Storia della luce e dell’illuminazione
LUCIANO DI FRAIA
Storia della luce e dell’illuminazione Il ruolo dell’illuminazione dell’illuminazione nella sociesocietà moderna L’avvento l’illuminazione elettrica fu solo un prodotto della rivoluzione Industriale del XVIII secolo, concepito per continuare a lavorare nelle ore notturne. Ma, a sua volta, ha prodotto una rivoluzione economica e sociale che in un centinaio di anni ha trasformato la vita sulla terra come non mai ad un punto tale che, se venisse meno la luce elettrica la vita commerciale, sociale e culturale rimarrebbe virtualmente paralizzata. Prima della luce elettrica esistevano le lampade ad olio e le candele, ma i loro costi erano così elevati che la maggior parte delle attività svolte di notte erano antieconomiche. Ad es., il costo delle candele occorrenti per avere la stessa quantità di luce emessa da una moderna lampada fluorescente compatta, oggi spesso utilizzata nelle case, sarebbe 2000 volte maggiore in termini di consumo energetico. Perciò, per le classi più povere della popolazione, il fuoco domestico del camino era la sola sorgente di luce (fig. 1).
Solo quando furono inventate le torce fatte con rami di alberi resinosi, il fuoco è stato utilizzato come sorgente di luce. 2.2 Lampade 2.2 Lampade ad olio primitive primitive Il più vecchio artefatto conosciuto utilizzato come sorgente di luce risale a circa 400.000 anni fa. Esso consisteva in pietre, corni e conchiglie, riempite
Fig. 1 – Una casa media prima del 19° secolo illuminata con una semplice fiamma ad olio in aggiunta alla luce del camino. L’uomo che sta entrando ha in mano una luce portatile
Storia delle sorgenti di luce 2.1 Le 2.1 Le lampade più antiche La prima luce artificiale è stata il fuoco, che inizialmente non fu utilizzato come sorgente di luce, ma per riscaldamento, protezione contro gli animali e per preparare il cibo (fig. 2).
Fig. 2
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Nel 2600 a.C., esistevano lampade di alabastro a forma di conchiglia (fig. 3). Questo tipo di lampada è stato usato in tutto il mondo, ed è rimasto immutato fino al 18° secolo (fig. 4).
Fig. 3 – Lampade ad olio antiche e dell’Impero Romano e della Grecia Classica
con grasso animale e poi con grasso vegetale o olio. In Europa, si utilizzava sia olio di oliva che di colza, perchè bruciavano senza fumo e in maniera uniforme. Poi fu aggiunto uno stoppino fatto di muschio o altre fibre vegetali.
2.3 Candele e torce La candela, paragonata alla lampada ad olio, è relativamente più recente. Essa fu inventata dai romani dopo la nascita di Cristo. Le prime candele erano di grasso animale solido (sego) o di cera di api. Le successive erano di qualità superiore, però più costose. Alla fine del 18° secolo, si ricercò un materiale di qualità ancora migliore de l sego, ma meno costoso della cera di api. Finalmente, nella seconda metà del 19° secolo, fu usata la paraffina nella costruzione delle candele (fig. 5 e 6 ), ancora oggi utilizzata. 2.4 Successivi sviluppi della lampada ad olio La rivoluzione industriale spinse a ricercare nuove e tecnologie più economiche per illuminazione, il che diede origine, dal 1780 in poi, a miglioramenti delle lampade ad olio esistenti e a nuo-
Fig. 4. Lampada ad olio con stoppi no di Argand (1784)
Fig. 5 - “Gauguin’s Chair”, Van Gogh 1888 Fig. 6
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ve invenzioni come le lampade a gas e, più tardi, quelle elettriche. Per le lampade ad olio , era usato olio vegetale, che però era piuttosto appiccicoso e di costo elevato. Nel 1847, lo scozzese James Young creò il primo olio di paraffina. che sostituì velocemente l’olio vegetale. In meno di un secolo, la lampada ad olio si trasformò da una sorgente di illuminazione primitiva in una sorgente di luce efficiente. Ad es., i tipi più grandi a singola fiamma, usati nelle chiese, scuole e aree pubbliche, avevano un’emissione luminosa di circa 2500 lumen, per ottenere la quale, oggi, occorrono quasi due lampade ad incandescenza da 100W. La disponibilità di un combusti bile economico contribuì alla diffusione di tali lampade in tutti i livelli della società Vittoriana; anche la casa più modesta possedeva almeno una dozzina di lampade. Nel 1895 circa, lo sviluppo delle lampade ad olio terminò con la lampada ad olio di paraffina pressurizzata, e dotata di un “mantello” incandescente (fig. 7), realizzata da Welsbach.
