 = λ2 − 15λ + 50. Quindi gli autovalori sono λ1 = 10 e λ2 = 5, concordi, e si tratta di un’ellisse. – Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo ax2 +by 2 ±1 = 0, cerchiamo quindi un’equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + t = 0 a cui `e associata la matrice
10x2 + 5y 2 + t = 0
⇒
10 B =0 0
0 5 0
0 0 t
˜ `e un invariante, quindi I3 = det(A) ˜ = det(B). Risolviamo Sappiamo inoltre che I3 = det(A) quindi l’equazione: 1025 = 50t ⇒ 4 Infine possiamo ricavare la forma canonica: −
t=−
41 8
80 2 40 2 41 =0 ⇒ x + y −1=0 8 41 41 Notiamo che si tratta di un ellisse reale. b) Determiniamo il centro della conica risolvendo il sistema A| − h: ( 5 x = 13 13 7 6 2 | 6 2 | 52 20 2 ⇒ ⇒ C ,− ⇒ 3II − I 0 25 | − 35 2 9 | −5 20 10 y=−7 2 10x2 + 5y 2 −
10
Calcoliamo gli autospazi di A:
−4 2 ⇒ 2x − y = 0 E(10) = N (A − 10I) : 2 −1 1 2 E(5) = N (A − 5I) : ⇒ x + 2y = 0 2 4
380
13. CONICHE
Infine gli assi hanno la direzione degli autovettori e passano per il centro C: 3 a1 : 2x − y = 2 a2 : x + 2y = − 4
CAPITOLO 14
Quadriche Alcuni esercizi di questo capitolo sono ripetuti in quanto risolti in maniera differente. Esercizio 14.1. Stabilire il tipo di quadrica corrispondente alle seguenti equazioni. Se si tratta di una quadrica a centro determinare inoltre le coordinate del centro. a) 2x2 + y 2 + 2z 2 − 2xy + 2yz + 4x − 2y = 0 b) xy + xz − yz − x = 0
c) 4x2 + 2y 2 + 3z 2 + 4xz − 4yz + 6x + 4y + 8z + 2 = 0
d) 5x2 − 4y 2 − 11z 2 − 24yz − 10x − 15 = 0 e) x2 + 3y 2 + 4yz − 6x + 8y + 8 = 0
f) y 2 − z 2 + 4xy − 4xz − 6x + 4y + 2z + 8 = 0
g) 4x2 + 5y 2 + 5z 2 − 2yz + 8x + 8y + 8z + 1 = 0
h) x2 + 2y 2 − z 2 − 2xz + 4y − 4z = 0
i) −x2 + y 2 − 2xz + 2yz − 4x + 4y = 0
l) 2x2 + 3y 2 + 3z 2 + 2yz + 2y − 2z − 4 = 0 Esercizio 14.2. Determinare la forma canonica delle seguenti quadriche. Se si tratta di una quadrica a centro determinarne il centro e gli assi di simmetria. a) 2x2 + y 2 + z 2 − 2yz − 4y + 3z + 1 = 0 b) 5x2 + 8y 2 + 5z 2 + 6xz − 8 = 0 c) x2 + y 2 − 2z 2 + 4z − 2 = 0 d) 5x2 − y 2 + 8xy + 5z 2 − 5z − 2 = 0 Esercizio 14.3. Determinare la forma canonica delle seguenti quadriche, ricavando le relazioni che permettono di passare dalle coordinate della forma iniziale alle coordinate della forma canonica e viceversa: a) 5x2 − 4y 2 − 11z 2 − 24yz − 10x − 15 = 0 b) 2x2 + 3y 2 + 3z 2 + 2yz + 2y − 2z − 4 = 0 Esercizio 14.4. Determinare la forma canonica della seguente quadrica, ricavando le relazioni che permettono di passare dalle coordinate della forma iniziale alle coordinate della forma canonica e viceversa: 2x2 + y 2 + z 2 − 2yz − 4y + 3z + 1 = 0 Esercizio 14.5. Sia Q la quadrica di equazione Q :
3x2 + 3y 2 − z 2 − 2xy − 4z = 0.
a) Stabilire se Q ´e degenere o meno, e di quale tipo di quadrica si tratti. Se ´e una quadrica a centro determinare le coordinate del centro. a) Trovare gli assi (o l’asse) di simmetria di Q e determinare coordinate omogenee dei punti all’infinito degli assi di simmetria. Esercizio 14.6. Sia Q la quadrica di equazione
Q : xz − y 2 − 4z 2 = 0
a) Riconoscere la quadrica b) Se la quadrica `e a centro, determinare coordinate del centro di simmetria ed equazioni degli assi di simmetria. 381
382
14. QUADRICHE
c) L’intersezione di Q con il piano π di equazione y = 1 `e una conica del piano π. Stabilire il tipo di conica. Esercizio 14.7. Sia Q la quadrica di equazione
Q : x2 − 2y 2 + yz = 0
a) Riconoscere la quadrica b) Se la quadrica `e a centro, determinare coordinate del centro di simmetria ed equazioni degli assi di simmetria. c) L’intersezione di Q con il piano π di equazione x = 0 `e una conica del piano π. Stabilire il tipo di conica. Esercizio 14.8. Sia Q la quadrica di equazione √ √ Q : x2 + z 2 + 2xz + 2 2x + 2z + 2y + 4 = 0 a) Riconoscere la quadrica. b) Studiare la conica che si ottiene intersecando la quadrica Q con il piano z = 0 (tipo, forma canonica,...). Esercizio 14.9. Sia Q la quadrica di equazione
Q : (1 + 2k)x2 + y 2 + z 2 + 2kyz − kz = 1 + k
a) Per quali valori del parametro reale k la quadrica Q `e un paraboloide? b) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di paraboloide (ellittico o iperbolico). c) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di coniche che si ottengono intersecando Q con il piano z = 0. Esercizio 14.10. Sia Q la quadrica di equazione
Q : x2 + (1 + 2k)y 2 + z 2 + 2kxz − kz = 1 + k
a) Per quali valori del parametro reale k la quadrica Q `e un paraboloide? b) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di paraboloide (ellittico o iperbolico). c) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di coniche che si ottengono intersecando Q con il piano z = 0. ——————————————————————————————————————————————-
1. Suggerimenti ——————————————————————————————————————————————-
Equazione A ogni quadrica f (x, y, z) = 0, possiamo associare due matrici quadrate: la matrice A ∈ M3×3 relativa alla forma quadratica associata alla quadrica, e la matrice A′ ∈ M4×4 : coeff. di x2 1/2 coeff. di xy 1/2 coeff. di xz coeff. di y 2 1/2 coeff. di yz , A = 1/2 coeff. di xy 1/2 coeff. di xz 1/2 coeff. di yz coeff. di z 2 " # 1/2 coeff. della x A h A′ = dove h = 1/2 coeff. della y , k = termine noto dell’equazione hT k 1/2 coeff. della z Di conseguenza l’equazione della quadrica `e
f (x, y, z) = [x, y, z, 1] · A′ · [x, y, z, 1]T = 0 ——————————————————————————————————————————————Invarianti. Il polinomio caratteristico di A `e cos`ı formato pA (λ) = −λ3 + I1 λ2 − I2 λ + I3
1. SUGGERIMENTI
383
con I1 = tr(A) = λ1 + λ2 + λ3 ,
I 2 = λ1 λ2 + λ1 λ3 + λ2 λ3
I3 = det(A) = λ1 λ2 λ3 ,
I4 = det(A′ )
I1 , I2 , I3 , I4 sono invarianti. Mentre I1 , I3 , I4 possono essere calcolati direttamente da A e A′ , I2 pu` o essere calcolato solo da pA (λ). ——————————————————————————————————————————————Classificazione: quadriche non degeneri Una quadrica `e non degenere se det(A′ ) 6= 0, ovvero rg(A′ ) = 4. Inoltre `e • Ellissoide: rg(A) = 3, ovvero det(A) 6= 0, e autovalori di A concordi (oppure I3 6= 0, I2 > 0 e I1 I3 > 0). Inoltre: – I4 = det(A′ ) > 0: ELLISSOIDE IMMAGINARIO: ax2 + by 2 + cz 2 + 1 = 0 – I4 = det(A′ ) < 0: ELLISSOIDE REALE: ax2 + by 2 + cz 2 − 1 = 0 • Iperboloide: rg(A) = 3, ovvero det(A) 6= 0, e autovalori di A discordi (oppure I3 6= 0 e I2 ≤ 0 o I1 I3 ≤ 0). Inoltre: – I4 = det(A′ ) > 0: IPERBOLOIDE IPERBOLICO(a 1 falda): ax2 + by 2 − cz 2 − 1 = 0. – I4 = det(A′ ) < 0: IPERBOLOIDE ELLITTICO (a 2 falde): ax2 − by 2 − cz 2 − 1 = 0. • Paraboloide: rg(A) ≤ 2, cio`e det(A) = 0, cio`e un autovalore nullo (oppure I3 = 0). Inoltre: – I4 = det(A′ ) > 0: PARABOLOIDE IPERBOLICO: ax2 − by 2 − z = 0. Analogamente `e un paraboloide iperbolico se i due autovalori non nulli di A sono discordi. – I4 = det(A′ ) < 0: PARABOLODE ELLITTICO: ax2 + by 2 − z = 0. Analogamente `e un paraboloide ellittico se i due autovalori non nulli di A sono concordi. ——————————————————————————————————————————————-
Classificazione: quadriche degeneri Una quadrica `e degenere se det(A′ ) = 0. Inoltre: • Se rg(A′ ) = 3, allora `e degenere irriducibile. • Se rg(A′ ) ≤ 2, allora `e degenere riducibile.
In particolare:
• Cono (quindi irriducibile): rg(A) = rg(A′ ) = 3 (oppure I4 = 0 e I3 6= 0). Inoltre: – Auotovalori di A concordi (oppure I2 > 0): cono a un unico punto reale ax2 + by 2 + cz 2 = 0, – Auotovalori di A discordi (oppure I2 ≤ 0): cono reale ax2 + by 2 − cz 2 = 0
• Cilindro (quindi irriducibile): Se rg(A) = 2, ma rg(A′ ) = 3 (oppure I3 = 0 e rg(A′ ) = 3). Inoltre: – I2 > 0: cilindro ellittico: ax2 + by 2 ± 1 = 0, – I2 < 0: cilindro iperbolico: ax2 − by 2 − 1 = 0, – I2 = 0: Cilindro parabolico: x2 − 2py = 0.
Se rg(A′ ) ≤ 2 allora `e una quadrica degenere riducibile. Inoltre
• Se rg(A′ ) = 2 e rg(A) = 2: due piani incidenti (reali o complessi), • Se rg(A′ ) = 2 e rg(A) = 1: due piani distinti e paralleli (reali o complessi), • Se rg(A′ ) = 1: un piano doppio.
——————————————————————————————————————————————-
Centro e assi • Ellissoide e iperboloide sono quadriche a centro. Come per le coniche il centro si trova risolvendo il sistema A| − h. • Come per le coniche gli assi di una quadrica non degenere a centro sono le rette passanti per il centro e di direzione corrispondente agli autovettori della matrice A della quadrica.
384
14. QUADRICHE
——————————————————————————————————————————————-
Rotazione. La matrice A `e simmetrica, quindi esiste una matrice R ortogonale speciale detta matrice di rotazione tale che λ1 0 0 RT AR = D = 0 λ2 0 dove λi sono autovalori di A 0 0 λ3
La matrice R si ottiene dagli autovettori di A (normalizzati e con i segni in modo che il determinante sia 1). ——————————————————————————————————————————————-
Forme canonica con equazioni della trasformazione delle quadriche non degeneri: Per ottenere la forma canonica si procede esattamente come per le coniche: (1) Rotazione: utilizzando una matrice ortonormale R di rotazione, (2) Traslazioine. ——————————————————————————————————————————————-
Forma canonica versione semplice. Per ottenere la forma canonica di una quadrica non degenere senza cercare per`o l’equazioni della trasformazione che permette di passare dall’equazione originale alla forma canonica e viceversa, possiamo procedere nel seguente modo: • Calcoliamo det(A′ ) per verificare che la quadrica non sia degenere. • Calcoliamo gli autovalori λ1 , λ2 , λ3 di A e stabiliamo di quale quadrica si tratta. • Consideriamo i diversi casi: – Se si tratta di un ellissoide sappiamo che dobbiamo arrivare a una equazione del tipo ax2 + by 2 + cz 2 ± 1 = 0, passando attraverso una equazione del tipo λ1 0 0 0 0 λ2 0 0 con λ1 , λ2 , λ3 autovalori di A λ1 x 2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + t = 0 ⇔ B = 0 0 λ2 0 0 0 0 t
Poich´e det(A′ ) `e un invariante, imponendo la condizione det(A′ ) = det(B) possiamo ricavare il valore di t. Dividendo infine per t o −t si ottiene la forma canonica. Solo a questo punto possiamo stabilire se `e reale o immaginaria. – Se si tratta di un iperboloide sappiamo che dobbiamo arrivare a una equazione del tipo ax2 ± by 2 − cz 2 − 1 = 0, passando attraverso una equazione del tipo λ1 0 0 0 0 λ2 0 0 con λ1 , λ2 , λ3 autovalori di A λ1 x 2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + t = 0 ⇔ B = 0 0 λ2 0 0 0 0 t Poich´e det(A′ ) `e un invariante, imponendo la condizione det(A′ ) = det(B) possiamo ricavare il valore di t. Dividendo infine per t o −t si ottiene la forma canonica. Solo a questo punto possiamo stabilire se `e un iperboloide a una o a due falde. – Se si tratta di un paraboloide sappiamo che dobbiamo arrivare a una equazione del tipo ax2 ± by 2 − z = 0, passando attraverso una equazione del tipo λ1 0 0 0 0 λ2 0 0 con λ1 , λ2 autovalori non nulli di A λ1 x2 + λ2 y 2 + 2tz = 0 ⇔ B = 0 0 0 t 0 0 t 0
Poich´e det(A′ ) `e un invariante, imponendo la condizione det(A′ ) = det(B) possiamo ricavare il valore di t (negativo). Dividendo infine per t si ottiene la forma canonica.
2. SOLUZIONI
385
——————————————————————————————————————————————-
Quadriche degeneri riducibili. Se rg(A′ ) ≤ 2 si possono trovare i piani risolvendo una equazione di secondo grado in una incognita (le altre due incognite vengono considerate parametri), oppure in generale scomponendo il polinomio f (x, y, z) nel prodotto di due polinomi di primo grado. ——————————————————————————————————————————————-
2. Soluzioni Esercizio 14.1. Stabilire il tipo di quadrica corrispondente alle seguenti equazioni. Se si tratta di una quadrica a centro determinare inoltre le coordinate del centro. a) 2x2 + y 2 + 2z 2 − 2xy + 2yz + 4x − 2y = 0 b) xy + xz − yz − x = 0
c) 4x2 + 2y 2 + 3z 2 + 4xz − 4yz + 6x + 4y + 8z + 2 = 0
d) 5x2 − 4y 2 − 11z 2 − 24yz − 10x − 15 = 0 e) x2 + 3y 2 + 4yz − 6x + 8y + 8 = 0
f) y 2 − z 2 + 4xy − 4xz − 6x + 4y + 2z + 8 = 0
g) 4x2 + 5y 2 + 5z 2 − 2yz + 8x + 8y + 8z + 1 = 0
h) x2 + 2y 2 − z 2 − 2xz + 4y − 4z = 0
i) −x2 + y 2 − 2xz + 2yz − 4x + 4y = 0
l) 2x2 + 3y 2 + 3z 2 + 2yz + 2y − 2z − 4 = 0
Soluzione: a) Consideriamo l’equazione 2x2 + y 2 + 2z 2 − 2xy + 2yz + 4x − 2y = 0 e la matrice A′ associata: 2 −1 0 2 −1 1 1 −1 A′ = 0 1 2 0 2 −1 0 0
Cominciamo a stabilire se `e degenere calcolando il determinante di A′ . Poich´e ci interessa solo stabilire se il determinante si annulla (ovvero se rg(A′ ) < 4 possiamo in alternativa ridurre la matrice (parzialmente) a gradini per semplificare i conti. Inoltre la riduzione a gradini `e utile quando successivamente calcoliamo il rango di A. Per tale ragione `e conveniente non scambiare le righe di A′ o almeno non scambiare la IV riga con le precedenti, in modo da tenere la matrice A, formata dalle prime tre righe, distinta. Inoltre il metodo introdotto nelle prime lezioni, che consiste nell’utilizzare solo le righe precedenti una riga per modificare quest’ultima, ci garantisce che la matrice A non sia modificata con l’uso della IV riga.
2 0 2II + I 0 IV − I 0
−1 1 1 0
0 2 2 0
2 2 −1 0 1 0 ⇒ 0 III − II 0 0 −2 0 0
0 2 2 0 0 0 0 −2
rg(A′ ) = 3 ⇒ det(A′ ) = 0 ⇒ quadrica degenere
In particolare rg(A′ ) = 3 quindi si tratta o di un cono o di un cilindro. Dalla riduzione si nota che rg(A) = 2 ⇒ cilindro (non parabolico).
386
14. QUADRICHE
Per stabilire il tipo di cilindro dobbiamo calcolare I2 : pA (λ) = −λ3 + 5λ2 − 6λ ⇒ I1 = 5, I2 = 6, I3 = 0 Poich`e I3 = 0 si tratta in effetti di un cilindro; inoltre I2 > 0 quindi `e un cilindro ellittico. —————————————————————————————————————————— b) Consideriamo l’equazione xy + xz − yz − x = 0 e la matrice A′ associata: 1 1 − 21 0 2 2 1 0 − 12 0 2 A′ = 1 1 −2 0 0 2 0 0 0 − 12
In questo caso `e immediato calcolare il determinante sviluppando rispetto all’ultima riga: 4 1 6= 0 ⇒ quadrica non degenere det(A′ ) = 2
Inoltre det(A) = −
1 6= 0 ⇒ rg(A) = 3 ⇒ ellissoide o iperboloide. 4
Per stabilire se si tratta di un ellissoide o di un iperboloide dobbiamo determinare se gli autovalori di A sono concordi o discordi. 1 1 1 1 1 1 1 2 − − λ+ + − + λ pA (λ) = −λ λ − 4 2 2 4 2 4 2 1 1 1 1 λ+ + λ− = −λ λ − 2 2 2 2 1 1 1 =− λ− λ2 + λ − 2 2 2 1 1 =− λ− 2λ2 + λ − 1 2 2
Quindi gli autovalori sono λ1 = λ2 =
1 , 2
λ3 = −1
⇒ discordi
⇒ iperboloide
Inotre det(A′ ) > 0, quindi `e un iperboloide iperbolico. In alternativa potevamo usare gli invarianti: 1 3 1 3 ⇒ I1 = 0, I2 = − , I3 = − , . pA (λ) = −λ3 + λ − 4 4 4 4 Poich`e I3 6= 0 `e una quadrica a centro; inoltre I2 < 0, quindi `e un iperboloide. Infine I4 = det(A′ ) > 0, quindi `e un iperboloide iperbolico. Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il sistema associato a: 1 1 1 0 1 −1 0 | 0 2III 1 −1 0 | 0 2 2 2 1 0 − 12 0 ⇒ 2II 1 0 −1 | 0 ⇒ II − I 0 1 −1 | 0 2 1 0 1 1 | 1 2I 0 1 1 | 1 − 21 0 0 2 1 1 −1 0 | 0 x = 2 1 1 1 1 0 1 −1 | 0 ⇒ y = 2 ⇒ ⇒C , , 2 2 2 1 III − II 0 0 2 | 1 z=2 Anche se non `e richiesto dall’esercizio notiamo che gli assi della quadrica sono le rette per C di direzione parallela agli autovettori di A.
——————————————————————————————————————————
2. SOLUZIONI
387
c) Consideriamo l’equazione 4x2 + 2y 2 + 3z 2 + 4xz − 4yz + 6x + 4y + 8z + 2 = 0 e la matrice A′ associata: 4 0 2 3 0 2 −2 2 A′ = 2 −2 3 4 3 2 4 2 Calcoliamo il rango di 4 1/2II 0 2III − I 0 4IV − 3I 0
A′ e A riducendo A′ a gradini: 0 2 3 4 0 1 −1 1 ⇒ III + 4II 0 −4 4 5 IV − 8II 0 8 10 −1
0 1 0 0
rg(A′ ) = 4 ⇒ quadrica non degenere
2 3 −1 1 0 9 18 −9
rg(A) = 2 ⇒ paraboloide Inoltre
pA (λ) = (4 − λ) [(2 − λ)(3 − λ) − 4] − 4(2 − λ) = −λ3 + 9λ2 − 18λ = −λ(λ2 − 9λ + 18)
Quindi gli autovalori (oltre a λ1 = 0) sono λ2 = 3,
λ3 = 6
⇒ concordi
⇒ paraboloide ellittico
—————————————————————————————————————————— d) Consideriamo l’equazione 5x2 − 4y 2 − 11z 2 − 24yz − 10x − 15 = 0 e la matrice A′ associata: 5 0 0 −5 0 −4 −12 0 A′ = 0 −12 −11 0 −5 0 0 −15 Calcoliamo il rango di A′ riducendo la matrice a gradini: 5 0 0 −5 1/4II 0 0 −1 −3 III − 3II 0 0 25 0 IV + I 0 0 0 −20
⇒ rg(A′ ) = 4 ⇒ quadrica non degenere
Inoltre rg(A) = 3 ⇒ ellissoide o iperboloide. Per stabilire se si tratta di un ellissoide o di un iperboloide dobbiamo determinare se gli autovalori di A sono concordi o discordi. pA (λ) = (5 − λ) [(−4 − λ)(−11 − λ) − 144] = (5 − λ) λ2 − 15λ − 100
Quindi gli autovalori sono
λ1 = λ2 = 5,
λ3 = −20
⇒ discordi
⇒ iperboloide
In alternativa potevamo usare gli invarianti: pA (λ) = −λ3 + 20λ2 + 25λ − 500 ⇒ I1 = 20, I2 = −25, I3 = −500. Poich`e I3 6= 0 `e una quadrica a centro; inoltre I2 < 0, quindi `e un iperboloide. Infine I4 = det(A′ ) > 0, quindi `e un iperboloide iperbolico.
388
14. QUADRICHE
Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il 5 5 0 0 | 5 0 −4 −12 | 0 ⇒ 1/4II 0 III − 3II 0 0 −12 −11 | 0 x = 1 ⇒ y = 0 ⇒ C (1, 0, 0) z=0
sistema associato a: 0 0 | 5 −1 −3 | 0 0 25 | 0
Notiamo che potevamo considerare direttamente la matrice ridotta a gradini, pur di cambiare il segno ai termini della colonna dei termini noti. Anche se non `e richiesto dall’esercizio notiamo che gli assi della quadrica sono le rette per C di direzione parallela agli autovettori di A. —————————————————————————————————————————— e) Consideriamo l’equazione x2 + 3y 2 + 4yz − 6x + 8y + 8 = 0 e la matrice A′ associata: 1 0 0 −3 0 3 2 4 A′ = 0 2 0 0 −3 4 0 8 Calcoliamo il rango di 1 1/2III 0 III 0 IV + 3I 0
A′ riducendo la matrice a gradini: 0 0 −3 1 0 0 −3 0 1 0 0 1 0 0 ⇒ ⇒ III − 3II 0 0 2 4 3 2 4 IV − 4II 0 0 0 −1 4 0 −1
rg(A′ ) = 4 ⇒ quadrica non degenere
rg(A) = 3 ⇒ ellissoide o iperboloide. Per stabilire se si tratta di un ellissoide o di un iperboloide dobbiamo determinare se gli autovalori di A sono concordi o discordi. pA (λ) = (1 − λ) λ2 − 3λ − 4
Quindi gli autovalori sono λ1 = 1,
λ2 = −1,
λ3 = 4
⇒ discordi
⇒ iperboloide
′
Inoltre I4 = det(A ) > 0, quindi `e un iperboloide iperbolico. In alternativa potevamo usare gli invarianti: pA (λ) = −λ3 + 4λ2 + λ − 4 ⇒ I1 = 4, I2 = −1, I3 = −4. Poich`e I3 6= 0 `e una quadrica a centro; inoltre I2 < 0, quindi `e un iperboloide. Infine I4 = det(A′ ) > 0, quindi `e un iperboloide iperbolico. Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il sistema Ax = −h e considerando direttamente la matrice ridotta a gradini: 1 0 0 | 3 x = 3 0 1 0 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ C (3, 0, −2) 0 0 2 | −4 z = −2 Anche se non `e richiesto dall’esercizio notiamo che gli assi della quadrica sono le rette per C di direzione parallela agli autovettori di A.
—————————————————————————————————————————— f) Consideriamo l’equazione y 2 − z 2 + 4xy − 4xz − 6x + 4y + 2z + 8 = 0 e la matrice A′ associata: 0 2 −2 −3 2 1 0 2 A′ = −2 0 −1 1 −3 2 1 8
2. SOLUZIONI
Calcoliamo −2 0 III 2 1 0 2 I 2IV − 3III 0 4
il rango di A′ e A riducendo A′ a −2 0 −1 1 0 1 II + I 0 2 ⇒ 0 2 −2 −3 IV − 2III 0 0 5 13
389
gradini:
−1 1 −2 0 −1 3 ⇒ III − 2II 0 −2 −3 9 19 0
0 1 0 0
⇒ rg(A′ ) = 4 ⇒ quadrica non degenere, e rg(A) = 2 ⇒ paraboloide
−1 1 −1 3 0 −9 9 19
Inoltre
pA (λ) = −λ(1 − λ)(−1 − λ) − 2 · 2(−1 − λ) − 2 · 2(1 − λ) = −λ(−1 + λ2 ) + 8λ = −λ(λ2 − 9) Quindi gli autovalori (oltre a λ1 = 0) sono λ2 = 3,
λ3 = −3
⇒ discordi
In alternativa potevamo usare gli invarianti:
⇒ paraboloide iperbolico
pA (λ) = −λ3 + 9λ ⇒ I1 = 0, I2 = 9, I3 = 0.
Poich`e I3 = 0 `e un paraboloide; inoltre I4 = det(A′ ) > 0, quindi `e un paraboloide iperbolico. —————————————————————————————————————————— g) Consideriamo l’equazione 4x2 + 5y 2 + 5z 2 − 2yz + 8x + 8y + 8z + 1 = 0 e la matrice A′ associata: 4 0 0 4 0 5 −1 4 A′ = 0 −1 5 4 4 4 4 1
Calcoliamo il 1/4I 1 0 0 0 5 −1 5III + II 0 0 24 IV − I 0 4 4
rango di A′ e A riducendo 1 0 1 0 5 4 ⇒ 0 0 24 5IV − 4II 0 0 −3
A′ a gradini: 0 −1 1 0 −1 4 ⇒ 1/24III 0 24 24 IV − III 0 24 −31
0 0 5 −1 0 1 0 0
rg(A′ ) = 4 ⇒ quadrica non degenere, e rg(A) = 3 ⇒ ellissoide o iperboloide
−1 4 ⇒ 1 −55
Inoltre
Quindi gli autovalori sono
pA (λ) = (4 − λ)(λ2 − 10λ + 24)
λ1 = λ2 = 4, ′
λ3 = 6
⇒ concordi
Inoltre I1 = det(A ) < 0, quindi `e un ellissoide reale. In alternativa potevamo usare gli invarianti:
⇒ ellissoide
pA (λ) = −λ3 + 14λ2 − 64λ + 96 ⇒ I1 = 14, I2 = 64, I3 = 96.
Poich`e I3 6= 0 `e una quadrica a centro; inoltre I2 > 0, quindi `e un ellissoide. Infine I4 = det(A′ ) < 0, quindi `e un ellissoide reale. Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il sistema Ax = −h e considerando direttamente la matrice ridotta a gradini: 1 0 0 | −1 x = −1 0 5 −1 | −4 ⇒ y = −1 ⇒ C (−1, −1, −1) 0 0 1 | −1 z = −1 Anche se non `e richiesto dall’esercizio notiamo che gli assi della quadrica sono le rette per C di direzione parallela agli autovettori di A.
—————————————————————————————————————————— h) Consideriamo l’equazione x2 + 2y 2 − z 2 − 2xz + 4y − 4z = 0 e la matrice A′ associata: 1 0 −1 0 0 2 0 2 A′ = −1 0 −1 −2 0 2 −2 0
390
14. QUADRICHE
Calcoliamo il rango di 1 1/2II 0 III + I 0 IV − II 0
A′ e A riducendo A′ a gradini: 1 0 −1 0 0 1 0 1 ⇒ 0 0 −2 −2 IV − III 0 0 −2 −2
0 −1 0 1 0 1 0 −2 −2 0 0 0
rg(A′ ) = 3 ⇒ quadrica degenere, erg(A) = 3 ⇒ cono
Anche il cono `e una conica a centro, 1 0 −1 | 0 1 0 0 2 0 | −2 ⇒ 0 2 III + I 0 0 −1 0 −1 | 2
quindi risolviamo il sistema A| − h: −1 | 0 x = −1 0 | −2 ⇒ y = −1 ⇒ C(−1, −1, −1) −2 | 2 z = −1
—————————————————————————————————————————— i) Consideriamo l’equazione −x2 + y 2 − 2xz + 2yz − 4x + 4y = 0 e la matrice A′ associata: −1 0 −1 −2 0 1 1 2 A′ = −1 1 0 0 −2 2 0 0 Calcoliamo il rango di A′ e A riducendo A′ a gradini: −1 −1 0 −1 −2 0 0 1 1 2 ⇒ 0 III − I 0 1 1 2 III − II 0 IV − 2III 0 0 0 0
0 −1 1 1 0 0 0 0
rg(A′ ) = 2 ⇒ quadrica degenere
−2 2 0 0
rg(A) = rg(A′ ) = 2 ⇒ due piani incidenti Infatti: − x2 + y 2 − 2xz + 2yz − 4x + 4y = 0
x2 − y 2 + 2xz − 2yz + 4x − 4y = 0
(x − y)(x + y) + 2z(x − y) + 4(x − y) = 0 (x − y)(x + y + 2z + 4) = 0
Quindi la quadrica corrisponde alla coppia di piani x − y = 0,
x + y + 2z + 4 = 0
—————————————————————————————————————————— l) Consideriamo l’equazione 2x2 + 3y 2 + 3z 2 + 2yz + 2y − 2z − 4 = 0 e la matrice A′ associata: 2 0 0 0 0 3 1 1 A′ = 0 1 3 −1 0 1 −1 −4 Calcoliamo il rango di A′ 2 0 0 3 3III − II 0 0 IV − III 0 0
e A riducendo A′ a gradini: 0 0 2 0 1 1 ⇒ 1/4III 0 8 −4 2IV + III 0 −4 −3
rg(A′ ) = 4 ⇒ quadrica non degenere
rg(A) = 3 ⇒ ellissoide o iperboloide Inoltre
pA (λ) = (2 − λ)(λ2 − 6λ + 8)
0 3 0 0
0 1 2 0
0 1 ⇒ −1 −10
2. SOLUZIONI
391
Quindi gli autovalori sono λ1 = λ2 = 2,
⇒ concordi
λ3 = 4
⇒ ellissoide
Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il sistema Ax = −h e considerando direttamente la matrice ridotta a gradini: 2 0 0 | 0 x = 0 1 1 0 3 1 | −1 ⇒ y = − 1 , ⇒ C 0, − 2 2 2 0 0 2 | 1 z=1 2
Anche se non `e richiesto dall’esercizio notiamo che gli assi della quadrica sono le rette per C di direzione parallela agli autovettori di A.
Esercizio 14.2. Determinare la forma canonica delle seguente quadriche. Se si tratta di una quadrica a centro determinarne il centro e gli assi di simmetria. a) 2x2 + y 2 + z 2 − 2yz − 4y + 3z + 1 = 0 b) 5x2 + 8y 2 + 5z 2 + 6xz − 8 = 0 c) x2 + y 2 − 2z 2 + 4z − 2 = 0 d) 5x2 − y 2 + 8xy + 5z 2 − 5z − 2 = 0 Soluzione: a) Consideriamo la quadrica 2x2 + y 2 + z 2 − 2yz − 4y + 3z + 1 = 0 le cui matrici associate sono: 2 0 0 0 2 0 0 0 1 −1 −2 A′ = A = 0 1 −1 , 3 , 0 −1 1 2 0 −1 1 0 −2 32 1 1 – Poich´e det(A′ ) = − 6= 0 si tratta di una quadrica non degenere. 2 – Calcoliamo gli autovalori di A per stabilire la rotazione: pA (λ) = λ (2 − λ)(λ − 2) Quindi gli autovalori di A sono λ = 2, doppio, e λ = 0. Poich´e A ha un autovalore nullo si tratta di un paraboloide; inoltre gli autovalori non nulli sono concordi, quindi si tratta di un paraboloide ellittico. – Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo ax2 + by 2 − z = 0, cerchiamo quindi una equazione del tipo λ1 x2 + λ2 y 2 + 2tz = 0 a cui `e associata la matrice
2x2 + 2y 2 + 2tz = 0
⇒
2 0 B= 0 0
0 0 0 0 0 t t 0
0 2 0 0
Sappiamo inoltre che det(A′ ) `e un invariante, quindi det(B) = det(A′ ): −4t2 = −
1 2
⇒
t2 =
1 8
⇒
1 t=− √ 2 2
Infine possiamo ricavare la forma canonica: 1 2x2 + 2y 2 − 2 · √ z = 0 2 2
⇒
√ √ 2 2x2 + 2 2y 2 − z = 0
b) Consideriamo la quadrica 5x2 + 8y 2 + 5z 2 + 6xz − 8 = 0 5 0 3 0 5 0 8 0 0 0 , A = A′ = 3 0 5 0 3 0 0 0 −8
le cui matrici associate sono: 0 3 8 0 , 0 0
– Poich´e det(A′ ) = −8 · 128 6= 0 si tratta di una quadrica non degenere.
392
14. QUADRICHE
– Calcoliamo gli autovalori di A per stabilire la rotazione: pA (λ) = (8 − λ)(λ2 − 10λ + 16) Quindi gli autovalori di A sono λ = 8, doppio, e λ = 2. Poich´e A ha 3 autovalori concordi si tratta di un ellissoide. Per stabilire se `e reale dobbiamo trovare la forma canonica. – Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo ax2 + by 2 + cz 2 ± 1 = 0, cerchiamo quindi una equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + t = 0 a cui `e associata la matrice
8 0 B= 0 0
8x2 + 8y 2 + 2z 2 + t = 0
⇒ 0 8 0 0
0 0 0 0 2 0 0 t
Sappiamo inoltre che det(A′ ) `e un invariante, quindi det(B) = det(A′ ): 64 · 2t = −8 · 128
⇒
t = −8
Infine possiamo ricavare la forma canonica: 8x2 + 8y 2 + 2z 2 − 8 = 0
⇒
1 x2 + y 2 + z 2 − 1 = 0 4
Si tratta quindi di un ellissoide reale. Poich`e `e una conica a centro possiamo determinare centro e assi. Il centro `e dato dalla soluzione del sistema A| − h: 5x + 3z = 0 ⇒ C(0, 0, 0) 8y = 0 3y + 5z = 0
Per trovare gli assi dobbiamo −3 E(8) = N (A − 8I) : 0 3
prima determinare gli autospazi: 0 3 | 0 0 0 | 0 ⇒ −x + z = 0 ⇒ 0 −3 | 0
⇒ E(8) = h(1, 0, 1), (0, 1, 0)i 3 0 3 | E(2) = N (A − 2I) : 0 6 0 | 3 0 3 | ⇒ E(2) = h(1, 0, −1)i
( 0 3x + 3z = 0 0 ⇒ 6y =0 0
x = t y=s z=t
x = t ⇒ y=0 z = −t
Infine gli assi sono le rette per il centro di direzione parallela agli autovettori: x = t x = 0 x = t a3 : a2 : a1 : y=0 y=t y=0 z = −t z=0 z=t
c) Consideriamo la quadrica x2 + y 2 − 2z 2 + 4z − 2 = 0 le cui matrici associate sono: 1 0 0 2 1 0 0 0 1 0 0 A = 0 1 0 , A′ = 0 0 −2 0 , 0 0 −2 2 0 0 −2
– Poich´e det(A′ ) = 12 6= 0 si tratta di una quadrica non degenere. – Calcoliamo gli autovalori di A per stabilire la rotazione. Notiamo che A `e diagonale, quindi non `e necessario effettuare la rotazione. Inoltre gli autovalori di A sono gli elementi della diagonale: λ = 1, doppio, e λ = −2. Poich´e A ha autovalori disconcordi si tratta di un iperboloide. Per stabilire se `e a una o a due falde dobbiamo ricavare la forma canonica.
2. SOLUZIONI
393
– Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo ax2 ± by 2 ± cz 2 − 1 = 0, cerchiamo quindi una equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + t = 0 a cui `e associata la matrice
1 0 B= 0 0
x2 + y 2 − 2z 2 + t = 0
⇒ 0 0 1 0 0 −2 0 0
0 0 0 t
Sappiamo inoltre che det(A′ ) `e un invariante, quindi det(B) = det(A′ ): −2t = 12
⇒
t = −6
Infine possiamo ricavare la forma canonica: 1 2 1 2 1 2 x + y − z −1=0 x2 + y 2 − 2z 2 − 6 = 0 ⇒ 6 6 3 Si tratta quindi di un iperboloide iperbolico, o a una falda. Poich`e `e una conica a centro possiamo determinare centro e assi. Il centro `e dato dalla soluzione del sistema A| − h: x = 2 ⇒ C(2, 0, 0) y=0 −2z = 0 Per trovare gli assi dobbiamo prima 0 0 0 E(1) = N (A − I) : 0 0 0 0 0 −3
determinare gli autospazi: | 0 x = t | 0 ⇒ −3z = 0 ⇒ y = s | 0 z=0
⇒ E(1) = h(1, 0, 0), (0, 1, 0)i 3 0 0 E(−2) = N (A + 2I) : 0 3 0 0 0 0 ⇒ E(−2) = h(0, 0, 1)i
| | |
( 0 3x = 0 0 ⇒ 3y =0 0
x = 0 ⇒ y=0 z=t
In realt`a, non avendo effettuato alcuna rotazione, sapevamo gi` a che gli autovettori sono i vettori della base canonica. Infine gli assi sono le rette per il centro di direzione parallela agli autovettori: x = 2 + t x = 2 x = 2 a1 : a2 : a3 : y=0 y=t y=0 z=0 z=0 z=t
d) Consideriamo la quadrica 5x2 − y 2 + 8xy + 5z 2 − 5z − 2 = 0 le 5 4 0 0 5 4 4 −1 0 0 ′ A = 4 −1 A = 5 , 0 0 5 −2 0 0 0 0 − 25 −2
cui matrici associate sono: 0 0 , 5
21 · 65 6= 0 si tratta di una quadrica non degenere. – Poich´e det(A′ ) = 4 – Calcoliamo gli autovalori di A per stabilire la rotazione: pA (λ) = (5 − λ)(λ2 − 4λ − 21)
Quindi gli autovalori di A sono λ = 5,λ = 7 e λ = −3. Poich´e A ha autovalori disconcordi si tratta di un iperboloide. Per stabilire se `e a una o a due falde dobbiamo trovare la forma canonica. – Sappiamo che la forma canonica sar`a del tipo ax2 ± by 2 ± cz 2 − 1 = 0, cerchiamo quindi una equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + t = 0
⇒
5x2 + 7y 2 − 3z 2 + t = 0
394
14. QUADRICHE
a cui `e associata la matrice
5 0 B= 0 0
0 0 7 0 0 −3 0 0
0 0 0 t
Sappiamo inoltre che det(A′ ) `e un invariante, quindi det(B) = det(A′ ): 21 · 65 ⇒ 4 Infine possiamo ricavare la forma canonica: −105t =
t=
13 4
13 20 2 28 2 12 2 =0 ⇒ x + y − z +1=0 ⇒ 4 13 13 13 20 2 28 2 12 2 − x − y + z −1=0 13 13 13 Effettuando infine la rotazione che lascia fisso y, manda x in z e z in −x otteniamo: 5x2 + 7y 2 − 3z 2 +
12 2 28 2 20 2 x − y − z −1=0 13 13 13 Si tratta quindi di un iperboloide ellittico, o a due falde. Poich`e `e una conica a centro possiamo determinare centro e assi. Il centro `e dato dalla soluzione del sistema A| − h: 5x + 4y = 0 1 4x − y = 0 ⇒ C 0, 0, 2 5z = 5 2 Per trovare gli assi dobbiamo prima determinare gli autospazi: ( 0 4 0 | 0 x = 0 4y = 0 4 −6 0 | 0 ⇒ E(5) = N (A − 5I) : ⇒ y=0 4x − 6y = 0 0 0 0 | 0 z=t ⇒ E(5) = h(0, 0, 1)i
E(7) = N (A − 7I) : ⇒ E(7) = h(2, 1, 0)i E(−3) = N (A + 3I) :
−2 4 0 4 −8 0 0 0 −2
8 4 0 4 2 0 0 0 8
| | |
⇒ E(−3) = h(1, −2, 0)i
| | |
( 0 −2x + 4y = 0 0 ⇒ −2z = 0 0
( 0 4x + 2y = 0 0 ⇒ 8z =0 0
x = 2t ⇒ y=t z=0
x = t ⇒ y = −2t z=0
Infine gli assi sono le rette per il centro di direzione parallela agli autovettori: x=t x = 2t x=0 y = −2t y = t y = 0 a3 : a2 : a1 : 1 1 z = 1 z = z = + t 2 2 2
Esercizio 14.3. Determinare la forma canonica delle seguenti quadriche, ricavando le relazioni che permettono di passare dalle coordinate della forma iniziale alle coordinate della forma canonica e viceversa: a) 5x2 − 4y 2 − 11z 2 − 24yz − 10x − 15 = 0 b) 2x2 + 3y 2 + 3z 2 + 2yz + 2y − 2z − 4 = 0 Soluzione:
2. SOLUZIONI
395
a) Consideriamo la conica 5x2 − 4y 2 − 11z 2 − 24yz − 10x − 15 = 0 e 5 0 0 −5 5 0 0 −4 −12 0 0 −4 A = A′ = 0 −12 −11 0 0 −12 −5 0 0 −15
le matrici associate: 0 −12 −11
Calcoliamo il determinante di A′ (che ci servir`a per trovare la forma canonica): det(A′ ) = 5(−15)(44 − 144) + 5(−5)(44 − 144) = 10000
Quindi si tratta di una conica non degenere. Inoltre
det(A) = 5(44 − 144) 6= 0 ⇒ ellissoide o iperboloide.
Per stabilire se si tratta di un ellissoide o di un iperboloide dobbiamo determinare se gli autovalori di A sono concordi o discordi. pA (λ) = (5 − λ) [(−4 − λ)(−11 − λ) − 144] = (5 − λ) λ2 − 15λ − 100
Quindi gli autovalori sono
λ1 = λ2 = 5,
λ3 = −20
⇒ discordi
⇒ iperboloide
Sappiamo che la forma canonica della quadrica `e del tipo ax2 ± by 2 ± cz 2 − 1 = 0, cerchiamo quindi una equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + t = 0 a cui `e associata la matrice
5 0 B= 0 0
⇒ 0 5 0 0
5x2 + 5y 2 − 20z 2 + t = 0
0 0 −20 0
0 0 0 t
Sappiamo inoltre che det(A′ ) `e un invariante, quindi det(B) = det(A′ ): −500t = 10000
⇒
Infine possiamo ricavare la forma canonica:
t = −20
1 2 1 2 X + Y − Z2 − 1 = 0 4 4 Si tratta quindi di un iperboloide iperbolico, o a una falda. Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il sistema associato a A| − h: 5 0 0 | 5 5 0 0 | 5 x = 1 0 −4 −12 | 0 ⇒ 1/4II 0 −1 −3 | 0 ⇒ y = 0 0 −12 −11 | 0 III − 3II 0 0 25 | 0 z=0 5X 2 + 5Y 2 − 20Z 2 − 20 = 0
⇒
⇒ C (1, 0, 0)
Per determinare la matrice di rotazione dobbiamo trovare gli autospazi: 0 0 0 0 0 0 x = t E(5) = N(A − 5I) : 0 −9 −12 ⇒ −1/3II 0 3 4 ⇒ y = 4s 0 −12 −16 −1/4III 0 4 3 z = −3s 4 3 ⇒ E(5) = h(1, 0, 0), 0, , − i 5 5 25 0 0 25 0 0 x = 0 0 4 −3 ⇒ y = 3t 16 −12 ⇒ 1/4II E(−20) = N(A + 20I) : 0 0 −12 9 1/3III + 1/4II 0 0 0 z = 4t 3 4 i ⇒ E(−20) = h 0, , 5 5 La matrice di rotazione ortonormale speciale `e 1 0 0 3 4 R = 0 5 5 3 4 0 −5 5
396
14. QUADRICHE
Le rototraslazioni per passare dalla forma iniziale a quella canonica e viceversa sono X +1 x X xC y = R · Y + yC = 1 (4Y + 3Z) 5 1 z Z zC 5 (−3Y + 4Z) x−1 X x − xC Y = RT · y − yC = 1 (4y − 3z) 5 1 Z z − zC 5 (3y − 4z)
—————————————————————————————————————————— b) Consideriamo la quadrica 2x2 + 3y 2 + 3z 2 + 2yz + 2y − 2z − 4 = 0 e le matrici associate 2 0 0 0 2 0 0 0 3 1 1 A = 0 3 1 A′ = 0 1 3 −1 0 1 3 0 1 −1 −4 Calcoliamo il determinante di A′ (che ci servir`a per trovare la forma canonica): det(A′ ) = 2 · [3(−13) − (−3) + (−4)] = −80 quindi I4 6= 0 e si tratta di una quadrica non degenere. Inoltre det(A) = 2 · 8 = −16
⇒ ellissoide o iperboloide
Calcoliamo gli autovalori di A pA (λ) = (2 − λ)(λ2 − 6λ + 8) Quindi gli autovalori sono λ1 = λ2 = 2,
λ3 = 4
⇒ concordi
⇒ ellissoide (reale)
Possiamo ora ricavare la forma canonica. Sappiamo infatti che la forma canonica della quadrica `e del tipo ax2 + by 2 + cz 2 ± 1 = 0, cerchiamo quindi una equazione del tipo λ1 x 2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + t = 0
a cui `e associata la matrice
2 0 B= 0 0
⇒ 0 2 0 0
2x2 + 2y 2 + 4z 2 + t = 0
0 0 0 0 4 0 0 t
Sappiamo inoltre che det(A′ ) `e un invariante, quindi det(B) = det(A′ ): −16t = 80
⇒
t = −5
Infine la forma canonica `e: 2X 2 + 2Y 2 + 4Z 2 − 5 = 0
⇒
2 2 2 2 4 2 X + Y + Z −1=0 5 5 5
Si tratta in effetti di ellissoide reale. Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il sistema Ax = −h: 2 0 0 | 0 2 0 0 | 0 x = 0 1 1 0 3 1 | −1 ⇒ y = − 1 0 3 1 | −1 ⇒ , ⇒ C 0, − 2 2 2 3III − II 0 0 8 | 4 0 1 3 | 1 z=1 2
Per determinare la matrice di rotazione dobbiamo trovare gli autospazi: 0 0 0 x = t 1 1 ⇒ E(2) = h(1, 0, 0), 0, √ , − √ i E(2) = N(A − 2I) : 0 1 1 ⇒ y = s 2 2 0 1 1 z = −s −2 0 0 x = 0 1 1 √ √ 0 −1 1 ⇒ y = t i , ⇒ E(4) = h 0, E(4) = N(A − 4I) : 2 2 0 1 −1 z=t
2. SOLUZIONI
397
La matrice di rotazione ortonormale speciale `e 1 0 0 1 1 √ √ R = 0 2 2 1 √ 0 − 2 √12
Le rototraslazioni per passare dalla forma iniziale a quella canonica e viceversa sono X xC X x 1 1 y = R · Y + yC = √2 (Y + Z) − 2 √1 (−Y + Z) + 1 zC Z z 2 2 x x − xC X Y = RT · y − yC = √12 (y − z + 1) √1 (y + z) z − zC Z 2
Esercizio 14.4. Determinare la forma canonica della seguente quadrica, ricavando le relazioni che permettono di passare dalle coordinate della forma iniziale alle coordinate della forma canonica e viceversa: 2x2 + y 2 + z 2 − 2yz − 4y + 3z + 1 = 0 Soluzione: Consideriamo l’equazione 2x2 + y 2 + z 2 − 2yz − 4y + 3z + 1 = 0 e la matrice A′ associata: 2 0 0 0 0 1 −1 −2 A′ = 3 0 −1 1 2 1 0 −2 23
E’ immediato verificare che det(A′ ) 6= 0 e rg(A) = 2, quindi si tratta di un paraboloide. Per determinare la forma canonica dobbiamo effettuare le due operazioni di ROTAZIONE e TRASLAZIONE. • ROTAZIONE. Dobbiamo determinare una base ortonormale di R3 formata da autovettori di A. 2−λ 0 0 1−λ −1 = (2 − λ)(λ2 − 2λ) pA (λ) = det 0 0 −1 1−λ Quindi gli autovalori sono
λ1 = λ2 = 2,
λ3 = 0
Calcoliamo ora l’autospazio E(2) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 2I: 0 0 0 | 0 x = t 0 −1 −1 | 0 ⇒ y = s 0 −1 −1 | 0 z = −s E(2) = h (1, 0, 0), (0, 1, −1) i
Analogamente calcoliamo l’autospazio E(0) 2 0 0 | 0 1 −1 | 0 −1 1 |
risolvendo il sistema omogeneo associato a A: 0 x = 0 0 ⇒ y=t 0 z=t
E(0) = h (0, 1, 1) i
Notiamo che i vettori presi come generatori degli autospazi sono gi` a tra loro ortogonali, quindi per ottenere una base ortonormale `e sufficienti renderli di norma 1: 1 1 i E(2) = h (1, 0, 0), 0, √ , − √ 2 2 1 1 E(0) = h 0, √ , √ i 2 2
398
14. QUADRICHE
La matrice R di cambiamento di base, di determinante 1, ovvero la matrice di rotazione, `e la matrice che ha tali vettori come colonne: 1 0 0 1 0 0 √1 √1 ⇒ RT = 0 √1 − √12 R = 0 2 2 2 1 1 1 √1 0 − √2 √2 0 √2 2 Introducendo delle nuove coordinate X, Y e Z si ha che X x x X Y = RT y y = R Y e Z z z Z
Da quest’ultimo cambio di coordinate otteniamo: X = x x = X Y = √12 (y − z) y = √12 (Y + Z) e z = √12 (−Y + Z) Z = √12 (y + z)
Sostituendo tali valori nell’equazione della quadrica e semplificando otteniamo l’equazione: 1 7 2X 2 + 2Y 2 − √ Y − √ Z + 1 = 0 2 2
• TRASLAZIONE. Dobbiamo ora effettuare la traslazione. Completiamo i quadrati: 1 7 2X 2 + 2 Y 2 − √ Y − √ Z + 1 = 0 2 2 2 2 ! 7 49 1 7 2 2 √ 2X + 2 Y − √ Y − − √ Z +1− =0 16 2 2 4 2 2 2 7 33 1 2X 2 + 2 Y − √ −√ Z− =0 16 4 2 2 √ ! 2 33 2 1 7 2 Z− =0 −√ 2X + 2 Y − √ 16 4 2 2 Infine il cambiamento di coordinate `e ′ x′ = x x = X 1 7 ′ ′ 7 y =√ y−z− y =Y − √ ⇒ 6 2 4 √2 1 33 33 2 z ′ = Z − z ′ = √ y+z− 8 2 16 L’equazione della quadrica (parabolide ellittico) diventa quindi: √ √ 1 2x′2 + 2y ′2 − √ z ′ = 0 ⇒ 2 2x′2 + 2 2y ′2 − z ′ = 0 2 Notiamo che il cambio inverso di coordinate `e x = x′ 1 47 y = √ (y ′ + z ′ ) + 16 2 19 1 ′ ′ z = √ (−y + z ) + 16 2
Esercizio 14.5. Sia Q la quadrica di equazione Q :
3x2 + 3y 2 − z 2 − 2xy − 4z = 0.
a) Stabilire se Q ´e degenere o meno, e di quale tipo di quadrica si tratti. Se ´e una quadrica a centro determinare le coordinate del centro. a) Trovare gli assi (o l’asse) di simmetria di Q e determinare coordinate omogenee dei punti all’infinito degli assi di simmetria. Soluzione:
2. SOLUZIONI
a) Consideriamo le matrici associate 3 −1 −1 3 A′ = 0 0 0 0
399
alla quadrica: 0 0 3 0 0 −1 A = −1 −2 0 −2 0
Riducendo A′ a gradini otteniamo:
3 3II + I 0 0 IV − 2III 0
−1 0 8 0 0 −1 0 0
−1 0 3 0 0 −1
0 0 −2 4
Quindi rg(A′ ) = 4 e rg(A) = 3, e si tratta di una quadrica non degenere a centro. Per stabilire se si tratta di un ellissoide o di un iperboloide dobbiamo determinare gli autovalori di A. pA (λ) = (−1 − λ)(λ − 4)(λ − 2)
Quindi gli autovalori sono λ1 = −1,
λ2 = 4,
λ3 = 2
′
⇒ discordi
⇒ iperboloide
Notiamo inoltre che det(A ) = −8 < 0, quindi si tratta di iperboloide a 2 falde o ellittico. Determiniamo le coordinate del centro risolvendo il sistema associato a A| − h e considerando la matrice gi´ a ridotta 3 −1 0 | 0 x = 0 0 8 0 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ C = (0, 0, −2) 0 0 −1 | 2 z = −2
b) Gli assi della quadrica sono le rette per il centro con direzione data dagli autovettori della matrice A. Calcoliamo l’autospazio E(−1) risolvendo il sistema omogeneo associato a A + I: 4 −1 0 | 0 x = 0 −1 4 0 | 0 ⇒ y = 0 ⇒ E(−1) = h (0, 0, 1) i 0 0 0 | 0 z=t Calcoliamo l’autospazio E(2) 1 −1 0 | −1 1 0 | 0 0 −3 | Calcoliamo l’autospazio −1 −1 0 −1 −1 0 0 0 −5
risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 2I: 0 x = t 0 ⇒ y = t ⇒ E(2) = h (1, 1, 0) i 0 z=0
E(4) risolvendo il sistema omogeneo associato a A − 4I: | 0 x = t | 0 ⇒ y = −t ⇒ E(4) = h (1, −1, 0) i | 0 z=0
Gli assi sono quindi: x = 0 a1 = y = 0 z = −2 + t
x = t a2 = y = t z = −2
Inoltre i punti all’infinito degli assi sono: P1 = (0, 0, 1, 0),
P2 = (1, 1, 0, 0),
x = t a3 = y = −t z = −2
P3 = (1, −1, 0, 0)
Esercizio 14.6. Sia Q la quadrica di equazione
Q : xz − y 2 − 4z 2 = 0
a) Riconoscere la quadrica b) Se la quadrica `e a centro, determinare coordinate del centro di simmetria ed equazioni degli assi di simmetria.
400
14. QUADRICHE
c) L’intersezione di Q con il piano π di equazione y = 1 `e una conica del piano π. Stabilire il tipo di conica. Soluzione: La matrice A′ associata alla quadrica `e
0 0 ′ A = 1 2 0
1 0 2 −1 0 0 −4 0 0
0 0 0 0
a) Poich´e det(A′ ) = 0 la quadrica `e degenere. Inoltre det(A) = 14 6= 0, quindi rg(A) = 3 e si tratta di un cono. b) Risolviamo il sistema A| − h per determinare il centro della quadrica
1 0 2 −1 0 0 −4
0 0 1 2
| | |
1 0 2z = 0 0 ⇒ −y = 0 1 0 2 x − 4z = 0
⇒ C(0, 0, 0)
Per determinare gli assi dobbiamo prima trovare gli autospazi di A:
1 −λ 0 2 0 pA (λ) = det 0 −1 − λ 1 0 −4 −λ 2 1 = (−1 − λ) 4λ + λ2 − 4
= −λ(−1 − λ)(−4 − λ) − 1 (−1 − λ) 4
Quindi gli autovalori di A sono √ −4 + 17 λ= , 2
λ = −1,
√ −4 − 17 λ= 2
Inoltre
1 E(−1) = N (A + I) : 0
E(−1) = h (0, 1, 0) i
E
√ ! −4 + 17 =N 2
1 2
0 0 0
1 2
2 0 0 0 0 ⇒ 2II − I 0 0 3 2I
√ ! −4 + 17 A− : 2
4−
√ 2 0
17
1 0 11 2
x = 0 ⇒ y=t z=0
0 √ 2 − 17 2
⇒
1 2 0
⇒
√ −4 − 17 2 √ √ 0√ 1 4 − 17 0√ 2I 4 − 17 ⇒ 2II 0 2 − 17 0√ 0 2 − 17 √ 2III (4 − 17)III − I 0 0 1 0 −4 − 17 ! √ x = t √ −4 + 17 ⇒E = h (1, 0, 17 − 4) i ⇒ y=0 √ 2 z = ( 17 − 4)t 1 2
0
1 0 0
2. SOLUZIONI
E
√ ! −4 − 17 =N 2
√ ! −4 − 17 A− : 2
4+
√
401
17
2 0
0 √ 2 + 17 2
1 2 0
⇒
√ −4 + 17 0 2 √ √ 0√ 1 4 + 17 0√ 2I 4 + 17 ⇒ 2II 0 2 + 17 0√ 17 0 2 + √ 2III (4 + 17)III − I 0 0 1 0 −4 + 17 √ ! x = t √ −4 − 17 ⇒ y=0 = h (1, 0, − 17 − 4) i ⇒E √ 2 z = (− 17 − 4)t 1 2
1 0 0
Infine gli assi sono le rette per il centro di direzione parallela agli autovettori: x = 0 x = t x = t a1 : a3 : a2 : y=t y=0 y=0 √ √ z=0 z = (− 17 − 4)t z = ( 17 − 4)t
c) Intersechiamo Q con il piano π di equazione y = 1, ottenendo la conica −4z 2 + xz − 1 = 0. La matrice B ′ associata a tale conica `e: 1 0 0 2 1 −4 0 2 0 0 −1 Poich´e det(B ′ ) 6= 0 `e una conica non degenere. Inoltre 1 1 −λ 2 pB (λ) = det 1 = λ2 + 4λ − −4 − λ 4 2
Quindi B ha autovalori √ −4 + 17 , 2 discordi e si tratta di un’iperbole. λ=
λ=
√ −4 − 17 2
Esercizio 14.7. Sia Q la quadrica di equazione
Q : x2 − 2y 2 + yz = 0
a) Riconoscere la quadrica b) Se la quadrica `e a centro, determinare coordinate del centro di simmetria ed equazioni degli assi di simmetria. c) L’intersezione di Q con il piano π di equazione x = 0 `e una conica del piano π. Stabilire il tipo di conica. Soluzione: La matrice A′ associata alla quadrica `e
1 0 0 −2 A′ = 0 1 2 0 0
0 1 2
0 0
0 0 0 0
a) Poich´e det(A′ ) = 0 la quadrica `e degenere. Inoltre det(A) = − 14 6= 0, quindi rg(A) = 3 e si tratta di un cono. b) Risolviamo il sistema A| − h per determinare il centro della quadrica 1 0 0 | 0 x = 0 0 −2 1 | 0 ⇒ −2y + 1 z = 0 ⇒ C(0, 0, 0) 2 2 1 0 12 0 | 0 y = 0 2
402
14. QUADRICHE
Per determinare gli assi dobbiamo prima trovare gli autospazi di A: 1−λ 0 0 1 1 −2 − λ 12 = (1 − λ) −λ(−2 − λ) − = (1 − λ) λ2 + 2λ − pA (λ) = det 0 4 4 1 0 −λ 2 Quindi gli autovalori di A sono λ = 1, Inoltre
−2 + λ= 2
√ 5
,
−2 − λ= 2
√
5
x = t 1 ⇒ y = 0 ⇒ E(1) = h (1, 0, 0) i 2 0 z=0 √ 4− 5 0 0 √ ! √ ! √ 2 −2 + 5 −2 + 5 −2 − 5 1 ⇒ E =N A− I : 0 2 2 2 2√ 2− 5 1 0 2 2 √ √ 0√ 0 4− 5 0√ 0 2I 4 − 5 0 2II 0 −2 − 5 1√ ⇒ −2 − 5 1 √ 2III (2 + 5)III + II 0 0 0 0 1 2− 5 √ ! x = 0 √ −2 + 5 ⇒ y=t = h (0, 1, 2 + 5) i ⇒E √ 2 z = (2 + 5)t
0 0 E(1) = N (A − I) : 0 −3 0 12
0
√ 4+ 5 0 0 √ ! √ ! √ 2 −2 − 5 −2 − 5 1 ⇒ −2 + 5 =N A− I : 0 E 2 2 2 2√ 1 2+ 5 0 2 2 √ √ 0√ 0 2I 4 + 5 4+ 5 0√ 0 0 2II 0 1√ ⇒ −2 + 5 −2 + 5 1 √ 2III (2 − 5)III + II 0 0 0 0 1 2+ 5 √ ! x = 0 √ −2 − 5 == h (0, 1, 2 − 5) i ⇒E ⇒ y=t √ 2 z = (2 − 5)t
Infine gli assi sono le rette per il centro di direzione parallela agli autovettori: x = t x = 0 x = 0 a1 : a2 : a3 : y=0 y=t y=t √ √ z=0 z = (2 + 5)t z = (2 − 5)t
c) Intersechiamo Q con il piano π di equazione x = 0, ottenendo la conica −2y 2 + yz = 0. Anche senza determinare la matrice associata a tale conica `e immediato verificare che `e una conica degenere che si spezza nelle due rette y = 0 e −2y + z = 0, ovvero nelle rette di R3 ( ( x=0 x = 0 x=0 x=0 r1 : ⇒ y=0 r2 : ⇒ y=t y=0 −2y + z = 0 z=t z = 2t Notiamo che le due rette si intersecano nel centro C della quadrica.
Esercizio 14.8. Sia Q la quadrica di equazione √ √ Q : x2 + z 2 + 2xz + 2 2x + 2z + 2y + 4 = 0 a) Riconoscere la quadrica.
2. SOLUZIONI
403
b) Studiare la conica che si ottiene intersecando la quadrica Q con il piano z = 0 (tipo, forma canonica,...). Soluzione: La matrice A′ associata alla quadrica `e
1 0 A′ = 1 √ 2
√ 2 0 1 0 0 √1 0 √1 2 1 2 4
a) Notiamo che A′ ha due righe uguali, quindi Calcoliamo il rango di A′ : 1 0 III − √I 0 IV − 2I 0
det(A′ ) = 0 e si tratta di una quadrica degenere.
0 0 0 1
1 0 0 0
√ 2 1 0 2
quindi rg(A′ ) = 3 e si tratta di una quadrica degenere irriducibile. Inoltre det(A) = 0, quindi si tratta di un cilindro. Per stabilire il tipo di cilindro dobbiamo calcolare gli autovalori di A: 1−λ 0 1 −λ 0 = −λ2 (1 − λ) pA (λ) = det 0 0 0 −λ
Quindi A ha autovalori λ1 = λ2 = 0 e λ3 = 1 e
I 2 = λ1 λ2 + λ1 λ3 + λ2 λ3 = 0 Si tratta infine di un cilindro parabolico. b) Intersecando la quadrica con il piano z = 0 otteniamo la conica √ C : x2 + 2 2x + 2y + 4 = 0 Notiamo che l’equazione pu` o essere riscritta nella forma (nota dalle superiori) √ 1 y = − x2 − 2x − 2 2 √ √ Si tratta quindi di una parabola con asse verticale di vertice V (− 2, −1) e asse x = − 2. In alternativa per calcolare asse e vertice possiamo studiare (complicando un po’ le cose) le matrici associate alla conica. √ 1 0 2 A′ = √0 0 1 2 1 4 Poich´e det(A′ ) = −1 6= 0 si tratta di una conica non degenere. Inoltre det(A) = 0 quindi si tratta di una parabola. Per calcolare asse e vertice dobbiamo calcolare gli autovalori di A: 1−λ 0 pA (λ) = det = −λ(1 − λ) 0 −λ
Quindi gli autovalori sono λ = 0, 1. L’asse ha direzione parallela all’autovalore relativo a λ = 0. Calcoliamo quindi E(0): ( x=0 1 0 ⇒ ⇒ E(0) = h(0, 1)i 0 0 y=t La direzione ortogonale all’asse `e quindi (1, 0) e una retta ortogonale all’asse `e ( x=t ⇒ y=0 y=0 Calcoliamo i punti D e E di intersezione di tale retta con la parabola e quindi il loro punto medio M : √ √ √ x2 + 2 2x + 4 = 0 ⇒ x1,2 = − 2 ± −2
404
14. QUADRICHE
√ Quindi xM = − 2 e yM = 0. L’asse `e quindi la retta di direzione (0, 1) passante per M : ( √ √ x=− 2 ⇒ x=− 2 y=t √ Infine il vertice `e dato dall’intersezione tra asse e parabola: V (− 2, −1). Sappiamo che la forma canonica di una parabola `e del tipo x2 − 2py = 0, cerchiamo quindi una equazione del tipo λ1 x2 + 2ty = 0. Sapendo che λ1 = 1 la matrice associata a tale equazione `e 1 0 0 B = 0 0 t 0 t 0 Poich`e I3 = det(A′ ) = det(B) otteniamo t = ±1. Infine la forma canonica `e x2 − 2y = 0.
Esercizio 14.9. Sia Q la quadrica di equazione
Q : (1 + 2k)x2 + y 2 + z 2 + 2kyz − kz = 1 + k
a) Per quali valori del parametro reale k la quadrica Q `e un paraboloide? b) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di paraboloide (ellittico o iperbolico). c) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di coniche che si ottengono intersecando Q con il piano z = 0. Soluzione: La matrice A′ associata alla quadrica `e 1 + 2k 0 ′ A = 0 0
0 1 k 0
0 k 1 − k2
0 0 − k2 −1 − k
a,b) Q `e un paraboliode se `e non degenere e det(A) = 0. Cominciamo a calcolare il determinante di A: 1 det(A) = (1 + 2k) · (1 − k 2 ) = 0 ⇒ k = − , 1, −1 2 Consideriamo i tre casi 1 – Se k = − una riga di A′ si annulla, quindi det(A′ ) = 0 e si tratta di una conica degenere. 2 – Se k = 1, la matrice A′ diventa 3 0 0 0 0 1 1 1 0 ′ A′ = 0 1 1 − 1 ⇒ det(A ) = − 2 2 0 0 − 12 −2 In questo caso si tratta di una conica non degenere. Inoltre pA (λ) = (3 − λ) (1 − λ)2 − 1 = (3 − λ)(λ2 − 2λ)
quindi gli autovalori non nulli di paraboloide ellittico. – Se k = −1, la matrice A′ diventa −1 0 0 1 A′ = 0 −1 0 0
A sono λ = 3, 2. Poich´e sono concordi si tratta di un
0 −1 1 1 2
0 1 0 ′ 1 ⇒ det(A ) = 4 2 0
In questo caso si tratta di una conica non degenere. Inoltre pA (λ) = (−1 − λ) (1 − λ)2 − 1 = (−1 − λ)(λ2 − 2λ)
quindi gli autovalori non nulli di A sono λ = −1, 2. Poich´e sono discordi si tratta di un paraboloide iperbolico.
2. SOLUZIONI
405
c) Intersecando Q con il piano z = 0 otteniamo la conica
C : (1 + 2k)x2 + y 2 = 1 + k
Consideriamo ora i due valori di k trovati ai punti precedenti. – Se k = 1 otteniamo la conica 3 2 1 2 x + y −1=0 C : 3x2 + y 2 = 2 ⇒ 2 2 In questo caso otteniamo quindi un’ellisse. – Se k = −1 otteniamo la conica C : −x2 + y 2 = 0
⇒
(−x + y)(x + y) = 0
Si tratta quindi di una conica degenere data dalle due rette ( ( x−y =0 x+y =0 r1 : , r2 : z=0 z=0 Esercizio 14.10. Sia Q la quadrica di equazione
Q : x2 + (1 + 2k)y 2 + z 2 + 2kxz − kz = 1 + k
a) Per quali valori del parametro reale k la quadrica Q `e un paraboloide? b) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di paraboloide (ellittico o iperbolico). c) Per i valori di k determinati al punto a), stabilire il tipo di coniche che si ottengono intersecando Q con il piano z = 0. Soluzione: La matrice A′ associata alla quadrica `e 1 0 ′ A = k 0
0 1 + 2k 0 0
k 0 1 − k2
0 0 − k2 −1 − k
a,b) Q `e un paraboliode se `e non degenere e det(A) = 0. Cominciamo a calcolare il determinante di A: 1 det(A) = (1 + 2k) · 1 − k 2 = 0 ⇒ k = − , −1, 1 2 Consideriamo i tre casi 1 – Se k = − una riga di A′ si annulla, quindi det(A′ ) = 0 e si tratta di una conica degenere. 2 – Se k = 1, la matrice A′ diventa 1 0 1 0 0 3 0 3 0 ′ A′ = 1 0 1 − 1 ⇒ det(A ) = − 4 2 0 0 − 12 −2 In questo caso si tratta di una conica non degenere. Inoltre pA (λ) = (3 − λ) (1 − λ)2 − 1 = (3 − λ)(λ2 − 2λ)
quindi gli autovalori non nulli di A sono λ = 3, 2. Poich´e sono concordi si tratta di un paraboloide ellittico. – Se k = −1, la matrice A′ diventa 1 0 −1 0 0 −1 0 0 ⇒ det(A′ ) = 1 A′ = −1 0 1 − 12 4 0 0 0 − 12 In questo caso si tratta di una conica non degenere. Inoltre pA (λ) = (−1 − λ) (1 − λ)2 − 1 = (−1 − λ)(λ2 − 2λ)
quindi gli autovalori non nulli di A sono λ = −1, 2. Poich´e sono discordi si tratta di un paraboloide iperbolico.
406
14. QUADRICHE
c) Intersecando Q con il piano z = 0 otteniamo la conica
C : x2 + (1 + 2k)y 2 = 1 + k
Consideriamo ora i due valori di k trovati ai punti precedenti. – Se k = −1 otteniamo la conica C : x2 − y 2 = 0
⇒
(x − y)(x + y) = 0
Si tratta quindi di una conica degenere data dalle due rette ( ( x−y =0 x+y =0 r1 : , r2 : z=0 z=0 – Se k = 1 otteniamo la conica C : x2 + 3y 2 = 2
⇒
1 2 3 2 x + y −1=0 2 2
In questo caso otteniamo quindi un’ellisse.
CAPITOLO 15
Coordiante omogenee e proiezioni Esercizio 15.1. Utilizzando le coordinate omogenee, determinare l’equazione della retta r passante → per i punti A(2, 3) e B(−1, 0) e della retta s passante per A e di direzione − v (1, 2). Determinare inoltre il punto improprio di r e s. Esercizio 15.2. Utilizzando le coordinate omogenee, determinare l’equazione del piano π1 passante per i punti A(2, 3, 0), B(3, 1, −1) e C(0, 0, 1) e del piano π2 passante per A e B e parallelo alla retta x + y = x − z = 0. Esercizio 15.3. Stabilire se il piano di coordinate omogenee N = (1, −2, 0, −3) passa per il punto P (1, −1, 2). Esercizio 15.4. Determinare un’equazione parametrica della retta r passante per i punti A(1, 2, −5) e B(−1, 0, 3), e trovarne il punto all’infinito. Esercizio 15.5. Si consideri la proiezione centrale T sul piano x + y = 1 dal centro C(1, 2, −1). Dopo avere determinato la matrice di T , stabilire in cosa vengono trasformati i punti A(1, 5, 0) e B(1, 0, 0). Esercizio 15.6. Determinare la matrice della proiezione parallela T sul piano x − y + 2z = 0 di → direzione − v = (1, 0, −1). Dopo avere determinato la matrice di T , stabilire in cosa viene trasformata la retta r : x + y = z = 0. Esercizio 15.7. Sia π il piano di equazione x + 2y − z = 0 e C il punto di coordinate (0, 1, −1). a) Si determini la matrice della proiezione dal centro C sul piano di vista π. b) Si trovino equazioni delle proiezioni delle rette r:
x+y =x+z−1=0
s:
x=y =z+1
→ Esercizio 15.8. Sia π il piano di equazione 3x − y + z = 1 e − v il vettore (1, 1, 1). → a) Si determini la matrice della proiezione parallela nella direzione di − v sul piano di vista π. b) Stabilire se si tratta di una proiezione ortogonale o obliqua. Esercizio 15.9. Siano M = (1, 1, 1), N = (3, 2, 1), L = (1, 2, 2) punti dello spazio R3 . Sia C = (−1, 0, 1). a) Si calcoli l’area del triangolo M N L. b) Si determini l’insieme M ′ N ′ L′ che si ottiene proiettando il triangolo M N L dal centro C sul piano x + y = 0. c) Si calcoli l’area del triangolo M ′ N ′ L′ . Esercizio 15.10. Sia r la retta dello spazio di equazioni cartesiane r : 2x − y + 1 = x − z = 0. (a) Si trovino equazioni cartesiane ed equazioni parametriche della retta r′ ottenuta proiettando r sul piano x + y + z = 0 dal centro C = (2, 1, 1). (b) Trovare coordinate omogenee del punto all’infinito della retta r′ e stabilire se r e r′ sono parallele. Esercizio 15.11. Sia π il piano dello spazio di equazione cartesiana π : x − y + z + 1 = 0. a) Si calcoli la matrice della proiezione sul piano π dal centro di proiezione C = (1, 1, 1). b) Si calcoli il punto improprio P∞ della retta r : x − y = z = 0 e la proiezione di P∞ sul piano π (dal centro C). Cosa si pu` o dire della posizione reciproca di r e π? 407
408
15. COORDIANTE OMOGENEE E PROIEZIONI
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1. Suggerimenti • Proiezioni. Un piano ax+by+cz+d = 0 ha coordinate omogenee N (a, b, c, d). Un punto P (a, b, c) → ha coordinate omogenee P (a, b, c, 1). Un direzione − v (a, b, c) corrisponde al punto improprio P∞ (a, b, c, 0). → La matrice della proiezione T su un piano π da un punto P o di direzione − v si ottiene nel seguente modo. Indicate con N le coordinate omogenee del piano e con C le coordinate omogenee del centro o della direzione della proiezione si ha M = N t C − (N C)I4
⇒
T (A) = AM
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2. Soluzioni Esercizio 15.1. Utilizzando le coordinate omogenee, determinare l’equazione della retta r passante → per i punti A(2, 3) e B(−1, 0) e della retta s passante per A e di direzione − v (1, 2). Determinare inoltre il punto improprio di r e s. Soluzione: Consideriamo la retta r. I equazione X r : det 2 −1
punti A e B hanno coordinate omogenee A(2, 3, 1) e B(−1, 0, 1), quindi r ha Y 3 0
Z 1 = 0 1
⇒
3X − 3Y + 3Z = 0
⇒
r : X −Y +Z =0
Un’equazione cartesiana di r `e quindi x − y + 1 = 0. Per trovare il punto improrio di r la cosa pi` u semplice `e porre Z = 0 nell’equazione omogenea ottenendo X = Y . Di conseguenza il punto improprio `e P∞ (1, 1, 0). → Notiamo che il punto improprio corrisponde alla direzione − v (1, 1) della retta. Consideriamo la retta s. La direzione stessa formula precedente otteniamo X Y s : det 2 3 1 2
− → v corrisponde al punto improrpio P∞ (1, 2, 0). Utilizzando la Z 1 = 0 0
⇒
s : −2X + Y + Z = 0
Un’equazione cartesiana di s `e quindi −2x + y + 1 = 0. In questo caso abbiamo gi` a determinato il punto improrpio P∞ (1, 2, 0). In ogni caso per determinarlo, come nel caso precedente era sufficiente porre Z = 0 nell’equazione omogenea ottenendo Y = 2X. Di conseguenza il punto improprio `e P∞ (1, 2, 0). Esercizio 15.2. Utilizzando le coordinate omogenee, determinare l’equazione del piano π1 passante per i punti A(2, 3, 0), B(3, 1, −1) e C(0, 0, 1) e del piano π2 passante per A e B e parallelo alla retta x + y = x − z = 0. Soluzione: I punti A, B e C hanno coordinate omogenee A(2, 3, 0, 1), B(3, 1, −1, 1) e C(0, 0, 1, 1), quindi π ha equazione X Y Z W 2 3 0 1 π1 : det 3 1 −1 1 = 0 ⇒ π1 : −5X + Y − 7Z + 7W = 0 0 0 1 1
Un’equazione cartesiana di π1 `e quindi 5x − y + 7z − 7 = 0.
