Teoria e tecniche dell’armonia II
Fernando Sor Grande Sonate op. 22
di Stefan Andrei Sandru
Introduzione La Grande Sonate op. 22 è una delle opere più imponenti e rilevanti di Fernando Sor (1778-1839). Venne pubblicata a Parigi nel 1825 da Messonnier ma con molta probabilità fu composta in gioventù quando si trovava ancora a Barcellona. Nell’edizione di Messonnier, in testa alla prima pagina della composizione vi è la didascalia “Grande sonate de SOR, qui fut dédieée au prince de la PAIX ”. Tutte le varie fonti e gli studiosi di Sor hanno ormai appurato che il personaggio in questione è Manuel Godoy Alvarez il quale, dopo la pace franco spagnola del 1795, fu primo ministro in spagna dal 1801 al 1808 e fautore dell ’alleanza con Napoleone Bonaparte. Gli anni dell’effettiva composizione dell’opera sono quindi compresi nel periodo della carriera ministeriale di Godoy (è improbabile che Sor avesse dedicato il brano a un politico dopo che fosse caduto in disgrazia ed esiliato, cioè nel 1808) e, come detto, probabilmente a Barcellona fra il 1802 e il 1803. A questo punto nasce spontanea la domanda: Perché passò così tanto tempo prima che questa e altre opere giovanili fossero pubblicate? Stanley Yates (in Sor s guitar sonatas: Form and Style pp. 454) afferma che “una risposta si può trovare nella serietà e nelle difficoltà tecniche della Grande Sonata di Sor, assommate al crescente calo d’interesse nei confronti di questo genere musicale da parte di chi acquistava musica. Quando Sor avviò la collaborazione con il suo principale editore francese (1816 circa), la sonata per chitarra non era più il popolare brano d’intrattenimento che era stato un decennio prima. La sonata era ormai considerata come una composizione seria, scritta più per i colleghi musicisti professionisti che non per i dilettanti; sembra che le case editrici di Vienna e Parigi abbiano pubblicato la maggioranza delle loro sonate per chitarra fra il 1806 e il 1812”. Ma come mai Messonnier avrebbe pubblicato (e continuato a pubblicare i seguito) questo genere di opere? Come afferma Marco Riboni (ne “Lo stile classico. La forma-sonata e i chitarristi dell’ottocento”) , “non fu tanto un genere o l’altro del repertorio chitarristico a perdere l’interesse del pubblico, quanto la chitarra stessa che, in Europa dagli anni trenta in avanti (a Vienna dagli anni venti) cominciò tristemente a sparire dalle ribalte concertistiche ”. Afferma inoltre che bisogna evidenziare non tanto l’assenza di sonate scritte dopo il 1812, quanto “ piuttosto l’assenza di personaggi in grado di cimentarsi con questo impegno ”. Chiarite alcune questioni di fondo ci si può addentrare nell ’analisi della Sonata. Si tratta di un ’ampia composizione (21 min. circa) dal vasto impianto formale. I suoi quattro movimenti “Allegro”-“Adagio”-“Minuetto”-“Rondò” si inseriscono perfettamente nel più puro e profondo ambito del classicismo viennese, ossia quello della sinfonia e del quartetto d ’archi. ’
Analisi L’esordio del primo tempo è di grande forza assertiva, con pieni e decisi accordi a cinque e sei parti (Tonica – Dominante - Tonica) che affermano inequivocabilmente la tonalità di Do maggiore (Es. 1).