L’esistenza del gas infiammabile era conosciuta da tempo; però fu solo nel 18° secolo che l’uomo tentò di utilizzarlo a suo beneficio. La prima esperienza con il gas utilizzato per illuminazione fu effettuata dal tedesco J. Minckelers, che nel 1783 sviluppò un sistema di illuminazione a gas di carbone per l’aula ove teneva lezione nell’Università di Louvain. La fig. 8 mostra un tipo di lampadario a gas molto popolare.
Fig. 7 – Lampada ad olio di paraffina pressurizzata con mantello incandescente (1895)
Fig. 8. – Lampadario a gas di Argand (1809)
2.5 Illuminazione a gas L’esistenza del gas infiammabile era conosciuta da tempo; però fu solo nel 18° secolo che l’uomo tentò di utilizzarlo a suo beneficio. La prima esperienza con il gas utilizzato per illuminazione fu effettuata dal tedesco J. Minckelers, che nel 1783 sviluppò un sistema di illuminazione a gas di carbone per l’aula ove teneva lezione nell’Università di Louvain. La fig. 8 mostra un tipo di lampadario a gas molto popolare. Il primo a sfruttare commercialmente il gas di carbone fu lo scoz-
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del gas utilizzando del materiale solido che la fiamma riscaldava fino all’incandescenza; di essi, solo lo scienziato austriaco Carl Auer von Welsbach ebbe successo, riuscì nell’intento utilizzando un tubo di tessuto, inzuppato in una miscela di sali di torio e cerio. Il tessuto bruciava lasciando una struttura fragile, ma resistente al calore, fatta dai materiali suddetti, a forma di mantello (fig. 10). In poco tempo, questa lampada diventò una valida alternativa alla lampada elettrica incandescente, ritardandone per molti anni l’espansione. Fu solo dopo la guerra del 1940-45 che l’illuminazione elettrica prese il sopravvento. Il gas era anche usato per illuminare veicoli, dalle biciclette ai vagoni ferroviari. Si utilizzava acetilene, che era prodotto mescolando acqua al carburo di calcio in un serbatoio speciale. I pro prietari di case isolate potettero dotarsi di un proprio impianto a gas utilizzando lo stesso metodo per l’illuminazione degli edifici.
Fig. 9 – “The Night Cafè in the place la Martine”, Van Gogh 1888
zese W. Murdock, che nel 1803 illuminò con successo il cantiere dei lavori a Soho della Compagnia Boulton and Watt dove egli lavorava. Negli anni successivi, le applicazioni si moltiplicarono, con costi annuali di illuminazione ridotti ad 1/5 rispetto a quelli dei sistemi a candele. L’idea di centralizzare la produzione di gas e distribuirlo alla città attraverso una rete di tubi fu di un intraprendente uomo d’affari tedesco che lavorava a Londra, F. A. Winzer. Costui, nel 1807, dopo una dimostrazione a Londra, formò la “Compagnia Nazionale della Luce e del calore”, che nel 1812 diventò la maggior società di gas del mondo. La fig. 9 mostra un esempio di illuminazione a gas in un interno. Lampade a gas a “mantello “ Un importante passo in avanti fu fatto nel 1887. Per circa 25 anni, un grup po di inventori, fra i quali Thomas Alva Edison, effettuò numerosi tentativi per migliorare la luminosità della fiamma
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Fig. 10 – Lampada a gas a mantello (Auer, 1887)
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2.6 La lampada elettrica ad arco Alcuni tra i primi esperimenti con l’elettricità furono eseguiti utilizzando l’illuminazione come carico elettrico. Nel 1802, ad esempio, appena 2 anni dopo la rivoluzionaria scoperta di Alessandro Volta della pila, H. Davy, in Inghilterra, portò vari metalli all’incandescenza utilizzando la corrente elettrica. Nello stesso anno, egli scoprì anche il principio dell’arco elettrico, e nel 1808 ne fece una dimostrazione davanti alla Royal Institution di Londra (fig.11). Tuttavia, solo dopo il 1850, quando furono realizzati i primi generatori di energia elettrica, l’applicazione pratica dell’illuminazione elettrica diventò possi bile. Lo sviluppo della lampada elettrica cominciò con la lampada ad arco di carbone, che divenne disponibile all’incirca nel 1850, ma i suoi miglioramenti continuarono fino al 1900, quando raggiunse quasi la perfezione. A causa della sua forte intensità luminosa, questo tipo di lampada veniva impiegato in capannoni industriali, grandi negozi, stazioni ferroviarie e in altre grandi aree. Un problema era l’im possibilità di collegare più lampade in parallelo a una stessa alimentazione elet-
trica. Nonostante i progressi che si ottennero nel 19° secolo, la lampada ad arco restò una sorgente di luce costosa e ingombrante. Nel 1893, Jandus e Marks racchiusero l’arco elettrico in un’ampolla di vetro, con l’effetto di diminuire il consumo di carbone a circa 1/5 (fig.12). Parallelamente allo svilup po delle lampade, si perfezionarono i sistemi di produzione e distribuzione dell’elettricità, il che facilitò la diffusione dell’illuminazione elettrica. La prima applicazione pratica della lampada ad arco fu nell’illuminazione di scene teatrali. Essa debuttò con successo alla prima dell’opera di Giacomo Meyerbeer, “Le Prophète”, nel 1849 a Parigi, dove fu usata per simulare il sole; successivamente, fu utilizzata in tutte le opere e balletti dove erano necessari effetti luminosi. Nel 1858, fu utilizzata, per la prima volta, anche nel faro di South-Foreland, vicino a Dover, Inghilterra. I tempi d’oro della lampada ad arco di carbone furono alla fine del XIX secolo , dopo di che venne superata dalla lampada elettrica ad incandescenza. Tuttavia, a Londra, in alcune strade, le lampade ad arco durarono fino ad 1950.