2. SOLUZIONI
409
La retta x + y = x − z = 0 ha equazione parametrica x = t y = −t ∀t ∈ R z=t → quindi ha direzione − v (1, −1, 1) a cui corrisponde il punto improprio P∞ (1, −1, 1, 0). Utilizzando la formula precedente si ottiene: X Y Z W 2 3 0 1 = 0 ⇒ π2 : −3X − 2Y + Z + 12W = 0 π2 : det 3 1 −1 1 1 −1 1 0
Un’equazione cartesiana di π2 `e quindi 3x + 2y − z = 12. Notiamo che per semplificare i conti nel calcolo del determinante `e possibile effettuare alcune operazioni di riduzione sulla matrice in modo da ottenere alcuni termini nulli. Le operazioni di riduzione non alterano infatti il rango della matrice, quindi se A′ `e la matrice ridotta, si ha det(A) = 0 se e solo se det(A′ ) = 0. Ad esempio: X Y Z W X Y Z W X Y Z W 2 2 2 3 0 1 3 0 1 3 0 1 ′ ⇒ ⇒ A= 1 −2 −1 0 = A 3 III − II 1 −2 −1 0 1 −1 1 IV + III 2 1 0 0 1 −1 1 0 1 −1 1 0
Ora, imponendo det(A′ ) = 0 si ottiene la medesima equazione π2 : −3X − 2Y + Z + 12W = 0.
Esercizio 15.3. Stabilire se il piano di coordinate omogenee N = (1, −2, 0, −3) passa per il punto P (1, −1, 2). Soluzione: Il piano di coordinate omogenee N = (1, −2, 0, −3) `e il piano X − 2Y − 3W = 0, cio`e x − 2y − 3 = 0. Il punto P appartiene al piano se le sue coordinate soddisfano l’equazione. Poich`e 1 − 2(−1) − 3 = 0 il punto appartiene al piano. In alternativa si potevano calcolare le coordinate omogenee di P (1, −1, 2, 1) e P appartiene al piano se N · P = 0. Infatti N · P = 1 · 1 + (−2) · (−1) + 0 · 2 + (−3) · 1 = 0. Esercizio 15.4. Determinare un’equazione parametrica della retta r passante per i punti A(1, 2, −5) e B(−1, 0, 3), e trovarne il punto all’infinito. Soluzione: → La retta r ha direzione AB = (−2, −2, 8) cio`e − v = (1, 1, −4). Un’equazione parametrica di r `e x = −1 + t ∀t ∈ R r: y=t z = 3 − 4t
Il punto improprio di r corrisponde alla sua direzione ed `e P∞ (1, 1, −4, 0). In alternativa si potevano utilizzare la coordinate omogenee A(1, 2, −5, 1) e B(−1, 0, 3, 1) dei suoi due punti. r `e data dall’insieme dei punti αA + βB al variare di α e β in R: r : (α − β, 2α, −5α + 3β, α + β)
Il suo punto improrio si ottiene quando α + β = 0 ed `e (2α, 2α, −8α, 0) = (2, 2, −8, 0) = (1, 1, −4, 0) = P∞ . Per ottenere un’equazione parametrica cartesiana basta dividere per α + β: α−β x = α+β 2α α−β 2α −5α + 3β y = r: ∀α, β ∈ R ⇒ r: , , α +β α+β α+β α+β −5α + 3β z = α+β
410
15. COORDIANTE OMOGENEE E PROIEZIONI
Notiamo che bench`e l’equazione ottenuta appaia notevolmente differente `e abbastanza facile ricondurci da α = t. questa equazione a quella precedente ponendo α+β ——————————————————————————————————————————————Una proiezione centrale T da un punto C su un piano π di coordinate omogeneee N , o una proiezione parallela T da un punto improprio C (corrispondente alla direzione della proiezione) su un piano π di coordinate omogeneee N ha matrice M = N t C − (N · C) I4
Inoltre la proiezione T trasforma il generico punto P nel punto P ′ = T (P ), appartenente a π, nel seguente modo: P ′ = T (P ) = P · M
Il piano π `e detto piano di vista. Una proiezione parallela `e detta ortogonale se ha direzione ortogonale al piano di vista, mentre `e detta obliqua in caso contrario. —————————————————————————————————— ————————————Esercizio 15.5. Si consideri la proiezione centrale T sul piano x + y = 1 dal centro C(1, 2, −1). Dopo avere determinato la matrice di T , stabilire in cosa vengono trasformati i punti A(1, 5, 0) e B(1, 0, 0). Soluzione: Il piano di vista ha coordinate omogenee 1 1 1 1 t N C= 0 · 1 2 −1 1 = 0 −1 −1 Quindi
N (1, 1, 0, −1) e C ha coordinate omogenee C(1, 2, −1, 1), quindi 2 −1 1 2 −1 1 e N · C = 1 · 1 + 1 · 2 + 0 + (−1) · 1 = 2 0 0 0 −2 1 −1
−1 2 −1 1 0 −1 t M = N C − 2I4 = 0 0 −2 −1 −2 1
1 1 0 −3
Passando alle coordinate omogenee, il punto A(1, 5, 0, 1) viene trasformato nel punto −1 2 −1 1 1 0 −1 1 = 3 0 −5 3 A′ = T (A) = A · M = 1 5 0 1 · 0 0 −2 0 −1 −2 1 −3 5 ⇒ A′ = (3, 0, −5, 3) = 1, 0, − , 1 3 5 ′ Infine, tornando alle coordinate cartesiane, A `e trasformato nel punto A 1, 0, − . 3 Analogamente il punto B di coordinate omogenee B(1, 0, 0, 1) viene trasformato nel punto −1 2 −1 1 1 0 −1 1 = −2 0 0 −2 B ′ = T (B) = B · M = 1 0 0 1 · 0 0 −2 0 −1 −2 1 −3 ⇒ B ′ = (−2, 0, 0, −2) = (1, 0, 0, 1)
Infine, tornando alle coordinate cartesiane, B `e trasformato nel punto B ′ (1, 0, 0) = B. Potevamo osservare dall’inizio che, poich´e B appartiene al piano di vista, viene trasformato in se stesso dalla proiezione. Esercizio 15.6. Determinare la matrice della proiezione parallela T sul piano x − y + 2z = 0 di → direzione − v = (1, 0, −1). Dopo avere determinato la matrice di T , stabilire in cosa viene trasformata la retta r : x + y = z = 0.
2. SOLUZIONI
Soluzione: Il piano di vista ha coordinate omogenee N (1, −1, 2, 0) improrio C = C∞ (1, 0, −1, 0), quindi 1 1 −1 −1 t N C= 2 · 1 0 −1 0 = 2 0 0 Quindi
411
− e la direzione → v = (1, 0, −1) corrisponde al punto 0 −1 0 1 0 −2 0 0
2 −1 t M = N C + I4 = 2 0
0 1 0 0
0 0 0 0 −1 1 −1 0
e
N · C = −1
0 0 0 1
La retta r viene proiettata in una retta r′ . Per trovare un’equazione di r′ la cosa pi` u semplice `e forse trovarne due suoi punti. Prendiamo quindi due qualsiasi punti A e B di r e deteminiamo i punti A′ e B ′ in cui questi vengono proiettati. La retta r′ `e la retta passante per A′ e B ′ . Prendiamo ad esempio i punti A(0, 0, 0) e B(1, −1, 0) appartenenti a r. Passando alle coordinate omogenee, il punto A(0, 0, 0, 1) viene proiettato nel punto A′ = T (A) = A · M = 0 0 0 1 ⇒ A′ = (0, 0, 0, 1)
Infine, tornando alle coordinate cartesiane, A `e proiettatoo nel punto A′ (0, 0, 0). Notiamo che, osservando che A `e un punto del piano di vista, potevamo scrivere direttamente A′ = A. Analogamente il punto B di coordinate omogenee B(1, −1, 0, 1) viene proiettato nel punto B ′ = T (B) = B · M = 3 −1 −2 1 ⇒ B ′ = (3, −1, −2, 1) Infine, tornando alle coordinate cartesiane, B `e trasformato nel punto B ′ (3, −1, −2). Infine la retta r′ in cui `e trasformata r `e la retta passante per A′ (0, 0, 0) e B ′ (3, −1, −2): x = 3t ′ r : y = −t ∀t ∈ R z = −2t
Esercizio 15.7. Sia π il piano di equazione x + 2y − z = 0 e C il punto di coordinate (0, 1, −1). a) Si determini la matrice della proiezione dal centro C sul piano di vista π. b) Si trovino equazioni delle proiezioni delle rette r:
x+y =x+z−1=0
s:
x=y =z+1
Soluzione: a) Il centro C e il piano π hanno rispettivamente coordinate omogenee C(0, 1, −1, 1) e N (1, 2, −1, 0), quindi la matrice della proiezione `e −3 1 −1 1 0 1 −1 1 0 −1 −2 2 0 2 −2 2 M = N t C − (N · C)I4 = 0 −1 1 −1 − 3I4 = 0 −1 −2 −1 0 0 0 −3 0 0 0 0
b) Consideriamo la retta r e siano A(1, −1, 0) e B(0, 0, 1) due suoi punti. Passando alle coordinate omogenee A(1, −1, 0, 1) e B(0, 0, 1, 1) vengono proiettati nei punti 3 1 1 3 1 1 A′ = A · M = (−3, 2, 1, −4) = ,− ,− ,1 ⇒ A′ = ,− ,− 4 2 4 4 2 4 1 1 1 1 B ′ = B · M = (0, −1, −2, −4) = 0, , , 1 ⇒ B ′ = 0, , 4 2 4 2 Quindi la retta r `e proiettata nella retta r′ passante per A′ e B ′ : x = −t ′ ∀t ∈ R r : y = 41 + t z = 12 + t
412
15. COORDIANTE OMOGENEE E PROIEZIONI
Analogamente consideriami i punti P (1, 1, 0) e Q(2, 2, 1) di s. Passando alle coordinate omogenee P (1, 1, 0, 1) e Q(2, 2, 1, 1) vengono proiettati nei punti P ′ = P · M = (−3, 0, −3, 0)
→ Notiamo che P ′ `e un punto improrio e corrisponde alla direzione − v = (1, 0, 1). Inoltre 1 1 ⇒ Q′ = −3, − , −4 Q′ = Q · M = (−6, −1, −8, 2) = −3, − , −4, 1 2 2 Quindi la retta s `e proiettata nella retta s′ passante per Q′ e di direzione (1, 0, 1): x = −3 + t ′ s : ∀t ∈ R y = − 21 z = −4 + t
− Esercizio 15.8. Sia π il piano di equazione 3x − y + z = 1 e → v il vettore (1, 1, 1). → a) Si determini la matrice della proiezione parallela nella direzione di − v sul piano di vista π. b) Stabilire se si tratta di una proiezione ortogonale o obliqua. Soluzione: → a) π ha coordinate omogenee N (3, −1, 1, −1) e la direzione − v corrisponde al punto improprio C(1, 1, 1, 0). Di conseguenza la matrice della proiezione `e 3 3 3 0 0 3 3 0 −1 −1 −1 0 − 3I4 = −1 −4 −1 0 M = N t C − (N · C)I4 = 1 1 1 0 1 1 −2 0 −1 −1 −1 0 −1 −1 −1 −3
b) La direzione ortogonale a π `e (3, −1, 1) (Notiamo che `e il vettore corrispondente alle prime tre → componenti delle coordinate omogenee N di π); la proiezione `e parallela a − v = (1, 1, 1). Poich`e i vettori (3, −1, 1) e (1, 1, 1) non sono proporzionali rappresentano direzioni differenti e si tratta quindi di una proiezione obliqua. (Ricordiamo che una proiezione ortogonale `e una proiezione parallela di direzione ortogonale al piano di vista). Esercizio 15.9. Siano M = (1, 1, 1), N = (3, 2, 1), L = (1, 2, 2) punti dello spazio R3 . Sia C = (−1, 0, 1). a) Si calcoli l’area del triangolo M N L. b) Si determini l’insieme M ′ N ′ L′ che si ottiene proiettando il triangolo M N L dal centro C sul piano x + y = 0. c) Si calcoli l’area del triangolo M ′ N ′ L′ . Soluzione: −−→ −−→ a) L’area del triangolo di vertici M N L `e la met`a dell’area del parallelogramma di lati M N e LN , dove −−→ −−→ u = M N = (2, 1, 0), v = LN = (2, 0, −1) Ricordando la formula per prodotto vettoriale: i u × v = det 2 2 Infine
l’area di un parallelogrammo cominciamo a calcolare il vettore j k 1 0 = −i + 2j − 2k = (−1, 2, −2) 0 −1
Area(triangolo M N L) =
1 3 1 |u × v| = |(−1, 2, −2)| = 2 2 2
2. SOLUZIONI
413
In alternativa si poteva calcolare l’altezza del triangolo di base LN sfruttando la proiezione −−→ −−→ del vettore u = M N su v = LN : prv (u) = Il vettore u − prv (u) = v. Quindi
4 2 , 1, 5 5
4 (u, v) v = (2, 0, −1) (v, v) 5
`e ortogonale a v e corrisponde all’altezza del triangolo di base
1 Area(triangolo M N L) = · |(2, 0, −1)| · | 2
4 2 , 1, 5 5
|=
3 1 √ 3 · 5· √ = 2 2 5
b) Il vettore delle coordinate omogenee del piano `e P = (1, 1, 0, 0) e il punto C ha coordinate omogenee C = (−1, 0, 1, 1). La matrice di proiezione `e quindi 0 0 1 1 −1 1 1 1 A = P T C − (P · C)I4 = 0 0 1 0 0 0 0 1 Quindi
1 1 1 1 ⇒ M′ = − , , 1 M ′ = M · A = (−1, 1, 3, 3) = − , , 1, 1 3 3 3 3 1 1 1 1 ⇒ N′ = − , , 1 N ′ = N · A = (−2, 2, 6, 6) = − , , 1, 1 3 3 3 3 1 1 1 5 1 5 L′ = L · A = (−2, 2, 5, 4) = − , , , 1 ⇒ L′ = − , , 2 2 4 2 2 4 Infine il triangolo viene proiettato nel segmento M ′ L′ . In alternativa si potevano calcolare le proiezioni senza utilizzare le coordinate omogenee e la matrice di proiezione A. Per esempio per calcolare M ′ si poteva calcolare la retta x = 1 + 2t CM : y =1+t z=1
Il punto M ′ `e dato dall’intersezione tra la retta CM e il piano x + y = 0: t = − 23 x = 1 + 2t x = 1 + 2t x = − 1 y = 1 + t y = 1 + t 1 1 ′ 3 ⇒ ⇒ ⇒ M = − M′ : , , 1 3 3 z=1 z=1 y = 13 1 + 2t + 1 + t = 0 x+y =0 z=1
Analogamente si potevano ottenere gli altri punti. Questo procedimento `e naturalmente pi` u lungo. c) Il triangolo M ′ N ′ L′ `e degenere, quindi ha area nulla. Esercizio 15.10. Sia r la retta dello spazio di equazioni cartesiane r : 2x − y + 1 = x − z = 0.
(a) Si trovino equazioni cartesiane ed equazioni parametriche della retta r′ ottenuta proiettando r sul piano x + y + z = 0 dal centro C = (2, 1, 1). (b) Trovare coordinate omogenee del punto all’infinito della retta r′ e stabilire se r e r′ sono parallele.
Soluzione: La retta r ha equazione parametrica x = t r: y = 1 + 2t z=t
∀t ∈ R
414
15. COORDIANTE OMOGENEE E PROIEZIONI
a) Il piano di vista ha coordinate omogenee N (1, 1, 1, 0) e C quindi la matrice della proiezione `e −2 2 t t M = N C − (N · C)I4 = N C − 4I4 = 2 0
ha coordinate omogenee C(2, 1, 1, 1), 1 1 1 −3 1 1 1 −3 1 0 0 −4
Consideriamo due qualsiasi punti di r, in coordinate omogenee, per esempio A = (0, 1, 0, 1) e P∞ = (1, 2, 1, 0), e calcoliamone la proiezione: −2 1 1 1 2 −3 1 1 = 2 −3 1 −3 A′ = A · M = 0 1 0 1 · 2 1 −3 1 0 0 0 −4 2 2 1 1 ⇒ A′ = (2, −3, 1, −3) = − , 1, − , 1 ⇒ A′ − , 1, − 3 3 3 3 −2 1 1 1 2 −3 1 1 ′ = 4 −4 0 4 P∞ = P∞ · M = 1 1 1 0 · 2 1 −3 1 0 0 0 −4 ′ ⇒ P∞ = (4, −4, 0, 4) = (1, −1, 0, 1)
⇒
′ P∞ = (1, −1, 0)
′ : Infine la retta r′ `e la retta passante per A′ e P∞ x = 1 + 5t ′ r : ∀t ∈ R ⇒ x − 5z − 1 = y + 6z + 1 = 0 y = −1 − 6t z=t
b) La retta r′ ha direzione (5, −6, 1), quindi punto all’infinito P∞ = (5, −6, 1, 0). r e r′ non sono parallele perch`e le rispettive direzioni non sono proporzionali, ovvero non hanno lo stesso punto all’infinito. Esercizio 15.11. Sia π il piano dello spazio di equazione cartesiana π : x − y + z + 1 = 0. a) Si calcoli la matrice della proiezione sul piano π dal centro di proiezione C = (1, 1, 1). b) Si calcoli il punto improprio P∞ della retta r : x − y = z = 0 e la proiezione di P∞ sul piano π (dal centro C). Cosa si pu` o dire della posizione reciproca di r e π? Soluzione: a) Il piano di vista ha coordinate omogenee N (1, −1, 1, 1) e C ha coordinate omogenee C(1, 1, 1, 1), quindi 1 1 1 1 1 −1 −1 −1 −1 −1 e N ·C =1−1+1+1=2 N tC = 1 · 1 1 1 1 = 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Quindi la matrice della proiezione `e
−1 1 1 −1 −3 −1 M = N t C − 2I4 = 1 1 −1 1 1 1
b) La retta r ha equazione cartesiana
x = t y=t z=0
∀t ∈ R
1 −1 1 −1
2. SOLUZIONI
415
quindi il suo punto improprio `e P∞ = (1, 1, 0, 0) che viene proiettato nel punto −1 1 1 1 −1 −3 −1 −1 = −2 −2 0 0 P ′ = P∞ · M = 1 1 0 0 · 1 1 −1 1 1 1 1 −1 ⇒ P ′ = (−2, −2, 0, 0) = (1, 1, 0, 0)
Notiamo che P∞ `e trasformato in se stesso, infatti r e π sono tra loro ortogonali.
Testi di esercizi di preparazione alla I prova in itinere Gli esercizi in elenco sono in gran parte tratti da vecchie prove d’esame
Esercizio 1 Al variare di k discutere e ove possibile risolvere il sistema lineare
2 x + ky = 4 kx + 2y = -1 3x + ky = 7 Interpretare geometricamente i risultati trovati Soluzione Sottraendo alla terza equazione la prima si trova il sistema equivalente
sostituzione, si trova il sistema equivalente
da cui, per
.
Se k=0 il sistema è chiaramente impossibile perché la prima equazione diventa 0=-2. Supponiamo quindi k≠0. Il sistema è equivalente a di k per cui
ed è dunque possibile e determinato per i valori
. Da qui si trova 3k2+k-4=0, cioè k=1 o k=
.
Per k=1 il sistema ammette l’unica soluzione x=3, y=-2. Per k= il sistema ammette invece l’unica soluzione x=3, y=3/2. Per gli altri valori di k il sistema è impossibile. Se interpretiamo i risultati nel piano, le tre equazioni rappresentano tre rette che appartengono allo stesso fascio quando k=1 o k=-4/3. Nel primo caso il sostegno del fascio è il punto (3,-2), nel secondo è il punto (3,3/2). Per gli altri valori di k le rette non appartengono ad uno stesso fascio. In particolare se k=0 la prima e la terza equazione rappresentano due rette parallele all’asse y e la seconda una retta parallela all’asse x che interseca le prime due, per k=±2 la prima e la seconda equazione rappresentano due rette parallele e la terza una retta che le interseca entrambe, per k=± la seconda e la terza equazione rappresentano due rette parallele e la prima una retta che le interseca. Se interpretiamo i risultati nello spazio, le tre equazioni rappresentano tre piani paralleli all’asse z che appartengono allo stesso fascio quando k=1 o k=-4/3. Nel primo caso il sostegno del fascio è la retta di equazioni cartesiane x=3, y=-2, nel secondo è la retta di equazioni cartesiane x=3, y=3/2. Per gli altri valori di k i piani non appartengono ad uno stesso fascio . In particolare se k=0 la prima e la terza equazione rappresentano due piani paralleli al piano yz e la seconda un piano parallelo al piano xz che interseca i primi due, per k=±2 la prima e la seconda equazione rappresentano due piani fra loro paralleli e la terza un piano che li interseca entrambi, per k=± la seconda e la terza equazione rappresentano due piani tra loro paralleli e la prima un piano che li interseca.
Esercizio 2 Discutere ed ove possibile risolvere il seguente sistema
2x + hy + (h − 1)z = 1 x + hz = 0 x − hy + (h + 2)z = −1 ove h è un parametro reale. Interpretare geometricamente i risultati. Se esiste un valore di h in corrispondenza al quale le tre equazioni del sistema rappresentano piani appartenenti ad uno stesso fascio, determinare i parametri direttori della retta sostegno del fascio. Soluzione Il rango della matrice completa è minore o uguale a 3 ed è sempre maggiore o uguale al rango della matrice dei coefficienti. Il determinante della matrice dei coefficienti è: 2 h h − 1 3 0 2h + 1
1 0 h =1 0 1 −h h+2 1 −h
h = h(3h-2h-1)= h(h-1), h+2
pertanto se h≠0,1 il rango della matrice dei coefficienti è 3 e coincide col rango della matrice completa, in tal caso il sistema ha una e una soluzione data da x=0 y = 1/h z=0 Se h=0 il sistema diventa: 2x − z = 1 x=0 x + 2z = −1 la caratteristica della matrice dei coefficienti è 2, perché, come abbiamo già visto, il determinante della matrice dei coefficienti è 0, ma la matrice dei coefficienti ha il minore 2 −1 ≠0. 1 0 Il minore della matrice completa ottenuto orlando il minore precedente con terza riga e quarta colonna è 2 −1 1
1 0 0 = −1 ≠0 1 2 −1 perciò la matrice dei coefficienti ha rango diverso da quella completa ed il sistema è impossibile. Per h=1 il sistema diventa 2x + y = 1 x+z=0 x − y + 3z = −1 2 1 è non 1 0 nullo), consideriamo allora il minore della matrice completa ottenuto orlando il minore precedente con terza riga e quarta colonna:
la matrice dei coefficienti ha rango 2 (perché il suo determinante è 0 ed il minore
2
1
1
1 0 0 1 −1 −1 tale minore è nullo e dunque anche la matrice completa ha rango 2 (l’altro minore di ordine 3 che si può ottenere per orlatura è ovviamente nullo essendo il determinante della matrice dei coefficienti); il sistema è allora possibile ed ammette ∞1 soluzioni date da: x = −t y = 1 + 2t z=t con t parametro arbitrario. Si potevano trovare le soluzioni del sistema usando il metodo di eliminazione gaussiana. Riordinando le equazioni si ha x + hz = 0 2x + hy + (h − 1)z = 1 x − hy + (h + 2)z = −1 e sottraendo dalla seconda equazione la prima moltiplicata per 2 e dalla terza equazione la prima si ha: x + hz = 0 hy + (-h − 1)z = 1 − hy + 2z = −1 ed ancora aggiungendo alla terza riga la seconda si ha: x + hz = 0 hy + (-h − 1)z = 1 ( −h + 1)z = 0 Quindi la terza equazione per h=1 diventa l’identità 0=0. Il sistema si riduce a x +z = 0 y − 2z = 1 che ammette ∞1 soluzioni (x=-t, y=1+2t, z=t, con t parametro arbitrario) Se invece h≠1 si ha x + hz = 0 x = 0 hy + (-h − 1)z = 1 e quindi hy = 1 z =0 z=0 La seconda equazione dice che se h=0 il sistema è impossibile (per h=0 si avrebbe 0=1) Se h≠0,1 si ha invece l’unica soluzione x=0, y=1/h, z=0. Dal punto di vista geometrico le 3 equazioni del sistema possono essere viste come equazioni di piani nello spazio. Per h≠0,1 tali piani hanno un punto comune (appartengono ad una stella ma non ad uno stesso fascio), per h=0, i tre piani sono tutti paralleli all’asse y e a due a due si intersecano lungo rette parallele all’asse y,
per h=1, i tre piani appartengono ad uno stesso fascio, che ha come sostegno la retta rappresentata in forma parametrica dalle soluzioni del sistema. Una terna di parametri direttori per tale retta è dunque (-1, 2, 1). Esercizio 3 Al variare del parametro reale a, si consideri il sistema lineare Ax=b dove
a 1 [A | b ]= 3 − a 2 1 a
a −1|
a 1 | 3 1 | a − 1
(1) Studiare la risolubilità del sistema al variare del parametro a ∈ R, precisando anche il numero di parametri liberi. (2) Determinare i valori del parametro per cui X = (2, −1, 1)T è soluzione del sistema. (3) Interpretando ogni equazione del sistema come quella di un piano in uno spazio affine di dimensione 3, discutere la posizione mutua dei piani al variare di a ∈ R. Soluzione (1) Effettuando sulle righe di [A|b] le operazioni elementari di togliere dalla riga 2 la riga 1 moltiplicata per 3-a e alla riga 3 la riga 1 R2 − (3 − a)R1 → R2; R3 −R1 → R3 si ottiene la matrice a a −1 | a 1 0 a 2 − 3a + 2 2 2 a − 4a + 4 | a − 3a + 3 0 0 | −a+2 −1 ove a2-3a+2=0 se e solo se a = 1 oppure a = 2; e 2 − a = 0 se e solo se a = 2; quindi la nuova matrice ha 3 pivot se a ≠1,2. In particolare, se a ≠1,2 rk(A) = rk([A|b]) = 3 e quindi il sistema Ax = b ha una sola soluzione. Se a = 2; la matrice (dopo aver effettuato le operazioni elementari indicate sopra) diventa 1 2 1 2 0 0 0 1 0 0 0 − 1 da cui rk(A) = 1, rk([A|b]) =2. Quindi, se a = 2; il sistema non ha soluzioni. Infine, se a = 1; la matrice calcolata dopo le prime due operazioni elementari 1 1 0 1 diventa 0 0 1 1 ed effettuando l’ operazione elementare di togliere la terza riga la seconda 0 0 1 − 1
1 1 otteniamo una matrice a scalino 0 0 0 0
1 1 1 , quindi il sistema non ha soluzioni. 0 − 2 0
(2) Riscriviamo il sistema dando alle incognite i valori 2; −1; 1; rispettivamente, come richiesto dal testo. Il sistema diventa allora che ha l’ unica soluzione a = 1. (3). Siano α,β,γ i piani di equazione x + ay + (a − 1)z = a; (3 − a)x + 2y + z =3; x + ay + z = a + 1, rispettivamente. Per a≠1, 2 i tre piani si intersecano in un punto solo, avendo il sistema un’ unica soluzione, quindi appartengono ad una stessa stella. Per a = 1, le equazioni dei tre piani diventano
x+y=1,2x+2y+z=3, x+y+z=0 e sono piani che a due a due si intersecano ma non hanno punti comuni. Per a = 2; le equazioni dei tre piani diventano x + 2y + z =2, x+2y+z=3, x+2y+z=1 e sono tre piani paralleli. Esercizio 4.
− h − 1 1 x 3 0 h − 1 e i vettori x= y , b= 0 . Si considerino la matrice A= 1 − 1 1 1 2 − h a) Al variare del parametro h discutere e risolvere il sistema Ax=b. b) Interpretare geometricamente i risultati trovati. c) Per h=2 calcolare det A4. d) Dopo aver osservato che per h=-1 le soluzioni del sistema di cui al punto a) rappresentano una retta r, si scriva l’equazione del piano che passa per r ed è parallelo alla retta s di equazioni x=2 y + 2z = −1 Soluzione a) Essendo rk(A) ≤ rk ([A|b]) ≤ 3 il sistema è sicuramente possibile e determinato se det A≠0 - h - 1 1 − h − 1 0 0 h − 1 =-(h+1)(h-1)=0 per h=±1. det 0 h − 1 = 0 1 - 1 1 1 −1 1 Quindi per h≠±1 il sistema ha una ed una sola soluzione che si trova o con la regola di Cramer o − (h + 1)x = 1 + h ancor più facilmente osservando che il sistema dato è equivalente al sistema x + (h − 1)y = 2 − h la x−y+z = 2−h cui soluzione è x=-1, y=(3-h)/(h-1), z=3-h-(3-h)/(h-1). − x − y + z = 3 Per h=1 il sistema diventa y − z = 0 ed è chiaramente impossibile. x − y + z =1
x − y + z = 3 Per h=-1 il sistema diventa y − z = 0 ed ammette ∞1 soluzioni: x=3,y=z=t. x − y + z = 3 b) Le tre equazioni del sistema sono le equazioni di tre piani che per h≠±1 appartengono ad una stessa stella, per h=-1 appartengono ad uno stesso fascio avente per sostegno la retta r di equazioni x = 3 y = t , mentre per h=1 non hanno alcun punto comune. z = t c) Per h=2 det A=-3 quindi per il teorema di Binet, det A4=81.
d) Abbiamo già osservato nel punto b) che per h=-1 le soluzioni del sistema rappresentano la retta x = 3 r di equazioni y = t , il generico piano del fascio di sostegno r ha equazione λ(x-3)+µ(y-z)=0 . z = t Bisogna quindi determinare i parametri λ e µ in modo che il piano e la retta s siano paralleli e λ(x - 3) + (y - z) = 0 x=2 dunque non abbiano punti comuni, ovvero in modo che il sistema y + 2z = −1 sia impossibile. Poniamo x=2 e y=-1-2z nella prima equazione ed abbiamo -λ+µ(-1-3z)=0, da cui si ottiene che affiché il sistema sia impossibile dobbiamo porre µ=0. Dunque il piano cercato è il piano x=3. Altrimenti basta osservare che i parametri direttori del generico piano del fascio sono λ,µ,-µ, e quelli della retta s sono 0,-2,1 per cui dalla condizione di parallelismo fra retta e piano si ottiene ancora µ=0.
Esercizio 5. Siano 1 3 2 1 A= , B= ed I la matrice identica di ordine 2. − 1 0 2 2 Determinare una matrice X tale che: B(A+2I)B=B2X. Soluzione 2 1 -1 2 Poiché B= è una matrice non singolare, esiste B e da B(A+2I)B=B X, moltiplicando a 2 2 sinistra 2 volte per B-1, si ottiene X= B-1(A+2I)B. 1 2 − 1 1 − 1 / 2 Ora B-1= = e dunque 1 2 − 2 2 − 1
1 − 1 / 2 1 3 1 0 2 + X= 1 - 1 0 0 1 2 − 1 5 / 2 5 / 2 2 1 10 15 / 2 = = . − 3 − 2 2 2 − 10 − 7
1 1 − 1 / 2 2 3 2 1 = = 2 − 1 1 - 1 1 2 2
Esercizio 6.
2 1 0 0 1 0 0 h 0 0 1 1 , Dire per quali valori di h è invertibile la matrice C=AB, dove A= , B= 0 1 2 0 0 h −1 -1 dire se per tali valori esistono l’inversa di A e di B e calcolare C . Soluzione Le matrici A e B sono due matrici triangolari, quindi i loro determinanti sono i prodotti degli elementi diagonali: det A=2h, det B=h-1. Per il teorema di Binet det C=det A det B=2h(h-1).
Quindi C è invertibile se e solo se h≠0,1 e per tali valori sono invertibili anche A e B. Si ha subito che C=
, da cui
C-1=
.
(Si potevano anche calcolare A-1 e B-1 e poi C-1=B-1A-1)
Esercizio 7 Siano A= −11 03 , B= h 1− 1 3h , C= 11 0h . Dire per quali valori di h l’equazione matriciale -1 A(X +C)=B ammette soluzione. Soluzione Osserviamo che esiste A-1perché A è non singolare. L’equazione matriciale A(X-1+C)=B è equivalente a X-1=A-1B-C , ma entrambe le equazioni richiedono che X sia non singolare. Si ha A-1=
, A-1B=
e X-1=A-1B-C=
e perché questa sia
l’inversa di una matrice si deve avere det X-1=1/det X≠0, cioè h≠-3,2. Esercizio 8 Dire per quali valori di h esiste l’inversa della matrice h + 1 1 2 1 3 e, dove esiste, calcolare A-1 e det A-1. A= 0 h 2 6 Per gli altri valori di h si determini il rango di A. Dire per quali valori di h i vettori u=[h+1,1,2], v=[0,1,3], w=[h,2,6] sono linearmente dipendenti. Per tali valori u è combinazione lineare di v e w? Soluzione A-1 esiste se e solo se det A≠0, calcoliamo dunque detA. h +1 1 2 1 −1 − 4 1 −1 −1
0 h
1 3=0 2 6 h
1 2
3 =0 6 h
1 2
0 =h. 0
Perciò se h≠0, esiste A-1 ed è -2 1 0 1 -1 A = 3h 4h + 6 - 3h - 3 ed è (senza fare calcoli!) det A-1=1/h h - h - h + 2 h + 1 1 2 è diverso da 0 1 3 I vettori u=[h+1,1,2], v=[0,1,3], w=[h,2,6], che sono i tre vettori riga di A, sono linearmente dipendenti solo se A non ha rango 3, perciò solo per h=0. Per tali valori si ha u=[1,1,2] , v=[0,1,3], w=[0,2,6] ed il vettore u non è combinazione lineare degli altri due perché ogni combinazione lineare di v e w ha la prima componente nulla. Per h=0 la caratteristica di A è 2, infatti è <3 ed il minore
Esercizio 9 Si considerino le rette r ed s di equazioni rispettivamente 3x − 2 y = 0 x + 2z = 4
x=k +t y = 1 + 2t z = −1
Determinare i valori di k per cui r ed s sono complanari e per tali valori determinare l’equazione del piano che le contiene entrambe. Soluzione Il fascio di piani che ha per sostegno la retta s ha equazione: λ(3x-2y)+µ(x+2z-4)=0, r ed s sono complanari se è possibile determinare λ ed µ in modo che r sia tutta contenuta in un piano del fasci. Sostituiamo dunque le coordinate del generico punto di r nel generico piano del fascio, abbiamo λ(3k+3t-2-4t)+µ(k+t-2-4)=0, cioè t(-λ+µ) -2λ+µk+3λk- 6µ=0 che deve essere soddisfatta da tutti i valori di t, dunque deve essere λ=µ e k=1/2. Pertanto le due rette sono complanari per k=1/2 ed in tal caso il piano π che le contiene entrambe è µ(3x-2y)+µ(x+2z-4)=0, cioè 4x-2y+2z-4=0 . Esercizio 10 Si considerino le rette r ed s di equazioni parametriche r: x= t, y = 1+t, z = 1 e s: x = t, y = 1, z = −t. (1) Discutere la loro posizione reciproca (2) Determinare l’ equazione cartesiana del piano contenente r e parallelo ad s. Soluzione Punto (1). La retta r ha vettore direzione (1,1,0)T, la retta s ha vettore direzione (1,0,-1)T. I due vettori sono linearmente indipendenti e dunque le due rette non sono parallele. Per vedere se sono incidenti, scriviamo le loro equazioni cartesiane e vediamo se il sistema formato dalle 4 equazione delle due rette è possibile. Abbiamo r)
, s)
e facendo il sistema di queste equazioni troviamo la
contraddizione 0=1. Dunque le due rette non sono neppure incidenti e pertanto sono sghembe. Punto (2). Il fascio di piani che ha per sostegno la retta r ha equazione λ(x-y+1)+µ(z-1)=0. Per trovare il piano del fascio parallelo ad s dobbiamo trovare il piano del fascio che non ha intersezioni con la retta s. Dunque poiché il piano ha parametri direttori (λ,-λ,µ) dalla condizione di parallelismo fra retta e piano abbiamo λ-µ=0, ovvero λ=µ. Altrimenti possiamo trovare i valori di λ e µ per cui il sistema
è impossibile.
Sostituendo nella prima equazione abbiamo λ(x)+µ(-x-1)=0, ovvero (λ-µ)x-µ=0 da cui ancora troviamo che il sistema è impossibile se λ=µ, per cui il piano cercato è x-y+z=0. Esercizio 11 Discutere la mutua posizione delle rette
x = 1 − t y = 1+ t z =t Soluzione
x + y = 1 y + z = 1
La prima retta ha come terna di parametri direttori (vettore direzione) (-1,1,1), i parametri direttori della seconda retta si ottengono dalla matrice
oppure riscrivendo la retta in equazioni
parametriche e sono dunque la terna (1,-1,1). I due vettori non sono proporzionali e dunque le due rette non sono parallele. Sono incidenti se e solo se il sistema
è possibile. Sostituendo x ed y nella quarta
equazione si ha 2=1 e quindi il sistema è impossibile. Perciò le due rette sono sghembe.
Esercizio 12. Determinare la mutua posizione della retta r di equazioni parametriche
x = −3 + 4t y = −4 − 3t z =0
e del piano α : 3x + 4y = 0.
Soluzione Nello spazio una retta ed un piano possono essere o paralleli o incidenti oppure la retta può giacere sul piano. Si tratta quindi di considerare il sistema formato dalle equazioni della retta e dall’equazione del piano: se ha ∞1 soluzioni la retta appartiene al piano, se ha una ed una sola soluzione la retta e il piano sono incidenti, se non la soluzioni la retta e il piano sono paralleli. Il sistema
è impossibile, infatti sostituendo i valori di x ed y in funzione di t nella
quarta equazione troviamo -25=0, pertanto retta e piano sono paralleli. Esercizio 13 Siano P, Q ed R i punti di coordinate (1,1,1), (0,2,0), (3,3,3) rispettivamente. Verificare che i tre punti non sono allineati e scrivere l’equazione del piano π passante per P, Q ed R. Fissate le coordinate di un punto T non appartenente a π, verificare che le rette PR e QT sono sghembe. Scrivere l’equazione di una retta passante per O complanare sia con PR sia con QT. Soluzione 1 − 0 1 − 2 1 − 0 1 − 1 1 I punti P, Q ed R sono allineati solo se la matrice = ha rango 1, 3 − 0 3 − 2 3 − 0 3 1 3 1 −1 ma il minore è diverso da 0 e dunque la matrice ha rango 2. 3 1 Possiamo trovare l’equazione del piano π passante per P, Q ed R, osservando che la retta PR ha equazioni cartesiane x=y e x=z e quindi il generico piano del fascio di sostegno PR è λ(x-y)+µ(x-z)=0 da cui imponendo al piano di passare per Q otteniamo -2λ=0 ovvero λ=0. Il piano ha pertanto equazione x-z=0. Altrimenti possiamo osservare che dati 3 punti non allineati di coordinate (x1,y1,z1), (x2,y2,z2), (x3,y3,z3), l’equazione del piano passante per quei 3 punti è
x y z 1 x y z 1 x 1 y1 z1 1 1 1 1 1 = 0 e dunque l’equazione del piano π passante per P, Q ed R è = 0, x2 y2 z2 1 0 2 0 1 x 3 y3 z3 1 3 3 3 1 da cui si ricava 4x-4z=0, cioè x-z=0. Prendiamo ad esempio T di coordinate (1,0,0). Le rette PR e QT hanno rispettivamente equazioni parametriche x = 1 + 2t x = 1 − u y = 1 + 2t e y = 2u , z = 1 + 2t z=0 non sono parallele in quanto la prima ha come parametri direttori 2,2,2, e la seconda –1,2,0; non sono incidenti perché il sistema formato dalle 6 equazioni delle due rette nelle 5 incognite x,y,x,t,u, è impossibile (si trova la contraddizione u=0, u=1). Il risultato si poteva ottenere per via sintetica osservando che non può esistere un piano contenente le due rette perché tale piano dovrebbe contenere P,Q,R,T , ma per definizione T non appartiene al piano contenente P,Q,R. Una retta passante per O complanare sia con PR sia con QT può essere vista come la retta comune ai due piani PRO e QTO. Il piano PRO è un qualsiasi piano del fascio di sostegno PR (visto che O appartiene alla retta PR), possiamo quindi ad esempio prendere il piano PQR. Troviamo il piano QTO. La retta QT in forma 2x + y − 2 = 0 cartesiana ha equazioni z=0 Il piano z=0 allora contiene la retta QT ed il punto O e pertanto è il piano QTO. x − z = 0 , cioè è l’asse y. La retta comune ai due piani ha dunque equazioni z=0 Notate che poiché il punto O appartiene alla retta PR ci sono infinite rette complanari a PR e QT e passanti per O. Basta infatti in questo caso prendere un punto S di QT e scrivere la retta OS. Un’altra retta che risponde alle richieste si trova scrivendo la retta per O parallela alla retta QT. Infatti passando per O che è un punto di PR, la retta è complanare a PR e passando per un punto di QT, o essendo parallela a QT, è complanare alla retta QT.
Soluzione esercizi proposti su sottosapzi e applicazioni lineari Esercizio 1
1 1 1b Si consideri il sistema lineare Ax=b dove la matrice completa del sistema è [A|b]= a 1 11 1 a 11 con a, b parametri reali. (1) Stabilire se e quante soluzioni ammette il sistema, al variare di a, b. (2) Determinare se esistono valori di a, b per i quali il sistema ammette X = (−4, −4, 5)T tra le soluzioni. (3) Posto a = 1 e b = 0, ed interpretando [A|b] come matrice rappresentativa, rispetto alle basi canoniche, di un’ applicazione lineare f : R4 → R3 , determinare due matrici C, di tipo 3×2, e D, di tipo 2×4, che verificano l’ uguaglianza CD = [A|b]. Le matrici C e D esistono anche se poniamo a = b = 0? Traccia di soluzione Punto (1). Effettuiamo le operazioni elementari di aggiungere alla seconda e alla terza riga della matrice 1 1 1 b a-1 0 0 1-b. [A|b] la prima moltiplicata per -1 ed otteniamo la matrice 0 a-1 0 1-b Se a-1 ≠ 0 , le matrici A ed [A|b] risultano entrambe di rango 3.
Se a = 1; la matrice A è ridotta per righe, ed ha rango 1; mentre la matrice [A|b] risulta avere rango 2 se 1-b ≠ 0, mentre risulta avere rango 1 se 1-b = 0. In conclusione, rk(A)=rk([A|b])=3 se a≠1 ed in tal caso, per il teorema di Rouché Capelli, il sistema ha una ed una sola soluzione. Se a=1 allora: se b=1 rk(A)=rk([A|b])=1 ed in tal caso, per il teorema di Rouché Capelli, il sistema ammette ∞2 soluzioni, se invece b≠1 allora rk(A)=1 e rk([A|b])=2 per cui il sistema è impossibile. -3=b
Punto (2). Sostituendo alle incognite i valori proposti, otteniamo le seguenti equazioni in a e b : -4a+1=1 ed è evidente che il sistema ha l' unica soluzione a=0, b=-3.
-4a+1=1
1 1 1 0 Punto (3). Per a=1 e b=0 la matrice A’=[A|b] diventa (eliminando il separatore) 1 1 1 1. 1 1 1 1 L’applicazione lineare fA’ associata a tale matrice ha lo spazio Im fA’ generato dai due vettori colonna 1 0 1 , 1. Cercare C, di tipo (3,2), e D, di tipo (2,4), tali che CD = A’=[A|b] è come cercare due applicazioni 1 1 lineari fC e fD tali che fA’ = fC ° fD, quindi Im fC deve coincidere con Im fA’ e dunque possiamo prendere 1 0 x y z t C=1 1, visto che quindi Im fC =Col C. Ora troviamo D=x' y' tale che CD=A’. Si trova subito z' t' 1 1 1 1 1 0 D= . 0 0 0 1
Per a=b=0, la matrice A’ ha rango 3 e quindi non può essere scritta come CD con C di tipo 3×2, e D di tipo 2×4, perché in tal caso rk(A’)> rk (C), mentre sappiamo che rk(CD)≤min (rk (C) ,rk(D)). Esercizio 2
Si considerino in R4 i sottospazi U={(x,y,z,t)∈R4 | x-2y-t=y+z=0}, W={(x,y,z,t)∈R4|x-y+z-t=0}. Trovare una base per U una base per W, una base per U∩W e una per U+W. Traccia di soluzione
Il generico vettore di U ha la forma (x,y,-y,x-2y)=x(1,0,0,1)+y(0,1,-1,-2). I vettori (1,0,0,1) e (0,1,-1,-2) generano quindi U e sono linearmente indipendenti, quindi formano una base di U. Il generico vettore di W ha la forma (x,y,z,x-y+z)=x(1,0,0,1)+y(0,1,0,-1)+z(0,0,1,1). I tre vettori (1,0,0,1),(0,1,0,-1),(0,0,1,1) sono quindi un insieme di generatori di W. Essi sono anche linearmente 1 0 0 1 indipendenti perché è facile verificare che la matrice 0 1 0 −1 (formata dall’accostamento 0 0 1 1 in dei tre vettori uno sull’altro) ha rango 3 e quindi ha tre righe linearmente indipendenti. Pertanto i tre vettori (1,0,0,1),(0,1,0,-1),(0,0,1,1) sono una base di W. U+W è generato dall’unione dei generatori di U e di W e quindi un sistema di generatoti per U+W è (1,0,0,1),(0,1,-1,-2),(0,1,0,-1), (0,0,1,1). Verifichiamo se questi quattro vettori sono linearmente indipendenti. Consideriamo al solito la matrice formata dall’accostamento verticale di questi quattro vettori. Si ha 1 0 0 1 0 1 −1 −2 che ha determinante nullo, pertanto ha rango minore di 4. I quattro vettori riga 0 1 0 −1 0 0 1 1 dunque sono linearmente dipendenti. Poiché sappiamo che i vettori costituiti da prima, terza e quarta riga sono linearmente indipendenti, abbiamo allora che essi sono una base per U+W, essendo un insieme massimale di vettori linearmente indipendenti estratto da un insieme di generatori. Questo dice anche che U+W=W in quanto U+W e W hanno lo stesso insieme di generatori. Come conseguenza U⊆W e dunque U∩W=U ed una base per U∩W è la base che abbiamo trovato per U. Esercizio 3 Si considerino i sottospazi U, V di R4 generati nella maniera seguente U = L((1, 1, 1, 1), (1, 0, 1, 0)); V = L((1, −1, 1, −1), (−1, 0, 1, 0)). Determinare una base e la dimensione del sottospazio U + V . Utilizzando la formula di Grassmann calcolare la dimensione del sottospazio U ∩ V. Traccia di soluzione I vettori (1,1,1,1), (1.0,1,0) sono linearmente indipendenti e quindi sono una base per U. Analogamente i vettori (1,-1,1,-1), (-1,0,1,0) sono linearmente indipendenti e quindi sono una base per V. Lo spazio U+V è generato dai vettori (1,1,1,1),(1,0,1,0),(1,-1,1,-1),(-1,0,1,0). C’è dunque una base di U+V contenuta in questo insieme di vettori. Vedendo questi quattro vettori come le righe di una matrice A di tipo (4,4) , si ha 1 1 1 1 0 1 1 1 1 1 1 1 0 1 0 0 0 1 0 = 2
=
det A=0, infatti
0 1 0 = 0. 1 −1 1 −1 0 −1 1 −1 −1 1 −1 −1 0 1 0 −2 0 1 0
Quindi i 4 vettori sono linearmente dipendenti. Osserviamo che il minore formato dalle righe 1,2,4, e dalle 1 1 1 colonne 1,2,3 è 1 0 1 = −2 quindi il primo, secondo e quarto vettore sono linearmente −1 0 1 indipendenti e quindi formano una base per U+V . Poiché dim (U+V)+dim (U∩V)=dim U+dim V, abbiamo che dim (U∩V)=1 (una base di U∩V è il vettore (1,-1,1,-1) che appartiene a V e si può anche scrivere come combinazione lineare dei vettori della base di U e quindi appartiene ad U). Esercizio 4 Sia data la funzione lineare T: R4→R2 definita da: T: (x,y,z,w)→(x+2y-z+w,z+w). Calcolare le dimensioni del nucleo e dell’immagine di T. Traccia di soluzione
1 2 −1 1 ed ha 0 0 1 1 ovviamente rango 2. Quindi dim Im T=2 , pertanto Im T=R2 ed una base per Im T è la base canonica di R2. Il x=t 1 & y=u 0 $ 0 x+2y-z+w=0 t+2u ker T ha equazioni ! da cui troviamo z= , quindi una base di ker T è ( 1/2 *, 1 . 1 2 z+w=0 % t+2u $ −1/2 −1 #w=La matrice associata alla funzione lineare T rispetto alle basi canoniche è
2
Esercizio 5
Sia f : R3 → R3 l’endomorfismo definito come f ((x, y, z)) = (0, 3x + 3y + z, −x − y + z). Determinare una base e la dimensione di ker(f) ed Im(f). Traccia di soluzione
0 0 0 La matrice associata all’endomorfismo f rispetto alle basi canoniche è A = 3 3 1. −1 −1 1 Poiché rk(A)=2, dim Im f=2 e Im f è lo spazio generato dalle colonne di A, quindi una base per Im f è 0 0 3 , 1. −1 1
3x+3y+z=0 , -x-y+z=0 k 1 quindi può essere scritto come -k , k∈R e pertanto una sua base è formata dal vettore −1. 0 0
Si ha poi dim ker f=3-2=1 (teorema di nullità e rango). ker f è definito dalle equazioni !
Esercizio 6
Si consideri l’endomorfismo T : R3 → R3 definito come T (x, y, z) = (−x − y − 2z, x + y + 2z, 2x + 2y + 2z). (a) Si calcoli la matrice A associata a T rispetto alla base canonica B di R3 . (b) Si calcoli il nucleo di T2 = T ◦ T. Traccia di soluzione
−1 −1 −2 2 2 La matrice associata a T rispetto alla base canonica è A = 1 1 2 . La matrice associata a T è A , 2 2 2 −4 −4 −4 2 2 2 calcoliamo A2= 4 4 4 . Il nucleo di T , ker T , è il nucleo di A (essendo A la matrice che 4 4 4 rappresenta T rispetto alla base canonica) e dunque ha equazione 4x+4y+4z=0, ha dimensione 2 e base −1 −1 –a-b . 1 , 0 /, in altre parole è . a a,b∈R/. 0 1 b Esercizio 7 Provare che esiste uno ed un solo endomorfismo Φ di R4 (cioè una e una sola applicazione lineare Φ: R4 → R4) tale che
2 0 1 1 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 Φ = , Φ = , Φ = , Φ = , 0 0 0 1 1 0 0 4 0 0 2 1 1 0 1 8 Trovare la matrice associata a Φ rispetto alla base canonica di R4. Determinare Ker Φ ed Im Φ. Traccia di soluzione
2 1 0 0 2 1 0 0 1 0 0 0 I vettori 1 , , , 2 sono linearmente indipendenti in quanto 1 0 0 0 = −1 ≠ 0, quindi 0 0 1 0 0 0 1 0 0 2 1 1 0 2 1 1 sono una base B di R4 ed un’applicazione lineare da V a W con dim V finita è univocamente determinata quando si conoscono le immagini dei vettori di una base. La matrice associata all’endomorfismo Φ rispetto 0 1 0 0 4 alla base B e alla base canonica di R è A= 0 1 0 0. Se invece vogliamo la matrice associata a Φ 0 1 0 4 0 1 0 8 rispetto alla base canonica di R4 dobbiamo trovare le immagini mediante Φ dei vettori della base canonica 1 0 1 0 0 (o usare la formula del cambiamento di base). Si ha subito che e1= − 2 , dunque Φ(e1)= 1 , allo 0 0 −7 −15 2 1 2 1 0 −2 0 0 0 1 0 0 −2 0 0 stesso modo e2= − 2 + 4 e dunque Φ(e2)= ed infine e3= − , quindi Φ(e3)= 0 . La 0 0 0 14 1 0 −4 0 2 1 30 1 1 −8 1 −2 0 0 matrice che rappresenta rispetto alla base canonica è allora C= 1 −2 0 0 . −7 14 −4 4 −15 30 −8 8 2a I vettori di ker Φ , rispetto alla base canonica, sono 1 a a,b∈R2. b b
a 0 Notate che se avessimo scritto questi vettori rispetto alla base B avremmo avuto l’insieme 1b a,b∈R2. 0 1 0 1 , 0 . Osservate che coincide Il sottospazio Im Φ è lo spazio generato dalle colonne di C , cioè L −7 4 −15 8 1 0 con lo spazio generato dalle colonne di A , L1 , 0. Infatti i due spazi hanno la stessa dimensione e 1 4 1 8 1 1 0 1 0 1= 1 + 2 0∈ L 1 , 0 . 1 −7 4 −7 4 −15 −15 1 8 8 Esercizio 8
1 1 2 0 Sia T la funzione lineare R4 → R3 associata alla matrice M = 2 1 0 1 , t∈R, rispetto alle basi 1 1 0 t canoniche.
i) Per quali t ∈ R la funzione T è suriettiva? ii) Determinare ker(T ) e Im(T ).
iii) Porre t = 1. Determinare una base B di R4 e una base B’ di R3 tali che la matrice M(T)BB’ che rappresenta
1 0 0 0 l’applicazione rispetto alle basi B e B’ quando t = 1 , sia 0 1 0 0 0 0 1 0 Traccia di soluzione Punto i). Affinché T sia una funzione suriettiva, lo spazio generato dalle colonne di T deve avere
1 1 2 0 dimensione 3 e dunque deve essere rk( 2 1 0 1 )=3. Questo avviene per ogni valore di t in quanto 1 1 0 t 1 1 2 2 1 0=2. 1 1 0
Punto ii). Essendo T suriettiva per ogni valore di t, è sempre ImT=R3. Per il teorema di nullità più rango si x+y+2z=0 ha dim ker T=1 e ker T è rappresentato dalle soluzioni del sistema .2x+y+v=0 ed è dunque (al variare x+y+tv=0 &x=9t-1:u &=9t-1:u@ D $ $<92-t:u? $ y=92-t:u A di t, cioè < u∈R ? A % z= t u %< t u ? C $ $ 2 $ 2 # v=u #; u > B
1 1 2 0 Punto iii). Per t=1, la trasformazione T rispetto alle basi canoniche ha matrice associata A=2 1 0 1. 1 1 0 1 0 ed il suo nucleo è generato da 2. La base B di R4 che andiamo a cercare deve avere come quarto vettore 1 2 un vettore del nucleo perché la quarta colonna della nuova base è il vettore nullo. Quindi possiamo 1 0 0 0 1 0 1 0 0 1 0 0 2 prendere B=1 , , , 2. Ora vogliamo trovare B’ in modo che T( ) = 0 | GH , T(1) = 1 |GH , 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 0 1 0 0 2 0 1 1 0 0 1 T( ) = 0 |GH , ma sappiamo che rispetto alle basi canoniche T( ) = 2, T( ) = 1, T(0) = 0. E 1 0 0 1 1 0 1 1 0 0 0 0
1 1 2 quindi abbiamo B’=.2 , 1 , 0/. 1 1 0 Esercizio 9
Si consideri la funzione lineare T : R3 → R4 definita da: T (x, y, z) = (x + 3y + 4z, x + z, x + y + tz, 2x + 2y + tz), al variare di t ∈ R. i) Per quali t ∈ R la funzione T è iniettiva?
ii) Per quali t ∈ R il vettore v = (0, 0, 0, t)T appartiene a Im(T)? Per tali valori, esprimere v come combinazione lineare di una base di Im(T). iii) Porre t = 0. Determinare una base B di R3 e una base B’ di R4 tali che la matrice M(T)BB’ (che rappresenta
1 0 l’applicazione rispetto alle basi B e B’) quando t = 0, sia 0 0
0 0 1 0 0 1 0 0
Traccia di soluzione Punto i). La funzione T è iniettiva se e solo se ker T è formato dal solo vettore 0∈R3. Quindi dim kerT=0 e per il teorema di nullità e rango rk T=3. La funzione T è rappresentata (rispetto alle basi canoniche) dalla
1 matrice 1 1 2
3 4 0 1. Questa matrice ha rango maggiore o uguale a 2 perché I1 3I≠0. Consideriamo il 1 t 1 0 2 t 1 3 4 1 3 3 minore orlato 1 0 1=1 0 0 =-3(t-2). Quindi per t≠2, rk T=3. Per t=2 consideriamo il minore 1 1 J 1 1 J−1 1 3 4 1 3 3 orlato con quarta riga e terza colonna, si ha 1 0 1=1 0 0≠0. Per cui per ogni valore di t risulta 2 2 2 2 2 0 rk T=3 e dunque T è iniettiva.
0 1 3 4 x 0 Punto ii). Affinchè v = (0, 0, 0, t)T appartenga a Im(T) l’equazione matriciale = 1 0 1 KyL deve 0 1 1 t z t 2 2 t avere soluzione, quindi per il teorema di Rouché Capelli la matrice completa deve avere rango uguale al rango della matrice dei coefficienti. Sappiamo che la matrice dei coefficienti ha rango 3 e dunque deve essere
1 3 4 0 1 3 4 0 1 3 3 1 3 4 1 0 1 0
=0. Ma 1 0 1 0 =t 1 0 1 =t 1 0 0 =-3t9t-2:. Quindi deve essere t=0 o t=2. 1 1 t 0 1 1 t 0 1 1 t-1 1 1 t 2 2 t t 2 2 t t Per t=0 il vettore v è il vettore nullo e quindi si scrive come combinazione lineare a coefficienti nulli dei 0 1 3 4 1 0 1 0 vettori di una qualsiasi base di Im T. Per t=2 si ha v= , una base di Im T è 11 , 1 , 22 e v si può 0 2 2 2 2 scrivere come combinazione di questi vettori a coefficienti 1,1,-1. 1 Punto iii). Per t=0 la matrice che rappresenta l’applicazione rispetto alle basi canoniche è 1 1 2
3 0 1 2
4 1. 0 0
Vogliamo trovare una base B di R3 ed una base B’di R4 in modo che rispetto alle nuove basi la matrice della 1 0 0 applicazione sia 0 1 0. Se prendiamo come base B la base canonica, abbiamo che la base B’ deve 0 0 1 0 0 0 essere tale che le immagini della base canonica di R3 rispetto alla nuova base siano rispettivamente 1 0 0 0 , 1 , 0. Poiché rispetto alla base canonica di R4 le immagini della base canonica di R3 sono 0 0 1 0 0 0 1 3 4 1 0 1 rispettivamente 1 , 1 , 2, questi sono i vettori che, con un quarto vettore rispetto ad essi linearmente 2 2 2 1 0 0 indipendente,formano una base rispetto alla quale le componenti sono rispettivamente 0 , 1 , 0. 0 0 1 0 0 0
0 1 3 4 1 0 1 4 Quindi rimane da completare l’insieme 1 , 1 , 2 ad una base di R . Basta prendere 0. Quindi 0 2 2 2 1 1 3 4 0 1 0 1 B’=11 , 1 , 2 , 02. 0 2 2 2 1
Esercizio 10
Sia U il sottospazio di R4 costituito dai vettori (x, y, z, t) ∈ R4 che risolvono il sistema lineare omogeneo
x+ y−z = 0 x−z+t =0 2x + y − 2z + t = 0
Sia poi V il sottospazio di R4 definito come V = L((1, 0, 1, 0)T, (0, 0, 1, 2)T, (1, 0, 2, 2)T). (1) Calcolare basi e dimensioni di U , V . (2) Calcolare basi e dimensioni di U ∩ V e U + V. (3) Costruire, se possibile, una applicazione lineare f : R4 → R3 tale che ker(f ) = U ed f (V ) = L((1, 1, 2)T, (1, 0, 1)T). Traccia di soluzione
1 −1 a-b Punto (1). Il sottospazio U è formato dai vettori ( b * Aa,b∈RM. Una sua base è quindi 10 , 1 2 e la 1 0 a 0 1 b sua dimensione è 2. Si verifica subito che i vettori (1, 0, 1, 0)T, (0, 0, 1, 2)T, sono linearmente indipendenti, 1 0 mentre (1, 0, 2, 2)T è la loro somma, dunque 10 , 02 è una base di V e dim V=2. 1 1 0 2 1 −1 0 Punto (2). I vettori 10 , 1 , 02 generano U+V e sono linearmente indipendenti (solita verifica) 1 0 1 0 1 2 quindi sono una base di U+V e dim (U+V)=3. Dalla formula di Grassmann si ha dim (U ∩ V)=1 e dunque 1 0 ∈U∩V è una base di U ∩ V . 1 0
Punto (3). Non è possibile costruire f, in quanto se f esistesse avremmo che l’applicazione f’ :Vf(V) che si comporta come f sul sottospazio V di R4, dovrebbe esistere, ma dim Im f’=2, dim V=2 e ker f’=V ∩ker f= V ∩ U, quindi dim ker f’=1 contro il teorema di nullità più rango. Esercizio 11 Sia f : R4 → R4 la seguente applicazione lineare
x y f = z t
x + y − 2z + t x−y+z+t x − 2z y+t
(1) Determinare nucleo ed immagine di f, una loro base e la rispettiva dimensione.
x-y+t=0 (2) Sia U il sottospazio di R4 formato dalle soluzioni del seguente sistema P . x-y=0 base B di U e stabilire se esistono vettori di R4 che non appartengono a ker f+U.
Determinare una
Traccia di soluzione Punto (1). L’applicazione lineare f ha come matrice associata (rispetto alle basi canoniche) la matrice
1 1 −2 1 1 1 −2 1 1 0 −2 1 1 −1 1 −1 1 1 1 1 Q= . Calcoliamone il determinante:
= 1 −2 1 1 = 1 0 −2 0 1 0 −2 0 1 0 −2 0 0 0 0 1 0 1 0 1 0 1 0 1 1 −2 1 −2 1 −2 0 = 0. Dunque rk(A)<4, inoltre il minore formato con le prime due righe e le prime due 0 0 1 colonne è diverso da 0 per cui 2≤rk(A)<4. Orliamo il minore di ordine 2 diverso da 0 che abbiamo ottenuto 1 1 1 con terza riga e quarta colonna ed abbiamo 1 −1 1 = 2. Dunque rk(A)=3. Quindi ker f ha dimensione 1 0 0 1 ed Im f ha dimensione 3. Im f è lo spazio generato dalle colonne di A , quindi una base di Im f è formata 1 1 1 1 −1 da 1°, 2° e 4° colonna di A, per cui Imf=1R + S + T 1 R, S, T∈U2. Poiché dim Im f=3 abbiamo 1 0 0 0 1 1 x+y-2z+t=0 che dim ker f=1 e ker f è il sottospazio di R4 di equazioni x-y+z+t=0 da cui si ottiene subito che i vettori x-2z=0 di ker f sono [2z,(-3/2)z,z,(3/2)z]T e quindi una base di ker f è [2,-3/2,1,3/2]T.
x=u x=y y=u Punto (2). Il sottospazio U si può scrivere nella forma V cioè in forma parametrica 1 z=v dove u e v t=0 t=0 sono due parametri. U ha quindi dimensione 2 ed i due vettori [1,1,0,0]T e [0,0,1,0]T formano una base per U. Poiché dim kerf=1 e dim U=2 si ha dim (ker f+U)≤3 e pertanto essendo dim R4=4 esistono vettori di R4 che non appartengono a ker f+U. Esercizio 12
x x+ky+92-k:z y XK LY = K L essendo k un parametro reale. Sia fk : R → R l’applicazione lineare data da fk kz+y+kz z 3
2
(1) Determinare, al variare di k, nucleo ed immagine di fk , le loro dimensioni ed una loro base.
(2) Sia U il piano di equazione x − y = 0. Determinare ker f1 ∩ U ed una sua base. Traccia di soluzione
Punto (1) La matrice associata ad fk rispetto alle basi canoniche di R3 ed R2 è Ak = Z1 k 2-k[ . Il nucleo k 1 k di fk è dunque il nucleo della matrice Ak. La matrice Ak ha rango maggiore o uguale ad 1 per ogni k perché il minore formato dall’elemento comune a prima riga e prima colonna è sempre 1. Consideriamo allora i minori ottenuti orlando quel minore. Il minore ottenuto orlando con seconda riga e seconda colonna è 1-k2 e quindi si annulla per k=1, k=-1. Per k=1 anche il minore formato orlando con seconda riga e terza colonna si annulla, mentre per k=-1 vale 2. Dunque Ak ha rango 2 per k≠1 e rango 1 per k=1. Di conseguenza abbiamo che -
-
per k=1, Im fk (che è lo spazio generato dai vettori colonna di Ak) ha dimensione 1 e una sua base è formata dal vettore [1,1]T; ker fk ha dimensione 3-1=2 (teorema di nullità e rango) ed è rappresentato dall’equazione x + y + z = 0, e quindi una sua base è ad esempio {[1,1,0]T,[1,0,1]T}. per k≠1, Im fk (che è lo spazio generato dai vettori colonna di Ak) ha dimensione 2, quindi essendo un sottospazio di R2 di dimensione uguale a quella di R2, coincide con R2 pertanto una sua base è la base canonica di R2; ker fk ha dimensione 1 ed è rappresentato dal sistema P &x= k +k-2 t 1-k2 $ 2
o
o
x+ky+92-k:z=0 . Se kx+y+kz=0
e rappresentano le equazioni k-k2 % y= 1-k2 t $ # z=t parametriche di ker fk una cui base è ad esempio formata dal vettore [k2-k-2,k-k2,1-k2]T. x=2t k=-1, le ∞1 soluzioni del sistema sono . y=t e rappresentano le equazioni parametriche di z=0 ker f-1 una cui base è ad esempio formata dal vettore [2,1,0]T. k≠-1, le ∞1 soluzioni del sistema sono
Punto (2) Poiché, come abbiamo visto sopra, ker f1 è rappresentato da x+y+z=0, ker f1∩U è rappresentato x+y+z=0 dal sistema ! , poiché il rango della matrice dei coefficienti di questo sistema è 2, ker f1∩U ha x-y=0 dimensione 1 ed una base è data ad esempio dal vettore [1,1,-2]T.
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE PRIMA PROVA IN ITINERE - 06/05/2011 - VERSIONE A Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. Esercizio 1. (6 + 3 + 2 punti) Si consideri completa del sistema `e 1 a (A|B) = 1
il sistema lineare AX = B dove la matrice 1 1 b 1 1 1 , a 1 1
con a, b parametri reali. (1) Stabilire se e quante soluzioni ammette il sistema, al variare di a, b. (2) Determinare se esistono valori di a, b per i quali il sistema ammette X = (−4, −4, 5)t tra le soluzioni. (3) Posto a = 1 e b = 0, ed interpretando (A|B) come matrice rappresentativa, rispetto alle basi canoniche, di un’ applicazione lineare f : R4 → R3 , determinare due matrici C, di tipo 3×2, e D, di tipo 2×4, che verificano l’ uguaglianza CD = (A|B). Le matrici C e D esistono anche se poniamo a = b = 0? Svolgimento. (1) Effettuiamo le operazioni elementari R2 − R1 → R2 , R3 − R1 → R3 sulla matrice (A|B) ed otteniamo la matrice 1 b 1 1 a−1 0 0 1 − b . 0 a−1 0 1−b Se a − 1 6= 0, le matrici A ed (A|B) risultano entrambe ridotte per righe ed entrambe di rango 3. Se a = 1, la matrice A `e ridotta per righe, ed ha rango 1, mentre la matrice (A|B) risulta avere rango 2 se 1 − b 6= 0 (effettuando l’ operazione R3 − R2 → R3 otteniamo una matrice ridotta per righe), mentre risulta avere rango 1 se 1 − b = 0 (in tal caso risulta anche ridotta per righe). In conclusione, 3 se a 6= 1 3 se a 6= 1 2 se a = 1 e b 6= 1 . r(A) = mentre r(A|B) = 1 se a = 1 1 se a = b = 1 Per il Teorema di Rouch´e-Capelli, il sistema AX = B ha una sola soluzione se a 6= 1, ha ∞2 soluzioni se a = b = 1, mentre non ha soluzioni se a = 1 e b 6= 1. (2) Sostituendo alle incognite i valori proposti, otteniamo le seguenti equazioni in a e b: b = −3 −4a = 0 . −4a = 0 ` evidente che il sistema ha l’ unica soluzione a = 0, b = −3. E (3) Per a = 1 e b = 0, la matrice (A|B) `e uguale a 1 1 1 0 (A|B) = 1 1 1 1 1 1 1 1 1
2
avendo omesso il separatore tra la matrice A e la matrice B. Come gi`a calcolato, essa ha rango 2 ed una base per lo spazio spazio generato dalle sue colonne `e data dalle ultime sue 2 colonne, essendo le prime tre colonne uguali tra loro. Sia allora 1 0 C = 1 1 . 1 1 La matrice D si ottiene facilmente osservando che il prodotto tra la matrice C e le colonne di D deve essere uguale alle colonne di (A|B). Quindi, 1 1 1 0 D= . 0 0 0 1 Analogamente, si poteva ottenere una fattorizzazione usando le righe di (A|B). In tal caso, 1 0 1 1 1 0 0 1 C= D= . 1 1 1 1 0 1 Infine, si osservi che, trovata una fattorizzazione (A|B) = CD, ogni altra fattorizzazione `e della forma C · D con C = CP, D = P −1 D e P `e una qualunque matrice quadrata invertibile di ordine 2. Per a = b = 0, (A|B) non pu`o essere fattorizzata come richiesto. Infatti, r(A|B) = 3, mentre il rango di una matrice della forma CD con C di tipo 3 × 2 e D di tipo 2 × 4 `e ≤ 2. Per a = 1 e b = 0, la matrice (A|B) `e uguale a 1 1 1 0 (A|B) = 1 1 1 1 1 1 1 1 avendo omesso il separatore tra la matrice A e la matrice B. Possiamo costruire due matrici C, D del tipo richiesto se riusciamo a scrivere f come composizione di due applicazioni lineari d : R4 → R2 e c : R2 → R3 , rappresentate, rispettivamente, dalle matrici D e C rispetto alle basi canoniche. Per a = 1, b = 0 la matrice (A|B) ha rango 2. L’immagine di f ha quindi dimensione 2, ed `e generata dalle ultime due colonne. Per il teorema dimensionale anche il nucleo di f ha dimensione 2, e si ottiene risolvendo il sistema omogeneo (A|B)x = 0, cio`e x+y+z =0 ⇒ x = −y − z, t = 0. x+y+z+t=0 Una base di kerf `e {v1 , v2 } = {(−1, 1, 0, 0)t , (−1, 0, 1, 0)t }. Sia quindi d : R4 → R2 tale che kerd = kerf , da cui Imd = R2 (per il teorema dimensionale). Indicati con e1 , e2 , e3 , e4 i vettori della base canonica di R4 , abbiamo v1 = −e1 +e2 e v2 = −e1 +e3 , per cui possiamo prendere d data da d(v1 ) = d(−e1 + e2 ) = 0 d(e2 ) = d(e1 ) d(v2 ) = d(−e1 + e3 ) = 0 d(e3 ) = d(e1 ) e quindi, per la linearit`a di d . t d(e ) = (1, 0) d(e3 ) = (1, 0)t 3 d(e ) = (0, 1)t d(e ) = (0, 1)t 4
4
Di conseguenza otteniamo d(e1 ) = d(e2 ) = d(e3 ) = (1, 0)t e d(e4 ) = (0, 1)t , per cui 1 1 1 0 D= . 0 0 0 1
3
Sia poi c : R2 → R3 iniettiva, e quindi (sempre per il teorema dimensionale) avente immagine di dimensione 2, che assumiamo coincidente con l’immagine di f . Pertanto abbiamo 1 0 1 1 1 0 C = 1 1 , e C · D = 1 1 1 1 = (A|B) 1 1 1 1 1 1 Nel caso in cui si ponga a = b = 0, la matrice (A|B) ha rango 3, quindi l’immagine di c dovrebbe avere dimensione 3, il che `e impossibile essendo definita su uno spazio di dimensione 2. Quindi l’uguaglianza (A|B) = C · D in tal caso non si pu`o ottenere.
Esercizio 2. (4 + 5 + 2 punti) Sia U il sottospazio di R4 costituito dai vettori (x, y, z, t) ∈ R4 che risolvono il sistema lineare omogeneo x+y−z =0 x−z+t=0 U: 2x + y − 2z + t = 0. Sia poi V il sottospazio di R4 definito come V = L((1, 0, 1, 0), (0, 0, 1, 2), (1, 0, 2, 2)). (1) Calcolare basi e dimensioni di U , V . (2) Calcolare basi e dimensioni di U ∩ V e U + V. (3) Costruire, se possibile, un’ applicazione lineare f : R4 → R3 tale che ker(f ) = U ed f (V ) = L((1, 1, 2), (1, 0, 1)). Svolgimento. (1) Essendo omogeneo il sistema che definisce U, esso ha sempre soluzioni, ed il loro numero dipende dal solo rango della matrice A dei coefficienti delle incognite. La matrice A `e 1 1 −1 0 1 0 −1 1 , 2 1 −2 1 e si osserva facilmente che le prime due righe sono linearmente indipendenti, mentre la terza riga `e somma delle prime due. In conclusione, r(A) = 2 e quindi dim(U ) = 4 − 2 = 2. Calcoliamo le incognite y, t in funzione di x, z ed otteniamo y = −x + z, t = −x + z. In conclusione, U = {(x, −x + z, z, −x + z) | x, z ∈ R}, ed una sua base `e BU = ((1, −1, 0, −1), (0, 1, 1, 1)). ` evidente che il terzo generatore di V `e somma dei primi due generatori, mentre i E primi due generatori sono linearmente indipendenti. Quindi, dim(V ) = 2, ed una sua base `e BV = ((1, 0, 1, 0), (0, 0, 1, 2)). (2) Il sottospazio U +V `e generato dai vettori (1, −1, 0, −1), (0, 1, 1, 1), (1, 0, 1, 0), (0, 0, 1, 2). Scriviamo le componenti dei vettori rispetto alla base canonica di R4 come colonne di una matrice ed otteniamo 1 0 1 0 −1 1 0 0 0 1 1 1 . −1 1 0 2
4
Effettuando l’ operazione elementare C3 − C1 − C2 → C3 otteniamo la matrice ridotta per colonne 1 0 0 0 −1 1 0 0 0 1 0 1 −1 1 0 2 e quindi dim(U + V ) = 3, ed una sua base `e BU +V = ((1, −1, 0, −1), (0, 1, 1, 1), (0, 0, 1, 2)). Dalla formula di Grassmann, si ricava che dim(U ∩ V ) = 1. Visto che (1, 0, 1, 0) ∈ V, e che `e combinazione lineare dei vettori di BU , ossia `e anche in U, abbiamo che U ∩ V = L((1, 0, 1, 0)) e quindi una base di U ∩ V `e BU ∩V = ((1, 0, 1, 0)). (3) Se l’ applicazione lineare esistesse, potremmo considerare la sua restrizione al sottospazio U + V di R4 . Avremmo allora f : U + V → R3 lineare, con U = ker(f ). → Visto che f (U + V ) = f (U ) + f (V ), e che f (U ) = { 0 }, allora f (U + V ) = f (V ), ed ha dimensione 2, come si vede facilmente. Usando il teorema del Rango, abbiamo dim(U + V ) = dim(U ) + dim(f (V )) ossia 3 = 2 + 2 = 4. Essendo falsa l’ uguaglianza ottenuta, otteniamo che non esistono applicazioni lineari che verificano le condizioni richieste. Esercizio 3. (4 + 4 + 3 punti) Siano date le matrici: 3 −3 0 1 h −h 0 , A = −h h 0 e B = 0 0 0 0 1 0 0 3+h dipendenti dal parametro reale h. (1) Posto h = −2, determinare gli autovalori ed una base per ogni autospazio di A. (2) Per quali h la matrice A `e diagonalizzabile? (3) Per quali h le due matrici A e B sono simili? Svolgimento. (1) Il polinomio caratteristico di A `e uguale a p(t) = det(A − tI) = (1 − t)2 (−t) e quindi le sue radici sono t1 = 0 e t2 = 1 di molteplicit`a m(0) = 1, e m(1) = 2, rispettivamente. Essendo entrambe le radici nel campo R su cui stiamo lavorando, sono entrambe autovalori di A. Con facili calcoli, otteniamo che gli autospazi sono V (0) = L((1, 1, 0)) e V (1) = L((3, 2, 0), (0, 0, 1)), di dimensioni 1 e 2, rispettivamente. In conclusione A `e diagonalizzabile per h = −2. (2) Il polinomio caratteristico di A `e uguale a p(t) = (1 − t)(t2 − (3 + h)t) = −t(t − 1)(t − 3 − h) e le sue radici sono t1 = 0, t2 = 1, t3 = h + 3, tutte reali, e quindi tutte autovalori. Se h 6= −3, −2, le radici sono tutte distinte. Se h = −3, m(0) = 2, m(1) = 1, ed infine, se h = −2, m(1) = 2, m(0) = 1. Se gli autovalori hanno tutti molteplicit`a 1, allora A `e diagonalizzabile. Quindi A `e diagonalizzabile se h 6= −3, −2, e se h = −2, grazie ai calcoli precedenti. Studiamo quindi la diagonalizzabilit`a di A per h = −3. In tal caso, dim(V (0)) = 3 − r(A − 0I) = 3 − r(A) = 3 − 2 = 1 6= m(0). Quindi, A non `e diagonalizzabile. In conclusione, A `e diagonalizzabile per h 6= −3. (3) Visto che B `e triangolare superiore, il suo polinomio caratteristico `e pB (t) = −t(t − 1)(t − h − 3) e quindi A e B hanno gli stessi autovalori. Se h 6= −3, −2, entrambe le matrici sono diagonalizzabili, e sono simili a 0 0 0 0 D= 0 1 0 0 h+3
5
e quindi sono simili tra loro. Se h = −2, A `e diagonalizzabile. Invece, VB (1) ha dimensione 3 − r(B − I) = 1 6= m(1) e quindi B non `e diagonalizzabile. Quindi, A e B non sono simili. Se h = −3, A non `e diagonalizzabile. Invece, VB (0) ha dimensione 3 − r(B) = 2 = m(0) e quindi B `e diagonalizzabile. In conclusione, A e B non sono simili. Riassumendo i risultati, otteniamo che A e B sono simili per h 6= −3, −2.