Es 1 (b 1-10)
Le prime 8 battute hanno un carattere introduttivo al primo gruppo tematico (A1+A2) che inizia alla misura 9. Il primo gruppo tematico (b 9-30) è caratterizzato da una certa “rusticità” della scrittura: fraseggio a coppie di frasi ripetute e squadratura formale semplice. Le prime quattro battute del tema sono contraddistinte da un pedale di Tonica sopra il quale vi è una melodia raddoppiata alla terza. Sor, come più volte dichiarò, amava tantissimo questo proc edimento dal chiaro sapore orchestrale. Fino a battuta 21 continua con l’idea delle terze nel canto per poi staccarsene avviando un secondo tema (A2) caratterizzato dalla reiterazione della stessa semifrase che inizialmente cadenza in Do maggiore per poi cadenzare alla sua dominate con la quale chiude il primo gruppo tematico (b 30) (Es. 2)
Es. 2 (b 17-31)
Per bilanciare le 30 battute iniziali, di introduzione e pr imo gruppo tematico, Sor ha dovuto costruire un robusto ponte modulante che portasse senza bruschi passaggi al tema esposto alla Dominante. Il ponte modulante inizia con un repentino passaggio a Mib maggiore affermato dalla sua dominate utilizzando l’espediente tecnico delle sestine ribattute (b 32). Questa improvvisa modulazione è giustificata armonicamente dall’introduzione della cosiddetta sesta napoletana (il sesto grado abbassato della tonalità di Sol maggiore, appunto Mib). Un classico accordo di settima diminuita
(b 35) comincia a cadenzare sulla dominante della dominante (Re maggiore) sulla quale vi è un pedale, della durata di 5 battute, che risulta essere un ottimo espediente per introdurre il secondo gruppo tematico, il quale inizia alla misura 44 nella tonalità di Sol maggiore, dopo brevissima cadenza monodica dalla chiara funzione interrogativa. A battuta 44 inizia il primo tema (B1) del secondo gruppo tematico, dalla durata di 18, misure caratterizzato da una più libera cantabilità. Armonicamente ci sono delle tonicizzazioni di poche battute al VI grado di Sol rapidamente smentite per riconfermare la Dominante. In seguito (b 62-77) Sor, in perfetta simmetria con il primo gruppo tematico prolunga anche la sezione del secondo tema (B2) adeguatamente preparata da una breve cadenza alla dominante secondaria costruita come di consueto sui già noti bicordi e il pedale nel basso. (Es. 3)
Es.3 (b 60-71)
Le caratteristiche strutturali sono simili a B1 con le solite note ribattute e la ripetizione variata della prima semifrase. La coda di 12 battute prolunga la fine dell ’esposizione, bilanciando l’intero impianto formale, con le caratteristiche fioriture virtuosistiche.
Es. 4 (b 76 – 80)
L’inizio dello sviluppo (b 90-93) esordisce con bicordi di ottave, quasi interrogativi tanto sono sospensivi, dall’elevato valore espressivo tanto che Sor scrive di eseguirle con il particolare effetto dell ’etouffez . Esattamente come nella parte del ponte modulante si passa repentinamente nella tonalità di Mib maggiore, questa volta con un pedale sul Mib che dura fino all’inizio di una rapida serie di terzine alternate ad accordi a 4 parti in sincopi dove armonicamente viene confermata la tonalità
attraverso cadenze perfette (Es. 5).
Es. 5 (b 90-104)
In seguito, mediante la tecnica dell ’arpeggio, si passa da Mib maggiore alla sua relativa minore e da questa a un pedale di dominante che, mediante una piccola cadenza, sfocerà nella ripresa. La ripresa è presentata in maniera più sintetica rispetto all ’esposizione: A1 è proposto integralmente, A2 è abbreviato così come la transizione al secondo gruppo tematico non più modulante ma saldamente cadenzante alla tonalità di Do maggiore. Anche la sezione del secondo tema è abbreviata: viene presentato solo B2. Persino la coda è più asciutta rispetto all’esposizione infatti rinuncia alle fioriture virtuosistiche in terzine in favore di un carattere più nobile, composto e solenne.
Conclusione Lo spirito di Haydn aleggia sulla struttura formale di queste pagine soprattutto per merito di Ignaz Pleyel. Questa poliedrica figura di compositore, editore e costruttore di pianoforti godette nell’ottocento di una straordinaria popolarità: egli infatti fu allievo di Haydn a Vienna, nonché editore dei suoi quartetti, ed ebbe il merito di aver divulgato le caratteristiche dello stile classico “di punta” del grande musicista di Rohrau. Nonostante questa composizione abbia come riferimento lo stile sonatistico austriaco, non si può dire che questa sia l ’unica fonte di ispirazione per un giovane compositore che si cimenta con la forma sonata. Lo sviluppo infatti, come si è visto, non propone la dialettica tra primo e secondo tema come è proprio dei compositori della prima scuola di Vienna. Queste pagine pertanto sono debitrici in larga parte dell’ouverture italiana di Cimarosa e Paisiello e dello strumentalismo di Boccherini. Mai più sor ripercorrerà le tracce di un tale sonatismo settecentesco e la Sonata op. 22 appare come ultimo omaggio alla grande tradizione musicale del secolo dei Lumi.