Fig. 11 – Humphry Davy mostra la luce ad arco alla Royal Institution di londra (1808)
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Fig. 12 – Lampada ad arco di carbone chiusa
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Con l’arrivo della lampada allo xeno ad arco corto nel 1951, la lampada ad arco di carbone cessò di essere utilizzata nelle applicazioni teatrali e simili. 2.7 Illuminazione pubblica L’illuminazione pubblica iniziò dopo la metà del 17° secolo; fino ad allora, per illuminazione esterna, si ricorreva alle torce, o “fla mbeaux”, cioè bastoni ricoperti di fibre immersi in resina, grasso o sebo. Esse erano portate da servi per illuminare la strada davanti alle carrozze dei loro padroni; ed anche per illuminare feste all’aperto. Forse, il primo esempio di impianto fisso di illuminazione stradale con lanterne ad olio fu quello installato ad Amsterdam, nel 1669, ad opera dell’olandese Jan van der Heyden. Nei 50 anni seguenti, quasi tutte le città del vecchio mondo ebbero l’illuminazione stradale, sebbene in una scala molto ridotta rispetto ai giorni di oggi. Dal 1810 in poi, nelle città si sviluppò l’illuminazione a gas, per il basso costo del com bustibile e della manutenzione. Ancora oggi, il gas è usato in certe strade, ma più per motivi estetici che per illuminazione. Un esempio, è l’impianto del camminamento che conduce a Castel dell’Ovo a Napoli. Anche a Berlino Est esistono ancora installazioni con lanterne a gas. Nel 1844 si utilizzarono le lampade ad arco di carbone per illuminare Place de la Concorde, a Parigi. Dopo il 1878, tutte le piazze e strade principali di Parigi furono illuminate con queste sorgenti di luce, al punto che la città da al-
lora fu chiamata “Ville Lumière”. Dopo pochi anni, anche altre importanti città di Europa si dotarono di illuminazione pubblica. Nelle zone rurali, la lampada ad olio continuò ad essere usata fino al secolo scorso. 2.8 La lampada ad incandescenza I predecessori Lo sviluppo della lampada ad incandescenza iniziò nello stesso periodo della lampada ad arco di carbone. Tuttavia, i risultati iniziali non furono incoraggianti, tanto che per lungo tempo ancora furono preferite le lampade ad arco elettrico di carbone. Il primo a scoprire che una barretta di metallo o un filo di ferro diventavano incandescenti quando erano percorsi da una corrente elettrica fu, probabilmente, L. J. de Thenard nel 1801. Sir Humphry Davy, nel 1808, scoprì che, mentre la maggior parte dei materiali bruciavano rapidamente, il platino emetteva luce per un tempo considerevole. Nessuno vide la potenzialità di creare una sorgente di luce di tal fatta, anche perché a quel tempo le sorgenti di alimentazione elettrica non erano adeguate allo scopo. Tra il 1840 e il 1854, numerosi ricercatori condussero esperimenti con la luce elettrica ad incandescenza. In quegli anni, H. Goebel, un tedesco emigrato negli Stati Uniti, utilizzò per primo la luce ele ttrica ad incandescenza. Egli sigillò un filamento di bambù carbonizzato in bottigliette di profumo, che usò per illuminare la vetrina del suo negozio di orologi a New York. Goebel non riuscì a sviluppare la sua invenzione per la mancanza di una
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sorgente di energia elettrica adeguata, però nel 1893 la priorità della sua invenzione su Edison fu riconosciuta da un tribunale . La lampada a filamento di carbone Alla fine del 1870, erano noti i pro blemi per costruire con successo una lampada ad incandescenza, ma non si riusciva a risolverli. Ad es., si sapeva che era necessario un materiale con elevata temperatura di fusione ed evaporazione. Si sapeva anche che per ottenere una durata accettabile del filamento era necessario praticare il vuoto nell’ampolla, cosa che fu possibile solo successivamente. Nel 1879, il 21 ottobre, Thomas Alva Edison usò un filamento di cotone carbonizzato, con il quale accese con successo una lampada che funzionò per 40 ore (fig. 13). Altri scienziati lavorarono allo stesso problema. Tra questi, Joseph Wilson Swan di Newcastle-on-Tyne, Inghilterra, che, dopo trent’anni di esperimenti, presentò, nel febbraio del 1879, una lampada incandescente alla Royal Society a Newcastle battendo così Edison di 6 mesi. Tanto Edison che Swan (fig. 14) sfruttarono la loro inven-