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE Prima prova in itinere - 03/05/2013 Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. Esercizio 1. Siano date le rette x(t) = 1 − t y(t) = −3 + t r: z(t) = −1 + 3t
e
sh :
x − hy + (−1 + h)z = 0 . (1 + h)y + (1 − h)z = 2h
(1) Studiare la posizione reciproca di r e sh al variare di h ∈ R. (2) Posto h = 0, trovare il piano π contenente s0 e parallelo ad r. (3) Posto h = 0, dire se il piano contenente r e parallelo ad s0 interseca un punto dell’asse x.
Soluzione 1. Punto 1. Soluzione A: Se h 6= 2 la retta r interseca il piano x − hy + (−1 + h)z = 0 nel punto le cui coordinate si ottengono dalle equazioni parametriche di r ponendo t = h+1 e interseca h−2 il piano (1 + h)y + (1 − h)z = 2h nel punto le cui coordinate si ottengono dalle equazioni 2h+2 , pertanto r interseca sh se e solo se tali punti coinparametriche di r ponendo t = −h+2 cidono e quindi se e solo se h + 1 = −(2h + 2) ovvero se e solo se h = −1. Se h = 2 la retta r risulta parallela ad entrambi i piani che individuano la retta s2 senza giacere su alcuno di essi. Se h 6= −1, 2 allora r ed sh sono rette sghembe. Soluzione B: La retta r ha equazioni cartesiane x+y+2=0 3x + z − 2 = 0 quindi per decidere la mutua posizione delle due rette r e sh dobbiamo considerare il sistema lineare x + y = −2 3x + z = 2 . x − hy + (−1 + h)z = 0 (1 + h)y + (1 − h)z = 2h Facendo le mosse R2 → R2 − 3R1 e R3 → R3 − R1 si ottiene x+y =2 −3y + z = 8 , −(h + 1)y + (−1 + h)z = 2 (1 + h)y + (1 − h)z = 2h
da cui facendo R4 → R4 − R3 e R3 → 3(R3 − h+1 R2) si ottiene 3 x+y = 2 −3y + z = 8 . (2h − 4)z = 5 − h 0 = 2h + 2
Ne segue che se h 6= −1, 2 il rango della matrice completa del sistema `e 4 mentre il rango della matrice dei coefficienti `e 3, il sistema `e impossibile e le due rette sono sghembe. Se h = −1 il rango della matrice dei coefficienti e di quella completa sono entrambi 3, il 1
2
sistema ha una e una sola soluzione e le due rette sono incidenti. Se h = 2 il rango della matrice completa `e 3 quello della mtrice dei coefficienti `e 2, il sistema `e impossibile e le due rette sono parallele. Punto 2: Il fascio di piani che ha per sostegno la retta s0 ha equazione λ(x−z) + µ(y + z − 2) = 0. La retta r non ha intersezioni col generico piano del fascio solo se −4λ + 4µ = 0 dunque solo se λ = µ da cui si ottiene l’equazione del piano richiesto: x + y − 2 = 0. Punto 3: Dalle equazioni cartesiane della retta r si ottiene che il fascio di piani di sostegno r ha equazione λ(x+y +2)+µ(3x+z −2) = 0. La retta s0 non ha intersezioni col generico piano del fascio solo se µ = 0 dunque il piano contenente r e parallelo ad s0 ha equazione x + y + 2 = 0 ed incontra l’asse x nel punto di coordinate (−2, 0, 0). Esercizio 2. Nello spazio vettoriale reale V = R3 [x], siano U = {P (x) ∈ V | P (1) = 0}
e
W = {P (x) ∈ V | P (0) = 0, P ′′ (0) = 0}.
(1) Calcolare una base di U, ed una di W e la dimensione dei sottospazi U e W . (2) Calcolare una base e la dimensione di U + W e di U ∩ W . (3) Estendere la base trovata per U ∩ W ad una base di V .
Soluzione 2. Punto 1. Si ha U = {ax3 + bx2 + cx + d| a, b, c, d ∈ R ∧ a + b + c + d = 0}, W = {ax3 + cx| a, c ∈ R}. Se riferiamo V alla base {x3 , x2 , x, 1} i vettori di U sono rappresentati come {[a, b, c, −a − b − c]T | a, b, c ∈ R} e quelli di W come {[a, 0, c, 0]T | a, b ∈ R}. Quindi i vettori {[1, 0, 0, −1]T , [0, 1, 0, −1]T , [0, 0, 1, −1]T } sono un sistema di generatori per il sottospazio di R4 che rappresenta U ed `e immediato verificare che sono linearmente indipendenti, pertanto dimU = 3 e una base di U formata dai polinomi {x3 − 1, x2 − 1, x − 1}, analogamente si ottiene che i vettori {[1, 0, 0, 0]T , [0, 0, 1, 0]T } sono una base per il sottospazio di R4 che rappresenta W e dunque dimW = 2 e una base di W formata dai polinomi {x3 , x}. Punto 2. Si verifica facilmente che i vettori {[1, 0, 0, −1]T , [0, 1, 0, −1]T , [0, 0, 1, −1]T , [1, 0, 0, 0]T } sono linearmente indipendenti, quindi dimU + W = 4, e U + W = R3 [x] per cui una base di U + W `e {x3 , x2 , x, 1}. Per la formula di Grassmann, si ricava dim(U ∩ W ) = 1, il vettore x3 − x appartiene sia ad U sia a W e quindi `e una base di U ∩ W . Punto 3. Applicando il procedimento delle eliminazioni successive a {x3 − x, x3 , x2 , x, 1} si ottiene subito che {x3 − x, x3 , x2 , 1} `e una base di V . Esercizio 3. Sia f : R3 → R3 l’applicazione 1 A= 2 1
lineare rappresentata dalla matrice 1 −1 3 1 0 −4
rispetto alla base di partenza B = {e1 + e2 , e2 + e3 , e3 } e alla base di arrivo B′ = {e2 , e1 + e2 , e2 + e3 }. (1) Determinare una base e la dimensione di Im(f ), di ker(A) e di ker(f ). (2) Calcolare le coordinate di v = −e1 + e3 rispetto alla base di Im(f ) e trovare le controimmagini di v. (3) Sia g : R3 → R3 l’applicazione lineare rappresentata dalla matrice 0 0 1 B= 1 0 0 0 h 0 rispetto alle basi B e B′ . Scrivere la matrice che rappresenta l’applicazione lineare f + g e stabilire i valori di h per cui l’applicazione risulta invertibile.
3
Soluzione 3. Punto 1. Si ha rkA = 2 e dunque dimkerA = 1. Per trovare kerA dobbiamo determinare le soluzioni del sistema lineare omogeneo Ax = 0 che sono date dai vettori {[4t, −3t, t]T | t ∈ R}, quindi una base di kerA `e [4, −3, 1]T . Questo ci dice anche che dimkerf = dimkerA = 1 e che dimImf = 2. Dobbiamo ora trovare la matrice A′ che rappresenta l’applicazione lineare f rispetto alle basi canoniche. Quindi o si utilizzano le formule per i cambiamenti di base o si ricorda che le colonne della matrice che rappresenta una trasformazione lineare dallo spazio vettoriale V allo spazio vettoriale W quando V riferito ad una base B e W ad una base C sono le coordinate delle immagini dei vettori della base B rispetto alla base C. Quindi abbiamo f (e1 + e2 ) = f (e1 ) + f (e2 ) = 1e2 +2(e1 +e2 )+1(e2 +e3 ) = 2e1 +4e2 +e3 , f (e2 +e3 ) = f (e2 )+f (e2 ) = 1e2 +3(e1 +e2 ) = 3e1 + 4e2 , f (e3 ) = −1e2 + 1(e1 + e2 ) − 4(e2 + e3 ) = 1e1 − 4e1 − 4e3 , da cui ricaviamo f (e2 ) = 2e1 + 8e2 + 4e3 e f (e1 ) = −4e2 − 3e3 . Pertanto si ha 0 2 1 A′ = −4 8 −4 . −3 4 −4
Da qui, essendo le prime due colonne di A′ linearmente indipendenti e rkA′ = 2 si ottiene che una bese per Imf `e formata dalle prime due colonne di A′ . Una base per kerf si trova cercando una autosoluzione del sistema lineare omogeneo A′ x = 0 e risulta essere [4, 1, −2]T . Punto 2. Le coordinate di v = −e1 + e3 rispetto alla base di Im(f ) sono le soluzioni del sistema corrispondente all’equazione matriciale x[0, −4, −3]T + y[2, 8, 4]T = [−1, 0, 1]T ovvero x = −1, y = −1 . Poich´e [0, −4, −3]T = f (e1 ) e [2, 8, 4]T = f (e1 ), si ottiene 2 v = −e1 + e3 = −f (e1 ) − 12 f (e2 ) quindi una sua contrimmagine `e −e1 − 21 e2 . Tutte le controimmagini si ottengono aggiungendo a questa soluzione particolare tutti i vettori di kerf . Punto 3. La matrice che rappresenta l’applicazione lineare f + g rispetto alle basi B e B′ `e 4 1 0 A+ B = 3 3 1 . 0 h −4 . Con la solita procedura del cambiamento di base `e possibile scrivere anche la matrice che rappresenta f + g rispetto alle basi canoniche. L’applicazione f + g `e invertibile se e solo se `e rappresemtata (rispetto a una base qualsiasi da una matrice invertibile e dundue se e solo se detA + B 6= 0, da cui si ha h 6= 15.
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE Prima prova in itinere - 02/05/2012 - Versione A
Soluzioni
Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. Esercizio 1. (3 + 4 + 4) Siano date le matrici 1 2 3 1 1 −1 A = −1 1 0 e B = −1 −1 1 , 1 1 2 1 1 −1 e siano
TA : R3 → R3 e TB : R3 → R3 le applicazioni lineari definite come TA (X) = AX e TB (X) = BX, con X ∈ R3 . (1) Determinare una base e la dimensione di Im(TA ). (2) Determinare una base e la dimensione di Im(TA ) ∩ ker(TB ). (3) Verificare che ker(TA ) `e contenuto propriamente in ker(TB ◦ TA ). Soluzione. (1) In A le colonne C1 e C2 sono indipendenti, mentre C3 = C1 + C2 . Quindi r(A) = dim(Im(TA )) = 2, ed una base `e {C1 , C2 }. (2) In B risulta C1 = C2 = −C3 , quindi dim(ker(TB )) = 3 − r(B) = 3 − 1 = 2. In particolare ker(TB ) : x + y − z = 0, per cui ⟨ ⟩ −1 1 −y + z | y, z ∈ R = 1 , 0 . y ker(TB ) = z 0 1 La matrice avente per colonne i vettori delle basi di Im(TA ) e ker(TB ) `e data da 1 2 −1 1 M = −1 1 1 0 . 1 1 0 1 La sottomatrice {R1 , R2 , R3 } ∩ {C1 , C2 , C3 } ha determinante non nullo, quindi r(M ) = 3. Di conseguenza la dimensione di Im(TA ) + ker(TB ) `e 3, e per la formula di Grasmann, la dimensione di Im(TA ) ∩ ker(TB ) `e 1. (3) La matrice che esprime la composizione TB ◦ TA risulta −1 2 1 BA = 1 −2 −1 . −1 2 1 Poich´e R3 = R1 ed R2 = −R1 , la matrice BA ha rango 1, per cui ker(TB ◦ TA ) ha dimensione 2. Esso `e descritto dall’equazione −x + 2y + z = 0. Il nucleo di TA , di dimensioone 1, `e invece descritto dal sistema { x + 2y + 3z = 0 −x + y = 0, la cui soluzione x = y, z = −y verifica l’equazione di ker(TB ◦TA ), il che implica l’inclusione propria tra i due spazi. 1
2
Esercizio 2. (6 + 3 + 2) Nello spazio vettoriale reale V = Mat(2, 2; R) siano dati i vettori ( ) ( ) ( ) ( ) 1 1 0 1 −1 2 −2 2 X1 = , X2 = , X3 = , X4 = . 0 1 1 0 3 −1 4 −2 (1) Verificare che X1 , X2 sono linearmente indipendenti, che lo sono anche i vettori X3 , X4 , e che L(X1 , X2 ) = L(X3 , X4 ). (2) Detto U il sottospazio L(X1 , X2 ), consideriamo due sue basi B = (X3 , X4 ) e B ′ = (X1 , X2 ). Verificare che U ′ = {X ∈ U | [X]B = [X]B ′ } `e un sottospazio di V. (3) Determinare una base e la dimensione di U ′ . Soluzione. (1) Identificando V con R4 tramite l’isomorfismo (
a b c d
) 7→ [a, b, c, d]t ,
le matrici X1 , X2 , X3 , X4 vengono rappresentate, rispettivamente, dalle quaterne x1 = [1, 1, 0, 1]t , x2 = [0, 1, 1, 0]t , x3 = [−1, 2, 3, −1]t ed x4 = [−2, 2, 4, −2]t . La matrice avente per colonne le quaterne x1 , x2 , cos`ı come quella avente per colonne le quaterne x3 , x4 , hanno rango 2, da cui deriva l’indipendenza lineare delle coppie X1 , X2 ed X3 , X4 . La matrice avente per colonne le quattro quaterne x1 , x2 , x3 , x4 risulta
1 1 0 1
0 −1 −2 1 2 2 . 1 3 4 0 −1 −2
Poich´e R4 = R1 ed R3 = R2 − R1 , il rango di M `e 2. Ci`o implica, per esempio, che la terza e quarta colonna dipendono dalle prime 2, cio`e che L(X3 , X4 ) = L(X1 , X2 ). (2) Siano α, β le coordinate di un generico X ∈ U rispetto alla base B, cio`e X = αX3 + βX4 . Allora X ∈ U ′ se e solo se risulta anche X = αX1 + βX2 . Di conseguenza deve essere αX1 + βX2 = αX3 + βX4 , cio`e α(X1 − X3 ) + β(X2 − X4 ) = 0 (matrice nulla). Osserviamo che ( X1 − X3 = X2 − X4 =
2 −1 −3 2
) .
Pertanto la condizione diventa ( (α + β)
2 −1 −3 2
) =0
⇒
α = −β.
Quindi si ha U ′ = {α(X1 − X2 ) | α ∈ R}. Se X, X ′ ∈ U ′ ed a, a′ ∈ R abbiamo X = α(X1 − X2 ), X ′ = α′ (X1 − X2 ), e quindi aX + bX ′ = (aα + a′ α′ )(X1 − X2 ) = α′′ (X1 − X2 ) ∈ U ′ , il che implica che U ′ `e un sottospazio di V . (3) Dalle considerazioni precedenti deriva immediatamente che U ′ ha dimensione 1, e che una sua base `e, per esempio, X1 − X2 .
3
Esercizio 3. (2+5+3+1) Siano dati i piani αh , βh e la retta r di equazioni rispettivamente { x + 2y + z = 1 αh : x + hy − z = h, βh : hx − y + hz = 1, r : . 2x − y − 2z = 2 (1) Verificare che αh e βh hanno in comune una retta sh , per qualunque valore di h ∈ R. (2) Si calcoli la posizione reciproca di r ed sh , al variare di h ∈ R. (3) Si calcoli l’ equazione del piano π contenente r e parallelo ad s0 (ossia la retta sh avendo posto h = 0). (4) Calcolare, se esiste, l’ equazione di una retta complanare con tutte e tre le rette sh , h = −1, 0, 1. Soluzione. (1) La matrice dei coefficienti di x, y, z nel sistema tra αh e βh risulta ( ) 1 h −1 Mh = . h −1 h La sottomatrice {R1 , R2 } ∩ {C1 , C2 } ha determinante −1 − h2 , diverso da zero per ogni a. Quindi Mh ha rango 2 ed il sistema ammette ∞1 soluzioni, cio`e una retta, ∀h ∈ R. (2) Consideriamo la matrice Mh′ formata dai coefficienti di x, y, z nel sistema delle equazioni di αh , βh e dei due piani che definiscono r 1 h −1 h −1 h . Mh′ = 1 2 1 2 −1 2 Essa pu`o avere rango 2 o 3, ed il sistema omogeneo associato Mh′ X = 0 ammette ∞1 soluzioni nel primo caso, e la sola soluzione banale nel secondo caso. Di conseguenza, se il sistema non omogeneo Mh′ X = [h, 1, 1, 2]t `e risolubile si hanno, rispettivamente, rette coincidenti o incidenti, altrimenti rette parallele nel primo caso o sghembe nel secondo caso. Orlando in Mh′ la sottomatrice {R1 , R2 } ∩ {C1 , C2 } abbiamo det{R1 , R2 , R3 } ∩ {C1 , C2 , C3 } = −4h − 2, e det{R1 , R2 , R4 } ∩ {C1 , C2 , C3 } = 4h2 + 2h. Entrambi gli orlati ′ si annullano quindi solo per h = −1/2. La matrice completa M h , ottenuta accostando ad Mh′ la colonna dei termini noti, ha determinante −2(1 − h)(2h + 1). Risulta quindi ′ • h ̸= −1/2. Se h = 1 allora r(M h ) = r(Mh′ ) = 3, e quindi le rette sono incidenti. Se ′ h ̸= 1, r(M h ) = 4 > r(Mh′ ) = 3 e le rette sono sghembe. ′ • h = −1/2. Orlando in M h la sottomatrice {R1 , R2 } ∩ {C1 , C2 } con la colonna dei ′ termini noti si ottiene in ogni caso un minore non nullo, per cui r(M h ) = 3 > r(Mh′ ) = 2 e le rette sono parallele. (3) La retta s0 ha equazioni parametriche x=t y = −1 z = t. . Sostituendo in r si nota che la seconda equazione non ha soluzioni, quindi il piano richiesto `e 2x − y − 2z = 2. (4) Esistono infinite rette dotate della propriet`e richiesta. Basta prendere un qualsiasi piano γ contenente una delle tre rette, diciamo s0 , e non parallelo a nessuna delle altre
4
due, e considerare la retta che passa per i punti A = s1 ∩ γ e B = s−1 ∩ γ. Scegliendo per esempio il piano y = −1 si ha A(1, −1, −1) e B(−1, −1, 1), quindi una retta soluzione `e AB, di equazioni parametriche x = 1 + 2q y = −1 z = −1 − 2q.
Soluzione esercizi di algebra lineare Esercizio 1 Mostrare che i 3 vettori
1 v= 0 , −1
1 0 2 u= , w= − 3 1 2
formano una base B di R3. Scrivere la matrice di passaggio dalla base B alla base canonica e dire se tale matrice è ortogonale. Traccia di soluzione
1 1 0 La matrice A= 0 2 −3 ha determinante diverso da 0 per cui i tre vettori v,u,w sono linearmente −1 1 2 indipendenti e formano una base di R3. Per scrivere la matrice di passaggio bisogna calcolare le componenti di e1,e2, e3 rispetto alla base B, oppure si può osservare che A è la matrice di passaggio dalla base canonica alla base B, per cui la matrice cercata è 7 −2 −3 A-1= 3 2 3 e non è ortogonale. Come si poteva dire subito non essendo ortogonale A . 2 −2 2 Esercizio 2 Sia f : R4→R4 la seguente applicazione lineare f([x, y, z, t]T)=[x+y-2z+t, x-y+z+t, x-2z, y+t] T. Dimostrare che f ammette λ=0 come autovalore. Traccia di soluzione L’applicazione f ammette l’autovalore 0 se e solo se esiste un vettore non nullo v∈ R4 tale che f(v)=0v, 1 1 −2 1 ovvero se e solo se ker f ha dimensione almeno 1. La matrice A associata ad f è 1 −1 1 1 ed ha 1 0 −2 0 0 1 0 1 determinante nullo in quanto la quarta riga è la prima meno la terza, quindi rk A<4 e dim ker f>0.
Esercizio 3 Sia data la funzione lineare T: R4→R2 definita da: T: (x,y,z,w)→(x+2y-z+w,z+w). a) Calcolare le dimensioni di ker(T) e di Im(T). b) Determinare una base ortonormale B0 di ker(T).
c) Completare la base B0 a una base ortonormale di R4. Traccia di soluzione a) La matrice associata a T è
1 0
2 −1 1 ed ha rango 2 , per cui dim ker(T) = dim Im(T) = 2. 0 1 1
b) ker(T)={[-2h-2k,h,-k,k]T|h,k∈R}, quindi {[-2,1,0,0]T, [-2,0,-1,1]T} è una base di ker(T), ma non una base ortonormale. Usiamo quindi il procedimento di Gram Schmidt per trovare una base ortogornale: b1=[-2,1,0,0]T, b2=[-2,0,-1,1]T− [-2,1,0,0]T = [− , − , −1, 1]T e poi normalizzare, ottenendo √
√
√
c1= [-2,1,0,0]T, c2=
[− , − , −1, 1]T che è una base ortonormale di ker (T).
c) Basta aggiungere a {b1,b2} i vettori [1,0,0,0]T,[0,0,1,0]T per formare una base per R4 e poi applicare il procedimento di Gram Schmidt, per ottenere una base ortogonale b1, b2, b3=[1,0,0,0]T-(− [-2,1,0,0]T− [-2,0,-1,1]T)=[− √
poi normalizzare ottenendo c1= [-2,1,0,0]T, c2=
, ,− , ]T, b4=[0,0,1,0]T-(− [-2,0,-1,1]T)=[- , 0, , ]T e
√
√
[− , − , −1, 1]T , c3= [− √ √
, ,− , ]T,
c4= [- , 0, , ]T. (Si poteva partire subito con la base B0, la scelta di partire con {b1,b2} è motivata dal √ √
desiderio di ridurre i conti). Notate che c3 e c4 sono una base ortonormale di (ker (T))⊥. Esercizio 4 Dire per quali valori di k la matrice
0 k 0 3 3 0 A= 2 − 2 − k è diagonalizzabile. Per tali valori trovare una matrice diagonale D a cui A sia simile e una matrice P tale che P-1AP=D. Traccia di soluzione. Gli autovalori di A sono k,-k,3, perciò se k≠0,3,-3 sono autovalori distinti e la matrice A è simile alla matrice D=diag(k,-k,3). All’autovalore k è associato l’autospazio {[(k2-3k)t,kt,(k-4)t]T|t∈R}; all’autovalore –k è associato l’autospazio {[0, 0, u]T|u∈R}; all’autovalore 3 è associato l’autospazio {[0,(k+3)v,-2v]T|v∈R}. Una −3 0 0 possibile matrice P è dunque 0 +3 . −4 1 −2
Se k=0 la matrice A ammette l’autovalore 0 con molteplicità algebrica 2 e molteplicità geometrica 1 per cui A non è diagonalizzabile. Se k=3 la matrice A ammette l’autovalore 3 con molteplicità algebrica 2 e l’autovalore -3 con molteplicità algebrica 1. La molteplicità geometrica di 3 è 1 in quanto rk(A-3I)=2. Dunque A non è diagonalizzabile. Se k=-3 la matrice A ammette ancora l’autovalore 3 con molteplicità algebrica 2 e l’autovalore -3 con molteplicità algebrica 1. La molteplicità geometrica di 3 è 1 in quanto rk(A+3I)=2. Dunque A non è diagonalizzabile.
Esercizio 5 Trovare i valori del parametro reale h per cui la matrice
2 0 1 A = h + 1 1 0 0 0 2 è simile alla matrice B=diag(1,1,2) , dire se per tali valori A è ortogonalmente simile a B e, in caso positivo, determinare una matrice ortogonale U tale che UTAU=D. Traccia di soluzione
1−λ 2 0 2 Gli autovalori della matrice A sono le radici del polinomio h + 1 1 − λ 0 =(2-λ)[(1-λ) -2(h+1)] , 0 0 2−λ ovvero 2,1±√2ℎ + 2, pertanto affinché A sia simile alla matrice B deve essere h=-1. Per h=-1 La matrice A 1 2 0 diventa 0 1 0 e l’autovalore 1 è regolare per cui la matrice è diagonalizzabile e simile a B. Per tale 0 0 2 valore A non è ortogonalmente diagonalizzbile perché non è una matrice simmetrica. Esercizio 6
2 0 0 1 0 0 0 1 0 Dire se le due matrici A= , B= 1 2 0 , possono essere associate ad una stessa − 1 0 1 − 1 1 1 applicazione lineare (rispetto a basi diverse). Traccia di soluzione Si tratta di vedere se A e B possono essere simili. Le due matrici hanno gli stessi autovalori : 2 con molteplicità algebrica 1 e 2 con molteplicità algebrica 2. La molteplicità geometrica di 1 per la matrice A è2, mentre per la matrice B è 1. Dunque le due matrici non sono simili e quindi non possono essere associate ad una stessa applicazione lineare. Esercizio 7
1 h − 1 0 0 0 è ortogonalmente diagonalizzabile. Per Determinare i valori reali di h per cui la matrice A= − 1 0 0 2 tali valori di h riconoscere la conica di equazione XTAX=0 ove XT=[x,y,1]. Traccia di soluzione. La matrice reale A è ortogonalmente diagonalizzabile se e solo se è simmetrica quindi se e solo se h=0. Per tale valore di h si ha XTAX=x2-2xy+2=0. Si ha I3=-2, I2=-1, I1=1, dunque si tratta di un’iperbole non degenere e non equilatera.
Esercizio 8
0 2a − 1 1 0 b . Determinare i valori di a,b per cui A è ortogonalmente Si consideri la matrice A= a b a 0 diagonalizzabile e per tali valori trovare la matrice diagonale D a cui A è simile e una matrice ortogonale U
− 1 3 1 per cui UTAU=D. Dire se A è simile alla matrice B= 0 − 1 5 . 0 0 2 Traccia di soluzione. La matrice A è ortogonalmente diagonalizzabile se e solo se è simmetrica, dunque se e solo se a=b=1. In tal
0 1 1 caso si ha A= 1 0 1 . Il polinomio caratteristico di A è -λ3+3λ+2=-(λ-2)(λ2+2λ+1) ed ha quindi radici 2 1 1 0 con molteplicità algebrica 1 e -1 con molteplicità algebrica 2 . La matrice D è quindi diag(-1,-1,2). L’autospazio relativo all’autovalore -1 è {[-h-k,h,k]T|h,k∈R}, quello relativo a 2 è {[t,t,t]T|t∈R}. Nel primo autospazio i vettori [-1,0,1]T e [1,-2,1]T sono ortogonali (e sono entrambi ortogonali al vettore [1,1,1]T del secondo autospazio). Normalizzando tali vettori si trova una base ortonormale di autovettori e la matrice &− √ √ √ ) % ( − U=% 0 . La matrice A non è simile alla matrice B perché l’autovalore -1 in A ha molteplicità √ √ ( % ( $ √ √ √ ' algebrica 2 ed in B ha molteplicità algebrica 1. Esercizio 9
Sia f : R3 → R3 l’applicazione lineare definita dalle condizioni seguenti • [1; 1; 0]T è autovettore per f relativo all’autovalore −1; • [1; 0; 1] T appartiene al nucleo di f; • f([0; 1; 1] T) = [2; 1; 1] T. (1) Scrivere la matrice MBB (f) rispetto alla base B = {[1; 1; 0] T, [1; 0; 1] T, [0; 1; 1] T }. (2) Trovare gli autovalori di f. (3) Trovare una base per ogni autospazio. (4) Stabilire se f è diagonalizzabile, motivando la risposta. Traccia di soluzione (1) Chiamando v1 , v2 , v3 i vettori di B, dalle ipotesi abbiamo f(v1) = − v1 , f (v2) = 0,
−1 0 f (v3) = v1 + v2 . Quindi, la matrice associata ad f rispetto alla base B è data da 0 0 0 0
1 1. 0
(2) La matrice è triangolare, quindi i suoi autovalori sono gli elementi principali, cioè λ1 = −1 e λ2 = λ3 = 0.
(3) La caratteristica di MBB (f) è uguale a 2, quindi la molteplicità geometrica di λ2 =λ3 = 0 è 3 − 2 = 1. Quindi entrambi gli autospazi E0 = Ker f ed E−1 hanno dimensione 1. Dalle ipotesi deduciamo immediatamente che v1 è una base di E−1 , mentre v2 è una base di E0. (4) Poiché la molteplicità geometrica dell’autovalore doppio è diversa dalla sua molteplicità algebrica, f non è diagonalizzabile. Esercizio 10 Sia T : R3 → R3 l' endomorfismo associato alla matrice
1 0 − 0 MBB (T) = 2 2 3 − 1 0 2 rispetto alla base B = ([1; 1; 0]T; [0; 1; 1] T; [0; 0; 1] T) di R3. Calcolare gli autovalori di T; una base per ogni suo autospazio, e, se possibile, una matrice P invertibile tale che P-1AP sia una matrice diagonale. Traccia di soluzione Il polinomio caratteristico di T risulta
1−λ 0 0 3 2 2 2 2−λ 3 =-λ +4λ -5λ+2=(λ-1) (2-λ). −1 0 2−λ
Abbiamo quindi un autovalore semplice λ = 2, e un autovalore λ = 1, di molteplicità algebrica 2. Ad essi corrispondono gli autospazi E2 = {[0, y, 0]T |y∈R} ed E1 = {[0, -3h, h] T |h∈R }. Siano v1 , v2 , v3 i vettori appartenenti alla base B. Una base di E2 è fornita, per esempio, dal vettore w1 = 0 · v1 + 1 · v2 + 0 · v3 = v2 = [0, 1, 1]T , mentre una base di E1 può essere w2 = 0 · v1 − 3 · v2 + 1 · v3 = [0, −3, −2]T . Poiché l’autospazio E1 ha dimensione 1, la molteplicità geometrica dell’autovalore λ = 1 è minore della molteplicità algebrica, quindi l’endomorfismo non è diagonalizzabile. Pertanto non esiste alcuna matrice del tipo richiesto. Esercizio 11 Siano date le matrici:
3 − 3 0 A= −h h 0 0 0 1
1 h − h 0 e B= 0 0 0 0 3 + h
dipendenti dal parametro reale h: (1) Posto h = -2; determinare gli autovalori ed una base per ogni autospazio di A: (2) Per quali h la matrice A è diagonalizzabile? (3) Per quali h le due matrici A e B sono simili? Traccia di soluzione
3 −3 0 (1) Per h=-2 la matrice A diventa 2 −2 0 . Il suo polinomio caratteristico è 0 0 1 (1-λ)[(3-λ)(-2-λ)+6]=(1-λ)(λ2-λ) ed ammette la radice 0 con molteplicità algebrica 1 e la radice 1 con molteplicita algebrica 2. L’autospazio E1 ha dimensione 2 e risulta essere E1={[-3t,2t,v]T|t,v∈R}, una sua base è quindi {[-3,2,0]T,[0,0,1]T}. L’autospazio Eo ha dimensione 1 e risulta essere E2={[h,h,0]T|h∈R}, una sua base è [1,1,0]T. (2) Per h generico il polinomio caratteristico di A è (1-λ)[(3-λ)(h-λ)-3h]=(1-λ)[λ2-(3+h)λ]. A ha quindi autovalori 0,1,3+h. Quindi se h≠-2,-3 gli autovalori di A sono distinti e quindi regolari ed A è diagonalizzabile. Il caso h=-2 l’abbiamo considerato al punto 1. L’autospazio relativo all’autovalore 1 ha dimensione 2, quindi la sua molteplicità algebrica e geometrica coincidono, per cui l’autovalore è regolare e regolare è anche l’autovalore semplice 0 per cui A è diagonalizzabile. Se h=-3 gli autovalori di A sono 0 con molteplicità algebrica 2 e 1 con molteplicità algebrica 1. L’autovalore 1 è regolare. Poiché A ha rango 2 l’autospazio relativo all’autovalore 0 ha dimensione 1 ed A non è diagonalizzabile. (3) La matrice B ha autovalori 0, 1, 3+h come la matrice A. Quindi se h≠-2,-3, le due matrici sono diagonalizzabili e simili alla stessa matrice diagonale, quindi simili fra loro. Se h=-2 la matrice A è diagonalizzabile e simile alla matrice diag(1,1,0). La matrice B ha autovalori 0 ed 1 con molteplicità 2. La molteplicità geometrica di 1 in B è 2 quindi anche B è diagonalizzabile e simile a diag(1,1,0) quindi è simile ad A. Se h=-3 la matrice A ha autovalori 0 di molteplicità algebrica 2 ed 1 e non è diagonalizzabile, la matrice B ha pure autovalori 0 di molteplicità algebrica 2 ed 1 e rk(B)=1 per cui l’autospazio relativo all’autovalore 0 ha dimensione 2 e B è diagonalizzabile, quindi non è simile ad A. Esercizio 12 Si considerino i sottospazi U, V di R4 generati nella maniera seguente U = L([1,1,1,1]T, [1,0,1,0]T); V = L([1,-1,1,-1]T, [-1,0,1,0]T): (1) Dotato R4 del prodotto scalare canonico, determinare il sottospazio U⊥ ortogonale ad U, ed una sua base ortonormale. (2) Giustificare poi la seguente affermazione “Esistono vettori non nulli di U⊥ ortogonali a tutti i vettori di V”. Traccia di soluzione (1) Si verifica facilmente che i vettori [1, 1, 1, 1]T e [1, 0, 1, 0]T sono una base di U, quindi il sottospazio U⊥ contiene tutti e soli i vettori [x, y, z, w]T ortogonali a [1, 1, 1, 1]T e [1, 0, 1, 0]T, ovvero U⊥ = {(x, y, z, w) ∈ R4 | x + y + z + w = 0, x + z = 0}. Risolvendo il sistema lineare omogeneo che lo definisce, si ha che U⊥ = L([1, 0, −1, 0]T, [0, 1, 0, −1 ]T). Essendo i due vettori ortogonali e di norma √2, una base ortonormale di U ⊥ è B ={[1, , 0, − 1, , 0]- , [−1, , 0, 1, , 0]- }. √2
√2
√2
√2
(2) I vettori ortogonali a tutti i vettori di V formano il sottospazio V ⊥ . I vettori di U ⊥ ortogonali a tutti i vettori di V sono allora tutti e soli i vettori del sottospazio U ⊥ ∩ V ⊥ = (U + V )⊥ . Il sottospazio (U + V )⊥ ha dimensione dim(U + V )⊥ = dim(R4 ) − dim(U + V ). Si tratta quindi di calcolare dim(U + V ). I quattro vettori [1,1,1,1]T, [1,0,1,0]T,[1,-1,1,-1]T, [-1,0,1,0]T sono linearmente dipendenti, per cui dim(U+V)<4 e quindi dim(U + V )⊥ >4 − 3 = 1 e quindi esistono vettori non nulli di U⊥ ortogonali a tutti i vettori di V. Esercizio 13 Si consideri la matrice
2 1 a M= 1 2 b a a 2b
(con a,b parametri reali)
a. dire se per a=0,b=1 la matrice M è diagonalizzabile, in caso affermativo scrivere una matrice diagonale a cui risulta simile e una matrice che la diagonalizza, b. determinare tutti i valori di a,b per cui M è ortogonalmente diagonalizzabile,
1 1 1 c. determinare a,b in modo che i vettori 0 , 1, − 1 siano autovettori di M, − 1 1 0 per i valori trovati di a,b, M è diagonalizzabile? E’ anche ortogonalmente diagonalizzabile? In caso di risposta affermativa trovare una matrice ortogonale che diagonalizzi M. Traccia di soluzione
2 1 0 Per a=0,b=1 si ha M= 1 2 1 . Il polinomio caratteristico di M è (λ-2)[(λ-2)2-1], gli autovalori di M 0 0 2 sono dunque 2,1,3 . Essendo tutti gli autovalori semplici, la matrice è diagonalizzabile e simile alla matrice diag(2,1,3). L’autospazio di M associato all’autovalore 2 è {[t,0,-t]T|t∈R}, l’autospazio di M associato all’autovalore 1 è {[h,-h,0]T|h∈R}, l’autospazio di M associato all’autovalore 3 è 1 1 1 {[k,k,0]T|k∈R}. Dunque una matrice che diagonalizza M è 0 −1 1 . −1 0 0 b. La matrice M è ortogonalmente diagonalizzabile se e solo se è simmetrica quindi se e solo se a=b.
a.
1 1 1 c. I vettori 0 , 1, − 1 sono linearmente indipendenti e quindi (se sono autovettori) sono una base − 1 1 0
1 1 1 di autovettori per R3 e quindi la matrice A= 0 1 −1 deve diagonalizzare M. Quindi deve essere −1 1 0 MA=A diag (λ1,λ2,λ3), da cui ricaviamo 2-a=λ1,3+a=λ2, 1=λ3,1-b=0,3+b=λ2,-1=λ3,a-2b=-λ1, 2a+2b=λ2. Quindi si ha a=b=1 e λ1=λ3=1,λ4=4. La matrice dunque ammette i vettori dati come autovettori per a=b=1 ed in tal caso è diagonalizzabile ed è anche ortogonalmente diagonalizzabile perché è reale
1 simmetrica. I due vettori 0 , − 1
1 − 1 sono entrambi associati all’autovalore 1 e costituiscono una 0
base dell’autospazio relativo a tale autovettore , ma non una base ortogonale, quindi applichiamo √
Gram Schmidt per trovare una base ortogonale: b1=[1,0,-1]T e b2=[1/2,-1,1/2]T c he con b3=[1,1,1]T formano una base ortogonale di autovettori di M per R3. Normalizziamo i vettori per ottenere una base
ortonormale: [ , 0,- ]T, [ , − √
√
& √ % indicata è dunque % 0 % $− √
√
√ √ √
√
√
−
√
√
,
√
) ( (. ( '
√
]T,[ ,
√
√
,- ]T. Una matrice U che porta M nella forma diagonale
Esercizio 14 Sia f : R3 → R3 l' endomorfismo definito come f([x; y; z]T) = [0; 3x + 3y + z;-x - y + z]T (1) Calcolare gli autovalori di f e stabilire se l'endomorfismo f è diagonalizzabile. (2) Determinare una base per ogni autospazio di f, e, se esiste, un vettore di Im(f) che non sia autovettore.
Traccia di soluzione
0 0 0 3 3 1 . Il polinomio caratteristico di −1 −1 1 f è allora uguale a (−λ)((3 − λ)(1 − λ) + 1) = (−λ)(λ − 2)2. Le radici di tale polinomio sono λ1 = 0, λ2 = 2 con molteplicità 2. L’ autospazio V(0) è uguale a ker(f ) e quindi ha dimensione 1, ed una sua base ` B0 = {[1, −1, 0]T}. L’ autospazio V(2) è dato da tutti e soli i vettori che risolvono il sistema lineare omogeneo −2x =0, 3x + y + z = 0, −x − y − z = 0. Le soluzioni del sistema sono x = 0, y = −z, e quindi V(2) ha dimensione 1 e base B2= {[0, 1, −1]T} come base. Essendo dim(V(2)) diversa dalla molteplicità algebrica di 2, f non è diagonalizzabile. (2) Per trovare un vettore di Im(f) che non sia autovettore, basta prendere un vettore della forma a[0, 3, −1]T + b[0, 1, 1]T con a, b ∈ R, che non sia né della forma x[1, −1, 0]T, x ∈ R, né della forma y[0, 1, −1]T, y ∈ R. Ad esempio basta scegliere a = 1, b = 0, e si ottiene v = [0, 3, −1]T. (1) La matrice associata ad f rispetto alla base canonica di R3 è
Esercizio 15
Si consideri l’ endomorfismo T : R3 → R3 definito come T([x, y, z] T) = [−x − y − 2z; x + y + 2z; 2x + 2y + 2z] T. Si calcolino il polinomio caratteristico di T; gli autovalori di T; ed una base per ogni suo autospazio. Stabilire infine se la matrice A associata a T rispetto alla base canonica è diagonalizzabile, ed in caso affermativo, determinare una matrice invertibile P per cui P-1AP sia una matrice diagonale. Traccia di soluzione Con facili calcoli, ed usando la definizione della matrice associata ad un’applicazione lineare rispetto a delle −1 −1 −2 2 basi fissate, si ha A= 1 1 2 . Il polinomio caratteristico di T risulta essere λ (2 − λ). 2 2 2
Visto che le sue radici sono λ1 = 0, λ2 = 2, entrambe reali, esse sono entrambe autovalori, e quindi abbiamo l’autovalore semplice λ = 2, e l’autovalore λ = 0, di molteplicità algebrica 2. Ad essi corrispondono gli autospazi V(2) = L([−1, 1, 1]T) di dimensione 1 e base B2 = {[−1, 1, 1]T}, e V(0) = L([−1, 1,0]T) di dimensione 1 e base B0 = {[−1, 1, 0]T}. Poiché V(2) e V(0) hanno entrambi dimensione 1, ed in particolare λ = 0 non è regolare, allora A non è diagonalizzabile. Esercizio 16 Si consideri l’ endomorfismo T : R3 → R3 definito come T([x, y, z] T) = [5x + 2y − 2z, 2x + 2y + 4z, −2x + 4y + 2z] T essendo R3 dotato del prodotto scalare canonico. (1) Verificare che T è un endomorfismo simmetrico.
(2) Dopo aver verificato che [0, 1, 1]T è autovettore per T; calcolare gli autovalori di T ed una base per ogni suo autospazio. (3) Detta A una matrice simmetrica associata a T; esibire una matrice ortogonale P che diagonalizza ortogonalmente A. Traccia di soluzione. (1) La base canonica C è una base ortonormale per il prodotto scalare scelto. La matrice associata a T 5 2 −2 rispetto a C è 2 2 4 , quindi T è simmetrico, essendo C ortonormale ed A simmetrica. −2 4 2
(2) + (3) Con calcolo diretto, si ha che T (0, 1, 1) = 6(0, 1, 1), e quindi [0, 1, 1]T è autovettore per T relativo all’ autovalore λ = 6. Il polinomio caratteristico di T è −(λ − 6)2 (λ + 3), e quindi gli autovalori di T sono λ1 = 6 con molteplicità algebrica 2, e λ2= −3 con molteplicità algebrica 1. L’ autospazio V(6) è costituito da tutti e soli i vettori che verificano l’ equazione −x + 2y − 2z = 0, e quindi sono tutti ortogonali al vettore u di componenti u|C=[−1, 2, −2]T. Visto che T è simmetrico, allora dim V(6) = 2, dim V (−3) = 1, e quindi V(−3) = V (6)⊥ . In conclusione, V (−3) = L( u ) ed una sua base ortonormale è costituita dal solo vettore e1 = [− 1/3 , 2/3 ,−2/ 3]T . Sapendo che [0, 1, 1]T ∈ V(6), il primo vettore di una base ortonormale di V (6) é e2 =[ 0, 1/√2, 1/√2]T . L’ ultimo vettore della base ortonormale di V(6) è allora e3 =e1 ∧ e2 = [4/3√2 , 1/3√2 , −1/ 3√2]T . Quindi, (e2 ,e3 ) è` una base ortonormale di V(6), e (e1 ,e2 ,e3 ) è
&− % una base ortonormale di R3 . Una matrice P ortogonale che diagonalizza A è allora % % $− T P AP=diag(-3,6,6).
0
√ √
√
−
√
√
) ( (e ( '
Esercizio 17 Sia f : R3 → R2 l'applicazione lineare data da f([x,y,z]T)=[x+3y-z, 3x+y+3z]T Sia U il piano di equazione x - y = 0. Determinare la proiezione ortogonale della retta ker f sul piano U. Traccia di soluzione. ker(f ) ={[−5h, 3h, 4h]T|h∈R}. I vettori di U hanno la forma [t,t,s] T e quindi una base ortogonale di U è {[1,1,0]T,[0,0,1]T}. La proiezione ortogonale del generico vettore di ker(f) su U è quindi 1 2
[1,1,0]T+4h[0,0,1]T=[-h,-h,4h]T.
Altra soluzione Una base ortogonale di U è {[1⁄√2, 1⁄√2, 0]T,[0,0,1]T}, Quindi la matrice P della proiezione ortogonale è 1⁄√2 0 1⁄√2 1⁄√2 1⁄√2 0 4 0 0 0 1
1⁄ 2 1⁄ 2 0 05 = 1⁄ 2 1⁄ 2 0 1 0 0 1
1⁄2 1⁄2 0 −ℎ −ℎ quindi la proiezione ortogonale del generico vettore di ker(f) su U è 1⁄2 1⁄2 0 −ℎ = −ℎ . 4ℎ 0 0 1 4ℎ Altra soluzione (geometrica)
ker(f ) è la retta contenente il vettore [−5, 3, 4]T.
7 = −5 + 8 La retta passante per il punto P (−5, 3, 4) ed ortogonale ad U ha equazioni parametriche 6 9 = 3 − 8 :=4
Mettendo a sistema con l’equazione di U si ottiene t = 4, corrispondente al punto H(−1, −1, 4). La proiezione 7 = −< di ker(f ) su U è quindi la retta OH, data da ;9 = −<. : = 4< Esercizio 18
Sia dato il sottospazio U = L([1; 1; 1]T; [1; 2; 2] T) di R3 (a) Scrivere l’ endomorfismo f di R3 che rappresenta la simmetria ortogonale rispetto ad U; calcolando la matrice Q ad esso associata rispetto alla base canonica. (b) Verificare che Q è una matrice sia ortogonale, sia simmetrica e determinare una base ortonormale di R3 formata da autovettori di f. Traccia di soluzione I due generatori di U sono indipendenti, quindi U ha dimensione 2. Il vettore e1∈U. Completiamo quindi e1 ad una base ortogonale di U. Il generico vettore di U ha la forma [h+k,h+2k,h+2k]T. Quindi i vettori di U
ortogonali ad e1 sono [0,k,k]T e quello di norma 1 è [0,1⁄√2, 1⁄√2]T. Ora la matrice di simmetria ortogonale rispetto ad uno spazio U è I-2P’, ove P’ è la matrice della proiezione ortogonale su U⊥ o anche 2P-I ove P è la matrice proiezione ortogonale su U. Quindi 1 0 1 0 0 1 0 0 ⁄ 0 1 ⁄ ⁄ √2 0 1 2 1 2 P= 4 5= 0 1⁄√2 1⁄√2 0 1⁄ 2 1 ⁄ 2 0 1⁄√2 1 0 da cui la matrice della simmetria è Q= 0 0 0 1
0 1. 0
Analogamente si poteva calcolare lo spazio U⊥ che ha dimensione 1 ed è generato da [0,−1⁄√2, 1⁄√2]T 0 0 0 (vettore di norma 1), per cui P’= [0,−1⁄√2, 1⁄√2]T[0,−1⁄√2, 1⁄√2]= 0 1⁄2 − 1⁄2 , da cui si trova 0 − 1⁄ 2 1 ⁄ 2 Q. che è ovviamente simmetrica e ortogonale essendo formata dall’accostamento di tre vettori ortonormali. Q ha autovettori 1 e -1 e l’autospazio associato ad 1 è U mentre quello associato a -1 è U⊥ , per cui {e1, [0,1⁄√2, 1⁄√2]T, [0,−1⁄√2, 1⁄√2]T } è una base ortonormale di R3 fatta da autovettori di f. Altra soluzione
Come già osservato l’ endomorfismo f ha U come autospazio relativo all’ autovalore 1, e U⊥ come autospazio relativo all’ autovalore −1. Visto che U⊕ U⊥= R3, f è diagonalizzabile. Scriviamo allora f rispetto alla base ortonormale B = (q1 , q2 , q3 ) con q1 ∈ U⊥ , e q2 , q3 ∈ U. Per ottenere un vettore di U⊥ basta
considerare u ∧ v con u = [1, 1, 1]T e v = [1, 2, 2}T. Visto che la base canonica ( i, j, k ) è una base L M ortonormale, abbiamo u ∧ v= 1 1 1 = -j+k =[0.-1,1]T. 1 2 2
Normalizzando u ∧ v otteniamo q1 = [0, -1/√2 , 1/√2 ]T. Per ottenere q2, basta scegliere un vettore in U e normalizzarlo. Osservando che (1, 0, 0) ∈ U, allora q2 = (1, 0, 0). Usando ancora il prodotto vettoriale, q3 =q1 0 1 0 − 0 ∧ q2 = [0, 1/√2 , 1/√2 ]T. Detta C la base canonica, abbiamo che MB,C (I)=O √ √ P e che 0 −1 0 MB,B(f)= 0 1 0 0
0 1 0 0 0 , da cui MC,C(f)= 0 0 1 . 1 0 1 0
√
√
Esercizi di geometria analitica Esercizio 1 Riconoscere la conica di equazione x2+4xy+4y2-x=0 e portarla in forma canonica. Traccia di soluzione Il complesso di termini di II grado è un quadrato perfetto per cui si tratta di una parabola la cui asse è parallela alla retta x+2y=0 o di una conica spezzata in due rette parallele alla retta x+2y=0. 1 2 −1/2 4 0 =-1≠0. (Che la conica sia una parabola lo si Vediamo che non è degenere calcolando I3= 2 −1/2 0 0 può anche vedere calcolando I2 che risulta essere 0.) Per portare la conica in forma canonica dobbiamo calcolare gli auto valori della matrice associata alla forma 1 2 quadratica data dal complesso dei termini di II grado A= , che ha come polinomio caratteristico 2 4 2 (λ-1)(λ-4)-4=λ -5λ, quindi un auto valore è, come ci si aspettava, 0, l’altro è 5 e la forma canonica della conica è del tipo 5y2=2px, da cui si ricava (essendo I3 invariante per rototraslazione) 5p2=1 cioè p= , da cui 5y2=
√
x.
√
Esercizio 2 Riconoscere la conica: x2-2kxy+y2-4x=0 al variare di k e per k=1 portarla in forma canonica. Traccia di soluzione Calcoliamo gli invarianti della conica. 1 -k -2 1 -k I3= -k 1 0 =-4 , I2= = 1 − k , I1=2. -k 1 -2 0 0 La conica è quindi non degenere e non è una iperbole equilatera. Per k=±1 è una parabola, per -1
1 è una iperbole. Abbiamo già visto che per k=1 la conica x2-2xy+y2-4x=0 è una parabola. La matrice A associata alla forma quadratica x2-2xy+y2 ha quindi auto valori 0 e 2 e forma canonica del tipo 2y2=2px. Questa conica ha I3= -2p2 e pertanto p2=2, quindi una forma canonica è y2=√2x. Esercizio 3 Riconoscere al variare del parametro a la conica di equazione ax2+2(a-4)xy+2y2-1=0. Per a=-2 scrivere la sua equazione canonica. Traccia di soluzione Calcoliamo gli invarianti della conica. a a-4 0 a a-4 2 I3= a-4 2 = −a + 10a − 16 , I1=2+a. 0 =a -10a+16, I2= a-4 2 0 0 -1 Per a=8 e per a=2 si ha I3=I2=0, quindi la conica è una conica degenere spezzata in due rette parallele. Se 28 è un’iperbole che è equilatera se a=-2. Per a=-2 l’equazione della conica è -2x2-12xy+2y2-1=0, gli auto valori della matrice associata alla forma quadratica data dal complesso dei termini di II grado sono λ1 =2√2, λ2=-2√2. La forma canonica è del tipo 2√2x2-2√2y2+c=0, e tenuto conto che I3 è invariante per rototraslazione si ha -8c=40, quindi c=-5, da cui √
−
√
= 1.
Esercizio 4 Sia data la conica C di equazione x2+3xy-y2+x+y-1=0. a) Riconoscere C e scriverne la forma canonica.
b) Determinarne eventuali centro, assi, vertici, asintoti. c) Scrivere l’equazione di una direttrice di C (ridotta in forma canonica). Traccia di soluzione a) Calcoliamo gli invarianti della conica. 1 3/2 1/2 1 3/2 I3= 3/2 -1 1/2 =4, I2= = −13/4 , I1=0. 3/2 -1 1/2 1/2 -1 La conica è un’iperbole equilatera. Gli autovalori della matrice A associata alla forma quadratica data √
dal complesso dei termini di II grado hanno lo stesso modulo e segno opposto, per cui λ1 = λ2=−
√
,
, inoltre si ha subito che nella forma λ1 x2-λ2y2+c=0, si ha c=-16/13, per cui l’equazione
canonica è
! √!
−
! √!
= 1.
b) Le coordinate del centro della conica sono date dalla soluzione del sistema lineare 1 3/2 x -1/2 =& ' cioè C (-5/13,-1/13). Per trovare gli assi dobbiamo trovare gli autovettori di A, " # 3/2 -1 y -1/2 3 che sono vettori paralleli agli assi. L’autovettore relativo a λ1 è " #, quello relativo a λ2 è √13 − 2 "2 − √13#, gli assi sono dunque 3(x+5/13)+(√13-2)(y+1/13)=0 e (2-√13)(x+5/13)+3(x+1/13)=0. 3 Gli asintoti , essendo l’iperbole equilatera, sono le bisettrici degli assi, ovvero il luogo dei punti del piano equidistanti dai due assi, per cui le loro equazioni sono date da 3(x+5/13)+(√13-2)(y+1/13)=±[ (2-√13)(x+5/13)+3(x+1/13)] . Altro modo: Abbiamo detto che il complesso dei termini quadratici dell’equazione di un’iperbole rappresentano due rette parallele agli asintoti, quindi essendo x2+3xy-y2 = 1/4[2x-(3+√13)y][2x-(3-√13)y], abbiamo che le equazioni degli asintoti sono 2(x+5/13)-(3+√13)(y+1/13)=0 e 2(x+5/13)-(3-√13)(y+1/13)=0. Gli assi sono poi in ogni iperbole le bisettrici degli asintoti e quindi si calcolano subito senza passare dagli autovettori come luogo dei punti del piano equidistanti dai due asintoti. c) I fuochi in forma canonica sono i punti di ascissa ±>a2 +b2 che nel nostro caso diventa ±√2a2 =±
>
?
√
a2
equazione x=x = F
e di ordinata nulla, la direttrice relativa ad esempio al fuoco F1 ( √
>
√ ?
>
.
?
√
,0) ha
Esercizio 5 Nel piano euclideo, sia fissato un riferimento cartesiano monometrico ortogonale Oxy: (1) Scrivere l'equazione dell'ellisse γ avente centro nel punto C (1; 2) e semiassi paralleli agli assi cartesiani, di lunghezze a = 2√2 e b = 1. (2) Scrivere l' equazione dell' ellisse Γ ottenuta ruotando γ in maniera che il semiasse maggiore appartenga alla retta r : x -y + 1 = 0. Traccia di soluzione (1) Cominciamo a scrivere l'equazione canonica di una ellisse avente semiassi di lunghezze a = 2√2 e b = 1 x=X-1 x2 y2 e centro in O. Essa è del tipo 8 + 1 =1. Effettuiamo poi la traslazione B che porta l’origine nel y=Y-2 punto di coordinate (1,2) ed abbiamo l’equazione della conica richiesta: ? + (Y − 2) = 1. (2) Il punto (1,2) appartiene alla retta r, quindi dobbiamo applicare alla nostra conica una rotazione con 1/√2 ' della retta r e da uno centro in C che trasformi la base canonica nella base formata dal versore & 1/√2 (EF )
−1/√2 '. La rotazione con centro in O ha dunque equazione 1/√2 1/√2 −1/√2 x X =& ' . Questa va composta con la traslazione che porta O in C, ovvero Y 1/√2 1/√2 y x 1/√2 −1/√2 x 1 1/√2 1/√2 X-1 X ' y + quindi y = & ' & ' . Questa trasformazione va =& Y 2 1/√2 1/√2 −1/√2 1/√2 Y-1 applicata all’equazione della conica in forma canonica da cui si ottiene l’ equazione 9X2-14XY+9Y2+10X22Y+1=0 . ad esso ortogonale &
Esercizio 6. Si consideri la seguente matrice, dipendente dai parametri reali h; k k k 2h M(h,k)=G k 1 h+1H 3h h+1 2 (1) Stabilire per quali valori dei parametri esistono coniche aventi M(h,k) come matrice associata, e verificare che esse formano un fascio F. (2) Classificare le coniche di F. (3) Stabilire quando il punto P(1;1) appartiene alla conica. Traccia di soluzione (1) Affinché M(h; k) sia la matrice associata ad una conica essa deve essere simmetrica, il che avviene per qualsiasi valore di k e per 2h = 3h, da cui h = 0. Per ogni k fissato la matrice M(0; k) rappresenta la conica di equazione kx2 + 2kxy + y2 + 2y + 2 = 0. Al variare di k si ha la combinazione lineare tra le coniche x2 + 2xy = 0 ed y2 + 2y + 2 = 0, e quindi un fascio di coniche F. (2) Il calcolo degli invarianti fornisce I3 = k -2k2, I2 = k- k2, I1 = k + 1. Abbiamo quindi I3 = 0 per k = 0, 1/2, a cui corrispondono due coniche degeneri. Per k = 0 abbiamo y2 + 2y + 2 = 0. Il discriminante è negativo per cui abbiamo due rette immaginarie. Per k = 1/2 si ha x2 + 2xy + 2y2 + 4y + 4 = 0. Abbiamo ∆y=4 = y2 - (2y2 + 4y + 4) = -y2 -4y - 4 = -(y + 2)2 < 0, e quindi anche questa seconda conica degenere risulta immaginaria. Una terza conica degenere del fascio è la generatrice x2 + 2xy = 0. Per 0 < k < 1 abbiamo I2 > 0. In tale intervallo il termine I1·I3 = k(1 + k)(1 -2k) è negativo per 1- 2k < 0, cioè per 1/2 < k < 1, a cui corrispondono ellissi reali. Per 0 < k < 1=2 abbiamo invece ellissi immaginarie. Non esistono circonferenze, in quanto i coefficienti di x2 e di y2 sono uguali per k = 1, ma per questo valore il termine in xy non si annulla. Il valore k = 1 annulla I2 e quindi definisce una parabola. L'invariante I2 si annulla anche per k = 0 che però, come già detto, fornisce una conica degenere. Per k < 0 e k > 1 abbiamo I2 < 0, corrispondente ad iperboli. In particolare per k = -1 risulta I1 = 0, e quindi si ha un'iperbole equilatera. (3) Sostituendo x = 1; y = 1 nell'equazione di F abbiamo 3k +5 = 0, da cui k = -5/3. Quindi P(1; 1) appartiene ad una delle iperboli del fascio. Esercizio 7. Si consideri la conica Γ di equazione x2 − xy + 2x − y = 0. (1) Classificare Γ, trovarne una forma canonica e l’equazione del relativo cambio di riferimento. (2) Dopo aver verificato che tutte le rette parallele all’asse x tagliano Γ in punti reali, determinare la parallela che taglia su Γ la corda di lunghezza minima. Traccia di soluzione 1 −1/2 1 0 −1/2H. (1) La matrice associata alla conica risulta B =G−1/2 1 −1/2 0 Il calcolo degli invarianti fornisce I3 = 1/4, I2 = −1/4, I1 = 1. Abbiamo quindi un’iperbole non equilatera. Dall’equazione caratteristica di A λ2 − I1 λ + I2 = 0 ricaviamo gli autovalori λ = (1 ±√2)/2. Una forma canonica risulta data da λ1x2 + λ2y2 + I3/I2 = 0 ⇒
J√
K +
F√
L − 1 = 0.
Gli autovettori normalizzati forniscono la matrice ortogonale speciale data da M =M
>NF √ F √
>NF √
>NJ √ J √
>NJ √
O
Dal sistema delle derivate parziali uguagliato a zero ricaviamo il centro C(−1; 0), per cui il cambio di riferimento che riduce Γ a forma canonica risulta [x; y]T= M[x′; y′]T+[−1; 0]T. a) Intersecando Γ con la retta di equazione y = k, otteniamo l’equazione risolvente x2 + (2 − k)x − k = 0, il cui discriminante è Δ = 4 + k2. Quindi Δ > 0 per ogni k ∈ R, ed i punti di intersezione sono entrambi reali. La lunghezza della corda è uguale a √ , quindi la corda di lunghezza minima si ottiene per k = 0, corrispondente all’asse x.
Esercizio 8 Nel piano euclideo sia dato il fascio di coniche di equazione Ck : kx2 + 2(2 − k)xy + ky2 − x − y + 1 − k = 0. (1) Posto k = 3, classificare la conica C3 e determinarne una sua equazione canonica. Calcolare quindi le coordinate del suo centro e gli assi, oppure calcolare il cambio di riferimento che la riporta in forma canonica. (2) Determinare i valori di k per cui Ck è una conica degenere e le coordinate dei punti base del fascio. (3) Calcolare poi i valori di k per cui Ck è un' iperbole equilatera, e quelli per cui essa è una circonferenza. Traccia di soluzione. (1) La conica C3 ha equazione 3x2 − 2xy + 3y2 − x − y − 2 = 0. Le matrici associate a C3 sono quindi 3 −1 −1/2 3 −1 −1 3 −1/2 B=G H e A = −1 3 −1/2 −1/2 0 Il determinante della prima matrice è det(B) = −18 ≠ 0 e quindi C3 è una conica non degenere, mentre il determinate della seconda è det(A) = 8 > 0. In conclusione, C3 è un'ellisse. Sia αX2+βY 2+γ= 0 la sua equazione canonica. Allora γ = det(B)/ det(A) = −9/4 . Il polinomio caratteristico di A è (λ− 4)(λ − 2). Le sue radici sono 2 e 4 entrambe di molteplicità algebrica 1. Poniamo α = 2, β = 4. In definitiva, l' equazione canonica di C3 è
R
S T
+
U
S !V
= 1. Il
6x-2y-1=0 la cui unica soluzione è -2x+6y-1=0 C(1/4,1/4). L' autospazio V (2) è costituito da tutti e soli i vettori dipendenti linearmente da w=i+j. La K 1/√2 −1/√2 1/4 W matrice P è allora P=& '. Il cambio di riferimento è allora L =P +" #. Visto che nel 1/4 X 1/√2 1/√2 sistema di riferimento intrinseco di C3 gli assi di simmetria ortogonale hanno equazioni X = 0 e Y = 0, essi hanno equazioni x + y − 12 = 0 e x − y = 0 nel sistema di riferimento dato. (2) Le matrici associate a Ck sono Y 2 − Y −1/2 2−Y Y −1/2H e Ak = Y Bk=G2 − Y . 2−Y Y −1/2 −1/2 1 − Y La conica Ck è degenere se det(Bk) = 0. Con facili calcoli, si ha che det(Bk) = (1−k)(4k−3) e quindi Ck è degenere solo se k = 1 oppure se k = 3/4. x 2 -2xy+y 2 -1=0 I punti base del fascio si ottengono risolvendo il sistema B . Le soluzioni del sistema 4xy-x-y+1=0 sono i quattro punti di coordinate (0, 1), (−1/2 , 1/2 ), (1, 0), ( 1/2 ,−1/2 ). (3) Ck è un' iperbole equilatera se Ak ha traccia nulla, e Bk ha rango 3. L' unico valore di k per cui la traccia di Ak è nulla è k = 0, che non è tra quelli per cui Ck è degenere. Infine, Ck è una circonferenza se Ak è della forma cI e Bk ha rango 3. L' unico valore per cui questo accade è k = 2. centro si simmetria di C3 si ottiene risolvendo il sistema B
Esercizio 9 Determinare il parametro h in modo che i due piani π1: x-hy+2z=3 e π2: hx-y+hz-4=0 siano perpendicolari e per tale valore scrivere le equazioni parametriche di una retta per l’origine parallela ad entrambi i piani. Traccia di soluzione I due piani sono perpendicolari se e solo se [1,-h,2][h,-1,h]T=0, quindi se e solo se h=0. Una direzione parallela ad entrambi i piani è quella del prodotto vettoriale [1,-h,2]T×[h,-1,h]T. Questo vettore è x=`-h2 +2at Z[ \[ Y][ 1 −ℎ 2 , La retta cercata ha quindi equazioni parametriche _ y=ht . ℎ −1 ℎ z=`-1+h2 at
Esercizio 10 Nello spazio euclideo siano date le rette r ed s di equazioni parametriche r : x = t, y = 1+t, z = 1, e s : x = t, y = 1, z = −t. (1) Discutere la loro posizione reciproca e determinare l' angolo che esse formano. (2) Determinare l' equazione cartesiana del piano contenente r e parallelo ad s, e determinare la distanza tra r ed s. (3) Determinare il massimo angolo formato da un piano contenente r e la retta s. Calcolare quindi l' equazione del piano contenente r che soddisfa tale condizione. Traccia di soluzione (1) Cambiato il parametro della retta s da t a τ, il sistema che si ottiene per determinare la posizione reciproca delle due rette è formato dalle tre equazioni t = τ, 1 + t = 1, 1 =−τ, che , con facili calcoli, risulta impossibile, le due rette quindi non sono incidenti. Non sono neppure parallele, in quanto la prima ha parametri direttori (1,1,0), la seconda ha parametri direttori (1,0,-1). Otteniamo allora che r ed s sono due rette sghembe. Posto v=[ 1,1,0]T , w=[1,0,-1]T, l’angolo θ tra le due rette ha coseno dato bc,de da = 1/2 ossia θ = π/3. fcffdf
]]]]][, v×w〉 =0, cioè (2) La retta r contiene il punto A(0, 1, 1). L' equazione del piano α cercato è allora 〈AP K L−1 m−1 1 1 0 =-x+y-1-z+1=0 1 0 −1 E’ ben noto che d(r, s) = d(α, s) = d(α,B) per ogni B ∈ s. Visto che s contiene il punto B(0, 1, 0), abbiamo d(r, s) = d(α,B)= . √
(3) Sapendo che l' angolo non cambia per parallelismo, sia s′ una retta parallela ad s ed incidente r. Sia ora π un piano che contiene r. L' angolo φ tra π ed s′ è l' angolo che la retta s′ forma con la sua proiezione ortogonale su π, ed è inferiore all' angolo che s′ forma con una qualunque altra retta contenuta in π. Quindi, φ ≤ n,qo′= n, ro= = π/3. Ovviamente, l'uguaglianza vale se r è la proiezione ortogonale di s′ su π. In questo caso, π contiene anche la retta ortogonale ed incidente r ed s′, e quindi la sua equazione è ]]]]][, v×(v×w)〉 =0. Svolgendo i calcoli, si ottiene π : x − y − 2z + 3 = 0. 〈AP
Esercizio 11 Nello spazio euclideo R3, si considerino i punti A(1; 4; 0), B(3; 2; 0), C(1; 2; 2). (1) Determinare l'equazione del piano assiale del segmento AB, e quella del piano assiale del segmento AC. Dedurre le equazioni del luogo dei punti dello spazio equidistanti da A;B;C. (2) Determinare l'equazione del piano π contenente i punti A;B;C. Scrivere le coordinate del centro della circonferenza del piano π passante per A;B;C. (3) Determinare le coordinate del centro della sfera di raggio minimo passante per A;B;C. Traccia di soluzione (1) Il piano assiale di AB è ortogonale alla retta AB, avente parametri direttori [2;-2; 0] e passa per il punto medio M1(2; 3; 0) del segmento AB. Quindi ha equazione 2(x- 2) -2(y-3) = 0, cioè x-y+1 = 0.
Analogamente, il piano assiale di AC risulta y-z-2 = 0. Il luogo dei punti equidistanti da A;B;C è la retta r K−L+1=0 intersezione di questi due piani, di equazioni s . K−m−2=0 K − Kt L − Lt m − mt K−1 L−4 m K − K L − L m − m (2) Il piano contenente A;B;C ha equazione u t u t u t =0 da cui 2 −2 0 =0 Kv − Kt Lv − Lt mv − mt 0 −2 2 da cui x+y+z-5=0 Il centro della circonferenza passante per A;B;C è il punto in cui la retta r interseca questo piano. Il generico punto di r ha coordinate (x; x+1; x-1). Sostituendo nel piano ABC otteniamo x = 5/3, e quindi il centro ha coordinate (5/3; 8/3; 2/3). (3) La sfera di raggio minimo passante per A;B;C è quella che ammette come circonferenza equatoriale la circonferenza passante per A;B;C. Quindi il centro di tale sfera coincide con il punto (5/3; 8/3; 2/3) precedentemente determinato.
Esercizio 12 Si considerino la superficie sferica di equazione x2+y2+z2−2x−y+z = 0, e il piano di equazione y−z = 0. Sia γ la circonferenza di equazioni x2+y2+z2-2x-y+z=0 y-z=0 Verificare che γ è una curva a punti reali. Determinare il centro e il raggio di γ. Traccia di soluzione La sfera data ha centro in C(1,-1/2,1/2) e raggio √2. Il piano taglia la sfera secondo una circonferenza reale se la distanza del centro dal piano è minore del raggio. Tale distanza è
! !
wF F w √
=
√
<√2. Il centro C’ della
circonferenza intersezione è la proiezione ortogonale di C sul piano y-z=0. La retta per CD perpendicolare al piano ha equazioni parametriche x=1,y=-1/2+t, z=1/2-t ed interseca il piano in C’(1,0,0). L’origine delle coordinate è un punto del piano e della sfera e quindi appartiene alla circonferenza, per cui il raggio della sfera è d(C’,O)=x1 + N + N =>3/2.
Esercizio 13 Sia data la sfera σ: x2 + y2 + z2 = 4.
K = √3 − y (a) Si determini un piano π contenente la retta r :_ L = √3 e tangente a σ. Determinare poi un punto A m=y di σ in modo che σ sia la sfera di raggio minimo passante per A e tangente a π. (b) Sia α il piano di equazione y − z = 0. Calcolare la proiezione della circonferenza Γ = σ∩ α dal punto V (0; 0; 1); sul piano xy. (c) Dopo aver verificato che Γ è una conica, classificarla, determinarne un’equazione canonica e determinare il cambio di riferimento che la porta in forma canonica. Traccia di soluzione a) La retta r ha equazioni cartesiane x+z-√3 0, y-√3 0. Il generico piano contenente tale retta ha dunque equazione λ (x+z-√3)+ ) y-√3) 0. Tale piano è tangente alla sfera se e solo se ha distanza uguale al raggio dal centro della sfera . La sfera ha centro in O e raggio 2 per cui
z-λ√3- √3z x2λ2 + 2
2 da cui
3(λ+µ)2=4(2λ2+µ2), cioè 5λ2-6λµ+µ2=0 e quindi µ/λ=3 ± √9 − 5 3 ± 2, quindi ho due piani soluzione del problema π1 e π2 di equazioni (x+z-√3)+5) y-√3) 0 e (x+z-√3)+) y-√3)=0 rispettivamente. Il punto di tangenza fra la sfera e il piano π2 (la cui equazione diventa x+y+z-2√3=0) è la proiezione ortogonale del centro della sfera sul piano e il punto A cercato è il punto diametralmente opposto al punto di tangenza. Il punto di tangenza fra la sfera e π1 è B( , , ), il punto A, essendo √
√
√
diametralmente opposto a B, è il simmetrico di B rispetto al centro e dunque ha coordinate B(− , − , − ). √
√
√
b) Sia P(x0,y0,z0) un punto di Γ. Poiché Γ ha equazioni B
x 2 +y 2 +z 2 =0 le coordinate di P soddisfano i y-z=0
x0 2 +y0 2 +z0 2 =0 . La generica retta per V e P ha equazioni parametriche y0 -z0 =0 x=x0t,y=y0t,z=1+(z0-1)t. Eliminando i parametri x0 , y0 , z0 ,t tra le 5 equazioni, si ricava l’ equazione del cono di vertice V e direttrice Γ. Svolgendo i calcoli, si ottiene C : x2 − 2y2 + 8yz − 4z2 − 8y + 8z − 4 = 0. La 2 2 proiezione p(Γ) di Γ sul piano [xy] si ottiene intersecando C con z = 0 e quindi |x -2y -8y-4 0 z 0 c) p(Γ) è una conica, essendo intersezione di un piano e di un cono quadrico. Lavorando nel piano z = 0 possiamo dimenticare la prima equazione e lavorare solo con la seconda. Si nota che la parte quadratica dell’ equazione, ossia x2 −2y2, è già in forma canonica. Per riportare la conica in forma canonica, basta allora usare il completamento dei quadrati, e si ha: x2−2(y−2)2 = −4: Quindi, il cambio di coordinate è x = X; y = Y + 2 ed è una traslazione, mentre la forma canonica risulta X2 − 2Y2 = −4. La conica p(Γ) è quindi una iperbole. seguenti vincoli B
K = −3 + 4y Nello spazio euclideo R siano date la retta r di equazioni parametriche }L = −4 − 3y ed il piano m=0 α: 3x + 4y = 0. (1) Determinare la mutua posizione di r ed α e la loro distanza. (2) Calcolare l'equazione della sfera S, tangente ad α in O(0; 0; 0), e tangente ad r. Traccia di soluzione (1) Una terna di parametri direttori per r è fornita dalle componenti del vettore r=[4;-3; 0]T. Una terna di parametri direttori per le rette ortogonali ad α è fornita dalle componenti del vettore a= [3; 4; 0]T. Poiché = 0, la retta r è parallela al piano α. La distanza tra r ed α coincide con la distanza tra un
Esercizio 14
3
qualsiasi punto di r ed α. Per t = 0 abbiamo R(-3;-4; 0)∈r, e d(r; α) = d(R; α) =
|F•F €| = √•J €
5.
(2) Il centro C di S appartiene alla retta a, ortogonale ad α e passante per O(0; 0; 0),di equazioni parametriche x=3u,y=4u,z=0. Poiché le rette a ed r appartengono entrambe al piano z = 0, e non sono parallele, esse si intersecano. Mettendo a sistema si ha con facili calcoli che il punto di intersezione fra le due rette è R(-3;-4; 0). Poiché S è anche tangente ad r, detto C il suo centro, deve essere OC = CR, e quindi C(-3/2;2; 0). Pertanto abbiamo S : (x+3/2)2+(y+2)2+z2 =(OC)2, da cui S : x2 + y2 + z2 + 3x + 4y = 0.
Esercizio 15 Siano dati il punto A(1, 1,-1) e la retta r: x = 1+t, y = 2, z = 2t, t∈R. (1) Determinare l' equazione della sfera S di centro A e che interseca r lungo una corda BC di lunghezza 4/5. (2) Scrivere l' equazione del piano π che taglia su S una circonferenza avente BC come diametro. Traccia di soluzione (1) Il piano π, passante per A ed ortogonale alla retta r, ha equazione x+2z+1 = 0. L'intersezione tra π e la retta r fornisce il punto H (3/5,2,-4/5) che è il punto medio della corda BC, tagliata da una sfera sulla retta r. Per determinare il raggio della sfera AB, bisogna tener conto che AHB è rettangolo in H e che HB ha lunghezza 2/√5, quindi usando il teorema di Pitagora si ha AB=x(•‚) + =x + =√2. S ha quindi equazione (x-1)2+(y-1)2+(z+1)2=2. N
(2)
€
N
Il piano deve passare per H ed essere perpendicolare alla retta AH e quindi, essendo (2/5,-1,-1/5) i parametri direttori della retta AH , l’equazione del piano è 2/5(x-3/5)-(y-2)-1/5(z+4/5)=0.
Esercizio 16 Nello spazio euclideo R3 siano dati i piani α: x + y = 1 e β : x + 2y − 2z = 0. (1) Calcolare l’angolo θ tra α e β. (2) Calcolare l’equazione del piano β', simmetrico di β rispetto ad α. (3) Determinare il luogo dei centri delle sfere che tagliano i tre piani α, β, β' secondo circonferenze di uguale raggio. Traccia di soluzione (1) Le normali n1,n2 ai piani α, β hanno parametri direttori, rispettivamente 1, 1, 0 e 1, 2,−2. Di 〈n , n 〉 conseguenza cos θ = 1 2 = da cui θ=π/4 fn ffn f 1
2
√
(2) Il piano β′ appartiene al fascio di piani F avente sostegno nella retta comune ad α e β, ed è ortogonale a β. Abbiamo F = (1 + λ)x + (1 + 2 λ)y − 2 λz − 1 = 0, per cui β′ corrisponde al valore di λ tale che 1·(1 + λ) + 2 ·(1 + 2 λ) − 2 ·(2 λ) = 0 ⇒ λ = −1. Sostituendo nell’equazione del fascio otteniamo β′ : 2x + y + 2z − 3 = 0. (3) Due qualsiasi piani π1,π2 del fascio F vengono tagliati da una sfera S in circonferenze di raggio uguale se e solo se S ha il centro sul piano che biseca l’angolo diedro formato da π1 e π2. Quindi, il luogo dei centri delle sfere che tagliano i tre piani α, β, β′ secondo circonferenze di uguale raggio è la retta comune ai piani bisettori dei diedri tra α, β ed α, β′ cioè le retta sostegno del fascio F.
Esercizio 17 Nello spazio euclideo siano dati il punto F(0, 0, 1) ed il piano α : x − y = 1. Determinare l' equazione del luogo S formato dai punti P che verificano la condizione d(P, F) =√2 d(P, α). (1) Calcolare l' equazione cartesiana di S, e verificare che S è una quadrica. (2) Classificare S, calcolare una sua equazione canonica, e specificare se è una quadrica di rotazione. (3) Determinare un piano che incontra S lungo una circonferenza, e l' equazione dell'eventuale asse di rotazione della quadrica. Traccia di soluzione (1) Sia P il punto di coordinate (x, y, z). Allora P ∈ S se le sue coordinate verificano l' equazione | F F | . >K + L +(m − 1) = √2 √ Svolgendo i facili calcoli, si ottiene che l' equazione che descrive S è S : 2xy + z2 + 2x − 2y − 2z = 0 e quindi S è una quadrica. (2) Le matrici associate ad S sono 0 1 0 1 0 1 0 B =ƒ1 0 0 −1„ e A =G1 0 0H 1 −1 0 0 0 0 1 1 −1 −1 0 Con facili calcoli, si ricava che rk(B) =4, e det(B) = −3 < 0. Il polinomio caratteristico di A è -λ3+ λ2+λ-1 e quindi abbiamo 2 autovalori positivi ed uno negativo. In conclusione, S è un iperboloide ellittico o a 2 falde. Con pochi altri calcoli, si ricava che gli autovalori di A sono λ1 = 1 e λ 2 = −1, con molteplicità algebrica m(1) = 2 , m(−1) = 1. Quindi una sua equazione canonica è X2 + Y 2 − Z2 + δ = 0 con −δ = −1. L' equazione canonica cercata è allora X2 + Y 2 − Z2 + 1 = 0 e la quadrica è evidentemente una quadrica di rotazione. (3) I piani che incontrano S lungo una circonferenza sono quelli di equazione Z = c nel nuovo sistema di riferimento, ossia quelli ortogonali all' asse Z. Tale asse è parallelo all'autospazio V (−1) = V (1)⊥ e quindi i piani cercati sono paralleli all' autospazio V(1).Le componenti dei vettori di tale autospazio verificano l' equazione x − y = 0 e quindi i piani richiesti hanno equazione x − y + h = 0 con h ∈ R. Inoltre, l' autospazio V (−1) ha [1,-1,0]T come base (non ortonormale). Il centro di simmetria di S ha coordinate C(−1, 1, 1) e quindi l' asse di rotazione di S ha equazione a : x = −1+t, y = 1−t, z = 1. E’ facile intuire che l' asse di rotazione di S è la retta per C ortogonale al piano α, mentre i piani paralleli ad α tagliano S lungo circonferenze.
K = 1−y K+L =1 Siano date le rette r : }L = 1 + y, t∈ R, s: | . L+m =1 m=y (1) Discutere la loro mutua posizione. (2) Verificare che i punti P che verificano la condizione d(P; r) = d(P; s) giacciono su una quadrica S. (4) Classificare la quadrica S. Traccia di soluzione (1) La retta s ha equazione parametrica s : 1−u; y = u; z = 1−u; u∈R. Il sistema che descrive l’ intersezione 1−y =1−† tra r ed s è allora } 1 + y = † che risulta impossibile, quindi abbiamo che r ed s non sono incidenti, y =1−† inoltre i loro parametri direttori non sono proporzionali e quindi r ed s sono sghembe. (2) Sia P(x; y; z) un punto qualsiasi. La retta r è parallela al vettore r=[-1,1,1]T e A(1; 1; 0) ∈ r: La distanza tra P ed r è data da
Esercizio 18
]]]]][×rf fAP frf
d(P; r) =
=
1
√3
x(y-z-1)2 +(-x-z+1)2 +(x+y-2)2
La retta s è parallela al vettore s=[-1,1,-1]T e contiene il punto B(1; 0; 1). La distanza tra P ed s è allora uguale a ]]]]][×sf fBP
d(P; s) =
fsf
=
1
√3
x(-y-z+1)2 +(x-z)2 +(x+y-1)2
Uguagliando le due espressioni, elevando al quadrato e semplificando, si ha che le coordinate di P verificano l’ equazione S : 4xz − 4yz − 4x − 2y + 2z + 4 = 0 e quindi P giace su una quadrica. (3) Per classificare S costruiamo le matrici ad essa associate. Abbiamo 0 0 2 −2 0 0 2 0 0 −2 −1„ , A =G0 0 −2H B =ƒ 2 −2 0 1 2 −2 0 −2 −1 1 4 Con facili calcoli, si ha che det(B) = 36 > 0 , che det A=0 e che il polinomio caratteristico di A è −λ3 +8λ da cui gli autovalori di A sono 0, √8, -√8, la quadrica è quindi un paraboloide iperbolico o a sella.
Esercizio 19 Sia data la quadrica Q di equazione x2+y2+4z2-2x=0. a) Riconoscere Q e scriverne la forma canonica. b) Scrivere l’equazione del cilindro avente come direttrice la curva C' intersezione di Q con il piano di equazione 2z=1 e generatrici parallele all’asse z. c) Detta C" l’intersezione di Q con il piano z=0, scrivere l’equazione della superficie di rotazione ottenuta ruotando C" intorno all’asse x; è una quadrica? Traccia di soluzione a) Basta osservare che l'equazione si scrive (x-1)2+y2 +4z2 -1=0, quindi con una semplice traslazione si riduce alla forma canonica X2+Y2 +4Z2 -1=0. E' un ellissoide reale di rotazione. b) Sostituendo z=1/2 nell'equazione si ha x2+y2 -2x+1=0, ovvero (x-1)2+y2=0. Il cilindro è ridotto a una coppia di piani immaginari coniugati. c) Si ottiene (x-1)2+y2 +z2 -1=0, che è una sfera e quindi una quadrica. (Geometricamente, si è ruotata una circonferenza attorno a un suo diametro).
Esercizio 20 Nello spazio euclideo R3 si consideri il piano π di equazione x + y + z -2 = 0, e la quadrica Ω di equazione x2 - z2 + 2y = 0. (1) Scrivere l'equazione cartesiana del cilindro S avente generatrici parallele all'asse z, e direttrice data dalla conica γ intersezione tra Ω e π. (2) Classificare la conica sezione di S con il piano xy, ridurla a forma canonica e determinare il cambio di riferimento che la riduce a forma canonica. (3) Dimostrare che la matrice associata alla parte quadratica di S ammette autovalore nullo, e
determinare il relativo autospazio. Traccia di soluzione x+y+z-2=0 (1) La conica γ ha equazioni B 2 2 . Per trovate l’equazione di S basta eliminare la z fra queste x -z +2y=0 equazioni ottenendo x2-(2-x-y)2+2y=0 da cui si ottiene 2xy+y2-4x-6y44=0. z=0 . Lavorando nel piano xy e (2) La conica sezione di S con il piano xy ha equazioni | -2xy-L +4x+6y-4=0 quindi trascurando l’equazione z=0 abbiamo che alla conica -2xy-y2+4x+6y-4=0 sono associate le 0 1 −2 0 1 matrici B=G 1 . Essendo det B=4≠0 e det A=-1<0, la conica è un’iperbole non 1 −3H e A= 1 1 −2 −3 4 J√ F√ degenere e non equilatera perché I1=1. Gli auto valori di A sono λ1= , λ2= . Una forma canonica è del tipo λ1 x2+ λ1 y2+I3/I2 = 0, quindi la forma canonica della conica è (1-√5) x2+(1 + >5) y2-8=0. Il sistema delle derivate parziali uguagliate a 0 fornisce la soluzione C(1,2), corrispondente al centro dell’iperbole. Una base ortonormale di autovettori è data da M
> ŠF √ F√
> ŠF √ 2
> ŠJ √ J√
O, M
> ŠJ √
O, quindi il cambio di
2 • • x Œx10-2√5 >10+2√5• X 1 riferimento che porta la conica a forma canonica è dato da y = Œ 1-√5 + . 1+√5 • Y 2 Œ • > 10+2√5 ‹x10-2√5 Ž (3) Poiché det A=0 uno dei suoi autovalori è nullo. Inoltre essendo la sua direttrice una iperbole l’autovettore nullo ha molteplicità 1, a questo punto l’autospazio di λ=0 è dato dalle soluzioni del 0 1 0 x 0 0 sistema G1 1 0H &y' = G0H da cui si ottiene V(0)=}G0H |t∈R’. 0 0 0 z 0 t
Esercizio 21 Sia F(x, y,λ) il fascio di coniche dato da F(x, y, λ): x2 -2(λ + 1)xy - λ y2 -2 λ x - 2 λ y = 0. (1) Calcolare i valori del parametro λ per cui le coniche del fascio sono degeneri, e quelli per cui la conica è una circonferenza. Detta γ tale circonferenza, trovarne centro e raggio. (2) Scrivere l'equazione cartesiana del cilindro che proietta la conica di equazione F(x,y,1) =z = 0 parallelamente alla retta r dello spazio R3 avente equazioni x = y = z - 1. Stabilire poi se, intersecando tale cilindro con un piano, si possono ottenere ellissi. Traccia di soluzione 1 -(λ+1) λ (1) La matrice 3×3 associata alla conica generica Γλ del fascio è B =M-(λ+1) -λ -λO λ -λ 0 3 2 Si ha det(B) = -λ -3λ che si annulla per λ = 0 e per λ = -3: Quindi, la conica Γλ è degenere se, e solo se, λ = 0 oppure λ = -3: La conica Γλ è una circonferenza se, e solo se, la parte quadratica dell' equazione è della forma kx2 + ky2 per qualche k reale non nullo. Nel caso in esame, la condizione è equivalente a λ = -1: Posto aλ = -1, la conica Γ−1 ha equazione x2 + y2 + 2x + 2y = 0 e quindi il suo centro ha coordinate (-1;-1) ed il suo raggio è √2. (2) Il cilindro che proietta la conica Γ1 di equazione |K − 4KL − L + 2K − 2L + 0 m=0 parallelamente alla retta r : x = t, y = t, z = 1 + t; t ∈ R; è formato da tutti e soli i punti le cui coordinate (x; y; z) soddisfano il sistema :
x = x0 + t y = y0 + t z = z0 + t z0 = 0 x02- 4x0y0 – y02-x0 -2y0 = 0 Eliminando i parametri x0; y0; z0; t; si ottiene l' equazione cartesiana del cilindro cercato: x2 -4xy-y2 + 2xz + 6yz -4z2 -2x -2y + 4z = 0: La conica Γ1 è un' iperbole. Infatti, la parte quadratica dell' equazione è associata alla matrice 1 2 A= che ha determinante negativo. Quindi, S contiene solo iperboli come coniche non degeneri, 2 1 essendo un cilindro iperbolico. Esercizio 22 Sia T l’endomorfismo di R3 tale che T([1, 0, 0]T) = [1, 2, 0]T, T([0,−2, 0]T) = [−4,−2, 0]T, T([0, 0,−1]T) =[0, 0, 1]T. i) L’endomorfismo T è simmetrico? ii) Detta M la matrice che rappresenta T rispetto alla base canonica, sia Q la quadrica di equazione xTMx – 1=0. Riconoscere Q e porla in forma canonica. iii) Q è una quadrica di rotazione? Traccia di soluzione 1 2 0 i) La matrice che rappresenta T rispetto alla base canonica è M =G2 1 0 H; M è simmetrica, dunque T è 0 0 −1 simmetrico. ii, iii) Gli autovalori di M sono -1,3, con −1 autovalore doppio. Un’equazione canonica di Q è 3x2 − y2 − z2 + 1 = 0. Dunque Q è un iperboloide iperbolico, di rotazione avendo due autovalori uguali.
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE Seconda prova in itinere - 29/06/2012 SOLUZIONI Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. → → →
Esercizio 1. (3 + 8 punti) Sia B = (v1 ,v2 ,v3 ) una base di R3 , e sia dato fa : R3 → R3 l’ endomorfismo definito dalle seguenti condizioni • • • (1) (2)
→
→
→
→
fa (v1 ) =v1 + v2 −a v3 ; → → → fa (v2 ) = 3 v2 − v3 ; → → v2 − v3 `e autovettore per fa relativo all’ autovalore 1. Scrivere la matrice che rappresenta fa rispetto alla base B. Calcolare gli autovalori di fa , una base per ogni suo autospazio e stabilire i valori di a ∈ R per cui fa `e diagonalizzabile.
Soluzione. (1) Le colonne della matrice MBB (fa ) sono formate dai coefficienti che esprimono le immagini dei vettori di B come combinazione lineare degli stessi vettori di B. Le prime due condizioni forniscono pertanto, immediatamente, le prime due colonne della matrice. → → → → Inoltre, essendo v2 − v3 `e autovettore per fa relativo all’ autovalore 1, abbiamo fa (v2 − v3 → → ) =v2 − v3 . Ma, per la linearit`a, abbiamo anche →
→
→
→
→
→
→
fa (v2 − v3 ) = fa (v2 ) − fa (v3 ) = 3 v2 − v3 −fa (v3 ), →
→
da cui fa (v3 ) = 2 v2 . Di conseguenza risulta
1 0 0 3 2 . MBB (fa ) = 1 −a −1 0
(2) L’equazione caratteristica det(MBB (fa ) − λI) = 0 risulta (1 − λ)(λ2 − 3λ + 2) = 0, cio`e (λ − 1)2 (2 − λ) = 0. Si ha quindi l’autovalore λ = 1 di molteplicit`a algebrica 2, e l’autovalore semplice λ = 2. Per λ = 1 la matrice caratteristica diventa 0 0 0 2 2 . MBB (fa ) − I = 1 −a −1 −1 Per a ̸= 12 il minore {R2 , R3 } ∩ {C1 , C2 } `e non nullo, quindi il rango `e 2 e l’autospazio associato E1 ha dimensione 3 − 2 = 1. Pertanto l’autovalore λ = 1 non `e regolare e l’endomorfismo non `e diagonalizzabile. Per a = 12 l’autospazio E1 ha invece dimensione 2, e l’endomorfismo `e diagonalizzabile. Calcoliamo, in entrambi i casi, una base per gli autospazi E1 ed E2 . • a ̸= 12 . L’autospazio E1 risulta { x + 2y = −2z −ax − y = z, 1
2
da cui x = 0, y = −z. Quindi E1 = {[0, −z, z]t , z ∈ R}, ed un base `e, per esempio, il vettore [0, −1, 1]t . Per λ = 2 la matrice caratteristica diventa −1 0 0 1 2 . MBB (fa ) − 2I = 1 −a −1 −2 L’autospazio E2 risulta descritto, per esempio, dalle due equazioni determinate dalle prime due righe, cio`e { −x = 0 x + y = −2z, da cui x = 0, y = −2z. Quindi E2 = {[0, −2z, z]t , z ∈ R}, ed un base `e, per esempio, il vettore [0, −2, 1]t . Si noti che E2 resta invariato anche se a = 12 , in quanto le sue equazioni non dipendono da a. • a = 12 . In questo caso E1 `e descritto dall’unica equazione x + 2y + 2z = 0. Quindi E1 = {[−2y − 2z, y, z]t , y, z ∈ R}, ed un base `e rappresentata , per esempio, dalla coppia di vettori {[−2, 1, 0]t , [−2, 0, 1]t }. Esercizio 2. (5 + 6 punti) Nel piano euclideo, sia dato il fascio di coniche di equazione Γt : 2tx2 + 2(t + 1)xy + 2ty 2 − 2x − 2(t + 1)y + 2 = 0. (1) Classificare le coniche del fascio al variare di t ∈ R. (2) Posto t = 2, calcolare una forma canonica, il cambio relativo di coordinate e disegnare la conica Γ2 . Soluzione. (1) La matrice associata alla generica conica del fascio `e data da 2t t+1 −1 2t −(t + 1) . At = t + 1 −1 −(t + 1) 2 2 Il calcolo degli invarianti fornisce I3 = −2t(t − 2t + 2), I2 = 3t2 − 2t − 1, I1 = 4t. Quindi si ha • Coniche degeneri. Deve essere I3 = 0 per t = 0 e t2 − 2t + 2 = 0. La seconda equazione ha soluzioni complesse, quindi si ha una sola conica degenere, corrispondente a t = 0, cio`e xy − x − y + 1 = 0. Poich´e xy − x − y + 1 = (x − 1)(y − 1) la conica `e spezzata nelle due rette x = 1 ed y = 1. • Ellissi. Deve essere I2 = 3t2 − 2t − 1 > 0, quindi t < − 13 e t > 1. Osserviamo che I1 I3 = −4t2 (t2 − 2t + 2), quindi minore di 0 per ogni t ̸= 0, per cui le ellissi sono tutte reali. In particolare, per t = −1 si ha una circonferenza, in quanto i coefficienti di x2 e di y 2 sono uguali ed il coefficiente del termine in xy si annulla. • Parabole. Deve essere I2 = 3t2 − 2t − 1 = 0, quindi per t = − 13 e t = 1. • Iperboli. Deve essere I2 = 3t2 − 2t − 1 < 0, quindi − 13 < t < 1. Per t = 0 si annulla I1 ma ci`o non fornisce una iperbole equilatera in quanto la corrispondente conica `e degenere. (2) Per t = 2 abbiamo la conica Γ2 : 4x2 + 6xy + 4y 2 − 2x − 6y + 2 = 0, che, come si `e detto, corrisponde ad una ellisse. I corrispondenti invarianti risultano I3 = −8, I2 = 7, I1 = 8. Gli autovalori della matrice associata alla parte quadratica sono le soluzioni dell’equazione λ2 − I1 λ + I2 = 0, cio`e λ2 − 8λ + 7 = 0, da cui λ = 1, 7. Una forma canonica
3
di Γ2 `e pertanto x2 + 7y 2 − 87 = 0. L’autospazio associato a λ = 1 ha equazione x + y = 0, quello associato a λ = 7 `e −x + y = 0. La matrice ortogonale speciale corrispondente al movimento rotatorio `e formata degli autovettori normalizzati, quindi ( M=
√1 2 − √12
√1 2 √1 2
) .
Il centro di Γ2 `e la soluzione del sistema {
8x + 6y − 2 = 0 6x + 8y − 6 = 0,
( ) cio`e il punto C − 57 , 97 . Il cambio di riferimento che riduce Γ2 a forma canonica risulta quindi dato da [
x y
]
( =
√1 2 − √12
√1 2 √1 2
)[
x′ y′
]
[ +
− 75 9 7
] .
Esercizio √ 3. (5 + 6 punti) √ Sia σ la sfera di centro l’ origine e raggio 2, e sia α il piano di equazione 3y + z − 2 3 = 0. (1) Calcolare centro e raggio della circonferenza γ = σ ∩ α. (2) Scrivere l’ equazione del cono S di vertice V (0, 0, 1) avente γ come direttrice, e classificare quindi la conica Γ intersezione del cono S con il piano [xy]. Soluzione. √ (1) La distanza dell’origine dal piano α `e uguale a 3 < 2, quindi γ `e reale non degenere. √ 2 Il suo raggio `e fornito dal teorema di Pitagora, e vale r = 2 − 3 = 1. Il centro di γ `e il punto H in cui la retta per O(0, 0, 0) e perpendicolare ad α interseca tale piano. Le equazioni parametriche della retta OH sono date da 0 x=√ y = 3t z = t,
√ e mettendo a sistema con l’equazione di α si ha 4t − 2 3 = 0, da cui t = ( √ ) 3 3 conseguenza H = 0, 2 , 2 .
√
3 . 2
Di
(2) L’equazione cartesiana della sfera σ `e x2 + y 2 + z 2 = 4. Detto P il generico punto di γ, le equazioni parametriche del cono richiesto sono date da x = xV + (xP − xV )λ y = yV + (yP − yV )λ z = zV + (zP − zV )λ √ √ 3y + z − 2 3=0 P P 2 xP + yP2 + zP2 = 4. Sostituendo le coordinate di V , dalle prime tre equazioni ricaviamo
4
xP = λx yP = λy z = z−1 + 1. P λ √
√ Dalla quarta equazione ricaviamo quindi λ = 23y+z−1 , il che fornisce 3−1 √ (2 3 − 1)x x xP = = √ λ 3y + z − 1 √ y (2 3 − 1)y yP = = √ λ 3y + z − 1 √ y + 2z − 2 z−1 zP = + 1 = 3√ . λ 3y + z − 1 Sostituendo nella quinta equazione otteniamo √ √ √ (2 3 − 1)2 x2 + (2 3 − 1)2 y 2 + 3(y + 2z − 2)2 − 4( 3y + z − 1)2 = 0, e semplificando si ha
√ √ √ √ x2 (13 − 4 3) + y 2 (4 − 4 3) + yz(12 − 8 3) + y(8 3 − 12) + 8z 2 − 16z + 8 = 0, che rappresenta l’equazione cartesiana del cono. Posto z = 0 si ha √ √ √ x2 (13 − 4 3) + y 2 (4 − 4 3) + y(8 3 − 12) + 8 = 0. Essa rappresenta, nello spazio, un cilindro, che, sul piano xy, taglia la conica avente, su quel piano, la stessa equazione. Poich´e il piano xy √ non passa per il vertice V del cono, la conica `e non degenere, ed essendo I2 = 100(1 − 3) < 0, essa `e una iperbole
Esame di Geometria Politecnico di Milano – Ingegneria Secondo compito in itinere – 28 Giugno 2013
1. Siano
1 k A = 0 2k 0 1
k 1 2k
e
2k B=1 k
1 2k 1
0 0 . 1
(a) Determinare i valori del parametro reale k in corrispondenza dei quali le matrici A e B sono simili. (b) Per k = 0, riconoscere la trasformazione f : R3 → R3 rappresentata, rispetto alla base canonica, dalla matrice A. 2. Siano X = {(x, y, z, t) ∈ R4 : x + y + t = 0 , x + 2y − z + t = 0} e v = (1, 2, 1, 0). (a) Determinare una base ortogonale B del sottospazio X. (b) Determinare la proiezione ortogonale pX (v) del vettore v sul sottospazio X. (c) Determinare il simmetrico ortogonale sX (v) del vettore v rispetto al sottospazio X. (d) Determinare l’angolo ϑ tra i vettori v e v′ = pX (v). (e) Sia f : R4 → R4 una trasformazione ortogonale. Determinare l’angolo ϑ′ tra i vettori f (v) e f (v′ ). 3. Siano Q : x2 + 3y 2 + z 2 − 4xz + 6y = 0 π : x − 2y + z + 2 = 0 Γ = Q∩π.
(a) Riconoscere la quadrica Q. (b) Scrivere l’equazione canonica di Q. (c) Stabilire se Q `e una quadrica a centro. In caso affermativo, determinare il centro di Q. (d) Stabilire se Q `e una quadrica di rotazione. (e) Scrivere le equazioni della curva Γ′ proiezione ortogonale di Γ sul piano coordinato xy. (f) Riconoscere la curva Γ′ . (g) Riconoscere la curva Γ.
Soluzioni 1. (a) Le matrici A e B possiedono gli stessi autovalori λ1 = 1, λ2 = 2k + 1 e λ3 = 2k − 1. Poich´e tali autovalori dipendono dal parametro k, bisogna vedere se esistono autovalori multipli. Si ha che λ1 = λ2 per k = 0, λ1 = λ3 per k = 1, mentre λ2 = λ3 non `e mai possibile. Si hanno i seguenti casi. • Per k 6= 0, 1, le due matrici date possiedono tre autovalori reali distinti e quindi sono entrambe diagonalizzabili. Quindi sono simili. • Per k = 0, si ha che A `e diagonalizzabile (essendo reale e simmetrica), mentre B non lo `e. Quindi le due matrici date non sono simili. • Per k = 1, entrambe le matrici risultano diagonalizzabili. Quindi sono simili. In conclusione, le matrici A e B sono simili per k 6= 0.
(b) Per k = 0, si ha la matrice di permutazione 1 0 0 A = 0 0 1 . 0 1 0
Tale matrice `e ortogonale e ha determinate −1. Quindi la trasformazione f : R3 → R3 rappresentata dalla matrice A `e una trasformazione ortogonale, inoltre, poich´e A `e reale e simmetrica e ha come autovalori 1 (contato due volte) e −1, la trasformazione f `e una riflessione rispetto al piano dato dall’autospazio V1 = h(1, 0, 0), (0, 1, 1)i.
2. (a) Risolvendo il sistema lineare che definisce il sottospazio X, si trova che il generico vettore di tale sottospazio `e x = (x, y, y, −x − y). Scegliamo x1 = (1, 0, 0, −1) (per x = 1 e y = 0). Cerchiamo ora i vettori x = (x, y, y, −x − y) ∈ X ortogonali a x1 . Si deve avere hx, x1 i = 0, ossia 2x + y = 0. Pertanto si hanno i vettori x = (x, −2x, −2x, x). Scegliamo il vettore x2 = (1, −2, −2, 1). Una base ortogonale di X `e pertanto data da B = {x1 , x2 }. (b) Utilizzando la base ortogonale B = {x1 , x2 } di X trovata nel punto precedente, si ha che la proiezione ortogonale di v su X `e data dal vettore pX (v)
hv, x1 i hv, x2 i x1 + x2 hx1 , x1 i hx2 , x2 i 1 1 = (1, 0, 0, −1) − (1, −2, −2, 1) 2 2 = (0, 1, 1, −1).
=
(c) Il simmetrico ortogonale di v rispetto a X `e il vettore sX (v) = 2pX (v) − v = 2(0, 1, 1, −1) − (1, 2, 1, 0) = (−1, 0, 1, −2). (d) L’angolo ϑ tra i vettori v e pX (v) `e l’angolo compreso tra 0 e π tale che hv, v′ i 1 3 cos ϑ = = √ √ = √ . ||v|| ||v′ || 6 3 2 Quindi ϑ = π/4.
(e) Poich´e le trasformazioni ortogonali conservano il prodotto scalare, esse conservano anche gli angoli. Infatti, si ha cos ϑ′ =
hf (v), f (v′ )i hv, v′ i = = cos ϑ . ′ ||f (v)|| ||f (v )|| ||v|| ||v′ ||
Di conseguenza, si ha ϑ′ = ϑ = π/4. 3. (a) Gli invarianti ortogonali della quadrica sono I4 = 27, I3 = −9, I2 = 3, I1 = 5. Poich´e I4 > 0, I3 6= 0, I2 > 0 e I1 I3 < 0, la quadrica Q `e un iperboloide iperbolico (a una falda). (b) Gli autovalori della matrice B che rappresenta la parte quadratica dell’equazione di Q sono λ1 = 3, λ2 = 3, λ3 − 1. Quindi l’equazione canonica di Q I4 =0 λ1 x2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 + I3 diventa 3x2 + 3y 2 − z 2 = 3. (c) Poich´e I3 6= 0, Q `e una quadrica a centro. Le coordinate del centro C di Q soddisfano il sistema lineare x − 2z = 0 y+1=0 z − 2x = 0 da cui si ha C ≡ (0, −1, 0).
(d) Poich´e possiede due autovalori uguali, Q `e una quadrica di rotazione. (e) Le equazioni di Γ sono ( x2 + 3y 2 + z 2 − 4xz + 6y = 0 Γ: x − 2y + z + 2 = 0 . Dalla seconda equazione si ha z = −x + 2y − 2. Sostituendo nella prima equazione e semplificando, si ottiene ( 6x2 − 12xy + 7y 2 + 12x − 2y + 4 = 0 Γ: x − 2y + z + 2 = 0 .
Pertanto, si ha ′
Γ :
(
6x2 − 12xy + 7y 2 + 12x − 2y + 4 = 0 z = 0.
(f) Poich´e `e l’intersezione di una quadrica con un piano, la curva Γ `e una conica. Poich´e Γ′ `e la proiezione di Γ sul piano xy parallelamente alla direzione dell’asse z , anche Γ′ `e una conica. Nel piano xy, abbiamo la conica di equazione 6x2 − 12xy + 7y 2 + 12x − 2y + 4 = 0. Gli invarianti ortogonali sono I3 = −162 6= 0 e I2 = 6 > 0. Quindi Γ′ `e una ellisse reale (irriducibile). (g) Poich´e le proiezioni parallele conservano la natura delle coniche, anche la conica Γ `e una ellisse reale (irriducibile) come Γ′ .
Esame di Geometria e Algebra Lineare Politecnico di Milano – Ingegneria informatica Prima prova in itinere – 30 Aprile 2014
1. Siano
{ r:
x + h2 z − h + 1 = 0 x−y+2=0
π : x + y + (h2 + 1)z − h − 1 = 0.
(a) Determinare, al variare del parametro reale h, la mutua posizione di r e π. √ (b) Per h = 2 trovare l’intersezione tra r e π. Soluzione. La matrice completa del sistema lineare x + h2 z − h + 1 = 0 x−y+2=0 x + y + (h2 + 1)z − h − 1 = 0 `e
1 0 [A|b] = 1 −1 1 1
h2 h−1 0 −2 . h2 + 1 h + 1
Facendo II riga−I riga → II riga e III riga−I riga → III riga si ottiene 1 0 h2 h−1 0 −1 −h2 −h − 1 0 1 1 2 e facendo III riga+II riga → III 1 0 h2 0 −1 −h2 U= 0 0 −h2 + 1
riga si ottiene h−1 −h − 1 −h + 1
che `e in forma a scala. Pertanto per h ̸= ±1 si ha rk([A|b]) = rk(A) = 3 ed il sistema ha una ed una sola soluzione, quindi la retta e il piano si incontrano in un punto, le cui coordinate sono la soluzione del sistema; per h = 1 si ha rk([A|b]) = rk(A) = 2 ed il sistema `e possibile ma ammette ∞1 soluzioni, dunque la retta giace sul piano; per h = −1 si ha rk([A|b]) = 3, rk(A) = 2 ed il sistema `e impossibile quindi la retta e il piano non hanno punti comuni e√la retta `e parallela al piano. Per h = 2 la soluzione del sistema `e la soluzione del sistema equivalente √ −1 x + 2z = 2 √ −y − 2z√= − 2 − 1 −z = − 2 + 1 e quindi √ x = − √2 + 1 y=√ −3 2 + 1 z = 2−1
2. (a) Scrivere l’equazione cartesiana del piano π contenente i punti di coordinate: 1 0 1 P0 = 1 , P 1 = 1 , P 2 = 0 . 1 0 2 π `e uno spazio vettoriale? Se non lo `e trovare un piano π ′ parallelo a π che lo sia e calcolarne una base. (b) Sia
1 1 0 V = L 0 , −1 , 1 . 1 0 1 Trovare dimensioni e basi dei sottospazi vettoriali V , π ′ ∩ V e π ′ + V . (c) Stabilire se il vettore v = (1, 1, 2) appartiene a π ′ , a V , a π ′ ∩ V e a π ′ + V . T
−−−→ −−−→ Soluzione. Essendo P0 P1 = (−1, 0, −1) e P0 P2 = (0, −1, 1), le equazioni parametriche di π sono x=1−t y =1−s z =1−t+s con t, s parametri reali. Eliminando i parametri si ottiene l’equazione cartesiana di π: x − y − z + 1 = 0. Poich´e il piano non passa per l’origine, l’equazione non `e l’equazione cartesiana di un sottospazio di R3 . Il piano π ′ parallelo a π che `e un sottospazio di R3 ha equazione x − y − z = 0. Tale sottospazio `e perpendicolare al vettore (1, −1, −1)T e quindi una sua base `e formata dai vettori (−1, 0, −1)T e (0, −1, 1)T , che lo generano. I tre generatori di V non sono l.i., infatti il terzo `e ottenuto dal primo meno il secondo, i primi due generatori sono invece l.i. e formano una base di V che pertanto ha dimensione 2. I vettori (−1, 0, −1)T , (0, −1, 1)T , (1, 0, 1)T , (1, −1, 0)T sono generatori di π ′ + V , il terzo `e proporzionale al primo e quindi pu`o essere eliminato e (−1, 0, −1)T , (0, −1, 1)T , (1, −1, 0)T sono l.i. in quanto −1 0 1 0 −1 −1 −1 1 0 ha determinante non nullo, e dunque formano una base di π ′ + V , pertanto dim(π ′ + V ) = 3. Dalla formula di Grassmann risulta dim(π ′ ∩ V ) = 1 e dunque (1, 0, 1)T `e una sua base in quanto appartiene sia a π ′ sia a V . Il vettore v = (1, 1, 2)T non appartiene a π ′ in quanto le sue coordinate non soddisfano l’equazione cartesiana di π ′ e pertanto non appartiene a π ′ ∩ V . Essendo invece v = (1, 1, 2)T = 2(1, 0, 1)T − (1, −1, 0)T , v appartiene a V e a maggior ragione a π ′ + V .
3. Sia V = R3 [x] lo spazio vettoriale dei polinomi di grado al pi` u tre a coefficienti in R e W = MatR (2, 2) quello delle matrici quadrate 2 × 2 a coefficienti in R. Sia f : V → W l’applicazione lineare rappresentata, rispetto alle basi canoniche EV di V e EW di W dalla matrice 0 1 1 1 0 −1 1 −1 A= 0 −1 1 −1 . 1 0 0 0 (a) Calcolare f (1 + x2 − x3 ). (b) Trovare la dimensione ed una base del nucleo e dell’immagine di f . Si riesce a riconoscere Im(f )? (c) Completare le basi del punto precedente rispettivamente ad una base BV di V e ad una base BW di W . Ricavare le matrici del cambiamento di base da EV a BV e da BW a EW . (d) Determinare la matrice A′ che rappresenta f rispetto alle basi BV e BW . (e) Verificare che A rappresenta l’applicazione f definita come ( ) P (1) − P (0) P (−1) − P (0) f (P ) = P (−1) − P (0) P (0) rispetto alle basi canoniche (dove P indica un generico polinomio di V ). Soluzione. Essendo (1+x2 −x3 )EV = (1, 0, 1, −1)T , si ha f (1+x2 −x3 )EW = A·(1, 0, 1, −1)T = (0, 2, 2, 1) quindi ( ) 0 2 2 3 f (1 + x − x ) = . 2 1 La matrice A ha due colonne uguali e si verifica facilmente che 0 1 1 A = 0 −1 1 = 2 1 0 0 dunque rk(A) = 3 da cui dim Im(f ) = 3, e per il teorema di nullit`a pi` u rango dim(ker(f )) = 1. R4 `e isomorfo a MatR (2, 2), e l’immagine di f `e rappresentata in R4 dallo spazio generato dalle colonne di A, di cui una base `e data da 0 1 1 0 , −1 , 1 . 0 −1 1 1 0 0 Ne segue che una base per Im(f ) `e {( ) ( ) ( )} 0 0 1 −1 1 1 , , . 0 1 −1 0 1 0 Quindi Im(f ), essendo formata da tutte le combinazioni lineari di matrici simmetriche, contiene solo matrici simmetriche. Inoltre poich´e ha dimensione 3, che `e la stessa dello spazio delle matrici simmetriche di ordine 2 sul campo reale, coincide proprio con quest’ultimo sottospazio. Il sistema Ax = 0 ha come soluzione (0, t, 0, t)T e dunque una base di ker f `e {x + x3 }. Se aggiungiamo a 0 1 1 0 , −1 , 1 0 −1 1 1 0 0
il vettore 0 1 0 0
otteniamo quattro vettori conseguenza una base BW {( ) ( 0 0 1 , 0 1 −1
linearmente indipendenti che quindi sono una base per R4 . Di `e ) ( ) ( )} −1 1 1 0 1 , , . 0 1 0 0 0
Se aggiungiamo a 0 1 0 1 i tre vettori e1 , e2 , e3 della base canonica di R4 , abbiamo quattro vettori linearmente indipendenti e di conseguenza una base BV `e {x + x3 , 1, x, x2 }. La matrice del cambiamento di base da EV a BV `e 0 1 0 0 1 0 1 0 S= 0 0 0 1 . 1 0 0 0 Analogamente la matrice del cambiamento di base da EW a BV `e 0 1 1 0 0 −1 1 1 T = 0 −1 1 0 1 0 0 0 e la matrice del cambiamento di base da BW a EW `e la sua inversa 0 0 0 1 1 0 −1 0 2 2 . T −1 = 1 1 0 0 2 2 0 1 −1 0 La matrice A′ che rappresenta f rispetto alle basi BV e BW `e quindi 0 1 0 0 2 0 1 0 T −1 AS = 0 0 0 1 . 0 0 0 0 Sia P = a + bx + cx2 + dx3 ∈ R3 [x]) allora ( ) b + c + d −b + c − d f (P ) = . −b + c − d a Ora PEV = (a, b, c, d)T , f (P )EW = (b + c + d, −b + c − d, −b + c − d, a)T = A · (a, b, c, d)T dove 0 1 1 1 0 −1 1 −1 A= 0 −1 1 −1 . 1 0 0 0
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE SOLUZIONI SECONDA PROVA IN ITINERE - 29/06/2011 Esercizio 1. (4 + 5 + 2 punti) Nello spazio euclideo R3 siano date le rette r ed s di equazioni parametriche r : x = t, y = 1 + t, z = 1, e s : x = q, y = 1, z = −q. (1) Discutere la loro posizione reciproca e determinare l’ angolo che esse formano. (2) Determinare l’ equazione cartesiana del piano contenente r e parallelo ad s, e determinare la distanza tra r ed s. (3) Determinare il massimo angolo che un piano contenente r forma con la retta s. Calcolare quindi l’ equazione del piano contenente r che soddisfa tale condizione. Soluzione − → (1) Le rette r ed s sono parallele, rispettivamente, ai vettori → r = [1, 1, 0]t ed − s = [1, 0, −1]t . Poich´e i parametri direttori non sono proporzionali, le rette non sono parallele. Il punto R(0, 1, 1) appartiene ad r, il punto S(0, 1, 0) appartiene ad s. Il prodotto misto −→ → − hRS, − r ,→ s i risulta 0 0 −1 −→ − − hRS, → r ,→ s i = det 1 1 0 = 1 6= 0, 1 0 −1 per cui r, s sono rette sghembe. Abbiamo inoltre → → h− r ,− si 1 1 cos(rs) b = − =√ √ = , → − → 2 k r kk s k 2 2 e quindi rs b = π/3. (2) Il fascio di piani contenenti r ha equazione Fr : x−y+1+λ(z−1) = 0. Il parallelismo con s si realizza imponendo che sia nullo il prodotto scalare h[1, −1, λ]t , [1, 0, −1]t i, da cui λ = 1. Il piano richiesto ha quindi equazione x − y + z = 0. la distanza d(r, s) si pu`o calcolare come distanza di un punto di s, per esempio S(0, 1, 0), da tale piano, da cui | − 1| 1 d(r, s) = √ = √ . 3 3 −→ → − In alternativa, d(r, s) si pu`o anche ottenere dividendo |hRS, − r ,→ s i| per la radice quadrata −→ della somma dei quadrati dei complementi algebrici delle componenti di RS. (3) Il seno dell’angolo formato con la retta s dal generico piano per r risulta d sin(F r s) = √
1−λ √ . 2 + λ2 2
La derivata prima risulta √
2(2 + λ) , 2(2 + λ2 )3/2 positiva per λ < −2. Quindi il massimo si ottiene per λ = −2, corrispondente al piano x − y − 2z + 3 = 0. Inoltre, per λ = −2 si ha √ 3 d , sin(F r s) = 2 −
1
2
e quindi l’angolo massimo vale π/3. Il risultato si pu`o anche dedurre geometricamente, essendo tale angolo uguale a quello formato dalle rette r, s considerate. Esercizio 2. (6 + 4 + 1 punti) Nel piano euclideo R2 sia dato il fascio di coniche di equazione Ck : kx2 + 2(2 − k)xy + ky 2 − x − y + 1 − k = 0. (1) Posto k = 3, classificare la conica C3 e determinarne una sua equazione canonica. Calcolare quindi le coordinate del suo centro e gli assi, oppure calcolare il cambio di riferimento che la riporta in forma canonica. (2) Determinare i valori di k per cui Ck `e una conica degenere e le coordinate dei punti base del fascio. (3) Calcolare poi i valori di k per cui Ck `e un’ iperbole equilatera, e quelli per cui essa `e una circonferenza. Soluzione (1) Per k = 3 l’equazione diventa 3x2 − 2xy + 3y 2 − x − y − 2 = 0. Calcolando gli invarianti abbiamo I3 = −18, I2 = 8, I1 = 6, quindi la conica `e un’ellisse reale. L’equazione caratteristica risulta λ2 − 6λ + 8 = 0, che fornisce gli autovalori λ1 = 2 e λ2 = 4. La forma canonica λ1 x2 + λ2 y 2 + I3 /I2 = 0 risulta quindi 2x2 + 4y 2 − 9/4 = 0. A λ1 = 2 corrisponde l’autospazio E2 : x − y = 0, mentre a λ2 = 4 corrisponde l’autospazio E4 : x + y = 0. Il sistema delle derivate parziali uguagliate a zero fornisce il centro C(1/4, 1/4). Gli assi hanno quindi equazione y = x ed y = −x + 1/2. Il cambio di riferimento che porta la conica in forma canonica risulta √ ¸ · √ 1/√2 −1/√ 2 t [x, y] = [x0 , y 0 ]t + [1/4, 1/4]t . 1/ 2 1/ 2 (2) Per k generico abbiamo I3 = (1 − k)(4k − 3), che si annulla per k = 1, 3/4. Inoltre, per k = ∞ abbiamo la conica x2 − 2xy + y 2 − 1 = 0 che si spezza nelle rette x − y − 1 = 0 edx − y + 1 = 0. I punti base si ottengono intersecando due qualsiasi coniche del fascio. Utilizziamo le coniche degeneri corrispondenti a k = 1 e k = ∞ ½
x2 + 2xy + y 2 − x − y = 0 (k = 1) (x − y − 1)(x − y + 1) = 0 (k = ∞)
½ ⇒
(x + y)(x + y − 1) = 0 (x − y − 1)(x − y + 1) = 0.
Considerando i quattro sistemi lineari derivanti otteniamo ½ x+y =0 ⇒ A(1/2, −1/2), x − y − 1 = 0. ½ x+y =0 ⇒ B(−1/2, 1/2), x − y + 1 = 0. ½ x+y−1=0 ⇒ C(1, 0), x − y − 1 = 0. ½ x+y−1=0 ⇒ D(0, 1). x − y + 1 = 0. (3) L’invariante lineare `e I1 = 2k, e si annulla per k = 0. POich´e questo valore non corrisponde ad una conica degenere, la corrispondente conica `e un’iperbole equilatera.
3
Per avere una circonferenza deve innanzitutto essere nullo il coefficiente del termine xy, il che avviene per k = 2. Per questo valore i coefficienti di x2 e di y 2 sono uguali, e quindi, la conica corrispondente a k = 2, essendo non degenere, `e una circonferenza. Esercizio 3. (4 + 5 + 2 punti) Nello spazio euclideo R3 siano dati il punto F (0, 0, 1) ed il piano α : x − y = 1. (1) Determinare l’ equazione cartesiana del luogo S formato dai punti P ∈ R3 che verificano la condizione √ d(P, F ) = 2d(P, α) e verificare che S `e una quadrica. (2) Classificare S, calcolare una sua equazione canonica, e specificare se `e una quadrica di rotazione. (3) Determinare un piano che incontra S lungo una circonferenza, e calcolare l’ equazione dell’ eventuale asse di rotazione della quadrica. Soluzione (1) Detto P (x, y, z) il generico punto dello spazio, la condizione fornisce √
√ |x − y − 1| √ 2 , 2 da cui, elevando al quadrato e svolgendo i calcoli, otteniamo la quadrica S di equazione 2xy + z 2 + 2x − 2y − 2z = 0. x2 + y 2 + (z − 1)2 =
(2) La matrice associata ad S risulta
0 1 0 1 1 0 0 −1 . AS = 0 0 1 −1 1 −1 −1 0 Il calcolo degli invarianti fornisce I4 = −1, I3 = 1, I2 = −1, I1 = 1. L’equazione caratteristica −λ3 + I2 λ − I1 λ2 + I3 fornisce soluzioni λ1 = λ2 = 1, λ3 = −1. La quadrica `e quindi un iperboloide a due falde di rotazione. Essendo I4 /I3 = 1, una forma canonica di S risulta x2 + y 2 − z 2 + 1 = 0. (3) Il sistema delle derivate parziali uguagliate a zero fornisce il centro C(1, −1, 1). L’asse di rotazione `e parallelo all’autospazio associato all’autovalore semplice e passa per C. Per λ = −1 abbiamo l’autospazio E−1 = {[x, −x, 0]t , x ∈ R}. Quindi l’asse di rotazione ha equazioni parametriche x=1+q y = −1 − q z = 1. I piani che tagliano S secondo circonferenze devono essere ortogonali a questa retta (paralleli all’autospazio E1 associato all’autovalore doppio), quindi del tipo x − y + k = 0, e passare per punti dell’asse di rotazione collocati da parte opposta del centro rispetto ai vertici. Intersecando S con l’asse di rotazione otteniamo
4
−2q 2 + 1 = 0x = 1 + q y = −1 − q z = 1,
√ √ √ da cui q = ±1/ 2, corrispondente ai vertici. Per q < −1/ 2 e q > 1/ 2, abbiamo punti dell’asse di rotazione per i quali passano piani x − y − 2q − 2 = 0 che tagliano S secondo circonferenze
Esame di Geometria Politecnico di Milano – Ingegneria Secondo compito in itinere – 4 Luglio 2012
1. Determinare i valori del parametro reale k per i quali la matrice 2k + 1 1 k k+3 0 A= 0 0 1 3k + 1 `e diagonalizzabile. 2. Sia X = {(x, y, z, t) ∈ R4 : x−y +2z = 0 , x+z −t = 0} un sottospazio di R4 . (a) Determinare una base ortogonale di X . (b) Determinare la proiezione ortogonale del vettore v = (1, 1, −1, 1) sul sottospazio X . 3. Sia f : R3 → R3 la trasformazione lineare rappresentata, rispetto alla base canonica, dalla matrice √ √ −2 − 3 1 8− 3 √ 10 5 2 √5 1 3 1 A= − √ − −√ . 2 2 √ 5 5 √ −2 − 3 1−2 3 1 √ 5 5 5 (a) Riconoscere f e determinarne gli elementi caratteristici. (b) Calcolare A13 . (c) Dato x = (1, 1, 1) , calcolare la norma di f (x) . 4. Siano π1 : x − 2y + 3z − 1 = 0 e π2 : x − 2y + 3z + 13 = 0 . (a) Stabilire se π1 e π2 sono paralleli. (b) Scrivere l’equazione cartesiana della sfera S tangente al piano π1 nel punto P1 ≡ (2, 2, 1) e tangente al piano π2 . 5. Sia Γ la conica di equazione x2 + 6xy − 7y 2 + 4x + 4y + 2 = 0 . (a) (b) (c) (d)
Riconoscere Γ . Determinare il centro e gli assi di Γ . Scrivere l’equazione in forma canonica di Γ . Data la conica Γ0 : 2x2 − 8y 2 − 4x + 1 = 0 , stabilire se esiste una rototraslazione che porta Γ in Γ0 .
Risposte 1. Gli autovalori di A sono λ1 = 2k + 1 , λ2 = k + 3 , λ3 = 3k + 1 . Ci sono almeno due autovalori uguali quando k = 0, 1, 2 . La matrice risulta essere diagonalizzabile per k 6= 1 . 2. (a) Una base ortogonale di X `e data, ad esempio, dai vettori x1 = (1, 1, 0, 1) ,
x2 = (1, −1, −1, 0) .
(b) La proiezione ortogonale di v su X `e v0 =
hv, x1 i hv, x2 i x1 + x2 = hx1 , x1 i hx2 , x2 i
µ
¶
4 2 1 , ,− ,1 3 3 3
.
3. (a) Poich´e la matrice A `e ortogonale e |A| = 1 , la trasformazione f `e una rotazione. Pi` u precisamente, risulta essere la rotazione di un angolo θ = 56 π attorno al vettore a = (2, 0, −1) , in senso antiorario. (b) Poich´e A = R(a; 56 π) , si ha µ ¶ µ ¶ µ ¶ 5 5 5 A13 = R a; 13 π = R a; 10π + π = R a; π = A . 6 6 6 (c) Poich´e f `e una rotazione, si ha ||f (x)|| = ||x|| =
√
3.
4. I piani π1 e π2 sono paralleli. Quindi il centro C di S `e il punto medio del segmento P1 P2 , dove P2 `e la proiezione ortogonale di P1 su P2 , e il raggio r `e la met` √a dello stesso segmento. Si ha P2 ≡ (1, 4, −2) , C ≡ (3/2, 3, −1/2) , r = 14/2 . Quindi S : (x − 3/2)2 + (y − 3)3 + (z + 1/2)2 = 7/2 , ossia S : x2 + y 2 + z 2 − 3x − 6y + z + 8 = 0 . 5. (a) Γ `e un’iperbole (non equilatera) non degenere ( I3 = 16 , I2 = −16 , I1 = −6 ). (b) Il centro `e C ≡ (−5/4, −1/4) , mentre gli assi sono le rette di equazioni 3x + y + 4 = 0 e 2x − 6y + 1 = 0 . (c) L’equazione in forma canonica `e 2x2 − 8y 2 = 1 , ossia
x2 1/2
2
y − 1/8 = 1.
(d) Poich´e Γ0 : 2(x − 1)2 − 8y 2 = 1 , Γ e Γ0 hanno la medesima equazione in forma canonica e quindi esiste una rototraslazione che porta l’una nell’altra.
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE TEMA D’ ESAME 19/02/2013 SOLUZIONI Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. Esercizio 1. Si consideri la seguente matrice h 2−h h 2 h − 1 , A= 1 1 −h 3 essendo h un parametro reale. (1) Determinare, al variare di h in R, la caratteristica di A (2) Determinare nucleo ed immagine dell’endomorfismo f : R3 → R3 tale che f (X) = AX, al variare di h in R. (3) Determinare, nel caso h = 1, il coseno dell’angolo tra ker f ed Im f Soluzione. (1) Il determinante di A `e uguale ad h3 −3h2 +10h−8, e si fattorizza in (h−1)(h2 −2h+8). Il primo fattore si annulla per h = 1, mentre il secondo `e sempre diverso da zero. Quindi, per h 6= 1 la caratteristica di A `e uguale a 3. Per h = 1 si vede facilmente che la caratteristica `e 2, essendoci un minore non nullo di ordine 2, per esempio {R1 , R2 } ∩ {C1 , C2 }. (2) L’endomorfismo f `e rappresentato, rispetto alla base canonica, dalla matrice A. Quindi, per h = 1 abbiamo ker f = {0} ed Im f = R3 - Per h = 1 l’immagine di f ha dimensione 2, ed `e generata, per esempio, dalle prime due colonne di A. Il nucleo si ottiene invece risolvendo il sistema x+y+z =0 x + 2y = 0 x − y + 3z = 0. Poich´e la caratteristica di A `e uguale a 2 abbiamo ∞1 soluzioni, che possono essere ottenute riducendo il sistema al seguente ½ x + y = −z x + 2y = 0, da cui x = −2z ed y = z. Quindi ker f = {[−2z, z, z]t , z ∈ R}, ed una sua base `e, per esempio, {[−2, 1, 1]t }. (3) L’equazione del piano Im f `e data da 1 1 x det 1 2 y = 0 ⇒ 3x − 2y − z = 0. 1 −1 z L’angolo α tra nucleo ed immagine corrisponde all’angolo tra il nucleo e la sua proiezione su tale piano. Consideriamo la retta passante per P (−2, 1, 1) e perpendicolare ad Im f 1
2
x = −2 + 3t y = 1 − 2t z = 1 − t, t ∈ R. Sostituendo in 3x − 2y − z = 0 si ottiene t = 9/14, per cui la retta interseca il piano nel punto H(−1/14, −2/7, 5/14). Di conseguenza si ha −→ −−→ hOP , OHi 1 cos α = −→ −−→ = √ . 2 5 |OP ||OH| Esercizio 2. Nel piano euclideo, si consideri la conica γ di equazione 3x2 − 4xy + 2y 2 − 8x + 15 = 0. (1) Classificare γ e ridurla a forma canonica. (2) Determinare l’equazione della circonferenza γ1 di raggio massimo contenuta in γ, e l’equazione della circonferenza γ2 di raggio minimo contenente γ, nel caso in cui γ1 e γ2 abbiano lo stesso centro di γ. Soluzione. (1) Dal calcolo degli invarianti otteniamo I3 = −2, I2 = 2, I1 = 5, quindi γ `e un’ellisse reale. La forma canonica `e I3 = 0, I2 essendo λ : 1, λ2 gli autovalori associati alla parte√quadratica. Dall’equazione caratteristica χ(λ) = λ2 − I1 λ + I2 = 0 ricaviamo λ = 5±2 17 . Quindi una forma canonica di γ risulta √ √ 5 − 17 2 5 + 17 2 x + y − 1 = 0. 2 2 (2) Il centro C di γ `e la soluzione del sistema delle derivate parziali uguagliate a zero, cio`e ½ 6x − 4y − 8 = 0 −4x + 4y = 0, da cui C(4, 4). I raggi R1 , R2 delle circonferenze γ1 , γ2 corrispondono, rispettivamente, al semiasse minore ed al semiasse maggiore di γ. Questi si possono dedurre imediatamente dalla forma canonica, e risultano s s 2 2 √ , R2 = √ . R1 = 5 + 17 5 − 17 λ 1 x2 + λ 2 y 2 +
Pertanto si ha γ1 : (x − 4)2 + (y − 4)2 =
2 √ , 5+ 17
e γ2 : (x − 4)2 + (y − 4)2 =
2 √ . 5− 17
Esercizio 3. Nello spazio euclideo, si considerino il punto F (1, 0, 1) ed il piano π di equazione x − y = 0. (1) Calcolare l’equazione del luogo Γ formato dai punti equidistanti da F e da π. (2) Verificare che Γ `e una quadrica di rotazione, classificarla e ridurla a forma canonica. (3) Determinare l’equazione dell’asse di rotazione della quadrica
3
Soluzione. p (1) Sia P (x, y, z) il generico punto dello spazio. Abbiamo P F = (x − 1)2 + y 2 + (z − 1)2 , √ mentre la distanza di P da π risulta |x − y|/ 2. Quindi l’equazione del luogo Γ `e data da p
|x − y| √ . 2 Elevando al quadrato entrambi i membri e semplificando otteniamo x2 + 2xy + y 2 + 2z 2 − 4x − 4z + 4 = 0. (2) L’equazione determinata `e algebrica di secondo grado, il che mostra che Γ `e una quadrica. Il calcolo degli invarianti fornisce I4 = −8, I3 = 0, quindi si ha un paraboloide ellittico. L’equazione caratteristica risulta χ(λ) = (2 − λ)[(1 − λ)2 − 1] = 0, le cui soluzioni sono λ = 2 (soluzione doppia) e λ = 0. Essendoci un autovalore doppio non nullo la quadrica `e di rotazione. Una forma canonica `e del tipo 2x2 + 2y 2 + 2Cz = 0. Il coefficiente C si pu` ed uguagliandolo a −8, il √ o ricavare calcolando l’invarianti quartico √ 2 2 che fornisce C = ± 2. Quindi la forma canonica risulta x + y ± 2z = 0. (3) L’autospazio associato all’autovalore doppio `e il piano π, quindi l’asse di rotazione `e perpendicolare a tale piano e quindi ha parametri direttori 1, −1, 0. Il punto medio del segmento di perpendicolare calato da F su π appartiene, per definizione, al luogo Γ, e fornisce il punto a minima distanza da π. Esso `e quindi il vertice del paraboloide, per cui l’asse di rotazione passa per F . Di conseguenza x=1+t y = −t z = 1, t ∈ R, forniscono le equazioni parametriche dell’asse di rotazione (x − 1)2 + y 2 + (z − 1)2 =
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE Prova d’ esame - 18/07/2012 - Versione A Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. Esercizio 1. (11 punti) Sia V = R3 e si consideri la sua base B = ((1, 0, 0), (0, 1, 0), (1, 1, 1)). Sia poi data la matrice 1 0 0 A= 1 0 1 −2 2 −1 e sia f : V → V l’ endomorfismo definito da MB,B (f ) = A. (1) Calcolare gli autovalori di f. (2) Calcolare una base per ogni autospazio di f, ed una matrice invertibile P, se esiste, che diagonalizza A. → (3) Usando poi il prodotto scalare standard di V, determinare un vettore u non nullo → → → di R3 tale che l’ angolo tra u e f ( u) sia ottuso. Ne esiste anche uno non nullo v → → tale che l’ angolo tra v e f ( v ) sia retto? Svolgimento. Il polinomio caratteristico di f `e p(t) = det(A − tI) = (1 − t)[(−t)(−1 − t) − 2] = −(t − 1)2 (t + 2). Essendo le sue radici reali, gli autovalori di f sono t1 = 1 e t2 = −2 di molteplicit`a m(1) = 2, m(−2) = 1, rispettivamente. → Calcoliamo ora l’ autospazio V (1) : i vettori v che appartengono a tale autospazio → hanno componenti [ v ]B = t(a, b, c) che risolvono il sistema lineare omogeneo avente 0 0 0 A − I = 1 −1 1 −2 2 −2 come matrice dei coefficienti delle incognite. Effettuando l’ operazione elementare R3 + 2R2 → R3 si ottiene una matrice ridotta per righe di rango 1, e quindi dim(V (1)) = → → 3 − 1 = 2 = m(1). Sia B1 = (v1 ,v2 ) una base di V (1). L’ unica equazione da risolvere → → `e a − b + c = 0 e quindi b = a + c. Le componenti dei vettori v1 ,v2 di B1 sono, ad → → → esempio, [v1 ]B = t(1, 1, 0) e [v2 ]B = t(0, 1, 1). Con facili calcoli si ottiene che v1 = (1, 1, 0) → e v2 = (1, 2, 1). → Con procedimento analogo, si ha che V (−2) ha dimensione 1, e, detta B−2 = (v3 ) una → → → sua base, le componenti di v3 sono [v3 ]B = t(0, 1, −2). In conclusione, v3 = (−2, −1, −2). Essendo le radici di p(t) tutte reali, ed avendo gli autospazi dimensione uguale alla → → → molteplicit`a dell’ autovalore relativo, f `e diagonalizzabile, E = (v1 ,v2 ,v3 ) `e una base di V di autovettori per f, ed una matrice P che diagonalizza A `e 1 0 0 P = ME,B (1) = 1 1 1 . 0 1 −2 →
→
→
→
→
Consideriamo il vettore w=v3 +t v dove v = (1, 0, −1) ∈ V (1) `e ortogonale a v3 . → → → → → → → Usando la linearit`a di f, si ha che f (w) = −2 v3 +t v , e quindi w ·f (w) = −2 v3 · v3 → → → → → −t v · v3 +t2 v · v = −18 + 2t2 . Se 2t2 − 18 < 0, ossia −3 < t < 3, l’ angolo tra w e la sua → immagine `e ottuso, mentre se t = 3 oppure t = −3, w `e ortogonale alla sua immagine. 1
2
Esercizio 2. (11 punti) In R4 , siano dati i sottospazi V = L((1, 0, −1, 0), (0, −1, 2, 1)) e W = {(x, y, z, t) ∈ R4 | x + 2y + z = 0, z − t = 0} e siano f : R4 → R4 e g : R4 → R4 applicazioni lineari tali che V = Im(f ) e W = ker(g). (1) Determinare una base di V ∩ W e la sua dimensione. (2) Costruire un esempio esplicito di f e g in modo che ker(f ◦ g) = W. (3) Calcolare dim ker(g ◦f ) e dedurre che g ◦f ha un autovalore di molteplicit`a almeno 3. Svolgimento. I vettori di V sono della forma a(1, 0, −1, 0) + b(0, −1, 2, 1) = (a, −b, −a + 2b, b) con a, b ∈ R. Sostituendo tale vettore nel sistema che definisce W, otteniamo il nuovo sistema lineare a − b = 0 essendo la prima equazione identicamente soddisfatta. Abbiamo che le soluzioni sono infinite e tutte verificano a = b. Quindi, V ∩ W ha dimensione 1 ed una sua base `e B = ((1, −1, 1, 1)). Il sottospazio W ha base BW = ((−2, 1, 0, 0), (−1, 0, 1, 1)) che si ottiene con facili calcoli risolvendo il sistema che definisce W. Una base di R4 che completa la base di W `e, ad esempio, B = ((−2, 1, 0, 0), (−1, 0, 1, 1), (1, 0, 0, 0), (0, 0, 0, 1)). Definiamo g ponendo g(−2, 1, 0, 0) = (0, 0, 0, 0), g(−1, 0, 1, 1) = (0, 0, 0, 0), g(1, 0, 0, 0) = (1, 0, 0, 0), g(0, 0, 0, 1) = (0, 0, 0, 1). ` evidente che Im(g) = L((1, 0, 0, 0), (0, 0, 0, 1)). Definiamo ora f ponendo E f (1, 0, 0, 0) = (0, −1, 2, 1), f (0, 0, 0, 1) = (1, 0, −1, 0), f (0, 1, 0, 0) = (0, 0, 0, 0), f (0, 0, 1, 0) = (0, 0, 0, 0). La composizione delle due applicazioni si calcola facilmente, ed abbiamo (f ◦ g)(−2, 1, 0, 0) = (f ◦ g)(−1, 0, 1, 1) = (0, 0, 0, 0), (f ◦ g)(1, 0, 0, 0) = (0, −1, 2, 1), (f ◦ g)(0, 0, 0, 1) = (1, 0, −1, 0) ed `e quindi evidente che ker(f ◦ g) = W mentre Im(f ◦ g) = V. Dal teorema del rango, sappiamo che dim(V ) = dim(ker(g ◦ f )) + dim(Im(g ◦ f )). Dalla definizione di applicazione composta, sappiamo che Im(g ◦ f ) = Im(G) dove G : Im(f ) → V `e la restrizione di g a im(f ). Il nucleo di G `e Im(f ) ∩ ker(g) = V ∩ W e quindi dim(Im(G)) = dim(Im(f ) = V ) − dim(V ∩ W ) = 1. In conclusione, dim(ker(g ◦ f )) = 3, e quindi g ◦ f ha l’ autovalore 0 con autospazio V (0) di dimensione 3. Ne risulta che m(0) ≥ 3. Esercizio 3. (11 punti) Sia dato il piano α : x − y − 1 = 0, e sia Q la quadrica formata dai punti P che verificano √ 2 d(P, r) = d(P, α) 3 dove r `e l’ asse x. (1) Classificare Q dopo averne calcolato l’ equazione. (2) Trovare una forma canonica della conica Q ∩ [yz] essendo [yz] il piano coordinato che contiene gli assi y ed z, ed il relativo cambio di coordinate.
3
√ Svolgimento. Sia P (x, y, z) un punto. La distanza di P dall’ asse x `e d(P, r) = y 2 + z 2 visto che la proiezione ortogonale di P su tale retta √ ha coordinate (x, 0, 0). La distanza di P dal piano α `e uguale a d(P, α) = |x − y − 1|/ 2. Sostituendo nella relazione che definisce Q, elevando al quadrato e semplificando, otteniamo l’ equazione Q : x2 − 2xy − 2y 2 − 3z 2 − 2x + 2y + 1 = 0. Le matrici associate a Q sono 1 −1 0 −1 −1 −2 0 1 B= 0 0 −3 0 −1 1 0 1
e
1 −1 0 A = −1 −2 0 . 0 0 −3
Effettuando le operazione elementari R2 + R1 → R2 , R4 + R1 → R4 sulle righe di B si ottiene una matrice ridotta con l’ ultima riga nulla. Quindi, r(B) = 3 ossia Q `e una quadrica singolare. Il polinomio caratteristico di A `e p(t) = (−3 − t)(t2 + t − 3) e quindi A ha due autovalori negativi ed uno positivo. Di conseguenza, Q `e un cono reale. La conica Γ = Q ∩ [yz] ha equazione x = 0, 2y 2 + 3z 2 − 2y − 1 = 0. La matrice completa della conica `e 2 0 −1 B′ = 0 3 0 −1 0 −1 ed ha determinante det(B ′ ) = −9. Quindi Γ `e non degenere. In particolare, `e un’ ellisse, essendo gli autovalori di A′ uguali a 2 e 3. Una sua forma canonica `e 9 2Y 2 + 3Z 2 − = 0 6 1 ed avendo Γ centro di simmetria in ( 2 , 0) il cambio di coordinate che la riporta in forma canonica `e ( ) ( ) ( 1 ) y Y = + 2 . z Z 0
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GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE Prova d’ esame - 18/07/2012 - Versione B Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. Esercizio 4. (11 punti) Sia V = R3 e sia B = ((1, 1, 1), (0, 1, 0), (0, 0, 1)) una sua base. Sia poi data la matrice −1 2 −2 A= 1 0 1 0 0 1 e sia f : V → V l’ endomorfismo definito da MB,B (f ) = A. (1) Calcolare gli autovalori di f. (2) Calcolare una base per ogni autospazio di f, ed una matrice invertibile P, se esiste, che diagonalizza A. → (3) Usando poi il prodotto scalare standard di V, determinare un vettore u non nullo → → → di R3 tale che l’ angolo tra u e f ( u) sia ottuso. Ne esiste anche uno non nullo v → → tale che l’ angolo tra v e f ( v ) sia retto? Esercizio 5. (11 punti) In R4 , siano dati i sottospazi V = L((0, 1, −1, 0), (−1, 0, 2, 1)) e
W = {(x, y, z, t) ∈ R4 | 2x + y + z = 0, z − t = 0} e siano f : R4 → R4 e g : R4 → R4 applicazioni lineari tali che V = Im(f ) e W = ker(g). (1) Determinare una base di V ∩ W e la sua dimensione. (2) Costruire un esempio esplicito di f e g in modo che ker(f ◦ g) = W. (3) Calcolare dim ker(g ◦f ) e dedurre che g ◦f ha un autovalore di molteplicit`a almeno 3. Esercizio 6. (11 punti) Sia dato il piano α : x − y − 1 = 0, e sia Q la quadrica formata dai punti P che verificano √ 2 d(P, r) = d(P, α) 3 dove r `e l’ asse y. (1) Classificare Q dopo averne calcolato l’ equazione. (2) Trovare una forma canonica della conica Q ∩ [xz] essendo [xz] il piano coordinato che contiene gli assi x ed z, ed il relativo cambio di coordinate.
Esame di Geometria Politecnico di Milano – Ingegneria Appello del 17 luglio 2013
1. Sia f : R3 → R3 l’endomorfismo tale che i. (1, 1, 0) è un autovettore per f relativo all’autovalore 1 ; ii. (1, 0, 1) è un autovettore per f relativo all’autovalore −1 ; iii. f (0, 1, 1) = (1, −1, 0) . (a) Determinare la matrice rappresentativa di f rispetto alla base canonica di R3 . (b) Determinare gli autovalori di f e i corrispondenti autospazi e dire se f è diagonalizzabile; (c) Stabilire se f è invertibile e in caso affermativo dire se f −1 è diagonalizzabile. Soluzione Poiché v 1 = (1, 1, 0) è un autovettore per f relativo all’autovalore 1, si ha f (v 1 ) = v 1 , e analogamente poiché v 2 = (1, 0, 1) è un autovettore per f relativo all’autovalore −1, si ha f (v 2 ) = −v2 . Inoltre v 1 , v 2 e v 3 = (1, −1, 0) sono linearmente indipendenti, quindi f è univocamente determinata. Si ha con facili conti che e1 = 12 (v 1 + v 2 − v 3 ), e3 = v 2 −e1 e e2 = v 3 −e3 , da cui per linearità si ottiene f (e1 ) = 12 (f (v 1 )+ f (v 2 ) − f (v 3 )) = (− 12 , 1, − 21 ), f (e3 ) = f (v 2 ) − f (e1 ) = (− 12 , −1, − 21 ) e f (e2 ) = f (v 3 )− f (e3 ) = ( 32 , 0, 21 ). La matrice rappresentativa di f rispetto alla base canonica di R3 è quindi 1 3 − 2 2 − 12 0 −1 . A= 1 1 − 2 12 − 12
Il polinomio caratteristico di A è (λ + 1)(1 − λ2 ) e dunque gli autovalori di A sono 1 con molteplicità algebrica 2 e −1. Poiché la matrice A − I ha rango 2 l’autospazio associato all’autovalore 1 è generato dall’autovettore (1, 1, 0) ed è quindi formato dai vettori {(t, t, 0)|t ∈ R}. L’autovalore −1 è semplice quindi il suo autospazio ha dimensione 1 ed è generato dall’autovettore (1, 0, 1) per cui è formato dai vettori {(s, 0, s)|s ∈ R}. Poiché l’autovalore 1 non è regolare la matrice A (e quindi l’endomorfismo f ) non è diagonalizzabile. L’endomorfismo f è invertibile perché detA = −1 e sappiamo ogni autovettore di una matrice invertibile B associato a un autovalore λ è autovettore di B −1 associato all’autovalore λ1 , per cui A−1 ha gli stessi autovettori di A e quindi R3 non ammette una base di autovettori di A−1 e dunque A−1 (e quindi l’endomorfismo f −1 ) non è diagonalizzabile.
2. Sia Σ la sfera in R3 con centro nell’origine e raggio uguale a 2. (a) Scrivere l’equazione cartesiana del piano π passante per P ≡ (1, 1, 0) e√parallelo all’asse z che taglia Σ lungo una circonferenza Γ di raggio 2. (b) Scrivere l’equazione del cilindro C con generatrici perpendicolari al piano π avente Γ come direttrice. (c) Determinare l’equazione di una sfera tangente al piano π e inscritta nel cilindro C , e il numero di tali sfere. Soluzione La sfera Σ ha equazione x2 + y 2 + z 2 = 4. Il generico piano parallelo all’asse z e passante per P è un piano del fascio di equazione ax + by − a − b = 0. Tra i piani di questo fascio dobbiamo cercare quello √ che taglia Σ lungo una circonferenza Γ di raggio 2 . Tale piano deve quindi avere dal centro della sfera (che è l’origine degli assi) una distanza √ √ √ = d = 4 − 2 = 2, deve pertanto essere √|−a−b| 2 da cui si ottiene 2 2 a +b a = b; pertanto l’equazione del piano π è x + y − 2 = 0. Le generatrici del cilindro hanno direzione perpendicolare a π e pertanto una loro terna di parametri direttori è (1, 1, 0). Il sistema formato dalle equazioni di Σ e π rappresenta la direttrice, quindi le equazioni parametriche della generica direttrice sono x = x0 + t, y = y0 + t, z = z0 con x20 + y02 + z02 = 4, x0 + y0 = 2. Da questa ultima ricaviamo da cui x0 = x−y+2 , y0 = y−x+2 . x − t + y − t = 2, ovvero t = x+y−2 2 2 2 2 2 2 Sostituendo x0 , y0 , z0 in x0 + y0 + z0 = 4 si ottiene quindi l’equazione del cilindro ( x−y+2 )2 + ( y−x+2 )2 + z 2 = 4. 2 2 Il cilindro che abbiamo trovato è un cilindro circolare retto che ha come √ direttrice una circonferenza di raggio 2. Ogni sfera inscritta √ in tale cilindro ha centro sull’asse di simmetria del cilindro e raggio 2, affinché √ la 2. Ci sfera sia tangente a π la distanza fra il suo centro e π deve essere √ sono due punti dell’asse del cilindro che hanno distanza 2 da π e quindi ci sono due sfere che soddisfano le √ condizioni richieste. Poiché abbiamo già visto che l’origine ha distanza 2 dal π, una delle sfere cercate ha equazione x2 + y 2 + z 2 = 2. 3. Si consideri l’equazione xT Ah x = 0 con 2h 2 2h Ah = 2 4 1 e 2h 1 h
x x = y . 1
(a) Provare che l’equazione descrive un fascio di coniche e determinare al variare di h ∈ R il tipo di conica.
(b) Per h = 2 , sia Γ la conica xT A2 x = 0 ,
i. Riconoscere Γ . ii. Determinare (se esistono) centro e assi di Γ .
Soluzione. La matrice Ah con h ∈ R è reale simmetrica e quindi l’equazione xT Ah x = 0 rappresenta una conica per ogni valore reale di h, inoltre h compare solo al grado 1 in A e quindi l’equazione rappresenta tutte e sole le coniche di un fascio. Si ha I3 = detA = −8h2 + 2h e quindi per h = 0 o per h = 1/4 l’equazione rappresenta uno conica degenere. Inoltre I2 = 8h − 4, pertanto per h = 1/2 l’equazione rappresenta una parabola non degenere, per h < 1/2 l’equazione rappresenta un’iperbole (e quindi in particolare per h = 0 ed h = 1/4 l’equazione rappresenta una conica spezzata in due rette reali distinte); inoltre I1 = 2h + 4 per cui per h = −2, l’equazione rappresenta un’iperbole equilatera. Se invece h > 1/2 l’equazione rappresenta un’ellisse che è sempre reale. Quindi per h=2 abbiamo un’ellisse reale. Il suo centro è la soluzione del sistema 4x + 2y = −4, 2x + 4y = −1 quindi ha coordinate (−7/6, 1/3). Gli autovalori di 4 2 2 4 sono le radici del polinomi (4 − λ)2 − 4 e quindi sono 2, 6, gli autovettori ad essi associati sono (t, −t), t 6= 0 e (s, s), s 6= 0 quindi le direzioni degli assi sono rappresentate dai vettori (1, 1), (1, −1) e gli assi sono x = y − 3/2 e x = −y − 5/6.
Esame di Geometria e Algebra lineare Politecnico di Milano – Ingegneria Appello del 9 settembre 2013
1. (a) Determinare, al variare del parametro reale k, la dimensione del sottospazio vettoriale X di R4 generato dai vettori x1 = (2, 1, k, −k),
x2 = (k, 1, k, 2),
x3 = (2k, k, 2k, 0).
(b) Per k = 1, stabilire se il vettore v = (1, 1, −1, 2) appartiene al sottospazio X. Soluzione (a) La dimensione di X coincide col rango della matrice 3 × 4 formata dall’accostamento (per righe) dei tre vettori x1 , x2 , x3 (che a sua volta coincide col rango della matrice 4 × 3 formata dall’accostamento per colonne dei trasposti dei tre vettori). La matrice 2 1 k −k 2 A= k 1 k 2k k 2k 0 ha rango almeno 2 se k ̸= 0, infatti il minore formato dalle ultime due righe e ultime due colonne è −4k. Il minore di ordine 3 formato dalle ultime tre colonne è k(−k − 2)(2 − k) e pertanto la matrice ha rango 3 per k ̸= 0, 2, −2. Per k = 0 l’ultima riga della matrice è nulla, ma il minore formato dalle prime righe e prime due colonne è non nullo per cui la matrice ha rango 2. Per k = 2 le prime tre righe della matrice sono proporzionali e quindi la matrice ha rango 2. Per k = −2 il minore formato dalla prima e dalle ultime due righe è diverso da 0 e la matrice ha rango 3. In conclusione dunque la dimensione dello spazio vettoriale generato dai vettori x1 , x2 , x3 è 2 se h = 0 o h = 2 ed è 3 per tutti gli altri valori di h. (b) Per k = 1 il determinante della matrice formato dall’accostamento (per righe) dei tre x1 , x2 , x3 e del vettore v è diverso da 0 quindi i quattro vettori sono linearmente indipendenti e v non appartiene ad X. 2. Sia f : R3 → R3 l’applicazione lineare definita da f (x, y, z) = (2x − y + z, −x + y − z, x − y + 2z). (a) Scrivere la matrice che rappresenta f rispetto alla base canonica di R3 .