Fig. 13 – L’esperimento di Edison con la prima lampada ad incandescenza a filamento di carbone
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Fig. 15
zione con successo (fig. 15). Però la lampada a filamento di car bone era ancora lontana dall’essere ideale. L’efficienza era di circa 3 o 4 lm/W e la durata di un centinaio di ore (oggi, l’efficienza di una lampada ad incandescenza standard da 100W è di circa 15lm/W e la durata di 1000 ore). Nel 1891, Gerard Philips iniziò a produrre lampade a filamento di carbone a Eindhoven, Olanda. Fu la nascita di quella che sarebbe diventata una delle maggiori società di produzione di lam pade elettriche nel mondo. La lampada a filamento di tungsteno Dopo alcuni anni si scoprì che il tungsteno aveva proprietà più favorevoli del cotone carbonizzato, in termini di durata e efficienza. La produzione commerciale delle lampade a filamento di tungsteno iniziò nel 1907. La luce emessa per ogni watt di potenza assorbita era 153
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il doppio di quella del filamento di car bone, ma il problema era di ottenere dal metallo fili sottili di tungsteno. La società Siemens riuscì nell’intento, e nel 1910 produsse le lampade chiamate Wotan. Nel 1912, l’americano Irving Langmuir scoprì che l’evaporazione del filamento, e il conseguente annerimento del bulbo di vetro in cui era rinchiuso, si potevano diminuire sensibilmente riempiendo la lampada con un gas inerte. Le nuove lampade furono commercializzate nel 1913 ed ebbero un successo così grande che tutte le altre lampade uscirono dal mercato. Nel 1959, gli americani E.G. Zubler e F.A. Mosby aggiunsero al gas una piccola quantità di alogeno (normalmente bromo o iodo) , ottenendo le lampade ad alogeni, che presentano un triplice vantaggio : una più lunga vita della lam pada, una maggiore efficienza luminosa, che raggiunse il valore di circa 20lm/ W, e un ridotto annerimento del bulbo.
oggetti non erano soddisfacenti. Nel 1946, furono realizzate lampade con efficienza doppia. Nel 1973, l’efficienza aumentò del 50%, e anche le qualità cromatiche migliorarono. Uno svilup po importante si ebbe nel 1980, con l’introduzione delle lampade fluorescenti compatte, dette anche a risparmio energetico.
2.9 Lampade a scarica in gas Lampade fluorescenti Da 1924 in poi, in diverse parti del mondo, i produttori di lampade lavorarono per creare una lampada a scarica nei vapori di mercurio a bassa pressione. Nel 1935 apparve la 1 a lampada fluorescente tubolare. Con la 2 a Guerra Mondiale, la produzione di lampade fluorescenti in Europa si interruppe e riprese nel 1945. Le prime lampade fluorescenti avevano un’efficienza di 30lm/W e modeste qualità cromatiche, nel senso che il colore della luce emessa e il modo con cui questa “rendeva” i colori degli
Lampade a vapori di sodio Le prime lampade a vapori di sodio, apparse nel 1931, furono del tipo a bassa pressione. Ma la loro resa del colore era (ed è) praticamente nulla. Perciò, nel 1964, apparvero lampade al sodio ad alta pressione, caratterizzate da una discreta resa del colore, ma da una minore efficienza luminosa, oggi fino a 150lm/W. Le prime, come le seconde, sono prevalentemente impiegate nella pubblica illuminazione, oltre che nell’illuminazione di capannoni industriali (le seconde). L’efficienza di tali sorgenti è aumentata dagli iniziali
Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione La 1 a lampada a vapori di mercurio ad alta pressione apparve nel 1906, ma tali lampade non hanno mai avuto grande successo a causa della loro modesta efficienza luminosa e delle scarse qualità cromatiche. Nel 1961, fu inventata la lampada a vapori di mercurio ad alta pressione con l’aggiunta di alogeni, dando luogo alle lampade a vapori di alogenuri, commercializzate nel 1964, caratterizzate da elevata efficienza e buone qualità cromatiche.