(b) Determinare gli autovalori di f e i corrispondenti autospazi e dire se f è diagonalizzabile. (c) Stabilire se f è invertibile e in caso affermativo dire se f −1 è diagonalizzabile. (d) Verificare che f è un automorfismo e determinare l’applicazione inversa f −1 : R3 → R3 . (e) Stabilire se esiste un’applicazione lineare g : R3 → R3 tale che g ◦ f = f −1 e in caso affermativo determinarla. Soluzione (a) La matrice che rappresenta f rispetto alla base canonica di R3 è 2 −1 1 A = −1 1 −1 1 −1 2 (b) L’applicazione lineare f è diagonalizzabile in quanto la matrice A è reale simmetrica. Il polinomio caratteristico di A è (1 − λ)(λ2√− 3λ + 1)√ per cui gli autovalori di A (e quindi di f ) sono 1, 2 + 3 t e 2 − 3. L’autospazio associato all’autovalore 1 è {(h, 0, √−h) | h ∈ R \ {0}}. Gli autospazi associati ai due autovalori 2 ± 3 sono √ {(k, (1 ∓ 3)k, k)t | k ∈ R \ {0}} . (c) Il determinante di A è 1, quindi A ed f sono invertibili, inoltre f −1 è diagonalizzabile perché è rappresentata da A−1 che, essendo l’inversa di una matrice simmetrica, è simmetrica. (d) f è un endomorfismo invertibile e pertanto è un automorfismo (infatti ker(f ) = {0} e Imf = R3 ). L’applicazione inversa f −1 : R3 → R3 è rappresentata rispetto alla base canonica dalla matrice inversa di A ed è quindi f −1 (x, y, z) = (x − y, −x + 3y − z, −y + z). (e) L’applicazione lineare g : R3 → R3 tale che g ◦ f = f −1 è g = f −2 e dunque g(x, y, z) = (2x − 4y + z, −4x + 11y − 4z, x − 4y + 2z). 3. Sia Q il luogo dei punti P dello spazio tali che d(P, F ) = 2d(P, π) dove F = (1, −1, −1) e π : x − y + 1 = 0. (a) Trovare l’equazione di Q. (b) Verificare che Q è una quadrica e riconoscerla. (c) Scrivere un’equazione canonica di Q. (d) Verificare che Q è a centro e di rotazione. (e) Determinare il centro C, l’asse di rotazione a e i vertici di Q.
(f) Verificare che il punto F appartiene all’asse a e determinare il raggio della circonferenza che si ottiene intersecando Q con il piano π ′ passante per F e ortogonale ad a. (g) Stabilire se esiste una rototraslazione che porta la quadrica Q nella quadrica Q′ : 3x2 − y 2 − z 2 + 6x + 4y + 2z − 8 = 0. Soluzione (a) Q è il luogo dei punti dello spazio che soddisfano l’equazione √ |x − y + 1| √ (x − 1)2 + (y + 1)2 + (z + 1)2 = 2 2 da cui si ottiene x2 + y 2 − z 2 − 4xy + 6x − 6y − 2z − 1 = 0. (b) Q essendo rappresentata da una equazione di secondo grado in x, y, z è una quadrica. Alla quadrica Q sono associate le due matrici 1 −2 0 3 1 −2 0 −2 1 0 −3 0 A = −2 1 e B= 0 0 −1 −1 0 0 −1 3 −3 −1 −1 Gli autovalori di A sono -1, contato due volte, e 3. Il determinante di B è -18, per cui la quadrica è un iperboloide ellittico. (c) L’equazione canonica di Q è x2 + y 2 − 3z 2 + 6 = 0. (d) La quadrica, essendo un iperboloide ellittico, è a centro ed è di rotazione perché ha un autovalore doppio. (e) Il centro di Q è la soluzione del sistema lineare Ax = (−3, 3, 1)t ed è quindi il punto di coordinate (−1, 1, −1). L’asse di rotazione ha la direzione del generatore dell’autospazio associato all’autovalore semplice e passa per il centro. L’autospazio dell’autovalore 3 è {(h, −h, 0)t | h ∈ R \ {0}} quindi l’asse di rotazione di Q ha equazioni parametriche x = −1 + t, y = 1 − t, z = −1. I vertici di Q sono le intersezioni fra l’asse di rotazione e Q ed hanno dunque coordinate (0, 0, −1), (−12, 12, −1). (f) Le coordinate del punto F soddisfano l’equazione dell’asse (per t = 2) dunque F appartiene all’asse. Il piano π ′ ha equazione x − y = 2 ed è parallelo a π. Un qualsiasi punto di π ′ , e quindi ogni punto P della circonferenza che si ottiene intersecando Q con il piano √ π ′ , ha 3 distanza √2 da π e quindi P , appartenendo a Q, ha distanza 3 2 da F . La distanza di P da F è il raggio della circonferenza.
(g) Esiste una rototraslazione che porta Q in Q′ se e solo se Q e Q′ hanno la stessa forma canonica. Alla quadrica Q′ sono associate le due matrici 3 0 0 3 3 0 0 0 −1 0 2 A′ = 0 −1 0 e B′ = 0 0 −1 1 0 0 −1 3 2 1 −8 Gli autovalori di A′ coincidono con gli autovalori di A e si ha detB ′ = −18 = detB, pertanto le due quadriche hanno la stessa forma canonica e quindi esiste una rototraslazione che porta Q in Q′ .
GEOMETRIA ED ALGEBRA LINEARE TEMA D’ ESAME 07/09/2012 Tutti i calcoli devono essere riportati per la correzione, e le risposte devono essere giustificate. Esercizio 1. (6 + 5 punti) Sia f : R3 → R3 base canonica, dalla seguente matrice 10 A= 1 −3
l’endomorfismo rappresentato, rispetto alla 1 −3 10 3 3 2
(1) Determinare ker(f ) ed Im(f ), una loro base, e la loro equazione cartesiana. (2) Determinare gli autospazi ed una loro base ortonormale.
Soluzione. (1) Le prime due colonne di A sono linearmente indipendenti, mentre il determinante di A risulta nullo. Quindi la caratteristica di A `e 2, il che implica che la dimensione di Im(f ) `e 2 (cio`e Im(f ) `e un piano), mentre, per l’equazione dimensionale, la dimensione di ker(f ) `e uguale a 1 (cio`e ker(f ) `e una retta). Le prime due colonne di A possono quindi essere assunte come base di Im(f ), la cui equazione cartesiana risulta pertanto data da
10 1 x det 1 10 y = 0 −3 3 z
⇒
x − y + 3z = 0,
ed Im(f ) = {[x, x + 3z, z]t \ a, z ∈ R}. Le equazioni parametriche del nucleo si ottengono risolvendo il sistema A[x, y, z]t = [0, 0, 0, ]t. Svolgendo i conti otteniamo x = −q y=q ker f z = −3q q ∈ R.
Di conseguenza ker(f ) = {[−q, q, −3q]t \ q ∈ R}, ed una sua base `e rappresentata, per esempio, dal vettore [−1, 1, −3]t . Si noti, in particolare, che ker(f ) `e perpendicolare ad Im(f ). (2) Uno degli autospazi `e E0 = ker(f ), essendo il nucleo non banale. Poich`e A `e una matrice simmetrica, per il teorema spettrale f `e diagonalizzabile, e gli altri autospazi sono ortogonali ad E0 . Essendo Im(f ) ⊥ ker(f ), gli altri autospazi sono contenuti in Im(f ). Osserviamo che il generico vettore di v = [x, x + 3z, z] ∈ Im(f ) `e tale che Av = 11v, per ogni scelta di x, z. Di conseguenza Im(f ) `e tutto autospazio, cio`e λ = 11 `e autovalore doppio ed Im(f ) `e l’autospazio ad esso associato (in alternativa si pu`o ottenere lo stesso risultato calcolando il polinomio caratteristico di A, che risulta uguale a −λ(11 − λ)2 ). Dal generico vettore di Im(f ) possiamo poi ricavare una base pi` u semplice di quella t formata dalle prime due colonne di A, per esempio {v1 = [1, 1, 0] ; v2 = [0, 3, 1]t}. Una base ortonormale di ker(f ) `e data dal vettore √111 [−1, 1, −3]t . Una base ortonormale {w1 , w2 } di Im(f ) si ottiene applicando il procedimento di Gram-Schmidt a {v1 , v2 }, e si ha 1
v1 1 1 = √ v1 = √ [1, 1, 0]t kv1 k 2 2 v2 − 32 v1 v2 − hv2 , w1 iw1 1 w2 = = √ [−3, 3, 2]t . = 3 kv2 − hv2 , w1 iw1 k kv2 − 2 v1 k 22 w1 =
Esercizio 2. (8 + 3 punti) Nel piano euclideo, si consideri la conica di equazione x2 + 4xy + 3y 2 − 8x + 4y + 1 = 0.
(1) Classificarla e rappresentarla graficamente in maniera accurata. (2) Determinare la distanza tra i suoi vertici. Soluzione. (1) La matrice associata alla conica `e data 1 2 A= −4
da 2 −4 3 2 . 2 1
Dal calcolo degli invarianti risulta I3 = 11, I2 = −1, I1 = 4, quindi la conica `e un’iperbole (non equilatera). Il sistema delle derivate parziali uguagliate a zero fornisce il centro C(−16, 10). Uguagliando a zero la parte quadratica abbiamo x2 + 4xy + 3y 2 = (x + 3y)(x + y) = 0, quindi gli asintoti sono le rette passanti per il centro e coefficienti angolari m1 = −1/3 ed m2 = −1. Gli assi sono le rette per C parallele agli autospazi. Gli autovalori associati alla parte quadratica sono le soluzioni √ dell’equazione caratteristica √ 2 2 λ − I1 λ + I2√= 0, cio`e λ − 4λ − 1 = 0, da√cui λ = 2 ± 5. Per √ λ = 2 − 5 si ha l’autospazio ( 5 − 1)x + 2y = 0, per λ = 2 + 5 si ha l’autospazio (− 5 − 1)x + 2y = 0. Il grafico della conica risulta pertanto dato da y
x
(2) La distanza tra i vertici si pu`o calcolare facilmente riducendo la conica a forma canonica. `e √ del tipo λ1 x2 + λ2 y 2 + I3 /I2 = 0. Sostituendo i valori trovati abbiamo √ Questa 2 (2 + 5)x + (2 − 5)y 2 − 11 = 0. Le intersezioni reali con gli asssi cartesiani danno i punti s s ! ! 11 11 √ , 0 , V2 √ ,0 , V1 − 2+ 5 2+ 5 q la loro distanza `e uguale a 2 2+11√5 e corrisponde alla distanza richiesta. Esercizio 3. (6 + 5 punti) Nello spazio euclideo, sia Q il cilindro avente generatrici parallele alla retta r : x = y = z, e direttrice data da y = x2 z = 0. (1) Calcolare l’equazione di Q e riconoscerla. (2) Verificare che Q ammette un piano di simmetria, e scriverne l’equazione corrispondente.
Soluzione. (1) L’equazione cartesiana del cilindro richiesto si ottiene eliminando i parametri x0 , y0, z0 , λ dal seguente sistema x = x0 + λ (condizione affinch´e il primo parametro direttore sia 1) y = y0 + λ (condizione affinch´e il secondo parametro direttore sia 1) z = z0 + λ (condizione affinch´e il terzo parametro direttore sia 1) y0 = x2 (condizione affinch´e il generico punto della direttrice stia su y = x2 ) z = 0 0 (condizione affinch´e il generico punto della direttrice stia su z = 0). 0
Dalla terza e quinta condizione ricaviamo λ = z, che sostituita nelle prime due fornisce x0 = x − z, y0 = y − z. Dalla quarta condizione si ottiene quindi l’equazione cartesiana di Q, data da y − z = (x − z)2 , cio`e x2 − 2xz + z 2 − y + z = 0. (2) La direttrice di Q `e una parabola, quindi Q `e un cilindro parabolico. La matrice ad esso associata `e data da
1 0 −1 0 0 0 0 − 12 A= 1 . −1 0 1 2 0 − 21 12 0 Gli autovalori associati alla parte quadratica sono λ = 0 (autovalore doppio) e λ = I1 = 2. Il cilindro ammette un solo piano di simmetria, parallelo all’autospazio E0 , associato all’autovalore nullo. Esso risulta dato da E0 : x − z = 0, per cui il piano di simmetria `e del tipo x − z + k = 0 per un dato valore di k ∈ R. L’autospazio E2 ha equazioni date da −x − z = 0 x = −z ⇒ −2y = 0, y = 0.
L’intersezione Q∩E2 fornisce i punti O(0, 0, 0) e P 41 , 0, − 14 , il cui punto medio M 18 , 0, − 18 deve appartenere al piano di simmetria. Di conseguenza si ricava k = −1/4, e quindi x − z − 1/4 = 0 `e l’equazione del piano di simmetria del cilindro ottenuto
Esame di Geometria Politecnico di Milano – Ingegneria Secondo appello – 6 Settembre 2012
1. Discutere, al variare del parametro reale k , il sistema lineare x + 2ky − kz + 3t = k kx + (1 − k)y + z − t = 1 3x + (2k − 1)y − z + 2t = k + 1 . 2. (a) Determinare i valori del parametro reale k in modo che i vettori x1 = (1, k + 1, −1) , x2 = (k, −2, −k − 2) , x3 = (−k − 1, −1, −k) formino una base ortogonale B di R3 . (b) Per i valori del parametro k trovati nel punto precedente, scrivere i coefficienti di Fourier del vettore v = (1, 2, 1) rispetto alla base ortogonale B = {x1 , x2 , x3 } . (c) Sia f : R3 → R3 l’applicazione lineare definita, sui vettori della base B , da f (x1 ) = x1 + x2 − x3 f (x2 ) = x1 − x2 + x3 f (x3 ) = x1 + x2 + x3 . i. Dire perch´e esiste una sola applicazione lineare f che possiede questa propriet`a. ii. Scrivere la matrice A che rappresenta f rispetto alla base B . 3. Determinare i valori del parametro reale k per i quali la matrice k 0 k2 A = 0 k + 1 0 1 1 k `e diagonalizzabile. 4. Sia Γ una conica di fuoco F ≡ (1, −3, 2) e di direttrice x = 2 − t d : y = 1 + 2t z = 1 − 2t . (a) Scrivere le equazioni cartesiane dell’asse focale a di Γ . (b) Verificare che il punto V ≡ (5, 1, 4) appartiene alla retta a . (c) Determinare l’eccentricit`a ε di Γ nel caso in cui il punto V sia un vertice della conica. (d) Riconoscere la conica Γ del punto precedente (senza fare conti).
Risposte 1. La matrice completa del sistema `e 1 2k A0 = [A|b] = k 1 − k 3 2k − 1 Scegliendo il minore non nullo ¯ ¯1 ¯ ¯−1
−k 1 −1
3 −1 2
k 1 . k+1
¯ −1¯¯ = 1 6= 0 , 2¯
si hanno i due minori orlati della matrice A dei coefficienti ¯ ¯ ¯1 −k 3 ¯ ¯ ¯ ¯k 1 −1¯ = 2k 2 − 8 = 2(k − 2)(k + 2) ¯ ¯ ¯3 −1 2 ¯ ¯ ¯ ¯ 2k −k 3 ¯¯ ¯ ¯1−k 1 −1¯¯ = 0 . ¯ ¯2k − 1 −1 2 ¯ Quindi, per il teorema di Kronecker, si ha ( 3 se k 6= ±2 r(A) = 2 se k = ±2 . Per quanto riguarda la matrice completa A0 , possiamo scegliere lo stesso minore non nullo scelto sopra. In questo modo, i minori orlati sono ancora i due minori di prima e il minore ¯ ¯ ¯−k 3 k ¯¯ ¯ ¯ 1 −1 1 ¯¯ = k 2 + k − 6 = (k − 2)(k + 3) . ¯ ¯−1 2 k + 1¯ Quindi, applicando ancora il teorema di Kronecker, si ha ( 3 se k 6= 2 r(A0 ) = 2 se k = 2 . In conclusione, per il teorema di Rouch´e-Capelli, si hanno ∞1 soluzioni per k 6= ±2 ( r(A) = r(A0 ) = 3 ), si hanno ∞2 soluzioni per k = 2 ( r(A) = r(A0 ) = 2 ), non si hanno soluzioni per k = −2 ( r(A) 6= r(A0 ) ). 2. (a) La base B = {x1 , x2 , x3 } `e ortogonale quando i vettori che la compongono sono a due a due ortogonali. Si ha hx1 , x2 i = 0 ∀k∈R hx1 , x3 i = −k − 2 hx2 , x3 i = k + 2 . Quindi B `e una base ortogonale di R3 per k = −2 . (b) Per k = −2 , si hanno i vettori x1 = (1, −1, −1) , x2 = (−2, −2, 0) , x3 = (1, −1, 2) . I coefficienti di Fourier del vettore v rispetto alla base ortogonale B = {x1 , x2 , x3 } sono 2 hv, x1 i =− hx1 , x1 i 3 hv, x2 i 3 λ2 = =− hx2 , x2 i 4 hv, x3 i 1 λ3 = = . hx3 , x3 i 6 λ1 =
(c)
i. Poich´e f `e definita sui vettori di una base, f pu`o essere estesa in modo unico a una applicazione lineare (propriet`a universale delle basi). ii. La matrice rappresentativa `e 1 1 1 A = 1 −1 1 . −1 1 1
3. La matrice A possiede gli autovalori λ1 = 0 , λ2 = 2k , λ3 = k + 1 . Se k 6= 0, ±1 , la matrice possiede tre autovalori reali semplici (che sono pertanto regolari) e quindi `e diagonalizzabile. Se k = 0, ±1 , la matrice possiede tre autovalori reali, uno semplice e uno doppio. In questo caso, l’autovalore doppio non ´e mai regolare e la matrice non `e diagonalizzabile. 4. (a) L’asse focale a di Γ `e la retta che passa per il fuoco F ed `e ortogonale e incidente alla direttrice d . Le equazioni di tale retta possono essere determinare nei due modi seguenti. i. Primo modo. La retta a pu`o essere vista come l’intersezione del piano π ortogonale a d e passante per il punto F con il piano π 0 passante per d e per F . Poich´e i parametri direttori di d sono (1 : −2 : 2) , si ha π : x − 2y + 2z − 11 = 0 . Eliminando il parametro dalle equazioni parametriche di d (utilizzando la prima equazione), si ottengono le seguenti equazioni cartesiane ( 2x + y − 5 = 0 d: 2x − z − 3 = 0 . Il fascio Φ di piani che ha d come sostegno ha equazione λ(2x + y − 5) + µ(2x − z − 3) = 0 . Imponendo il passaggio per F , si trova µ = −2λ e quindi π 0 : 2x − y − 2z − 1 = 0 . Quindi, si ha ( x − 2y + 2z − 11 = 0 0 a=π∩π : 2x − y − 2z − 1 = 0 . ii. Secondo modo. La retta a pu`o anche essere vista come la retta ortogonale e incidente alla direttrice d che passa per il fuoco F . Equivalentemente, pu`o essere vista come la retta che passa per il fuoco F e per il punto F 0 dato dalla proiezione ortogonale di F su d . Il punto F 0 si ottiene intersecando il piano π (ottenuto nel punto precedente) con la retta d , ossia F 0 ≡ (3, −1, 3) (per t = −1 ). Quindi x = 1 + 2t a : y = −3 + 2t z = 2 + t. Eliminando il parametro (dalla terza equazione), si ottengono le equazioni cartesiane ( x − 2z + 3 = 0 a: y − 2z + 7 = 0 .
(b) Si verifica facilmente che le coordinate del punto V soddisfano le equazioni cartesiane di a trovate nel punto precedente. (c) Poich´e V `e un punto della conica, l’eccentricit`a di Γ `e data da ε=
d(V, F ) d(V, F ) 6 = = = 2. d(V, d) d(V, F 0 ) 3
(d) Poich´e ε = 2 > 1 e ε 6= equilatera.
√
2 , la conica Γ `e un’iperbole non
Esame di Geometria Politecnico di Milano – Ingegneria Quarto appello – 6 Febbraio 2013
1. Determinare, al variare del parametro reale k , la dimensione del nucleo dell’applicazione lineare f : R4 → R3 rappresentata, rispetto alle basi canoniche, dalla matrice 1 1 k 1 A = k 1 k k . 0 k k k 2. (a) Senza fare conti, dire perch`e la matrice 1 1 −1 A= 1 0 0 −1 0 0 `e diagonalizzabile. (b) Determinare una matrice diagonale D e una matrice ortogonale H tali che A = HDHT . 3. Sia f : R3 → R3 l’applicazione lineare rappresentata, rispetto alla base canonica, dalla matrice √ √ 2 1 + 2 2 −2 + 2 √ 5 5√ 10 −2 + √2 8+ 2 1 . A= √ 5 10 10 2 1 1 √ −√ −√ 10 10 2 (a) Mostrare che f `e una trasformazione ortogonale. (b) Riconoscere la trasformazione f . 4. Determinare il punto Q simmetrico del punto P ≡ (2, 4, 1) rispetto al piano π : x + 3y − z − 2 = 0 . 5. Determinare i valori del parametro reale k in modo che la conica Γ : x2 + 3kxy + 2y 2 − 2x − ky + k 2 = 0 passi per il punto P ≡ (1, −1) . Per i valori di k trovati, riconoscere la conica e determinarne il centro (se esiste).
Risposte 1. Si ha ( 2 dim ker f = 4 − r(A) = 4 − 3
per k = 0, 1 = per k = 6 0, 1
( 2 per k = 0, 1 1 per k = 6 0, 1 .
2. (a) La matrice A `e diagonalizzabile poich´e `e reale e simmetrica. (b) Si ha 0 D = 0 0
0
0 0 −1 0 0 2
e
1 H = √ 2 1 √ 2
1 √ 3 1 −√ 3 1 √ 3
2 √ 6 1 √ . 6 1 −√ 6
3. Poich´e la matrice A `e ortogonale, la trasformazione f `e ortogonale. Poich´e |A| = 1 , f `e una rotazione (propria). Pi` u precisamente, `e la rotazione di un angolo θ = π4 attorno al vettore a = (−1, 2, 0) (in senso antiorario). 4. La retta ortogonale a π passante per P `e x = 2 + t n : y = 4 + 3t z = 1 − t. Intersecando n con π , si trova la proiezione ortogonale di P su π data dal punto H ≡ (1, 1, 2) (corrispondente a t = −1 ). Imponendo che H sia il punto medio del segmento di estremi P e Q ≡ (x, y, z) , si ha 2+x = 1, 2
4+y = 1, 2
1+z =2 2
da cui si ottiene x = 0 , y = −2 , z = 3 . Quindi Q ≡ (0, −2, 3) . 5. La conica data passa per il punto P solo per k = 1 . In questo caso, Γ `e un iperbole (non equilatera) di centro C ≡ (−5, 4) .
Esame di Geometria Politecnico di Milano – Ingegneria Primo appello – 18 Luglio 2012
1. Determinare i valori del parametro reale k per i quali i piani π1 : x + y − z = 1 π2 : kx + (k + 1)y + 2kz = 0 π3 : 2kx + 5y + kz = k appartengono a uno stesso fascio proprio. Per questi valori di k trovare il sostegno del fascio. 2. Dire se esistono dei valori del parametro k 3 A = 1 k 1 1
reale k per i quali la matrice −1 1 k
`e diagonalizzabile. 3. Sia X = {(x, y, z, t) ∈ R4 : x + 2y − z − t = 0 , x − y − z + 2t = 0} un sottospazio di R4 . (a) Determinare il complemento ortogonale di X . (b) Determinare una base ortogonale di X . (c) Determinare una base ortogonale di X ⊥ . (d) Determinare il simmetrico (ortogonale) del vettore v = (1, −1, 0, 1) rispetto al piano X . 4. Scrivere la equazioni cartesiane della circonferenza Γ che ha centro nel punto C ≡ (2, −1, −1) e che `e tangente alla retta x = 2 − t s : y = 3 + 2t z = 1 − t. 5. Sia Γ la conica di equazione x2 − 2xy − y 2 − 2x + 2y − 1 = 0 . (a) Riconoscere Γ . (b) Determinare le due rette t1 e t2 tangenti a Γ che escono dal punto P ≡ (1, 1) . (c) Determinare i punti in cui le rette tangenti t1 e t2 intersecano Γ .
Risposte 1. I tre piani dati appartengano ad uno stesso fascio proprio quando si intersecano lungo una retta. Questo significa che il sistema lineare che si ottiene mettendo a sistema le equazioni dei tre piani deve possedere esattamente ∞1 soluzioni. Se A e A0 sono rispettivamente la matrice dei coefficienti e la matrice completa di questo sistema, per il teorema di Rouch´e-Capelli si deve avere r(A) = r(A0 ) = 2 . Questo accade per k = 0 e per k = 2 . Il sostegno del fascio `e ( x−z =1 r: per k = 0 y=0 ( x+y−z =1 r: per k = 2 . 2x + 3y + 4z = 0 2. La matrice A possiede gli autovalori λ1 = k + 2 e λ2 = λ3 = k − 1 . Poich´e λ1 6= λ2 per ogni k , si ha che λ1 `e semplice e λ2 `e doppio per ogni k . Poich´e λ2 non `e mai regolare, essendo −1 −3 −1 r(λ2 I − A) = r −1 −1 −1 = 2 6= 1 , −1 −1 −1 la matrice A non `e mai diagonalizzabile. 3. (a) Si ha X ⊥ = {(x, y, z, t) ∈ R4 : x + z = 0 , y + z + t = 0} , da cui X ⊥ = h(1, 0, −1, 1), (0, 1, 0, −1)i . (b) Una base ortogonale di X `e data, ad esempio, dai vettori x1 = (1, 0, 1, 0) e x2 = (1, −2, −1, −2) . (c) Una base ortogonale di X ⊥ `e data, ad esempio, dai vettori x3 = (0, 1, 0, −1) e x4 = (2, 1, −2, 1) . (d) La proiezione ortogonale di v su X `e v0 =
hv, x1 i hv, x2 i x1 + x2 = hx1 , x1 i hx2 , x2 i
µ
3 1 2 1 ,− , ,− 5 5 5 5
¶ .
Analogamente, la proiezione ortogonale di v su X ⊥ `e µ ¶ hv, x3 i hv, x4 i 2 4 2 6 v00 = x3 + x4 = ,− ,− , . hx3 , x3 i hx4 , x4 i 5 5 5 5 Quindi il simmetrico (ortogonale) di v rispetto ad X `e µ ¶ 1 3 4 7 σ(v) = v0 − v00 = , , ,− . 5 5 5 5 4. La circonferenza Γ si pu`o ottenere come l’intersezione della sfera S che ha centro C e raggio r = d(C, s) con il piano π che contiene C ed s . La proiezione ortogonale di C√su s `e C 0 ≡ (3, 1, 2) . Quindi la distanza tra r = d(C, s) = d(C, C 0 ) = 14 . Cos`ı, si ha S : (x − 2)2 + (y + 1)2 + (z + 1)2 = 14 ossia
S : x2 + y 2 + z 2 − 4x + 2y + 2z − 8 = 0 .
Eliminando il parametro dalle equazioni parametriche si s , si trovano le equazioni cartesiane ( x−z−1=0 s: y + 2z − 5 = 0 . Il fascio che ha s come sostegno ha equazione Φ : λ(x − z − 1) + µ(y + 2z − 5) = 0 . Imponendo il passaggio per il punto π : 4x + y − 2z − 9 = 0 .
C
si trova
λ = 4µ
e quindi
In conclusione, si ha ( x2 + y 2 + z 2 − 4x + 2y + 2z − 8 = 0 Γ=S∩π : 4x + y − 2z − 9 = 0 . 5. (a) La conica Γ `e un iperbole equilatera ( I3 = 4 6= 0 , I2 = −2 < 0 , I1 = 0 ). (b) Le due rette tangenti a Γ che escono dal punto P sono √ √ t1 : 2x − (1 − 3)y − 1 − 3 = 0 √ √ t2 : 2x − (1 + 3)y − 1 + 3 = 0 . (c) Le polare di P rispetto a Γ `e la retta p : y = −x − 1 . I punti in cui le rette t1 e t2 intersecano Γ sono √ i punti √ di intersezione della √ polare √ p con Γ e sono T1 ≡ (1 + 3, −2 − 3) e T2 ≡ (1 − 3, −2 + 3) .
Elementi di Geometria analitica dello spazio. Ripasso rapido di nozioni elementari (capitolo 1 del testo) Consideriamo lo spazio riferito ad un sistema di coordinate cartesiane ortogonali monometriche Oxyz, ogni punto P dello spazio è allora unicamente determinato da una terna ordinata di numeri (x0,y0,z0) chiamati rispettivamente ascissa, ordinata e quota del punto, che rappresentano le componenti del vettore OP rispetto alla base (canonica) di R3, rappresentata dai versori e1,e2 ,e3 degli assi cartesiani (che spesso vengono indicati con , , ). R3 viene considerato come uno spazio euclideo di dimensione 3 rispetto al prodotto scalare standard. La distanza di due punti P (x0,y0,z0), Q (x1,y1,z1) è quindi PQ , ovvero 2
2
2
x1 -x0 + y1 -y0 + z1 -z0 .
Le coordinate del punto medio M del segmento PQ sono xM =
x1 +x0 2
, yM =
y1 +y0
Siano u,v due vettori di R3, detto θ l’angolo da essi formato, si ha cos θ= sono ortogonali se e solo se = 0.
2
〈u,v〉
u
v
, zM =
z1 +z0 2
.
, quindi i due vettori
E’ utile per il seguito ricordare la definizione di prodotto vettoriale di due vettori di R3. Dati due vettori u,v il loro prodotto vettoriale u×v (denotato anche da u∧v) è un vettore tale che -
u×v = u ⋅ v sin θ, dove θ è l’angolo compreso tra u e v la direzione è ortogonale ad u e a v il verso è tale che la terna u,v, u×v risulti destrorsa.
Ovviamente u×v rappresenta l’area del parallelogramma di spigoli u e v costruito applicando i due vettori in uno stesso punto, e quindi u×v=0 se e solo se u e v sono vettori paralleli. Si ha subito che × = , × = , × = , × =− , × =− , × =− .
Inoltre se u=[ x1,y1,z1]T, v=[ x2,y2,z2]T si ha u×v="x1 x2
y1 y2
z1 ". z2
Si chiama invece prodotto misto di tre vettori u,v,w lo scalare , il cui valore assoluto rappresenta il volume del parallelepipedo di spigoli u , v e w costruito applicando i tre vettori in uno stesso punto. Piano Un piano è individuato quando si conoscono un suo punto P (x0,y0,z0) e un vettore normale al piano n=[a,b,c]T. Infatti in tal caso un punto Q (x,y,z) appartiene al piano se e solo se =0, ovvero se e solo se a(x-x0)+b(y-y0)+c(z-z0)=0 (equazione del piano per un punto con vettore normale dato). Un piano è quindi rappresentato da un’equazione lineare nelle variabili x,y,z. Viceversa ogni equazione lineare ax+by+cz+d=0, con a,b,c non tutti nulli rappresenta un piano con vettore normale n=[a,b,c]T, infatti se a≠0, considerato il punto P (-d/a, 0,0), il piano per P con vettore normale n ha equazione a(x+d/a)+by+cz=0 ovvero ax+by+cz+d=0 (equazione generale del piano). Le componenti a,b,c del vettore normale al piano vengono anche chiamate parametri direttori del piano . Osservate che nello spazio un’equazione lineare contenente solo due variabili, rappresenta ancora un piano che è parallelo all’asse corrispondente alla variabile mancante, quindi ad esempio l’equazione x-3y+1=0 rappresenta un piano parallelo all’asse z. (NON una retta) Analogamente
un’equazione lineare con una sola variabile rappresenta un piano parallelo a entrambi gli assi corrispondenti alle variabili mancanti, quindi ad esempio z=3 rappresenta un piano parallelo all’asse x e all’asse y, quindi parallelo al piano xy. Un piano può anche essere individuato da due vettori v,w linearmente indipendenti e ad esso paralleli e da un suo punto P(x0,y0,z0), in tal caso infatti il vettore v×w è normale al piano. Un altro modo di individuare un piano è attraverso due suoi punti P (x0,y0,z0), Q (x1,y1,z1) ed un vettore parallelo al piano e non parallelo a PQ, in tal caso infatti abbiamo i due vettori PQ e v paralleli al piano e linearmente indipendenti dal cui prodotto vettoriale troviamo un vettore normale al piano ed inoltre abbiamo un punto P del piano. Infine un piano può essere individuato da tre suoi punti P (x0,y0,z0), Q (x1,y1,z1), R (x2,y2,z2), non allineati, infatti i due vettori PQ e PR sono vettori paralleli al piano e linearmente indipendenti quindi possiamo vedere il piano come piano per P e vettore normale PQ × PR.
Noti un punto P (x0,y0,z0), e due vettori v=[v1,v2,v3]T, w=[w1,w2,w3]T non linearmente dipendenti, il x=x0 +v1 t+w1 u piano per P parallelo a v e w può anche essere scritto in equazioni parametriche $y=y0 +v2 t+w2 u x=z0 +v3 t+w3 u con t,u∈R, da cui eliminando i due parametri t ed u si ottiene un’equazione lineare nelle variabili x,y,z, dove i coefficienti delle variabili sono le componenti del vettore n= v×w normale al piano.
Due piani nello spazio sono o incidenti o paralleli, sono incidenti se i loro vettori normali sono linearmente indipendenti, sono paralleli se i loro vettori normali sono linearmente dipendenti. a b1 c1 , Quindi due piani a1x+b1y+c1z+ d1=0, a2x+b2y+c2z+ d2=0 sono incidenti se la matrice ( 1 a2 b2 c2 a b1 c1 ha rango 2 e sono paralleli se e solo se ( 1 , ha rango 1. a2 b2 c2 L’angolo fra due piani a1x+b1y+c1z+ d1=0, a2x+b2y+c2z+ d2=0 è l’angolo formato dai loro vettori a1 a2 +b1 b2 +c1 c2 normali, quindi detto θ tale angolo, si ha cos θ= . a1 2 +b1 2 +c1 2 a2 2 +b2 2 +c2 2
Due piani sono perpendicolari se e solo se i loro vettori normali sono ortogonali, ovvero se e solo se a1a2+b1b2+c1c2=0. Dati un punto P (x0,y0,z0) ed un piano π:ax+by+c=0, la distanza di P da π è la norma della proiezione del vettore AP (con A∈ π) sul vettore n normale al piano. Dunque sia A (x1,y1,z1) con ax1+by1+cz1+d =0 allora AP = [x0-x1,y0-y1,z0-z1]T e quindi dist(P,π)=
〈AP,n〉 n
=
a x0 -x1 +b y0 -y1 +c z0 -z1 .a2 +b 2 +c 2
=
|ax0 +byo +cz0 +d| .a2 +b 2 +c 2
.
Dati due piani distinti α: a1x+b1y+c1z+d1=0, β: a2x+b2y+c2z+d2=0, il fascio di piani individuato da α e β è l’insieme dei piani dello spazio di equazioni λ( a1x+b1y+c1z+d1)+µ( a2x+b2y+c2z+d2)=0. Se i due piani α e β sono incidenti, hanno in comune una retta r, il fascio si chiama fascio proprio ed è formato da tutti e soli i piani dello spazio che contengono la retta r, detta retta sostegno del fascio del fascio; se α e β sono paralleli il fascio si dice fascio improprio ed è formato da tutti e soli i piani dello spazio paralleli ad α. Rette Dati due piani π1: a1x+b1y+c1z+ d1=0, π2: a2x+b2y+c2z+ d2=0 distinti e non paralleli, il luogo dei a x + b3 y + c3 z + d3 = 0 . punti comune ai due piani è una retta r di equazioni cartesiane 2 3 a4 x + b4 y + c4 z + d4 = 0
Il vettore direzione di r è il prodotto vettoriale dei vettori n1,n2 ortogonali rispettivamente a π1 e π2
ed è quindi n1× n2="a1 b1 c1 ", cioè [b1c2-b2c1, -( a1c2-a2c1), a1b2-a2b1]T (avevamo già trovato a2 b2 c2 questo risultato via la teoria dei sistemi lineari). Le componenti di tale vettore vengono anche chiamate parametri direttori della retta; i parametri direttori di una retta sono definiti a meno di un fattore moltiplicativo non nullo. Se consideriamo un vettore direzione normalizzato, le sue componenti sono univocamente definite a meno del segno e vengono dette coseni direttori della retta perché rappresentano i coseni degli angoli formati rispettivamente dalle direzioni positive degli assi x,y,z con la direzione positiva della retta r; la scelta del segno nei coseni direttori corrisponde alla scelta di una direzione per r. Anche nello spazio una retta è individuata quando si conoscono -
un suo punto P (x0,y0,z0) e la sua direzione d=[d1,d2,d3]T, che è una terna di parametri direttori della retta due suoi punti P (x0,y0,z0), Q (x1,y1,z1), infatti noti due punti sappiamo che la direzione della retta è data dal vettore d=[x1-x0, y1-y0, z1-z0]T.
x=x0 +d1 t y=y Noti P (x0,y0,z0) e d=[d1,d2,d3] , la retta per P di direzione d ha equazioni parametriche $ 0 +d2 t z=z0 +d3 t T
da cui eliminando t si ottengono due equazioni lineari nella variabili x,y,z in cui i coefficienti delle variabili sono le componenti di due vettori ortogonali alla direzione della retta. Ovviamente due rette sono parallele se e solo se i loro vettori direzione (ovvero le loro terne di parametri direttori) sono proporzionali. L’angolo fra due rette r ed s nello spazio è l’angolo formato dalla retta r con una retta parallela ad s passante per un punto di r ed è uguale all’angolo formato dai vettori direzione di r ed s. Se d1=[a1,b1,c1]T è il vettore direzione di r, d2=[a2,b2,c2]T il vettore direzione di s e θ è l’angolo fra r ed a1 a2 +b1 b2 +c1 c2 s, si ha cos θ= . a1 2 +b1 2 +c1 2 a2 2 +b2 2 +c2 2
Le due rette sono perpendicolari se e solo se i loro vettori direzione sono ortogonali, ovvero se e solo se a1a2+b1b2+c1c2=0.
L’angolo fra una rette r ed un piano π nello spazio è l’angolo formato dalla retta r con la retta proiezione ortogonale di r sul piano π ed è quindi il complementare dell'angolo formato da r col vettore normale al piano. Quindi se ax+by+cz+d=0 è l’equazione di π e [a1,b1,c1]T è il vettore a a1 +b b1 +c c1 direzione di r, detto θ l’angolo fra la retta ed il piano, si ha sin θ= . Quindi .a2 +b 2 +c 2 a1 2 +b1 2 +c1 2
retta e piano sono paralleli se e solo se a a1+b b1+c c1=0 ; la retta r è invece perpendicolare al piano π se e solo se è parallela al vettore ortogonale al piano e quindi se e solo se i due vettori [a1,b1,c1]T e [a,b,c]T sono proporzionali.
Dati un punto P ed una retta r passante per A diretta come il vettore d=[a1,b1,c1]T, la distanza di P da r è la proiezione ortogonale del vettore AP sul piano per P perpendicolare ad r. Detta C l’intersezione di tale piano con la retta r, il triangolo PCA è un triangolo rettangolo e , detto θ l’angolo CPA, si ha dist(P,r)= CP = AP senθ=
AP×d d
. La distanza di P da r può anche essere
vista come la differenza fra il vettore AP e la sua proiezione sulla retta r, si ha allora dist(P,r)= CP =7AP-
d
2
d7.
Distanza fra due rette Siano ora date due rette r,s nello spazio, la loro distanza è la distanza minima fra due loro punti,. Ovviamente se r ed s sono incidenti la loro distanza è 0 , se sono parallele la loro distanza è la distanza di un qualsiasi punto di s da r. Il caso da considerare è quindi quello di due rette sghembe. Dobbiamo dimostrare che esistono due punti S0∈s, R0∈r, tali che dist (S0, R0)≤ dist (S,R) per ogni S∈s, R∈r. Chiamiamo d1,d2 i vettori direzioni di r ed s rispettivamente, il vettore n=d1×d2 è un vettore non nullo ortogonale ad entrambe le rette. Sia π il piano che contiene r ed è parallelo ad n, π interseca la retta s in un punto S0 e nel piano π sappiamo che esiste ed è unica la retta per S0 perpendicolare ad r. Poiché tale retta e la retta r giacciono nel piano π hanno un punto di intersezione R0. La retta R0 S0 è perpendicolare ed incidente ad r e ad s e quindi s verifica facilmente che dist (S0, R0)≤ dist (S,R) per ogni S∈s, R∈r. Troviamo ora la formula della distanza fra due rette sghembe r, passante per P e di direzione d1, ed s, passante per Q di direzione d2. Da quanto sopra dovremmo calcolarci R0 e S0, ma R 0 S0 è la proiezione ortogonale di PQ sul vettore n e dunque dist(r,s)= R 0 S0 =
〈PQ,n〉 n
=
〈PQ, d1 ×d2 〉 d1 ×d2
.
Per calcolare questa distanza si può anche procedere in un modo più semplice, infatti R 0 S0 è la distanza di Q dal piano contenente r e parallelo ad s. x=1 Calcolare la distanza fra le due rette r∶ 2 ed s di equazioni parametriche x=t,y=t, z=2t. y=0 E ‘ evidente che r ed s sono sghembe. Per calcolare la loro distanza scriviamo il piano per r parallelo ad s. Il generico piano del fascio di sostegno r è λ(x-1)+µy=0 , perché il piano sia parallelo ad s deve essere λ⋅1+µ⋅1=0 quindi λ⋅=-µ. Il piano ha dunque equazione x-y-1=0. Assegniamo a t il valore 0 per trovare un punto di s O (0,0,0) e calcoliamo la distanza di O dal piano, abbiamo d=1/√2. Esempio
OSSERVAZIONE IMPORTANTE Nello spazio ogni piano è rappresentato o da un’equazione lineare nelle variabili x,y,z o da equazioni parametriche dipendenti da 2 parametri. Ogni retta è invece rappresentata da due equazioni lineari nelle variabili x,y,z o da equazioni parametriche dipendenti da un parametro.
Da qui quasi nulla è reperibile sul testo. Sfere e circonferenze Si dice sfera il luogo dei punti dello spazio che hanno uguale distanza da un punto fisso C detto centro della sfera. La distanza di un punto della sfera dal centro è detta raggio della sfera. L’equazione della sfera di centro C (x0,y0,z0) e raggio R è (x-x0)2+(y-y0)2+(z-z0)2=R2, che svolgendo i conti risulta un’equazione del tipo x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0. Vediamo ora cosa rappresenta al variare di a,b,c,d l’equazione x2+y2+ax+by+cz+d=0. -
se a2/4+b2/4+c2/4-d >0, l’equazione rappresenta una sfera con centro nel punto C (- 2 ,- 2 ,- 2) e raggio R=
a2 4
+
b2 4
+
c2 4
-d
a
b
c
-
se a2/4+b2/4+c2/4-d =0, l’equazione rappresenta una sfera con centro nel punto C (- ,- ,- ) 2 2 2 e raggio 0, ovvero è ridotta al solo punto reale C
-
se a2/4+b2/4+c2/4-d <0, nessun punto reale soddisfa l’equazione che rappresenta quindi una sfera a punti immaginari.
a
b
c
Date una sfera σ: x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0 (a punti reali) ed un piano π: a1x+b1y+c1z+d1=0, la loro intersezione è una circonferenza γ che giace nel piano π. Tale circonferenza è rappresentata dal sistema di equazioni x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0 a1x+b1y+c1z+d1=0 La circonferenza γ è reale se la distanza del centro C della sfera σ dal piano π è minore del raggio della sfera, in tal caso il centro H della circonferenza è la proiezione ortogonale di C sul piano π, e il raggio della circonferenza si trova applicando il teorema di Pitagora al triangolo CHA dove A è un qualunque punto della circonferenza, tale triangolo è rettangolo in H quindi detti R il raggio 2
della sfera σ ed r il raggio della circonferenza γ si ha R2= CH +r2, da cui si calcola subito r.
Se la distanza del centro di σ dal piano π è uguale al raggio R della sfera, la circonferenza è ridotta ad un sol punto reale H che è la proiezione ortogonale di C su π. Il piano π è tangente alla sfera e H è il punto di tangenza. Se la distanza del centro di σ dal piano π è minore del raggio R della sfera, la circonferenza è priva di punti reali. Date una sfera σ: x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0 (a punti reali) ed una retta a x + b3 y + c3 z + d3 = 0 s:2 3 , a4 x + b4 y + c4 z + d4 = 0
le loro intersezioni sono le soluzioni si ottengono dal sistema quadratico x 4 + y 4 + z 4 + ax + by + cz + d = 0 @ a3 x + b3 y + c3 z + d3 = 0 a4 x + b4 y + c4 z + d4 = 0
e quindi sono due punti che possono essere reali distinti, reali coincidenti, o immaginari. Se la distanza del centro di σ dalla retta s è minore del raggio R della sfera, le intersezioni sono due punti reali distinti A,B che sono gli estremi della corda tagliata dalla sfera sul piano. Detta H la proiezione ortogonale del centro C della sfera sulla retta s, il triangoloAHB è rettangolo in H ed H è il punto medio della corda AB, per cui la lunghezza l della corda si trova applicando il teorema di
Pitagora. Si ha l=2 A 4 − BC
4
.
Se la distanza di C dalla retta s è R i due punti sono reali coincidenti (A=B) e la retta s è una retta tangente a σ in A e giace sul piano tangente a σ in A, che è il luogo delle rette tangenti a σ in A.
Se la distanza di C da s è maggiore di R i due punti sono immaginari ed in tal caso la retta è esterna alla sfera. Date due sfere x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0 , x2+y2+z2+a1x+b1y+c1z+d1=0 (a punti reali), il luogo dei loro punti di intersezione è rappresentato dal sistema x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0 x2+y2+z2+a1x+b1y+c1z+d1=0 equivalente a
x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0 (a1-a)x+(b1-b)y+(c1-c)z +(d-d1)=0 Quindi l’intersezione di due sfere è una circonferenza che può essere reale, ridotta ad un solo punto reale, o immaginaria. Se la circonferenza è ridotta ad un solo punto reale le due sfere si dicono tangenti (questo accade se la distanza dei loro centri è uguale alla differenza o alla somma dei loro raggi) Chiamiamo fascio di sfere individuato dalle sfere x2+y2+z2+ax+by+cz+d=0 , x2+y2+z2+a1x+b1y+c1z+d1=0 l’insieme delle sfere di equazione λ( x2+y2+z2+ax+by+cz+d)+µ( x2+y2+z2+a1x+b1y+c1z+d1)=0 con λ, µ∈R. Tale fascio può anche essere rappresentato da λ( x2+y2+z2+ax+by+cz+d)+µ[ (a1-a)x+(b1-b)y+(c1-c)z +(d-d1)]=0. Il piano (a1-a)x+(b1-b)y+(c1-c)z +(d-d1)=0 si chiama piano radicale del fascio. Se le due sfere che determinano il fascio hanno una circonferenza reale in comune, ogni sfera del fascio contiene quella circonferenza, il luogo dei centri delle sfere del fascio è la retta ortogonale al piano radicale passante per il centro della circonferenza comune a tutte le sfere del fascio. Se le due sfere hanno in comune una circonferenza ridotta ad un sol punto reale, tutte le sfere del fascio sono tangenti in tale punto al piano radicale ed il luogo dei centri delle sfere del fascio è la retta perpendicolare al piano radicale passante per il punto di tangenza. Una sfera dipende da quattro parametri essenziali ed è quindi completamente determinata se abbiamo quattro condizioni lineari come, ad esempio, conoscere -
centro e raggio della sfera , quattro punti (non complanari e a tre a tre non allineati) che devono appartenere alla sfera due punti che devono appartenere alla sfera e il piano tangente in uno di essi (che naturalmente non deve passare per l’altro), etc.
Abbiamo già visto come scrivere l’equazione della sfera di cui siano noti centro e raggio. Vediamo allora come scrivere la equazione della sfera che passa per quattro punti A,B,C, D non complanari e a tre a tre non allineati. Scriviamo l’equazione del fascio di sfere passanti per A,B,C che è formato da tutte e solo le sfere per A con centro sulla retta comune ai piani assiali di AB e di AC e imponiamo il passaggio per D. Esempio 1 Scrivere l’equazione della sfera per A (0,0,0), B (2,2,2), C(0,0,2), D (3,2,5). Il piano assiale del segmento AB ha equazione x+y+z-3=0, il piano assiale del segmento AC ha equazione z=1, quindi la retta comune ai due piani ha equazioni parametriche x=t, y=2-t, z=1 allora la generica sfera per A,B,C ha equazione (x-t)2+(y-2+t)2+(z-1)2=t2+(2-t)2+1, ovvero x2+y2+z22xt+2(2-t)y-2z=0. Imponendo il passaggio per D abbiamo 38-6t+8-4t-10=0 ovvero t=36/10 che sostituito nell’equazione del fascio restituisce l’equazione della sfera. Vediamo poi come scrivere la equazione della sfera che passa per due punti A,B ed è tangente in A ad un piano π non passante per B. Scriviamo l’equazione del fascio di sfere tangenti in A a π, tale fascio è costituito da tutte e sole le sfere passanti per A con centro sulla retta per A perpendicolare al piano π, poi imponiamo il passaggio per B. Esempio 2 Scrivere l’equazione della sfera per A (2,2,1), B (3,1,4) tangente in A al piano x=2. La retta per A perpendicolare a x=2 ha equazioni parametriche x=2+t, y=2, z=1. La generica sfera per A con centro appartenente alla retta trovata ha equazione (x-2-t)2+(y-2)2+(z-1)2=t2, ovvero x2+y2+z2-2x(2+t)-4y-2z+9+4t=0. Imponendo il passaggio per B abbiamo 26-6(2+t)-4-8+9+4t=0, da cui 11-2t=0, t=11/2 che sostituito nell’equazione del fascio restituisce l’equazione della sfera cercata.
Vediamo ora come scrivere l’equazione della sfera che passa per tre punti A,B,C ed è tangente in A ad retta r non passante per B e C e tale che C non stia sul piano individuato da r e da B. Scriviamo l’equazione del fascio di sfere passanti per B e tangenti in A ad r, tale fascio è costituito da tutte e sole le sfere per A il cui centro sta sulla retta individuata dal piano assiale del segmento AB e dal piano per A perpendicolare ad r, poi imponiamo il passaggio per C. Esempio 3 Scrivere l’equazione della sfera per A (2,2,1), B (3,1,4), C=(0,5,1) tangente in A alla retta x=2, y=2. Il piano per A perpendicolare alla retta x=2, y=2 ha equazione z=1. Il piano assiale del segmento AB ha equazione 2x-2y+6z-21=0. Scriviamo la generica sfera per A con centro appartenente alla retta z=1, 2x-2y+6z-21=0 le cui equazioni parametriche sono x=t+15/2,y=t,z=1. Tale sfera ha equazione (x-t-15/2)2+(y-t)2+(z-1)2=(2-t-15/2)2+(2-t)2. Imponendo il passaggio per C abbiamo (-t-15/2)2+(5-t)2+(1-1)2=(2-t-15/2)2+(2-t)2, da cui 2t=37, t=37/2 che sostituito nell’equazione del fascio restituisce l’equazione della sfera cercata. Osserviamo che la sfera, che è una superficie, è rappresentata da un’unica equazione nelle variabili x,y,z, mentre la circonferenza, che è una curva, è rappresentata da un sistema di due equazioni nelle variabili x,y,z. Vediamo ora come scrivere una circonferenza nello spazio: •
•
•
Siano noti centro e raggio e piano in cui la circonferenza giace: in questo caso scriviamo l’equazione della sfera che ha centro nel centro della circonferenza e raggio uguale a quello della circonferenza e scriviamo come equazioni della circonferenza il sistema formato dalla equazione della sfera e da quella del piano. Siano noti tre punti non allineati A,B,C: in questo caso si scrive l’equazione del fascio di sfere per quei tre punti, come abbiamo visto quando abbiamo parlato nell’esempio 1, si prende l’equazione di una di tali sfere e si mette questa equazione a sistema con quella del piano per i tre punti, ottenendo le equazioni della circonferenza Siano noti due punti A,B e la retta r tangente in uno di essi, ad esempio A, e non passante per l’altro, B: in questo caso la circonferenza giace nel piano individuato da r e da B e su una delle sfere tangenti ad r in A e passanti per B, che abbiamo visto come scrivere nell’esempio 3, per cui le equazioni della circonferenza sono l’equazione del piano insieme all’equazione di una sfera del fascio.
Superficie e curve nello spazio Chiamiamo superficie il luogo dei punti dello spazio che soddisfano ad una equazione nelle variabili x,y,z. Una superficie può anche essere rappresentata da equazioni parametriche del tipo x=f1(t,u) y=f2(t,u)
con t,u parametri reali.
z=f3(t,u) Chiamiamo curva il luogo dei punti dello spazio che soddisfano ad un sistema di due equazionei nelle variabili x,y,z. Una curva può anche essere rappresentata da equazioni parametriche del tipo x=f1(t) y=f2(t)
con t parametro reale.
z=f3(t) Una curva si dice piana se esiste un piano che contiene tutti i suoi punti, gobba in caso contrario. Esempi.
-
Una circonferenza nello spazio è una curva piana
-
-
La curva di equazioni parametriche x=sen t, y=cos t, z=1-2cos t-4sen t è piana, infatti tutti i suoi punti soddisfano all’equazione del piano z=1-2y-4x La curva di equazioni parametriche x=1+3t2, y=1-t, z=4t2-5t+6 è piana. Un metodo per verificarlo è il seguente: prendiamo un generico piano ax+by+cz+d=0 e intersechiamo il piano con la curva data, otteniamo a(1+3t2)+b(1-t)+c(4t2-5t+6)+d=0 da cui ricaviamo t2(3a+4c)+t(-b-5c)+a+b+6c+d=0, questa equazione per essere soddisfatta da ogni valore di t deve essere un’identità e quindi deve essere 3a+4c=0, -b-5c=0, a+b+6c+d=0, da cui abbiamo a=-4/3c, b=-5c, d=1/3c, quindi il piano -4/3x-5y+z+1/3=0 contiene tutti i punti della curva data. La curva di equazioni parametriche x=t, y=t2, z=t3 è una curva gobba. Prendiamo un generico piano ax+by+cz+d=0, se intersechiamo il piano con la curva troviamo at+bt2+ct3+d=0, l’unico modo di ottenere un’identità è porre a=b=c=d=0 . ma questi valori non danno un piano.
Superficie di rotazione Data una curva γ ed una retta r la superficie decritta dai punti di γ durante una rotazione di 2π attorno alla retta r si dice superficie di rotazione generata da γ ed r si dice asse di rotazione. Vediamo come scrivere, note r e γ, l’equazione della superficie di rotazione generata da γ con asse r. Il generico punto P di γ deve descrivere nella rotazione una circonferenza che può essere vista come intersezione del piano per P perpendicolare ad r con una sfera con centro sulla retta r passante per P. La superficie è il luogo di tutte queste circonferenze. Sia A(x0,y0,z0) un punto di r, d=[d1,d2,d3]T la sua direzione.
Se γ è data in equazioni cartesiane 2
(1) 2
FEx1 ,y1 ,z1 )=0 GEx1 ,y1 ,z1 )=0
FEx,y,z)=0 il generico punto della curva è P (x1,y1,z1) con GEx,y,z)=0
La circonferenza descritta da P durante la rotazione ha equazioni d1 x-x1 +d2 y-y1 +d3 Gz-z1 Et)H =0 (2) $ Ex-x0 )2 +Ey-y0 )2 +Ez-z0 )2 =Ex1 -x0 )2 +Ey1 -y0 )2 +Ez1 -z0 )2
x=f1 Et) Se γ è data in equazioni cartesiane @y=f2 Et) il generico punto della curva è P (f1(t),f2(t),f3(t)). z=f3 Et) La circonferenza descritta da P durante la rotazione ha equazioni d1 Gx-f1 Et)H +d2 Gy-f2 Et)H +d3 Gz-f3 Et)H =0 $ Ex-x0 )2 +Ey-y0 )2 +Ez-z0 )2 =Ef1 Et)-x0 )2 +Ef2 Et)-y0 )2 +Ef3 Et)-z0 )2 ed eliminando i parametri x1,y1,z1,t fra le (1) e le (2) si trova l’equazione della superficie.
ed eliminando il parametro t si trova l’equazione della superficie. Esempio 4
Vediamo adesso un esempio particolarmente semplice. Supponiamo di voler ruotare la curva di z=0 attorno all’asse x. Il generico punto P della curva è (x0,y0,0) con x0,y0 che equazioni 2 4 4 x -3y =1 soddisfano la condizione x02-3y02=1. Il punto P descrive la circonferenza ottenuta intersecando il
piano x=x0 (piano per P perpendicolare all’asse x) con la sfera x 2 +y 2 +z 2 = x0 2 +y0 2 (sfera con centro in O passante per P). Eliminando i parametri si ottiene x2-3(y 2 +z 2 )=1 che è l’equazione della superficie di rotazione. Tale equazione si ottiene sostituendo nella equazione della curva che sta ruotando a y il valore .y 2 +z 2 e trascurando l’equazione del piano.
Questa è una regola generale per trovare le equazioni della superficie di rotazione ottenuta ruotando una curva in un piano coordinato attorno ad un asse coordinato giacente su quel piano.
La superficie di rotazione ottenuta ruotando una curva del piano xy attorno all’asse x si ottiene sostituendo .y 2 +z 2 ad y; la superficie di rotazione ottenuta ruotando una curva del piano xy attorno all’asse y si ottiene sostituendo √x 2 +z 2 ad x, la superficie di rotazione ottenuta ruotando una curva del piano xz attorno all’asse x si ottiene sostituendo .y 2 +z 2 a z, la superficie di rotazione ottenuta ruotando una curva del piano xz attorno all’asse z si ottiene sostituendo .y 2 +z 2 a x, la superficie di rotazione ottenuta ruotando una curva del piano yz attorno all’asse y si ottiene sostituendo √x 2 +z 2 a z, la superficie di rotazione ottenuta ruotando una curva del piano yz attorno all’asse z si ottiene sostituendo .x 2 +y 2 a y.
Coni Chiamiamo cono una superficie per ogni punto della quale passa una retta g tutta contenuta nella superficie e passante per un punto fisso V, detto vertice del cono. Le rette g si dicono generatrici del cono e una curva tracciata sulla superficie che incontri ogni generatrice in almeno un punto diverso dal vertice si dice direttrice del cono. Diciamo che il cono è il luogo delle rette che proiettano la direttrice dal vertice. x=f1(t) Sia δ
y=f2(t) con t parametro reale, e sia V(x0,y0,z0). z=f3(t)
Il cono che ha V come vertice e δ come direttrice ha equazioni parametriche x= x0+(f1(t)-x0)u (1)
y= y0+(f2(t)-y0)u
con t, u parametri reali.
z= z0+(f3(t)-z0)u infatti le equazioni (1) rappresentano una retta passante per V e per il punto G (f1(t),f2(t),f3(t)) della generatrice, quindi una generatrice del cono; al variare di t il punto G descrive la direttrice e quindi la retta descrive il cono. Eliminando i parametri t, u si trova l’equazione cartesiana del cono. Analogo procedimento si segue se la direttrice δ è data in equazioni cartesiane 2
FEx,y,z)=0 . GEx,y,z)=0
In tal caso prendiamo un generico punto D della direttrice di coordinate (x1,y1,z1), che ovviamente deve soddisfare le condizioni (2)
(3)
FEx ,y ,z )=0 2 1 1 1 , e scriviamo le equazioni paraametriche della retta VD: GEx1 ,y1 ,z1 )=0 x=x0 + x1 -x0 t
Jy=y0 + y1 -y0 t z=z0 + z1 -z0 t
Eliminando i parametri x1,y1,z1,t fra (2) e (3) si trova l’equazione cartesiana del cono Esempio 5
Scrivere l’equazione del cono di direttrice 2
x 2 +y 2 +z 2 -4z=0 e vertice V (3,5,6). x+y=0
Prendiamo un generico punto D (x1,y1,z1), della direttrice , allora 2 x=3+ x1 -3 t
x1 2 +y1 2 +z1 2 -4z1 =0 . x1 +y1 =0
La retta VD ha equazioni parametriche Jy=5+ y1 -5 t da cui ricaviamo x1=3+ t , y1=5+ t , z-6
z=6+ z1 -6 t
x-3
x-3
y-5
y-5
z1=6+ t . Sostituiamo questi valori in x1+y1=0 ed otteniamo 3+ t +5+ t =0, da cui t=(8-x-y)/8 e
quindi x1=3+ 8-x-y , y1=5+ 8-x-y , z1=6+ 8-x-y , che sostituiti in x1 2 +y1 2 +z1 2 -4z1 =0 danno M x-3
M y-5
M z-6
l’equazione del cono.
Un cono si dice circolare se esiste un piano che lo taglia secondo una circonferenza (non ridotta ad un solo punto). Si dice circolare retto se la retta che congiunge il vertice col centro della circonferenza appartenente al cono è perpendicolare al piano della circonferenza. Un cono circolare retto è una superficie di rotazione (ottenuto ruotando una generatrice del cono attorno alla retta che congiunge il vertice con il centro della circonferenza sezione, che è una direttrice del cono). In un cono circolare retto ogni generatrice forma con l’asse di rotazione (asse di simmetria del cono) un angolo costante detto angolo di apertura del cono. Esempi. 6) Il cono dell’esempio precedente è circolare in quanto la sua direttrice è una circonferenza (intersezione di una sfera con un piano). Il centro della circonferenza, data come direttrice, è C (0,0,2), la retta CV ha la direzione del vettore [3,5,4]T e non è ortogonale a x+y=0, quindi il cono non è circolare retto. 7) Trovare l’equazione di un cono di rotazione che ha come asse la retta x=1+t, y=2t, z=0, vertice in V(1,0,0), ed angolo di apertura θ=π/3. Un punto P (x0,y0,z0) appartiene al cono se e solo se la retta VP è forma con l’asse di rotazione un angolo il cui coseno è cos π/3=√3/2, la retta VP ha equazioni parametriche x=1+(x0-1)t, EOP QR)STUP t=y0t, z=z0t e quindi forma con l’asse di rotazione un angolo il cui coseno è . Quindi P appartiene al cono se e solo se
EXP Y3)Z4[P
.EXP Y3)T Z[P T Z\P T √]
EOP QR)T SUP T SVP T √W
= √^ , da cui si ottiene che P T
appartiene al cono se e solo se soddisfa l’equazione 4(x-1)2+8y2+16(x-2)y=15(x-1)2+15y2+15z2, ovvero 11(x-1)2+7y2-16(x-1)y+15z2=0 8) Trovare l’equazione del cono di rotazione avente come asse di rotazione l’asse x, vertice V(1,0,0) e passante per A(0,2,0). Si può procedere in due modi. a. Il cono è il luogo delle rette per V che formano con l’asse x lo stesso angolo θ formato dalla retta VA con l’asse x. La retta VA ha parametri direttori (1,-2,0), l’asse x ha parametri direttori (1,0,0) , per cui cos θ=1/√5 e quindi un punto Q (x,y,z) appartiene al cono se la retta VQ forma con l’asse x l’angolo θ, da cui
x-1
Ex-1)2 +y 2 +z 2
=
1
√5
e quindi 4(x-
1)2-y2-z2=0 b. La retta VA ha equazioni parametriche x=1+t, y=2t, z=0, per cui è l’intersezione del piano z=0 con il piano y=2(x-1). La superficie di rotazione si ottiene allora sostituendo .y 2 +z 2 ad y e si ottiene quindi 4(x-1)2-y2-z2=0
9) Trovare l’equazione del cono di vertice V (4,4,0) tangente alla sfera x2+y2+z2-4x=0. Un punto P (x0,y0,z0) appartiene al cono se e solo se la retta VP è tangente alla sfera. La retta VP ha equazioni parametriche x=4+(x0-4)t, y=4+(y0-4)t, z=z0t. facendo il sistema fra le equazione della sfera e della retta si ottiene (4+(x0-4)t)2+(4+(y0-4)t)2+(z0t)2-4(4+(x0-4)t)=0, da cui t2[(x0-4)2+(y0-4)2+z02]+2t[2(x0-4)+4(y0-4)]+16=0. Affinché la retta sia tangente alla sfera il discriminate di questa equazione deve essere nullo e quindi si ha [2(x0-4)+4(y0-4)]2-16[(x04)2+(y0-4)2+z02]=0. Poiché il generico punto del cono deve avere coordinate che soddisfano la precedente condizione, l’equazione del cono è: [2(x-4)+4(y-4)]2-16[(x-4)2+(y-4)2+z2]=0.
Cilindri Chiamiamo cilindro una superficie per ogni punto della quale passa una retta g di direzione assegnata tutta contenuta nella superficie . Le rette g si dicono generatrici del cilindro e una curva tracciata sulla superficie che incontri ogni generatrice in almeno un punto si dice direttrice del cilindro. Diciamo che il cono è il luogo delle rette che proiettano la generatrice in una direzione assegnata. x=f1(t) Sia δ
y=f2(t) con t parametro reale, e sia d=[d1,d2,d3]T. z=f3(t)
Il cilindro le cui generatrici sono parallele al vettore d che ha δ come direttrice ha equazioni parametriche x= f1(t)+d1u (1)
y= f2(t)+d2u
con t, u parametri reali.
z= f3(t)+d3u infatti le equazioni (1) rappresentano una retta passante per il punto G (f1(t),f2(t),f3(t)) della generatrice con direzione d, quindi una generatrice del cono; al variare di t il punto G descrive la direttrice e quindi la retta descrive il cono. Eliminando i parametri t, u si trova l’equazione cartesiana del cilindro. Analogo procedimento si segue se la direttrice δ è data in equazioni cartesiane 2
FEx,y,z)=0 . GEx,y,z)=0
In tal caso prendiamo un generico punto D della direttrice di coordinate (x1,y1,z1), che ovviamente soddisfa le condizioni (2)
(3)
FEx ,y ,z )=0 2 1 1 1 , e scriviamo le equazioni parametriche della retta VD: GEx1 ,y1 ,z1 )=0
x=x0 +d1 t $y=y0 +d2 t z=z0 +d3 t
Eliminando i parametri x1,y1,z1,t fra (2) e (3) si trova l’equazione cartesiana del cilindro
Esempio 10
x 2 +y 2 +z 2 -4z=0 ortogonalmente al piano x+y=0 x 2 +y 2 +z 2 -4z=0 x+2y+z=0 (il che equivale a scrivere l’equazione del cilindro con direttrice 2 x+y=0 Scrivere l’equazione del cilindro che proietta la curva 2 e generatrici di direzione [1,2,1]T)
x1 2 +y1 2 +z1 2 -4z1 =0 . x1 +y1 =0 x=x1 +t La generica generatrice del cilindro ha equazioni parametriche $y=y1 +2 t da cui ricaviamo x1=x-t, z=z1 +t y1=y-2t, z1=z-t. Sostituiamo questi valori in x1+y1=0 ed otteniamo x+y-3t=0, da cui t=(x+y)/3e Prendiamo un generico punto D (x1,y1,z1) della direttrice , allora 2
2x-y
quindi x1= cilindro.
3
y-x
3z-x-y
, y1= 3 , z1=
3
che sostituiti in x1 2 +y1 2 +z1 2 -4z1 =0 danno l’equazione del
Un cilindro si dice circolare se esiste un piano che lo taglia secondo una circonferenza. Si dice circolare retto se tale piano è ortogonale alle generatrici del cilindro. Un cilindro circolare retto è una superficie di rotazione (ottenuto ruotando una generatrice del cilindro attorno alla retta parallela alle generatrici passante per il centro della circonferenza direttrice). Osserviamo che ogni equazione F(x,y)=0 in cui non figura la variabile z rappresenta un cilindro che ha generatrici parallele all’asse z e come direttrice la curva F(x,y) nel piano z=0, analogamente ogni equazione F(x,z)=0 in cui non figura la variabile y rappresenta un cilindro che ha generatrici parallele all’asse y e come direttrice la curva F(x,z) nel piano y=0 e ogni equazioneF(y,z)=0 in cui non figura la variabile x rappresenta un cilindro che ha generatrici parallele all’asse x e come direttrice la curva F(y,z) nel piano x=0
Quadriche in forma canonica
Ruotiamo l’ellisse a2 + b 2 =1 del piano xy attorno all’asse x, otteniamo una equazione della forma x2 a2
+
y 2 Zz 2 b2
x2
y2
=1 che rappresenta una superficie detta ellissoide di rotazione. In generale chiamiamo
ellissoide una superficie di equazione a2 + b 2 + c2 =1. x2
y2
z2
Ruotiamo l’iperbole a2 - b 2 =1 del piano xy attorno all’asse x, otteniamo una equazione della forma -
x 2 y 2 Zz 2 a2
b2
x2 y2
=1 che rappresenta una superficie detta iperboloide a due falde (o ellittico) di rotazione.
In generale chiamiamo iperboloide ellittico una superficie di equazione a2 - b 2 - c2 =1. x2 y2 z2
Ruotando la stessa iperbole attorno all’asse y otteniamo una equazione della forma
a2
generale chiamiamo iperboloide iperbolico una superficie di equazione a2 + b 2 - c2 =1. x2
y2 z2
- b 2 =1
x 2 Zz 2 y 2
che rappresenta una superficie detta iperboloide ad una falda (o iperbolico) di rotazione. In
Ruotando la parabola y2=2px del piano xz attorno al suo asse, otteniamo una equazione della forma y2+ z2=2px che rappresenta una superficie detta paraboloide ellittico di rotazione. In generale chiamiamo paraboloide ellittico una superficie di equazione a2 + b 2 =2pz. x2
y2
Chiamiamo invece paraboloide iperbolico o a sella una superficie di equazione a2 − b 2 =2pz. x2
y2
L’ellissoide e gli iperboloidi hanno un centro di simmetria e tre rette di simmetria ortogonali e vengono anche chiamate quadriche a centro. I paraboloidi hanno una sola asse di simmetria ortogonale. L’ellissoide incontra l’asse x nei due punti reali A1 (a,0,0), A2 (-a,0,0), l’asse y nei punti reali B1 (0,b,0), B2 (0,-b,0) e l’asse z nei punti reali C1 (0,0,c), B2 (0,0,-c) detti vertici dell’ellissoide, tutti i suoi punti reali hanno coordinate (x,y,z) che soddisfano le limitazioni -a≤x≤a, -b≤y≤b, -c≤z≤c. L’iperboloide a due falde (o ellittico) incontra l’asse x nei due punti reali A1 (a,0,0), A2 (-a,0,0) detti vertici dell’iperboloide e non ha intersezioni reali con gli altri assi. Tutti i punti reali dell’iperboloide a due falde hanno coordinate (x,y,z) che soddisfano le limitazioni x≤-a, x≥a. L’iperboloide ad una falda (o iperbolico) incontra l’asse x nei due punti reali A1 (a,0,0), A2 (-a,0,0) e l’asse y nei due punti reali B1 (0,b,0), B2 (0,-b,0), mentre non ha intersezioni reali con l’asse z. Inoltre l’iperboloide ad una falda può essere visto come luogo di rette, infatti i due sistemi di rette di x⁄ - z⁄ =kE1- yb ) x⁄ + z⁄ =hE1- yb ) a c a c b b sono formati equazioni $ con k parametro reale e $ y y x z x z kE ⁄a + ⁄c)=E1+ bb ) hE ⁄a + ⁄c)=E1- bb ) da rette che giacciono tutte sulla superficie. In particolare per ogni punto dell’iperboloide a una falda passa una retta del primo sistema ed una retta del secondo sistema. E’ facile verificare che due rette distinte di uno stesso sistema sono sghembe, mentre ogni retta di un sistema è sempre incidente ad ogni retta dell’altro. Il paraboloide ellittico incontra l’asse z nell’origine ed in O è tangente al piano z=0. L’origine è detto vertice del paraboloide. Tutti i suoi punti reali hanno coordinate (x,y,z) che soddisfano le limitazioni z≥0 se p>0, z≤0 se p<0. Il paraboloide iperbolico o a sella incontra l’asse z nell’origine ed in O è tangente al piano z=0. Il piano z=0 taglia il paraboloide lungo due rette (passanti per O). Il paraboloide iperbolico può x⁄ - yb =k a b essere visto come luogo di rette, infatti i due sistemi di rette di equazioni @ con k y x kG ⁄a + bbH=2pz x⁄ + yb =h a b parametro reale e @ con h parametro reale, sono formati da rette che giacciono y hGx⁄a - bbH=2pz tutte sulla superficie. In particolare per ogni punto del parabolide ellittico passa una retta del primo sistema ed una retta del secondo sistema. E’ facile verificare che due rette distinte di uno stesso sistema sono sghembe, mentre due ogni retta di un sistema è sempre incidente ad ogni retta dell’altro. Sono quadriche anche quei coni e quei cilindri le cui equazioni risultano di secondo grado, in tal caso vengono detti coni e cilindri quadrici. In particolare se consideriamo un cono quadrico, prendendo un sistema di riferimento con l’origine nel vertice, l’equazione del cono è un’equazione omogenea di secondo grado in x,y,z. Se consideriamo un cilindro quadrico, prendendo un sistema di riferimento che abbia l’asse z parallela alle sue generatrici il cilindro ha equazione a11x2+2a12xy+a22y2+2a13x+2a23y+a33=0, che come sappiamo nel piano xy (z=0) rappresenta una conica che è la direttrice del cilindro. Coni quadrici, cilindri quadrici, iperboloide iperbolico e paraboloide iperbolico sono dette quadriche rigate perché per ogni loro punto passa almeno una retta tutta contenuta nella superficie.
Un punto di una quadrica si dice iperbolico se per esso passano due rette reali distinte tutte appartenenti alla quadrica, parabolico se per esso passa una sola retta reale (due rette coincidenti) appartenente alla quadrica, ellittico se non ci sono rette reali passanti per il punto appartenenti alla quadrica. Tutti i punti di un iperboloide iperbolico e di un paraboloide iperbolico sono punti iperbolici, tutti i punti di un cilindro sono parabolici, tutti i punti di un cono (diversi dal vertice) sono punti parabolici, tutti i punti di un ellissoide sono ellittici.
Quadriche e loro classificazione Diciamo quadrica il luogo dei punti dello spazio che soddisfano un’equazione di secondo grado a coefficienti reali nelle variabili x,y,z, ovvero un’equazione della forma (1) a11x2+2a12xy+a22y2+2a13xz+2a23yz+a33 x2+2a14x+2a24y+2a34z+a44=0. Sappiamo che l’equazione (1) può anche essere scritta nella seguente forma matriciale (2) xTAx+2bTx+a44=0 a11 a12 a13 a14 x a a a a dove A=d 12 22 23 e è una matrice reale e simmetrica, b=d 24 e, x=fyg. a13 a23 a33 a34 z Un’altra scrittura più compatta dell’equazione (1) è (3) zTBz=0,
a 11 a 12 dove B= a 13 a 14
a 12
a 13
a 22 a 23
a 23 a 33
a 14 a 24 è una matrice reale simmetrica, detta matrice associata alla a 34 a 44
a 24 a 34 x y quadrica, e z=:i z j. 1 Le equazioni di ellissoidi, iperboloidi, paraboloidi, coni e cilindri quadrici precedentemente elencate sono casi particolari di (1), inoltre è facile notare che anche (a1x+b1y+c1z+ d1)(a2x+b2y+c2z+d2)=0 con a1,b1,c1,d1 e a2, b2, c2,d2 reali oppure con a1,a2; b1 , b2; c1, c2; d1, d2 complessi coniugati è un’equazione di 2° grado a coefficienti reali in x,y,z. Sappiamo dunque che una quadrica può essere: •
un paraboloide ellittico o iperbolico,
•
un’ellissoide (eventualmente una sfera)
•
un’iperboloide ellittico o iperbolico
•
un cono o un cilindro quadrico
oppure può essere spezzata in due piani che possono essere: •
reali non paralleli
•
reali paralleli
•
immaginari coniugati (cioè i piani sono rappresentatei da equazioni lineari a coefficienti complessi e i coefficienti di un piano sono i coniugati dei corrispondenti coefficienti dell’altro).
Ci chiediamo allora se ogni quadrica ha uno dei precedenti tipi e se ci sono modi per decidere a partire da un’equazione di tipo (1) con che quadrica stiamo lavorando. Richiamando i calcoli fatti nel capitoletto sulle coniche (Lemma 1 e Teorema1) con una rototraslazione in R3: x=UX+v (con det U=1) l’equazione della quadrica assume la forma kX+2blTX+cm =ZTB k ha stesso rango, stessi autovalori e stesso determinante di A, B kZ=0 dove A k XTA ha stesso rango e stesso determinante di B. Inoltre se la rototraslazione è scelta opportunamente, detti λ1, λ2, λ3 gli autovalori di A, l’equazione della quadrica assume una delle seguenti forme: •
sia rkA=rkB - se rkA=3 (ovvero det A≠0 e det B=0) allora si ha λ1X2+λ2Y2+λ3Z2=0 e la quadrica rappresenta un cono reale se gli autovalori di A hanno segni discordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è non definita) con un solo punto reale se gli autovalori di A hanno segni concordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è definita positiva o definita negativa) - se rkA=2 (quindi det A=0 e det B=0) allora si ha λ1X2+λ2Y2=0 e la quadrica è spezzata in due piani contenenti l’asse z reali distinti se λ1 e λ2, autovalori non nulli di A, hanno segni discordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è non definita) immaginari coniugati se λ1 e λ2, autovalori non nulli di A, hanno lo stesso segno (gli unici punti reali della quadrica in tal caso sono i punti dell’asse z, la forma quadratica associata alla matrice A è semidefinita positiva o semidefinita negativa) - se rkA=1 (quindi det A=0 e det B=0) allora si ha λ1X2=0 e la quadrica è spezzata in due piani coincidenti col piano yz. • sia rkA+1=rkB det B - se rkA=3 (ovvero det A≠0 e det B≠0) allora si ha λ1X2+λ2Y2+λ3Z2+c =0 con c = det A, che rappresenta un ellissoide se gli autovalori di A sono concordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è definita positiva o definita negativa) • reale se det B<0 • immaginario se det B>0 un iperboloide se gli autovalori di A non sono concordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è non definita) • ellittico se det B<0 • iperbolico se det B>0 - se rkA=2 (quindi det A=0 e det B=0) allora si ha λ1X2+λ2Y2+c =0 con c≠0 e la quadrica rappresenta un cilindro la cui direttrice è un’ellisse (eventualmente immaginaria) se gli autovalori non nulli di A sono concordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è semidefinita positiva o semidefinita negativa) un’iperbole se gli autovalori di A sono discordi (ovvero la forma quadratica associata ad A non definita) - se rkA=1 (quindi det A=0 e det B=0) allora si ha λ1X2+c =0 con c≠0 e la quadrica è spezzata in due piani paralleli (eventualmente immaginari coniugati) • sia rkA+2=rkB - se rkA=2 (ovvero det A=0 e det B≠0) allora si ha λ1X2+λ2Y2+2pZ =0 con p≠0 e la quadrica rappresenta un paraboloide ellittico se gli autovalori non nulli di A sono concordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è semidefinita positiva o semidefinita negativa)
iperbolico se gli autovalori non nulli di A sono discordi (ovvero la forma quadratica associata ad A è non definita) - se rkA=1 (ovvero det A=0 e det B=0) allora si ha λ1X2+2pY =0 e la quadrica rappresenta un cilindro la cui direttrice è una parabola. Notiamo che nel classificare le quadriche abbiamo considerato il segno di det B, che non viene modificato se si moltiplica l’equazione della quadrica per un fattore moltiplicativo non nullo, mentre abbiamo solo considerato i casi det A=0 o det A ≠0, in quanto il segno di det A cambia se moltiplichiamo l’equazione della quadrica per un fattore moltiplicativo negativo. Osserviamo che dalla dimostrazione del teorema 1 del capitoletto sulle coniche segue ancora che se la quadrica è una quadrica a centro (ellissoide o iperboloide) le coordinate del centro sono le soluzioni del sistema lineare Ax=-b. Nel caso di un cono le soluzioni del sistema lineare Ax=-b rappresentano il vertice del cono (che è centro di simmetria per il cono). Gli assi di una quadrica a centro hanno la direzione degli autovettori associati agli autovalori di A. L’asse di un paraboloide la la direzione dell’autovettore associato all’autovalore nullo di A. Come nel caso della parabola questa informazione non basta a determinare l’asse che si può comunque trovare tenendo conto che il piano tangente al paraboloide nel punto di intersezione con l’asse è ortogonale all’asse per cui basta determinare fra i piani ortogonali all’asse (di cui conosciamo la direzione) quello tangente al parabola per trovare un punto dell’asse. Una quadrica è di rotazione se ha due autovalori coincidenti, in tal caso infatti la sua forma canonica sarà del tipo k(X2+Y2)+..... Dalla dimostrazione del teorema 1 segue anche come costruire la matrice U associata alla trasformazione ortogonale che porta la quadrica in forma canonica. Possiamo ancora ricapitolare con uno schema il riconoscimento delle quadriche: autovalori concordi⇒ ellissoide immaginario >0⇒det A
≠0
autovalori discordi⇒ iperboloide iperbolico
=0 ⇒ paraboloide iperbolico autovalori concordi⇒ ellissoide reale det B
<0⇒det A
≠0
autovalori discordi⇒ iperboloide ellittico
=0 ⇒ paraboloide ellittico concordi⇒ immaginario
≠0 =0⇒det A =0
cono ⇒ autovalori
discordi ⇒ reale
rk A=2 ⇒ cilindro (*)
rk A=1 ⇒ rk B
=3⇒cilindro (**)
<3⇒ quadrica spezzata in due piani (*) il tipo di cilindro dipende dai segni degli autovalori non nulli se sono concordi è un cilindro con una ellisse per direttrice (detto cilindro ellittico) eventualmente immaginario, se sono discordi è un cilindro con un’iperbole per direttrice (detto cilindro iperbolico).
(**) la direttrice del cilindro è in questo caso una parabola ed il cilindro è detto parabolico. Data una quadrica per cui det B≠0, gli invarianti di una quadrica e gli autovalori della matrice A ci permettono di scrivere la forma canonica della quadrica: infatti • •
se gli autovalori λ1,λ2,λ3 sono tutti diversi da 0 allora la forma canonica della quadrica sarà λ1x2+λ2y2+λ3 z2+c=0 dove c= det B/det A, se un autovalore è nullo allora la forma canonica della quadrica sarà λ1x2+λ2y2+2pz=0 dove s p= −pqr tR tT
Coniche nello spazio. Una conica nello spazio è l’intersezione di una quadrica con un piano, quindi si può rappresentare con un sistema di equazioni cartesiane di cui una è l’equazione del piano su cui la conica giace e l’altra è l’equazione di una retta. 4 4 4 Ad esempio il sistema 24x + y − z − 3 = 0 rappresenta una conica γ nello spazio. x−z−5=0 Ci poniamo il problema di riconoscere tale conica.
Il sistema dato è equivalente a 2
3z 4 + u 4 + 40z + 97 = 0 . x−z−5= 0
La prima equazione di questo sistema rappresenta un cilindro che proietta γ parallelamente all'asse 4 4 x, quindi il sistema 23z + u + 40z + 97 = 0 rappresenta la proiezione ortogonale γ’di γ sul piano x=0 yz. Le intersezioni di un cilindro quadrico con un qualunque piano non parallelo alle generatrici sono coniche tutte dello stesso tipo, quindi se riconosciamo la curva proiezione di γ su un piano coordinato riconosciamo la γ, a meno eventualmente di proprietà metriche della γ. Più precisamente se γ è un’iperbole la sua proiezione è un’iperbole che potrebbe essere un’iperbole equilatera anche se γ non è equilatera e viceversa, se γ è una circonferenza la sua proiezione potrebbe essere una ellisse e viceversa. Riconosciamo allora la curva data come esempio. Considerando γ’ si ha I2>0, I3≠0 e dunque la conica γ’ è un’ellisse e quindi la γ è un’ellisse (potrebbe anche essere una circonferenza). Notate invece che se proiettiamo una conica da un punto su un piano coordinato, proiezione centrale, la conica proiettata e la proiezione possono essere di tipo diverso. Infatti come già abbiamo osservato se tagliamo un cono di rotazione con un piano parallelo all’asse di rotazione e non passante per il vertice l’intersezione rappresenta un’iperbole, se lo intersechiamo con un piano passante per il vertice troviamo una conica spezzata in due rette, se lo intersechiamo con una piano parallelo ad una sola direttrice, non passante per il vertice, troviamo una parabola, se lo intersechiamo con un piano tangente al cono in un suo punto (e quindi lungo tutta una direttrice) troviamo due rette coincidenti, se lo intersechiamo con un piano non parallelo ad alcuna direttrice e non passante per il vertice troviamo una ellisse, che diventa una circonferenza nel caso in cui il piano sia ortogonale all’asse di rotazione.
Determinante di una matrice quadrata Definizione. Sia A= ⋮
⋯ ⋱ ⋮ una matrice quadrata di ordine n a coefficienti in un campo K. ⋯ … ⋱ ⋮ l’elemento di K Chiamiamo determinante di A e lo indichiamo con det A o con ⋮ … che si ottiene da A tramite questa procedura: 1. Sia A= , cioè n=1, allora det A= a, ⋯ ⋱ ⋮ di ordine n >1, siano: 2. Sia A= ⋮ ⋯ Aik la matrice quadrata di ordine n-1 che si ottiene da A cancellando la sua i-esima riga e la sua k-esima colonna, Mik = det Aik (detto minore complementare di aik), Cik =(-1)i+k Mik (detto complemento algebrico di aik), allora det A = ∑ = + + ⋯ + . Quindi det A è l’elemento di K che si ottiene facendo la somma dei prodotti degli elementi della prima riga di A per i rispettivi complementi algebrici.
Caso n=2. Vediamo di utilizzare la definizione per calcolare Si ha = , = (−1) = − e dunque
.
= − .
Il determinante di una matrice di ordine 2 si ottiene quindi sommando il prodotto degli elementi della diagonale principale e l’opposto del prodotto degli elementi della diagonale secondaria. Caso n=3. Utilizziamola anche per calcolare
.
Si ha = = − , = (−1) = = − . Dunque
= −( − ),
= + + − − − .
Il determinante di una matrice di ordine 3 si può quindi calcolare facendo uso della regola di Sarrus che probabilmente avete visto nelle scuole superiori. Si considera la tabella
ottenuta copiando alla destra delle colonne di
A le sue prime colonne e si fa la somma dei prodotti degli elementi sulle diagonali segnate da una linea intera meno i prodotti degli elementi che si trovano sulle diagonali segnate da una linea tratteggio. N.B. Una regola analoga NON vale per il determinante di matrici di ordine maggiore di 3. La definizione che abbiamo usato è una definizione operativa e non è l’usuale definizione astratta di determinante. Inoltre privilegia la prima riga rispetto alle altre righe del determinante, mentre dagli esempi precedenti tale situazione “privilegiata” della prima riga non emerge. Si può dimostrare infatti il I° Teorema di Laplace. Il determinante di una matrice quadrata si ottiene facendo la somma dei prodotti degli elementi di una sua riga (o colonna) per i rispettivi complementi algebrici. Sia A una matrice quadrata di ordine n, come conseguenza di quanto sopra si ottiene subito che: 1. det A= det AT. 2. Il determinante di una matrice (quadrata) che ha una riga (colonna) tutta composta di 0 è 0.
3. Se A è una matrice triangolare (alta o bassa), allora det A=∏ , e quindi il determinante della matrice identica di un qualsiasi ordine è 1 ed il determinante di una matrice nulla quadrata di un qualsiasi ordine è 0. 4. Sia A’ una matrice ottenuta dalla matrice A scambiando due righe (o due colonne) allora det A’ = - det A. Infatti supponiamo di aver ottenuto A’ scambiando la riga i-esima di A con la sua riga i+1esima e sviluppiamo det A’ a partire dalla riga i-esima. Abbiamo che l’elemento di posto (i,k) di A’ è uguale all’elemento di posto (i+1,k) di A, che il minore complementare dell’elemento di posto (i,k) di A’ coincide col minore complementare dell’elemento di posto (i+1,k) di A, e quindi il complemento algebrico dell’elemento di posto (i,k) di A’ è l’opposto del complemento algebrico dell’elemento di posto (i+1,k) di A, quindi si ha subito il risultato. Sia ora A’ la matrice ottenuta da A scambiando due righe non contigue e supponiamo, senza perdita di generalità, che tali righe siano la riga i-esima e la riga j-esima con j > i+1. Tale scambio si può ottenere con successivi scambi di righe contigue. E’ abbastanza facile convincersi che servono 2(j-i)-1 scambi di righe contigue per scambiare la riga i-esima con la j-esima, ad ognuno di questi scambi corrisponde un cambiamento di segno nel calcolo del determinante della matrice ottenuta ed essendo 2(j-i)-1 un numero dispari si ha il risultato. 5. Se una matrice A ha due righe (colonne) uguali allora det A = 0. Infatti la matrice A’ ottenuta da A scambiando le due righe uguali coincide con A e dunque det A’= det A, ma per la 4. det A’= - det A da cui det A = - det A e poiché 0 è l’unico elemento di K uguale al suo opposto si ottiene det A = 0. 6. II° Teorema di Laplace. Sia A una matrice quadrata di ordine n. La somma dei prodotti di una sua riga (colonna) per i complementi algebrici di un’altra riga (colonna) è 0. In simboli ∑ = 0 (∑ " = 0) se k ≠ h.
Infatti ∑ può essere visto come lo sviluppo del determinante (secondo la riga hesima) di una matrice A’che ha tutte le righe ad eccezione della riga h-esima uguali alle corrispondenti righe di A e la riga h-esima uguale alla k-esima riga di A. Poiché la matrice A’ ha due righe uguali per la 5. il suo determinate è 0. 7. Sia A’ una matrice ottenuta dalla matrice A moltiplicando tutti gli elementi di una sua riga (o colonna) per un elemento c del campo K allora det A’ = c det A. 8. det cA = cn det A . Da qui si ricava che una matrice emisimmetrica di ordine dispari ha determinante nullo. Infatti se A è emisimmetrica A = -AT e dunque det A = det (-AT) = (-1)n det AT = - det A perché n è dispari. Quindi, visto che l’unico elemento di K uguale al suo opposto è lo 0, si ottiene det A = 0. 9. Se la i-esima riga (colonna) di A è somma di due vettori riga (colonna) b, c, allora il determinante di A è la somma dei determinanti delle due matrici che si ottengono da A sostituendo la sua i-esima riga (colonna) con b e con c rispettivamente. 10. Il determinante di una matrice (quadrata) non cambia se a una sua riga (colonna) si aggiunge una combinazione lineare delle restanti righe (colonne). Basta applicare 9.,7. e 5. 11. Il determinante di A è uguale od opposto al determinante di una qualsiasi matrice a scalino U da essa ottenuta. E’ una conseguenza immediata di 4. e 10. Precisamente i determinati di U e di A sono uguali se nell’ottenere U è stato fatto un numero pari di scambio di righe e sono opposti se è stato fatto un numero dispari di scambi di righe. 12. La matrice A ha determinante uguale a 0 se e solo se una sua riga (colonna) è combinazione lineare delle restanti righe (colonne). Se una riga di A è combinazione lineare delle restanti, possiamo aggiungere a quella riga la combinazione lineare delle restanti a coefficienti opposti e troviamo una matrice con una riga di 0, per la 2. quindi il suo determinate è 0 e per la 9 è uguale al determinate di A. Viceversa se il determinate di A è 0 ogni matrice a scalino da essa ottenuta ha una riga di 0 e quindi la riga di A corrispondente a tale riga è combinazione lineare delle altre. Una ulteriore importante proprietà del determinante è data dal seguente Teorema di Binet. Siano A e B due matrici quadrate di ordine n. Allora det (AB) = (det A)(det B). Da quanto segue Corollario Una matrice quadrata A ammette matrice inversa se e solo se det A≠0. Infatti se A ha inversa abbiamo (det A)(det A-1)= det (AA-1)=det In=1 e quindi det A≠0. Se invece det A≠0 allora detU≠0 e quindi A ha rango massimo e pertanto ammette inversa. Ovviamente se A ammette inversa det A-1=1/ det A. Altro modo per costruire l’inversa di una matrice. Come conseguenza dei due teoremi di Laplace otteniamo anche che se la matrice A ammette inversa allora ha la seguente forma
A-1=(1/det A)[αik] con αik= Cki dove Cki indica il complemento algebrico dell’elemento di posto (k, i) di A. Poniamo infatti B=[αik] e D=AB, il generico elemento d rs di D si ottiene come somma dei prodotti degli elementi della r-esima riga di A per quelli della s-esima colonna di B, dunque drs =∑ # $% = ∑ # % .
Quindi se r=s si ha per il I° teorema di Laplace d rs = det A e se r≠s si ha per il II° teorema di Laplace drs = 0. Perciò D=diag(det A,…, det A) e dunque AA-1=A((1/det A) B)=(1/det A) AB = In. Da questa costruzione della matrice inversa si ottiene la Regola di Cramer. Un sistema lineare di n equazione in n incognite la cui matrice dei coefficienti A ha rango massimo ha una e una sola soluzione. Detta xi la i-esima componente di tale soluzione si ha xi= (det Ai)/(det A), dove Ai è la matrice che si ottiene da A sostituendo la sua i-esima colonna con la colonna dei termini noti. La prima parte di questa regola vi era già nota ed era stata provata facendo uso dell’eliminazione gaussiana. Proviamola direttamente. Se A ha rango massimo questo equivale a dire che A ammette inversa A-1 e che det A≠0. Sia Ax=b la scrittura matriciale del sistema, si verifica subito che x= A-1b è una soluzione dell’equazione matriciale e quindi del sistema, infatti sostituendo A-1b ad x si ottiene A(A-1b) = (AA-1) b = Inb=b. Inoltre A-1b è l’unica soluzione dell’equazione matriciale e quindi del sistema, infatti se ci fosse un’altra soluzione c, da Ac=b si otterrebbe, moltiplicando a sinistra per A-1, A-1b= A-1(Ac)= (AA-1)c = Inb = c. Ora la i-esima componente del vettore colonna A-1b è (1/ '() *) ∑ + $ = (1/ '() *) ∑ $ e ∑ $ è lo sviluppo del determinante della matrice Ai secondo gli elementi della sua i-esima colonna.
NOTA BENE. Questi appunti non sono esaustivi, non contengono tutto ciò che è stato detto a lezione/esercitazione; costituiscono una base minima di conoscenze necessarie a superare l’esame e possono essere utili per un ripasso veloce. Questi appunti contengono tuttavia le dimostrazioni richieste all’orale.
Algebra delle matrici. (vedi Capitolo 3 del libro) Una matrice A di tipo (m,n) su un campo K è una tabella di mn elementi di K disposti su m righe ed n colonne. Indichiamo in genere con aij con 1≤i≤m, 1≤j≤n, l’elemento di K che appartiene alla i-esima riga e alla j-esima colonna di A. Quindi a11 a21 A= ⋮ am1
a12 a22 ⋮ am2
… a1n … a2n = aij ⋱ ⋮ … amn
Una matrice si dice vettore riga se m=1, vettore colonna se n=1.
La matrice A si può quindi vedere come l’accostamento … n degli n vettori colonna a1i
a2i i= di tipo (m,1) o come l’accostamento ⋮ degli m vettori riga = aj1 … ajn di ⋮ an2 tipo (1,n).
Due matrici A = aij e B= bij si dicono uguali se sono dello stesso tipo e per ogni posto (i,j) aij=bij.
Date due matrici A = aij e B= bij dello stesso tipo (m,n) si chiama somma delle due matrici la matrice C= cij di tipo (m,n) dove cij=aij+bij.
E’ immediato verificare che la somma di matrici gode delle proprietà: -
commutativa: A+B=B+A associativa: A+(B+C)=(A+B)+C esiste una matrice 0(m,n) di tipo (m,n) con tutti elementi nulli tale che per ogni matrice A di tipo (m,n) A= A+0(m,n), tale matrice si dice matrice nulla di tipo (m,n) per ogni matrice A di tipo (m,n) esiste una matrice -A di tipo (m,n) tale che A+(-A)= 0(m,n) . (la matrice –A è ovviamente la matrice i cui elementi sono gli opposti dei corrispondenti elementi di A. La matrice –A si chiama opposta di A.
Data una matrice A aij di tipo (m,n) ed uno scalare k il prodotto dello scalare k per la matrice A è la matrice kA= kaij . Il prodotto di uno scalare per una matrice ha le seguenti proprietà
-
per ogni coppia di scalari k,h e per ogni matrice A: (k+h)A= kA+hA (NB. Il primo simbolo + denota la somma di scalari mentre il secondo + denota la somma di matrici) per ogni coppia di scalari k,h e per ogni A: (kh)A=k (hA) (NB. Il prodotto kh è il prodotto di scalari gli altri sono i prodotti di uno scalare per una matrice) per ogni scalari k e per ogni coppia di matrici dello stesso tipo A e B: k(A+B)=kA+kB per ogni matrice A: 1A=A.
Queste proprietà ci dicono che l’insieme M(m,n)(K) delle matrici di tipo (m,n) sul campo K formano uno spazio vettoriale sul campo K rispetto alle operazioni sopra definite. Valgono quindi le proprietà che avevamo già visto per gli spazi vettoriali. -
A+B=A+C implica B=C kA=0(m,n) se e solo se vale almeno una delle due condizioni k=0, A=0(m,n).
Terminologia e notazioni: Una matrice si dice quadrata di ordine n se è di tipo (n,n). Una matrice si dice triangolare alta (bassa) se è quadrata e se aij=0 per ogni i>j (i
Siano A= aij una matrice di tipo (m,n) e B= bhk una matrice di tipo (n,p) allora possiamo definire una matrice C= crs di tipo (m,p) nel modo seguente crs = ∑ni=1 ari bis =ar1b1s+ar2 b2s+…+ar nbns
La matrice C si chiama matrice prodotto (righe per colonne) della matrice A per la matrice B . L’elemento crs di C si ottiene facendo il prodotto (righe per colonne) delle r-esima riga di A con la sesima colonna di B.
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Il prodotto di matrici NON è commutativo. Per prima cosa notiamo che in genere infatti può essere definito il prodotto AB e non il prodotto BA. Questo avviene se A è di tipo (m,n), B di tipo (n,p) e m≠p. Inoltre anche se m=p e possono essere definiti sia AB sia BA, AB è quadrata di ordine m e BA è quadrata di ordine p, quindi le matrici sono diverse. Infine anche se n=m=p ed AB e BA sono entrambe definite e 0 1 1 2 , B= , quadrate di ordine n, ancora in generale si ha AB≠BA: basta considerare A= 0 0 0 0 0 0 0 1 e BA= . si ha AB= 0 0 0 0 Due matrici quadrate di ordine n si dicono permutabili se AB=BA. Il prodotto di matrici è associativo (quando è definito), in altre parole se A è una matrice di tipo (m,n), B è una matrice di tipo (n,p), C è una matrice di tipo (p,r) allora A(BC)=(AB)C. E’ infatti immediato osservare che BC è di tipo(n,r) e quindi si può effettuare il prodotto A(BC) e si ottiene una matrice (m,r), AB è una matrice di tipo (m,p) e quindi si può effettuare il prodotto (AB)C che è ancora una matrice di tipo (m,r). Inoltre ponendo AB=[dik], si ha dik = ∑nh=1 aih bhk e ponendo (AB)C=[eit], si ha p p eit = ∑k=1 dik ckt = ∑k=1(∑nh=1 aih bhk ) ckt = ∑nh=1 aih ( ∑nh=1 bhk ckt ), ma ∑nh=1 bhk ckt è l’elemento di posto (h,t) del prodotto BC, quindi ∑nh=1 aih ( ∑nh=1 bhk ckt ) è l’elemento di posto (i,t) del prodotto A(BC). Il fatto che il prodotto sia associativo permette di definire per ogni matrice quadrata e per ogni intero positivo h la potenza di A con esponente h ponendo Ah=AA…A (h volte) e quindi di ricavare le proprietà formali delle potenze per le potenze ad esponente intero positivo di A: - AhAk=Ah+k da cui si ricava che potenze di una stessa matrice sono sempre permutabili - (Ah)k=Ahk Se A è una matrice di tipo (m,n) e B,C sono due matrici dello stesso tipo (n,p) allora vale la proprietà distributiva ( a sinistra) del prodotto rispetto alla somma: A(B+C)=AB+AC. Infatti il generico elemento di posto (i,k) di A(B+C) è ∑nh=1 aih (bhk +chk )= ∑nh=1 aih bhk + ∑nh=1 aih chk dove ∑nh=1 aih bhk e ∑nh=1 aih chk sono gli elementi di posto (i,k) rispettivamente di AB e AC. Analogamente se A,B sono due matrici dello stesso tipo (m,n) e C è una matrice di tipo (n,p) allora vale la proprietà distributiva ( a destra) del prodotto rispetto alla somma: (A+B)C=AC+BC. NON vale la proprietà di annullamento del prodotto. Ovviamente se A è una matrice di tipo (m,n) e si considera 0(n,p) si ha A0(n,p)= 0(m,p) , ma 0 1 , esistono matrici non nulle il cui prodotto è la matrice nulla. Basta considerare A= 0 0 1 2 0 0 , si ha AB= . Di conseguenza NON si può in generale semplificare una matrice B= 0 0 0 0 non nulla: infatti se prendiamo A,B come prima, si ha AB=A0(2,2) e B≠0(2,2). Sia In=diag(1,1,…,1), In si dice matrice identica di ordine n. Per ogni matrice A di tipo (m,n) si ha ImA=AIn=A.
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Sia A una matrice quadrata di ordine n, per convenzione si pone A0=In e si dimostra facilmente che le proprietà delle potenze valgono per ogni intero non negativo.
ATTENZIONE: E’ facile quando si opera sulle matrici dimenticare che molte proprietà cui siamo abituati nel calcolo su numeri NON valgono e fare quindi operazioni non permesse. A questo punto prima di procedere col calcolo matriciale (ri)guardare i sistemi lineari.
Matrice inversa Definizione: Una matrice quadrata A di ordine n ammette - ammette inversa (o è invertibile a) sinistra se esiste una matrice B tale che BA=In, - ammette inversa (o è invertibile a) destra se esiste una matrice C tale che AC=In, - ammette inversa (o è invertibile) se esiste una matrice chiamata A-1 tale che AA-1=A-1 A=In. Ovviamente B, C, A-1 sono tutte matrici quadrate di ordine n Lemma (di unicità dell’inversa): Se una matrice A ammette inversa sinistra e inversa destra, queste coincidono e quindi la matrice è invertibile. Dim: Siano B e C rispettivamente l’inversa sinistra e l’inversa destra di A. Da BA=In, moltiplicando a destra per C, otteniamo (BA)C=InC, da cui, per la proprietà associativa del prodotto, B(AC)=InC e quindi, visto che C è inversa destra di A, BIn=InC e dunque B=C. Come corollario si ottiene subito che la matrice inversa di una matrice A se esiste è unica. Si hanno inoltre le seguenti immediate proprietà. -
Se A ammette inversa A-1, l’inversa di A-1 è A Se A e B sono matrici quadrate dello stesso ordine che ammettono inversa allora AB ha inversa e tale inversa è B-1 A-1. ATTENTI all’ordine!!
Teorema: Sia A una matrice quadrata di ordine n, sono equivalenti le seguenti condizioni: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
A ammette inversa A ammette inversa destra A ammette inversa sinistra ker A={0} (ovvero l’unico vettore x tale che Ax=0 è il vettore 0) Le n colonne di A sono un insieme di vettori linearmente indipendenti rk(A)=n Il sistema lineare Ax=b ha una e una sola soluzione.
Dim. 1)⇒2) e 1)⇒3) sono ovvie.
3)⇒4). Sia x∈ker A, ovvero un vettore tale che Ax=0, allora, detta B l’inversa sinistra di A, si ha B(Ax)=B0=0 e quindi, per la proprietà associativa, 0=(BA)x=Inx=x. Dunque x è necessariamente il vettore nullo. 4)⇒5). Detti c1, c2,…, cn i vettori colonna di A se per assurdo ci fossero degli scalari a1,a2,…,an non a1 a2 tutti nulli tali che a1 c1 +a2 c2 +…+an cn =0 e si avrebbe A ⋮ =0 e quindi si otterrebbe ker A≠{0}, an contro l’ipotesi. 5)⇒4). Siano ancora c1, c2,…, cn i vettori colonna di A. Supponiamo per assurdo che ker A contenga a
a1 a" a2 il vettore non nullo ⋮ , allora si avrebbe A ⋮ =0 e dunque a1 c1 +a2 c2 +…+an cn =0 con a# an coefficienti non tutti nulli, contro l’ipotesi che i vettori colonna di A siano linearmente indipendenti. 4)⇒6). Dalla teoria dei sistemi lineari si sa che se rk(A)
AB=AC implica B=C dove B e C sono matrici di tipo (n,q);
-
DA=EA implica D=E dove D ed E sono matrici di tipo (r,n); Ogni equazione matriciale AX=B con X e B matrici dello stesso tipo (n,q) ammette una ed una sola soluzione della forma X=A-1B Ogni equazione matriciale YA=C con Y e C matrici dello stesso tipo (p,n) ammette una ed una sola soluzione della forma Y= CA-1 ATTENTI alla posizione di A-1!!
Osserviamo inoltre che se A ammette inversa possiamo definire le potenze ad un esponente intero qualsiasi di A, ponendo AA…A *+, se m40 ( m volte & Am= In se m=0 -1 -1 -1 ' *7 A …A 7, se m80 & A 7+7 % -m volte
Anche in questo caso valgono le proprietà formali delle potenze. Rimane ora da dare un metodo per calcolare A-1, quando esiste. Qui presentiamo il metodo di Gauss Jordan, negli appunti sul determinante è presentato un altro metodo.
Sia A una matrice quadrata di ordine n con rk(A)=n. Consideriamo la matrice [A|In] e trasformiamola in forma a scala. Questo equivale a ridurre a scala in un solo colpo le matrici complete dei sistemi Ax=ei. Poiché rk(A)=n la forma a scala di [A|In] sarà [U|B] dove U è una matrice triangolare alta che è la forma a scalino di A e B è la matrice ottenuta da In attraverso le operazioni elementari eseguite. p1 u12 0 p2 Sia U= ⋮ ⋮ 0 0
⋯ u1n ⋯ u2n ⋱ ⋮ , aggiungendo alla i-esima riga di [U|B] (per ogni i con 1≤i≤n-1) l’ultima … pn
riga moltiplicata per
-uin pn
, si annullano tutti i primi n-1 elementi della n-esima colonna di [U|B] e non si
modificano le prime n-1 colonne di [U|B], aggiungendo alla i-esima riga della matrice così ottenuta (per ogni i con 1≤i≤n-2) la penultima riga moltiplicata per
-uin-1 pn-1
, si annullano tutti i primi n-1 elementi
della (n-1)-esima colonna della matrice che avevamo ottenuto, senza modificarne le prime n-2 colonne. Procedendo in modo analogo si ottiene, in un numero finito di passi, una matrice della forma [D|C] dove D =diag (p1,p2,…pn), quindi dividendo (per ogni i con 1≤i≤n) la riga i-esima per 1/pi si ottiene una matrice della forma [In|C’]. Questo corrisponde ad avere trasformato i sistemi Ax=ei in sistemi equivalenti della forma Inx=x=c’i, dove c’i è la i-esima colonna di C’ e quindi C’ è l’inversa di A. Osservate che la procedura precedente applicata ad una matrice che non ammette inversa, si ferma perché non avendo A rango massimo si trova almeno un pivot uguale a 0.
Esempio
1 3 Calcolare l’inversa della matrice A=2 −1 3 2 1 3 0 Costruiamo la matrice [A|I3]= 2 −1 1 3 2 4 trasformarla in forma a scala.
1 0 0
0 1. 4
0 0 1 0 e applichiamo le mosse di Gauss per 0 1
Aggiungendo alla 2° riga la 1° riga moltiplicata per -2 e alla 3° riga la 1° riga moltiplicata per -3 si 1 3 0 ottiene 0 −7 1 0 −7 4
1 −2 −3
0 1 0
0 0, da questa aggiungendo alla 3° riga la 2° riga moltiplicata per -1 si 1
1 ottiene la forma a scala U|B = 0 0
3 −7 0
0 1 0 1 −2 1 3 −1 −1
0 0. 1
A questo punto si aggiunge alla 2° riga di questa matrice la 3° riga moltiplicata per -1/3 e si ottiene 1 0 0
3 −7 0
0 1 0 −5⁄3 3 −1
0 0 ⁄ 4 3 −1⁄3 ed aggiungendo alla 1° riga di questa matrice la 2° riga −1 1
1 moltiplicata per 3/7 si ottiene 0 0
0 −7 0
0 0 3
2⁄7 4⁄7 −1⁄7 −5⁄3 4⁄3 −1⁄3 . Ora da questa matrice −1 −1 1
1 0 moltiplicando la 3° riga per 1/3 e la 2° per -1/7 si ottiene [I3|C’]=0 1 0 0 2⁄7 4⁄7 −1⁄7 quindi C’= 5⁄21 −4⁄21 1⁄21 è l’inversa di A. −1⁄3 −1⁄3 1⁄3
0 0 1
2⁄7 4⁄7 −1⁄7 5⁄21 −4⁄21 1⁄21 , −1⁄3 −1⁄3 1⁄3
Elementi di geometria analitica del piano Ripasso rapido di nozioni elementari Consideriamo il piano riferito ad un sistema di coordinate cartesiane ortogonali monometriche Oxy, ogni punto P del piano è allora unicamente determinato da una coppia ordinata di numeri (x0,y0) chiamati rispettivamente ascissa ed ordinata del punto, che rappresentano le coordinate del vettore OP rispetto alla base (canonica) di R2, rappresentata dai versori e1,e2 degli assi cartesiani (indicati spesso anche con , ). R2 viene considerato come uno spazio euclideo di dimensione 2 rispetto al prodotto scalare standard. La distanza di due punti P (x0,y0), Q (x1,y1) è quindi PQ , ovvero Le coordinate del punto medio M del segmento PQ sono xM =
x1 +x0 2
, yM =
Siano u,v due vettori di R2, detto θ l’angolo da essi formato, si ha cos θ= sono ortogonali se e solo se = 0.
2
2
x1 -x0 + y1 -y0 . y1 +y0 2
〈u,v〉
u
v
.
, quindi i due vettori
Retta Una retta è individuata quando si conoscono un suo punto P (x0,y0) e la sua direzione d=[d1,d2]T, (oppure due suoi punti P (x0,y0), Q (x1,y1), infatti noti due punti sappiamo che la direzione della retta è data dal vettore d=[x1-x0, y1-y0]T). Noti P (x0,y0) e d=[d1,d2]T, la retta per P di direzione d ha x=x0 +d1 t equazioni parametriche y=y0 +d2 t da cui eliminando t si ottiene d2(x-x0)-d1(y-y0)=0, ovvero un’equazione lineare nelle variabili x,y dove i coefficienti delle variabili sono le componenti di un vettore n=[d2,-d1]T, ortogonale alla direzione della retta.
Viceversa ogni equazione lineare ax+by+c=0, con a,b non entrambi nulli rappresenta una retta con direzione d=[-b,a]T,ortogonale al vettore v=[a,b]T, infatti se a≠0, considerato il punto P (-c/a, 0), la retta per P normale a v ha equazione a(x+c/a)+by=0 ovvero ax+by+c=0 (equazione generale della retta) Le rette nel piano vengono spesso rappresentate anche con un’equazione del tipo y=mx+q, dove m è chiamato coefficiente angolare della retta e q ordinata all’origine. Questa forma si ottiene da ax+by+c=0 dividendo per b quando b≠0, quindi m=-a/b, q=-c/b. In questa forma si perdono le rette per cui b=0 che hanno equazione x=-c/a (e sono rette parallele all’asse y). Il coefficiente angolare è la tangente trigonometrica dell’angolo formato dall’asse x e dalla retta, l’ordinata all’origine è l’ordinata del punto di intersezione fra la retta e l’asse y. Due rette nel piano sono o incidenti o parallele, sono incidenti se i loro vettori direzione sono linearmente indipendenti, sono parallele se i loro vettori direzione (o equivalentemente i loro vettori normali) sono linearmente dipendenti. Quindi due rette a1x+b1y+c1=0, a2x+b2y+c2=0 sono incidenti a b1 a b1 se e solo se 1 ≠0 e sono parallele se e solo se 1 = 0. a 2 b2 a 2 b2 L’angolo fra due rette è l’angolo formato dai loro vettori direzione (uguale a quello formato dai a1 a2 +b1 b2 . Due rette sono perpendicolari se e solo se i loro loro vettori normali) quindi cos θ= a1 2 +b1 2 a2 2 +b2 2
vettori direzione (o equivalentemente i loro vettori normali) sono ortogonali, ovvero se e solo se a1a2+b1b2=0. Dati un punto P (x0,y0) ed una retta r:ax+by+c=0, la distanza di P da r è la norma della proiezione del vettore AP (con A∈ r) sul vettore normale alla retta. Dunque sia A (x1,y1) con ax1+by1+c=0
allora AP = [x0-x1,y0-y1]T e quindi
dist(P,r)=
〈AP,n〉 n
=
a x0 -x1 +b y0 -y1 $a2 +b 2
=
|ax0 +byo +c| $a2 +b 2
.
Date due rette r: a1x+b1y+c1=0, s: a2x+b2y+c2=0, il fascio di rette individuate da r ed s è l’insieme delle rette del piano di equazioni λ(a1x+b1y+c1)+µ( a2x+b2y+c2)=0. Se le due rette r,s sono incidenti e P è il loro punto di intersezione, il fascio si chiama fascio proprio ed è formato da tutte e sole le rette del piano passanti per P, detto punto base del fascio; se r ed s sono parallele il fascio si dice fascio improprio ed è formato da tutte e sole le rette del piano parallele ad r. Circonferenza Si dice circonferenza il luogo dei punti del piano che hanno uguale distanza da un punto fisso C detto centro della circonferenza. La distanza di un punto della circonferenza dal centro è detta raggio della circonferenza. L’equazione della circonferenza di centro C (x0,y0) e raggio R è (x-x0)2+(y-y0)2=R2, che, svolgendo i conti, risulta una equazione del tipo x2+y2+ax+by+c=0. Vediamo ora cosa rappresenta al variare di a,b,c l’equazione x2+y2+ax+by+c=0. Possiamo scriverla nella forma (x-a/2)2+(y-b/2)2=a2/4+b2/4-c, da cui abbiamo: -
-
se a2/4+b2/4-c>0, l’equazione rappresenta una circonferenza con centro nel punto C (- , - ) e raggio R= 2 2 a
b
a2 4
+
b2 4
-c
se se a2/4+b2/4-c=0, l’equazione rappresenta una circonferenza con centro nel punto a b C (- 2 , - 2) e raggio 0, ovvero è ridotta al solo punto reale C
se a2/4+b2/4-c<0, nessun punto reale soddisfa l’equazione che è quindi una circonferenza a punti immaginari.
Date una circonferenza x2+y2+ax+by+c=0 (a punti reali) ed una retta a1x+b1y+c1=0, le coordinate dei loro punti di intersezione si ottengono dal sistema di secondo grado x2+y2+ax+by+c=0 a1x+b1y+c1=0 Tali punti possono essere reali distinti, reali coincidenti, o immaginari. Sono reali distinti se e solo se la distanza del centro della circonferenza dalla retta è minore del raggio della circonferenza ed in tal caso la retta si dice secante. Sono reali e coincidenti se e solo se la distanza del centro della circonferenza dalla retta è uguale al raggio, in tal caso la retta è tangente alla circonferenza nel punto di intersezione (due punti coincidenti) fra retta e circonferenza, tale punto risulta essere la proiezione del centro sulla retta. Sono immaginari se la distanza del centro della circonferenza dalla retta è maggiore del raggio ed in tal caso la retta è esterna alla circonferenza. Date due circonferenze x2+y2+ax+by+c=0 , x2+y2+a1x+b1y+c1=0 (a punti reali), le coordinate dei loro punti di intersezione si ottengono dal sistema di quarto grado x2+y2+ax+by+c=0 x2+y2+a1x+b1y+c1=0 equivalente a
x2+y2+ax+by+c=0 (a1-a)x+(b1-b)y+(c1-c)=0 Quindi si ottengono ancora due punti di intersezione che possono essere reali distinti, reali coincidenti, o immaginari. Se i punti sono reali e coincidenti le due circonferenze si dicono tangenti (questo accade se la distanza dei loro centri è uguale alla differenza o alla somma dei loro raggi) Chiamiamo fascio di circonferenze individuato dalle circonferenze x2+y2+ax+by+c=0 , x2+y2+a1x+b1y+c1=0, l’insieme delle circonferenze di equazione λ(x2+y2+ax+by+c)+µ( x2+y2+a1x+b1y+c1)=0 con λ, µ∈R. Tale fascio può anche essere rappresentato da λ(x2+y2+ax+by+c=0)+µ[(a1-a)x+(b1-b)y+(c1-c)]=0, la retta (a1-a)x+(b1-b)y+(c1-c)=0 si chiama asse radicale del fascio. Se le due circonferenze che determinano il fascio hanno due punti reali e distinti in comune, ogni ciconferenza del fascio passa per quei due punti, detti punti base del fascio, la retta radicale passa per quei due punti ed il luogo dei centri delle circonferenze del fascio è l’asse del segmento che ha per estremi i punti base del fascio; se le due circonferenze hanno due punti reali e coincidenti in comune, tutte le circonferenze del fascio sono tangenti in tale punto all’asse radicale ed il luogo dei centri delle circonferenze del fascio è la retta perpendicolare all’asse radicale passante per il punto di tangenza. Una circonferenza dipende da tre parametri essenziali ed è quindi completamente determinata se abbiamo tre condizioni lineari come, ad esempio, se conosciamo -
centro e raggio, tre punti (non allineati) che devono appartenere alla circonferenza due punti che devono appartenere alla circonferenza e la retta tangente in uno di essi (che naturalmente non deve passare per l’altro punto)
Abbiamo già visto come scrivere una circonferenza di cui siano noti centro e raggio. Vediamo allora come scrivere la circonferenza che passa per tre punti non allineati A,B,C. Scriviamo il fascio di circonferenze che ha A,B come punti base facendo la combinazione lineare della circonferenza con diametro AB, con la retta AB ed imponiamo il passaggio per C. Esempio Scrivere la circonferenza per A (0,0), B (2,2), C(3,1). La circonferenza che ha diametro AB ha centro nel punto medio M del segmento AB e raggio AM, dunque ha equazione (x-1)2+(y-1)2=2, ovvero x2+y2-2x-2y=0. La retta AB ha equazione x-y=0. Il fascio di circonferenze che ha A,B come punti base ha equazione λ(x2+y2-2x-2y)+µ(x-y)=0. Tra le circonferenze del fascio cerchiamo quella passante per C: si ha 2λ+2µ=0, cioè λ=-µ da cui λ(x2+y2-2x-2y)-λ(x-y)=0 ovvero x2+y2-3x-y=0. Vediamo poi come scrivere la circonferenza che passa per due punti A,B, ed è tangente in A ad una retta r non passante per B. Scriviamo il fascio di circonferenze tangente in A alla retta r facendo la combinazione lineare delle equazioni della circonferenza con centro A e raggio 0 e della retta r ed imponiamo il passaggio per B. Esempio Scrivere la circonferenza per A (2,2), B (3,1) tangente in A alla retta x=2. La circonferenza con centro A e raggio nullo ha equazione (x-2)2+(y-2)2=0, ovvero x2+y2-4x-4y+8=0. Il fascio di circonferenze tangenti in A alla retta x=2 ha equazione λ( x2+y2-4x-4y+8)+µ(x-2)=0. Tra le circonferenze del fascio cerchiamo quella passante per B: si ha 2λ+µ=0, cioè µ=-2λ da cui λ(x2+y2-4x-4y+8)-2λ(x-2)=0 ovvero x2+y2-6x-4y+12=0. Coniche in forma canonica Chiamiamo ellisse il luogo dei punti del piano tali che la somma delle loro distanze da due punti fissi detti fuochi sia costante.
Chiamiamo iperbole il luogo dei punti del piano tali che la differenza delle loro distanze da due punti fissi detti fuochi sia costante. Fissiamo opportunamente un sistema di riferimento prendendo come asse x la retta congiungente i due fuochi, come asse y l’asse del segmento che ha per estremi i due fuochi. I due fuochi avranno quindi coordinate F1 (c,0), F2 (-c,0). Nel caso dell’ellisse, detta 2a la somma costante delle distanze di un punto dell’ellisse dai fuochi, abbiamo che un punto P (x,y) appartiene all’ellisse se e solo se soddisfa la equazione (x-c)2 +y 2 +$(x+c)2 +y 2 =2a da cui razionalizzando ed effettuando tutti i calcoli e ponendo
b2=a2-c2, otteniamo l’equazione
x2 a2
+ b 2 =1 che è l’equazione di una ellisse in forma canonica. y2
Nel caso dell’iperbole detta 2a la differenza costante delle distanze di un punto dell’iperbole dai fuochi, abbiamo che un punto P (x,y) appartiene all’iperbole se e solo se soddisfa la equazione
(x-c)2 +y 2 − $(x+c)2 +y 2 = 2a da cui effettuando tutti i calcoli e ponendo b2=c2-a2, otteniamo
l’equazione
x2 a2
- b 2 =1 che è l’equazione di un’iperbole in forma canonica. y2
Osserviamo che sia l’ellisse sia l’iperbole sono simmetriche rispetto agli assi coordinati e rispetto all’origine degli assi, quindi hanno due assi di simmetria ortogonale che geometricamente sono la retta che congiunge i due fuochi, asse focale, e l’asse del segmento che ha per estremi i due fuochi e un centro di simmetria che è il punto medio del segmento che ha per estremi i due fuochi Vengono pertanto dette coniche a centro. L’ellisse incontra l’asse x nei due punti reali A1 (a,0), A2 (-a,0) e l’asse y nei punti reali B1 (0,b), B2 (0,-b) detti vertici dell’ellisse, tutti i suoi punti hanno coordinate (x,y) che soddisfano le limitazioni -a≤x≤a, -b≤y≤b. I segmenti A2O e OA1 di lunghezza a e B2O e OB1 di lunghezza b si
chiamano semiassi dell’ellisse. Ovviamente ogni equazione del tipo a2 + b 2 =1 con a>b rappresenta x2
y2
un’ellisse con fuochi di coordinate F1 ( a2 -b 2 , 0), F2 (- a2 -b 2 , 0) e semiasse maggiore a, se invece
a
L’iperbole incontra l’asse x nei due punti reali A1 (a,0), A2 (-a,0) detti vertici dell’iperbole e non ha intersezioni reali con l’asse y. L’asse x si chiama anche asse trasverso dell’iperbole. Tutti i punti , dell’iperbole hanno coordinate (x,y) che soddisfano le limitazioni x≤-a, x≥a. Le due rette y=− -x, y=-x sono asintoti per l’iperbole. Ovviamente ogni equazione del tipo a2 - b 2 =1 rappresenta ,
x2
y2
un’iperbole con fuochi di coordinate F1 (√a2 +b 2 , 0), F2 (-√a2 +b 2 , 0) e semiasse trasverso a. Se a=b l’iperbole si dice equilatera e i suoi asintoti sono ortogonali. In tal caso prendendo gli asintoti come assi del sistema di coordinate cartesiane, l’equazione dell’iperbole diventa xy=a2/2 Viceversa si prova che ogni equazione xy=k rappresenta un’iperbole equilatera che ha per asintoti gli assi coordinati e sta nel primo terzo quadrante se k>0, nel secondo e quarto se k<0. -
y2 x2
b 2 a2
=1 rappresenta un’iperbole con fuochi di
coordinate F1 (0, √a2 +b 2 ), F2 (0,-√a2 +b 2 ), l’asse y come asse trasverso e b come semiasse trasverso).
(Ovviamente anche ogni equazione del tipo
Chiamiamo parabola il luogo dei punti del piano che hanno uguale distanza da una punto fisso
detto fuoco e da una retta detto fissa detta direttrice. Fissiamo opportunamente un sistema di riferimento prendendo come asse x la retta perpendicolare alla direttice passante per il fuoco e come asse y l’asse del segmento che ha per estremi il fuoco e l’intersezione della direttrice con l’asse x. Siano F (p/2,0) le coordinate del fuoco ed x=-p/2 l’equazione della direttrice. Il punto P (x,y) appartiene alla parabola se e solo se /x+ / = p
2
calcoli si ottiene y =2px.
2
(x- )2 +y 2 da cui razionalizzando e facendo i p 2
La parabola risulta avere un’asse di simmetria ortogonale che è la retta passante per il fuoco e ortogonale alla direttrice. Incontra tale asse in un punto detto vertice. Ovviamente ogni equazione del tipo y2=ax rappresenta una parabola con fuoco nel punto F (a/4,0) direttrice x=-a/4 ed asse x come asse di simmetria, ogni equazione del tipo x2=ay rappresenta una parabola con fuoco nel punto F (0,a/4) direttrice y=-a/4 ed asse y come asse di simmetria, Le coniche sopra descritte possono essere definite anche come luogo dei punti del piano le cui distanze da un punto fisso detto fuoco e da una retta fissa detta direttirice è costante. Il rapporto costante fra le due distanze, indicato con e, si chiama eccentricità della conica. Se e>1 la conica è un’iperbole, se e=1 è ovviamente una parabola, se 0≤e<1 è un’ellisse che diventa una circonferenza quando e=0. Nel caso dell’iperbole o dell’ellisse in forma canonica si ha che e=c/a, F è uno dei due fuochi ed ha quindi coordinate (±c,0), e la direttrice coniugata al fuoco F ha equazione x=±a2/c.
Coniche e loro classificazione (Parte nuova) La forma abbastanza semplice delle equazioni di ellisse, iperbole e parabola ottenute precedentemente è dovuta al fatto che il sistema di riferimento è stato scelto in modo particolarmente comodo. Prendendo un sistema di riferimento arbitrario le loro equazioni sarebbero risultate generiche equazioni di secondo grado nelle variabili x, y a coefficienti reali. Quindi diciamo conica il luogo dei punti del piano che soddisfano un’equazione di secondo grado a coefficienti reali nelle variabili x,y; nel seguito scriveremo tale equazione nella forma : (1) a11x2+2a12xy+a22y2+2a13x+2a23y+a33=0. Notate che l’equazione (1) può anche essere scritta nella seguente forma matriciale (2) xTAx+2bTx+a33=0 x a11 a12 a13 dove A=1a 2 è una matrice reale e simmetrica, b=1 2, x=1 a23 y2. 12 a 22 Un’altra scrittura più compatta dell’equazione (1) è (3) zTBz=0,
a 11 a 12 a 13 dove B= a 12 a 22 a 23 è una matrice reale simmetrica, detta matrice associata alla conica, e a 13 a 23 a 33 x z=:5y6. 1 Le equazioni canoniche di ellisse, iperbole e parabola sono casi particolari di (1), inoltre è facile notare che anche (a1x+b1y+c1)(a2x+b2y+c2)=0 con a1,b1,c1 e a2, b2, c2 reali oppure con a1,a2; b1 , b2; c1, c2 complessi coniugati è un’equazione di 2° grado a coefficienti reali in x,y.
Sappiamo dunque che una conica può essere: -
una parabola,
-
un’ellisse (eventualmente una circonferenza)
-
un’iperbole
oppure può essere spezzata in due rette che possono essere: -
reali non parallele
-
reali parallele
-
immaginarie coniugate (cioè le rette sono rappresentate da equazioni lineari a coefficienti complessi e i coefficienti di una retta sono i coniugati dei corrispondenti coefficienti dell’altra).
Ci chiediamo allora se ogni conica sia di uno dei precedenti tipi (osservate che il nome conica deriva dal fatto che ellissi, iperboli, parabole, coniche spezzate in rette reali non parallele, in rette coincidenti e in rette complesse coniugate, che si riducono ad un solo punto reale, possono essere ottenute sezionando una cono circolare retto con un piano in posizione opportuna e che solo tali curve possono essere ottenute sezionando un cono circolare retto con un piano) e se ci siano modi per decidere a partire da un’equazione di tipo (1) con che conica stiamo lavorando. Dovremmo vedere che forma può assumere una equazione di secondo grado a coefficienti reali quando si cambi il sistema di riferimento, in modo da portarlo a posizioni particolarmente favorevoli. Il più generale cambiamento di sistema di riferimento nel piano (che sia una isometria, ovvero conservi distanze e angoli) è una rototraslazione e può essere rappresentato nella forma x=UX+v, x v1 X dove U è una matrice ortogonale con det U=1, x=1y2, X=1 2, v=1v 2. Y 2 Per evitare di ripetere gli stessi calcoli per la classificazione delle quadriche nello spazio, ragioniamo nello spazio euclideo Rn. Consideriamo una isometria di Rn della forma (4) x=f(X)=UX+v, x1 v1 x2 v2 dove x=9 ⋮ ;, v=9 ⋮ ; ed U è una matrice ortogonale di ordine n con det U=1. xn vn
Consideriamo gli elementi di Rn come punti di uno spazio ad n dimensioni, identificando un punto col vettore delle sue coordinate rispetto alla base canonica. Questo corrisponde a prendere un sistema di riferimento in cui O è il vettore nullo e gli assi coordinati sono le rette per O parallele ai versori della base canonica. Definizione 1. Chiamiamo quadrica di Rn il luogo dei punti di Rn che soddisfano una equazione di secondo grado nelle variabili x1,x2,...,xn. Ovviamente per n=2 abbiamo le coniche. Una equazione di secondo grado nelle variabili x1,x2,...,xn, si può sempre scrivere nella forma (5) xTAx+2bTx+c=0 dove A è una matrice reale simmetrica di ordine n, b è un vettore di Rn, c è un numero reale. Lemma 1. Sotto l’azione di una isometria x=f(x)=UX+v , un polinomio di secondo grado >X+2b?TX+c= dove A >=UTAU, b?=UT(Av+b), q(x)=xTAx+2bTx+c viene portato nella forma q=(X)=XTA c==vTAv+2bTv+c.
Dim. Sostituendo UX+v ad x in q(x) si ha q=(X)=(XTUT+vT)A(UX+v)+2bT(UX+v)+c= XTUTAUX+ XTUTAv+vTAUX+ vTAv+2bTUX+2bTv+c, da cui tenuto conto che XTUTAv=vTAUX (perché una matrice ridotta ad uno scalare coincide con la sua trasposta e A è simmetrica), si ottiene q=(X)=XTUTAUX+ 2vTAUX+2bTUX+vTAv+2bTv+c= XT(UTAU)X+2[UT(Av+b)]TX+(vTAv+2bTv+c) , in cui ancora si è tenuto conto che A è simmetrica. Osservazione 1.La equazione (5) può essere scritta nella forma più compatta zTBz =0, dove x U D A b X z=@ A, B=5 T 6. La isometria (4) può essere scritta nella forma z=FZ dove Z=@ A e F=5 T 6. 0 1 b c 1 1 >Z =0 Usando queste notazioni sotto l’azione della isometria l’equazione della quadrica diventa ZTB T >=F BF, con B Possiamo allora dimostrare il seguente
Teorema 1: Sia q(x)= zTBz = xTAx+2bTx+c un polinomio di secondo grado nelle variabili x1,x2,...,xn. Allora: • •
gli autovalori e quindi il rango e la traccia di A, il determinante ed il rango di B sono invarianti per rototraslazioni; se r=rk A e λ1,λ2,..,.λr sono gli autovalori non nulli di A, il polinomio q(x) può essere portato tramite una isometria di tipo (4) in una delle seguenti forme - q=(X)= λ1X12 +λ2X22 ..,.λrXr2 , se rk B=r - q=(X)= λ1X12 +λ2X22 ..,.λrXr2 +c con c ≠ 0, se rk B=r+1 - q=(X)= λ1X12 +λ2X22 ..,.λrXr2 +2pXHIJ con p ≠ 0, se rk B=r+2.
> ottenuta da A applicando una rototraslazione, come visto nel lemma 1, è Poiché la matrice A > ha gli stessi autovalori di A e di conseguenza lo stesso ortogonalmente simile ad A, A determinante (che è il prodotto degli autovalori) e la stessa traccia (che è la somma degli >=FTBF non è simile a B perché F non è ortogonale, tuttavia si ha det F=1⋅det U=1 autovalori). B >=det B, ed inoltre essendo F invertibile rk B > =rk B. e dunque per il teorema di Binet det B Abbiamo quindi dimostrato il primo punto del teorema. Portiamo ora q(x) a forma canonica, mediante un’opportuna rototraslazione. Osserviamo che se agiamo su q(x) con una traslazione del tipo x=X+v, non modifichiamo i termini quadratici (ovvero la matrice A), mentre trasformiamo il vettore b in Av+b; se invece agiamo su q(x) con una rotazione del tipo x=UX trasformiamo A in UTAU e b in UTb. Useremo quindi le traslazioni per eliminare, dove possibile, i termini lineari nell’equazione della quadrica. 1) Supponiamo rk A=rk [A| b], allora esiste un vettore w soluzione del sistema lineare Ax=b, per cui, con la traslazione x=x’-w, otteniamo q1(x’)= q(x’-w)= (x’)TAx’+2(-Aw+b)Tx’+c1 = (x’)TAx’+c1 dove c1= vTAv+2bTv+c (tenuto conto del Lemma 1). Poiché A è reale simmetrica dal teorema spettrale segue che esiste una matrice ortogonale > =UTAU= diag(λ1,λ2,..,.λr,0,...,0). U è la matrice formata dall’accostamento dei U, tale che A vettori di una base di autovettori di A . Si può assumere che U abbia determinante 1, perché in caso il determinante fosse -1, basta cambiare il segno di un autovettore, dunque la trasformazione x’=UX è una isometria lineare del tipo richiesto. Applicando tale isometria a >X+c1= λ1X12 +λ2X22 +...+λrXr2 +c1. q1(x’) otteniamo q=(X)=q1(UX)=XTA
Dim. -
-
> 0 A >= rk B >=5 >=rk B; se invece c1≠0 si ha Ora se c1=0 si ha B 6 e dunque rk A=rk A 0T 0 > 0 A > + 1=rk A+1 ed abbiamo quindi trovato i due primi >=5 >= rk A B 6 e quindi rk B=rk B 0T c1 casi del secondo punto del teorema.
2) Supponiamo allora rk A
possiamo pensare di determinante 1, formata dall’accostamento dei vettori ortonormali v1, v2,...,vn. La isometria lineare x’=UX’ agisce sul polinomio portandolo nella forma >=UTAU=diag (λ1,λ2,..,.λr, 0,...,0). q2(X’)=q1(UX’)=(X’)TUTAUX’+2b1TUX’ +c1 dove A UTvr+1 è la colonna (r+1)-esima di UTU=I, dunque è il vettore er+1 della base canonica, quindi UTb1= UT b1 vr+1 = b1 UTvr+1= b1 er+1. Da qui si ha q2(X’)= (X’)Tdiag(λ1,..,λr ,0,...,0)X’+2 b1 er+1TX’+ c1 = =(X’)Tdiag(λ1,λ2,..,λr ,0,...,0)+2 b1 X′HIJ +c1.
Facendo la traslazione Xi=X’i per ogni i≠r+1, e X’r+1= Xr+1-2‖b1 ‖ e ponendo p= b1 λ1X12 +λ2X22 ..,.λrXr2 +2pXHIJ
q=(X)= secondo punto del teorema.
c
1
con p ≠ 0ed abbiamo quindi trovato il terzo caso del
si ha
> (a meno di righe e colonne nulle che possiamo trascurare) ha la forma La matrice B D M0 0T
0 0 p
0 > + 2=rk A+2 >= rk A pO dove D=diag(λ1,λ2,..,λr), quindi rk B=rk B 0
Ovviamente visto che B è ottenuta aggiungendo una riga alla matrice PA| bQ che a sua volta è ottenuta aggiungendo una colonna ad A, si ha sempre rk A≤rk B≤rk A+2 e l’ultimo caso si può avere solo se rk PA| bQ=rk A+1. Quindi abbiamo considerato tutte le possibilità. Usiamo allora il teorema 1 per classificare le coniche, dopo aver osservato che una isometria del tipo (4) per n=2 rappresenta una rototraslazione degli assi.
a 11 Nel caso delle coniche abbiamo B= a 12 a 13
a 12 a 22 a 23
a 13 a 23 , A=1a11 a12 a 33
a12 a13 a22 2, b=1a23 2.
Sappiamo inoltre che sono invarianti per rototraslazione I3=det B, I2=det A=λ1λ2, I1=tr A=λ1+λ2, dove λ1, λ2 sono gli autovalori di A. I3, I2, I1 sono chiamati invarianti ortogonali della conica.
Osserviamo che, moltiplicando l’equazione di una conica per un numero reale k≠0, otteniamo un’equazione che rappresenta la stessa conica, ma il valore di I3 è moltiplicato per k3 e per questa ragione I3 è detto invariante cubico, quello di I2 è moltiplicato per k2 e per questa ragione I2 è detto invariante quadratico, quello di I1 è moltiplicato per k e per questa ragione I1 è detto invariante lineare. Moltiplicando per k l’equazione della conica non si modifica quindi il segno di I2 ed il fatto che gli invarianti siano uguali o diversi da 0. Esaminiamo ora i casi possibili seguendo l’enunciato del teorema 1. •
•
•
sia rk A=rk B, abbiamo allora i seguenti casi - rk A=rkB=1 (quindi I3=I2=0) , in tal caso l’equazione della conica diventa λ1X2=0 e la conica è quindi spezzata in due rette reali coincidenti - rk A=rkB=2 (quindi I3= 0, I2≠0) , in tal caso l’equazione della conica diventa λ1X2+ λ2Y2=0 se I2>0, gli autovalori sono di segno concorde e la conica ha un solo punto reale ed è spezzata in due rette immaginarie coniugate con quel punto in comune se I2<0, gli autovalori sono di segno discorde e la conica è spezzata in due rette reali incidenti sia rk A+1=rk B, abbiamo allora i seguenti casi - rk A=1, rkB=2 (quindi I3=I2=0) ed in tal caso l’equazione della conica diventa λ1X2+c= =0 con c=≠ 0 e la conica si spezza in due rette parallele reali se λ1c= < 0, immaginarie se λ1c= > 0. - rk A=2, rkB=3 (quindi I3≠0,I2≠0) ed in tal caso l’equazione della conica diventa λ1X2+ λ2Y2+c= =0 con c=≠ 0 o più precisamente λ1X2+ λ2Y2+I3/I2=0 se I2>0 e I3I1<0 allora gli autovalori sono di segno concorde e quindi di segno discorde a c= e pertanto la conica è un’ellisse reale. se I2>0 e I3I1>0 allora gli autovalori e c= sono di segno concorde e quindi la conica non ha punti reali e viene detta ellisse immaginaria se I2<0 gli autovalori hanno segno discorde e la conica rappresenta un’iperbole che è equilatera se e solo se I1=0. sia rk A+2=rk B, abbiamo allora rk A=1 e rkB=3, quindi I3≠0,I2=0, la conica assume la forma λ1X2+2pY=0 e rappresenta quindi una parabola.
Quindi non ci sono altri tipo di conica oltre quelli che avevamo già elencato (pur di trattare come ellissi le ellissi immaginarie). Le circonferenze si ottengono come caso particolare delle ellissi quando λ1=λ2. Ellissi, iperboli e parabole sono dette coniche non degeneri, le coniche spezzate in due rette sono dette degeneri. Si può quindi classificare una conica data utilizzando il seguente schema:
>0 spezzata in due rette immaginarie coniugate =0 coniche degeneri ⇒
I2
=0 spezzata in due rette parallele (ev. compl.coniugate) <0 spezzata in due rette reali non // (⊥ se I1=0)
I3 >0 ellisse (immaginaria se I3I1>0) ≠0 coniche non degeneri ⇒ I2
=0 parabola =0 equilatera <0 iperbole⇒ I1 ≠0 non equilatera
Osserviamo che dalla dimostrazione del teorema 1 segue anche che se la conica è una conica a centro (ellisse o iperbole) le coordinate del centro sono le soluzioni del sistema lineare Ax=-b e che gli assi di una conica a centro hanno la direzione degli autovettori associati agli autovalori di A. Si possono inoltre calcolare le lunghezze dei semiassi maggiore e minore delle ellissi reali e dei semiassi trasverso e non trasverso di una iperbole ed inoltre la lunghezza del semiasse focale e e I l’eccentricità.. Infatti la forma canonica λ1X2+ λ2Y2+c= =0 con c= = UWI ≠ 0 può essere scritta V nella forma
XY
Z[ \] ZY
+
^Y
Z[ \Y ZY
=1, quindi se siamo nel caso di un’iperbole e abbiamo scelto come λ1
l’autovalore concorde con c=, abbiamo a=
_[
` ] _Y
e b= − ` [_ , se invece siamo nel caso di una ellissi _
Y Y
reale e abbiamo scelto come λ1 l’autovalore minore in valore assoluto, abbiamo a=
Dai valori di a, b si ricavano in entrambi i casi c ed e con le solite formule.
_[
` ] _Y
e b=
Nel caso di una iperbole altre rette importanti sono gli asintoti che per una iperbole in forma
_[
` Y _Y
.
canonica hanno equazioni y=∓ - x, e quindi sono rette passanti per il centro con direzioni ∓ − `] . ,
`
Y
Le direzioni degli asintoti coincidono con le direzioni delle rette in cui si spezza la conica la cui equazione si ottiene uguagliando a 0 il complesso dei termini di secondo grado dell’equazione dell’ iperbole data. Notate che una volta trovati gli asintoti di una iperbole i suoi assi sono le bisettrici degli angoli formati dagli asintoti e si possono quindi anche trovare come luogo dei punti del piano equidistanti dai due asintoti. L’asse di una parabola ha la direzione dell’autovettore associato all’autovalore nullo (la direzione dell’asse della parabola è anche data dalla direzione delle due rette coincidenti in cui si spezza il complesso dei termini quadratici dell’equazione della parabola). Nel caso della parabola questa informazione non basta a determinare l’asse che si può comunque trovare tenendo conto che la retta tangente alla parabola nel vertice è ortogonale all’asse per cui basta determinare fra le rette ortogonali all’asse (di cui conosciamo la direzione) quella tangente alla parabola. Il punto di tangenza è il vertice della parabola e quindi si può trovare l’asse ed anche le coordinate del fuoco e l’equazione della direttrice. Infatti la direttrice è perpendicolare all’asse e
b]
non interseca la parabola ed il vertice è il punto medio del segmento dell’asse che ha come estremi il fuoco e il punto di intersezione fra direttrice ed asse. La lunghezza di tale segmento è
V
.
Le intersezioni di una conica con una retta sono i punti le cui coordinate si ottengono risolvendo il sistema di secondo grado formato dall’equazione della conica e da quella della retta e sono al più due punti. Se le intersezioni sono due punti reali coincidenti, la retta si dice tangente alla conica nel punto (ovvero nei due punti che coincidono) di intersezione. Una conica può essere vista come una particolare curva piana f(x,y)=0 in forma implicita, quindi la retta tangente ad una conica in un suo punto P(x0,y0) (dove ovviamente f(x0,y0)=0) ha equazione (∂f/∂x)P(x-x0)+(∂f/∂y)P(y-y0)=0. Le intersezioni fra due coniche sono i punti le cui coordinate si ottengono risolvendo il sistema di quarto grado formato dalle equazioni delle due coniche e sono in genere quattro punti (eventualmente in parte coincidenti). Chiamiamo fascio di coniche individuato dalle coniche a1x2+2b1xy+c1y2+2d1x+2e1y+f1=0 , a2x2+2b2xy+c2y2+2d2x+2e2y+f2=0 l’insieme delle coniche di equazione λ( a1x2+2b1xy+c1y2+2d1x+2e1y+f1)+µ( a2x2+2b2xy+c2y2+2d2x+2e2y+f2)=0 con λ, µ∈R o a1x2+2b1xy+c1y2+2d1x+2e1y+f1+k( a2x2+2b2xy+c2y2+2d2x+2e2y+f2)=0 con k=µ/λ∈R (ricordate però che usando un solo parametro perdete la conica del fascio che si ottiene per λ=0). I punti di intersezione delle due coniche che determinano il fascio sono detti punti base del fascio ed ogni conica del fascio passa per quei punti. Osservate che se ci sono due punti base coincidenti, ovvero se le coniche che determinano il fascio sono tangenti in un punto ad una stessa retta, tutte le coniche del fascio sono tangenti in quel punto alla retta. In un fascio di coniche che non sia formato da coniche tutte degeneri ci sono in generale tre coniche degeneri che si ottengono calcolando i valori di k per cui si annulla l’invariante cubico. In un fascio di coniche che non sia formato solo da parabole ci sono in generale due parabole (eventualmente degeneri) che si ottengono calcolando i valori di k per cui si annulla l’invariante quadratico. In un fascio di coniche che non sia formato solo da iperboli equilatere c’è in generale una sola iperbole equilatera (eventualmente degenere in due rette ortogonali) che si ottiene calcolando il valore di k per cui si annulla l’invariante lineare. Una conica dipende da 6 parametri omogenei quindi da 5 parametri essenziali perché l’equazione di una conica è definita a meno di un fattore moltiplicativo non nullo. Una conica è quindi completamente determinata se abbiamo 5 condizioni lineari come, ad esempio, se conosciamo -
5 punti a tre a tre non allineati per cui deve passare la conica 4 punti a tre a tre non allineati per cui deve passare la conica e la retta tangente in uno di essi (che naturalmente non deve passare per gli altri punti) 3 punti non allineati per cui deve passare la conica e le rette tangenti in due di essi (che naturalmente non devono passare per gli altri punti)
Vediamo allora come scrivere la conica che passa per cinque punti a tre a tre non allineati A,B,C,D,E. Scriviamo il fascio di coniche che ha A,B,C,D come punti base facendo la combinazione lineare delle equazioni delle coniche degeneri spezzate rispettivamente nelle rette AB e CD e nelle rette AC e BD ed imponiamo il passaggio per E. Per scrivere la conica che passa per quattro punti a tre a tre non allineati A,B,C,D ed è tangente in A alla retta r, scriviamo l’equazione del fascio di coniche che passano per A,B,C e sono tangenti in A ad r facendo la combinazione lineare delle equazioni delle coniche degeneri spezzate rispettivamente nelle rette AB e AC e nelle rette r e BC ed imponiamo il passaggio per D.
Per scrivere la conica che passa per tre punti non allineati A,B,C ed è tangente in A alla retta r ed in B alla retta s scriviamo l’equazione del fascio di coniche che passano per A,B e sono tangenti in A ad r ed in B ad s facendo la combinazione lineare delle equazioni delle coniche degeneri spezzate rispettivamente nella retta AB contata due volte e nelle rette r ed s ed imponiamo il passaggio per C. Brevissimi complementi (potete anche tralasciarli) Si può osservare che in geometria analitica spesso una direzione gioca un ruolo analogo ad un punto, e che spesso abbiamo dei punti “mancanti”, ad esempio abbiamo detto che una retta in genere incontra una conica in due punti (reali o immaginari) ma se consideriamo l’intersezione di una parabola con una retta parallela al suo asse troviamo una sola intersezione (ci manca quindi un punto che è la direzione dell’asse). Può quindi risultare utile trovare un modo di rappresentare una direzione come un punto, tuttavia con le solite coordinate cartesiane possiamo rappresentare senza ambiguità solo i punti del piano. Possiamo allora pensare di rappresentare punti e direzioni con terne di elementi di cui il terzo elemento è un’etichetta che dice se stiamo considerando un punto o una direzione. Potremmo per convenzione stabilire che l’etichetta è 1 se stiamo considerando un punto, è 0 se stiamo considerando una direzione. In questo modo la direzione [a,b]T viene rappresentata come terna (a,b,0) ed il punto di coordinate (x0,y0) viene rappresentato dalla terna (x0,y0,1). Nel caso di una direzione però abbiamo che per ogni k≠0 [a,b]T e [ka,kb]T rappresentano la stessa direzione e quindi le terne (a,b,0) e (ka,kb,0) devono rappresentare lo stesso elemento. Per rendere la situazione uniforme coi punti del piano conveniamo di rappresentare il punto (x0,y0) con una qualsiasi terna (kx0,ky0,k) con k≠0. Diciamo piano proiettivo l’insieme delle terne (a,b,c), con la convenzione che due terne proporzionali rappresentino lo stesso punto. I punti del piano proiettivo sono di due tipi: punti propri (con c≠0) , punti impropri (con c=0). Ogni terna (a,b,c) con c≠0 corrisponde al punto (a/c, b/c) del piano cartesiano, ogni terna (a,b,0) corrisponde alla direzione [a,b]T. Le terne (a,b,c) sono dette coordinate omogenee dei punti del piano proiettivo. Nel piano proiettivo si ottengono le equazioni di rette e coniche sostituendo X/U ad x e Y/U ad y. Ogni retta è quindi rappresentata da un’equazione lineare omogenea nelle variabili X,Y,U, viceversa ogni equazione lineare omogenea nelle variabili X,Y,U rappresenta una retta. In questo modo ammettiamo anche una retta del tipo U=0 che si chiama retta impropria. Ogni conica nel piano proiettivo è rappresentata da una equazione omogenea di secondo grado nella variabili X,Y, U e viceversa. Abbiamo così fra le coniche anche le coniche spezzate in una retta e nella retta impropria o nella retta impropria contata due volte. Le coniche possono essere classificate sulla base dei loro punti impropri, infatti una conica non degenere è una parabola se ha due intersezioni coincidenti con la retta impropria (e questo punto rappresenta la direzione dell’asse),è un’ellisse se ha due intersezioni immaginarie con la retta impropria ed è una iperbole se ha due intersezioni reali e distinte con la retta impropria ( e tali punti rappresentano le direzioni degli asintoti). Data una conica f(X,Y,U)=0 nel piano proiettivo, ed un punto P (a,b,c) in coordinate omogenee, si ∂f ∂f ∂f chiama polare di P rispetto alla conica, la retta di equazione c∂Xe X+ c∂Ye Y+ c∂Ue U=0. P
P
P
Se P è un punto della conica, riportando questa retta in coordinate cartesiane (dividendo per U e sostituendo x ad X/U e y ad Y/U) si trova l’equazione della tangente alla curva in P, se invece P
non appartiene alla conica e la polare di P interseca la conica in due punti A e B le rette PA e PB sono le tangenti alla conica uscenti da P. Utilizzando la teoria della polarità (che esula dal contenuto di questo corso) si possono trovare facilmente gli asintoti di un’iperbole che sono le polari dei punti impropri del’iperbole, l’asse di una parabola, che è la polare del punto improprio avente direzione ortogonale all’asse della parabola, ed ∂f ∂f il centro di una conica a centro le cui coordinate sono le soluzioni del sistema =0, =0. ∂x
∂y
NOTA BENE. Questi appunti non sono esaustivi, non contengono tutto quanto detto a lezione/esercitazioni. Non bastano come materiale per preparare l’esame. Possono essere utili per un veloce ripasso.