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Fig. 16 - Fibre ottiche utilizzabili nei musei Fig. 17 - LED (light Emitting Diodes)
50lm/W nel 1931 ai 200lm/W di oggi. Di recente, sono state introdotti sul mercato nuovi tipi di sorgenti luminose. Tra questi, le fibre ottiche, utilizzabili anche nei musei per illuminare bacheche e piccoli dipinti (fig.16). Ancora più recentemente, sono apparse sul mercato lampade a LED (Light Emitting Diodes) (fig. 17), utilizzate sia per la segnaletica luminosa (semafori, delineatori di margini stradali, etc.) sia come vere e proprie lampade per illuminazione generale . 3 Storia della fotometria Il fondamento scientifico della tecnologia illuminotecnica è la fotometria, vale a dire la misura quantitativa della luce. Essa fu fondata nel 1760 da due scienziati. Il primo, Pierre Bouguer, nel
Fig. 18 – Fotometro visivo di Bunsen (1843)
suo lavoro “Traité d’Optique ”, descrisse numerosi metodi per paragonare la luminosità di differenti sorgenti di luce utilizzando la ormai conosciuta legge dell’inverso del quadrato della distanza, secondo la quale l’intensità luminosa di una sorgente di luce è inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra la sorgente e l’osservatore. Il secondo, Johann Heinrich Lam bert, nel suo lavoro “Photometria”, seguì una via più teorica. Oltre ad indicare un metodo per comparare la luminosità delle sorgenti di luce, formulò la legge del coseno, secondo la quale la quantità di luce emessa da una superficie perfettamente diffondente in una data direzione è proporzionale al coseno dell’angolo che la direzione forma con la perpendicolare alla superficie. L’esattezza dei metodi sopra detti per confrontare le intensità luminose dipendeva dall’abilità dell’occhio umano a distinguere i contrasti di luminosità. Bunsen, nel 1843, creò un fotometro molto preciso, utilizzato anche, come mostra la fig, 18, per misurare l’emissione luminosa di una lanterna stradale a gas. I primi fotometri elettrici, basati sulle proprietà fotoelettriche del selenio, apparvero nel 1875. Un altro problema da risolvere era quello di trovare un campione riproducibile di intensità luminosa. Dopo vari standard più o meno soddisfacenti (candele, tipi di fiamma, etc.), nel 1889 il Congresso Internazionale Elettrico a Parigi adottò uno standard completamente nuovo, basato sull’emissione di luce del platino liquido, e nel 1909 fu stabilita la “candela internazionale”.
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Finalmente, nel 1979, fu formulata una nuova definizione di candela basata sulla emissione luminosa associata alla radiazione monocromatica avente lunghezza d’onda nel vuoto pari a 555nm (la lunghezza d’onda di massima sensibilità dell’occhio umano) e potenza pari a 1/683 W/sr. 5. L’ingegneria illuminotecnica Con l’introduzione dell’illuminazione elettrica, la dipendenza dell’uomo da quest’ultima è andata via via aumentando. Oggi, non vi è praticamente alcuna attività umana diurna che non sia stata estesa alle ore notturne. Ciò pone problemi di sicurezza e salute che richiedono attenzione alla qualità della luce in relazione al tipo di attività, anche perché recenti ricerche hanno mostrato che la luce ha anche im-
portanti e numerosi effetti biologici, fra i quali quelli sulla secrezione di ormoni, sul sistema immunitario, sullo stato d’animo, sull’osteoporosi ed altri ancora. Di tali effetti occorrerebbe tener conto nella progettazione dell’illuminazione nei luoghi di vita e di lavoro. L’argomento sarà approfondito in una nota successiva. Conclusione Sin dall’antichità, l’umanità è stata dipendente dall’illuminazione artificiale, ma solo negli ultimi 100 anni l’ingegneria illuminotecnica si è sviluppata tumultuosamente, fino ad evolversi in quella che è oggi: una scienza multidisciplinare, a servizio del benessere, dell’efficienza e della sicurezza dell’uomo. La sfida è di farlo a costi economici energetici e ambientali i minori possibili.
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