Matrici reali simmetriche, teorema spettrale, forme quadratiche (Capitolo 9 del testo) Def. 1 . Una matrice quadrata e reale si dice ortogonalmente diagonalizzabile se esiste una matrice ortogonale U tale che U-1AU sia diagonale. Poiché U è ortogonale si ha U-1=UT e quindi una matrice è ortogonalmente diagonalizzabile se esiste una matrice ortogonale U tale che UTAU sia diagonale . Una matrice reale ortogonalmente diagonalizzabile è simmetrica, infatti da UTAU=D con D diagonale abbiamo (UTAU) T=DT=D= UTAU. Studiamo allora le matrici reali simmetriche. Ci viene utile la seguente Def.2. Dati due vettori v=[v1,v2,...,vn]T, w=[w1,w2,...,wn]T in Cn si dice prodotto hermitiano v×w il n
numero complesso
∑v i =1
i
w i =vT w , dove w i indica il coniugato di wi e w indica il vettore le cui
componenti sono i coniugati delle componenti di w. Proposizione 1. Gli autovalori di una matrice reale simmetrica sono reali. Dim.Sia λ un autovalore di A. Abbiamo =<λv,v>. =λ||v||2 e = = λ ||v||2. = e quindi λ||v||2= λ ||v||2, cioè λ= λ . Proposizione 2.Sia A una matrice reale simmetrica, Siano λ,µ due autovalori distinti di A a cui sono associati gli autovettori v,w rispettivamente. Allora v e w sono ortogonali. Dim.Poiché A è reale e simmetrica, λ,µ sono reali per la proposizione 1 e quindi v,w ∈Rn. Si ha =(Av)Tw=vTAw=, ma =<λv,w>=λ e ==µ e quindi λ= µ , da cui =0. Possiamo ora dimostrare il seguente Teorema 1 (Teorema spettrale o degli assi principali). Una matrice reale simmetrica è ortogonalmente diagonalizzabile. Dim. Il teorema si dimostra per induzione sull’ordine n di A. Il teorema vale ovviamente se n=1. Supponiamo ora che il teorema valga per matrici reali simmetriche di ordine n-1. Sia A una matrice reale simmetrica di ordine n. Per il teorema fondamentale dell’algebra il polinomio caratteristico di A ha almeno una radice λ1 in C che per la Proposizione 1, essendo un auto valore di A, è reale. Sia allora q1 un autovettore di A associato all’autovalore λ1 appartenente a Rn e di norma 1. Estendiamo q1 ad una base ortonormale B={q1,b2,...,bn} di Rn (cosa che si può fare estendendo q1 ad una base di Rn e poi applicando l’algoritmo di Gram Schmidt e la normalizzazione). Sia P=[ q1|b2|...|bn] la matrice ortogonale formata dall’accostamento dei vettori colonna della base ortonormale B e sia C=PTAP=P-1AP. La matrice C rappresenta l’applicazione lineare fA associata ad A rispetto alla nuova base B . La prima colonna di C è allora il vettore delle coordinate di fA (q1) rispetto alla base λ 1 0 B. Poiché fA (q1)= λ1q1 si ha q1= . La matrice C è reale simmetrica, infatti CT=(PTAP) T=C, M 0
λ 0 T dunque C= 1 , dove A1 deve a sua volta essere reale simmetrica. A1 ha ordine n-1, quindi 0 A 1 per ipotesi di induzione esiste una matrice ortogonale Q tale che QTA1Q=D1 con D1 matrice 1 0 T 1 0 T λ 1 0 T 1 0 T T diagonale. Consideriamo allora la matrice R= , quindi R CR= T 0 Q 0 Q 0 A 1 0 Q λ 0 T = 1 è una matrice diagonale D. 0 D 1 La matrice U=PR è ortogonale, essendo prodotto di due matrici ortogonali, e trasforma A in D.
Ne segue Corollario 1. Sia A una matrice reale simmetrica di ordine n e siano λ1,λ2,...,λs i suoi autovalori distinti . Sia V(λi) l’autospazio associato all’autovalore λi e sia Bi una base ortonormale di V(λi). Allora - L’unione B1∪ B2∪...∪ Bs è una base ortonormale di Rn. - Rn è la somma diretta degli autospazi V(λi) - Gli autospazi V(λi) sono a due a due ortogonali. Dim. Dal teorema spettrale sappiamo che A è ortogonalmente diagonalizzabile, quindi ogni autovalore ha molteplicità geometrica uguale alla molteplicità algebrica, ne segue che la somma delle dimensioni degli autospazi associati agli auto valori di A è n. Dunque B1∪ B2∪...∪ Bs è formata da n elementi, ogni coppia di vettori in uno stesso Bi è formata per definizione da vettori ortonormali ed ogni vettore di Bi è per la Proposizione 1 ortogonale ad ogni vettore di Bj se i≠j. Abbiamo così provato che B1∪ B2∪...∪ Bs è una base ortonormale di Rn. La Proposizione 2 dice che gli autospazi V(λi) sono a due a due ortogonali. Inoltre è noto che due autospazi associati ad autovalori distinti hanno in comune solo il vettore 0. Corollario 2. Sia A una matrice reale simmetrica di ordine n e siano λ1,λ2,...,λs i suoi autovalori distinti . Sia Pi la matrice proiezione sull’autospazio V(λi) associato all’autovalore ,λi. Allora - A=λ1P1+λ2P2+...+λsPs (decomposizione spettrale di A) - I=P1+P2+...+Ps - Ogni Pi è simmetrica, Pi2= Pi , PiPj=0 Dim. Poiché A è reale simmetrica esiste una matrice ortogonale Q tale che QTAQ=diag(µ1,µ2,...,µn) dove µ1,µ2,...,µn sono gli autovalori di A (indicati così invece che con λ1,λ2,...,λs per tener conto che qualche λi può comparire più volte). Poichè I=QQT, detta qi la i-esima colonna di Q , si ha I=q1q1T+q2q2T+...+qnqnT e da A=Q diag(µ1,µ2,...,µn) QT si ricava A= µ1q1q1T+ µ2q2q2T+...+ µnqnqnT. Da qui raccogliendo gli autovalori uguali e ricordando dalle dispensine sugli spazi euclidei la forma della matrice proiezione abbiamo le prime due asserzioni. Sappiamo già che ogni Pi è simmetrica, Pi2= Pi , inoltre Pjv∈ V(λj) per ogni vettore v, e quindi Pi(Pjv)=0 per cui PiPj è la matrice nulla. Dalla decomposizione spettrale A=λ1P1+λ2P2+...+λsPs ricaviamo, tenuto conto delle proprietà degli autovalori e autovettori associati, che per ogni n>0 si ha An=λ1nP1+λ2nP2+...+λsnPs; inoltre se tutti gli autovalori di a sono diversi da 0 si ha A-1=λ1-1P1+λ2-1P2+...+λs-1Ps; se f(x) è una funzione nel cui campo di esistenza stanno gli autovalori abbiamo f(A)= f(λ1)P1+ f(λ2)P2+...+ f(λs)Ps , in particolare se gli autovalori di A sono tutti non negativi possiamo definire √A=λ1 P1 λ2 P2 …λs Ps . Si verifica che la matrice così ottenuta è l’unica matrice il cui quadrato è uguale ad A. Def. 3. Una forma quadratica reale nelle variabili x1,x2,...,xn è un polinomio di secondo grado omogeneo a coefficienti reali nelle variabili x1,x2,...,xn . Una forma quadratica q(x) è quindi
q(x)=a11x12+a22x22+...+annxn2+2a12x1x2+2a13x1x3+...+2a1nx1xn+2a23x2x3+...+2an-1n xn-1xn=xTAx dove a11 a12 … a1n a12 a22 … a2n A è la matrice reale simmetrica
. La forma quadratica si dice allora a1n a2n … a1nn rappresentata da A. 1 2 1/2 2 2 2 2 1 0 . . La forma quadratica x +4xy-y +xz-3z è rappresentata dalla matrice Esempio 1 1/2 0 3 Si ha ovviamente q(0)=0 e q(tx)=t2q(x), per ogni t∈R.
Def. 4. Una forma quadratica reale nelle variabili x1,x2,...,xn si dice -
definita positiva (negativa) se q(x)>0 (<0) per ogni x∈Rn, x ≠0, semidefinita positiva (negativa) se q(x)≥0 (≤0) per ogni x∈Rn, x ≠0 ed esiste un x ≠0 per cui q(x)=0, indefinita se esistono x1,x2∈Rn tali che q(x1)<0< q(x2).
Una matrice simmetrica A si dice (semi)definita positiva (negativa), indefinita se la forma quadratica xTAx è (semi)definita positiva (negativa), indefinita. Le matrici reali simmetriche definite positive sono legate al prodotto scalare. Infatti considerato un prodotto scalare <-,-> in Rn la matrice B il cui elemento di posto (i,j) è è una matrice reale simmetrica definita positiva. Viceversa se abbaimo una matrice reale simmetrica definita positiva =xTBy è un prodotto scalare in R n . Lo studio del segno di una forma quadratica ha molte applicazione ed è facilitato se la forma quadratica è trasformata in una forma che contiene solo i termini coi quadrati delle variabili. Consideriamo la forma quadratica q(x)=xTAx , con un cambiamento di base x=SX la forma diventa q(X)=XT(STAS)X. Def.5. Una matrice B si dice congruente ad una matrice simmetrica A se esiste una matrice non singolare S tale che B=STAS. Si verifica facilmente che -
Se B è congruente ad una matrice simmetrica A, anche B è simmetrica La relazione di congruenza fra matrici simmetriche è una relazione di equivalenza. Sia q(x)=xTAx una forma quadratica, allora A è congruente ad una matrice diagonale (basta infatti usare il teorema spettrale, visto che A è reale e simmetrica) Due matrici congruenti non sono sempre simili (infatti sono simili se esolo se S è una matrice ortogonale)
Il segno di una forma quadratica è determinato dagli autovalori della matrice A associata alla conica. Infatti possiamo sempre trovare (grazie al teorema spettrale) una trasformazione ortogonale Q tale che q(x) con la trasformazione di coordinate x=QX diventi q(X)=λ1X12+ λ2X22+...+ λnXn2 dove λ1, λ2,..., λn sono gli autovalori di A. Siano λmin, λmax rispettivamente il minimo ed il massimo fra gli autovalori di A, dalla espressione da q(X)=λ1X12+ λ2X22+...+ λnXn2 si ricava subito che λmin||X||2≤q(X)≤λmax ||X||2. Si ha quindi che Proposizione 3. Sia q(x)=xTAx . Allora -
q(x) è definita positiva (negativa) se ha tutti gli autovalori positivi (negativi) q(x) è semidefinita positiva (negativa) se ha tutti gli autovalori non negativi (non positivi) ed uno almeno nullo
-
q(x) è indefinita se ha un autovalore negativo ed uno positivo.
Si può dimostrare che - una matrice reale simmetrica A è definita positiva se e solo se i minori principali di nord ovest di A sono positivi, dove i minori principali di nord ovest sono i determinanti delle matrici che si ottengono da A cancellando le ultime r colonne e le ultime r righe; - una matrice reale simmetrica A è semidefinita positiva se e solo se i minori principali di A sono non negativi, dove i minori principali sono i determinanti delle sottomatrici quadrate di A simmetriche rispetto alla diagonale di A; - due matrici sono congruenti se e solo se hanno lo stesso numero di autovalori positivi e lo stesso numero di autovalori negativi; - Se A ha ordine n ed ha s autovalori positivi, t autovalori negativi con s+t≤n, allora esiste un cambiamento di coordinate x=SX tale che se q(x)=xTAx allora q(X)=X12+X22+...+Xt2-Xt+12-...-Xt+s2. I numeri (t,s, n-t-s) si dicono segnatura delle forma quadratica.
NOTA BENE. Questi appunti non sono esaustivi, non contengono tutto quanto detto a lezione/esercitazioni. Non bastano come materiale per preparare l’esame. Possono essere utili per un veloce ripasso.
Spazi Euclidei (vedi capitolo 8 del testo) Prodotto scalare e norma di un vettore Def 1. Sia V uno spazio vettoriale su R, diciamo prodotto scalare in V una funzione che ad ogni coppia di vettori v, w∈V associa un numero reale (complesso) con le seguenti proprietà 1. Commutatività: = per ogni v, w∈V 2. Linearità: =+ e =t per ogni v1,v2,w∈V, t∈R 3. Positività: ≥ 0 per ogni v ∈V e = 0 se e solo se v=0. Uno spazio vettoriale in cui sia definito un prodotto scalare si dice spazio euclideo. La 2. può essere sostituita dalla condizione equivalente =t1+t2 per ogni v1,v2,w∈V; t1,t2∈R Da 1. e 2. segue anche che =+ e =t per ogni v,w1, w2∈V, t∈R. Esempi n
1) Sia V=Rn, allora =vTw = ∑ v i w i è un prodotto scalare su Rn detto prodotto scalare i =1
standard. 2) Sia V lo spazio vettoriale delle matrici m,n sul campo reale, =tr ATB è un prodotto scalare in V (che coincide con il prodotto scalare standard di Rn×m quando ogni matrice è identificata con un vettore con n×m componenti. 3) Sia V lo spazio delle funzioni reali definite e continue in [a,b] allora = ∫abf(x)g(x)dx è un prodotto scalare in V. Def.2. Sia V uno spazio euclideo in cui è definito il prodotto scalare <-,- > , si chiama norma di un vettore v∈V il numero reale non negativo v = < v, v > . Un vettore di norma 1 si chiama versore. La norma gode delle seguenti proprietà: - Omogeneità: t v = t v - Annullamento: v =0 se e solo se v=0. Def.3. Due vettori v, w appartenenti ad uno spazio euclideo V con prodotto scalare <-,- > si dicono ortogonali se =0 Osservazione. Il vettore 0 è ortogonale ad ogni vettore. Infatti <0,v>=<00,v>=0<0,v>=0. In uno spazio euclideo V con prodotto scalare <-,- >, sussistono i seguenti teoremi. 2 2 2 a. Teorema di Carnot: v + w = v + w +2. Infatti, dalla definizione di norma e dalle proprietà del prodotto scalare si ha: 2 v + w = =+=+++= 2
2
< v,v>+++ = v + w +2 2
2
2
b. Teorema di Pitagora: Se v, w sono ortogonali v + w = v + w . Segue immediatamente dal teorema di Carnot.
c. Teorema di Pitagora generalizzato: Se v1,v2,…,vd sono a due a due ortogonali, 2 2 2 2 v 1 + v 2 + ... + v d = v1 + v 2 +…+ v d . 2
2
2
Dal Teorema di Carnot si ricava la formula di polarizzazione: =( v + w − v − w )/2 che indica come uno spazio euclideo potrebbe essere definito a partire dall’introduzione di una nozione di norma di un vettore derivando poi la nozione di prodotto scalare. Def 4. In uno spazio euclideo si dice distanza di due vettori v, w la norma v − w differenza. Def 5. Sia V uno spazio euclideo e siano v,b∈V con b≠0. Il vettore c=
< v, b > 2
b
< v, b >
ortogonale di v sullo spazio vettoriale L(b), generato da b. Lo scalare
b
2
2
della loro
b si dice proiezione
si chiama coefficiente
di Fourier di v rispetto a b. Si hanno le seguenti proprietà: -
c∈L(b), immediato dalla definizione di c.
-
v-c è ortogonale ad ogni vettore di L(b). Infatti si ha
< v, b > b
-
2
b,tb>=t-t
< v, b > b
2
=0
c è il vettore di L(b) a distanza minima da v. 2
2
2
2
Sia infatti w∈L(b), si ha v − w = (v − c) + (c − w ) = v − c + c − w per il teorema di Pitagora, in quanto abbiamo appena visto che v-c è ortogonale ad ogni vettore di L(b) e 2 2 quindi in particolare a c-w. Ore se c≠w si ottiene subito v − w > v − c . Possiamo ora provare alcune significative disuguaglianze valide in ogni spazio euclideo: d. Disuguaglianza di (Cauchy-)Schwarz: Per ogni coppia di vettori v, w si ha ||≤||v|| ||w|| e ||=||v|| ||w|| se e solo se i vettori v, w sono linearmente dipendenti. Osserviamo che se w=0 allora w è linearmente dipendente da ogni v e =0, v =0. Supponiamo allora w≠0. Sia x il coefficiente di Fourier di v rispetto a w. Poiché xw e v-xw sono 2 2 2 ortogonali, dal teorema di Pitagora abbiamo v = x w − v − x w ≥ xw
2
2
−x w =
< v, w > w
2
2 2
, da cui si ottiene la disuguaglianza cercata moltiplicando per w .
Nella relazione precedente il ≥ diventa un’uguaglianza se e solo se v=xw o equivalentemente se v∈L(w) e quindi se e solo se v,w sono linearmente dipendenti. e. Disuguaglianza triangolare: ||v+w||≤||v||+||w||, per ogni v, w∈ V, dove l’uguaglianza vale se e solo se v, w sono linearmente dipendenti e Infatti ||v+w||2=(v+w)⋅(v+w)=||v||2 +++||w||2≤ ||v||2 +2||+||w||2 e usando la disuguaglianza di Schwarz si ha allora ||v+w||2≤ (||v||+||w||)2 da cui segue la tesi. L’uguaglianza si ha solo se si ha l’uguaglianza di Schwarz e ||=. < v, w > La disuguaglianza di Schwarz dice che -1≤ ≤1, dunque possiamo introdurre la seguente v w
Def.6. Siano v,w due vettori non nulli di uno spazio euclideo V con prodotto scalare <-,->, l’angolo < v, w > formato da v,w è cos θ = . v w Osservate che è effettivamente l’angolo che due vettori paralleli ed equiversi a v e w applicati in uno stesso punto formano nel piano o nello spazio ordinario.
Basi ortogonali e ortonormali Def.7. Una base {b1,b2,....,bn} di uno spazio euclideo V si dice base ortogonale se i suoi elementi sono a due a due ortogonali, , una base ortogonale i cui vettori hanno tutti norma 1 si dice base ortonormale. La base canonica di Rn è una base ortonormale. Ovviamente da una base ortogonale si ricava una base ortogonale dividendo ogni vettore della base per la sua norma. Osserviamo che: •
Un insieme di vettori non nulli a due a due ortogonali è un insieme di vettori linearmente indipendenti. Infatti sia {v1,v2,…,vm} un insieme di vettori a due a due ortogonali e sia α1v1+α2v2+…+αmvm=0, per ogni vettore vi (i=1,2,…,m) si ha <α1v1+α2v2+…+αmvm,vi>=α1+α2+…+αm=α10 +…+αi<+…+αm0=0, cioè αi=0.
Inoltre con facili calcoli si ha •
Sia B={b1,b2,....,bn} una base ortogonale di uno spazio euclideo V. Le componenti di un vettore v∈V rispetto alla base B sono i coefficienti di Fourier di v rispetto a bi (1≤i≤n).
•
Sia B={q1,q2,....,qn} una base ortonormale di V, allora -
v=[,,...,]T,
v = x 12 + x 22 + ... + x 2n dove xi= per ogni 1≤i≤n, =vTw=x1y1+x2y2+...+xnyn dove xi= , yi= per ogni 1≤i≤n.
Da questo abbiamo che uno spazio euclideo di dimensione n riferito ad una base ortonormale può essere identificato con Rn col prodotto scalare standard. Def.8. Sia H un sottospazio di uno spazio euclideo V con prodotto scalare <-,->, un vettore v si dice ortogonale ad H se è ortogonale ad ogni vettore di H. L’insieme dei vettori ortogonali ad H si denota col simbolo H⊥. Si dimostra facilmente che •
H⊥ è un sottospazio di V,
•
v∈H⊥ se e solo se è ortogonale ad ogni generatore di H.
Def.9. Sia H un sottospazio di uno spazio euclideo V con prodotto scalare <-,-> e sia v∈V. Si dice proiezione ortogonale di v su H un vettore vH tale che v-vH sia ortogonale ad H. Siano V uno spazio euclideo ed H un suo sottospazio: •
Se v=v1+v2 con v1∈H, v2∈ H⊥, allora v1 è l’unico vettore di H a distanza minima da V ed è l’unico vettore di H tale che v-v1 è ortogonale ad H, dunque v1= vH.
2
2
2
2
Infatti sia w∈H, allora v − w = (v − v1 ) + ( v1 − w ) = v − v1 + v1 − w , quindi se w≠ v1 si ha v − w > v − v1 . Ovviamente v-v1 è ortogonale ad H ed è l’unico ortodonale ad H perché se ci fosse un altro vettore u∈H con v-u ortogonale ad H si avrebbe v=u+(v-u) ed u sarebbe un altro vettore a distanza minima da v. •
Se H ammette una base ortogonale B={b1,b2,....,bd} allora ogni vettore v di V ha una proiezione ortogonale vH su H le cui componenti sono i coefficienti di Fourier di v rispetto a bi per 1≤i≤d. Basta verificare che il vettore le cui componenti sono i coefficienti di Fourier di v rispetto a bi per soddisfa le condizioni della proiezione ortogonale su H.
Mostriamo ora che un qualsiasi sottospazio di dimensione finita di uno spazio V ammette una base ortogonale e quindi una base ortonormale. Teorema 1 (Algoritmo di Gram Schmidt). Dato un insieme {v1,v2,....,vd} di vettori linearmente indipendenti di V è posssibile costruire iterativamente un insieme di vettori {b1,b2,....,bd} a due a due ortogonali, tali che per ogni k≤d, L(v1,v2,....,vk)=L(b1,b2,....,bk). La procedura iterativa è la seguente: b1 = v1 , b2= v2-x21b1 b3= v3-(x31b1+ x32b2) ... bd= vd-(xd1b1+ xd2b2+ ...+ xdd-1bd-1) dove xij è il coefficiente di Fourier di vi rispetto a bj. In particolare se {v1,v2,....,vd} è una base per H allora {b1,b2,....,bd} è una base ortogonale di H. Dim. Il procedimento è sostanzialmente il seguente: nel sottospazio generato da v1, v2 si prende un vettore b2 ortogonale a v1 che si trova come differenza fra v2 e la proiezione ortogonale di v2 su v1. Nel sottospazio generato da v1, v2, v3 (che coincide con quello generato da v1, b2,v3) si prende un vettore b3 ortogonale a v1, b2 che si trova come differenza fra v3 e la proiezione ortogonale di v3 sullo spazio generato da v1 e b2 (che ha una base ortogonale) e si continua così fino a trovare un vettore bd ortogonale a v1, b2 ,…, bd-1 . I vettori così trovati sono a due a due ortogonali e quindi linearmente indipendenti e quindi essendo dim L(v1,v2,....,vk)=k ed essendo ogni bi ∈ L(v1,v2,....,vk), si ottiene l’uguaglianza dei due spazi. Come corollari del Teorema 1 si trova che •
Uno spazio euclideo di dimensione finita ha sempre una base ortogonale
•
Sia V uno spazio euclideo. Esiste sempre la proiezione ortogonale di un vettore v∈V su un sottospazio di V di dimensione finita.
•
Se V è uno spazio euclideo di dimensione finita, ed H è un suo sottospazio, V è somma diretta di H e H⊥ e (H⊥)⊥=H.
Esempio 1
1 1 1 A partire dalla base di R3 data da v 1 = 1, v 2 = 0, v 3 = 1 , trovare una base ortonormale di R3. 0 1 1
1 1 / 2 1 1 1 / 2 − 1 / 3 2 1 = − 1 / 2 , b = 1 - 1 − − 1 / 2 = 1 / 3 formano una base 3 3 0 1 1 0 1 1 / 3 ortogonale. Per trovare la base ortonormale dobbiamo dividere ogni vettore per la sua norma, ottenendo: 1/ 2 − 1/ 6 - 1/ 3 q1= 1/ 2 , q2= 1/ 6 , q3= 1/ 3 . 0 − 2/ 6 1/ 3 1 1 I vettori b1=v1, b2= 0 2 1
Matrici ortogonali e isometrie Def 10. Una matrice quadrata U di ordine n a coefficienti reali si dice ortogonale se UTU=In . E’ facile verificare che -
U è una matrice ortogonale se e solo se le sue colonne sono vettori di norma 1 a due a due ortogonali (e quindi formano una base ortonormale di Rn). - Una matrice ortogonale è non singolare e la sua inversa è UT - Se U è una matrice ortogonale anche UT è ortogonale - Se U e V sono ortogonali anche UV è ortogonale. - Se U è ortogonale allora det U=±1. - Sono equivalenti i. U è ortogonale, per ogni v∈Rn si ha ||Uv||=||v|| ii. iii. per ogni v,w∈Rn si ha =. i.⇒ii. ||Uv||2=(Uv)T(Uv)=vT(UTU)v=vTv=||v||2 da cui essendo la norm non negativa si ricava l’asserto. ii.⇒iii. segue dalla formula di polarizzazione iii.⇒i. Sappiamo che se ei è l’i-esimo vettore della base canonica di Rn, allora Uei è la i-esima 1 se i = j colonna ci di U. Allora === , quindi UTU=In. 0 se i ≠ j • Ogni autovalore reale di una matrice ortogonale U vale 1 o -1. Infatti se v è un autovettore di U associato all’autovalore λ si ha Uv=λv, quindi ||v||=||Uv||=||λv||=|λ|||v||, da cui |λ|=1.
cos θ − sen θ cos θ sen θ Le matrici ortogonali di ordine 2 sono del tipo U1= , U2= . Il sen θ cos θ sen θ - cos θ determinante di U1 è 1 quello di U2 è -1. La prima matrice rappresenta la rotazione del piano attorno all’origine di un angolo θ, la seconda rappresenta una riflessione ortogonale che ha per asse la retta di direzione [cos(θ/2),sen(θ/2)]T (che può essere vista come una rotazione più un ribaltamento). Analogamente le matrici ortogonali di ordine 3 rappresentano se hanno determinante 1 una rotazione se hanno determinante -1 una simmetria rispetto all’autospazio dell’autovalore 1 (o rispetto a un punto se l’autospazio è formato da solo vettore 0) Def.11. Siano V1,V2 due spazi euclidei, un’applicazione f: V1→V2 si dice isometria se preserva le distanze, ovvero se per ogni v,w∈V1 si ha f( v) − f( w ) V = v − w V . Se f è un’isometria che è 2
anche un’applicazione lineare f si chiama isometria lineare.
1
Un’applicazione lineare è un’isometria se e solo se preserva la norma dei vettori. Infatti se f è un’applicazione lineare, detti 01 e 02 i vettori nulli di V1 e V2 abbiamo f(01)=02, quindi f( v) − f(01 ) V = v − 01 V quindi f( v) V = v V . Il viceversa segue dalla formula di 2
1
2
1
polarizzazione. Nel piano e nello spazio le rototraslazioni sono isometrie, le rototraslzioni che sono isometrie lineari sono rotazioni. Le applicazioni lineari associate a matrici ortogonali sono isometrie lineari. Matrici delle proiezioni ortogonali Sia H un suo sottospazio di Rn, la funzione f:Rn→Rn che associa ad un vettore v la sua proiezione ortogonale vH su H, è lineare. Cerchiamo di determinare una matrice P tale che Pv= vH in Rn. Proposizione 1. Se {q1,q2,...,qd} è una base ortonormale di H allora detta A la matrice formata dall’accostamento dei vettori {q1,q2,...,qd} si ha P=AAT=q1q1T+q2q2T+...+qdqdT. Dim. Sappiamo che la rappresentazione di vH rispetto ad una base ortonormale è vH=(q1Tv)q1+...+(qdTv)qd . Osserviamo che se q,v sono vettori di Rn, allora (qTv)q=q(qTv)=(qqT)v, quindi vH=(q1Tv)q1+...+(qdTv)qd =( q1q1T +...+ qd qdT)v . Ma essendo q T 1T q AAT=[q1| q2|...|qd] 2 = q1q1T +...+ qd qdT, abbiamo P=AAT. M T q d Le matrici di proiezione sono caratterizzate dalla seguente Proposizione 2. Una matrice P quadrata reale di ordine n è la matrice della proiezione ortogonale su un sottospazio H di Rn se e solo se -
P2=P
-
PT=P.
Se le precedenti condizioni sono verificate, H è lo spazio generato dalle colonne di P ed H⊥ è ker P.
Dim. Supponiamo che P sia la matrice di proiezione su un sottospazio H di V. Per ogni vettore v∈V, Pv∈H e quindi P(Pv)=Pv, da cui per l’arbitrarietà di v, si ha P2=P. Poiché P=AAT, si ha subito che PT=P. Viceversa supponiamo che P2=P e PT=P. Pv appartiene allo spazio delle colonne di P essendo una combinazione lineare delle colonne di P. Mostriamo che v-Pv è ortogonale allo spazio Col(P) delle colonne di P, questo significa mostrare che v-Pv∈Col(P)⊥=ker PT=ker P, perché P è simmetrica. Infatti P(v-Pv)=0 perché P2=P. Dunque Pv è la proiezione di v sullo spazio H=Col(P) ed abbiamo già visto che Col(P)⊥=ker P. Proposizione 3. Sia H un sottospazio di uno spazio Euclideo V, la matrice della riflessione (simmetria) ortogonale rispetto ad H è I-2P’, dove P’ è la matrice proiezione ortogonale su H⊥.
Dim. Sia v∈V poiché Vè somma diretta di H e H⊥ il vettore v si scrive in uno e un sol modo nella forma v=v1+v2 con v1∈ H, v2∈ H⊥. Sia Q la matrice della riflessione (simmetria) ortogonale rispetto ad H, si ha vQ=(v1+v2)Q= v1Q+v2Q, ma v1Q=v1=v-v2 , v2Q= -v2=-vP’, dove P’ è la matrice proiezione ortogonale su H⊥ e dunque vQ=v-v2-v2=v-2vP’e quindi Q=I-2P’.
NOTA BENE. Questi appunti non sono esaustivi, non contengono tutto ciò che è stato detto a lezione/ esercitazione; costituiscono una base minima di conoscenze necessarie a superare l’esame o uno strumento per un ripasso veloce. Contengono però le dimostrazioni che potrebbero essere richieste all’orale.
SISTEMI LINEARI (capitolo 2 del testo) Def 1. Si dice equazione lineare a coefficienti in un campo K nelle n variabili x1, x2,…, xn una equazione del tipo a1x1+a2x2+…+anxn=b con a1,a2,…an,b ∈K . Una soluzione (NON n soluzioni!!) dell’equazione è una n-upla (α1,α2,…,αn) di elementi di K tale che a1 α1+a2 α2+…+anαn=b . Esempio 1. Una soluzione dell’equazione 3x+2y=7 a coefficienti in R è la coppia (1,2), infatti 3⋅1+2⋅2=7; ovviamente l’equazione data ammette infinite soluzioni del tipo (α,
7-3α 2
) con α∈R.
Def 2. Si dice sistema lineare di m equazioni in n incognite a coefficienti nel campo K un insieme di m equazioni lineari in n incognite a coefficienti in K. Il sistema avrà quindi la forma a11 x1 +a12 x2 +...+a1n xn =b1 a x +a x +...+a2n xn =b2 (1) 21 1 22 2 ⋮ am1 x1+am2 x2 +...+amn xn =bm
Si dice soluzione del sistema lineare una n-upla di elementi di K che sia soluzione di tutte le equazioni del sistema, ammesso che tale n-upla esista. Un sistema lineare può essere sempre rappresentato (vedi algebra delle matrici) con un’equazione matriciale del tipo (2)
Ax=b,
ove A è la matrice di tipo (m,n) la cui riga i-esima è formata dai coefficienti della i-esima equazione del sistema: a11 a12 … a1n a21 a22 … a2n A= ⋮ ⋮ ⋱ ⋮ am1 am2 … amn
e viene detta matrice dei coefficienti, x e b sono vettori colonna rispettivamente di tipo (n,1) ed (m,1) della forma: x1 b1 x2 b x= ⋮ , b= 2 ⋮ xn bm
detti rispettivamente vettore (o matrice) delle incognite e vettore dei termini noti. La matrice C=[A|b] di tipo (m,n+1) ottenuta accostando alle colonne di A la colonna b si chiama matrice completa.
Le soluzioni del sistema (1) sono tutte e sole le soluzioni dell’equazione matriciale (2). Esempio 2 3x+y=2 x-2y=1 5z+2y=3
Il sistema lineare
3 1 x 2 1 -2 y = 1 5 2 3
ammette la seguente rappresentazione come equazione matriciale:
Def 3. Un sistema lineare è impossibile se non ammette soluzioni, un sistema che ammette soluzioni è possibile: un sistema possibile è detto determinato se ammette una ed una sola soluzione (che è una n-upla di numeri reali!), altrimenti è detto indeterminato. Esempio 3 2x+y=0 3x-y=1
Il sistema lineare
è possibile e determinato, ammette l’unica soluzione x=1/5, y= -2/5.
2x+y=1 4x+2y=3
Il sistema lineare
è impossibile, infatti sostituendo nel primo membro della seconda equazione una qualsiasi soluzione della prima si ottiene 2. 2x+y=1 6x+3y=3
Il sistema lineare
è possibile ed ammette infinite soluzione del tipo x=τ, y=1-2τ, con τ parametro arbitrario, quindi è indeterminato.
Def 4. Un sistema lineare è omogeneo se b=0m×1. Un sistema omogeneo è sempre possibile in quanto ammette sempre come soluzione x=0n×1. Tale soluzione è detta soluzione banale del sistema omogeneo. Quando consideriamo sistemi omogenei siamo interessati quindi a trovare soluzioni non banali dette anche autosoluzioni del sistema. L’insieme di tutte e sole le soluzioni del sistema omogeneo Ax=0 vengono chiamate anche ker A. Osservazione 1. Va subito osservato che se x0 è una soluzione del sistema lineare Ax=b, tutte e sole le altre soluzioni del sistema sono della forma x0+ xn, dove xn è un elemento di ker A. Infatti se x0 è una soluzione del sistema Ax=b, abbiamo Ax0=b , se xn è un elemento di ker A abbiamo Axn=0 e dunque A(x0+ xn)= Ax0+Axn=b+0= b, pertanto x0+ xn è una soluzione del sistema Ax=b. Viceversa se x0 e x1 sono entrambe soluzioni del sistema Ax=b, abbiamo Ax1= Ax0=b , e quindi A(x1- x0)= 0 e pertanto x1- x0= x2∈ker A. E’ anche utile, per altri contesti, osservare che il sistema lineare (1) può essere scritto nella forma
x1c1+x2c2+…+xncn=b, dove, per ogni i, ci è la i-esima colonna della matrice dei coefficienti A e b è il vettore dei termini noti. Questo dice che un sistema è possibile se e solo se b appartiene allo spazio vettoriale generato dai vettori colonna di A e che un sistema omogeneo ammette autosoluzioni se e solo se i vettori colonna di A sono un insieme di vettori linearmente dipendenti. Def. 5. Due sistemi lineari in n incognite si dicono equivalenti se ogni soluzione del primo è soluzione del secondo e viceversa. Osservazione 2. Si può subito osservare che • se un sistema S’ è ottenuto da un sistema S scambiando di posto due equazioni, S ed S’ sono equivalenti; • se un sistema S’ è ottenuto da un sistema S aggiungendo membro a membro all’i-esima equazione la j-esima equazione moltiplicata per uno scalare k, S ed S’ sono equivalenti. Siano Ax=b ed A’x=b’ le rappresentazioni matriciali dei due sistemi S ed S’, nel primo caso la matrice completa [A’|b’] si ottiene da [A|b] scambiando le righe corrispondenti a coefficienti e termine noto delle due equazioni scambiate di posto, nel secondo caso la matrice completa [A’|b’] si ottiene aggiungendo alla i-esima riga di [A|b] la j-esima moltiplicata per k; viceversa se scambiamo due righe della matrice completa di un sistema S si ottiene la matrice completa di un sistema S’ in cui si sono scambiate di posto due equazioni, se si aggiunge alla riga i-esima della matrice completa di un sistema S la j-esima riga moltiplicata per uno scalare k si ottiene la matrice completa di un sistema S’ in cui si è aggiunta (membro a membro) alla i-esima equazione la j-esima moltiplicata per k. Def 6. Chiamiamo mosse di Gauss o operazioni elementari su una matrice C le seguenti: 1. scambiare due righe di C 2. aggiungere alla i-esima riga di C la sua j-esima riga moltiplicata per k. Def 7. Si dice che una matrice di tipo (m,n) è a scala quando sono soddisfatte le seguenti condizioni • se per qualche i, 1≤i
4 0 0 0
4 0 0 0
3 1 0 0
3 1 0 0
0 2 0 0
0 2 0 0
2 3# è una matrice a scala, 2 0 2 1 4 3 0 2 3# , "0 0 1 2 3# non sono a scala. 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 2 1
Teorema 1: Ogni matrice C di tipo (m,n) può essere ridotta a scala applicando una sequenza di mosse di Gauss. Dim: Se la matrice C è la matrice nulla, C è banalmente a scala. Analogamente se C ha una sola riga è banalmente a scala. Sia allora C una matrice non nulla di tipo (m,n) con m≥2.
1. Supponiamo che j sia la prima colonna non nulla di C, e sia h la prima riga tale che $% =&'( ≠0. Eventualmente scambiando la prima riga di A con la h-esima riga (mossa di Gauss) si trova una matrice in cui nel posto (j,1) c’è l’elemento $% ≠0, eliminiamo ora tutti gli elementi diversi da 0 della colonna j-esima aggiungendo per ogni r, 2≤r≤m, alla riga r-esima della matrice la prima −& riga moltiplicata per +(,$% . Si arriva così (con un numero finito di mosse di Gauss) ad una matrice C’ in cui le prime j-1 colonne sono tutte di 0, la colonna j-esima ha solo il primo elemento ($% ) diverso da 0. 2. Sia C1 la sottomatrice di C’ formata dalle ultime m-1 righe e n-j colonne di C’. Se C1 è a scala allora anche C’ è a scala, altrimenti si riapplica il procedimento 1 alla matrice C1 che ha dimensioni (m-1, n-j). 3. Con un numero finito di passi si ottiene quindi una matrice a scala.
Osservate che abbiamo dato una versione semplificata dell’algoritmo di riduzione a scala, perché, fissata la colonna non nulla più a sinistra, abbiamo privilegiato l’uso della prima riga in cui l’elemento sulla tale colonna è diverso da 0 ed in genere invece si operano scelte diverse. Def 8. Si dice rango di una matrice A, rk(A), il numero delle righe non nulle (e quindi dei pivot) della matrice a scala ottenuta da A con l’algoritmo descritto nel Teorema 1. Osservazione 3. Sia A una matrice di tipo (m,n). Allora • rk(A)=0 se e solo se A è una matrice nulla; • rk(A)≤min (m,n); • rk(A)=rk(U) dove U è la matrice a scala ottenuta da A con l’algoritmo del Teorema 1. Torniamo ora al sistema lineare S di m equazioni in n incognite che in forma matriciale è Ax=b, la matrice completa del sistema C=[A|b] si può portare con l'algoritmo descritto nel Teorema 1 in forma a scala e quindi il sistema S si può portare nella forma equivalente Ux=b' dove [U|b'] è la forma a scala di C e U è quindi la forma a scala di A. Ovviamente si ha • r = rk(U) ≤ min (m,n) ≤ n, • r≤rk([U|b'])≤r+1. 1. Se rk([U|b'])=r+1, il sistema Ux=b' ha r+1 equazioni di cui l'ultima ha la forma 0 = pr+1 , dove pr+1 è l' (r+1)-esimo pivot di [U|b'] e quindi il sistema Ux=b' è impossibile e quindi è impossibile anche il sistema equivalente Ax=b. 2. Supponiamo allora che sia rk([U|b']) = rk(U) = r. $% x1 +u12 x2 +…+u1n xn =b'1 0x1 + $/ x2 +… +u2n xn=b'2 ⋮ 0x1 + 0x2 + …+ $0 xn = b'n -
Se r = n il sistema Ux=b' ha la forma
e quindi ha una ed una soluzione che si trova facilmente risolvendo le equazioni dall'ultima alla prima e quindi anche il sistema equivalente Ax=b ammette quell'unica soluzione.
-
Se r
0x1 +…+0xj-1+$%xj +u1 j+1 xj+1 +…+u1n xn =b'1 4 2 0x1 +… +0xj-1 +…+ 0xh-1 +$/ xh +…+u2n xn =b'2 2 ⋮ 0x1 +… +0xj-1 + … + 0xh-1 +$+ xh +…+urnxn =b'r 3 0x1+… +0xj-1 +…+ 0xs-1 +…+0xn =0 2 ⋮ 2 0x1+… +0xj-1 +…+ 0xs-1 +…+0xn =0 1
ove j
Ovviamente le ultime m-r equazioni (che sono identità 0=0) si possono tralasciare Teniamo nella parte sinistra delle (restanti) equazioni del sistema i monomi che contengono le variabili che corrispondono alle r colonne dei pivot e portiamo nella parte destra gli altri, otteniamo il sistema
$% xj +u1 h xh +…+u1s xs =b'1 − u1 j+1 xj+1-…-u1h-1 xh-1 -…-u1n xn $/ xh +…+u2s xs =b'2 − u2 j+1 xj+1 -…-u2h-1 xh-1 -…-u2n xn ⋮ 3 $+ xs =b'r − ur j+1xj+1 -…-urh-1 xh-1 -…-urn xn 1 4
Le n-r variabili, x1,...,xj-1, xj+1,..., xh-1 , xh+1 ,..., xs-1, xs+1 ,..., xn si chiamano variabili libere e possono assumere valori arbitrari t1,..., tn-r , le altre variabili si ricavano in funzione di tali parametri ricavando dall'ultima equazione xs, e procedendo poi all'indietro per ricavare le altre.
Osserviamo che se vogliamo scrivere le soluzioni in forma matriciale, possiamo chiamare v0 la soluzione che si ottiene ponendo t1=...= tn-r = 0 (nel caso di un sistema omogeneo si avrebbe v0 =0 n×1), wi la soluzione che si ottiene ponendo ti=1, t0=...=ti-1 =ti+1=...= tn-r = 0 e vi=wi-v0, con tale notazione la generica soluzione del sistema è x=v0+t1v1+...+tn-rvn-r. Si è quindi provato il teorema di Rouché Capelli: Un sistema lineare di m equazioni in n incognite è possibile se e solo se il rango r della sua matrice dei coefficienti è uguale al rango della matrice completa. Se r = n il sistema è anche determinato, se r < n il sistema ammette infinite soluzioni che dipendono da n-r parametri arbitrari (in breve ammette ∞n-r soluzioni). Come corollari si ottengono: Regola di Cramer: Un sistema lineare Ax=b con n equazioni in n incognite (A è una matrice quadrata) con rk(A) = n ha sempre una e una sola soluzione. La matrice completa infatti deve avere rango n. La forma della soluzione è specificata nel capitolo sul determinante di una matrice quadrata. Corollario 1: Un sistema lineare omogeneo Ax=0 con m equazioni in n incognite ammette autosoluzioni se e sono se rk(A) < n. In tal caso ha ∞n-r soluzioni la cui forma è x=t1v1+...tn-rvn-r dove i coefficienti ti assumono valori arbitrari. Osservazione 4. Potrebbe sembrare strano che il numero di equazioni del sistema non intervenga nel teorema di Rouché Capelli, ma va notato che se la matrice dei coefficienti e quella completa si trasformano in matrici a scala con r righe non nulle, questo significa che le altre righe delle matrici A e [A|b] sono combinazioni lineari delle precedenti e quindi corrispondono ad equazioni automaticamente soddisfatte da ogni soluzione del sistema formato dalle equazioni corrispondenti alle righe non nulle della matrice a scala.
Interpretazione geometrica per i sistemi lineari con al più 3 incognite. •
Caso n=2 Sia S un sistema lineare di m equazioni in 2 incognite di forma Ax=b, con A matrice non nulla. Si ha allora 1≤ rk(A)≤2, 1≤ rk([A|b])≤3 e rk([A|b])≤rk(A)+1. Inoltre ogni equazione lineare in due variabili può essere interpretata nel piano come l’equazione di una retta e nello spazio come l’equazione di un piano parallelo all’asse z. • Supponiamo di lavorare nel piano. – Se rk(A)=rk([A|b])=2, il sistema è determinato ed ha almeno due equazioni: due equazioni rappresentano due rette che si incontrano in un punto P (le cui coordinate sono la soluzione del sistema S) e le eventuali altre equazioni rappresentano rette appartenenti al fascio di rette con sostegno P; – Se rk(A)=rk([A|b])=1, il sistema è possibile ma indeterminato: tutte le equazioni sono equazioni di una stessa retta r e le ∞1 soluzioni del sistema sono le equazioni parametriche di r; – Se rk([A|b])=3 e rk(A)=2, il sistema è impossibile ed ha almeno tre equazioni: due equazioni rappresentano due rette non parallele che si incontrano in un punto P ed una almeno delle altre equazioni rappresenta una retta che non appartiene al fascio di sostegno P; – Se rk([A|b])=2 e rk(A)=1, il sistema è impossibile ed ha almeno due equazioni: le equazioni rappresentano rette fra loro parallele e non tutte coincidenti. •
•
Supponiamo ora di lavorare nello spazio. Come già detto ogni equazione di S può essere pensata come l’equazione di un piano parallelo all’asse z – Se rk(A)=rk([A|b])=2, il sistema è determinato ed ha almeno due equazioni: due equazioni rappresentano due piani appartenenti ad uno stesso fascio con sostegno la retta r di equazioni x=x0,y=y0 (retta parallela all’asse z) ove [x0,y0 ]T è la soluzione del sistema S ((x0,y0) sono le coordinate del punto di intersezione fra la retta r ed il piano z=0) ; – Se rk(A)=rk([A|b])=1, il sistema è possibile ma indeterminato: Tutte le equazioni rappresentano uno stesso piano π parallelo all’asse z (le ∞1 soluzioni del sistema sono le equazioni parametriche della retta intersezione di π col piano z=0); – Se rk([A|b])=3 e rk(A)=2, il sistema è impossibile ed ha almeno tre equazioni: due equazioni rappresentano piani non paralleli che si intersecano lungo una retta r ed almeno una delle restanti equazioni rappresenta un piano non appartenente al fascio di sostegno r; – Se rk([A|b])=2 e rk(A)=1, il sistema è impossibile ed ha almeno due equazioni: le equazioni rappresentano piani fra loro paralleli e non tutti coincidenti.
Caso n=3 Sia S un sistema lineare di n equazioni in 3 incognite di forma Ax=b, con A matrice non nulla. Si ha allora 1≤ rk(A)≤3, 1≤ rk([A|b])≤4 e rk([A|b])≤rk(A)+1. Inoltre ogni equazione di S può essere pensata come l’equazione di un piano nello spazio - Se rk(A)=rk([A|b])=3, S è un sistema possibile e determinato con almeno 3 equazioni: le equazioni rappresentano piani che hanno uno e un solo punto comune le cui coordinate sono la soluzione del sistema.(cioè i piani appartengono ad una stessa stella di piani e almeno tre di essi non sono a due a due coincidenti); - Se rk(A)= rk([A|b])=2, S è un sistema con almeno 2 equazioni, possibile ma indeterminato le cui soluzioni dipendono da un parametro t: le equazioni rappresentano piani che appartengono ad uno stesso fascio la cui retta sostegno ha equazioni parametriche date dalle ∞1 soluzioni del sistema S;
-
-
-
-
Se rk(A)= rk([A|b])=1, S è un sistema possibile ma indeterminato le cui soluzioni dipendono da 2 parametri: le equazioni rappresentano uno stesso piano π, le ∞2 soluzioni del sistema sono le equazioni parametriche di π; Se rk([A|b])=4 e rk(A)=3, S è un sistema impossibile con almeno 4 equazioni: tre equazioni sono equazioni di piani appartenenti ad una stessa stella e c’è almeno un’equazione rappresenta un piano che non appartiene alla stella; Se rk([A|b])=3 e rk(A)=2, S è un sistema impossibile con almeno 3 equazioni: due equazioni sono equazioni di piani non paralleli che quindi individuano una retta r e le restanti equazioni rappresentano piani paralleli alla retta r (ed uno almeno non contiene r); Se rk([A|b])=2 e rk(A)=1, S è un sistema impossibile con almeno 2 equazioni: le equazioni rappresentano piani fra loro paralleli di cui due almeno distinti.
NOTA BENE. Questi appunti non sono esaustivi, non contengono tutto ciò che è stato detto a lezione/ esercitazione; costituiscono una base minima di conoscenze necessarie a superare l’esame e possono essere utili per un ripasso veloce. AUTOVALORI, AUTOVETTORI, MATRICI DIAGONALIZZABILI (Capitolo 7 del testo) Def 1. Sia f: V →V un endomorfismo dello spazio vettoriale V sul campo K. Un vettore v∈V si dice autovettore per f se v≠0 ed esiste uno scalare λ∈Κ tale f(v)=λv ed in tal caso si dice che v è un autovettore associato all’autovalore λ. Dal punto di vista “geometrico” gli autovettori di un endomorfismo f possono essere visti come quei vettori la cui direzione non è modificata dall’endomorfismo f. Supponiamo ora che V abbia dimensione finita n e che, rispetto ad una base B di V, l’endomorfismo f abbia come matrice associata la matrice A (che sarà quadrata di ordine n). Come abbiamo visto, se rappresentiamo ogni vettore v∈V come la matrice colonna di tipo (n,1) v|B (i cui elementi sono le componenti del vettori rispetto alla base B, ovvero i coefficienti della scrittura del vettore come combinazioni lineari dei vettori della base B), f si può scrivere nella forma f(x)=Ax, dove x è un generico vettore di Kn. Cercare un autovettore di f corrisponde dunque a cercare i vettori non nulli tali che Ax=λx per qualche scalare λ. Poiché λx=λInx, Ax=λx è equivalente a Ax=λInx, e quindi a (A-λIn)x=0, trovare un autovettore di f significa dunque trovare le autosoluzioni, se esistono, del sistema lineare omogeneo (A-λIn)x=0. Perché un sistema lineare omogeneo abbia autosoluzioni il determinante della matrice dei coefficienti deve essere nullo, dunque deve essere det (A-λIn)=0; det (A-λIn) è un polinomio di grado n nell’indeterminata λ a coefficienti in K. Ricordiamo che uno scalare α∈Κ si dice radice del polinomio p(x) a coefficienti in K se p(α)=0 ed la readice α si dice di molteplicità (algebrica) k se (x-α)k divide p(x) ma (x-α)k+1 non divide p(x). Sussiste il seguente teorema: Teorema fondamentale dell’algebra: Un polinomio p(x) di grado n nel campo complesso ammette n radici, purché ogni radice sia contata con la propria molteplicità. Questo dice che se si lavora nel campo C allora si ha p(x)=a(x-α1)k1(x-α2)k2….(x-αs)k s con k1+k2+…+ks=n ed a coefficiente direttivo di p(x). Ovviamente in R p(x) ha un numero di radici minore o uguale ad n e quindi non si decompone necessariamente nel prodotto di fattori lineari, quindi il numero di autovalori reali di una matrice quadrata reale di ordine n è minore od uguale ad n. Def.2.Sia A una matrice quadrata di ordine n a coefficienti in K. Il polinomio det (A-λIn) si chiama polinomio caratteristico della matrice A, le sue radici sono dette autovalori della matrice A. Se un autovalore λ di A ha molteplicità k come radice del polinomio caratteristico di A, si dice che λ è un autovalore di molteplicità algebrica k della matrice A. Un autovettore di un endomorfismo f: V →V, che rispetto alla base B è rappresentato dalla matrice A, deve essere associato ad un autovalore di A, inoltre ad ogni autovalore λ di A è associato un insieme S(λ) di autovettori, che (come già detto) è formato dalle autosoluzioni del sistema lineare omogeneo A − λI x = 0, tali autosoluzioni vengono anche dette autovettori della matrice A associati all’autovalore λ .
L’insieme V(λ) = S(λ) ∪{0} delle soluzioni del sistema A − λI x = 0, forma un sottospazio vettoriale di V detto autospazio associato a λ e ovviamente si ha dim V(λ) = n-r(A-λIn) (in quanto V(λ) è il nucleo dell’applicazione lineare che ha come matrice associata A − λI ). Def 3. Sia λ un autovalore di una matrice reale A quadrata di ordine n. La dimensione di V(λ) si chiama molteplicità geometrica di λ. ESEMPI
1 0 2 1) Trovare autovalori ed autovettori della matrice A= 0 1 3 . 0 2 0 Consideriamo il polinomio caratteristico di A: 1− λ
0
0
1− λ
0
2
2 3 =(1-λ)[-λ(1-λ)-6]=(1-λ)(λ2-λ-6), gli autovalori di A sono le radici del −λ
polinomio caratteristico, pertanto λ1=1, λ2=-2, λ3=3 sono gli autovalori di A. Gli autovettori di matriciale
A
associati all’autovalore 1 sono le autosoluzioni dell’equazione
0 0 2 x 0 0 0 3 y = 0 .Tali soluzioni sono i vettori del tipo 0 2 0 z 0
k 0 con k ≠0. L’autospazio V(1) 0 1 ha dunque dimensione 1 ed una sua possibile base è formata dal vettore 0 . 0 Gli autovettori di matriciale
A
associati all’autovalore -2 sono le autosoluzioni dell’equazione
3 0 2 x 0 - 2h/3 0 3 3 y = 0 - h con h ≠0. L’autospazio V(-2) ha e sono i vettori del tipo 0 2 2 z 0 h - 2/3 dunque dimensione 1 ed una sua possibile base è formata dal vettore - 1 . 1 Gli autovettori di A associati all’autovalore 3 sono le autosoluzioni dell’equazione matriciale
- 2 0 2 x 0 t 0 - 2 3 y = 0 e sono i vettori del tipo 2t/3 con t ≠0. L’autospazio V(3) ha 0 2 - 3 z 0 t 1 dunque dimensione 1 ed una sua possibile base è formata dal solo vettore 2/3 . 1 2) Trovare autovalori ed autovettori dell’endomorfismo f:R3→R3 rappresentato da x' = x + z y' = y − z z' = x − y Si può procedere direttamente, cercando di stabilire per quali valori di λ il sistema λx = x + z λy = y − z λz = x − y ha autosoluzioni. Il determinante della matrice dei coefficienti deve essere nullo e dunque si 1− λ 0 1 deve avere
0
1− λ
1
−1
− 1 = -λ(1-λ)2-(1-λ)-(1-λ)=(1-λ)(-λ+ λ2-2)=0 e quindi si ottiene −λ
che si possono avere autosoluzioni per λ1=1, λ2=2, λ3=-1. Gli autovettori x = x + z all’autovalore λ1=1 sono le autosoluzioni di y = y − z ed hanno quindi la forma z = x − y
associati k k con 0
2x = x + z k≠0. Gli autovettori associati all’autovalore λ2=2 sono le autosoluzioni di 2y = y − z ed 2z = x − y h hanno quindi la forma - h con h≠0. Gli autovettori associati all’autovalore λ3=-1 sono le h
- x = x + z autosoluzioni di - y = y − z ed hanno quindi la forma - z = x − y
t - t con t≠0. - 2t
Osserviamo che l’endomorfismo f può essere scritto in forma matriciale come
1 0 1 x x' 0 1 − 1 y = y' e quindi per trovare autovalori ed autovettori di f basta trovare 1 − 1 0 z z' 1 0 1 autovalori ed autovettori della matrice 0 1 − 1 . 1 − 1 0
D’ora in poi faremo sempre riferimento ad autovalori ed autovettori di una matrice A (reale e quadrata di ordine n), avendo ben chiaro che essi possono anche essere visti come gli autovalori ed autovettori di un endomorfismo f (su un spazio vettoriale di dimensione n sul campo reale, quindi uno spazio isomorfo ad Rn) che ha, rispetto ad una base opportuna, come matrice associata la matrice A. Ovviamente alcuni autovalori potrebbero essere numeri complessi ed in tal caso essendo A reale anche gli autovettori ad essi associati sarebbero elementi di Cn. Sussistono le seguenti proprietà: 1. Se λ1, λ2 sono due autovalori distinti di A allora V(λ1) ∩ V(λ2)={0}. Supponiamo infatti che v sia un autovettore associato sia a λ1, sia a λ2. Allora per definizione di autovettore associato ad un autovalore abbiamo Av=λ1v e Av=λ2v, quindi λ1v=λ2v, da cui (λ1-λ2)v=0 e quindi essendo v≠0 si ottiene λ1=λ2. 2. Detti λ1, λ2,…, λn gli autovalori di A, si ha det A= λ1λ2…λn, di conseguenza A è singolare se e solo se ha almeno un autovalore nullo. Si ha infatti det (A-λI)=(-1)n(λ −λ1)( λ − λ2)…( λ −λn) da cui ponendo λ=0 si ottiene det(A)=(-1)n(−λ1)(− λ2)…( −λn)= (-1)n(-1)n λ1λ2…λn= λ1λ2…λn. 3. Detti λ1, λ2,…, λn gli autovalori di A, λ1+λ2+…+λn è la somma degli elementi diagonali di A, tale somma viene detta traccia di A. Basta considerare i coefficienti di λn-1 in det (A-λI) e in (-1)n(λ −λ1)( λ − λ2)…( λ −λn). 4. Gli autovalori di una matrice triangolare sono i suoi elementi diagonali. 5. Se v è autovettore di A relativo all’autovalore λ, allora a. v è autovettore di Am relativo all’autovalore λm, b. se A è invertibile allora λ≠0 è v è autovettore di A-1 rispetto all’autovalore 1/λ, c. sia p(x)=adxd+ad-1xd-1+…+a0, allora definiamo p(A)= adAd+ad-1Ad-1+…+a0In; v è un autovettore della matrice p(A) rispetto all’autovalore p(λ). Per dimostrare a. procediamo per induzione su m. Sappiamo che Av=λv e supponiamo che Am-1 v=λm-1 v, moltiplichiamo entrambi i membri di questa uguaglianza a sinistra per A ed abbiamo A(Am-1v)=Aλ m-1 v= λ m-1Av= λ m-1 λv, quindi Amv=λmv. Per dimostrare la b. ricordiamo che dalla 2 abbiamo che λ≠0, partiamo allora da Av=λv e moltiplichiamo a sinistra per (1/λ)A-1 entrambi i membri dell’uguaglianza, abbiamo (1/λ)v=A La c. segue da a. e dal fatto che se v è autovettore di due matrici A e B associato rispettivamente agli autovalori λ e µ allora è autovettore di A+B associato all’autovalore λ+µ. Def 4. Siano A e B sue matrici quadrate dello stesso ordine n sul campo K. Diciamo che A è simile a B se esiste una matrice non singolare P tale che A=P-1BP.
Proposizione 1 : La relazione di similitudine fra matrici gode delle proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva e quindi è una relazione di equivalenza. Dim. Ogni matrice A è simile a se stessa, infatti A=In-1AIn (dove In rappresenta la matrice identica di ordine n). Se la matrice A è simile a B allora B è simile ad A infatti se A è simile a B abbiamo A=P-1BP per una qualche matrice P, da cui moltiplicando a sinistra per P e a destra per P-1 abbiamo PAP-1=B cioè (P-1)-1AP-1=B e dunque B è simile ad A e la matrice che trasforma A in B è P-1. Se la matrice A è simile a B e B è simile ad C allora A è simile a C, infatti se A è simile a B abbiamo A=P-1BP per una qualche matrice P, e analogamente se B è simile a C abbiamo, per una qualche matrice Q, B=Q-1CQ; Sostituiamo B con Q-1CQ in A=P-1BP ed otteniamo A=P-1(Q-1CQ)P = (QP)-1C(QP) e dunque A è simile ad C e la matrice che trasforma A in C è PQ.
Poiché la relazione di similitudine gode della proprietà simmetrica, nel seguito se A è simile a B diremo semplicemente che A è B sono simili. Proposizione 2: Siano A e B due matrici quadrate di ordine n. Se la matrice A rappresenta l’applicazione lineare f:V→V rispetto alla base B di V e la matrice B rappresenta la stessa applicazione lineare f rispetto alla base C di V, allora A=P-1BP, dove P rappresenta la matrice di passaggio dalla base B alla base C , e viceversa se due matrici sono simili rappresentano la stessa applicazione lineare rispetto a due basi diverse di V. Dim. Dalla proposizione 11 delle dispensine sulle applicazioni lineari otteniamo subito la prima parte del teorema. Viceversa se A=P-1BP, consideriamo l’applicazione lineare fA: Rn→ Rn associata alla matrice A (rispetto alla base canonica) e consideriamo il cambiamento di base di Rn rappresentato da P (le colonne di P rappresentano le coordinate dei vettori della nuova base rispetto alla vecchia canonica), allora B è la matrice associata all’applicazione fA rispetto alla base così trovata.
Abbiamo subito le seguenti proprietà 6. Se p(x) è un polinomio a coefficienti in R ed A e B sono simili allora p(A) e p(B) sono simili, in particolare se A= P-1BP allora p(A)= P-1p(B)P. Infatti si verifica subito che (P-1AP)m= P- 1Am P e che P- 1(aC+bD) P= aP- 1CP+b P- 1DP, per ogni coppia di matrici quadrate C e D. 7. Due matrici simili A e B hanno lo stesso polinomio caratteristico e quindi gli stessi autovalori con le stesse molteplicità algebriche, lo stesso determinante e la stessa traccia. Infatti, se A e B sono simili, esiste una matrice P tale che B=P-1AP ed inoltre è sempre λI= P-1 λI P; si ha pertanto det (B-λI) = det (P-1AP-λI) = det (P-1AP- P-1λIP) = det P-1(A-λI)P= det P-1 det(A-λI) det P = det(A-λI). Le altre affermazioni seguono da 3 e dalla definizione di autovalore . Osserviamo che due matrici possono avere lo stesso polinomio caratteristico senza essere simili. 0 0 2 Basta considerare la matrice nulla di ordine 2 e la matrice B= entrambe hanno λ come 1 0 polinomio caratteristico, ma abbiamo già osservato che NON sono simili. Tuttavia in queste matrici l’autovalore 0 ha molteplicità geometriche diverse. Quindi non possono essere simili come conseguenza della seguente proprietà: 8. Gli autovalori di due matrici simili hanno la stessa molteplicità geometrica. Infatti siano A, B due matrici simili, e sia P-1AP=B. Sia v un autovettore di A associato all’autovalore λ, allora P-1v è un autovettore di B associato a λ: infatti BP-1 v =P-1APP-1v= P1 Av= P-1λv= λP-1v. Da questo segue che l’autospazio di A associato a λ ha la stessa dimensione dell’autospazio di B associato a λ, quindi λ ha la stessa molteplicità geometrica rispetto ad A e a B.
Osserviamo (senza dimostralo) che due matrici di ordine 2 o 3 che abbiano lo stesso polinomio caratteristico (quindi gli stessi autovalori con le stesse molteplicità algebriche) e gli autovalori con le stesse molteplicità geometriche, sono simili, questo non accade però in generale. Ad esempio le 0 0 matrici A= 0 0
1 0 0 0 0 0 0 0 , B= 0 0 0 1 0 0 0 0
1 0 0 0 1 0 hanno entrambe polinomio caratteristico λ4, l’autovalore 0 0 0 0 0 0
0 ha in entrambi i casi molteplicità geometrica 2 , ma A e B non sono simili perché A2=02, dove 02 indica la matrice nulla di ordine 2 , mentre B2≠0 2. Dunque dalla 6. A e B non possono essere simili. 9. La molteplicità geometrica di un autovalore è minore od uguale alla sua molteplicità algebrica. Infatti sia λ un autovalore di A di molteplicità geometrica g e sia ={w1,…,wg} una base dell’autospazio V(λ). Estendiamo ad una base B di tutto Kn. Sia M la matrice che rappresenta l’endomorfismo fA:Kn→Kn ridspetto alla base B. La matrice M ha la forma λI B in quanto le sue colonne sono le coordinate delle immagini dei vettore della base 0 C B rispetto alla base B stessa e quindi, essendo Awh= λwh, per ogni 1≤h≤g, la h-esima colonna di M ha 1 nella posizione h e 0 nelle rimanenti posizioni. Ora essendo M ed A matrici simili si ha det (A-λI)= det (M-λI)=(λ- λ)gdet (C-λI), da cui segue che la molteplicità algebrica di λ è almeno g. Def.5. Un autovalore λi di una matrice A si dice regolare se rk(A-λiI)=n-ki, dove ki è la molteplicità algebrica dell’autovalore λi. In altre parole λi è regolare se la sua molteplicità algebrica coincide con la sua molteplicità geometrica. Si osserva facilmente che 10. un autovalore di molteplicità 1 è sempre regolare, 11. l’autospazio associato ad un autovalore regolare di molteplicità algebrica k ha dimensione k. Def.6. Una matrice quadrata A si dice diagonalizzabile se è simile ad una matrice diagonale. Poiché abbiamo osservato che due matrici simili hanno gli stessi autovalori, se A è una matrice diagonalizzabile , la matrice diagonale a cui è simile avrà sulla diagonale gli autovalori di A (infatti una matrice diagonale è triangolare e ha quindi come autovalori i suoi elementi diagonali). Dunque 12. Se A è diagonalizzabile e λ1, λ2,…, λn sono i suoi autovalori , esiste una matrice non singolare P tale che P-1AP=diag(λ1, λ2,…, λn). Da questo ricaviamo che se A è diagonalizzabile in K deve avere n autovalori λ1, λ2,…, λn appartenenti a K (eventualmente in parte coincidenti) ed inoltre deve esistere una matrice invertibile P tale che AP=P diag(λ1, λ2,…, λn). Da questa uguaglianza, detta ci la i-esima colonna di P, otteniamo per ogni i, con 1 ≤i≤n, Aci=λici, quindi ci è un autovettore di A relativo all’autovalore λi. Poiché P è invertibile segue che le sue colonne devono essere linearmente indipendenti, quindi A deve avere n autovettori linearmente indipendenti. Teorema 1. Una matrice A quadrata di ordine n è diagonalizzabile su K se e solo se Kn ammette una base di autovettori Dim. Abbiamo già dimostrato la parte “solo se” del teorema, infatti abbiamo visto che se A è diagonalizzabile esistono n autovettori di A linearmente indipendenti e tali vettori sono una base di Kn. Per dimostrare la parte “se”, supponiamo allora che Kn ammetta una base di autovettori
Esistono quindi n autovettori v1,v2,…,vn linearmente indipendenti di A. Ogni vi deve essere associato ad un autovalore λi di A, si ha allora Avi=λivi per ogni i, con 1 ≤i≤n. Detta P la matrice formata dall’accostamento dei vettori v1,v2,…,vn si ha allora AP=P diag(λ1, λ2,…, λn). Poiché v1,v2,…,vn sono linearmente indipendenti P è invertibile e dunque, moltiplicando a sinistra per P-1, si ha P-1AP=diag(λ1, λ2,…, λn). Poiché una matrice quadrata A può sempre essere pensata come la matrice associata ad un endomorfismo f:V→V di dimensione n sul campo reale (complesso) ne segue che A è diagonalizzabile se e solo se esiste una base di V formata solo da autovettori di f (ovvero da autovettori di A). In particolare per il seguito a noi servirà stabilire se una matrice reale A quadrata di ordine n sia diagonalizzabile su R, quindi il teorema in questo caso diventa Corollario 1. Una matrice reale A quadrata di ordine n è diagonalizzabile su R se e solo se ha n autovalori reali (ciascuno contato con la propria molteplicità algebrica ) ed Rn ammette una base di autovettori Siano allora λ1, λ2,…, λs gli autovalori distinti di A, consideriamo il sottospazio H=V(λ1)+V(λ2)+…+V(λs) di V, poiché sappiamo che, se i≠j, V(λi)∩V(λj)={0} abbiamo H è somma diretta degli autospazi V(λi) e quindi (1)
dim H=dim V(λ1)+dimV(λ2)+…+ dimV(λs) ≤ k1+ k2+…+ ks.
Nella (1) vale l’uguaglianza se e solo se gli autovalori λ1, λ2,…, λs sono tutti regolari. Inoltre se tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali abbiamo che k1+ k2+…+ ks=n (per il teorema fondamentale dell’algebra). Possiamo quindi concludere con il seguente Teorema 2. Una matrice A è diagonalizzabile nel campo reale se e solo se ha tutti gli autovalori reali e regolari. Da quanto detto sopra segue che 13. una matrice A di ordine n che ha n autovalori reali e distinti è sempre diagonalizzabile nel campo reale. 14. una matrice è diagonalizzabile in R se e solo se, dette k1, k2,…, ks le molteplicità geometriche dei suoi autovalori reali, si ha k1+ k2+…+ ks=n. Quanto abbiamo visto precedentemente ci permette di rispondere al seguente Problema: Sia f un endomorfismo di uno spazio vettoriale V di dimensione finita n. Quando e come è possibile scegliere una base di V in modo che f sia rappresentato in modo «semplice»? Risposta: Sia B una base di V e sia A la matrice che rappresenta f rispetto a tale base. Se A è diagonalizzabile e quindi V ha una base di autovettori C, l’automorfismo rispetto alla base C è rappresentato dalla matrice diag(λ1,λ2,…,λn) , ove λi è l’autovalore associato all’i-esimo vettore della base C. Chiaramente se esiste una base di V rispetto alla quale f è rappresentato da una matrice diagonalizzabile allora f sarà rappresentato da una matrice diagonalizzabile rispetto ad ogni base di V (in quanto matrici che rappresentano uno stesso endomorfismo rispetto a basi diverse sono simili) e quindi se f è rappresentabile rispetto a qualche base di V da una matrice diagonale, sarà rappresentato da una matrice digonalizzabile rispetto ad una qualsiasi altra base di V. Possiamo quindi dare la seguente Def. 7. Un endomorfismo di V si dice semplice se rispetto ad una qualsiasi base di V è rappresentato da una matrice diagonalizzabile. O equivalentemente se V ammette una base di autovettori di f.
ESEMPI 1 2 0 3) Decidere se la matrice 0 1 0 è diagonalizzabile. 2 1 2
1− λ
2
0
0
1− λ
0
Il polinomio caratteristico di A è
=(1-λ)2(2-λ), gli autovalori di A sono
2 1 2−λ quindi 1 (con molteplicità 2), 2 (con molteplicità 1). L’autovalore 2 è sicuramente regolare, per decidere se l’autovalore 1 è regolare dobbiamo calcolare r(A-1I). 0 2 0 A-1I= 0 0 0 ha rango 2, infatti il minore formato da prima e seconda colonna , prima e 2 1 1 terza riga è diverso da 0, dunque l’autovalore 1 non è regolare e la matrice A non è diagonalizzabile. 1 1 1 4) Decidere se la matrice A= 0 1 0 è diagonalizzabile. 0 1 2
Il polinomio caratteristico di A è ancora (1-λ)2(2-λ), quindi A ha come autovalori 1 (con molteplicità 2) e 2 (con molteplicità 1). L’autovalore 2, avendo molteplicità 1, è regolare. Calcoliamo il rango di A-1I. 0 1 1 A-1I= 0 0 0 ha evidentemente rango 1, dunque V(1) ha dimensione 2 ed 1 è un 0 1 1 autovalore regolare, pertanto A è diagonalizzabile. Una matrice P che diagonalizza A si ottiene calcolando V(1) e V(2). 0 1 1 Si vede subito che V(1)={[h,k,-k] |h,k∈R}, V(2)={[t,0,-t] |t∈R}, dunque P= 1 0 0 è − 1 0 − 1 T
T
tale che P-1AP= diag(1,1,2). Se volessimo ottenere diag(1,2,1) dovremmo prendere P= 1 1 0 1 0 0 . − 1 − 1 0
Ricapitolando, se abbiamo una matrice quadrata reale di ordine n per decidere se è diagonalizzabile in R procediamo così 1. Calcoliamo gli autovalori di A, se non sono tutti reali (ovvero se la somma delle molteplicità algebriche degli autovalori reali che troviamo è minore di n) la matrice non è diagonalizzabile in R.
2. Se sono tutti reali allora 2.1. Se gli autovalori sono tutti distinti allora A è diagonalizzabile, 2.2. se ci sono autovalori con molteplicità algebrica >1 allora 2.2.1. Per ogni autovalore λi di molteplicità algebrica ki>1 calcoliamo la molteplicità geometrica di λi. Se la molteplicità geometrica di λi è diversa da ki per almeno un λi allora la matrice non è diagonalizzabile, altrimenti è diagonalizzabile. Se vogliamo stabilire se è diagonalizzabile in C abbiamo dal teorema fondamentale dell’algebra che A in C ha n autovalori e quindi procediamo come prima a partire da punto 2. Se abbiamo due matrici A e B quadrate dello stesso ordine n per stabilire se sono simili procediamo così 1. Calcoliamo il polinomio caratteristico di A e B, se tali polinomi sono diversi A e B non sono simili 2. Se i polinomi caratteristici di A e B sono uguali, vediamo se A e B sono diagonalizzabili 2.1. Se sono entrambe diagonalizzabili A e B sono simili, in quanto simili ad una stessa matrice diagonale. 2.2. Se una è diagonalizzabile e l’altra no, non sono simili 2.3. Se entrambe non sono diagonalizzabili, allora 2.3.1. Se c’è un autovalore che in A ha molteplicità geometrica diversa da quella che ha in B allora non sono simili 2.3.2. Se tutti gli autovalori hanno in A e in B hanno la stessa molteplicità geometrica, allora 2.3.2.1.
Se n=2 o n=3 A e B sono simili
2.3.2.2. Se n≥4 bisogna procedere (con le conoscenze che abbiamo) usando direttamente la definizione di matrici simili. Vogliamo ora enunciare il Teorema di Cayley Hamilton. Sia A una matrice quadrata di ordine n, allora detto p A(λ) il suo polinomio caratteristico si ha p A(A)=0 n, in altre parole ogni matrice quadrata è radice del suo polinomio caratteristico. Dim. Sia B la matrice il cui elemento di posto (i,j) è il complemento algebrico dell’elemento di posto (j,i) della matrice A-λIn, è ben noto che (A-λIn)B= pA(λ)In (ricordarsi che p A(λ)= det (A-λIn) e guardare la dispensina sul determinante: nuovo modo per calcolare l’inversa). Gli elementi di B sono polinomi in λ di grado ≤n-1, quindi possiamo scrivere B=B0+λB1+…+λn-1Bn-1, con Bi matrici opportune ad elementi reali. Sia pA(λ)=anλn+…+a1λ+a0. Sostituendo le espressione di B e di pA(λ) nella (A-λIn)B= p A(λ)In abbiamo che AB0=a0In, -Bn-1= anIn, ABi-Bi-1= aiIn per ogni 1≤i≤n-1.da cui sostituendo A a λ si ottiene il risultato.
Il teorema di Cayley Hamilton fornisce un altro metodo per calcolare, quando esiste, l’inversa di A. Infatti se A è invertibile a0 che, a meno del segno, è il prodotto degli autovalori di A è diverso da 0, Il teorema di Cayley Hamilton dice che In=-(anAn+…+a1A)/a0, da cui moltiplicando per A-1, si ottiene A-1=-(anAn-1+…+a1 In )/a0. Il teorema dice anche che ogni polinomio in A è uguale ad un polinomio in A di grado ≤n-1. Infatti, sia p(A) un polinomio in A, e sia p(λ) il corrispondente polinomio in λ, se dividiamo p(λ)
per p A(λ) otteniamo un quoziente q(λ) e un resto r(λ) di grado minore del grado di p A(λ), dall’uguaglianza p(λ)=p A(λ)q(λ)+r(λ), sostituendo λ con A abbiamo p(A)=pA(A)q(A)+r(A), da cui, tenuto conto che p A(A)=0 n , otteniamo p(A)=r(A).
NOTA BENE. Questi appunti non sono esaustivi, non contengono tutto ciò che è stato detto a lezione / esercitazione; costituiscono una base minima di conoscenze necessarie a superare l’esame e sono utili ad un ripasso veloce. Contengono inoltre le dimostrazioni fatte a lezione.
SPAZI VETTORIALI (vedi Capitolo 4 del testo) Def.1. Un insieme V si dice spazio vettoriale sul campo K (che per noi sarà il campo razionale Q o il campo reale R o il campo complesso C) se sono definite un’operazione di somma su V (cioè una legge che ad ogni coppia ordinata v1, v2 di elementi di V associa uno e un solo elemento di V, che indicheremo con v1+v2) ed un prodotto esterno fra gli elementi di K e quelli di V, che ad ogni coppia di elementi k,v con k∈K, v∈V associa uno e un solo elemento di V, che indicheremo con k⋅v, con le seguenti proprietà: 1. associativa: per ogni terna v1,v2,v3∈V si ha (v1+v2)+v3=v1+(v2+v3) 2. esistenza dello zero: esiste un elemento 0 in V tale che per ogni v∈V si ha v+0=v 3. esistenza dell’opposto: per ogni v∈V esiste un elemento v’∈V tale che v+v’=0 4. commutativa: per ogni coppia v1,v2 ∈V si ha v1+v2 =v2+v1 5. per ogni k1,k2 ∈K e per ogni v ∈V si ha (k1+k2)⋅v=k1⋅v +k2⋅v (attenzione il simbolo + nei due membri dell’uguaglianza indica operazioni diverse: alla sinistra e la somma in K e alla destra è la somma in V) 6. per ogni k1,k2∈K e per ogni v ∈V si ha (k1⋅k2)⋅v=k1⋅(k2⋅v) (attenzione il simbolo ⋅ nella parte a sinistra dell’uguaglianza la prima volta indica il prodotto in K e la seconda il prodotto esterno, nella parte destra indica sempre il prodotto esterno) 7. per ogni k ∈K e per ogni v1,v2 ∈V si ha k⋅(v1+v2)=k⋅v1+k⋅v2 (questa volta il simbolo ⋅ indica sempre il prodotto esterno, il simbolo + la somma in V) 8. per ogni v∈V si ha 1⋅v=v (dove 1 rappresenta l’unità di K) . Nel seguito chiameremo vettori gli elementi di V e li sottolineeremo per distinguerli dagli elementi di K, inoltre l’opposto v’ del vettore v sarà indicato con –v. Chiameremo invece scalari gli elementi di K. Quando non ambiguo, ometteremo il simbolo ⋅ per indicare il prodotto esterno e scriveremo semplicemente kv per indicare k⋅v. (Le condizioni 1.,2.,3.,4. dicono che V rispetto all’operazione di somma è un gruppo abeliano. Quando come campo degli scalari si usa un generico campo K, non solo Q o R o C, il simbolo 1 della proprietà 8. va interpretato come l’elemento neutro rispetto al prodotto di K) .
Esempi a. Sia V l’insieme dei vettori della fisica applicati in uno stesso punto P, se prendiamo come somma in V la solita somma di vettori (quella ottenuta con la regola del parallelogramma) e come prodotto esterno fra il campo R e V il solito prodotto di uno scalare per un vettore, otteniamo uno spazio vettoriale su R.
b. Sia V l’insieme delle matrici di uno stesso tipo (m,n) ad elementi reali (complessi), se prendiamo l’usuale somma di matrici come somma in V e l’usuale prodotto di uno scalare per una matrice come prodotto esterno, otteniamo uno spazio vettoriale su R (su C). c. In particolare l’insieme delle matrici si tipo (n,1) a coefficienti reali (o quello delle matrici di tipo (1,n) sul campo reale) è uno spazio vettoriale che indicheremo con Rn . d. Sia V l’insieme dei polinomi a coefficienti reali nell’indeterminata x, se prendiamo come somma in V l’usuale somma di polinomi e come prodotto esterno l’usuale prodotto di un numero reale per un polinomio, otteniamo uno spazio vettoriale su R. e. R è uno spazio vettoriale su se stesso se prendiamo come somma l’usuale somma in R e come prodotto esterno l’usuale prodotto di numeri reali.
Osserviamo che in uno spazio vettoriale valgono le seguenti proprietà: •
k⋅v=0 se e solo se k=0 oppure v=0.
•
v=(-1) ⋅v
•
k1⋅(k2⋅v) = k2⋅(k1⋅v)
•
v+w=v+u implica w=u
Def. 2. Sia V uno spazio vettoriale sul campo K, diciamo che un vettore v∈V è combinazione lineare dei vettori v1, v2,…, vn ∈V se esistono n elementi k1,k2,…,kn ∈ K, detti coefficienti della combinazione, tali che v=k1v1+k2v2+…+knvn. I vettori v1,v2,…,vn si dicono linearmente indipendenti se l’unico modo di ottenere il vettore 0 come loro combinazione lineare è prendere tutti i coefficienti della combinazione uguali a 0, altrimenti si dicono linearmente dipendenti, in altre parole v1,v2,…,vn si dicono linearmente dipendenti se esistono n elementi h1,h2,…,hn ∈ K non tutti nulli tali che h1v1+h2v2+…+hnvn= 0. Osservazioni 1. I vettori v1,v2,…,vn sono linearmente dipendenti se e solo se uno di essi (NON ciascuno di essi) è combinazione lineare dei restanti; in particolare se v1,v2,…,vr sono vettori linearmente indipendenti e v1,v2,…,vr ,v sono vettori linearmente dipendenti, allora il vettore v è combinazione lineare di v1,v2,…,vr . , in particolare quindi ogni insieme di vettori che contenga il vettore 0 è un insieme di vettori linearmente dipendenti e ogni insieme di vettori che contenga due vettori uguali (o proporzionali) è un insieme di vettori linearmente dipendenti. 2. Se H={v1,v2,…,vn }⊆V è un insieme di vettori linearmente dipendenti, allora ogni sottoinsieme T di V tale che H⊆T è un insieme di vettori linearmente dipendenti 3. H={v1} è un insieme di vettori linearmente dipendenti se e solo se v1=0Se I={v1,v2,…,vn }⊆V è un insieme di vettori linearmente indipendenti, allora ogni sottoinsieme J di V tale che J⊆I è un insieme di vettori linearmente indipendenti Def.3. Dato uno spazio vettoriale V su K, un sottoinsieme H di V si dice sottospazio (vettoriale) di V se H è a sua volta uno spazio vettoriale su K rispetto alla stessa somma di V e allo stesso prodotto esterno di K per V.
(Questo in particolare significa che la somma di due vettori di H è un vettore di H, che 0 sta in H, che per ogni vettore v di H anche –v sta in H e che per ogni vettore v di H e per ogni λ in K λv sta in H). Per verificare se un sottoinsieme H di V è un sottospazio sussiste il seguente Criterio: Un sottoinsieme H di uno spazio vettoriale V su K è un sottospazio di V se e solo se valgono le seguenti due condizioni: 1. per ogni v,w∈H, v+w∈H e 2. per ogni v∈H e per ogni λ∈Κ, λv∈H. Esempi 1. L’insieme H={[x,y,z,t]T | x,y,z,t∈R, x=2} non è un sottospazio di R4 in quanto 0∉H 2. L’insieme H={[x,y,z,t] T | x,y,z,t∈R, x2=y} non è un sottospazio di R4. Infatti considerato il vettore [x,x2,z,t] T (appartenente ad H) ed uno scalare λ≠0,1, il vettore λ[x,x2,z,t] T = [λx,λx2,λz,λt] T non appartiene ad H in quanto la seconda componente non è il quadrato della prima. 3. L’insieme H={[x,y,z,t] T |x,y,z,t∈R, x=y+z} è un sottospazio di R4. Infatti considerati due qualsiasi vettori [y1+z1,y1,z1,t1] T, [y2+z2,y2,z2,t2] T in H ed un qualsiasi λ in R si ha [y1+z1,y1,z1,t1] T +[y2+z2,y2,z2,t2] T = [y1+z1+(y2+z2), y1+y2,z1+z2,t1+t2] T = =[(y1+y2)+(z1+z2),y1+y2,z1+z2,t1+t2] T che è un vettore di H ed anche λ[y1+z1,y1,z1,t1] T = [λ(y1+z1),λy1,λz1,λt1] T = [λy1+λz1,λy1,λz1,λt1] T che è un vettore di H, dunque, usando il criterio, si può concludere che H è un sottospazio di R4. 4. Sia V uno spazio vettoriale sul campo K e siano v1,v2,…,vn ∈V l’insieme L(v1,v2,…,vn)= {a1v1+ a2v2+…+ anvn|ai∈K} è un sottospazio vettoriale di V. Infatti presi comunque w1= a1v1+ a2v2+…+ anvn , w2= b1v1+ b2v2+…+ bnvn in L(v1,v2,…,vn), si ha w1+w2= (a1+ b1)v1+ (a2+ b2) v2+…+ (an+ bn)vn∈ L(v1,v2,…,vn) e per ogni elemento λ di K λ, λw1= (λa1)v1+ (λa2)v2+…+ (λan)vn∈ L(v1,v2,…,vn). Def.4. Lo spazio L(v1,v2,…,vn)= {a1v1+ a2v2+…+ anvn|ai∈K} definito nell’esempio d. si chiama (sotto) spazio vettoriale generato da v1,v2,…,vn. I vettori v1,v2,…,vn costituiscono un sistema di generatori di V se V= L(v1,v2,…,vn). Uno spazio vettoriale ha dimensione finita se ammette un insieme finito di generatori. I vettori v1,v2,…,vn formano una base di V se ogni vettore di V si scrive in uno ed un sol modo come combinazione lineare dei vettori v1,v2,…,vn. Proprietà 1. Se G={v1,v2,…,vn }⊆V è un insieme di generatori di V, allora ogni sottoinsieme G’ di V, tale che G⊆G’ è un insieme di generatori di V 2. Sia V uno spazio vettoriale su K, B={v1,v2,…,vn } è una base di V se e solo se {v1,v2,…,vn} è un insieme di generatori linearmente indipendenti di V. Infatti se B è una base, ogni vettore v di V si scrive in uno e un sol modo come combinazione lineare di v1,v2,… vn. Ι vettori v1,v2,…,vn formano quindi un sistema di generatori, inoltre se 0=η1v1+η2v2+…+ηnvn per l’unicità della scrittura di 0 come combinazione lineare di v1,v2,…,vn, si ricava η1= η2=…=ηn=0, quindi i vettori v1,v2,…,vn sono linearmente indipendenti.
Se invece {v1,v2,…,vn } è un insieme di generatori linearmente indipendenti di V, dal fatto che siano generatori abbiamo che ogni vettore v∈V si può scrivere come combinazione lineare di v1,v2,…,vn. Supponiamo allora che sia v= λ1v1+λ2v2+…+λnvn= µ1v1+µ2v2+…+µnvn .Questa uguaglianza implica 0= (λ1- µ1)v1+(λ2- µ2)v2+…+(λn- µn)vn, da cui per l’indipendenza lineare di v1,v2,…,vn, si ricava λ1= µ1, λ2= µ2,…, λn= µn. 3. Siano V uno spazio vettoriale su K, B={v1,v2,…,vn } una base di V, v= λ1v1+λ2v2+…+λnvn. Allora v può essere identificato con la n-upla [λ1, λ2,…,λn] di elementi di K o anche con la nupla [λ1, λ2,…,λn]T. La n-upla [λ1, λ2,…,λn] di elementi di K l’insieme delle coordinate di v rispetto alla base B. Inoltre se v = λ1v1+λ2v2+…+λnvn e w = µ1v1+µ2v2+…+µnvn è facile verificare che v+w = (λ1+ µ1)v1+(λ2+ µ2)v2+…+(λn+ µn)vn e λv = (λλ1)v1+ (λλ2)v2+… + (λλn)vn quindi lo spazio vettoriale V (rispetto alla base B) può essere identificato con l’insieme delle matrici di tipo (1,n) o con l’insieme delle matrici di tipo (n,1) ad elementi in K (queste considerazioni sono formalizzate meglio nel capitoletto sulle applicazioni lineari) . 4. Se G={v1,v2,…,vn } è un sistema di generatori di V, da G si può sempre estrarre una base di V (in altre parole ogni spazio vettoriale di dimensione finita ha una base). Il procedimento di estrazione procede così: •
eliminiamo dai vettori di G tutti gli eventuali 0,
•
supposto che v1, v2,…,vn siano tutti non nulli, eseguiamo il seguente algoritmo (degli scarti successivi): passo 0: i: = 2, B:=G passo 1: se vi è combinazione lineare dei precedenti vettori di si pone B:=B -{vi }, passo 2: i:=i+1 passo 3: se i≤n, si torna al passo 1 altrimenti si restituisce B.
E’facile provare che B è un insieme di generatori (infatti sappiamo che ogni vettore di V è combinazione lineare dei vettori di G e se sostituiamo i vettori eliminati con la loro scrittura come combinazione lineare dei precedenti scriviamo il generico vettore di V come combinazione lineare di vettori di B), inoltre i vettori di B sono linearmente indipendenti perché se 0 si scrivesse come combinazione lineare di vettori di B a coefficienti non tutti nulli, il vettore di B con indice massimo che compare nella scrittura di 0 si potrebbe scrivere come combinazione lineare dei precedenti, ma allora avrebbe dovuto essere eliminato da B. 5. Se G={v1,v2,…,vn } è un sistema di generatori di V, e u1,u2,…,ur è un insieme di vettori linearmente indipendenti di V, esiste sempre una base di V che contiene u1,u2,…,ur . Basta osservare che {u1,u2,…,ur,v1,v2,…,vn } è un sistema di generatori di V ed applicare l’algoritmo precedente a questo sistema di generatori, nessuno degli ui viene cancellato perché per ipotesi sono un insieme di vettori linearmente indipendenti e quindi nessuno è combinazione lineare dei precedenti. 6. Se G={v1,v2,…,vn } è un sistema di generatori di V, ogni insieme w1,w2,…,wm di vettori di V con m>n è costituito da vettori linearmente dipendenti. Procediamo per induzione su n.
Caso base. Se n=1 due vettori qualsiasi di V costituiscono un insieme di vettori linearmente dipendenti. Infatti siano w1,w2∈V due vettori distinti se uno di essi è 0 allora i due vettori sono linearmente dipendenti. Quindi supponiamoli entrambi diversi dal vettore nullo, poiché V ={v1} è un sistema di generatori di V allora w1= av1, w2= bv1 con a,b diversi da 0 e dunque bw1 – aw2=0 con a,b non entrambi nulli. Supponiamo allora per ipotesi di induzione che se un insieme di n-1 vettori è un insieme di generatori di uno spazio vettoriale allora ogni insieme di n vettori di quello spazio è un insieme di vettori linearmente dipendenti. Sia ora G={v1,v2,…,vn } un sistema di generatori di V e prendiamo in V un qualsiasi insieme di n+1 vettori w1,w2,…,wn+1 . Se uno di questi vettori è il vettore nullo, l’insieme w1,w2,…,wn+1 è un insieme di vettori linearmente dipendenti, pertanto assumiamo che nessun wi sia 0. Poiché {v1,v2,…,vn } è un sistema di generatori di V abbiamo w1= a11v1+a12v2+…+a1nvn w2= a21v1+a22v2+…+a2nvn …… wn+1= an+11v1+an+1 2v2+…+an+1 nvn dove possiamo sempre assumere a11≠0 (in caso contrario riordiniamo i vi) Allora a11w2- a21w1=(a11a22- a21a12)v2+…+(a11a2n- a21a1n)vn a11w3- a31w1=(a11a32- a31a12)v2+…+(a11a3n- a31a1n)vn …… a11wn- an+1 1w1=(a11an2- an+11an+12)v2+…+(a11ann- an+1 1a1n+1)vn quindi a11w2- a21w1, a11w3- a31w1,…, a11wn- an+1 1w1 sono n vettori appartenenti allo spazio vettoriale generato da {v2,…,vn } quindi sono linearmente dipendenti per ipotesi di induzione e dunque esistono dei coefficienti b1,b2,…,bn non tutti nulli tali che b1(a11w2- a21w1)+ b2(a11w3- a31w1)+…+ bn (a11wn- an+1 1w1)=0 da cui (-b1a21-b2a31-…-bn an+1 1)w1 + b1a11w2+ b2a11w3+…+ bn a11wn=0 con almeno un bia11≠0, pertanto w1,w2,…,wn+1 è un insieme di vettori linearmente dipendenti. 7. Se V è uno spazio vettoriale di dimensione finita e B={v1,v2,…,vn } e B’={u1,u2,…,ur} sono due basi di V allora m=r. Infatti B, essendo una base, è un insieme di generatori e B’, essendo una base, è un insieme di vettori linearmente indipendenti di V, perciò r≤m. Scambiando il ragionamento si ha che B’, essendo una base, è un insieme di generatori e B, essendo una base, è un insieme di vettori linearmente indipendenti di V e dunque m≤r, da cui l’asserto. Def. 5. Si dice dimensione di uno spazio vettoriale di dimensione finita il numero di vettori che compongono una sua base. Osservazione 5. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n, allora ogni insieme di generatori è formato da m≥n vettori, ogni insieme di vettori linearmente indipendenti è formato da r≤n vettori. In particolare un
insieme di generatori formato da n vettori è una base e un insieme di n vettori linearmente indipendenti è una base. Osservazione 6. Osservate che se V è uno spazio vettoriale di dimensione finita n, ogni suo sottospazio ha dimensione m≤n, in particolare ogni sottospazio di dimensione n coincide con V (la base del sottospazio è un insieme di vettori linearmente indipendenti in V ed avendo la stesso numero di vettori di una base di V è a sua volta una base di V). Esempi 1. Consideriamo lo spazio vettoriale R3. I vettori e1=[1,0,0]T, e2= [0,1,0] T, e3=[0,0,1] T costituiscono una base di V. Infatti sono linearmente indipendenti in quanto ae1+be2+ce3=0 implica a=b=c=0, ed ogni vettore v=[a,b,c] T di R3 si può scrivere come combinazione lineare di e1, e2, e3 ([a,b,c] T =ae1+be2+ce3); questa base si chiama base canonica di R3. In generale la base canonica di Rn è formata dagli n vettori e1, e2, …,en dove ei è il vettore le cui componenti diverse dalla i-esima sono tutte 0 e la componente i-esima è 1 (per ogni 1≤i≤n). 2. L’insieme di vettori { [1,1,1] T, e1, e2, e3} è un sistema di generatori di R3, ma non è una base perché i vettori non sono linearmente indipendenti, una base di R3 è anche { [1,1,1] T, e1, e2}, infatti a[1,1,1] T +b e1+c e2=0 implica a=b=c=0 ed inoltre ogni vettore [a,b,c] T si può scrivere ad esempio come c[1,1,1] T +(a-c) e1+(b-c) e2. 3. I polinomi a coefficienti reali di grado minore o uguale a 3 nella variabile x formano uno spazio vettoriale V su R rispetto alla somma di polinomi e al prodotto esterno definito come usuale prodotto di un numero per un polinomio. E’ immediato verificare che {1,x,x2,x3} è una base di V. G={1, x, x-1, 2x+ x2, x2+x3} è un sistema di generatori di V infatti un qualsiasi polinomio a+bx+cx2+dx3 si può scrivere ad esempio come d(x2+x3)+(c-d)( 2x+ x2)+(d-c)(x-1)+(b+d-c)x+(a+d-c)⋅1. G non è una base, infatti il polinomio 0 si scrive nella forma 0=0(x2+x3)+0(2x+ x2)+1(x-1)-1(x)+1, quindi come combinazione lineare a coefficienti non tutti nulli dei vettori di G. Possiamo immediatamente osservare che x è combinazione lineare dei vettori 1,x-1 (è la loro somma). Se eliminiamo x da G otteniamo allora G’={1, x-1, 2x+ x2, x2+x3} ; i vettori di G’ sono linearmente indipendenti. Si verifica facilmente che i vettori di G’ sono un sistema di generatori, infatti sostituendo (x-1)+1 ad x abbiamo a+bx+cx2+dx3 = d(x2+x3)+(c-d)( 2x+ x2)+0⋅ (x-1)+ ( b+2d-2c)x+a⋅1= d(x2+x3)+(c-d)( 2x+ x2)+0⋅ (x-1)+ ( b+2d-2c)(x-1+1)+a⋅1= d(x2+x3)+(c-d)( 2x+ x2)+ ( b+2d-2c)(x-1)+a⋅1⋅ (x-1)+ (b+2d-2c)(x-1)+ (b+2d-2c+a)⋅1, dunque G’ è una base di V. 4. Sapendo che [1,1,1,1] T, [2,0,2,0] T, [-1,1,-1,1] T, [0,0,2,2] T,[1,0,0,0] T , [0,0,0,1] T è un sistema di generatori per R4, estrarne una base. Non ci sono vettori nulli nel nostro insieme, inoltre [2,0,2,0] T non è combinazione lineare di [1,1,1,1] T, quindi si considera il vettore successivo [-1,1,-1,1] T che risulta essere somma dei precedenti, dunque lo si elimina dal sistema di generatori e si passa a considerare [0,0,2,2] T, [0,0,2,2] T non si può scrivere come combinazione lineare di [1,1,1,1]T e [2,0,2,0] T (infatti ogni combinazione lineare di tali vettori ha prima e terza componente uguale) e quindi si passa a considerare [1,0,0,0] T. [1,0,0,0] T non è combinazione lineare di [1,1,1,1]T, [2,0,2,0]T, [0,0,2,2]T, perché il sistema lineare
a+2b=1 a=0 a+2b+2c=0 a+2c=0 (che corrisponde alla equazione matriciale [1,0,0,0]T = a[1,1,1,1]T+b[2,0,2,0]T+c[0,0,2,2]T) è impossibile. I vettori [1,1,1,1] T, [2,0,2,0] T, [0,0,2,2] T, [1,0,0,0] T sono pertanto linearmente indipendenti e sono una base per R4 avendo R4 dimensione 4. Osservate che se aveste applicato l’algoritmo degli scarti successivi al sistema di generatori precedente, riordinato così: [2,0,2,0] T, [-1,1,-1,1] T, [1,1,1,1] T, [0,0,0,1] T, [0,0,2,2] T, [1,0,0,0] T avreste trovato come base: [2,0,2,0] T, [-1,1,-1,1] T, [0,0,0,1] T, [0,0,2,2] T. Dalla definizione di base e dimensione e dal teorema di Rouché Capelli si ricava Teorema 1 (di nullità più rango). Se A è una matrice con n colonne, si ha dim kerA+rk(A)=n. Dim. Se rk(A)=r, per il teorema di Rouché Capelli il sistema lineare Ax=0 ha infinite soluzioni che si scrivono nella forma t1v1+t2v2+…+tn-rvn-r dove ogni vi è la soluzione che si ottiene assegnando il valore 1 alla i-esima variabile libera del sistema e 0 alle altre variabili libere, quindi t1v1+t2v2+…+tn-rvn-r è la soluzione che si ottiene dando all’i-esima variabile libera,1≤i≤n-r, il valore ti . Non può essere t1v1+t2v2+…+tn-rvn-r = s1v1+s2v2+…+sn-rvn-r con almeno un ti≠si perché in tal caso almeno la i-esima variabile libera nelle due soluzioni del sistema avrebbe valori diversi. Quindi i vettori v1,v2,…,vn-r sono una base per ker A e dunque dim ker A=n-r. Rango di una matrice e dimensioni degli spazi righe e colonne della matrice Abbiamo già osservato (capitolo sull’algebra delle matrici) che una matrice A di tipo (m,n) può essere vista come costituita dall’accostamento (verticale) di m vettori riga di tipo (1,n) : r1, r2,…,rm. Poniamo Row(A)=L(r1, r2,…, rm). Analogamente A può essere vista come costituita dall’accostamento (orizzontale) di n vettori colonna di tipo (m,1) : c1, c2,…, cn . Poniamo Col(A)=L(c1, c2,…, cn). E’ molto importante il seguente Teorema 2: rk(A)=dim Row(A)=dim Col(A). Per dimostrarlo usiamo alcuni lemmi Lemma 1: {v1, v2,…, vt} è un insieme di vettori linearmente indipendenti se e solo se {v1, v2,…, vj+kvi,...,vt} , con i≠j, k∈K, è un insieme i vettori linearmente indipendenti. Dim. Sia {v1, v2,…, vt} un insieme di vettori linearmente indipendenti. Sia a1v1+ a2v2+…+ aj(vj+kvi)+...+ atvt=0, allora a1v1+ a2v2+…+ (ai+kaj)vi +…+ajvj+...+ atvt=0 , da cui, essendo {v1, v2,…, vt} un insieme di vettori linearmente indipendenti, si ottiene a1= a2=…= ai+kaj=…=aj=...= at=0 e quindi a1= a2=…= ai =…=aj=...= at=0, dunque {v1, v2,…, vj+kvi,...,vt} è un insieme i vettori linearmente indipendenti. Il viceversa è banale in quanto i vettori {v1, v2,…, vt} si possono vedere come ottenuti da {v1, v2,…, vj+kvi,...,vt} aggiungendo al j-esimo vettore l’i-esimo moltiplicato per –k. Dal Lemma1 segue subito il
Corollario 1: dim L(v1, v2,…, vm)=dim L(v1, v2,…, vj+kvi,...,vm) Lemma 2: Sia U la matrice a scalino ottenuta da A secondo il procedimento descritto nel capitolo sui sistemi lineari, allora dim Row(U)=dim Row(A). Dim. Dal corollario 1 si ha che ogni mossa di Gauss trasforma una matrice B in una matrice C tale che dim Row(C)=dim Row(B) e quindi poiché U è ottenuto da A con un numero finito di mosse di Gauss abbiamo il risultato. Lemma 3: Se U è una matrice a scalino dim Row(U)=rk(U). Dim. Le righe di U che contengono i pivot (uniche righe diverse dal vettore 0) sono linearmente indipendenti (verifica immediata) e sono il massimo numero di vettori linearmente indipendenti che posso estrarre dall’insieme di righe di U. Lemma 4: {[v11, v21,…, vm1]T, [v12, v22,…, vm2]T,…, [v1n, v2n,…, vmn]T} è un insieme di vettori linearmente indipendenti di uno spazio V se e solo se {[v11,.., vj1+k vi1,.., vm1]T, [v12,.., vj2+k vi2,.., vm2]T,.., [v1n,.., vjn+k vin,.., vmn]T}, con i≠j, k∈K, è un insieme i vettori linearmente indipendenti di V. Dim. Sia {[v11, v21,…, vm1]T, [v12, v22,…, vm2]T,…, [v1n, v2n,…, vmn]T} un insieme di vettori linearmente indipendenti di V. Siano a1, a2,…, an elementi di K tali che a1[v11,…, vj1+k vi1,..., vm1]T + a2[v12,..., vj2+k vi2,..., vm2]T +…+ an[v1n,..,vjn+k vin,.., vmn]T =0. a1 v11 + a2 v12 +…+ an v1n =0 …. a1 vi1 + a2 vi2 +…+ an vin =0 …. ………… a1 (vj1 +kvi1 + a2 (vj2 +kvi2 +…+ an (vjn +kvin =0 …. a1 vm1 + a2 vm2 +…+ an vmn =0
Questo implica che a1, a2,…, an sono soluzioni del sistema
a1 v11 + a2 v12 +…+ an v1n =0 …. a1 vi1 + a2 vi2 +…+ an vin =0 …. a1 vj1 + a2 vj2 +…+ an vjn =-k(a1 vi1 + a2 vi2 +…+ an vin …. a1 vm1 + a2 vm2 +…+ an vmn =0
che è equivalente al sistema
a1 v11 + a2 v12 +…+ an v1n =0 …. a1 vi1 + a2 vi2 +…+ an vin =0 …. a1 vj1 + a2 vj2 +…+ an vjn =0 …. a1 vm1 + a2 vm2 +…+ an vmn =0
equivalente a
che si traduce nell’equazione matriciale a1[v11,.., vj1,.., vm1]T + a2[v12,.., vj2,.., vm2]T +..+ an[v1n,.., vjn,…, vmn]T =0, da cui essendo {[v11, v21,…, vm1]T, [v12, v22,…, vm2]T,…, [v1n, v2n,…, vmn]T} un insieme di vettori linearmente indipendenti, si ottiene a1= a2=…=an=0.
Il viceversa è identico infatti i vettori {[v11, v21,…, vm1]T, [v12, v22,…, vm2]T,…, [v1n, v2n,…, vmn]T} sono ottenuti dai vettori {[v11,.., vj1+k vi1,.., vm1]T,[v12,.., vj2+kvi2,.., vm2]T,.., [v1n,.., vjn+kvin,.., vmn]T} aggiungendo al j-esimo elemento di ciascun vettore il suo i-esimo elemento moltiplicato per –k. Dal Lemma 4 segue subito il Corollario 2: Aggiungendo alla riga j-esima di una matrice la riga i-esima moltiplicata per k non cambia la dimensione dello spazio generato dalle colonne della matrice. E’ ovvio che se si scambiano di posto due righe di una matrice non cambia la dimensione dello spazio generato dalle colonne della matrice, quindi Lemma 5: dim Col(U)=dim Col (A). Lemma 6: dim Col(U)=rk(U). Dim. E’immediato verificare che le colonne di U che contengono i pivot sono un insieme di vettori linearmente indipendenti. Inoltre se le ultime t righe della matrice U sono nulle, possiamo pensare di eliminarle e di vedere le colonne di U come vettori colonna di tipo (n-t,1), quindi lo spazio generato dalle colonne ha al più dimensione n-t. I pivot di U sono esattamente n-t e quindi le colonne che contengono i pivot sono n-t e sono un insieme di vettori linearmente indipendenti e quindi sono una base di Col(U). Dim. del Teorema 2. Dai lemma 2 e 3 abbiamo dim Row(A)=dim Row (U)=rk(U), dai lemma 5 e 6 abbiamo dim Col(A)=dim Col (U)=rk(U) dove U è la matrice a scalino ottenuta da A col procedimento descritto nel capitoletto sui sistemi lineari, in cui abbiamo anche detto che rk(A)=rk(U). Di seguito è riportata una diversa dimostrazione del Lemma 5 che è più breve, ma un po’ più complicata dal punto di vista concettuale. Nuova Dim. del Lemma 5. E’ evidente che ker A=ker U, infatti ker A è l’insieme delle soluzioni del sistema lineare omogeneo Ax=0 che è equivalente al sistema lineare omogeneo Ux=0. Dal teorema di nullità più rango si ha rk(A)=n - dim kerA=n-dim Ker U=rk(U). In altre parole il teorema 2 dice che il rango di A coincide •
col massimo numero di vettori colonna linearmente indipendenti che si possono estrarre dalle colonne di A
•
col massimo numero di vettori riga linearmente indipendenti che si possono estrarre dalle righe di A
Quindi Corollario 3. rk(A)=rk(AT). E' ovvio che •
solo la matrice nulla (di un qualunque tipo (m,n)) ha rango 0
•
se A è una matrice non nulla di tipo (m,n), 1≤rk(A)≤min (m,n)
•
se A è una matrice quadrata di ordine n, rk(A)=n se e solo se det A≠0 e in tal caso A si dice matrice non singolare (vedere il capitolo sul determinante)
Osserviamo che il Teorema 2 ci offre un metodo veloce per verificare se un insieme di vettori riga (colonna) è linearmente indipendente. Basta infatti calcolare il rango della matrice ottenuta per accostamento verticale (orizzontale) dei vettori dati. Se il rango è minore del numero dei vettori accostati, i vettori sono linearmente dipendenti; in caso contrario sono linearmente indipendenti,
Da quanto visto sopra si ottiene anche la regola di Kronecker, un metodo comodo per calcolare il rango di una matrice A di tipo (m,n). (Capitolo 6 del testo) Chiamiamo sottomatrice di A una matrice di tipo (m',n') con m'≤m, n'≤n, ottenuta scegliendo m' righe distinte ed n' colonne distinte di A e considerando tutti gli elementi che si trovano all'intersezione di queste righe e colonne. Chiamiamo minore di ordine r di A il determinante di una qualsiasi sottomatrice quadrata di ordine r di A Sia A’ una sottomatrice quadrata di A di ordine s < min (m,n). Una sottomatrice A” di A ottenuta aggiungendo una riga ed una colonna a quelle già scelte per formare A’ si dice ottenuta per orlatura da A’ 0 1 1 3 1 1 Sia A= 2 1 0 2 , A’= è una sottomatrice di A (ottenuta scegliendo gli elementi 2 1 3 2 1 1 comuni alla prima e terza riga e alla seconda e terza colonna di A), per orlare A’ alle righe considerate per formare A’ bisogna ovviamente aggiungere la seconda riga, poi possiamo scegliere se aggiungere alle colonne usate per formare A’ la prima o la quarta colonna, abbiamo così due 0 1 1 1 1 3 sottomatrici di A ottenute per orlatura da A’: 2 1 0 e 1 0 2 . 3 2 1 2 1 1 Per estensione si dice minore orlato di un minore M di una matrice A il determinante di una sottomatrice A” ottenuta per orlatura dalla sottomatrice di cui M è il determinante. Esempio
Nel calcolo del rango risulta quindi molto utile la seguente regola di Kronecker: Una matrice A ha rango r se e solo se esiste un minore M di A di ordine r diverso da 0 e tutti i minori (di ordine r+1) ottenuti orlando M sono nulli. Dim. Osserviamo per prima cosa che se B è una sottomatrice quadrata di A con det B≠0, le righe di A scelte per formare B sono linearmente indipendenti, in caso contrario infatti la relazione di dipendenza fra quelle righe di A sarebbe anche una relazione di dipendenza fra le righe di B e si avrebbe det B=0. Assumiamo che A abbia rango r. A ha almeno un minore di ordine r diverso da 0. Infatti A ha r righe linearmente indipendenti. Prendiamo la sottomatrice B formata da quelle righe, B ha rango r perché le sue righe sono linearmente indipendenti e quindi B ha r colonne linearmente indipendenti. Consideriamo la sottomatrice C di B formata da quelle colonne, C ha r colonne linearmente indipendenti, quindi ha rango r ed essendo quadrata ha determinante diverso da 0. Tutti i minori di ordine r+1 di A sono uguali a 0 altrimenti per la prima osservazione avremmo che A ha r+1 righe linearmente indipendenti e quindi rango r+1. Viceversa supponiamo che A abbia un minore M di ordine r diverso da 0 e che tutti i minori ottenuti per orlatura da M siano nulli. Per la prima osservazione sappiamo che A ha almeno r righe linearmente indipendenti e quindi rk(A)≥r e le r righe di A scelte per formare la sottomatrice B di cui M è determinante sono linearmente indipendenti. Supponiamo che a quelle righe se ne possa aggiungere un'altra in modo che l'insieme delle righe così ottenuto sia linearmente indipendente. La sottomatrice C formata da quelle righe ha allora rango r+1, quindi Col (C ) ha una base formata da r+1 vettori. C ha B come sua sottomatrice e sappiamo che le colonne di C che contengono le colonne di B sono linearmente indipendenti, quindi possiamo aggiungere a tali colonne un'altra colonna per formare una base di Col (C ) (Proprietà 5). Prendiamo la sottomatrice (quadrata) D di C formata da quelle colonne, D ha rango r+1 e quindi det D≠0. Abbiamo dunque trovato un minore orlato di M diverso da 0 contro l'ipotesi. Quindi dim Row(A)= r =rk(A).
Esempio.
h Calcolare al variare di h il rango della matrice A= 2 -h
1 2 -h 2 2 h ". 3 6 0
1 2 Ovviamente 1≤rk A≤3. Il minore M=# #=-2 è un minore di A di ordine 2 diverso da 0, quindi 2 2 h 1 2 2≤rk A≤3. Il minore $ 2 2 2$ =8h è diverso da 0 per h≠0, quindi per h≠0 A ha rango 3. -h 3 6
1 2 -h Vediamo cosa accade dell’altro minore ottenuto per orlatura da M, $2 2 h $, quando h=0; il 3 6 0 1 2 0 minore diventa , $2 2 0$ e quindi è uguale a 0, per cui A per h=0 ha rango 2. 3 6 0 Intersezione, somma e somma diretta di sottospazi vettoriali Proposizione 2. L’intersezione insiemistica U∩W di due sottospazi vettoriali U, W di uno spazio vettoriale V è un sottospazio di V.
Dim. Presi comunque due vettori z, v di U∩W ed uno scalare λ, dal fatto che z,v∈U e che U è un sottospazio di V segue z+v∈U e λz∈U; analogamente dal fatto che z,v∈W e che W è un sottospazio di V segue z+v∈W e λz∈W; dunque z+v∈U∩W e λz∈U∩W e pertanto U∩W è un sottospazio di V. Osservazione 7. L’unione insiemistica U∪Wdi due sottospazi vettoriali U, W di uno spazi vettoriale V NON è in generale un sottospazio di V, più precisamente è un sottospazio se e solo se U⊆W o W⊆U. Def. 5. Siano V uno spazio vettoriale, U e W due suoi sottospazi, si dice somma di U e W l’insieme U+W={u+w| u∈U, w∈W} Proposizione 3. La somma U+W di due sottospazi vettoriali U, W di uno spazio vettoriale V è un sottospazio di V, più precisamente è il minimo sottospazio di V che contiene sia H sia K. Dim Siano z1, z2 due generici elementi di U+W e λ un qualsiasi scalare. Per definizione di U+W , z1= u1+ w1, z2= u2+ w2, con u1, u2 ∈H, w1, w2 ∈K, allora z1+ z2 = (u1+ w1) + (u2+ w2) = (u1+ u2)+(v1+ v2) (tenuto conto delle proprietà commutativa ed associativa), ma u1+ u2 ∈U, w1+w2 ∈W, dunque z1+ z2∈U+W, inoltre λz1= λ(u1+ w1) = λu1+λw1, ma λu1∈U, λw1∈W, dunque λz1 ∈U+W. In conclusione U+W è un sottospazio. Ovviamente considerato un generico vettore u∈U, essendo u=u+0 e appartenendo 0 ad ogni sottospazio e quindi in particolare a W si ha u∈U+W, cioè U⊆U+W, analogamente si ottiene W⊆U+W. Sia ora H un sottospazio di V contenente U e W, per ogni u∈U, w∈W, si ha u+w ∈ H (in quanto u, w∈ H e H è un sottospazio) e dunque U+W⊆H. Sussiste la seguente Formula di Grassman: Siano U e W due sottospazi di uno spazio vettoriale V. Se U e W hanno dimensione finita, allora hanno dimensione finita sia U∩W, sia U+W e inoltre si ha:
dim U+dim W =dim (U∩W)+ dim (U+W). Dim. Sia dim U=n, dim W=m. U∩W è un sottospazio di U e di W e pertanto ha dimensione finita k con k≤min (n,m). Siano i1, i2,…, ik i vettori di una base di U∩W. Allora possiamo trovare n-k vettori u1, u2,…, un-k in U, tali che i1, i2,…, ik, u1, u2,…, un-k formano una base di U ed m-k vettori w1, w2,…, wm-k in W, tali che i1, i2,…, ik, w1, w2,…, wm-k formano una base di W. I vettori i1, i2,…, ik, u1, u2,…, un-k, w1, w2,…, wm-k generano ovviamente U+W. Sia a1i1+ a2 i2+…+ ak ik+b1u1+b2u2+…+bn-k un-k+c1 w1+c2w2+…+ cm-k wm-k =0, allora a1i1+ a2 i2+…+ ak ik+b1u1+b2u2+…+bn-k un-k=-(c1 w1+c2w2+…+ cm-k wm-k ) è un vettore appartenente ad U∩W e quindi esistono k scalari d1,d2,…,dk tali che -(c1 w1+c2w2+…+ cm-k wm-k )= d1i1+ d2 i2+…+ dk ik e quindi d1i1+ d2 i2+…+ dk ik+c1 w1+c2w2+…+ cm-k wm-k =0, da cui essendo i1, i2,…, ik, w1,…, wm-k una base di W, si ottiene d1= d2=…= dk=c1=c2=…= cm-k =0 e quindi -(c1 w1+c2w2+…+ cm-k wm-k )=0 e dunque ak ik+b1u1+b2u2+…+bn-k un-k=0 da cui, essendo che i1, i2,…, ik, u1, u2,…, un-k una base di U, abbiamo a1= a2=…= ak=b1=b2=…= bn-k =0. Dunque i vettori i1, i2,…, ik, u1, u2,…, un-k, w1, w2,…, wm-k sono linearmente indipendenti e quindi sono una base di U+W. Si ha pertanto dim (U+W)=n+m-k=dim U+dim W+dim (U∩W). Se dim (U∩W)=0 (o equivalentemente U∩W=0), allora U+W si dice somma diretta di U e W e si scrive U⊕W. Proposizione 4. U+W=U⊕W se e solo se ogni vettore di U+W si scrive in uno ed un sol modo come somma di un vettore di U e di uno di W. Dim. Sia U+W=U⊕We sia z∈U+W, allora z=u+w con u∈U, w∈W. Da z=u+w=u’+w’ con u’∈U, w’∈W abbiamo u-u’=w’-w ∈ U∩W, ma per ipotesi U∩W=0, dunque u=u’, w=w’. Viceversa supponiamo che la scrittura di z=u+w con u∈U, w∈W sia unica, allora se i∈ U∩W, abbiamo z=u+w =(u+i)+(w-i) con u+i∈U, w-i∈W dunque u=u+i e perciò i=0. Esempi 1 Siano U il sottospazio di R3 di base {[1, 0, 0]T, [0, 1, 0]T} e W il sottospazio di R3 di base {[1/4, -1/2, 0]T }. Trovare dim e (una) base di H+K e H∩K.
Si ha ovviamente dim U=2, dim W=1. I vettori [1, 0, 0] T, [0, 1, 0] T, [1/4, -1/2, 0] T sono 1 0 1⁄4 linearmente dipendenti infatti $0 1 − 1⁄2$ = 0, dunque , essendo [1, 0, 0]T, [0, 1, 0]T 0 0 0 linearmente indipendenti, [1/4, -1/2, 0] T è combinazione lineare di [1, 0, 0]T e [0, 1, 0]T, cioè W⊆U e dunque U∩W=W, perciò dim (U∩W)=1 ed una base di W è {[1/4, -1/2, 0] T}, inoltre da W⊆U si ottiene anche U+W=U e quindi dim (U+W)=2 ed una base di U+W è {[1, 0, 0]T, [0, 1, 0]T}
2 Siano U il sottospazio di R3 di base {[0, 1, -1]T, [1/4, -1/2, 0] T} e W il sottospazio di R3 di base {[0, 0, 1] T , [0, 1, 0]T} . Calcolare dim (U+W) e dim (U∩W). {[0, 1, -1] T, [1/4, -1/2, 0] T, [0, 0, 1] T, [0, 1, 0] T} è un sistema di generatori di U+W. Inoltre i vettori [0, 1, -1]T, [1/4, -1/2, 0] T, [0, 0, 1]T sono linearmente indipendenti, dunque {[0, 1, -1]T, [1/4, -1/2, 0] T, [0, 0, 1]T} è una base di U+W, quindi dim (U+W)=3 di conseguenza usando la formula di Grassman si ottiene dim (U∩W)=1
Cambiamento di base. Abbiamo notato (proprietà 3) come un qualsiasi vettore v di uno spazio vettoriale V sul campo K, che ammette una base B={b1,b2,…,bn }, possa essere rappresentato mediante una n-upla di elementi di K. Tali elementi sono i coefficienti della combinazione lineare che esprime v a partire dai vettori della base B e vengono detti coordinate o componenti del vettore v rispetto alla base B. Ovviamente se consideriamo un’altra base C={c1,c2,…,cn } di V il vettore v sarà rappresentato da una n-upla diversa dalla precedente. Nel seguito scriveremo v|B=[λ1, λ2,…,λn]T e v|C’= [µ1, µ2,…,µn] T per indicare rispettivamente le rappresentazioni di v come n-upla rispetto alla base B e alla base C. Vogliamo trovare una formula che permetta di passare per ogni vettore v dalla sue componenti rispetto alla base B a quelle rispetto alla base C. Poiché B è una base di V, i vettori di C si potranno scrivere, in uno e un sol modo come combinazione lineare dei vettori di B, supponiamo sia c1=x11b1+x21b2+….+xn1bn c2=x12b1+x22b2+….+xn2bn …. cn=x1nb1+x2nb2+….+xnnbn x11 x12 x21 x22 allora ponendo S=( ⋮ ⋮ xn1 xn1
… x1n … x2n ⋱ ⋮ ,, si ottiene [c1,c2,…,cn] = [b1,b2,…,bn] S … xnn
dove la k-esima colonna della matrice S è il vettore delle coordinate di ck rispetto alla base B, la matrice S viene detta matrice di cambiamento di base dalla base B alla base C. Ora essendo v= [c1,c2,…,cn][µ1, µ2,…,µn] T = [b1,b2,…,bn] [λ1, λ2,…,λn]T Otteniamo v= [b1,b2,…,bn] S [µ1, µ2,…,µn] T e quindi v|B=Sv|C e v|C=S-1v|B , in quanto S è invertibile perché le sue colonne sono un insieme di vettori linearmente indipendenti. Utilizzando il discorso precedente è facile trovare le formule di rotazione di un sistema di coordinate cartesiane ortogonali. Limitiamoci al piano, ma il procedimento può essere facilmente generalizzato per trovare le formule di rotazione nello spazio. Supponiamo di aver riferito il piano ad un sistema di coordinate cartesiane ortogonali Oxy come in figura: y’
y
x’
O
x
Le coordinate (x,y) di un punto P rispetto ad Oxy sono le componenti del vettore rispetto alla base di R2 rappresenta dai versori degli assi x,y, analogamente le coordinate (x’,y’) di P rispetto ad Ox’y’ sono le componenti del vettore rispetto alla base di R2 rappresenta dai versori degli assi x’,y’. Per trovare le formule di passaggio da x,y ad x’,y’, dobbiamo scrivere i versori degli assi x’,y’ in funzione dei versori degli assi x,y. Detto θ l’angolo che l’asse x forma con l’asse x’ si ha che i versori dell’asse x’ e dell’asse y’ rispetto alla base formata dai versori degli assi x,y sono rispettivamente rappresentati da [cos θ, sen θ] T e da [-sen θ,c os θ] T, la matrice di passaggio è dunque - cos ϑ -sen ϑ2, da cui si ricavano facilmente le formule di rotazione sen ϑ cos ϑ 4
x ' =x cos ϑ+y sen ϑ y ' =-x sen ϑ+y cos ϑ
Esempio.
Si considerino le due basi B’={[2,0,2,0]T, [-1,1,-1,1]T, [0,0,0,1]T, [0,0,2,2]T} e C={[1,1,1,1]T, [2,0,2,0]T, [0,0,2,2]T, [5,0,0,5]T} di R4. Scrivere la matrice di passaggio da B a C. Dobbiamo rappresentare i vettori della base C rispetto alla base B. Si ha: [1,1,1,1]T = 1[2,0,2,0] T + 1[-1,1,-1,1]T + 0[0,0,0,1] T + 0[0,0,2,2]T [2,0,2,0]T = 1[2,0,2,0]T + 0[-1,1,-1,1]T + 0[0,0,0,1]T + 0[0,0,2,2]T [0,0,2,2]T = 0[2,0,2,0]T + 0[-1,1,-1,1]T + 0[0,0,0,1]T + 1[0,0,2,2]T [5,0,0,5]T = 5/2[2,0,2,0]T + 0[-1,1,-1,1]T - 5/2[0,0,0,1]T + 10[0,0,2,2]T Dunque le componenti dei vettori di C rispetto alla base B sono rispettivamente [1,1,0,0]T, [1,0,0,0]T, [0,0,0,1]T, [5/2,0,-5/2,10]T e la matrice di passaggio da B a B’è
1 S=(1 0 0
1 0 5⁄2 0 0 0 ,. 0 0 − 5⁄2 0 1 10
Equazioni parametriche e cartesiane dei sottospazi di uno spazio vettoriale di Kn. Sappiamo che se V è uno spazio vettoriale di dimensione finita n, ogni suo sottospazio ha dimensione m≤n, in particolare ogni sottospazio di dimensione n coincide con V. Quindi i sottospazi di Kn hanno dimensione d con 0≤d≤n. L’unico sottospazio di dimensione n è Kn e l’unico sottospazio di dimensione 0 è il vettore nullo, tali sottospazi sono detti banali. Inoltre per ogni d con 0
x1 =t 1 v11 +t 2 v12 +…+t n v1d x =t v +t v +…+t n v2d 9 2 1 21 2 ⋮ 22 xn =t 1 vn1 +t 2 vn2 +…+t n vnd
le coordinate del generico vettore x di L(v1,v2,…,vd) sono quindi scritte in funzione di n parametri arbitrari e delle coordinate dei vettori v1,v2,…,vd. Il sistema appena scritto rappresenta il sottospazio sotto forma di equazioni parametriche. Queste equazioni si possono anche scrivere nella forma matriciale v11 v12 … v1d t 1 v21 v22 … v2d t 2 x=( ⋮ ⋱ ⋮ ⋮ , ( ⋮ ,=Bt vn1 vn2 … vnd t n con B matrice di tipo (n,d) e rango d. Sussiste la seguente Proposizione 5. Per ogni sottospazio L(v1,v2,…,vd) di dimensione d
Un sottospazio T di K2 di dimensione 1 è generato da un vettore non nullo, [α,β]T, di K2 quindi α T=;t β |t∈KA. Tutti e soli i vettori di T sono quindi rappresentati dalle equazioni parametriche x=αt ;y=βt
o dall’equazione cartesiana che si ottiene eliminando il parametro t dalle equazioni precedenti. Tale equazione è βx-αy=0 (che diventa x=0 o y=0 se β=0 o α=0 rispettivamente). Lo spazio può essere visto come il ker della matrice [β,-α]T di rango 1 (quindi il sottospazio può essere identificato con l’insieme dei punti della retta passante per l’origine con vettore direzione [α,β]T). Viceversa il ker di una qualsiasi matrice [a,b] di tipo (1,2) con rango 1 è l’insieme delle soluzioni di equazione cartesiana ax+by=0 che geometricamente rappresenta una retta per l’origine e puo x essere identificato con il sottospazio T=; y |ax+by=0A di K2 di dimensione 1. Dall’equazione cartesiana si ottengono le equazioni parametriche di T B
x=-bt y=at
che sono le equazioni dello sottospazio generato dal vettore [-b,a]T. I sottospazi non banali (o propri) di K3 devono avere dimensione 1 o 2.
Sia T un sottospazio di K3 di dimensione 1. T è generato da un vettore non nullo, [α,β,γ]T, di K3 α ovvero T=Ct β |t∈KE. Tutti e soli i vettori di T sono quindi rappresentati dalle equazioni γ parametriche x=αt Cy=βt, z=γt
Il sottospazio può essere identificato con l’insieme dei punti della retta passante per l’origine con vettore direzione [α,β,γ]T.
Le equazione cartesiane dello spazio si ottengono eliminando il parametro t dalle equazioni precedenti. Se α=β=0 e allora γ≠0 le equazioni cartesiane sono B
G=0 , H=0
analogamente se α=γ=0 e allora β≠0 le equazioni cartesiane sono
x=0 ; , z=0 se β=γ=0 e allora α≠0 le equazioni cartesiane sono
y=0 ; , z=0 altrimenti diventano B
βx-αy=0 γx-αz=0
dove al più uno fra α,β,γ è 0. In tutti i casi le equazioni cartesiane di un sottospazio di dimensione 1 di K2 formano un sistema lineare omogeneo di 2 equazioni in 3 incognite con matrice dei coefficienti con rango 2, quindi sono le equazioni corrispondenti al ker di una matrice di tipo (2,3) con rango 2.
aI bI cI 2 di tipo (2,3) con rango 2 rappresenta le aJ bJ cJ x equazioni cartesiane del sottospazio S=4KyL |a1 x+b1 y+c1 z=0, a2 x+b2 y+c2 z=0 M e dal punto di z vista geometrico una retta passante per l’origine. Dal sistema si ricavano (vedi geometria dello spazio) le equazioni parametriche Viceversa il ker di una qualsiasi matrice -
x=(b1 c2 -b2 c1 t y=-(a1 c2 -a2 c1 t z=(a1 b2 -a2 b1 t
che sono le equazioni dello sottospazio generato dal vettore [(b1c2-b2c1), -(a1c2-a2c1), (a1b2-a2b1)]T e
Sia allora S un sottospazio di K3 di dimensione 2. S è generato da due vettori linearmente α1 α2 3, indipendenti, [α1,β1,γ1]T, [α2,β2,γ2]T, di K ovvero S=CN β1 +u β2 |u,t ∈KE. Tutti e soli i vettori OI OJ di T sono quindi rappresentati dalle equazioni parametriche x=α1 u+α2 t Cy=β1 u+β2 t, z=γ1 u+γ2 t
che rappresentano geometricamente le equazioni parametriche di un piano passante per O e parallelo ai due vettori , [α1,β1,γ1]T, [α2,β2,γ2]T ed eliminando i parametro t,u dalle equazioni precedenti si ottengono le equazioni cartesiane del piano. Infatti poiché i due vettori sono linearmente indipendenti, la matrice dei coefficienti di t ed u ha rango 2. Supponiamo α1β2-α2β1≠0 allora abbiamo xβ2 -yα2 α1 β2 -α2 β1 yα1 -xβ1 t= α1 β2 -α2 β1 xβ2 -yα2 yα1 -xβ1 z=γ1 +γ2 α1 β2 -α2 β1 α1 β2 -α2 β1 u=
e quindi si ottiene l’equazione cartesiana x(β1γ2- β2γ1)-y(α1γ2- α2γ1)+z(α1β2- α2β1)=0 che rappresenta il ker di una matrice di tipo (1,3) con rango 1.. Viceversa il ker di una qualsiasi matrice [a,b,c] di tipo (1,3) con rango 1 ha la forma ax+by+cz=0 e rappresenta l’equazione di un piano nello spazio passante per l’origine, che può essere identificato G con lo spazio vettoriale S=4KHL |ax + by + cz = 0M. Dall’equazione cartesiana si ricavano le Q equazioni parametriche
x=-bu-ct C y=au z=at che sono le equazioni parametriche del sottospazio di K3 generato dai vettori [-b,a,0]T, [-c,0,a]T.
NOTA BENE. Questi appunti non sono esaustivi, non contengono tutto ciò che è stato detto a lezione/esercitazione; costituiscono una base minima di conoscenze necessarie a superare l’esame e possono essere utili per un ripasso veloce. Gli appunti contengono anche le dimostrazioni fatte a lezione.
Applicazioni lineari (Capitolo 5 del testo) Def 1: Siano V e W due spazi vettoriali sullo stesso campo K, una applicazione (funzione) f: V → W è una applicazione lineare se 1. per ogni v1,v2∈V si ha f(v1+v2)=f(v1)+f(v2) 2. per ogni v∈V, t∈K si ha f(tv)=tf(v). Proposizione 1: f : V → W è un’applicazione lineare se e solo se per ogni v1,v2∈V, t1,t2∈K si ha f(t1v1+t2v2)=t1f(v1)+t2f(v2) Dim: Se f è un’applicazione lineare f(t1v1+t2v2)= f(t1v1)+f(t2v2) per la 1. e f(t1v1)+f(t2v2)= t1f(v1)+t2f(v2) per la 2. Viceversa se f(t1v1+t2v2)=t1f(v1)+t2f(v2), allora prendendo t1=t2=1 si ha la 1., e prendendo t2=0 si ha la 2. Si ha immediatamente Proposizione 2: Sia f : V → W è un’applicazione lineare. Allora per ogni v1,v2,…,vn∈V; t1,t2,…,tn∈K si ha f(t1v1+t2v2+…+tnvn)=t1f(v1)+t2f(v2)+…+ tnf(vn). Proposizione 3. Sia f : V → W è un’applicazione lineare. Allora f(0V)=0W. Dim. Per ogni v∈V si ha f(v)=f(v+0V)=f(v)+f(0V) ed anche f(v)=f(v)+0W, quindi f(v)+f(0V)= f(v)+0W da cui f(0V)=0W. Esempi. 1. Sia A una matrice reale di tipo (3,2). La funzione fA: R3→R2 definita da fA(v)=Av per ogni v∈ R3 è un’applicazione lineare. Infatti, per ogni v1,v2∈R3, t1,t2∈R si ha fA(t1v1+t2v2)=A (t1v1+t2v2)= A(t1v1)+A(t2v2)= (t1A)v1+(t2A)v2= t1(Av1)+ t2(A v2)= t1fA(v1)+t2fA(v2). 2. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita n sul campo K e sia B una base di V. L’applicazione |B:V→Kn definita da |B(v)=v|B per ogni v∈V, è un’applicazione lineare: sappiamo infatti che (v1+v2)|B=v1|B+v2|B e (tv)|B=t(v|B). 3. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita n sul campo K e siano B, C due basi di V. L’applicazione f:Kn→Kn definita da f(v|B)=v|C per ogni v∈V (cambiamento di base nello spazio V), è un’applicazione lineare di Kn in Kn. 4. Siano V l’insieme delle funzioni in una variabile da R in R, derivabili su R, e W l’insieme delle funzioni in una variabile da R in R. V e W formano due spazi vettoriali sul campo reale rispetto
alle solite operazioni di somma di funzioni e prodotto di scalare per funzione. La funzione D:V→W definita ponendo D(g)=g’ per ogni g∈V è una applicazione lineare perché la derivata della somma è la somma delle derivate e la derivata di della funzione tg, con t numero reale e g∈V, è tg’. 5. Sia Mn(R) l’insieme delle matrici quadrate di ordine R sul campo reale, che possono essere viste come spazio vettoriale con le solite operazioni di somma di matrici e di prodotto di uno scalare per una matrice, la funzione det:Mn(R)→R che associa ad ogni matrice A il suo determinante NON è una applicazione lineare, infatti né 1. Né 2. Sono verificate dalla funzione determinante. 6. Data una matrice quadrata A di ordine n si chiama traccia di A, tr A, la somma degli elementi diagonali di A. La funzione tr: Mn(R)→R che associa ad ogni matrice A∈ Mn(R) la sua traccia è una applicazione lineare. Def.2: Sia f: V → W un’applicazione lineare. Sia w∈W. Si chiama fibra di f sopra w, l’insieme f-1(w) formato da tutti i v∈V tali che f(v)=w. Si chiama ker f la fibra di f su 0W; in altre parole si ha ker f={v∈V|f(v)=0W}. Proposizione 4. ker f è un sottospazio di V (ed è l’unica fibra di f che sia sottospazio). Dim. Siano v1,v2∈ker f, allora f(v1+v2)=f(v1)+f(v2)=0w+0W, dunque v1+v2∈ker f. Siano t∈K e v∈ker f, allora f(tv)=tf(v)=t0W=0W e dunque tv∈ker f, quindi kerf è sottospazio per il criterio di sottospazio. Se w≠0W, la fibra di f su w non contiene 0V e dunque non è un sottospazio di V Oss. 1. La fibra di f su w (≠0W) può esser un insieme vuoto Proposizione 5. Se v appartiene alla fibra di f su w, tutti e soli gli elementi della fibra di f su w sono i vettori della forma v+vker, dove vker è un qualunque vettore di ker f. Dim . Se v appartiene alla fibra di f su w, allora f(v)=w. Sia ora vker ∈ker f, allora f(vker)= 0W e dunque f(v+ vker)=f(v)+f(vker)=w+0W =w, perciò v+ vker appartiene alla fibra di f su w. Viceversa, siano v,v’ appartenenti alla fibra di f su w, cioè f(v)=f(v’)=w, allora f(v’-v)=w-w=0w. Quindi v’-v∈ker f e pertanto v’= v+vker, per qualche vker ∈ ker f. Def. 3. Un’ applicazione lineare f: V → W si dice iniettiva se per ogni v,v’∈V, v≠v’ implica f(v)≠f(v’) o equivalentemente se f(v)=f(v’) implica v=v’. Dalla Proposizione 5 si ricava immediatamente il seguente Corollario 1. Un’ applicazione lineare f: V → W è iniettiva se e solo se ker f={0V}. Def. 4. Sia f: V → W è un’applicazione lineare. Sia U un sottoinsieme di V, poniamo f(U)={w∈W| f(u)=w per qualche v∈V}. Chiamiamo immagine di f, Im f, l’insieme f(V).
Proposizione 6. Sia f: V → W un’applicazione lineare. Se U un sottospazio di V, allora f(U) è un sottospazio di W. Inoltre, se U ha dimensione finita, allora dim f(U)≤dim U. In particolare Im f è un sottospazio di W e, se V ha dimensione finita, allora dim Im f ≤ dim V. Dim. Siano w1,w2∈f(U), allora esistono u1,u2∈U tali che f(u1)=w1 e f(u2)=w2. Quindi w1-w2=f(u1)f(u2)=f(u1-u2) ∈f(U) in quanto u1-u2∈U. Inoltre per ogni scalare t, si ha tw1=tf(u1)= f(tu1)∈f(U) in quanto t u1∈U e quindi per il criterio di sottospazio f(U) è un sottospazio. Supponiamo ora che U abbia dimensione finita n. Sia allora B={b1,b2,…,bn} una base di U. Mostriamo che {f(b1), f(b2),…, f(bn)} è un insieme di generatori (non necessariamente una base) di f(U). Infatti per ogni w∈f(U), esiste u∈U tale che w=f(u). Ora u=x1b1+…+xnbn e quindi w=f(u)=f(x1b1+…+xnbn)= x1f(b1)+…+ xnf(bn). Se poi consideriamo Im f, essendo Im f=f(V) e V un sottospazio di se stesso, abbiamo subito che Im f è un sottospazio di W di dimensione minore o uguale a quella di V, se V ha dimensione finita. Def. 5. Un’applicazione lineare f: V → W si dice suriettiva se Im f=W. Def. 6. Un’applicazione lineare f: V → W si dice biettiva o biunivoca se è iniettiva e suriettiva ovvero se e solo se ker f={0V} e Im f=W. Oss 2. Sia f:V→W un’ applicazione lineare. Allora i. ii.
se {v1,v2,…vn} è un insieme di generatori di V, {f(v1), f(v2),,…,f(vn)} è un insieme di generatori di f(V) (proposizione 6). se {v1,v2,…vn} è un insieme di vettori linearmente dipendenti di V, {f(v1), f(v2),,…,f(vn)} è un insieme di vettori linearmente dipendenti di f(V), se esistono n scalari t1,t2,…,tn non tutti nulli tali che t1v1+t2v2+…+tnvn=0V si ha, dalle proposizioni 2 e 3, f(t1v1+t2v2+…+tnvn)=t1f(v1)+t2f(v2)+…+ tnf(vn)=f(0V)=0W.
iii.
iv.
se {v1,v2,…vn} è una base di V, {f(v1), f(v2),,…,f(vn)} è un insieme di generatori di f(V), non necessariamente una base. x1 x1 3 2 Basta considerare l’applicazione f:K →K definita da fx2 = x . La base canonica 2 x3 1 0 0 1 0 0 e1= 0, e2= 1, e3= 0 di K3 ha come immagini f(e1)= , f(e2)= , f(e3)= che 0 1 0 0 0 1 2 non è una base di K . se f è un’applicazione iniettiva e {v1,v2,…vn} è un insieme di vettori linearmente indipendenti di V, {f(v1), f(v2),,…,f(vn)} è un insieme di vettori linearmente indipendenti di f(V). Sia infatti t1f(v1)+t2f(v2)+…+ tnf(vn)= 0W con t1,t2,…,tn ∈K. Allora t1f(v1)+t2f(v2)+…+ tnf(vn)=f(t1v1+t2v2+…+tnvn)= 0W. Quindi t1v1+t2v2+…+tnvn∈ ker f ed essendo per il corollario 1 ker f={0V}, si ottiene (t1v1+t2v2+…+tnvn= 0V e quindi essendo per ipotesi e {v1,v2,…vn} un insieme di vettori linearmente indipendenti si ha t1=t2=…=tn =0. Pertanto ogni combinazione lineare di {f(v1), f(v2),,…,f(vn)} è uguale a 0W se e solo se i coefficienti
della combinazione sono tutti nulli e {f(v1), f(v2),,…,f(vn)} è un insieme di vettori linearmente indipendenti. v.
se f è un’applicazione biunvoca e {v1,v2,…vn} è una base di V, {f(v1), f(v2),,…,f(vn)} è una base di W. Segue da i. e da iv.tenendo conto che essendo f suriettiva f(V)=W.
Def. 7. Siano f: V → W e g: V → W due applicazioni lineari. L’applicazione f+g: V → W definita da (f+g)(v)=f(v)+g(v), per ogni v∈W, è un’applicazione lineare di V in W. Analogamente, per ogni scalare t, l’applicazione tf: V → W definita come( tf)(v)=t(f(v)) è un’applicazione lineare di V in W. Quindi l’insieme delle applicazioni lineari di V in W forma uno spazio vettoriale sul campo K rispetto alla operazioni sopra definite. Tale spazio viene indicato di solito con la notazione HomK(V,W) o semplicemente Hom (V,W). Def. 8. Siano f: V → W e g: W → Z due applicazioni. Si chiama prodotto (o funzione composta) di tali applicazioni la funzione g°f: V → Z definita da g°f(v)=g(f(v)) per ogni v∈V. Proposizione 7. Siano f: V → W e g: W → Z due applicazioni lineari, allora il prodotto g°f: V → Z definita in Def.8 è una applicazione lineare di V in Z. Dim. Si ha per ogni v1,v2 in V e t1,t2 in K si ha : g°f(t1v1+t2v2)=g(f(t1v1+t2v2))=g(t1f(v1)+t2f(v2)) perché f è lineare e per la linearità di g si ha g(t1f(v1)+t2f(v2))=t1g(f(v1))+t2g(f(v2))= t1(g°f (v1))+t2 (g°f (v2)). Quindi si ha g°f(t1v1+t2v2)= t1(g°f (v1))+t2 (g°f (v2)) e per la Proposizione 1 g°f è lineare. Def. 8. Per ogni spazio vettoriale V, si chiama applicazione identità di V l’applicazione IV: V →V definita da IV(v)=v, per ogni v∈V. Oss.3. IV è un’applicazione lineare. Inoltre per ogni applicazione f: V → W si ha IW°f= f° IV=f. Ricordiamo dal corso d’analisi che una funzione f: V → W si dice invertibile se esiste una funzione g: W → V tale che IV= g°f e IW= f°g. La funzione g, se esiste, si chiama funzione inversa di f e si denota con f-1. Si può provare che la funzione inversa di f, f-1, esiste se e solo se f è biunivoca e, in tal caso, è definita da f-1(w)=v se f(v)=w (notate che per ogni w∈W un tale v∈V esiste perché f è suriettiva ed è unico perché f è iniettiva). Proposizione 8. Sia f: V → W un’applicazione lineare biunivoca, allora f-1: W → V (che esiste) è un’applicazione lineare. Consideriamo ora il caso V=W. Le applicazioni lineari da V in V si chiamano endomorfismi di V e l’insieme HomK(V;V) di tutte le applicazioni lineari da V in V viene anche denotato con EndK(V). In EndK(V) possiamo definire le potenze ad esponente non negativo di una applicazione lineare f: V →V, ponendo f0=IV e, per ogni n>0, fn=f°f°…°f (n volte).
Def. 9: Un’applicazione lineare f:V→ W che sia suriettiva ed iniettiva (biunivoca) si dice isomorfismo di V in W. In tal caso si dice anche che i due spazi V e W sono isomorfi. E’ immediato osservare che il prodotto di due isomorfismi è un isomorfismo e che la funzione inversa di un isomorfismo è un isomorfismo. Oss.4. L’applicazione |B dell’esempio 2 che associa ad ogni vettore v di uno spazio vettoriale V di dimensione n il vettore colonna v|B delle sue n componenti rispetto alla base B è un isomorfismo di V in Kn. Proposizione 9. Due spazi vettoriali di dimensione finita sono isomorfi se e solo se hanno la stessa dimensione. Dim. Siano V e W due spazi vettoriali di dimensione finita n, allora per l’osservazione 4, dette B e C due basi di V e W rispettivamente, |B: V →Kn, |C: W →Kn sono isomorfismi ed anche l’applicazione τ cambiamento di base dalla base C alla base B di Kn è un isosmorfismo e dunque l’applicazione inversa |C-1: Kn→ W è un isomorfismo e |C-1 ° τ °|B: V →W è un isomorfismo. Viceversa sia f: V →W un isomorfismo allora per v. dell’osservazione 2 le immagini dei vettori di una base di V sono una base di W e pertanto dim V=dim W. Consideriamo ora le applicazioni lineari di Kn in Km (riferiti alle basi canoniche) associate ad una matrice A di tipo (m,n) ad elementi nel campo K, ovvero le trasformazioni fA della forma fA(v)=Av x1 x per ogni v= 2 ∈ Kn. ⋮ xn •
E’ immediato verificare che fA è un’applicazione lineare. x1 x • Inoltre si verifica subito che ker fA=ker A, infatti fA(v)=0K se e solo se A 2 =0m×1. ⋮ xn Dunque dim ker fA=n-rk(A), perciò fA è iniettiva se e solo se rk(A)=n. Altrettanto facilmente si verifica che Im fA=Col (A), spazio vettoriale generato dalle colonne di A. Infatti, un vettore w∈Kn appartiene ad Im fA=fA(Km) se e solo se si ha w=Av per qualche x1 x v= 2 , dunque se e solo se w è combinazione lineare delle colonne di A. ⋮ xm Ne segue che dim Im fA=rk(A), perciò fA è suriettiva se e solo se rk(A)=n. Da quanto sopra segue che fA è biunivoca se e solo se A è una matrice quadrata di rango massimo, quindi con det A≠0, quindi invertibile, etc. Per ogni h con 1≤h≤m, la h-esima colonna di A è l’immagine mediante fA di eh (h-esimo vettore della base canonica di Km. m
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Se fA: Kn→ Km e fB: Kn→ Km sono applicazioni lineari associate rispettivamente alle matrici A e B di tipo (m,n), l’applicazione somma fA +fB: Kn→ Km è associata alla matrice A+B. Infatti (fA+fB )(v)=fA(v)+fB(v)=Av+Bv=(A+B)v. Osserviamo inoltre che se fA: Kn→ Km e fB: Km→ Kr sono applicazioni lineari associate rispettivamente alla matrice A di tipo (m,n) e alla matrice B di tipo (r,m) , l’applicazione prodotto fB°fA: Kn→ Kr è associata alla matrice BA. Infatti fB°fA(v)=fB(fA(v))=fB(Av)= B(Av)=(BA)v. Per ogni coppia di matrici A,B di tipo rispettivamente (m,n) ed (n,r), si ha rk(BA)≤min (rk(A),rk(B)). Infatti, si considerino le applicazione fA: Kn→ Km , fB: Km→ Kr e fB°fA: Kn→ Kr. Si ha dim Im fB°fA= rk(BA) ≤ dim Im fB perché Im fB°fA=fB(fA(Kn)) è un sottospazio di fB(Km)=Im fB; quindi rk(BA)≤rk(B). Ma si ha anche dim Im fB°fA≤dim Im fA perché dim fB(fA(Kn)) ≤dim fA(Kn) per la Proposizione 6, dunque rk(BA)≤rk(A).
Ci occupiamo ora delle applicazioni lineari f:V→W sotto l’ipotesi che V abbia dimensione finita n. Teorema 1: Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n e sia B={b1,b2,…,bn} una sua base. Siano w1,w2,…,wn vettori (arbitrariamente scelti) in uno spazio vettoriale W. Allora esiste una ed una sola applicazione lineare f:V→W tale che per ogni i con 1≤i≤n si abbia f(bi)=wi. L’applicazione f è definita dalla formula f(x1 b1+x2 b2+…+xmbm)= x1w1+x2w2+…+xnwn. Dim. Per prima cosa verifichiamo che la f:V→W , definita da f(x1b1+x2b2+…+xnbn)= x1w1+x2w2+…+xnwn, è un’applicazione lineare. Osserviamo subito che f è ben definita perché ogni vettore v∈V si scrive in uno e un sol modo come combinazione lineare dei vettori della base B e quindi ha una ed una sola immagine mediante la f. Siano poi v1, v2∈V e t1,t2 ∈K. Siano v1=x1b1+x2b2+…+xnbn , v2=y1b1+y2b2+…+ynbn le rappresentazioni di v1, v2 come combinazione lineare dei vettori della base , allora t1v1+t2v2 = (t1x1+t2y1)b1+(t1x2+t2y2)b2+…+(t1xn+t2yn)bn e quindi f(t1v1+t2v2) = (t1x1+t2y1)w1+…+(t1xn+t2yn)wn= t1(x1w1+x2w2+…+xnwn)+ t2(y1w1+y2w2+…+ynwn)= t1f(v1)+ t2f(v2). Ovviamente poi f(bi)=wi per ogni i con 1≤i≤m. Viceversa se f è un’applicazione lineare di V in W, per la linearità deve necessariamente essere f(x1b1+x2b2+…+xnbn) = x1f(b1)+x2 f(b2)+…+xnf(bn) e essendo f(bi)=wi per ogni i con 1≤i≤n, si ha f(x1b1+x2b2+…+xnbn)= x1w1+x2w2+…+xnwn. Questo teorema dice che un’applicazione lineare f da V in W, con V di dimensione finita, è completamente determinata quando si conoscano le immagini dei vettori di una base di V mediante f. Quindi, qualsiasi sia la dimensione di W, f(V)=Im f è un sottospazio di W la cui dimensione è minore od uguale a quella di V (e in caso W abbia dimensione finita anche della dimensione di W), come del resto avevamo già osservato dopo la Proposizione 6. Teorema 2 (di rappresentazione): Sia f:V→W un’applicazione lineare con dim V=n, dim W=m e siano B e C due basi rispettivamente di V e W. Allora esiste un’unica matrice A di tipo (m,n) a coefficienti in K tale che per ogni v∈V, posto w=f(v), si abbia w|C=A(v|B). Si dice che A rappresenta l’applicazione lineare f rispetto alle basi B e C.
Dim. Sia B={b1,b2,…,bn} . Costruiamo la matrice A mettendo nella colonna i-esima per ogni 1≤i≤n, le componenti del vettore f(bi)∈W, rispetto alla base C di W. Preso comunque un vettore v in V, sia v|B x1 x = 2 allora f(v)=f(∑ni=1 xi bi )=∑ni=1 xi f(bi ). Sia C={c1,c2,…,cm}, per costruzione di A si ha ⋮ xn n n n m m f(bi)=∑m j=1 aji cj e dunque f(v)=∑i=1 xi ∑j=1 aji cj = ∑j=1 ∑i=1 aji xi cj dove ∑i=1 aji xi è la componente jesima del vettore colonna A(v|B).Quindi il vettore colonna A(v|B) è f(v)|C. Dal teorema di rappresentazione ricaviamo la seguente Proposizione 10. Siano V e W due spazi vettoriale di dimensione finita sul campo K con dim V=n e dim W=m e siano B e C due basi rispettivamente di V e W. Allora la funzione G che associa ad ogni applicazione lineare f: V→W la matrice che rappresenta f rispetto alle basi B e C è un isomorfismo dello spazio vettoriale Hom(V,W) nello spazio vettoriale MK(n,m) delle matrici di tipo (n,m) ad elementi in K. Poiché matrice che rappresenta una applicazione lineare cambia al cambiare delle basi di V e K le basi vengono spesso messe in evidenza scrivendo HomB,C(V,W) al posto di Hom(V,W). Proposizione 11. Siano f:V→W e g:W→Z applicazioni lineari, con V, W, Z spazi vettoriali di dimensione finita. Siano B1, B2, B3 basi rispettivamente di V, W, Z, e siano A1, A2 le matrici che rappresentano rispettivamente f rispetto alle basi B1, B2 e g rispetto alle basi B2, B3. Allora A2A1 rappresenta l’applicazione g°f rispetto alle basi B1 e B3. Proposizione 11. Sia f:V→W un’ applicazione lineare, con V, W spazi vettoriali di dimensione finita. Siano B, B’ due basi di V e C , C’ due basi di W. Sia A la matrice che rappresenta f rispetto alle basi B, C e siano S e T le matrici di passaggio dalla base B alla base B’ e dalla base C alla base C’ rispettivamente. Allora la matrice che rappresenta f rispetto alle basi B’ e C’ è T-1AS. Dim. Sappiamo dal capitoletto sugli spazi vettoriali che, per ogni v∈V, si ha v|B=S v|B’ e che, per ogni w∈W, si ha w|C’=T-1 w|C. Inoltre dal teorema di rappresentazione si ha f(v)|C=A v|B , quindi f(v)|C’= T-1f(v)|C= T-1 Av|B= T-1 ASv|B’. Def. 10: Sia f:V→W un’ applicazione lineare. Si definisce rango di f la dimensione di Im f=f(V). Abbiamo già notato che dim Im f≤dim V e che dim Im f ≤dim W, quindi rk f≤min (dim V,dim W). Teorema 3 (di nullità più rango): Sia f:V→W un’applicazione lineare. Se V è uno spazio vettoriale di dimensione finita allora dim(V) = dim ker f+dim Im f. Dim. Se V ha dimensione finita sappiamo che f(V) ha dimensione finita (i.di Oss.2). Fissate due basi di V e f(V), sia A la matrice che rappresenta f rispetto a tali basi. Allora si ha dim f(V)= dim Col A= rk(A) e dim ker f= dim ker A=n-rk(A). Altra dimostrazione. Se V ha dimensione finita, ker f che è un sottospazio di V ha pure dimensione finita. Sia d=dim ker f e sia {u1,u2,…,ud} una base di ker f. Poiché {u1,u2,…,ud} è un insieme di vettori
linearmente indipendenti di V, possiamo trovare n-d vettori v1,v2,…,vn-d∈V tali che {u1,u2,…,ud, v1,v2,…,vn-d } sia una base di V. Allora {f(u1)=f(u2)=…=f(ud)=0W, f(v1), f(v2),…,f(vn-d) } è un sistema di generatori di f(V)=Im f per il teorema 1. Quindi {f(v1), f(v2),…,f(vn-d) } è un sistema di generatori di f(V)=Im f. Verifichiamo che questo è anche un insieme di vettori linearmente indipendenti. Supponiamo che sia t1f(v1)+t2 f(v2)+…+tn-df(vn-d) =0W . Allora, essendo f un’applicazione lineare, si ha f(t1v1+t2v2+…+tn-dvn-d) =0W , quindi t1v1+t2v2+…+tn-dvn-d∈ker f, dunque esistono k1,k2,…,kd∈K tali che t1v1+t2v2+…+tn-dvn-d=k1u1+k2u2+…+kdud, da cui t1v1+t2v2+…+tn-dvn-d-k1u1-k2u2+…-kdud=0V. Essendo {u1,u2,…,ud, v1,v2,…,vn-d } una base di V, si ottiene allora t1=t2 =…=tn-d=( k1=k2=…=kd=)0 e quindi { f(v1), f(v2),…,f(vn-d) } è un insieme di vettori linearmente indipendenti e pertanto è una base per Im f. Si ricava quindi subito il seguente Corollario che ci era già praticamente noto Corollario 2. Sia f:V→W un’ applicazione lineare fra spazi di dimensione finita. Sia dim V=n e W=m. Allora: • • •
dim
f è iniettiva se e solo se rk f=n f è suriettiva se e solo se rk f=m f un isomorfismo se e solo se rk f=n=m.
Ricordiamo la seguente nomenclatura: Un’applicazione lineare da uno spazio V nel suo campo di scalari (visto come spazio vettoriale) si dice forma lineare. L’insieme delle forme lineari di V è uno spazio vettoriale su K chiamato spazio duale di K.